La carezza del diavolo
parte IX - Morte di
un'ossessione
di Lan
Mi
adagiai mollemente sulla poltrona purpurea nella stanza del mio amante,
fissando il cielo con occhi vacui, aspettando nulla.
Solo un
penoso silenzio rimase a farmi compagnia.
Il crepuscolo roseo
illuminava il cielo e già mi pareva di sentire un brusio dirigersi verso il
palazzo. O forse erano le ombre che urlavano il loro dolore…
Il
rimbombo dei fuochi d’artificio sparati per la festa d’estate giunse fino
alle mie orecchie e in un attimo fui colto da un brivido di dolore e paura
che mi gelò il sangue nelle vene, facendomi accartocciare su me stesso come
una foglia morta, digrignare i denti e strizzare gli occhi perché non mi
uscissero dalle orbite.
Mi
accasciai quasi senza vita e capii: lui era morto.
Poi non
so… accadde tutto in fretta, anche se vissi gli eventi successivi come se si
fossero dilatati nel tempo, lentissimi…
Mi
affacciai ad una finestra per meglio udire le urla degli abitanti del
villaggio, una folla che io avevo sobillato per porre termine alle atrocità
che da troppo si perpetravano in quei luoghi. Una folla inferocita venuta a
chiedere il sangue dei colpevoli come riscatto alle loro malefatte.
Vidi che
nello spiazzo antistante al portone il crudele maggiordomo e quell’infernale
rospetto saltellante fare inutilmente resistenza…
Le grida
della cuoca…
Poi i
corpi straziati dei servi…
Scesi dabbasso con
calma e tranquillità, apatico, sebbene le urla ed il fragore della folla
infuriata avrebbero dovuto farmi scappare terrorizzato, tanto la sua furia
era cieca da scambiarmi per uno di loro e uccidermi. Ma io non avevo timore
e non perché ero noto a tutti loro o perché il mio padre adottivo era il
sacerdote del villaggio, o perché mi considerassi il salvatore della patria
e pensassi che tutti loro mi avrebbero adorato come un dio.
No…
Quale grave
preoccupazione, quale tremenda sciagura o spaventoso evento avrebbe potuto
incutermi angoscia, a me, che già camminavo senza vita, ora che la mia vita
era finita con la sua?
Scesi le scale fermandomi al primo piano,
noncurante della scena che si presentò ai miei occhi: una marmaglia
arrabbiata e sanguinaria che distruggeva tutto ciò che gli capitava a tiro,
trucidava e conficcava sulle picche le teste di quei malvagi che avevano
cercato di difendere il palazzo.
Volevano cancellare dalla faccia della terra
il ricordo di un uomo crudele, erano entrati nell’atrio del palazzo con lo
scopo di eliminare tutto ciò che avrebbe potuto solo lontanamente ricordare
ai posteri le sue crudeli gesta.
Osservai dall’alto dello scalone quella gente
fare a pezzi tutto ciò che trovava di fronte, alcuni correvano verso il
corridoio laterale, forse in direzione della cantina, altri portavano via
mobili, altri alla ricerca di qualcuno da ammazzare.
Tutto questo ebbe uno strano effetto su di me.
Vedere quelle persone che credevo di conoscere
come buone, generose e giuste, approfittare di questa situazione per sfogare
una crudeltà che andava oltre i limiti della dignità umana, mi nauseò tanto
che decisi di tornare nella stanza del mio amore in attesa che tutto quello
strazio finisse, ed ero nella galleria quando sentì un gruppetto di uomini
salire al secondo piano. Mi avvicinai e vidi che lanciavano i libri dalle
finestre, “per bruciarli” pensai, dato che l’odore della legna arsa
impregnava l’aria.
Ma tutto
quel chiasso cominciava a darmi ai nervi.
Volevo
stare solo, perché non volevano lasciarmi in compagnia del mio dolore?
Andate
via, lasciateci in pace, dissi affranto.
Si,
lasciate soli me, i miei ricordi, il mio tormento, la mia colpa, il mio
rimorso…
Non
ricordo di aver urlato, anzi non pronunciai che un flebile sussurro stanco.
Eppure
tutt’a un tratto tutto si fermò, la folla smise di vociare, di distruggere,
di imprecare e tutti si voltarono a guardare me.
Silenzio…
Sommessi
vocii…
Boato.
<A
MORTEEEEEEEE!> strillarono tutti.
Si, a
morte colui che lo difendeva, colui che lo venerava, colui che si batteva
per lui.
Morte al
corrotto!
Gli
abitanti del villaggio che un tempo mi consideravano loro amico e
protettore, ora mi consideravano un traditore.
Sorrisi …
Non
ricordo di aver mosso i muscoli facciali, ma fu come se vedessi me stesso
dal di fuori, quasi fosse solo il corpo a muoversi e l’anima fuggita altrove
osservasse indifferente.
Sorrisi…
Non doveva essere una bella visione il mio
ghigno stravolto e gli occhi spenti, la loro luce vitale persa per sempre,
caduta in un baratro senza fondo.
Ricordo un
brusio, parole relative al mio stato alterato, come sotto shock, preda di
chissà quale maligna magia
<A morte!>
incitavano gli uni con gli altri.
Ascoltai
la loro condanna senza batter ciglio, anzi, mi sentii decisamente meglio. La
morte consolatrice mi avrebbe condotto da lui, gli avrei chiesto perdono e
non lo avrei mai più lasciato. Ma dovevo fare presto, prima che andasse
troppo lontano, prima che si dimenticasse di me.
<Maledetto, adesso ti prenderò a pugni tanto da far sparire quell’orribile
ghigno dalla tua faccia, anzi, farò scomparire la tua stessa faccia,
cosicché nessuno avrà più modo di ricordarsi né di te né dal tuo amichetto>
disse Takeshi il fabbro.
<Si, ti
faremo a pezzettini e come abbiamo fatto con quel maledetto e di voi non
sentiremo più parlare> urlò Keichi il contadino.
<Abbiamo
bruciato lui, ora bruceremo te e tutto ciò che è intorno a te, così tu lo
raggiungerai all’inferno e di voi non esisterà più nulla> intimorì Tomohiko
il pescatore.
D’un
tratto smisi di ghignare. Le parole di quegli uomini finalmente mi scossero
dall’ atarattico torpore.
Avevo
tradito il mio uomo una volta, non l’avrei fatto una seconda!
Lo avevo
ribadito col cuore in mano: lo amavo più della mia stessa vita, lo amavo
talmente tanto che avrei dato la mia vita per lui e a suggello delle mie
parole avevo promesso di difendere il quadro che avevo dipinto durante la
nostra ultima notte di passione, il quadro che aveva baciato e che avevo
baciato, quasi a voler imprimergli il nostro soffio vitale, come se fosse
stato l’essenza della mia vita stessa… o della sua!
D’improvviso un dubbio mi scosse: e se il mio signore avesse predisposto
tutto? Promise che sarebbe tornato da me, sarebbe tornato per me, e che, al
suo ritorno, io avrei dovuto mantenere la mia. Nell’ immediato pensai che
mi chiedesse di proteggere il quadro in ricordo di lui, ma di fronte a
quegli uomini ebbi la certezza che lui già presagiva cui andava incontro ma
senza preoccuparsene, perché aveva trovato finalmente il modo di tornare da
me.
Lo avevo
tradito una volta, giurai a me stesso che sarebbe stata l’ultima. Non
dovevo, non potevo morire adesso, non prima di aver onorato la sua ultima
volontà.
In quel
mentre giunse il sacerdote.
<Figliolo,
perché ci ingiungi di andarcene? E tu?>
<Io
resterò qui>
Mio padre
sospirò.
<Non puoi
star qui, questo luogo è maledetto>
<…>
<Non c’è
più nulla per cui valga le pena restare> mi fissò negli occhi per cercare di
farmelo comprendere: il mio amore era perso per sempre.
<io…io lo
so ma…vi assicuro…io non c’entro niente con le attività nere del signore.
Io…ho paura che se la prenda con voi… ho paura che vi abbia maledetti, così…
così rimango qui perché… se un giorno dovesse accadere qualcosa … >
Singhiozzai.
La gente
che tanto aveva manifestato la sua forza in un atto di rabbia cieca, solo
adesso, ascoltando le mie parole commosse, iniziava a rendersi conto di ciò
che aveva fatto. E ad avere paura.
Avevano
ucciso un uomo crudelissimo, un malvagio stregone mezzo occidentale.
E chi li
conosce gli stregoni occidentali?
Metti che
sono più potenti dei nostri sacerdoti?
Metti che
il sigillo posto sul suo cadavere non riuscisse a fermare la sua
resurrezione?
E se torna
dal mondo dei morti per mangiare noi e i nostri figli?
Come la
folla aveva dato prova di grande forza, crudeltà, tracotanza, così diede
prova di grande vigliaccheria.
E sia!
Rimani pure qui a vegliare affinché lui non si risvegli e qualora ciò
accadesse, tanto meglio! Troverà te, ucciderà te, si vendicherà su di te e
ci lascerà in pace.
Gli occhi
di mio padre non smisero di fissarmi per un solo istante, credo avrebbe
fatto qualsiasi cosa pur di riavermi a casa, forse già aveva letto nei miei
occhi la mia volontà, o forse già presagiva a cosa mi avrebbe condotto il
dolore per tutto ciò che avevo fatto.
Gli
sorrisi dicendogli di non preoccuparsi, assicurandolo che nulla mi sarebbe
accaduto e che sarei tornato a trovarlo presto a casa.
Bugiardo.
Evidentemente mi ero così abituato a dire bugie e ferire le persone che
amavo che queste, per capire il mio reale pensiero, avrebbero dovuto
rivoltare le mie parole al contrario.
Salutai
sommessamente la folla e abbracciai il sacerdote che, prima di sparire dalla
mia visuale, si girò verso di me in un gesto di muto addio.
Fu
l’ultima volta che vidi mio padre.
Quando
tutti andarono via, rimasi solo.
Completamente solo.
Anche i
truculenti trofei si era portata via quella disgustosa marmaglia.
Forse
avrei dovuto sciogliermi in lacrime…
Forse
avrei dovuto scappare prima che la notte giungesse…
Forse …
Ma io
esplosi in un’isterica risata e in preda a non so quale delirio iniziai a
ballare e a gridare e a urlare.
Quei pazzi
avevano bruciato tutto ciò che c’era nella cantina, tutti i libri e gli
strumenti che il mio amore che usava per i suoi studi, ma erano arrivati
troppo tardi, ahahahaahahahaha.
Lui non
era certo uno stupido e un modo per tornare l’avrebbe ritrovato e il mio
corpo già pregustava l’idea del suo ritorno a casa.
Da allora
ho abitato in pianta stabile nella stanza rossa, in perenne adorazione
dell’immagine di lui, pregandolo in ogni momento di tornare in fretta da me,
parlandogli continuamente perché la mia voce gli facesse ritrovare la
strada…
Da allora
parlo, prego, piango… a vuoto.
Di lui
nessuna traccia. Non un’ombra. Non un sussurro. Niente.
E ogni
giorno è diventato sempre più difficile da affrontare.
E
all’isteria si è sostituito di nuovo il senso di colpa, il rimorso, il
dolore.
Ho
aspettato, ricordando le promesse scambiate l’ultima volta insieme, ma…
Lui non è
più tornato.
Né credo
lo farà mai.
Ho
aspettato 30 lunghissimi giorni attendendo di scorgere la sua figura
elegante entrare da quella porta, movendosi verso di me flessuoso come un
giunco, invitandomi con le sue carezze a fare l’amore, ma…
Ora so che
non tornerà mai più.
E io sono
stanco di aspettare.
Se così
deve essere, allora ho deciso, andrò io da lui.
Ma non
posso dimenticare ciò che mi ha chiesto.
E ho
trovato una soluzione.
Dovunque
andrò non mi è concesso portare neanche il mio corpo, figuriamoci ogni altra
sorta di effetti personali, ma non il cuore di bruciare il quadro.
Ho
ridipinto il ritratto, ho dipinto un soggetto spaventoso, talmente orrido e
crudele che non credo esisterà mai qualcuno disposto a rubarlo, né tanto
meno a distruggerlo, considerata la fama del padrone di casa, e sempre
ammesso che esista qualcuno dotato do coraggio, o meglio, incoscienza da
recarsi quassù.
Padre,
padre mio, se mai un giorno dovessi venire a cercarmi, spero che questa
lettera tu possa leggere, che tu possa capire e perdonare quel tuo figlio
che ha sempre cercato di fare la cosa giusta ma che ogni volta ha scelto la
soluzione sbagliata.
Anche
adesso.
So che non
dovrei farlo, ma ho aspettato tanto, troppo, che le parole del mio amore si
avverassero.
Credevo
che avrebbe sconfitto la morte e sarebbe tornato da me, ma non è così.
Ciò che
andato per sempre non può più tornare.
E io non
posso più aspettare.
Devo
andare da lui, chiedergli perdono, dirgli quanto lo amo.
Spero
tanto che lui possa credermi.
Tu, padre
mio, se ancora vuoi bene al tuo miserabile figlio, prega perché lui.
Addio.
**********
**********
**********
**********
**********
Non è
possibile…
Non è possibile…
Non è possibile, ripeto a me stesso come
una spaventosa litania crudele e triste, troppo inverosimile per essere
vera, eppure tanto reale nella sua illogicità.
Gli occhi
ancora fissano impressionati la grafia tremante delle ultime pagine e le
strane macchie scure e incrostate sui fogli…
Sangue…?
Non è
vero, mi dico.
Non è
possibile, ripeto.
Io lo so
chi sono, sono Hanamichi Sakuragi, 14 anni, figlio unico di Tsuyoshi Tanaka
e Yuki Sakuragi, frequento la scuola media Wako.
Però…
Però…
Però…
Non posso
fare a meno di considerare tutto questo dolore che mi stringe il cuore
mentre ripenso a ogni parola che, incancellabile, non vuole allontanarsi
dalla mia mente.
Però…
Non posso
fare a meno di pensare a quest’unica spiegazione alla mia insana ossessione,
mentre strappo i fogli con violenza, accartocciandoli e buttandoli via con
un urlo feroce e disperato, per evitare di vedere le pagine scritte da una
grafia storpiata e sgraziata e tremante, tanto simile alla mia…
Però…
Non posso
fare a meno di piangere e ridere all’idea che dolorosamente bussa alla porta
del mio cervello: quell’imbecille non ha capito un cazzo, non solo ha
promesso di proteggere il quadro, ma anche di offrire il suo amore, la sua
vita, il suo cuore per lui.
La sua
vita…
Il suo
amore…
Il suo
cuore…
IL SUO
SANGUE!!!
“Pazzo” mi
ripeto, “tu sei pazzo” urlo ridendo, “non ne uscirai più” canto piangendo,
mentre un pugno rompe la vetrata e il mio polso.
E il mio
sangue unge lo yukata che indosso e il tappeto e le coltri e infine la tela
tanto amata, proprio all’altezza delle labbra e del cuore…
E mi accascio sul
letto stanco e sconvolto, cercando ristoro nell’oblio che solo il sonno
profondo può dare, se il cuor mio ha già deciso che tutto ciò che ho letto
corrisponde a verità.
Tra poco sarà qui. Ne
sono sicuro…
************
************
************
Strani
rumori…
Forse dei
passi…
Un
fruscio…
È entrato
qualcuno.
Vedo
un’ombra nera nell’oscurità…
<Mio
signore… siete voi…> sussurro speranzoso.
L’essere
fa ancora pochi passi e io riconosco il suo volto illuminato dalla luna.
<Yo…Yohei…
e tu che ci fai qui?>
<Ero
preoccupato per te>
<E perché
mai? Ci saremmo visti stasera a cena da te, lo sapevi?> rispondo seccato.
<L’ora di
cena è passato da un pezzo, ti abbiamo aspettato a lungo. Non vedendoti
arrivare sono venuto a cercarti ma a casa non c’eri. Sono entrato comunque
dalla finestra e ho visto che non c’era neanche lui e così… eccomi
qua!>
Bene, a
questo punto l’invadenza del mio amico ha davvero oltrepassato ogni limite e
io mi sono proprio rotto i coglioni...
<Amico
mio, come puoi vedere tu stesso io sto benone, qui è tutto ok. Adesso vai,
io ti raggiungerò più tardi> gli dico con malcelata grazia bramando il
momento in cui porterà via le sue chiappe flosce da qui e io potrò rimanere
solo con il mio amore, per qualche altro bel giochetto erotico.
<Bene, ci
vediamo presto, ma prima…>
…E mi
ritrovo non so come a terra. Un dolore lancinante pulsa sulla mia mascella.
Dopo il
primo istante di “rimbambimento” capisco.
<DOVE
CAZZO CREDI DI ANDARE, BASTARDO!>
Immediatamente mi scaglio contro il mio ex migliore amico. Eh si, perché un
vero amico non cercherebbe mai di separarti da colui che ami
<LASCIA
STARE IL QUADRO!>
La mia
rabbia esplode ed è talmente feroce che non mi faccio scrupoli a strattonare
Yohei per le spalle e a dargli un pugno. Lui ricambia, ci pestiamo, è una
lotta senza esclusione di colpi. Lui è davvero fortissimo…
ma poi mi
fermo un attimo perché i miei sensi hanno intuito che qualcosa nell’aria non
è come dovrebbe essere. È la fine, perché Yohei mi colpisce talmente forte
da buttarmi a terra e in un lampo prende il quadro, chiude la porta della
camera e fugge via.
<Yoheii…
dove vaiiiiii! Torna qui, stronzo!! YHOEIIIIII>
E mentre
cerco di buttar giù la porta a spallate che finalmente intuisco cosa c’è che
non va: un forte odore di bruciato aleggia nella stanza.
Il terrore
s’impadronisce di me mentre corro al balcone pregando Yohei di non fare
quello che penso stia per fare, ma la realtà quella che è.
Corro al
balcone e vedo un grande falò ardere e Yohei ha tutte le intenzioni di
buttarvi dentro il quadro, e con esso il mio amore, i miei sogni, le mie
speranze.
<YOHEI –
urlo – PROVA A FARMI QUESTO E TI UCCIDO!>
<Non me ne
frega nulla delle tue minacce>
<Maledetto
ipocrita, tu non sei mio amico, come puoi farmi questo?>
<è proprio
perchè sono tuo amico che non più intenzione di vederti ridotto come un
pazzo allucinato che urla ai quattro venti il suo amore per un uomo di
carta>
<Non è di
carta, non è di carta, lui può tornare a vivere, ti assicuro… e io non ti
permetterò di distruggere la mia felicità!>
<Vedi? Tu
sei pazzo. E come ci riusciresti?>
<Gli ho
già versato per il mio sangue innamorato, ma se non sarà sufficiente sarò
pronto a dargli il mio cuore che batte solo per lui. Non guardarmi come se
fossi pazzo… è così ti dico… io darò la mia vita per lui e lui tornerà a
vivere per me!>
Lo sguardo
di Yohei si fa intenso e triste.
<Lo so
Hana, lo so… è proprio perché sono sicuro che lo faresti, che non posso
permettere che lui esista>
<Maledetto
schifoso, come osi prendermi in giro, ti dico che è così e che se non lo
lasci subito andare mi tufferò giù e ridurrò a fette. Bada, Yohei, non sto
affatto scherzando!> urlo con tutto me stesso, accecato dalla rabbia e dal
terrore.
<Oh, ma io
lo so, ed è proprio perché sono tuo amico che non permetterò che tu ti
distrugga per lui. Dici che potrebbe resuscitare? No, non ti credo pazzo, ma
è proprio per evitare che un uomo tanto malvagio possa tornare in vita, che
voglio bruciarlo>
E subito
avvicina il quadro al fuoco.
<YOHEI,
NO! Io potrei essere felice – piagnucolo per commuoverlo, visto che le
minacce non servono – io ti prometto che tornerò a casa, che sarò buono, che
lo dimenticherò, ma ti prego, non bruciarlo>
<Mi spiace
Hana>
e avvicina
il quadro
<Ti
supplico Yohei!>
e mi
guarda triste
<Lo faccio
per te>
butta il
quadro nel fuoco
<NNNNNNOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOO!!!!!!!!!>
E il mio
urlo di dolore manda in frantumi la notte silenziosa. Con essa, anche il mio
cuore si infrange, mentre piombo a terra quasi senza vita, atterrito dal
tormento: ancora una volta non sono riuscito a far nulla per salvarlo.
I primi
raggi di un nuovo giorno caldo e profumato d'estate spuntano all’orizzonte,
e vengono a liberarmi dalle invisibili catene con cui avevo avvolto me
stesso.
Le catene
della mia ossessione sono state spezzate.
CONTINUA…
Vai all'Archivio Fan Fictions |
Vai all'Archivio Original
Fictions
|
|