La carezza del diavolo parte
V
di Lan
5.
LA METÀ OSCURA.
Ho sempre considerato
la colazione il pasto più simpatico di tutta la giornata, benché non il
più piacevole: certamente non adoro fare i salti mortali per sgomitare
con mio padre a chi arriva prima in bagno (l’altro generalmente è
occupato da mia madre che impiega ore per sistemarsi), trangugiare di
corsa il latte, fare in modo che i biscotti ingoiati di un fiato non mi
soffochino; ma è il momento che preferisco perché, in tutto questo caos,
riusciamo a fare in modo di trovarci in cucina per scambiare due
chiacchiere riguardanti i miei amici, il mio andamento scolastico, i miei
capelli, che solitamente degenerano in divertenti discussioni.
Ma oggi non è così….
Non so se crei più
stupore il fatto che sia sceso in orario o la mancanza delle mie frottole
sparate a mitraglia, ma mio padre e mia madre subito mi osservano di
sottecchi.
<Hanamichi,
qualcosa non va, figliolo?>
No, sto benissimo,
rispondo e a ragione di ciò inizio a parlare come se niente fosse del più
e del meno, a rispondere divertente alle domande di mia madre e sottomesso
alle raccomandazioni di mio padre, mentre il mio sguardo si perde nel
latte e la mia bocca mastica di mala voglia i biscotti, come se non
avessero sapore.
Perché io non sono
qui…
***************
<Allora, ragazzi,
la regola dice: “cambiando il segno a tutti i termini di un’equazione,
si ottiene un’equazione equivalente alla data”. Sakuragi alla lavagna,
così esplicherai per noi la regola con un esempio>
……………
<Sakuragi?>
…………..
<SAKURAGI,
SVEGLIA!!>
<MI SCUSI!>
balzo in piedi sull’attenti.
Eseguo l’esempio,
ma la mia mente è altrove…
So cosa sto dicendo,
capisco il ragionamento, mostro i miei dubbi quando mi sembra di non aver
capito.
Ma mentre guardo la
lavagna, realizzando che tutto ciò che vedo è certo, ho la sensazione
che una parte di me non sia qui, ma in altro luogo.
Si, io so dove.
A casa.
A casa mia.
Nella mia stanza.
Sono giorni oramai
che ho fatto quell’incredibile scoperta, giorni che non penso ad altro,
notti passate insonni, tormentandomi su
mille quesiti e mille risposte che non troverò mai, chiedendomi
chi ha fatto saltar fuori quel quadro e lo yukata, osservando
minuziosamente ogni centimetro quadrato di quella tela, per poter portare
almeno nel mio cuore l’immagine di quel ragazzo che ha rapito i miei
sensi.
Mi sento così
stanco…
Non è solo per le
forze che pian piano vengono meno, ma soprattutto perché non riesco a
reggere il peso di due Hanamichi racchiuso in uno solo: perché se una metà
“luminosa” continua in me ad essere quella che è sempre stata, a dire
quello che ha sempre detto, a fare quello che ha sempre fatto, ora,
un’altra metà nascosta nel buio della coscienza, una metà oscura, vive
e si agita dentro di me, odiando la compagnia, rifiutando l’allegria, il
cui solo scopo è pensare, pensare, pensare… a lui.
Una metà di me
dominata da lui, che si strugge per lui, alla ricerca di lui: della sua età,
della sua vita, del suo nome…
Che si chiede se era
davvero crudele e malvagio…
Che è sicura fosse
stato vittima di voci maligne…
Che piange la sua
morte, probabilmente atroce…
Che si domanda se ha
mai amato qualcuno…
È immerso in questi
pensieri che mi trova Yohei, a questo punto sempre più impensierito dalla
mia salute fisica e mentale.
Yohei, che si
preoccupa sempre di più per me, che non capisce quello che mi sta
succedendo, che vorrebbe parlarmi ma non fa che scontrarsi con un muro.
Yohei, il mio
protettore, il mio angelo custode.
Yohei, la cui
compagnia vado scansando come la peste, mi si avvicina sempre più
minaccioso.
Il suo sguardo è
un’eloquente dichiarazione di guerra.
<Adesso basta,
Hanamichi, ne ho abbastanza. Basta
con i tuoi impegni improvvisi, con le tue risposte evasive e le tue
battute in ritirata. Il tuo aspetto
è terribile, sembri uno che non dorme da giorni, il tuo umore non mi
azzardo nemmeno a commentarlo. Dal
colloquio con Morisawa che mi avevi riferito mi era parso che ti fossi
tranquillizzato, ma ho sbagliato a pensarlo, tu stai sempre peggio. Adesso
basta, falla finita con i demoni della tua testa. Ora
voglio sapere che ti ha detto Morisawa!>
<A cosa ti
riferisci? Io ti ho detto tutto per filo e per segno, potrei giurarlo sul
mio onore>
<Col tuo onore ti
ci puoi pulire il culo. Io voglio la verità!>
Accidenti, quando il
pacifico e tranquillo Yohei inizia a dire parolacce è vero che sta per
succedere un macello.
<Quale verità?>
Una domanda retorica,
la mia.
Ma è una domanda che
mi trova comunque impreparato, forse perché non ho mai saputo trovare una
risposta.
Yohei pianta il suo
sguardo nel mio e mi ordina perentorio
<Voglio che tu mi
parli una volta per tutte di ciò che ti è successo allora>
Ma questa volta
faccio lo gnorri.
<Cosa dovrebbe
essermi successo?>
<Del perché non
sei voluto più tornare>
Si, sta parlando di
quando eravamo piccoli…
<Non so
spiegartelo>
<Bugiardo!>
<ACCIDENTI, YOHEI!
NON LO SO, NON LO SO, NON LO SO! >
<ah non lo sai?
Davvero?! E allora perché mi tirasti via di corsa dicendomi di non andare ? che cosa avevi visto? Dimmelo!>
E in un attimo torno
indietro nel tempo per rivedere Yohei che aprì la porta della cantina, io
pochi passi dietro di lui.
Una rampa di scale
scendeva nell’oscurità.
Io urlai terrorizzato
<NOOOOO! NON ANDARE LAGGIÙ! È PEROCOLOSOOO!>
Con un balzo lo
afferrai e lo trascinai via.
Come per un tacito
accordo non parlammo mai di ciò che era accaduto o di ciò che avevo
visto.
Non tornammo più.
<Io non vidi
assolutamente niente, capito? NIENTE!!!>
<No, non me la dai
a bere, eri troppo spaventato, tu hai visto qualcosa, in cantina o fuori,
qualcosa che ti ha fatto urlare di terrore assoluto e io voglio sapere
cosa, perché so che questa è l’origine di tutte le tue paure>
<Era troppo buio,
cosa potevo aver visto? Ho solo avuto paura del buio, tutto qui>
Sono sincero, perché
non lo capisce?
Yohei mi guarda
ancora pensieroso.
Uno sguardo
indagatore che vuole scandagliare il mio animo da cima a fondo.
Uno sguardo benevolo
che vorrebbe curarmi chissà quali ferite.
Sorride affettuoso e
la sua voce si fa più dolce.
<Quando lo
riportiamo?> dice.
Un brivido freddo mi
percorre da capo a piedi
<Ri…riportare
che cosa?>
<Come? Il
quadro!> Yohei adesso è davvero stupito.
Ma lo è ancora di più
quando dico <Per il momento resta da me>.
Di nuovo il suo
sguardo pieno di rimprovero, di nuovo sta per aprire bocca, ma questa
volta lo zittisco.
<Hanno ragione i
ragazzi, non è poi così terribile come sembra!>
E mentre suona la
campanella, mi alzo e vado via, salutandolo distrattamente.
Anche questa giornata
è giunta al termine.
Nel silenzio della
notte, mentre tutti dormono, esco il quadro che avevo nascosto dietro
l’armadio, lontano da sguardi indiscreti. Mia madre sa che la mia stanza
è off-limit, per pulirla chiede addirittura il mio permesso, ma è meglio
essere previdenti…
Esco il quadro e mi
avvicino alla finestra.
Le luci sono spente,
solo il chiarore della luna, delle stelle, la luce fioca dei lampioni,
illuminano debolmente la mia stanza.
Adoro osservarlo
nella penombra…
È ancora più bello,
il mio Signore, talmente bello che non riesco a distogliere il mio
sguardo, la mia mente, il mio cuore da lui.
Sono in estasi fronte
a lui, incurante del mondo di fuori, dei cani ululanti, delle macchine che
sfrecciano in lontananza, della scia di aria fredda che mi accarezza le
gote, finalmente, dopo l’afa di questi giorni.
Non m’importa più
di nulla, adesso al mondo ci siamo solo io e lui.
*******************
Voci. Luci. Suoni.
Un miscuglio i vita,
di allegria, di gioventù.
Mi piaceva il
Danny’s, sempre così affollato, sempre così chiassoso, sempre pieno di
belle ragazze su cui fare un pensierino.
<…Allora io ho
detto: papà te lo prometto, studierò di più. Alle parole ho fatto
seguire i fatti, così mi sono guadagnato il biglietto per il concerto>
<Ah, Noma, è
inutile, tu rimani sempre quello che la testa sulle spalle, nonostante il
baffetto ti dia un’aria da idiota>
<mah, a me non
piacciono, non capisco come facciate ad ascoltare quella musica>
<E su, Mito, non
siamo appassionati di classic music come te>
<E tu Hana? Vieni
o no al concerto?>
<Si, dai, potresti
chiedere a Yoko di accompagnarti!>
<Hana?>
<Hanamichi?>
Mi piace il Danny’s,
se solo non fosse così rumoroso, così chiassoso, così affollato.
Mi chiamano … so
che mi chiamano … devo rispondere, anche se preferirei crogiolarmi un
altro po’ nel mio mondo segreto…
Se solo potessi
restarmene in disparte a sognare un altro po’…
<No, io non vengo
al concerto, mio padre mi ha fatto una ramanzina per via dell’ultima
nota che ho beccato da quella ciabatta> dico.
<Ah, la prof. di
disegno>
<Si, per questo
dovrò rimanere a casa a disegnare non so cosa da consegnare non so
quando>
<Eddai, pazienza,
la prossima volta impara a fare i compiti invece di bighellonare per le
solitarie vie di campagna, ahahaha>
Non m’interessa che
ridano di me.
Non m’importa
nulla.
Voglio andare via.
Voglio andare a casa.
Voglio andare da lui.
Ci salutiamo. Ci
separiamo. Io e Yohei facciamo un tratto insieme.
Devo prepararmi a
difendermi, so che sta per sferrare un nuovo attacco.
<Hana, perché non
vieni a dormire a casa mia?>
mmm…le conosco
queste nottate passate a raccontarsi confidenze come ragazzine svenevoli.
No, non posso sprecare una notte così.
C’è qualcun altro
adesso che mi fa una migliore compagnia.
<Mah, sai com’è…ho
da studiare, ti ho detto che devo riparare a quell’insufficienza>
<Già, hai
ragione>
<Hana?>
<Si?>
Spero che tu possa
tornare come prima. Sappi che se tu dovessi avere bisogno di me…io sarò
sempre qui>
<..si…>
<…Allora
ciao…>
<… Si …
ciao>
Me ne vado
tranquillo, so che nessuno mi romperà le scatole per stanotte.
Ho una voglia matta
di restare solo con lui.
Mi piace guardare il
suo petto che risplende alla luce della luna e la sua mano sottile nel
gesto delicato di scostarsi la veste mi incanta; ma quello che più mi
provoca è il suo viso…
Sembra così dolce
quando osservo le sue gote e mi perdo sulle sue labbra, e in quel momento
mi struggo dalla voglia di… ah, se
solo potessi lasciarmi andare a quel bruciante desiderio che mi tormenta,
ma non oso assecondare la brama della mia metà oscura che in questi
momenti prende il sopravvento, suggerendomi di fare cose
indicibili…
Poi basta un attimo,
il mio sguardo si posa sui suoi occhi e mentre li fisso senza batter
ciglio mi sembrano così vivaci, così intensi, così VIVI, sembra quasi
che si muovano e allora io subito abbasso i miei, intimorito, come se
potessero leggermi nel pensiero e accusarmi delle mie troppo assidue
attenzioni.
È sempre così, ogni
notte trascorre così, struggendomi dall’atroce desiderio di volerlo
avere e dalla crudele consapevolezza che non lo potrò mai toccare, perché
le mie sono solo illusioni suscitate dalla visione di un disegno…
Un disegno…
Senza né vita né
anima…
Ma questa volta è
peggio del solito, stasera sto male come non sono mai stato, perché
stasera ho provato autentico terrore alle parole di Mito “quando lo
riporti?”
Mai, mai, MAI, io non
lo cedo a nessuno.
Io non capisco, non
lo so come è saltato fuori, ma non mi frega niente se è uno scherzo di
qualche burlone, non mi frega niente se è proprietà privata.
Perché io sono CERTO
che sia lui e non voglio separarmene.
Che vengano pure a
cercarmi quelli della Sovrintendenza, della polizia, anche dell’ FBI!
Che andassero tutti a cagare!
Io voglio soltanto
lui.
E diventerò cattivo,
MOLTO CATTIVO, con chi oserà separarci.
In fondo io…non
faccio nulla di male.
Ma se non lo vedo
impazzisco.
Non è colpa mia…
Ma questo assurdo
sentimento è più forte di me.
E sempre più spesso
mi sorprendo a dire
<Vorrei solo
accarezzarti i capelli…
Stringere la tua
mano…
Sentire la tua
voce…
Come sarebbe bello,
Mio Signore, poter pronunciare il tuo nome…
Quanto vorrei che le
tue labbra imbronciate sussurrassero dolcemente il mio…
Quanto vorrei tenerti
tra le braccia…
Oh, se solo
potessi…
Se solo potessi
baciare la tua bocca…>
…e subito dopo mi
riprendo…
Ma che sto
dicendo?
Che sto
dicendo?!?!
Io sto farneticando!
Io sto impazzendo davvero!
Come posso dire
queste cose? Come posso comportarmi così?!?!
Forse… forse è il
caldo eccezionale di questo strano periodo che le piogge non riescono a
portar via…
Io non sono pazzo!
NON SONO PAZZOOO!
E mentre piango,
soffoco i singhiozzi nel cuscino.
Che mi sta
succedendo?!?!
Non è possibile, non
può esser vero, tutto questo non sta capitando a me.
Perché lui non
esiste. È tutto un bluff.
Però…io non ci
riesco…
Non riesco a stargli
lontano.
Né a impedirmi di
sentire questa strana voglia crescermi dentro.
E mi rimprovero di
essere forte, di non lasciarmi andare a questo smania impellente, a questo
desiderio ardente…
Ma io voglio essere
felice, solo per una volta…
E intanto che mi
biasimo per la mia poca forza interiore, sorrido al pensiero di non poter
più opporre resistenza alla mia metà oscura, che brama, pensa, vive per
lui, e subdola s’impone in me.
Poggiato il quadro
sul mio letto, spingendo il mio corpo su di esso, sfioro le mie labbra
sulle sue, per poi premerle con più forza, fino a lambirle con la lingua,
gustando il sapore secco della polvere, mentre una leggera brezza mi
accarezza il volto, le spalle, la schiena…
Adesso sono felice,
pazzo e felice…
Mi sveglio di
soprassalto nel buio.
Coscientemente non
capisco cosa stia succedendo, ma so che nella mia stanza è entrato
qualcuno, una nera figura che si staglia contro un cielo nuvoloso e buio e
i cui contorni a malapena si distinguono.
<Hanamichi…>
sussurra piano il mio nome, proprio come le ombre nella casa del mio
signore.
< Sei tu, mio
signore?!> dico io, colmo di gioia e di paura.
<Hanamichi, che
vai farneticando?>
Accidenti, io questa
voce la conosco!
<Yohei, sei
impazzito? Che cavolo ci fai qui?!>
<Ehi, questa si
che è bella! Tu mi fai la ramanzina per questa mia entrata. Tu,
che un sacco di volte sei entrato di soppiatto in camera mia, facendomi
prendere un colpo!!!>
Dovevo aspettarmelo!
Da piccoli capitava che io o Yohei, confinati in camera in punizione per
qualcosa, sgattaiolassimo fuori di nascosto, come dei ladruncoli, per
andare a trovare l’altro entrando in casa sempre di nascosto, in modo
che i genitori non potessero riferirsi a vicenda che la punizione non era
stata osservata.
In seguito tale
pratica è stata meglio perfezionata (meno cadute dalle grondaie, maggiore
agilità nei salti, meno escoriazioni e meno rumori) affinché tornasse
utile ogni qual volta oltrepassavamo l’orario di ritirata ed era
necessario rientrare senza che i nostri genitori se ne accorgessero.
Infine l’abbiamo
utilizzata per farci degli scherzi a vicenda, oppure quando uno ha bisogno
dell’altro per chiarire un dubbio, per parlare di un problema, o
semplicemente per chiacchierare, di notte, quando il mondo tace ed è più
facile ascoltare il mormorio delle nostre anime, dei nostri cuori, di ciò
che sentiamo davvero.
Ed è più facile
aprirsi con l’altro…
Ahimè, credo sia
proprio questo il motivo che ha spinto Yohei qui, stanotte.
<Yohei, ho sonno,
lasciami dormire> mugugno.
Accendo l’abat –
jour, ma il sonno residuo mi impedisce di riflettere sulle conseguenze…
E vedo il mio amico
sgranare gli occhi.
<E quello cos’è???>
Il quadro! Mi sono
addormentato accanto al quadro.
Credo che la mia
faccia arrossisca e impallidisca nello stesso momento, mentre io abbasso
lo sguardo colpevole.
<E quello cos’è???>
chiede ancora.
benché una parte di
me sia molto incazzata per questa intrusione, un’altra parte non può
fare a meno di rasserenarsi, sgravandosi da un peso che non riesce più a
reggere.
Finalmente racconto
la verità…cioè, quasi tutta la verità.
<Ti ho detto che
Morisawa aveva dei dubbi sull’aspetto del Signore, giusto?>
Annuisce.
<Ti ho parlato
della principessa Fujiko e della sua visione, giusto?>
Annuisce.
Gli racconto di come
quella sera mi sentissi troppo a disagio sapendo il suo sguardo fisso su
di me, della mia incapacità di sciogliere i miei occhi dai suoi, della
mia rabbia crescente opporsi a quella assurda prigionia psicologica, del
conseguente impulso di fargli male buttandolo a terra.
Quello che non gli
racconto è che un’altra ossessione si è impadronita di me, un’
ossessione di tutt’altra natura…
<Io…io credo che
sia lui…che sia questo il suo vero volto. Adesso capisci? Non ho più
nulla da temere!>
Yohei continua a
fissare il ritratto attento, vedo le sue pupille spostarsi dal basso verso
l’alto, da destra verso sinistra, le vedo osservare la sua mano, poi il
suo petto, infine il suo viso.
Ma il suo stupore è
diverso da quello che mi colse quando lo vidi per la prima volta.
<Riportalo dove lo
hai trovato> mi ordina.
<Perché?!>
<Hai detto che
Morisawa non ha mai visto il quadro. Allora non può essere che uno
scherzo, neanche tanto divertente. Riportalo subito a palazzo>
<Si può sapere
che ti prende? Hai detto che non dovevo avere paura. Hai detto che dovevo
combatterla, la mia paura. Ci sto riuscendo. Lui non è quello che
credevamo. Non è un mostro o un demonio o un vecchio bizzarro. È un
ragazzo come te e come me. Non capisco …>
<Non mi piace>
<Cosa?>
<Avevi ragione
tu>
<Ma se credi che
sia tutta una stronzata cosa…>
<Mi hai capito
benissimo, Hanamichi. Non so perché ma non mi piace, va bene? Ora capisco
la tua paura di fronte a quegli occhi, quando l’hai visto per la prima
volta, va bene? Quegli occhi non mi piacciono affatto e non scherzo. Tu lo
riporti a casa sua>
È incredibile: Mito
sembra vedere il dipinto sotto una luce nuova, come se adesso vedesse in
quel volto una cattiveria che io non riesco a percepire.
<Mi dispiace, ma
io non posso separarmene>
So che parla per il
mio bene, ma io non permetterò a nessuno di allontanarmi da lui.
<Perché?>
Mi guarda negli occhi
per cercare di capirmi.
È l’unico che può
capirmi.
L’unico da cui non
voglio farmi capire.
Perché scoprirebbe
tutto ciò che non dovrebbe scoprire.
Conoscerebbe tutto ciò
che non dovrebbe conoscere.
Giungerebbe a
conclusioni cui non dovrebbe giungere.
A cui io stesso non
voglio giungere.
Perché ho paura.
Mi siedo sul letto
cercando di riordinare le idee, affinché la ragione prevalga sul questo
sentimento squassante e malsano che mi sta trascinando in un abisso.
Forse non ha tutti i
torti…
<Ti…ti prometto
che lo riporterò, ma non subito. Lo riporterò, ti do la mia parola>
gli dico, sentendo salire un groppo in gola.
Yohei sorride. Non
sembra del tutto tranquillizzato dalle mie parole, ma mi sorride.
<E la cosa più
giusta da fare, amico mio. Vedrai, tutto si sistemerà. Adesso
vado. Buona notte>
Con agili balzi
ridiscende lungo la grondaia, sento il suono dei suoi passi affievolirsi.
Mi butto a peso morto
sul letto.
Che dovrei
fare?
CONTINUA…
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