Ormai era da più di due giorni che se ne stava chiuso in quella stanza, senza parlare con nessuno, senza mangiare, senza mai alzarsi dal letto.
Non aveva chiuso occhio, dal funerale di Raine.
Se ne era rimasto così, semiseduto sul letto, appoggiato ai cuscini che aveva impilati dietro alla schiena, con le lenzuola tirate su fino alle ginocchia; proprio come l'aveva premurosamente sistemato la vecchia fioraia, dopo che io e Ward l'avevamo riportato a casa, in uno stato di semi-catatonia, una volta terminata la cerimonia funebre.
Ogni tanto, io mi affacciavo alla porta, scrutando nella penombra; lui era sempre li, nella stessa posizione, con il capo leggermente reclinato in avanti, lo sguardo fisso su un punto indefinito del lenzuolo che serrava nei pugni chiusi.
Non lo sentivo mai piangere, eppure i suoi occhi erano terribilmente arrossati, come se fossero iniettati di sangue; un colorito livido, violaceo, si espandeva dalle palpebre fin sotto agli zigomi e colorava anche la pelle intorno alla punta del naso. I suoi capelli gli cadevano a ciondoloni sulle spalle e sul viso, simili a liane essiccate, come volessero esprimere la sua totale mancanza di voglia di vivere.
Non avevo mai voluto entrare a disturbarlo; pensavo che avesse bisogno di un po' di solitudine, di un po' di tempo per affrontare ciò che era accaduto. Mi limitavo ad osservarlo da lontano, per rispettare il suo dolore e il suo bisogno di annullamento, cercando di capire se stava bene... Almeno fisicamente.
Ma, il terzo giorno, non resistetti più. Non potevo certo abbandonarlo li, immobile sul letto, come se fosse una bambola rotta.
Feci un respiro profondo ed entrai nella sua stanza, chiudendo la porta dietro di me.
Cosa si può dire ad un uomo che ha appena perso la donna che ama, senza nemmeno riuscire a salutarla per l'ultima volta? Mi vennero in mente molte frasi di circostanza, luoghi comuni... Ma lui si meritava qualcosa di meglio.
Non sapevo neppure io come e se sarei riuscito ad alleviare, anche solo un po', il dolore che lo stava consumando; sapevo solo che il modo migliore era dimostrargli quanto gli volessi bene, quanto lui contasse per me, per Ellione, per Ward... Per suo figlio appena nato.
Dovevo riuscire a fargli capire che, se proprio non riusciva a trovare la forza di reagire per se stesso, avrebbe dovuto farlo almeno per il piccolo...
Mi avvicinai al letto; nel silenzio che avvolgeva la stanza, in quell'atmosfera immobile e quasi surreale, dove anche lui sembrava inanimato, i miei passi producevano un suono sordo e rimbombante, quasi fastidioso.
Lui non fece cenno di aver notato la mia presenza; non guardò neppure dalla mia parte, né ebbe la benché minima reazione.
Tra noi due, è certamente lui, quello emotivo e passionale; In quel momento, però, mi sentivo insolitamente nervoso.
Il mio cuore aveva accelerato i battiti e il mio stomaco era stretto in una morsa; se avessi detto anche solo una parola di troppo, avrei rischiato di peggiorare le cose...
Sedetti con cautela sul bordo del letto; niente, ancora nessuna reazione.
L'osservai da vicino: il suo bellissimo viso era disfatto, i suoi lineamenti delicati irrigiditi in un'espressione tra l'incredulo e il disperato.
Era quasi difficile credere che fosse lo stesso ragazzo dal sorriso incantevole che conoscevo...
Gli scostai i capelli arruffati dal viso; lo guardai diritto negli occhi, per cercare di catturare la sua attenzione: era come fissare una statua.
Allora, lo chiamai per nome.
"Laguna..." Ancora nulla. Lentamente, appoggiai le mie mani sulle sue, sempre chiuse a pugno e appoggiate sul suo grembo.
"Laguna, ascolta... Non puoi continuare così. Ti ammalerai. Devi mangiare qualcosa, devi cercare di dormire... Sono... Siamo tutti preoccupati, per te." 'E non sai quanto lo sia io, in particolare', avrei voluto aggiungere, ma sarebbe stato egoista lasciarmi andare ad uno sfogo personale proprio in quel momento..
Ma lui non reagiva ancora... Per qualche istante, credetti davvero che non avrei mai più rivisto l’uomo che era stato mio amico… Arrivai a temere che, di lui, non sarebbe rimasto che un inespressivo guscio vuoto. Mi sembrava che le sue mani, sulle quali appoggiavo le mie, fossero fredde più di un pezzo di marmo…
Fino a un attimo prima, ero riuscito a trattenere la commozione in fondo al mio cuore; volevo essere forte per poter sostenere lui, non potevo lasciarmi andare.
Però, in quel momento, il pensiero di non aver più accanto Laguna, il Laguna che io avevo conosciuto, mi travolse come un’ondata di tristezza, stringendomi la gola in un nodo e facendomi gonfiare gli occhi di lacrime.
Ritirai le mani dalle sue con uno scatto, voltandomi, in modo di uscire dal suo campo visivo. In un modo o nell’altro, sapevo che mi poteva vedere. Lo sentivo.
"Sei un egoista", gli dissi, infine.
Notai un leggerissimo, impercettibile spasmo di una delle sue dita, serrate a pugno intorno alle lenzuola.
" Credi di essere il solo, a soffrire? Non pensi a quanto è disperata Ellione? E’ ancora una bambina, ha bisogno di te… Tuo figlio, ha bisogno di te. La gente che hai lasciato a Eshtar, ha bisogno di te. Ti sei chiuso in questo dannato silenzio credendo di riuscire ad isolarti dal resto del mondo, e così di non riuscire a provare più nulla, a non provare dolore? Sarebbe peggio della morte. Perché non la fai finita, allora?"
Forse avevo esagerato. Ma, in alcuni casi, una terapia d'urto è efficace più dell'eccessiva compassione...
"Credi che... Raine sarebbe orgogliosa, di te, se ti vedesse in questo momento?"
Il mio sguardo era ostinatamente fisso su un punto indefinito della parete di fronte perché, se avessi guardato il suo viso distrutto mentre pronunciavo quelle parole, sicuramente non sarei riuscito a non piangere davanti a lui.
Tuttavia, un suono indistinto mi fece girare nuovamente dalla sua parte: un singhiozzo soffocato, un lievissimo rumore di aria inalata... Gli occhi lividi di Laguna erano improvvisamente diventati più lucidi e, le sue labbra tremavano impercettibilmente.
Poi, da quei due occhi, le cui iridi sembravano ancora più verdi a causa del rossore che le circondava, sgorgarono poche lacrime, come se non ce ne fossero rimaste più molte, che gli scesero in due rivoletti cristallini lungo le guance.
Le sue labbra si mossero; poi, dalla bocca appena socchiusa, uscì una specie di gemito che, poco dopo, si articolò in un nome. Il mio.
"K... Kiros..." La sua voce non era altro che un rauco sussurro, ma fu comunque un sollievo udirla perché, almeno, significava che Laguna era ancora fra di noi... In qualche modo.
Mi morsi il labbro fino a farmi male, per non farmi sopraffare dalle mie emozioni: dovevo essere forte, in quel momento.
Sollevai una mano e gli passai le dita fra i capelli, come per incoraggiarlo a continuare a parlare o, forse, per rassicurarlo che ero li con lui, dato che non ero neppure sicuro che riuscisse a vedermi.
"E'... colpa... mia...", continuò, con la stessa voce spezzata.
Gli presi il viso tra le mani e, ancora una volta, lo fissai negli occhi, avvicinando il mio viso al suo al punto che le nostre fronti si toccarono.
"Non pensarci nemmeno", gli risposi, scandendo le sillabe una ad una, in modo di essere sicuro che riuscisse a comprendere bene ciò che gli avevo detto.
Il suo sguardo, questa volta, si sollevò leggermente, trovando il mio.
"Non... Non sono... Stato... Capace. Di... Di aiutarla. Ero lontano... E lei aveva bisogno di me. Non sono nemmeno capace... Di stare vicino alle persone che amo. Sono... Un buono a nulla. Un essere inutile..." A questo punto, la voce di Laguna si incrinò definitivamente, tramutandosi in una
serie di singhiozzi, anch'essi deboli e straziati come tutto il resto di lui.
Era così strano vedere Laguna piangere... Così strano e così... doloroso.
Lui, che non si perdeva mai d'animo, che affrontava di petto anche le situazioni più disperate, quasi con incoscienza, lui che, con la sua allegria ed il suo ottimismo, riusciva sempre a contagiare tutti quanti...
Senza nemmeno rendermi conto di quello che stavo facendo, gli asciugai le lacrime con una leggera carezza delle dita, sollevando la fronte dalla sua per posarvi le mie labbra in un bacio veloce; poi, lo abbracciai, con tutta la delicatezza di cui ero capace e, appoggiandogli una mano sulla nuca, lo costrinsi gentilmente ad appoggiare il capo sulla mia spalla.
Lentamente, le sue braccia si sollevarono e mi circondarono le spalle; sentii il suo corpo adagiarsi contro il mio ed i suoi singhiozzi farsi sempre più sonori, sempre più convulsi; lo stato di catatonia in cui era rimasto fino a pochi minuti prima lo abbandonò improvvisamente e Laguna riuscì, finalmente, a sfogare tutto il suo dolore in un pianto disperato.
Lo strinsi forte a me, senza dire nulla.
Le sue dita mi affondarono nei muscoli della schiena e, in un gesto del tutto inaspettato, la sua bocca si chiuse sulla mia spalla, mordendola, nel tentativo di smorzare i gemiti che gli uscivano dalla gola.
Improvvisamente, mi sentii avvampare; in quell'istante, credo di aver sgranato gli occhi fino a farli sembrare due palline da tennis.
Il mio corpo ebbe una reazione del tutto... sconveniente, data la situazione: la sensazione dei denti di Laguna che mi mordevano la spalla, delle sue labbra, perfettamente percettibili attraverso la leggera trama del cotone della maglia nera che indossavo, del suo respiro caldo e affannato che mi accarezzava la pelle...
Beh...
Non sapevo se essere più traumatizzato dalla consapevolezza, acquisita in quel preciso momento, di ciò che effettivamente provavo per Laguna o più arrabbiato con me stesso per il mio egoismo, per la mia assoluta, improvvisa insensibilità.
Come potevo anche solo pensare a una cosa del genere, in un momento come quello?
Istintivamente provai l'impulso di allontanarlo, terrorizzato all'idea che si accorgesse dell'effetto che il suo corpo, così avvinghiato al mio, aveva avuto su di me; ma mi resi subito conto che, probabilmente, Laguna non si sarebbe accorto nemmeno di uno dei suoi crampi alla gamba, nello stato d'animo in cui si trovava e che, comunque, non me ne sarebbe importato nulla.
Sapevo soltanto che non gli avevo mai voluto tanto bene e che gli sarei rimasto accanto per tutto il resto della vita, qualunque cosa fosse successa.
Cominciai ad accarezzargli i capelli, chinandomi in avanti per spingerlo contro ai cuscini; feci in modo di sdraiarmi accanto a lui, continuando a tenerlo abbracciato.
Laguna mi lasciava fare, docile; e, lentamente, poco a poco, i suoi singhiozzi si placarono.
Lo avvertii rilassarsi fra le mie braccia; una volta che si fu calmato, i suoi denti si ritrassero dalla mia, ormai dolorante, spalla e Laguna si accoccolò contro di me come un bambino, appoggiandomi il viso nell’incavo del collo.
"Ti senti un po’ meglio, adesso?", gli chiesi sottovoce.
"Grazie… Per essermi vicino", disse lui, senza effettivamente rispondere, con una voce terribile, resa rauca e quasi stridula dal suo sfogo di poco prima. Si schiarì la voce. "Kiros… Credi anche tu che io sia un idiota?", mi chiese poi.
"No. Lo sai bene che non l’ho mai creduto. "
" Ellione… Mi ha detto che non mi vuole più bene. Che sono stato crudele, perché ho abbandonato Raine e che è colpa mia, se…"
"E’ sconvolta, ed è ancora una bambina... Ti ha detto quelle cose in un momento di disperazione… Lo sai che non potrà mai smettere di volerti bene… Una volta che ti si conosce, Laguna, non si può fare a meno di volertene..."
Nemmeno io, potevo farne a meno.
Le mani di Laguna, ancora appoggiate tra le mie scapole, mi scivolarono lungo la schiena, quasi accarezzandomi; sospirai profondamente, cercando di concentrarmi sul suo stato d’animo, non sul mio corpo.
Sentii le sue braccia cingermi debolmente la vita... Mi rendevo conto, a livello razionale, che non era possibile, ma mi sembrava che nei movimenti di Laguna ci fosse qualcosa di intenzionale… Ma, forse, era solo una gestualità infantile che derivava dal suo grande dolore, il bisogno di non sentirsi solo…
"Il bambino…" , mormorò.
"Beh… Sta bene. Ma non ha fatto altro che piangere, negli ultimi due giorni. Credo… Che abbia bisogno di suo padre."
"Kiros… Io…"
"Shh, stai tranquillo, adesso. Cerca di dormire un po’… Non saresti in grado di occuparti di lui, in queste condizioni… Per riuscire badare a qualcuno, bisogna prima aver cura di noi stessi, no? Ci penseremo noi. al tuo bambino. Non preoccuparti, è in buone mani."
Detto questo, cercai di sciogliermi dall’abbraccio, per lasciare Laguna in pace e farlo riposare un po’, ma lui mi strinse forte a se, bloccandomi dov'ero.
"No…"
"Laguna…?"
"Rimani qui con me… Non voglio più restare da solo.
"Ma…."
"Per favore…"
Sospirai di nuovo. "Va bene", acconsentii. "Ti farò compagnia finché non ti sarai addormentato."
***
Sono passati diciassette anni, da allora.
Laguna sta guardando fuori da una delle finestre del suo ufficio nel palazzo presidenziale. Immagino stia pensando ad un gruppo di ragazzi che, in questo stesso istante, sta andando incontro al proprio destino... Un gruppo di Seed guidato da un ragazzo ombroso e taciturno.
Squall.
Suo figlio.
Il mio Presidente ha lo sguardo triste; è assorto nei suoi pensieri e non si è nemmeno accorto della mia presenza. Mi da le spalle, ma riesco a vedere quell'espressione sul suo viso, riflesso dal vetro; l'espressione malinconica che gli ho già visto tante volte, quando non si accorge di essere osservato.
Mi avvicino, e lui viene scosso dal suo stato di semi-trance dai miei passi leggeri sul parquet lucido.
Mi guarda avvicinarmi, riflesso dal vetro della finestra e accenna ad un sorriso, per poi volgere nuovamente lo sguardo lontano, oltre gli alti palazzi di Eshtar, oltre l’orizzonte…
Sospira profondamente.
"Credi… Che riuscirà mai a perdonarmi?", mi chiede, senza guardarmi.
" Non è stata colpa tua, Laguna. Ti hanno separato da lui. Te l’hanno portato via… Non ti colpevolizzare troppo, hai sofferto già abbastanza. Pensa solo che l’hai ritrovato, e al modo giusto per dirglielo."
Prendo in una mano la sua coda di cavallo, sciogliendola dall’elastico che la lega, passando le dita tra i capelli di Laguna nel tentativo di pettinarli un po’, imprigionandoli poi nuovamente nel loro legaccio. Ormai, alcuni filamenti più chiari si cominciano ad intravedere, nella sua chioma castana…
"Ah, Laguna, Laguna, quando imparerai a badare un po’ alla forma? Non si è mai visto un Presidente più... sciatto di te! Guarda come stai in ufficio!"
Laguna sorride ai miei affettuosi rimproveri, ma io so cosa si sta agitando dentro di lui. Lo conosco fin troppo bene, il mio Laguna.
La morte di Raine fu il primo dolore della sua vita; i genitori di lei fecero di Laguna il loro capro espiatorio, addossandogli la colpa di quanto era accaduto.
Nei giorni successivi al funerale, quando tutti eravamo occupati a stare vicino a lui, loro portarono via il piccolo Squall, adducendo la scusa che suo padre era troppo… Irresponsabile, per prendersene cura.
Scoprimmo in fretta dove l'avevano portato: all'orfanotrofio della bella signora Kramer.
Purtroppo, però, Squall le era stato affidato come loro nipote, non come figlio legittimo di Laguna; Edea, quindi, non poteva assumersi la responsabilità di lasciare il bambino a nessun altri che a loro, nemmeno a suo padre, per motivi essenzialmente legali.
La signora Kramer assicurò Laguna che poteva far visita al piccolo ogni volta che avesse voluto e di non preoccuparsi, perché, una volta raggiunta la maggiore età, Squall sarebbe stato libero di raggiungerlo ad Eshtar. Tanto più che i suoi nonni sembravano essere completamente disinteressati, a lui: forse, lo ritenevano responsabile della morte di Raine almeno quanto ne accusavano Laguna, al quale l'avevano sottratto, evidentemente, solo per ferirlo...
'Ma cosa potrebbe mai capire un bambino, sapendo di avere un padre e, tuttavia, essendo costretto a vivere in un orfanotrofio? Forse è meglio che non sappia mai... Che venga adottato da qualcuno migliore di me, che viva tranquillo, nell'inconsapevolezza...', aveva deciso allora, all'improvviso.
Comunque... Laguna ha conservato il suo carattere allegro e positivo, adempiendo alla carica di Presidente con tutto il suo tipico entusiasmo ed una competenza che ha sorpreso tutti non poco...
Non ha mai più pianto, da quella sera in cui si addormentò fra le mie braccia.
"Ne hai ancora per molto, qui?", gli chiedo, eludendo il discorso di poco prima.
"Dovrei sbrigare ancora un po' di pratiche... Burocrazia. Ma non me la sento proprio, pensavo di andare a mangiare qualcosa... Ho un mal di testa..." Laguna inarca un po' la schiena, si stiracchia, appoggia le mani sulle reni, massaggiandosi la zona lombare. "... E mal di schiena, anche. Bah, questa vita sedentaria non fa per me, l'ho sempre detto..."
"Già, sedentaria...", ripeto io, sorridendo fra me e me, mentre ripenso a Laguna che, in tenuta da astronauta, fluttuava nello spazio per controllare personalmente i sigilli che tenevano imprigionata Adel.
"Lascia fare a me,"gli dico, appoggiandogli le mani sulle spalle.
Lui lascia cadere le braccia lungo i fianchi, chinando la testa in avanti, mentre io comincio un leggero massaggio.
Laguna emette un lungo sospiro.
"Kiros… sei troppo bravo, in questa cosa. Avrei dovuto assumerti come mio massaggiatore personale... "
"Te l'ho già detto: dalle mie parti, imparare l'arte del massaggio è come per una sirena imparare a nuotare. Una necessità quasi vitale... Se non lo sai fare, non hai credibilità, soprattutto se sei una donna...Hey, Laguna, sei più teso di un violino appena accordato!"
"Già... Negli ultimi giorni sono successe talmente tante cose... Credo di essere un po' stanco."
"Stanco, tu?!? Questo ha veramente dell'incredibile! Senti, piuttosto... Hai tanta voglia di andare a cena, oppure puoi aspettare ancora un po'? Perché, se non hai fretta, possiamo fare un lavoro... come si deve, per la tua schiena."
Lo ammetto, adoro massaggiare le spalle di Laguna. E' l'unico modo che ho di poter mettere le mani su di lui senza dare adito ad equivoci...
"Solo se dopo lasci che ti offra la cena", mi risponde lui, girandosi e guardandomi finalmente in faccia. Non è cambiato molto, in tutti questi anni... Ha ancora il viso fresco e luminoso di quando ci incontrammo la prima volta, gli occhi espressivi, il solito sorriso dolce... Soltanto due leggere occhiaie, leggermente più scure del resto del suo incarnato, lasciano trapelare qualche segno del tempo trascorso e dei momenti difficili.
"OK, affare fatto!", esclamo, afferrandogli una manica della camicia e trascinandolo verso il divano a due posti che Laguna utilizza quando prende il tè insieme ai suoi ospiti 'importanti'.
Lui si lascia guidare, per qualche passo; poi si ferma, all'improvviso.
"...Cosa c'è?", gli chiedo, voltandomi.
Laguna ha di nuovo assunto quell'espressione triste di poco fa; ha abbassato gli occhi e sta guardando il pavimento.
"Io... Non posso più scappare. Devo affrontarlo... E ho paura.", dice, con la voce soffocata dall'emozione.
Lascio la presa sulla sua camicia, indietreggiando di qualche passo.
Laguna si stringe le braccia intorno al corpo; poi, senza sollevare lo sguardo, si porta la mano alla bocca, come farebbe un neonato e comincia a rosicchiarsi nervosamente l'unghia del pollice.
I suoi occhi sono lucidi e il suo viso è contratto in quella tipica espressione di chi sta trattenendo le lacrime...
"Io... Forse ho mentito, per tutti questi anni. A voi, e a me stesso. Forse... Era solo una scusa, quella che adducevo, riguardo a Squall."
Laguna sospira profondamente, prima di continuare.
"Forse, non è vero che ho preferito scomparire dalla sua vita perché temevo che non capisse la nostra situazione... Forse, non ho più voluto vederlo perché, in fondo, pensavo che... Che se lui non fosse nato, Raine..." La mano che ha avvicinato alla bocca si chiude a pugno. "... Raine sarebbe ancora viva. Io... Ho sempre cercato di non pensarci, ma era più forte di me... E... Non c'è stato giorno in cui... In cui... N... Non mi sia sentito il colpa, per questo... "
La sua voce si incrina e, per la seconda volta nella mia vita, vedo le lacrime solcare le guance di Laguna…
Mentre lo osservo piangere, raggomitolato su se stesso, mi sembra così piccolino, e indifeso... Il suo corpo, scosso dai singhiozzi, mi appare così fragile che temo possa frantumarsi da un momento all’altro...
Mi avvicino lentamente, abbracciandolo. Lui nasconde il viso sulla mia spalla, aggrappandosi alla mia tunica.
Povero, dolce Laguna…
"I…Io… Non sono affatto la persona gentile che tutti credono. Sono un essere orribile… Che è stato capace di desiderare che suo figlio non fosse mai nato! Sono orribile…"
Cosa potrei mai dirgli, per farlo sentire meglio? Anche questa volta, non posso fare molto, per lui…
"Laguna… Tu non sei affatto orribile. Sei semplicemente… Umano. Chiunque, al tuo posto, avrebbe provato le stesse emozioni. E poi… Ognuno di noi, almeno una volta nella vita, ha provato sentimenti di cui non andare troppo fiero…"
Già, perché anch’io, allora, sarei una persona orribile. Perché, quando morì la povera Raine, nonostante fossi dispiaciuto, provai quasi un senso di sollievo all’idea che Laguna, da quel momento in poi, sarebbe stato solo mio… Sì, anch’io mi sono sentito in colpa, disgustosamente egoista. E so perfettamente cosa sta provando Laguna…
Restiamo così, abbracciati, in piedi in mezzo alla stanza per qualche minuto; poi, lui si allontana un po’ da me e si asciuga il viso con una mano, evitando di guardarmi negli occhi.
"Scusami… Ti addosso sempre tutti i miei problemi… Mi dispiace.", mi dice, con un filo di voce e tirando su con il naso.
"…Ne parliamo sul divano, mentre ti sistemo le spalle?", gli chiedo, sollevandogli il mento tra le dita, per riuscire a guardarlo in faccia.
Lui accenna ad un sorriso, annuendo; gli circondo le spalle con un braccio, mentre ci incamminiamo verso il divanetto.
"Su, sdraiati,", gli propongo, mentre mi siedo, trascinandolo con me.
"Sdraiarmi...?!?"
"Si, si, e togliti la camicia. Ti avevo avvertito che, questa volta, avremmo fatto sul serio... No?!?"
Lui distoglie lo sguardo, con una risatina sommessa. Poi, velocemente, si sbottona la camicia, facendosela scivolare sulle spalle, lungo le braccia, per poi lasciarla cadere sul tappeto ai piedi del sofà.
Laguna ha ancora il fisico tonico e giustamente muscoloso di quando era un soldato di Galbadia.
D’altra parte, non è certo il tipo che riesce a stare inattivo per più di qualche ora... Dopo una giornata in ufficio, sommerso dalla burocrazia, si mette in calzoncini corti e canottiera e va a fare jogging intorno al perimetro di Esthar.
Uno spettacolo.
Le prime volte, le sue guardie del corpo correvano con lui, preoccupatissimi per la sua incolumità; con molta pazienza, Laguna riuscì a convincerli che non correva alcun pericolo e a guadagnarsi la sua privacy...
Laguna si sdraia sul divano in posizione prona, appoggiando una guancia sulle braccia incrociate in avanti, che gli fanno da cuscino.
"Eccomi. Sono tutto per te", mi dice, con la massima naturalezza.
Laguna... A volte, riesce a sorprendermi. Non riesco a capire se queste frasi dai toni provocatori siano frutto della sua totale ingenuità o, piuttosto, di un calcolato sadismo... Anche se, razionalmente, mi sembra strano che il mio ingenuo Laguna sia capace di provocare qualcuno con intenzione.
Anch'io mi tolgo la lunga tunica, quel ridicolo indumento tipico dei funzionari Esthar, che io e Ward abbiamo dovuto adottare in quanto... Aiutanti del presidente; abbiamo deciso all'unanimità che sarebbe stato meglio rispettare i costumi locali, tutto sommato...
So bene che spogliarmi potrebbe sembrare una mossa, come dire... Tendenziosa, ma la tunica sarebbe d'intralcio, in questo caso. Avrei preferito tenerla, davvero... Non so perché, ma questa sera non sono per nulla a mio agio, con indosso soltanto i pantaloni di lino ed una canottiera che compre ben poco del mio torace...
Faccio un lungo sospiro, come mia abitudine quando devo affrontare così di petto i miei sentimenti per Laguna.
Ciò che provo per lui si avvicina molto di più alla tenera amicizia che a qualsiasi altra cosa, ma ad averlo così vicino, con così poco addosso e in un atteggiamento tanto arrendevole suscita in me ben altri tipi di emozioni... Anche se poco fa non era altro che un fagottino singhiozzante.
Gli scosto i capelli dalle spalle e comincio a lavorare sui muscoli del suo collo, lentamente; è talmente teso che basterebbe molto poco, per fargli male.
"Allora… Ne vuoi parlare?", provo a chiedergli.
Dopo qualche secondo di silenzio, Laguna emette un suono a metà tra un gemito ed un sospiro.
"Kiros... Perché non lo facciamo più spesso?", mi chiede, con un tono di voce assonnato.
Non so se mettermi a ridere o meno. Non si rende davvero conto del peso delle parole, ogni tanto. Comunque, è evidente che non è ancora pronto ad affrontare l’argomento Squall. Meglio non insistere, dal momento che si è appena tranquillizzato…
"Facciamo... Cosa?", ribatto, rispondendo alla sua battuta.
"Beh... Quello che stiamo facendo ora!"
"Tu non stai facendo nulla. Sono solo io, che mi sto dando da fare."
"Si, eccome..."
Quest' ultima esclamazione mi sembra avere poco del fare ingenuo di Laguna…
Faccio scivolare le mani sulle sue spalle e continuo a lavorare sui muscoli tesi. Laguna sibila improvvisamente tra i denti, quando le mie dita trovano un punto particolarmente contratto.
"Ti faccio male?", gli chiedo.
"N... no, no... *urgh* continua pure..."
Continuo a massaggiargli le spalle, finché non noto le sue dita spasmodicamente strette sul bracciolo del divano.
"Laguna, il mio intento era quello di farti rilassare, non quello di torturarti! Perché sei così teso?"
"...Non... Non sono teso..." Una risatina soffocata. "Ho solo i muscoli un po' contratti... Continua, ti prego..."
Dopo un attimo di esitazione, le mie mani scendono ancora lungo la sua schiena cesellata. Ha dei dorsali degni di un marzialista... Se non sto attento ai miei movimenti, rischio di trasformare il sapiente lavoro della mie mani in inutili carezze...
Laguna non mi aiuta, continuando a produrre strani suoni gutturali, simili alle fusa di un gatto.
Dopo alcuni minuti, sento il suo corpo rilassarsi del tutto; ho quasi il sospetto che si stia per addormentare...
Quando le mie dita scivolano sui suoi lombari, però, Laguna sembra ridestarsi; lo sento irrigidirsi, per un attimo, mentre dalle sue labbra esce una specie di lungo, agonizzante singhiozzo.
Un'idea al limite della decenza mi sfiora all'improvviso la mente. Sento il sangue affluirmi violentemente al viso ( e non solo lì) e, con uno scatto, allontano le mani dal suo corpo, quasi come se mi avesse scottato.
Guardo lontano, in direzione della finestra. Ho commesso un errore. La mia reazione è stata troppo evidente… Mi sono scoperto.
Ma, forse, conoscendo i tempi di reazione di Laguna… Potrei far finta di nulla e continuare da dove…
"Kiros… Perché ti sei fermato?"
Troppo tardi.
Il tono in cui ha formulato la domanda era decisamente serio. Come se avesse capito che c’è qualcosa che non va… Tuttavia, non si muove. Continua a stare comodamente sdraiato, con la guancia appoggiata sugli avambracci e gli occhi chiusi.
Spero che non li apra.
Non voglio che mi veda così.
Sono sempre stato un punto di riferimento, per lui. Ma, adesso, tutte le emozioni e i sentimenti che ho cercato di soffocare in questi anni stanno venendo a galla, sopraffacendomi.
Come sempre, quando sono nervoso, comincio a giocare con i miei capelli. Mi accorgo che me li sto rigirando nelle dita, da quando ho smesso di manipolare i muscoli contratti di Laguna.
Uno per uno, rimuovo i piccoli elastici che trattengono le estremità delle trecce, tolgo le perline di osso e sciolgo i capelli, fino al punto in cui incontro l’ostacolo dei nastrini che fasciano l’attaccatura delle trecce sulla nuca.
Lui… lo sa?!? Tutto questo tempo a cercare di negare quello che provavo… Già, ma perché, poi? Per rispetto verso Raine ed il loro amore, o solo perché avevo paura di essere rifiutato?
Improvvisamente, mi rendo conto di quanto sono stato stupido. Volevo forse aspettare di morire, senza avergli detto nulla?
"Laguna…", comincio, esitante.
"Mh?"
"Laguna, sai che cosa provo per te?"
"…Sì."
Ammetto di essere un poco sorpreso.
"…Davvero?", chiedo, esitante.
Laguna si muove un po', come per accomodarsi meglio.
"Sarò anche ingenuo e stupidello, ma non sono né cieco, né insensibile."
Con un lungo sospiro, mi lascio andare, chinandomi in avanti, praticamente sdraiandomi sopra di lui, cercandogli il viso, cercando i suoi occhi, cercando una qualsivoglia risposta nel suo sguardo limpido.
I miei capelli sciolti gli ricadono sulle spalle, creando un forte contrasto di chiari-scuri sulla sua pelle color avorio. Le mie mani si stringono sulle sue spalle; appoggio la guancia contro la sua, adagiandomi contro la sua schiena, senza il minimo ritegno, come se fosse la cosa più naturale del mondo. Lui rimane immobile.
"Non voglio che questo cambi le cose tra noi, Laguna. Tu e Ward siete come due fratelli, per me. Non ho mai voluto niente di più, credimi..."
Sento che Laguna cerca di muoversi, sotto di me; mi sollevo un po', così da permettergli di girarsi e guardarmi in faccia, senza però allontanarmi troppo: non voglio rischiare che si alzi e scappi via da me...
Rimango sollevato sui gomiti, per lasciargli spazio.
Lui non sembra affatto intenzionato a scappare. Una volta sistematosi in posizione supina, Laguna mi osserva con un'espressione tra il triste ed il divertito, ed un mezzo sorriso sulle labbra.
Io sono come paralizzato, ho il terrore di quello che potrebbe dirmi ora.
Lui allunga una mano, raggiungendo una ciocca di capelli e portandola dietro alla mia spalla, passando le dita tra i miei riccioli neri.
"Kiros...", mi dice poi "Perché le cose dovrebbero cambiare? ... Io… mi sento maledettamente egoista, per aver approfittato così tanto della tua amicizia ignorando completamente quelli che erano i tuoi veri sentimenti. Ti sei sempre preso cura di me, con una pazienza infinita… Quasi come una mamma. Io... Non avrei dovuto lasciare andare avanti le cose in questo modo. Avrei dovuto parlarti..."
"Questo non è giusto, Laguna. Tu hai già dovuto affrontare abbastanza guai, senza anche dover fare i conti con me... In fondo, anche io ho deciso di tenertelo nascosto fino a quando ho potuto..."
"...Perché?"
'Perché'?
"...Perché... Beh, perché... Io volevo starti vicino, esserti amico, non certo causarti altri problemi... Non volevo che tu dovessi preoccuparti dei miei sentimenti. E poi... Avevo paura che mi avresti allontanato. Avevo paura di... Di perdere la tua amicizia... Avevo paura che mi avresti odiato, per aver pensato di poter prendere il posto di Raine, nella tua vita…"
"Odiarti?", ripete lui, meravigliato. " Kiros... Il tuo affetto, per me, è sempre stato una... Una specie di salvagente. E mi sento in colpa, per non aver mai... Considerato i tuoi sentimenti."
"Laguna, ti prego…...", comincio io, per essere immediatamente zittito da un suo dito, posatomi delicatamente sulle labbra.
"Shh... Kiros, ascolta... Ho aspettato a lungo che tu ti confidassi con me. Io... Non ero affatto spaventato, né imbarazzato, all'idea che tu provassi per me... Qualcosa che andava al di la dell'amicizia. Anzi, era un'idea che mi piaceva... Mi faceva sentire al sicuro. Mi faceva sentire amato, nei momenti tristi. Mi rendeva certo che non mi avresti mai abbandonato."
Laguna si ferma un attimo, cercando di leggermi negli occhi ciò che sto provando.
"Io... Non so quando è successo. Forse, già prima di conoscere Raine, o forse dopo la sua morte... O, ancora, quel giorno stesso in cui tu entrasti in quella stanza a consolarmi dolcemente, dopo il suo funerale."
Laguna distoglie lo sguardo, mentre prende in mano un'altra ciocca dei miei capelli e incomincia a rigirarsela tra le dita.
E' nervoso, come ogni volta che cerca di trovare la parole giuste per dire qualcosa di importante...
"Io... Non ti ho mai detto nulla perché la nostra amicizia era troppo importante, per me... Avevo paura che, se qualche cosa fosse cambiata, il nostro rapporto avrebbe potuto... rovinarsi, non essere più lo stesso. Era bello pensare a te in... altri termini. Mi riempiva di dolcezza... Ma volevo lasciare tutto com'era, perché sono un vigliacco... E poi, sì, anche per Raine. E' vero, non ho certo fatto voto di castità, in questi anni... Ma fare coppia fissa con il mio migliore amico sarebbe stato un po' diverso dal passare qualche notte assieme ad una... Compagnia occasionale."
Lo ascolto, in silenzio. Dopo un'altra pausa ed un lungo sospiro, ritrova il coraggio di guardarmi negli occhi.
"Quello che sto cercando di dirti... E' che i sentimenti che provo io per te credo si avvicinino molto a quelli che tu provi per me. Tu non prenderai mai il posto di Raine, perché tu non sei lei. Sei Kiros. E sei diverso da lei… Ma, non per questo, meno importante per me."
Non ci posso credere.
"Laguna… Non è divertente. Le parole hanno un peso, sai… Non giocarci. Non giocare con me. So come sei fatto… Sei troppo buono. In questo momento… In questo momento, per non ferirmi, saresti capace di dirmi qualsiasi cosa… Ti prego, non farlo. Non resisterei…"
Il suo viso assume un’espressione contrariata, quasi offesa.
"Kiros… Come puoi pensare...? Oh, Kiros!"
Laguna mi getta letteralmente le braccia al collo, in uno dei suoi simpatetici e sconsiderati gesti. L’entusiasmo che ci mette gli da la forza sufficiente per farmi sbilanciare e crollare sul suo petto, stretto contro di lui in un abbraccio soffocante. Non riesco neppure a rendermi conto di ciò che sta succedendo.
"Kiros… Non so come andrà a finire questa brutta storia con la Strega. Ma so molto bene che non volevo rischiare di morire senza avertelo mai confessato. Ti ho detto la verità, davvero... O almeno credo..."
Il battito del mio cuore è talmente flebile e veloce che mi sembra di dover svenire da un momento all'altro; nel mio orecchio, appoggiato al suo petto, riesco a sentire anche il ritmo serrato del cuore di Laguna. Il suo torace si solleva ritmicamente ad ogni respiro.
Il suo abbraccio si allenta un po', mentre le sue mani salgono lungo la mia schiena, accarezzandomi; riesco a sollevarmi di nuovo sui gomiti, per guardarlo.
I suoi occhi sono semichiusi, le sue labbra leggermente più turgide del solito e il suo viso ha assunto un’espressione che non gli ho mai visto prima. Desiderio.
Sono quasi sconvolto. Quasi.
Laguna mi appoggia una mano dietro la nuca e, lentamente, ma con ferma insistenza, mi attira verso di lui. Cerco di opporre un po’ di resistenza, perché non ho ancora realizzato molto bene quello che mi ha appena detto...
Ma, prima di riuscirci, mi ritrovo con le labbra incollate alle sue e la mia forza di volontà, in un solo istante, viene azzerata...
Dopo qualche secondo di buio totale, ritorno in me e cerco di divincolarmi. Questo non è giusto, non può esserlo... Laguna ora è emotivamente sconvolto, non sa quello che fa...
Avverto la punta della lingua di Laguna, dolce e sensuale sulle mie labbra... Dopo qualche frazione di secondo, ci stiamo baciando in modo vergognoso, come solo due adolescenti con gli ormoni in subbuglio potrebbero fare.
Sono nuovamente caduto in una specie di trance...
Dopo qualche istante, mi rendo conto di essere completamente sdraiato sopra a Laguna, di avere le dita ingarbugliate nei suoi capelli e che lui ha sollevato le ginocchia, allargando leggermente la gambe, così che ora ci troviamo in un'imbarazzante posizione bacino contro bacino...
Sollevo la testa con uno scatto, interrompendo il nostro lunghissimo bacio; punto le mani a lato del viso di Laguna e mi sollevo, ansimando.
Lui mi guarda, sorpreso.
"Laguna... Non è necessario. A me basta restarti vicino... Mi basta essere tuo amico. Non ho bisogno di questo, davvero", gli dico, sapendo benissimo quanto risultino futili le mie parole, dato che la vicinanza di certe nostre parti anatomiche gli sta sicuramente dando un'immagine molto nitida del mio effettivo stato d'animo.
Lui si limita a sorridermi.
"Ma io sì", mi risponde. E' il mio turno, di essere sorpreso. "Io ho bisogno di te, Kiros.", mi dice, guardandomi negli occhi con un'intensità di cui non lo credevo capace.
E' davvero incantevole, con quell'espressione così seria e i capelli sparsi sul bracciolo del divano.
Rimango così, imbambolato a guardarlo, senza sapere che fare.
"Kiros... Di cosa hai paura?", mi chiede, mentre le sue dita mi sfiorano le labbra.
Gli afferro entrambi i polsi e lo immobilizzo, inchiodandolo al divano, bloccandolo sotto di me.
"Non è paura... ", mormoro.
Mi abbasso su di lui, avvicinandogli le labbra all'orecchio.
"Non voglio rischiare di farti del male...", gli sussurro.
Lo sento tremare leggermente. Mi sollevo un po', per guardarlo negli occhi.
"Allora... Non farmene. Fai..." Distoglie lo sguardo, arrossendo. "Fai l'amore con me..." I suoi occhi incrociano di nuovo i miei e mi accorgo che sono di nuovo lucidi.
"Laguna..!"
"Ho... ho frainteso i tuoi sentimenti, vero? Tu, per me, provi solo un po' di tenerezza... Santo Cielo, ora si che mi sento stupido!", esclama, con un sorriso, tirando su col naso e rivolgendo le sue iridi smeraldine verso il cielo che ha appena invocato.
Due lacrimoni gli sgorgano dall'angolo esterno di entrambi gli occhi, scivolandogli sulle tempie.
"Oh, no, Laguna... Non di nuovo... "
Mi chino un'altra volta su di lui, baciandolo sugli zigomi, per asciugargli le lacrime. Poi, le mie labbra cominciano a seguire il contorno del suo viso, coprendolo di piccoli baci.
"Stupido... non sai quello che dici... Non sai quanto autocontrollo mi serve, a volte, soltanto per non cedere all'impulso di abbracciarti, di accarezzarti i capelli, di baciarti una guancia... Ti desidero tantissimo, invece. Ti ho sempre desiderato tantissimo..."
"S... Scusami. Io... Penso di essere solo un po' stanco... E confuso." Laguna tira di nuovo su con il naso, come farebbe un bambino piccolo che ha appena finito di fare i capricci ed io vengo travolto da un'ondata di tenerezza.
"Sei confuso anche su ciò che mi hai chiesto poco fa?", gli chiedo, continuando a posargli piccoli baci sul viso. La sua pelle è calda, sotto le mie labbra; sento il suo corpo proteso contro il mio... Ancora qualche secondo così, e perderò completamente il controllo...
"N...No!"
"...Lo sai che è uno sbaglio, vero? Che fra qualche ora te ne pentirai e maledirai il momento in cui me l'hai chiesto?"
"Mi pentirei se ora ti permettessi di lasciarmi qui da solo."
Avvicino nuovamente le labbra al suo orecchio.
"Ti amo tanto, Signor Presidente", gli sussurro.
"Kiros..."
"Shh... Basta parlare, adesso."
Sfioro con le labbra la linea della giugulare, lungo il collo di Laguna; lui sospira, un sospiro lieve e un po' tremante. Ma il suo corpo sembra essere fatto apposta per il mio, quando mi adagio su di lui, continuando a baciare il suo invitante collo candido; la sua pelle morbida sembra profumare di vaniglia ed è più stuzzicante di qualsiasi altra cosa la mia bocca abbia mai assaporato... E, in un istante, tutti i miei dubbi sono scomparsi...
Mi fermo un istante, per guardarlo in viso: ha chiuso gli occhi e gli angoli delle sue labbra sono incurvati in un sorriso soddisfatto.
Gli lascio i polsi, per riuscire a muovermi meglio, scendendo con le labbra lungo la sua gola, raggiungendo una clavicola; ho sognato talmente tante volte di mordere dolcemente le sue clavicole che, ora, mi sembra la cosa più naturale del mondo…
Laguna non mi abbraccia, come mi ero aspettato: una delle sue mani indugia tra i miei capelli, mentre l’altra si muove lentamente lungo la mia schiena, accarezzandomi…
Scendo ancora lungo il suo torace, lentamente… Sento il cuore battergli all’impazzata, il suo respiro farsi irregolare… Anche se non saprei dire se sia per l’eccitazione o la paura…
Quando la mia bocca sfiora un suo capezzolo, Laguna sussulta, con un singhiozzo. E’ ora di un time-out.
"Cosa succede?", gli chiedo, guardandolo in viso.
"K… Kiros, io… Non sono mai stato con un uomo."
Trattengo a stento una risata.
"Lo so, dolcezza." Gli sorrido. "Vuoi che ci fermiamo?"
"No, no… Solo…"
"Hey, non ti preoccupare. Penso io a tutto, OK?", lo rassicuro, scostandogli una delle onnipresenti ciocche di capelli dal viso, avvicinandomi un po’, per riuscire a baciarlo sulle labbra."Fidati di me."
Gli accarezzo la guancia con il dorso della mano, poi mi abbasso nuovamente, per continuare dove avevamo interrotto…
"Kiros?" la voce di Laguna spezza nuovamente il silenzio.
"Si, Laguna?", rispondo, senza lasciarmi distrarre troppo.
"Ma tu… Tu l’hai già fatto con… Cioè, voglio dire… Ecco, tu, con un uomo…"
Stavolta non riesco a non ridere. Quanto è dolce!
"Laguna… Io sono gay."
"Oh… Già, è ve… Oddio, no… Scusa, Kiros… Cioè, io..."
Ci guardiamo un attimo negli occhi, prima di scoppiare a ridere, contemporaneamente, come due perfetti idioti.
Ridiamo a lungo, senza riuscire a fermarci, sfogando la tensione degli ultimi giorni; Laguna è bellissimo, quando ride. Anche più del solito.
E' sempre continuando a ridere che ricominciamo a baciarci, con ancora più foga di prima, se possibile, finché il sorriso scompare dal volto di Laguna, lasciando il posto ad un'espressione incredibilmente sexy...
"Non faremo niente per cui tu non ti senta pronto", gli sussurro all'orecchio.
Per tutta risposta, lui mi sfila la canottiera dai pantaloni con uno strattone e, un secondo dopo, le sue mani stanno esplorando ogni centimetro del mio corpo…
***
"Stai bene?", gli chiedo, dopo qualche minuto in cui i soli suoni percepibili nella stanza erano quelli dei nostri respiri, un po’ affannati.
Ho una guancia appoggiata al suo addome, mentre lui mi accarezza dolcemente i capelli.
"Si… Si, sto bene…Era tanto tempo che non mi sentivo così… Felice."
Poso un bacio vicino al so ombelico.
"Credi… Che Raine ci perdonerà?"
"Credo di sì… Beh, a dire il vero, credo che ne sarà felice... Sai, Kiros… Se questa storia della Strega finirà bene, parlerò a Squall. Devo farlo… Anche se dovesse significare farlo soffrire. Anche se, probabilmente, lui mi odierà, almeno all’inizio… Perché credo che ne valga la pena… Voglio dire… Ultimamente, alcune cose che sono successe mi hanno fatto capire che non è mai troppo tardi, per dire ‘Ti voglio bene’ a qualcuno…"
"No, Laguna… Non è mai troppo tardi… Ma... Quali sarebbero, questi avvenimenti che hanno portato a pensare ciò?"
Laguna ridacchia .
"Stupido... Ah, a proposito: anch'io"
"Mh? Anche tu cosa?!?"
"Anche io... Ti amo. Ti amo davvero..."
La mia bocca risale lentamente lungo lo stomaco, la clavicola, il collo di Laguna.
"…Sarai un dolcissimo papà", lo rassicuro, baciandogli le labbra.
"…Anche tu. Anche tu, Kiros…"
-end-