La carezza del diavolo parte
VI
di Lan
. NELL’ABISSO.
Oggi la scuola è in
fermento. Le lezioni mattutine sono addirittura saltate. Non che la cosa
mi dispiaccia, tutt’altro, qualsiasi evento serva a farmi saltare anche
solo pochi minuti di lezione è un grande evento. Però dare tutto questo
risalto a una partita di basket mi sembra davvero eccessivo.
<E tutte queste
ragazze che si sbrodolano per qualche spilungone in mutande
e canottiera mi sembrano davvero ridicole!> esclamo pensieroso.
<Eheh, eddai
Hanamichi, forse è per questo che hai collezionato 49 rifiuti, forse
dovresti (s)vestirti così anche tu>
<Certamente no, se pensano che io debba usare la stessa mise
per attirare il loro interesse si sbagliano di grosso>
<Ah no?! Io penso
che gireresti nudo con una cresta rossa in testa (tanto te la sei già
acconciata) gridando “chicchirichì”, pur di impalmare qualche
adorabile fanciulla> mi stuzzica quel bastardo di Takamiya.
Vorrei vedere lui che
risposte riceverebbe, se si facesse avanti. Altro che 49 rifiuti! Lui
sarebbe la personificazione dei rifiuti, quel rifiuto umano.
<Ti assicuro che
non farei nulla del genere> dico con calma.
Ed è la verità. Non
mi interessa più l’attenzione di 4 sciocche galline.
Perché so che
l’unica persona importante di cui vorrei l’attenzione non me ne darà
mai.
Perché non esiste.
Sospiro
tristemente…
<Dai Hanamichi,
perché non vieni a vedere la partita di basket?>
<Mi spiace, Yoko,
sei gentile ma…>
<Dai, andiamo!>
insiste Okusu
<Su, Hanamichi,
così ti distrarrai un po’> butta lì per lì per Mito, con fare
distratto, ma attento ad ogni mia reazione.
<Non fare il
guastafeste! È da tanto che non ti fai più vedere> dice Noma, un
tantino offeso per i miei sempre più frequenti bidoni.
<Allora è
risolto!> Yoko mi spinge dietro la schiena in direzione della palestra,
mentre gli altri accelerano il passo in modo da lasciarci soli.
<Sono contenta che
ti sia “deciso” – mi strizza l’occhio – è da un po’ che ti
vedo pensieroso, quasi triste. Lo sai che, se ti fa piacere, puoi parlare
con me>
Oh Yoko, se tu
sapessi…
Ma nessuno sa,
neanche Mito sa, e io non l’ho ancora ammesso a me stesso.
Se lo facessi,
significherebbe arrendermi a una pazzia.
<Ti ringrazio, sei
gentile, ma io sto benissimo!>
<Vedrai, oggi ti
divertirai molto. La Tomigaoka è una squadra fortissima però si regge
sulle forze di un solo uomo, il loro capitano, che pare sia un autentico
fuoriclasse. Ma io sono sicura che perderanno perché la Wako ha degli
ottimi elementi e Oda… Oda non è pari a nessuno!>
Sorrido dolcemente e,
guardandola negli occhi, le accarezzo delicatamente la gota.
<Perché hai
quegli occhi così tristi? Ho forse detto qualcosa che non va?> si
agita lei.
Si, Yoko, è proprio
così.
Ma non perché,
guardando la felicità sul tuo volto, ho capito quanto tu sia
innamorata di lui, bensì perché nei tuoi occhi languidi vedo riflessi i
miei quando vedo lui, quando penso a lui, quando sogno lui.
Solo adesso capisco,
capisco che non posso più nasconderlo a me stesso: mi sono innamorato di
lui.
Ma, a differenza di
te, Yoko, il mio amore non sarà mai ricambiato.
Dovrei averci fatto
l’abitudine, ma questa volta è diverso.
Il mio cuore brucia
di disperazione.
Facendomi largo tra
una folla di ragazzine schiamazzanti, che urlano slogan osceni indirizzati
a un qualche giocatore della Tomigaoka, mentre una folata di vento gelido
mi ferisce la faccia facendomi rabbrividire, vado via senza dire una
parola.
Non posso più stare
qui.
Devo tornare a casa.
Devo rimanere solo
con lui.
Devo confessargli il
mio amore.
Devo dirgli che non
lo lascerò mai.
Anche se le mie
dichiarazioni si perderanno nel vuoto.
Mi dirigo a passo
svelto verso casa, al venticello freddo alzatosi all’improvviso poco fa
si sostituisce un’aria immobile e marcia.
La pioggia inizia a
cadere poco dopo, mischiandosi alle lacrime che sgorgano da sole al
pensiero del mio triste destino: amare e non essere amato.
Al sicuro tra le mura
della mia camera, tolgo il quadro dal suo nascondiglio.
<…Sei
bellissimo…>
Le mie dita sfiorano
ancora una volta la tela ruvida, che al tatto della mano innamorata
sembra essere morbida come la seta e di scatto lo stringo tra le
mie braccia, una stretta che vorrebbe infondergli tutto il mio amore. Le
mie labbra sfiorano le sue e io mi sciolgo guardandolo.
<Devo…confessarti
una cosa…>
I suoi occhi cupi mi
guardano fisso.
Abbasso lo sguardo,
imbarazzato e anche un po’ inquieto.
<…io mi sono
innamorato di te.
Vuoi diventare il mio
ragazzo?
Lo so, so che ho
detto questo a tante ragazze ma …
Te lo giuro, non ho
mai provato niente di così travolgente per nessuno in tutta la mia vita.
Io…prometto che non
ti lascerò mai, che farò per te qualsiasi cosa mi chiederai.
Se solo…se solo
potessi averti per un istante…
Se solo potessi
parlare per un solo momento e dirmi che anche tu provi lo stesso per me…
Oh, ma perché? Perché
non puoi rispondermi?
Perché non puoi
parlarmi?
Solo per un
secondo…
Solo per dirmi il tuo
nome…
Scommetto che è
bellissimo…
Mio signore, oh mio
signore…io ti amo…>
Non so quanto tempo
trascorra così, perso nel buio in contemplazione di lui, né
m’interessa.
Ora che ho ammesso a
me stesso di amarlo, ora che gli ho dichiarato i miei sentimenti, non
voglio più nulla, solo restare così, in paziente attesa del magico
attimo in cui sentirò la sua voce dirmi che mi ama.
Anche se dovrò
aspettare tutta la vita…
Continuo a vagare nel
mio sogno allucinato e mi accorgo che qualcuno è entrato nella mia stanza
solamente quando una sento una mano poggiarsi sulla mia spalla.
Mi volto di scatto
urlando <Chi c’è?>
<Scusa, non volevo
spaventarti ma ho provato a chiamarti e nessuno ha risposto. La porta era
aperta e sono entrato. I tuoi non ci sono?>
Yohei… sarai anche
il mio migliore amico, ma a volte sei fastidioso più di una zanzara!
<Hana…>
Il suo sguardo è
incredulo.
<Stop alle
paternali – già mi infervoro – sono abbastanza maturo da sapere
quello che faccio e io…> abbasso lo sguardo <Io voglio tenerlo con
me>
<E io non credo
alle mie orecchie. Tu mi hai dato la tua parola> Mito freme di rabbia.
<Mi spiace, non
posso mantenerla>
<Ma perché?>
mi urla in faccia sconfortato.
A me non resta che
dirgli la verità.
<Io lo amo>
La mia rivelazione lo
lascia di sasso.
Mi fissa negli occhi
come se non li vedesse, come se volesse andare oltre, penetrare il mio
cranio, il mio cervello, per capire quale cazzo di ingranaggio si è
inceppato.
<Io lo sapevo,
l’ho capito nel momento in cui l’ho visto che ti avrebbe rovinato. Quello
ti ha fatto perdere la ragione…>
<Non m’importa
quello che pensi di me. Io non posso vivere senza di lui>
<Stai dicendo sul
serio???> ma non attende risposta <Si…stai dicendo sul
serio!>
Poi mi trascina di fronte allo specchio <Guardati!>
Ma io distolgo lo
sguardo.
La conosco
l’immagine del mio viso stravolto e stanco, delle mie occhiaie profonde,
dei miei occhi arrossati che vorrebbero sfogarsi in un pianto liberatorio,
della piega amara delle mie labbra…
<Guardati.
Sembri un
altro.
Sembri una candela
che si consuma lentamente.
Sembra che le tue
forze ti stiano abbandonando piano.
Sembra che la tua
vita sia svanendo giorno dopo giorno, logorandosi in un’attesa che non
avrà mai fine.
Perché lui non
arriverà mai.
Perché non esiste.
Perché non vuoi
rendertene conto?
Perché non lo
accetti?
Oh, Hanamichi,
capisci che non era di quel ritratto che vedemmo la prima volta, di quel
viso distorto e maligno, che dovevi avere paura?
Ma è da questo viso
delicato e gentile che devi fuggire.
Dai suoi occhi
cattivi.
Perché è il suo
aspetto ingannevole a renderti prigioniero.
Ma fa’ attenzione,
amico mio.
Se continui ad
isolarti, a vivere ostinatamente nel tuo mondo d’illusione, un bel
giorno non riuscirai più ad uscirne e quando urlerai affinché qualcuno
possa liberarti…nessuno sentirà più le tue grida.
L’unica cosa che
rimarrà nella tua testa saranno i suoi occhi maligni e la sua espressione
seriosa e beffarda insieme>
<Lo so, mi sto
distruggendo.
Oh Yohei… ma io
vorrei con tutto il cuore che lui mi amasse.
Che c’è di folle
in tutto questo?
Le ragazze della mia
età si innamorano dei cantanti, degli attori, degli sportivi, di gente
che vede solo sulle copertine dei giornali e che non conoscerà mai. Ma si
dice sia una cosa normale per un’adolescente.
E allora?!
Perché io non posso
innamorarmi di qualcuno che non conoscerò mai? Perché sono un ragazzo e
devo comportarmi da adulto già prima che lo sia diventato?!
Perché lui è
vissuto ed è già morto?!
O forse perché io
sono un ragazzo e anche lui lo è?!>
Per un istante
osservo Yohei e il suo sconforto mi stringe il cuore.
Mi ricorda lo
sconforto che lo colse quando suo fratello maggiore morì.
Da allora ci siamo
legati moltissimo e io sono diventato il suo nuovo fratello, ed è proprio
per questo che farebbe qualsiasi cosa per me, per rendermi felice.
È per proteggermi,
come si fa per un fratello, che vorrebbe guarirmi da questa ossessione
dolce e maligna che mi divora, ma so anche che nulla può in questo
caso.
<Tu hai ragione,
ma io non so cosa fare!>
Si siede accanto a me
e mi abbraccia mentre sentenzia </I must fight this sickness/ find a
cure!/I must fight this sickness… Solo
tu puoi trovare una soluzione. Puoi farlo, Hana, forza!>
Il panico quasi mi
toglie il fiato.
<Davvero non ce
sono altre?> lo guardo con la speranza di leggergli in viso una
soluzione a cui non ho pensato, e la penosa consapevolezza che di soluzione ce n’è una sola.
Troppo dolorosa.
Volgo rassegnato il
capo verso il mio amore.
Reclino il capo e
piango in silenzio.
*******************
Baccano, trambusto,
fracasso.
Ecco che cos’è
casa mia, ora che i miei genitori hanno deciso di andare a trovare i nonni
paterni a Kyoto. Prendi quell’abito, spolvera la valigia, raccogli gli
oggetti personali senza tralasciare nulla, telefona in stazione per vedere
che sia confermato l’orario del treno, per non trovarsi di fronte alla
brutta sorpresa dello sciopero, ricorda di prendere i regalo per i
nonni…
Cavolo, che casino.
Ma per fortuna io
rimango qui. E dove potrei andare, c’è la scuola!
La mamma veramente
non è molto contenta al pensiero di lasciarmi solo. Più volte si è
soffermata ad osservare il mio viso sciupato, il mio colorito pallido, le
mie occhiaie.
Più volte ha chiesto
<Stai bene? Sei sicuro di voler rimanere da solo? Perché non vieni con
noi?>
Ho sempre risposto
<Si mamma! Si mamma! No mamma!>
Persino mio padre è
preoccupato. Talmente preoccupato che ha detto <meno male che ti sei
tinto i capelli, almeno ti danno un’aria più allegra!>
Roba dell’altro
mondo! Mio padre che ha fatto un apprezzamento verso i
miei capelli. Devo avere un aspetto davvero orribile.
Mio padre mi saluta
dandomi una pacca sulla spalla, mia madre mi bacia sulla fronte e poi mi
dice:
<Mi raccomando,
cerca di non fare a botte, studia, mangia e non ridurre la casa un
porcile. Se hai bisogno di qualcosa chiedi alla mamma di Yohei, le ho già
parlato e siamo d’accordo che stasera sarai a cena da loro…>
Mio padre la trascina
via, altrimenti non la smetterebbe più.
Ora che se ne sono
andati anch’io ho qualcosa da fare.
Prendo il quadro che
avevo imballato di notte ed esco.
Sto per riportarlo
nella sua legittima dimora.
Ripercorro il
tragitto che mi porta sulla cime della collina e ritorno con nostalgia a
quel caldo giorno di Maggio, caldo e profumato d’estate, proprio come
oggi.
Se penso alla
tremarella che mi colse al pensiero di dover andare a casa sua!
Se penso al timore
che avevo di lui!
Se penso a tutte le
sciocchezze sul suo conto!
Ah, che cosa
incredibile. Adesso invece non riuscirei a stare un giorno senza saperlo
vicino, eppure… eppure devo separarmene.
La tristezza pervade
il mio cuore, ma è addolcita dalla presenza del sole e dall’azzurro del
cielo: oggi è il 20 giugno e il sole ravviverà il mio cammino per molto
tempo ancora.
Solo questo mi
rasserena.
Arrivo in cima e mi
fermo un momento a guardare il palazzo.
Il sole illumina coi
raggi dorati il suo decadente splendore e io non posso che ammirare la
grazia dell’erbaccia verde che spunta negli interstizi delle mura; lo
brillantezza dei vetri sporchi che sembrano specchi rischiarati dal sole;
la solidità della facciata scrostata tinta di rosa dalla luce del sole
pomeridiano.
Mi piace questo
scenario e se penso che ne avevo così paura mi viene da ridere.
Adesso invece sembra
avere un aspetto così romantico…
Bene, devo andare
avanti.
Apro la porta ed
entro...
Chiudo per un momento
gli occhi, e quando mi fermo nell’atrio vedo una figura bianca
avvicinarsi a me, fluttuando quasi fosse un fantasma.
Ma io non ho più
paura e subito sorrido emozionato al mio signore che è venuto ad
accogliermi nella sua casa, oggi più bello che mai, avvolto nel suo
yukata di seta bianca, il viso contratto in una smorfietta imbronciata e
deliziosa, i lunghi capelli neri appena mossi da un venticello
inesistente.
<Grazie per essere
venuto a darmi il tuo benvenuto, mio dolcissimo signore>
Mi avvicino di
qualche passo e gli sorrido e subito scompare, ma il mio dispiacere dura
un istante perché di nuovo lo vedo comparire nel suo studio, tutto
intento a scrivere una lettera.
Basta un movimento
delle mie ciglia che di nuovo si dilegua per poi comparire nel salotto.
Seduto mollemente su una poltrona, fissa tutto assorto la luce del dorata
del tramonto, che gli tinge il viso di rosa.
Torno sui miei passi
ed ecco riapparire di spalle la sua figura elegante nel corridoio. Si
muove leggero, quasi sfiorasse il pavimento e per un attimo volta la testa
e mi fissa con i suoi occhi intensi e nerissimi per
essere certo che io lo segua.
Ma non ha bisogno di
certezze. Io lo seguirò ovunque vada…
Saliamo al primo
piano e nella sala della musica intona melodie pizzicando le corde
dell’arpa con le sue dita sottili, suonando al violino dei motivi
romantici e struggenti, poi si siede al clavicembalo e suona la mia
preferita: la “danza macabra” di Saint – Saens.
La musica suona da
sola quando lui si alza e piroettando su se stesso si dilegua in un soffio
e la musica con lui.
Il mio sorriso di
nuovo s’intristisce, ma non devo farmene un cruccio: prima o poi tornerà
da me.
Percorro la galleria
degli antenati e questa volta niente mi fa paura, il mio sguardo è rapito
solo dai dipinti di quei paesaggi idilliaci e da quei tramonti un po’
malinconici, pensando al tempo in cui questa zona non era abbandonata
all’incuria e il signore
faceva il bagno nelle acque pulite del lago.
E quando entro nella
camera da letto di nuovo ecco il sorriso sul mio volto, perché lui mi ha
preceduto qui.
Sorriso che si
trasforma in stupore e gioia senza confini alla scena che mi si presenta.
L’ immagine di lui
che fa scivolare sensualmente la sua veste è così viva e il sorriso
appena accennato è talmente dolce e la mano che mi tende suadente è così
reale, che non resisto: allungo la mia mano in cerca della sua, la chiudo
piano per stringerla, per un attimo è come se davvero sentissi le sue
dita delicate stringere la mia e poi…
Poi la mia mano si
chiude su stessa e tutto svanisce nell’aria.
Caccio dentro un urlo
di frustrazione: il mio sogno ad occhi aperti è finito.
Purtroppo non è per
sognare che sono qui.
Poggio il ritratto su
una poltroncina accanto al balcone, cosicché la luce del sole morente
possa illuminarlo per me un’ultima volta e mi siedo a terra accanto a
lui.
Chiudo gli occhi e
sospiro.
È arrivato il
momento di dirgli addio.
Sfioro il suo collo,
la sua guancia, le sue labbra e la tela ruvida sembra la pelle più
delicata e la sua bocca
imbronciata sembra già sapere ciò che ho da dirgli e i suoi occhi
sembrano attenti ad ogni mio movimento.
Proprio per questo
inizio a parlare come se potesse realmente ascoltarmi.
<Io ti amo.
Ti amo davvero.
Ti amo così
intensamente, così profondamente, che ogni briciola del mio cuore, della
mia anima, del mio essere, pulsa, batte, vive per te.
Nella vita mi sono
dichiarato a tante ragazze credendo ogni volta che sarebbe stata quella
giusta, che sarebbe stata quella che mi avrebbe reso felice per sempre, ma
quando ti ho visto…>
La voce si incrina e
le lacrime spuntano sul mio viso, ma devo essere forte.
<…Nel momento in
cui ti ho visto ho capito che non avrei mai potuto sottrarmi a te. Non
momento in cui ti ho visto il mio cuore si arreso ed è diventato tuo
schiavo senza che me ne accorgessi. E
questo dovrebbe essere più che evidente, dal momento che sono qui, a fare
questo inutile discorso ad un ragazzo inesistente…>
Gli accarezzo la mano
immaginando di intrecciare le mie dita con le sue.
<…Se avessi
avuto la possibilità ti avrei reso felice in qualunque modo…>
Sfioro i suoi capelli
cercando di immaginarne la morbidezza.
<…Se avessi
avuto la possibilità sarei stato con te per sempre…>
Tocco il suo petto
cercando di sentire il battito del suo cuore.
<…So di avertelo
promesso, so di averti promesso tutto questo, ma…>
I miei occhi
appannati e tristi accarezzano i suoi occhi cupi, che adesso sembrano
fissarmi con disappunto.
<…chiamami
vigliacco, codardo o bastardo, insultami come preferisci, offendimi come
ritieni giusto, ma io non posso più tenerti con me.
Ti amo troppo per
poter ancora sopportare il tuo sguardo fisso e immobile senza vita…
Ti amo troppo per
poter ancora sopportare la mancanza di un gesto premuroso…
Ti amo troppo per
poter sopportare il tuo ostinato silenzio…
…Io non ce la
faccio…
Vorrei che tu mi
stringessi forte, che mi toccassi piano, che sussurrassi il mio nome…
Oh, quanto vorrei
conoscere il tuo…
E io… io vorrei
fare di tutto per dimostrarti i miei sentimenti ma tu…
…Tu sei solo un
dipinto…>
Allontano la mia
mano, rassegnato.
<…E io…io sto
qui a confessarti il mio amore come l’ultimo degli schizofrenici…>
Il sole è appena
tramontato.
L’ultimo barlume
dei suoi raggi rossi tinge l’orizzonte di rosa, di arancio, di indaco,
ma già è visibile la luna nel lembo blu del cielo.
Il sole è appena
tramontato, portandosi via il tempo concessomi di restare in questa casa.
È ora di andare.
È straziante dover
lasciare lui qui, da solo, ma…
È ora di
andare.
Devo salutarlo per
l’ultima volta.
Devo dirgli addio.
Sembra quasi non
abbia più voce, schiudo le labbra ma le parole non vogliono uscire.
Avanti, Hanamichi,
devi dirgli addio…
<……………………………………………………………………amore
mio……ad……addio……
…mi dispiace così
tanto…
……io……io……
…io avrei voluto
amarti…>
Prendo il ritratto e
lo stringo tra le braccia.
<…avrei tanto
voluto amarti…>
Chiudo gli occhi
illudendomi di stringere il suo morbido corpo.
<…avrei solo
voluto amarti…>
Lo bacio carezzando
le mie labbra sulle sue, piano, poi intrufolando la lingua, all’inizio
dolce, ma poi sempre più sensuale, sempre più passionale, sempre più
insistente, fino a quando…
Fino a quando …
Fino a
quando…
Io non resisto più.
Di scatto apro gli
occhi e lo guardo. Una forza violenta esplode dentro di me.
<IO VOGLIO AMARTI!
ADESSO!>
In preda a una
frenesia isterica butto il quadro sul letto e io su di lui.
Lo bacio, lo bacio,
lo bacio, con ardore, con rabbia, senza freni, fregandomene di tornare
alla ragione e di comportarmi da persona assennata.
Io non resisto più.
<Ti amo ti amo ti
amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo…>
Le mie mani lo
accarezzano ansiose di sentire i morbidi rilievi della sua carne,
stuzzicano il suo capezzolo che mi sembra delicatissimo per trasmettermi
piacere, lo bacio sul collo e sul petto, poi in un lampo mi sfilo la
camicia e strofino il mio petto contro il suo viso, immaginando le sue
labbra baciarmi e tormentarmi eroticamente.
Mi muovo convulso,
ansioso, sfrenato, in preda a sensazioni che non avevo mai provato prima,
che mi agitano e mi squassano l’anima e soprattutto il corpo, cercando
qualcosa, qualcosa, qualcosa che possa placarmi, fermarmi, stordirmi…
Ma sento che non è
la strada giusta, che non mi basta, voglio di più…
Allora capisco e con
morboso sorriso che stento a riconoscere come mio,
sfilo scarpe, slaccio cintura, abbasso cerniera e via pantaloni e
slip.
Sono nudo di fronte a
lui.
<È la mia prima
volta. Spero tanto di piacerti…>
Mi rotolo sul letto
col mio amante di carta, pazzo di gioia per poter godere di quell’unione
cui anelano tutti gli amanti del mondo, colmo di terrore per aver compreso
in un momento di lucidità che sto cadendo in un abisso senza fondo,
movendomi prima frenetico alla ricerca di piacere, poi fermandomi
ansimante per ascoltare il consiglio di un cervello a brandelli.
Ed è qui che mio
raziocinio soccombe e il mio destino si compie…
Perché è in una di
queste ragionevoli pause, steso su queste coltri rosse trasudanti
erotismo, che avverto un movimento lieve…
Una brezza, un
venticello leggero, una scia di aria fredda sfiora il mio corpo sudato.
Sulle prime non ci
faccio caso, ma poi la sento lambire i miei piedi, risalire sulle mie
cosce, poi sfiorare il mio ventre, il mio petto, le mie braccia.
La sento indugiare
sul mio viso, rinfrescare le mie labbra, infine insinuarsi tra le dita
della mia mano.
Ed è strano quanto
sia gradevole, è strano quanto sia seducente, come se volesse farmi
sognare il paradiso da raggiungere a condizione di non smettere...
E io chiudo gli occhi
e mi lascio andare, mi lascio prendere e inarco la schiena e mi muovo
dolcemente, piacevolmente sorpreso da quella frescura che asciuga il mio
corpo sudato e lo sfiora gentilmente, come se fosse una languida carezza.
Si, proprio una
carezza…
Una carezza gentile
che mi rinfresca il corpo…
Una carezza infuocata
mi accende l’anima…
Una carezza che mi
tormenta piano piano, che mi eccita sempre di più,
che mi istiga a
esplodere di passione, a chiedere soddisfazione…
Allora con innovato
impeto una voglia sfrenata dirompe dentro di me.
E mi lancio di nuovo
sull’oggetto del mio amore, della mia ossessione.
Mi stendo supino sul
letto strofinandomi incessantemente addosso il quadro, prima sul petto poi
sul ventre poi più giù, più giù, mentre la scia di aria fredda mi
accarezza ancora, sento la frescura baciare le mie labbra, entrare nella
mia bocca, poi il gelo sui capezzoli, sul mio sesso,
facendomi dimenare sempre di più.
<Ba…basta… Non
po…sso res…resistere!>
Stanco di sopportare
ancora questo supplizio e desideroso di soddisfare i miei sensi roventi,
butto il quadro sul letto e io subito sopra di lui, e senza attendere
oltre muovo convulso e voglioso il mio sesso, mentre sento la glaciale
scia sfiorarmi le membra, lisciarmi la schiena, fino a insinuarsi tra le
natiche, e io, sempre più sconvolto, scalpito ancora e ancora e
ancora…
fino a quando la sua
immagine si materializza illusoria sotto di me…
… e mi persuado che
sia la sua carezza…
… e mi si
annebbiano i sensi…
… e raggiungo il
mio totale appagamento…
Giaccio sul letto
semi incosciente, tra le coltri polverose e sgualcite, intirizzito dal
freddo che mi ha avvolto poco fa e di cui adesso non c’è più traccia.
Piango la mia felicità
per aver raggiunto il mio primo orgasmo con colui che amo, muoio al
pensiero che lui con me non c’è mai stato, soffro sapendo che
lui con me non sarà mai.
Tremo atterrito dalla
visione di ombre che si staccano dagli angoli bui per gettarsi su di me,
afferrandomi le braccia, ghermendomi le caviglie, tirandomi per i capelli
e trascinandomi giù nell’abisso.
Nell’abisso della
follia…
CONTINUA…
Vai all'Archivio Fan Fictions |
Vai all'Archivio Original
Fictions |
|