Disclaimers: i pg
appartengono al sensei Inoue; non ci guadagno nulla... si insomma lo sapete
meglio di me vero che cmq li possiamo usare per farci tutto quello che
vogliamo...
Note: non ho mai scritto niente di così angst...
dediche: A papa Pio IX... emh... perché ho iniziato a scrivere dopo un sogno
riguardante una scomunica di Pio IX e le mail di derisione delle mie
amiche...
Kokoro
no oto
di Annola
Si lasciò cadere sul letto con un sordo tonfo sulle lenzuola bianche.
Stanco.
Era davvero stanco.
Non ce la faceva più a continuare a sopravvivere così.
Non viveva.
Come poteva essere chiamata vita quella?
Lavorava, studiava e giocava a basket.
Amava il Basket perché lo faceva sentire bene, perché stava bene insieme a
quelle persone e voleva essere apprezzato da queste, perché continuando a
giocare poteva stare accanto e cercare di attirare l'attenzione di Rukawa,
della sua kitsune.
Studiare lo faceva perché lo aveva promesso.
Lavorare, vi era costretto.
Non poteva certo mantenersi con il nulla (o quasi) che la previsione sociale
gli passava, la madre, dopo la morte di suo padre ed era morto solo per colpa
sua come continuava a ripetere, aveva dato di matto con il risultato che ora
si trovava rinchiusa in una clinica. Un bel posto tranquillo, in cui tutti i medici e infermiere lavoravano sodo
ed erano gentili, un posto dove sua madre poteva nascondersi dalla realtà e
non era costretta a guadarlo in faccia.
Era sfinito, su quel letto. E solo.
Fra poco più di cinque ore si sarebbe svegliato e sarebbe dovuto andare a
scuola. Indossando quella maschera che ogni giorno sembrava più pesante.
Voleva stapparne i legacci, gettarla con tutta la sua rabbia terra e con
tutta la sua disperazione saltarci sopra per frantumarla.
Ma non poteva e soprattutto non ci riusciva.
La stanchezza era ormai troppa, le palpebre si chiusero dolcemente al
richiamo del sonno ristoratore e come ultimo pensiero chiese di poter avere
dei sogni felici almeno questa notte.
Hanamichi Sakuragi, liceale del primo anno allo Shohoku evidentemente non era
nato sotto una stella fortunata, perché nemmeno quel piccolo desiderio
formulato prima di addormentarsi gli fu esaudito; il suo sonno fu agitato,
turbato da visioni del passato che lo incatenavano alla tristezza e al senso
di colpa.
Il corpo del padre disteso per terra all'entrata di casa.
La tomba con sopra incisi i caratteri d'oro "Sakuragi" e l'odore di
incenso.
"Vattene maledetto è colpa tua!" Sua madre che gli urlava e gli
lanciava contro tutti gli oggetti a portata di mano.
Ancora sua madre pallida con il viso sereno che lo guardava e gli chiedeva
chi era...
e mille altre immagini che lo ferivano.
Suonò la sveglia e si svegliò.
Era un incubo quello che aveva appena fatto? o era questa realtà il vero
inferno?
Si diresse verso la scuola, e sulla strada incontrò Mito. Almeno con lui
poteva essere sincero.
"Hana, ma hai dormito?"
"Si, Yohei. Ma ho avuto un incubo..."
"Sempre la stessa storia?"
"Sempre."
"Non è stata colpa tua" gli disse convinto il suo più caro amico.
<è colpa tua!> sua madre dalla memoria urlò piangendo.
"é solo colpa mia invece..." bisbigliò lui.
"HANAMICHI!" era Haruko che tutta contenta gli stava venendo
incontro, quella voce fu come un campanello per Sakuragi che immediatamente
si ricompose e sfoderò quel sorriso cui tutti era abituati.
"Harukina!!" Così si recarono ognuno alla sua classe.
Nonostante le buone intenzioni del rossino, proprio non ce la faceva a
rimanere in classe continuando quella farsa, al cambio d'ora fra la seconda e
la terza si recò in terrazza e si sdraiò a pancia in su a guardare le nuvole
che leggere scorrevano trasportate dal vento... e inevitabilmente provò
invidia per loro.
Senza che se ne accorgesse Morfeo lo rapì di nuovo e ancora per l'ennesima
volta gli incubi lo tormentarono.
Sakuragi però non era l'unico studente che non sopportava di rimanere in
classe; anche un altro giocare di basket del primo anno era in terrazza a
respirare un po' di quel vento primaverile che soffiava dal mare di Kanagawa.
Kaede Rukawa si era svegliato nell'udire il suono della porta di metallo
aprirsi e nel timore che qualcuno lo disturbasse aveva guardato giù dal tetto
della costruzione che dava alle scale e meravigliandosi aveva visto un
Sakuragi diverso, che mancava della sua solita energia, e sebbene il più
delle volte lo irritasse doveva ammettere almeno con se stesso che per questa
sua caratteristica lo invidiava.
Non aveva più sonno, anzi aveva voglia di andare a stuzzicare il dohao e
farci una bella scazzottata, così da scuoterlo un po' dal torpore. Era lì
fissava mentre si era addormentato, ora poteva coglierlo di sorpresa, scese
dal rialzo e accostandosi a lui per tirargli un calcio nel fianco,
però si accorse
che l'espressione del suo compagno di squadra era tesa.
"Che stia facendo un incubo?" si domandò Ru. A rispondergli furono
le lacrime che iniziarono a scendere sulle guance di Hanamichi, i pugni
stretti e tutta la tensione che sembrava percorre i muscoli delle braccia.
Sarebbe bastato poco per svegliarlo. Ma poi? Rukawa a cosa sarebbe andato
incontro ad un dohao che non conosceva. Per lui il dohao era una persona
entusiasta della vita, forte, chiassosa, orgogliosa, allegra, imbranata ma
sincera e leale. E ora? Se lo avesse svegliato, forse avrebbe avuto davanti
una persona che avrebbe voluto essere lasciata da sola? Che aveva bisogno di
consolazione? Fragile? Ma questo non era il dohao.
Non almeno quello che conosceva lui e dunque non sapeva come comportarsi.
Rimase accanto a lui, come se continuando a guardarlo fosse stato in grado di
leggervi una risposta, una soluzione. Non fu il suo cervello a reagire alle
ennesime lacrime dell'altro ragazzo, fu qualcosa a cui non sapeva dare un
nome.
In compenso le sue mani conoscevano bene cosa fare, accarezzarono il volto
del Dohao e gli asciugarono le lacrime, e poi continuarono il loro percorso
fino a fermarsi nei suoi capelli rossi, e accarezzandoglieli dolcemente.
<Ti odio! Ti odio, e odio me stessa per averti messo al mondo... é solo
colpa tua!!!> urlava la donna davanti ad Hanamichi.
<mamma scusami...> la sua voce inascoltata è il suo cuore che ripeteva
ad ogni battito: -ha ragione-
<dovevi morire tu al suo posto... perché? Perché lui e non te?>
<scusami scusami scusami> ancora nessuno la udiva -è solo colpa tua,
sei un assassino!- il suo cuore che continuava a battere.
<Aaaahh! sei maledetto!! porterai anche me alla morte? ah no... troppo
bello per me vero? Mi condannerai a questa vita odiosa con te vero? eh
maledetto? Fai solo soffrire chi ti vuole bene!>
<no, mamma... ascoltami ti prego... mamma scusa, scusami...>
-assassino! assassino! assassino!-
Lacrime e risa.
Risa di follia di una donna disperata e lacrime di disperazione di un figlio
al limite con la follia.
Sembrava di precipitare in un posto oscuro, dove non poteva aggrapparsi
perché gli appigli facevano ancora soffrire ancora di più.
Buio e freddo.
Freddo e paura.
Paura e dolore.
Dolore e dolore.
Dolore e dolore.
Dolore e calore.
Da cosa? da chi veniva quel tepore così rassicurante?
Non lo volle sapere... voleva rimanere così immerso in quel sereno caldo che
lo rassicurava e che respingeva indietro le tenebre.
Rukawa guardò il viso del rosso rasserenarsi... ecco così assomigliava di più
al dohao che conosceva. Un'espressione innocente, tipica dei bambini, non era
forse adatta a quella testa matta con cui litigava?
Non era adatta a lui visto l'ingenuità e l'entusiasmo con cui si gettava a
capofitto in ogni cosa che lo coinvolgeva?
Però Kaede Rukawa era pur sempre Kaede Rukawa, la volpe artica, mr Unfeeling,
come poteva rimanere lì ad accarezzare i capelli del dohao sdraiato?
Inaccettabile.
una piccola onda nel suo cuore...
un piccolo gesto delicato nell'allontanarsi per non svegliarlo...
un ultimo sguardo prima di chiudere la porta...
un'altra onda del suo cuore stavolta un po' più grande...
Hanamichi aprì gli occhi. Il calore che fino ad un momento fa nel sogno lo
stava scaldando era scomparso, facendo tornare in lui un freddo invernale.
Vide una persona allontanarsi.
Era lei che gli aveva prestato un po' del suo calore?
Di chi era quella figura confusa dall'ombra del sonno?
Non poteva essere davvero la persona che sembrava essere?
Non poteva essere davvero la persona che desiderava fosse?
"Era davvero la volpe?" si chiese.
Come poteva essere la volpe sempre così fredda a scaldargli il cuore,
l'animo? A proteggerlo dal freddo del rimorso e della colpa?
"Chi altro meglio di me sa, che si porta spesso una maschera? Comunque
il fatto che Rukawa fosse qui... e cosa stava facendo qui? Mi avrà forse
visto piangere nel sonno e ora penserà che sono debole? Avrà pietà di
me?" Lo sguardo tornò dov'era prima di addormentarsi... insieme alle
nuvole alte e bianche.
"Chissà se in cielo ci sono angeli belli come lui"
Non s'illudeva, aveva imparato a conoscere la voce del suo cuore, e sapeva che
da quando lo aveva incontrato continuava a ripetere che lo amava, amava
quella baka kitsune.
Per molto tempo però quella voce era stata coperta, non dall'orgoglio ma
ancora da quella parola che continuava a rimbalzare da un lato all'altro
della sua anima -assassino!-; la maschera che portava davanti al mondo
serviva a non fare uscire nessuna delle sue due voci del cuore.
Avrebbe voluto davvero dire a Rukawa quello che provava per lui, ma la paura
che sentiva al solo pensiero di essere rifiutato da lui era paralizzante. Non
si fermava solo il corpo, ma anche il cuore.
Moriva.
Ancora una volta un pezzo del suo cuore si rompeva in centinaia di frammenti.
Quello però era l'unica parte ancora sana, con cui ancora sopravviveva. Non
potava perderlo.
Ma se ora Kaede avrebbe provato pena per lui, per le sue condizioni?
Frammenti grondanti di sangue del suo cuore ferito.
Sarebbe morto.
Ancora una volta nel dolore.
Perché portare avanti un'esistenza ingiusta?
<il mio più grande sbaglio è stato farti nascere!>
Perché continuare a vivere se gli altri non ti considerano...?
<e tu chi sei? ... Hanamichi? io non ti conosco, perché mi chiami
mamma?>
...o al massimo come un buffone?
<Dohao!>
<Imbecille piantala!>
Perché perpetuare un'esistenza che non da altro che sofferenza a se stessa e
soprattutto a quella degli altri?
Rukawa si allenava in palestra, gli allenamenti era già incominciati da una
decina di minuti. Akagi stava già sbraitando sulle possibili punizioni che
sarebbero toccate al rosso non appena avrebbe messo piede in palestra
fin'oltre la durata degli allenamenti.
Kaede da parte sua questa volta concesse a Sakuragi il beneficio del dubbio,
imputando il ritardo alla stessa causa delle lacrime di stamattina. Rivide il
volte teso e sofferente del Dohao.
Desiderò proteggerlo.
Non voleva vederlo triste.
Perché si buttava anima e corpo sia nel basket sia nella vita e ogni volta
che cadeva nel fango si rialzava per questo lo ammirava...
Perché vederlo ridere gli metteva allegria...
Perché Hanamichi era entusiasta sempre gli faceva tenerezza...
Perché era speciale...
Perché lo amava.
E finche non formulò questo pensiero non se ne rese conto.
Lo amava.
Una frase che continuò a ripetersi all'infinito... e si accorse che era il
suo cuore che batteva... un pensiero che aveva trovato il suo posto, nel
cuore e ora non si poteva sradicare senza ucciderlo.
Kaede Rukawa si era innamorato, o per lo meno se ne era reso conto.
"MA DOVE DIAVOLO SI é CACCIATO QUEL PIANTA GRANE?!" Kaede immerso
nei suo pensieri si riscosse e vide che ancora il capitano si lamentava del
ritardo del suo dohao.
"Mio..." sussurrò leggero Rukawa. e fu un pensiero bellissimo,
pensare che il dohao fosse suo. anche se al momento non era vero, si corresse
mentalmente, ma lo sarebbe diventato presto.
Rukawa aveva ragione, Hanamichi sarebbe diventato presto suo e per sempre.
In palestra arrivò il signor Anzai, il volto pallido, gli occhi arrossati, la
voce malferma. chiese di schiudere le porte della palestra, dovevano rimanere
solo loro a sentire quello che doveva dire.
I giocatori dello Shohoku, Haruko e le sue inseparabili amiche, Ayako e
l'armata Sakuragi fecero cerchio attorno a lui.
"Signor Anzai, manca Sakuragi.." fece notare gentile come al solito
Kogure.
"Lui sa già..." rispose semplicemente e tristemente l'allenatore.
"Ora vi leggerò una lettera. Ascoltatela bene."
Vi lascio questa lettera per chiedervi scusa...
scusate se sono stato causa di infelicità per voi, con i miei errori, con la
mia presenza fastidiosa che vi distraeva, con il rumore che porto ovunque io
passi.
Scusate se ho portato rumore nelle vostre vite, ma per me il rumore è
necessario... non avrei sopportato il rumore del mio cuore senza di esso.
Ma ora non vi sarà più il mio rumore a disturbarvi, perché non ci sarà più un
cuore da coprire... fra poco, anzi quando voi leggerete avrà cessato per
sempre di infastidirmi con i suoi -assassino!- e i suoi -ti amo!-
Questo è l'ultimo disturbo che vi lascio.
Che lascio a una sola persona: Rukawa... Ti amo.
e ti amerò anche adesso ovunque io mi trovi...
Tu eri troppo lontano dal posto in cui ero e ora lo sono comunque, ma almeno
posso starti vicino senza intralciare la tua vita, senza incontrare quello
sguardo freddo.
Scusa, non ho avuto il coraggio di dirtelo, ma avrei portato altro dolore al
mio cuore sentendomi respinto. Non avrei retto oltre.
Scusate il disturbo che la mia vita vi ha dato.
Scusatemi ancora se questa lettera è stata causa delle vostre lacrime... io
non avrei mai voluto darvi dispiacere...
ma alla fine, come al solito mi dimostro un'incapace.
Hanamichi Sakuragi.
Il silenzio riempiva la palestra.
Frammentate da singhiozzi, lacrime che scendevano sui visi di tutti.
Qualcuno che si lascia andare sedendosi per terra e piangendo per la morte di
una persona.
Non una qualsiasi ma Hanamichi Sakuragi.
Singhiozzi.
Lamenti.
Poi sopra tutto questo un urlo.
Rukawa aveva urlato. Come poteva dire, come poteva fare?
Voleva indietro il suo dohao! Lo rivoleva indietro per prenderlo a pugni per
aver fatto una cosa tanto idiota! Lo amava, non lo avrebbe rifiutato...
Era arrabbiato e si odiava...
A causa sua, del suo atteggiamento distaccato che Hana era morto?
-Assassino! ti amo!- questo continuava a ripetere il suo cuore ad ogni
battito fino a che non si sarebbe fermato.
---OWARI---
Annola: che allegria...
Rukawa: Ridammi il dohao!
A: tieni.
R: cosa me ne faccio di un foglietto?
A: è l'indirizzo dove si trova il dohao... ma se non lo vuoi me lo
riprendo...
R: NO! vado immediatamente.
- Ru inforca la sua bici e corre via veloce come il vento, curva a destra,
schiva una vecchietta che lo maledice in siciliano stretto, curva a sinistra,
passa con il rosso al semaforo come sempre, prende dentro a Pio IX che lo
scomunica, e finalmente arriva... all'obitorio.-
A: ^__^;;; non ho detto che glielo ridavo vivo...
Piccola
nota: il titolo per chi non conoscesse il giapponese
significa "rumore del cuore"
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