La carezza del diavolo

parte X - Dimmi il tuo nome

di Lan


 

Oggi è una magnifica giornata.

Il sole brilla alto nel cielo, gli uccellini cinguettano melodiosi è il caldo è scoppiato all’improvviso.

Guardo fuori dalla finestra i ciliegi in fiore e penso che sarebbe bellissimo fuggire da qui per passeggiare romanticamente all’ombra di quei dolci petali rosa, mano nella mano al proprio amore…

 

“È primavera…” penso, osservando il mio volto triste riflesso nella finestra “…ma nel mio cuore è ancora inverno…”

 

Oh, ma perché sono così sfigato?!? Possibile che per me non ci sarà mai riscatto?

 

Non bastava soffrire il 2 di picche di Yoko…

 

< mi spiace molto – ha detto – ma io sono innamorata di Oda del club di basket>

Non che non lo sapessi, però negli ultimi tempi io ero così triste e lei è stata così carina con me e ho pensato che avrebbe funzionato!

Invece no, dannazione! Ed era la 50esima.

Altro che calcolo delle probabilità, si vede che in matematica sono una frana!

 

…ma adesso anche questo…

 

dopo il rifiuto di Yoko provavo una profonda avversione per tutto ciò che riguardava il basket, ragion per cui distruggevo tutto ciò che aveva con esso a che fare.

Non parliamo poi di ciò che capitava a chi provava a ricordarmi dell’esistenza del basket, anche di quella sola dannatissima parola: il malcapitato veniva preso a testate se osava pronunciare un vocabolo che ricordasse anche lontanamente quello da me tanto odiato.

Eppure stamattina ho ringraziato l’esistenza di questo sport.

Adesso frequento il primo anno delle scuole superiori, presso il liceo Shohoku.

 

E qui ho conosciuto una ragazza fantastica!

 

Contemplavo i ciliegi pensando alla mia triste sorte, quando ho sentito una voce alle spalle domandarmi: <Scusa, a te piace il basket?>

Stavo per disintegrare quel bastardo quando mi sono voltato e mi sono trovato di fronte alla fanciulla più deliziosa che avessi mai visto.

Occhi grandi castani, come i lisci capelli, una frangetta sbarazzina e un sorriso birichino.

<A te piace il basket?> ha ripetuto.

Io ho mentito e le ho detto che era tutta la mia vita e così abbiamo fatto amicizia.

Si chiama Haruko, che bel nome!

Abbiamo passato così poco tempo insieme ma il mio cuore ha subito capito che solo lei può rendermi felice per sempre… almeno, così credevo fino a un’ora fa!

Sotto consiglio dei miei amici, le ho chiesto se è fidanzata con un tizio che ha nominato un paio di volte.

<Oh no, ma che dici!> ha detto, arrossendo tutta e assumendo un’aria ancora più amabile <lui mi piace molto, ma il mio è un amore non corrisposto!>

 

E il mondo mi è crollato addosso per la 51esima volta.

 

Me misero!

 

<Sakuragi, sei ancora tra noi?>

………

<SAKURAGI!>

<Presente!>

<No, Sakuragi, l’appello l’abbiamo fatto da un pezzo. Ti pregherei di scendere dalla nuvoletta dei tuoi sogni e rimettere i piedi per terra>

<Si, professore>

 

<Ehi Hana, tutto ok?> mi sussurra Mito, preoccupato per il mio sguardo spento

 

Si, amico mio, sta’ tranquillo.

Riconosco la tua espressione indagatrice e perplessa, ma non è come pensi.

Lo sai, sono infelice per via di Haruko, non per lui.

 

 Lui

 

Ormai è una faccenda chiusa, passata, finita, e tutto quello che è successo, tutto quello che ho passato, non lo ricordo quasi più, come mi fossi svegliato da un sogno orribile e quando penso a lui…

Be’, non è che ci pensi ancora, ma quando l’aria è incredibilmente immobile, afosa e calda proprio come in questo strano giorno di primavera, proprio come in quei giorni in cui tutto ebbe inizio, lui mi torna in mente come un’immagine sfocata e inconsistente, immagine di un amore perso per sempre nei meandri di sogno che al mattino svanisce.

E nel mio cuore, quando penso a lui, niente provo se non un grande, grandissimo vuoto, un vuoto che nessuno riuscirà a colmare, né Yoko, né Haruko, né chissà chi.

Un vuoto che non voglio colmare perché è l’unica cosa che mi rimane del mio folle e perduto amore…

 

Il suono della campanella mi salva dal pericoloso baratro di malinconia in cui stavo per ricadere.

<Dai Hana, è giunta l’ora di andare>

<Certo, Yohei, vedrai, quegli imbecilli la pagheranno cara, hanno fatto molto male  a sfidarci!>

 

Hatta è il capobanda di un gruppo di teppistelli da 4 soldi del terzo anno.

Quei bastardi hanno osato prendermi a pugni mentre facevo ginnastica nel corridoio delle terze e quando ho restituito loro la “cortesia” con gli interessi, mi hanno gentilmente invitato sulla terrazza della scuola per regolare il conto.

Siccome ho trascorso l’intervallo con la mia Harukina, ho dimenticato la sfida.

Risultato: quegli idioti si sono presentati in classe dandomi del codardo e rinnovando l’invito a me e a Yohei che aveva risposto loro per le rime.

 

<Ehi ragazzi, dove state andando?> ci chiedono Noma, Okusu e Takamiya che ci hanno raggiunto in classe.

<non è affar vostro – li liquida Mito – lasciate fare a noi>

<E no! – si scadano loro – se c’è da menar le mani vogliamo divertirci anche noi!>

 

So che è inutile fermali quindi ci dirigiamo verso la terrazza.

 

E nel momento in cui apro la porta capisco…

 

 

Aprii la porta e rimasi per un momento immobile a fissare inquieto la scena.

 

Un ragazzo era in piedi di fronte a noi, voltandoci le spalle.

 

A turbarmi non fu la sua statura, alta quasi quanto la mia, ché nella scuola c’era un club di basket di cui probabilmente faceva parte, né il fatto che ai suoi piedi giacevano Hatta e i suoi ridotti in cattive condizioni, probabilmente conciati così da quell’unico uscito vittorioso dallo scontro e che ora, col capo reclinato, osservava la sua opera.

 

No, niente di tutto questo mi aveva tanto turbato quanto l’aria…

 

Perché nel momento in cui misi piede lassù, una brezza, lieve e gelida, mi sfiorò sibillina i capelli, le gote, le labbra…

Una brezza malsana che avrei riconosciuto tra mille…

Una brezza maligna che mi rivelava la sua vicinanza…

 

E quando lui si voltò non ebbi più dubbi, ché sebbene avessi ormai rimosso il ricordo del suo viso, subito esso tornò alla memoria nel momento in cui vidi il volto del bellissimo giovane di fronte a me: le stesse guance smunte, lo stesso mento affilato, gli stessi capelli nerissimi, ora più corti.

Soltanto il colorito sembrava ancora più pallido, non di un candore brillante come la neve, ma di un biancastro marmoreo, anemico… privo di vita.

Ma gli occhi…gli occhi non avrei mai potuto dimenticarli: bui come la notte, neri come l’inferno…gli stessi occhi del ragazzo di fronte a me.

 

Mi avvicinai sconcertato e lo scrutai dall’alto verso il basso, da destra verso sinistra, incapace di dire una parola, convincendo me stesso che tutta quella storia non era stato che un parto del mio cervello esaurito, lottando con la mia mente per non essere di nuovo trascinato in un turbinio di pazzeschi pensieri e passioni che adesso avrebbero davvero potuto condurmi alla follia.

Ma ogni mio sforzo di condurmi alla ragione crollò al suono della voce tremante di Yohei, evidentemente anche lui preda dei miei stessi timori.

<T…tu hai fatto tutto questo da solo?> probabilmente sconvolto alla vista dello stato in cui versavano quei ragazzi a terra. Poi, certamente sicuro della straordinaria somiglianza, gli chiese: <C…chi diavolo sei tu?>

Con una voce adulta e sensuale, allo stesso tempo contrastante e consona al suo giovane viso, e profonda, come se provenisse dall’altrove, movendo appena le labbra rispose

<Mi chiamo Kaede Rukawa>

 

Della mia insana ossessione, del mio folle amore, del mio Signore Senza Volto, seppi alfine il nome.

 

Osservando il mio sguardo ormai prigioniero di lui, i suoi occhi lampeggiarono di una luce sinistra…

 

 

 

 

È quasi mezzanotte.

Mentre aspetto, riemergo dal mare dei ricordi con un sospiro.

L’aria non accenna a rinfrescarsi ma so che non dovrò star qui ancora per molto, perché prima che scocchi il nuovo giorno il mio destino si compirà…

Sul balcone della camera rossa, ripensando a tutta la storia, riesco finalmente a comprendere il senso della mia vita:

quando l’ho visto sulla terrazza pallido come la morte e ho udito la sua voce d’oltretomba, ho capito che ha mantenuto la sua promessa: è tornato, è tornato da me, è tornato PER me e adesso…

Adesso io devo la mantenere la mia: devo dargli il mio amore, il mio sangue, la mia vita, affinché lui continui la sua…

 

È quasi mezzanotte.

Mentre aspetto, saluto mentalmente tutti i miei cari e i miei amici, perché prima che questo giorno, il 21 giugno, il giorno del sole trionfante e del buio incipiente, finisca, io non so se sarò più qui…

E una gelida brezza si alza ad arruffarmi i capelli, ad insinuarsi nei vestiti, ad accarezzarmi la pelle, facendomi vibrare di piacere e orrore insieme…

 

È quasi mezzanotte.

E mentre la sua carezza sensuale comincia a farmi perdere il lume della ragione, so che la mia attesa è finita…

 

 

THE END




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