Kami Sama...
I
di Naika
Hanamichi imprecò sonoramente mentre recuperava in fretta l’accappatoio e si
scagliava a passo di marcia verso la porta del suo piccolo appartamento.
Quella domenica mattina si era svegliato presto per andare a fare un po’ di
jogging ed era rientrato solo da pochi minuti, si stava giusto godendo una
meritata doccia rigenerante quando qualcuno si era attaccato al campanello di
casa sua come un disperato.
Aprì la porta con il migliore dei sui sguardi assassini ma non fece in tempo a
dire nulla che un bel ragazzo, di diversi centimetri più basso di lui, vestito
di un attillatissimo completo candido, gli si buttò tra le braccia scoppiando in
un pianto dirotto.
Sakuragi rimase interdetto per mezzo secondo prima di sollevare gli occhi al
cielo e trascinare dentro il cugino richiudendosi la porta alle spalle.
Lo portò praticamente di peso fino al divano mentre il suo ventiseienne parente
continuava a singhiozzare come un cucciolo ferito contro il suo petto.
“Kei per favore calmati, cos’è successo stavolta?” mormorò il rossino a disagio,
passandogli una mano tra i capelli neri.
Era abituato alle sue scenate.
Nonostante fosse più vecchio di lui di quasi dieci anni e fosse un fotografo
affermato Kei aveva un carattere fragile e molto sensibile.
Aveva perso il conto delle volte in cui aveva dovuto consolarlo perchè il suo
‘grande amore’ di turno l’aveva lasciato.
Bhe in ‘quello’ un po’ si assomigliavano, pensò arrossendo, anche lui
aveva il vizio di gettarsi a capofitto nella avventura amorosa di turno, solo
che a differenza sua, Kei preferiva i maschi e invece dei suoi cinquanta rifiuti
solitamente riceveva dei consensi.
Il problema era che a suo cugino piacevano i ‘bastardi’.
E la sua grazia leggera, il suo fascino da angioletto, stregavano quel genere di
uomini con la stessa facilità con cui, poi, questi si liberavano di lui dopo
essersi divertiti.
“Ho fatto una cosa orribileeeeee!” gemette il ragazzo tra le sue braccia,
scoppiando in un nuovo scroscio di pianto.
Hanamichi sospirò pesantemente circondandogli il viso con le mani prima di
farglielo sollevare, fissandolo nei grandi occhi verdi, arrossati dal pianto.
“Non può essere così orribile su...” cercò di tranquillizzarlo,
conoscendo il vizio del ragazzo ad esagerare, ma il cugino scosse il capo con
forza.
“Orribile, orribile!” ripetè coprendosi il volto con le mani.
Hanamichi cominciava seriamente a preoccuparsi.
Non l’aveva mai visto così disperato.
“Spiegami ti va...?” gli chiese passando una mano tra i setosi capelli scuri,
sapendo quanto quel gesto avesse il potere di tranquillizzarlo.
Kei emise ancora un paio di flebili singulti prima di sollevare gli occhi
timoroso “Promettimi che non mi odierai...” pigolò piano.
Sakuragi deglutì a vuoto.
Che cosa poteva aver fatto di così atroce da spingerlo addirittura a
premurarsi in quel modo?
Non si era mai comportato così.
Annuì con il capo, seppure seriamente preoccupato, e Kei emise un tremulo
sospiro.
“Sono stato ingaggiato da una rivista gay...” mormorò piano “...una rivista di
classe...” specificò quasi subito, onde prevenire qualsiasi commento da parte
del rossino.
Hanamichi tuttavia si limitò ad annuire con il capo senza mettere in dubbio le
sue parole, facendogli cenno di continuare.
Sapeva che Kei era molto meticoloso e preciso in tutti gli aspetti del suo
lavoro. Non avrebbe mai scattato delle fotografie per una rivista qualsiasi, “o
il meglio o niente” era sempre stato il suo motto preferito.
“Volevano... volevano una foto sexy da mettere nel poster centrale del mese di
Agosto.” sussurrò “Sai, per aumentare un po’ le vendite..” mormorò piano
stropicciandosi le mani.
“E io... io...” singhiozzò Key “...io.. avevo ingaggiato un ragazzo stupendo!”
singhiozzò sollevando due occhioni lucenti sul rossino che gemette esasperato,
coprendosi il volto con le mani.
L’ennesimo bastardo!
Lo sapeva.
Possibile che Kei si innamorasse solo di quel genere di persone?
“Ma lui... lui... mi ha piantato in assoooo!!” gridò affranto il moretto,
confermando la sua ipotesi, scoppiando di nuovo a piangere.
Sakuragi scosse il capo tirandolo dolcemente a se, cullandolo per
tranquillizzarlo.
“Troverai un’altro modello vedrai...” lo consolò dolcemente.
In fondo non era successo niente di così orribile, ragionò con sollievo.
Kei scosse con forza il capo sollevando il volto dal suo petto.
“Non capisci, la rivista esce alla fine del mese, io ho già consegnato la foto!”
esclamò con rabbia facendogli corrugare la fronte, perplesso.
Se aveva consegnato la foto dov’era il problema?
Kei vide il suo sguardo confuso e abbassò il capo con fare colpevole cercando il
coraggio necessario a dargli le dovute spiegazioni.
“Lui mi ha mollato il giorno della consegna...” sussurrò con voce resa roca, dal
pianto, e bassa, dal timore della reazione che avrebbe avuto il cugino
nell’apprendere la verità “..e io.. io...” cercò di spiegargli tra le lacrime
che nuovamente prendevano a bagnargli le guance rosee “...io.. non avevo fatto
nemmeno uno scatto perchè...” arrossì violentemente e Sakuragi scosse il capo,
risparmiandogli i dettagli.
Immaginava che cosa avessero fatto quei due invece di scattare le
fotografie...
“Mi sono trovato senza materiale e io... io non ho mai mancato una consegna!!!”
continuò Kei ormai deciso a portare a termine quella confessione “Ne va del mio
onore di fotografo!!” mormorò distrutto.
Hanamichi ancora non riusciva a capire.
Impallidì di scattò quando un pensiero gli attraversò la mente “Non avrai
mandato una TUA fotografia???” chiese incredulo, già immaginando di
ritrovarsi con mezza popolazione gay del Giappone che sbavava sull’immagine di
suo cugino.
“No...” pigolò piano Kei allontanandosi un po’ dal suo abbraccio.
“Allora dov’è il problema?” chiese il rossino, innocentemente.
“Ho dato loro una delle... TUE foto” sussurrò Kei chiudendo gli occhi nel
momento esatto in cui finiva di pronunciare la frase.
Hanamichi ci mise quasi un minuto intero a capire.
Un lungo momento di silenzio incredulo che venne frantumato da un: “CHE
COOOSAAA!!!” che fece tintinnare le finestre tanta era la sua potenza.
“Ma mi avevi giurato di averle bruciate!” gridò pallidissimo.
“Come potevo bruciarle, sono il mio capolavoro!!” protestò Kei colpito sul vivo.
“Ma... kami!! Kei, ero ubriaco e tu mi avevi GIURATO che avresti bruciato le
fotografie!!!” ripetè Hanamichi che si sentiva sull’orlo del collasso nervoso.
Non poteva crederci, non VOLEVA crederci!!
“Io.. io ho bruciato le foto...” pigolò piano Kei “....ma ho tenuto i
negativi...” sussurrò.
“Kami..kami...kami...” mormorò il rossino balzando in piedi e cominciando a
camminare avanti e indietro per il piccolo salotto.
Quelle foto....
Aveva osato mandare ad una rivista, gay per di più, QUELLE foto!!
Ricordava ancora quella sera.
La sera del suo cinquantesimo rifiuto....
Aveva ‘festeggiato’ con l’armata per tutta la notte e poi, troppo stanco per
tornare a casa era andato a bussare alla porta del cugino che abitava in un
ampio appartamento in centro.
Kei l’aveva accolto volentieri offrendogli una bella doccia calda e il suo letto
per coricarsi.
Erano sdraiati l’uno accanto all’altro da qualche minuto quando Hanamichi aveva
finalmente ceduto alle domande dell’altro e gli aveva raccontato cos’era
successo che l’aveva ridotto in quello stato.
“Possibile che mi dicano tutte di no...” aveva sussurrato mesto il rossino
“..che cos’ho che non va??” aveva chiesto alla semioscurità della stanza,
affranto.
“Tu non hai niente che non va!” aveva protestato vivacemente Kei, appoggiandosi
su un gomito per voltarsi a fissarlo “Sei un ragazzo, dolce, sensibile, forte e
generoso!” aveva mormorato tutto d’un fiato “Kami, Hana, io credo che tu sia la
persona migliore che mi sia mai capitato di conoscere!!” aveva aggiunto.
Il rossino aveva scosso il capo piano, poco propenso a credere alle parole del
cugino “Allora devo essere brutto, un mostro, se mi rifiutano tutte...” aveva
ipotizzato.
Era stato allora che Kei era balzato giù dal letto e lo aveva trascinato nel suo
studio.
“Ti mostrerò quanto puoi essere bello!” gli aveva detto.
E Hanamichi aveva accettato il gioco un po’ per tirarsi su di morale un po’
perchè era ancora ubriaco.
Le foto che il cugino gli aveva mostrato il giorno dopo erano... erano...
Il rossino le aveva guardate e riguardate, incredulo, per ore.
Ma continuava a ripetersi che la creatura maliziosa e sensuale di quegli scatti
non poteva essere lui.
Kei l’aveva fatto spogliare e l’aveva fotografato sul suo letto, nella vasca da
bagno, sul divano, in cucina.
Nessuna posa classica o scenario artificioso eppure le foto che aveva ottenuto
era quanto di più erotico Hanamichi avesse visto in vita sua.
Motivo per il quale aveva tassativamente ordinato al cugino di sbarazzarsene!!
E adesso... una di quelle foto che nemmeno lui, che ne era il soggetto, aveva
avuto il coraggio di tenere... una di quelle foto campeggiava sul poster
centrale di una rivista gay!!
“Qua...quale foto??” chiese con un filo di voce, masochisticamente.
Magari aveva mandato quella nella vasca da bagno, lì si vedeva meno che nelle
altre, era coperto dalla schiuma.
Kei si fece piccolo, piccolo, rannicchiandosi su se stesso e Hanamichi si sentì
mancare.
“Non QUELLA vero Kei?” supplicò cinereo “Dimmi che di tutte non QUELLA!!” pregò.
Il cugino tuttavia annuì piano con il capo.
“Oh Kami Sama.....” ansimò il rossino lasciandosi cadere sul divano e coprendosi
il volto con le mani.
Hisashi stava tornando verso casa dopo il suo allenamento mattutino quando notò
che la sua cassetta della posta traboccava.
Era da una settimana che non la controllava.
Da quando sua sorella era partita per lavoro aveva lasciato quelle incombenze un
po’ in disparte.
Sorrise ricordando che la ragazza ritornava dal suo viaggio a Tokyo il giorno
successivo e, onde evitare una ramanzina, svuotò la cassetta.
Arrivato in casa gettò il materiale sul divano prima di andare a farsi una bella
doccia calda.
Tornò molto più rilassato ma il suo buon umore si dissolse quando si rese conto
dello stato della casa.
Doveva assolutamente riordinare o Kaori lo avrebbe ucciso.
Lanciò un’occhiata al divano decidendo di cominciare dalla cosa più facile.
Vagliò la posta, scartando la pubblicità, mettendo da parte la bolletta della
luce prima di prendere in mano “Kami Sama” la rivista a cui era abbonato.
C’erano sempre dei gran bei figlioli tra le pagine di quel giornale.
Anche se la scusa ufficiale era che così Kaori poteva controllare cos’era di
moda, la ragazza sapeva benissimo che al suo fratellino piaceva rifarsi gli
occhi sulle pagine del mensile e lei non disegnava certo quei bei ragazzi!!
Mitsui cominciò dunque a sfogliarlo attentamente finchè non giunse alle pagine
centrali.
Lì dove c’era il poster, quello che si poteva staccare e appendere alla parete.
Lì dove solitamente campeggiava l’angelo di turno.
Un ragazzo di una bellezza irraggiungibile, in una posa erotica e lasciva, che
strappava il fiato.
E anche questa volta il giornale aveva mantenuto la sua promessa.
Sul poster del mese di agosto campeggiava l’estate personificata.
La pelle di quella creatura incandescente portava incisa in ogni sua cellula
dorata la passione con cui il sole l’aveva posseduta, affondando i suoi raggi
lucenti in quel corpo muscoloso, lambendolo con il suo respiro bollente, fino al
punto di sciogliersi in lui, regalando al suo amato la sua stessa, lucente,
anima.
Un Apollo, che se ne stava disteso, in tutta la sua possente, languida,
luminosità su un ampio divano di pelle, color panna, che sembrava voler
sottolineare con il suo lieve pallore il calore bruciante che emanava ogni
centimetro di quella carne così lascivamente offerta agli occhi del proprio
compratore.
Ma la belva, figlia del fuoco, sdraiata su quel sofà non era in vendita.
Lo sguardo, fisso sull’obbiettivo, era sfacciato, malizioso, una muta sfida
dalle sfaccettature dorate che attraversava la carta patinata per piantarsi
direttamente nel cervello di chi osava guardarlo.
Con la superiorità di un dio intoccabile, lui, li bruciava con quegli occhi
assassini, obbligandoli ad ardere per lui.
Stava giocando con loro.
Ogni centimetro di quel corpo caldo...
...dalle lunghe gambe, leggermente accavallate che impedivano di scorgere il suo
sesso ma lasciavano intravedere la morbida peluria che scivolava, come una mano
audace, tra esse, fino a sparire tra le cosce dorate, delimitando il confine
proibito, sospirato, della perdizione assoluta...
...dal profilo, sodo, dei suoi glutei marmorei, rotondi e lisci come la mela del
peccato, che quella postura concedeva all’occhio affamato di chi fissava la
fotografia...
... dalla curva invitante dei fianchi, alla perfezione dei suoi addominali
disegnati...
...ogni cellula di quella pelle, su cui la luce si infrangeva in umidi,
scintillanti, ansiti di piacere, pareva mormorare:
“Guardami... ti piaccio?”
La lingua bagnata, del giovane, accarezzava le labbra morbide, tumide e
invitanti, socchiuse come se egli stesse respirando con il leggero affanno che
lascia un lungo bacio passionale.
Quelle labbra gemevano, silenziosamente, oltre quel foglio sul quale erano state
eternamente inchiodate:
“Mi vuoi?”
La sua mano dorata sfiorava con dita leggere un capezzolo scuro, teso, verso lo
sguardo di chi bramava quel demone magnifico, come se non anelasse altro che
essere toccato, morso, succhiato.
La sua schiena lievemente arcuata in avanti, spinta, verso l’obbiettivo come se
volesse uscire dal confine cartaceo in cui era relegato quell’angelo
incandescente, per poter finalmente tornare alla Vita di cui egli stesso era
l’emblema e la Fiamma.
Eppure....
Eppure quegli occhi scuri...
Densi, come il cioccolato bollente...
Caldi, come lava incandescente...
Quegli occhi.... ridevano della loro lussuria e promettevano con sadica
soddisfazione: “Non mi avrai.... MAI!”
Era...
Era... assolutamente... magnifico.
Fuoco allo stato puro.
Un leone dalla criniera carminio che sfidava con tutta la sua indomita,
selvaggia, sensualità, il malcapitato osservatore, incatenandolo alla sua malia.
Obbligandolo al suo giogo.
Mai aveva visto qualcosa di simile.
Mai si era ridotto in uno stato simile soltanto GUARDANDO una fotografia.
Mai.
E sarebbe corso a vedere come si chiamava quel demone scarlatto per dare
un’identità a quegli occhi incandescenti, per assicurarsi che esistesse davvero,
che non fosse solo un’apparizione, un’illusione, se non che... lui già conosceva
il suo nome.
Quello... quello era... “Hanamichi.....??????” ansimò incredulo.
“Hana...” pigolò piano Kei cercando di avvicinarglisi.
Il rossino lo fulminò con uno sguardo assassino e il cugino si morse le labbra
mentre gli occhi azzurri gli si riempivano di nuovo di lacrime.
“Mi dispiace...” mormorò “...ho provato a chiamare per chiedere loro di fermare
le stampe ma... mi hanno detto che non hanno mai venduto così tanto...”
Hanamichi gemette disperato e Kei decise che era meglio tacere e lasciarlo
sbollire per un po’.
Solo dopo lunghi minuti di silenzio il moretto sollevò nuovamente lo sguardo che
teneva fisso sulle sue scarpe per posarlo sul cugino.
“Senti Hana non è così male... infondo nessuno che conosci è gay no? E anche se
lo è non è detto che compri “Kami Sama”. Nessuno saprà di quella foto...” cerco
di tranquillizzarlo.
“Kami Sama?” chiese Sakuragi perplesso.
“E’ il nome della rivista...” specificò Kei.
“Adatto a come mi sento ora...” mormorò il rossino, piano, passandosi una mano
tra i capelli scarlatti.
“Mi dispiace Hana...” mormorò il moretto avvicinandoglisi e sedendoglisi di
fianco sul bracciolo della poltrona, sulla quale Sakuragi si era, al fine,
lasciato cadere “....in quel momento non ho pensato a niente...” mormorò.
Hanamichi scosse piano il capo, con un sospiro.
“E’ solo una fotografia su una rivista. Se sono fortunato non lo saprà
nessuno...” sospirò piano.
“Mi dispiace...” ripetè Kei “...però...” mormorò cercando di scherzare per
vedere di nuovo un sorriso sul suo volto tirato “..così potresti conoscere
qualche bel ragazzo e passare dalla nostra parte...” disse facendogli
l’occhiolino.
“Dubito davvero!” esclamò ridendo il rossino.
“Mi perdoni?” chiese Kei titubante.
“Mi giuri che metterai quei negativi in cassaforte e getterai la chiave?” chiese
Hanamichi rassegnato al fatto che il cugino non li avrebbe mai bruciati.
“Parola di scout!” disse il moretto posandosi una mano sul cuore.
Hanamichi scosse il capo esasperato ma poi gli sorrise: “Perdonato...” mormorò.
“Su una rivista gay!” chiese incredulo Yohei quando l’amico gli raccontò la sua
ultima disavventura.
“Shhh!!” sussurrò il rossino guardandosi attorno, notando che, fortunatamente,
erano soli sulla strada che portava allo Shohoku.
Mito ridacchiò piano “Hai detto che si chiama ‘Kami Sama’ no? Devo comprarla
assolutamente!” disse ricominciando a ridacchiare.
“Se lo fai ti ammazzo!” lo avvertì il rossino cupo.
“Ma dai è troppo divertente e poi muoio dalla voglia di vederti in posa sexy!!”
sfottè guardandosi attorno.
“Tho un’edicola!” miagolò mentre gli occhi gli si accendevano di malizia.
“Yohei non ci provare! Yohei giuro che ti do una testata tale che dimentichi
perfino il tuo nome...” gli gridò dietro.
Ma nessuna minaccia ebbe effetto sull’amico che, veloce come una mangusta, stava
già chiedendo il giornale all’edicolante.
Ignorando l’occhiata sospetta del donnone che gli consegnò la rivista, Mito
inseguì trotterellando allegro l’amico che, deciso a non rivolgergli mai più la
parola, aveva ripreso a camminare verso la scuola borbottando qualcosa
sull’importanza dei VERI amici.
“Su su non prendertela...” lo blandì il moretto, una volta raggiuntolo,
prendendo a camminargli in fianco, sfogliando contemporaneamente le pagine del
mensile, lanciando occhiate di disgusto ai belloni delle pubblicità delle
palestre o agli efebici modelli delle sfilate d’alta moda, “...vedrai che dopo
che ci saremo fatti due risate sulla tua foto prenderai questa cosa con più...
kami sama!” ansimò Yohei che era giunto in fine all’inserto centrale ed era
riuscito ad aprire il poster senza sfasciare il giornale.
Hanamichi, che aveva tentato di ignorarlo per tutto il tempo, continuando a
borbottare come una pentola a pressione, si volse verso l’amico quando sentì
quell’esclamazione pronunciata con un ansimo incredulo.
“Che hai adesso...” sbottò il rossino ma non riuscì a dire altro perchè Mito lo
fissava con gli occhi fuori dalle orbite.
“Que...questo... sei tu???” ansimò il moretto, pallido come uno straccio.
Sakuragi arrossì fino alla radice dei capelli, abbassando lo sguardo con fare
colpevole.
“Sì...” sussurrò piano aspettandosi di sentire l’amico scoppiare in una sonora
risata.
Ma dal moretto veniva solo silenzio.
“Yohei?” chiese perplesso Hanamichi sollevando lo sguardo.
“Sono etero...” fu l’unica cosa che sentì pronunciare al ragazzo.
“Cosa?” chiese Sakuragi avvicinandosi di più a lui per capire che cavolo stava
mormorando.
Mito lo fissò “Ricordami che sono etero.” ordinò serio.
Molto serio.
“CHE?” chiese ancora più spaesato il rossino.
Yohei fissò il poster per un attimo ancora, per poi scuotere con forza il capo,
e prendere di tasca l’accendino con cui diede fuoco al giornale che gettò, quasi
fosse un oggetto maledetto, in un cassonetto, prima di partire a passo di marcia
verso la scuola.
“Yohei! Yohei mi spieghi che ti è preso!?” gli gridò dietro Hanamichi
inseguendolo, ma il moretto non gli rispose era troppo preso a ripetersi
mentalmente “sono etero... sono etero... sono etero!!”
continua....
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