Bè, non ho nulla di particolare da scrivere come introduzione a questo nuovo capitolo, a parte le mie solite scuse per il ritardo con il quale posto le mie storie, ovvero per la lentezza con cui le scrivo, perciò vi auguro subito una buona lettura (assicuratevi di non aver mangiato pesante prima di cimentarvi nell'impresa) e vi invito a mandarmi tanti commenti (belli, brutti, incerti...non ha importanza^^). Un bacio a tutte, ashly
Kaede Hood parte VI di Ash(lynx)
Un fastidioso e rapido scalpiccio di piccoli piedi riempiva le stanze addormentate del palazzo di Akagi. Un essere correva leggiadro lungo quei lugubri corridoi, solo ed emozionato. Imboccò una ripida rampa di scale e cominciò a salire. A metà percorso inciampò nei propri maldestri piedi, sbattendo, così, il mento sullo spigolo di un gradino. <<Porca pupazzola!>> imprecò, prima di rialzarsi, incerto, e di continuare la sua corsa. Percorrendo l'ennesimo corridoio, passò affianco a due guardie notturne che, vedendolo, si scansarono terrorizzate e si tapparono il naso con le mani. Da quando quella cosa girava libera per il palazzo? L'animale li ignorò e proseguì senza rallentare fino alla stanza del Gorilla. Sapeva che era appena rincasato e che aveva portato con sé due interessanti prigionieri...non vedeva l'ora di parlargli! Trepidante, bussò alla porta. <<Chi è?>> chiese una profonda voce dall'interno. L'essere la riconobbe subito: era quella del suo caro Takenori. <<Sono la tua adorata sorellina. Posso entrare, fratellone dolce?>> Come poteva Akagi resistere a codeste amorose parole? <<Vieni pure>> La babbuina non se lo fece ripetere due volte. Con la grazia di un ippopotamo punto da un calabrone si fece largo nella grande stanza nella quale si trovavano suo fratello, in piedi vicino al letto, e, legato ad esso, un rarissimo esemplare di rossino alterato. Quest'ultimo, appena la vide, venne colpito da un potente attacco di vomito. Per sua fortuna, comunque, riuscì a reprimerlo. Al contrario di lui, Akagi sembrava felicissimo di rivedere la sorella, tant'è che la baciò due volte sulle sue scagliose guance e le passò affettuosamente una mano tra gli unti capelli. Gli occhi dell'ameba si posarono sul povero rossino che, raggelato, non poté far altro che deglutire e cercare di non ricordare d'essere stato baciato da lei anni prima. Né andava della sua salute mentale, insomma! <<Ciao Hana-chan>> lo salutò la babbu. La sua vocetta stridula gli entrò a forza nelle orecchie, facendogli scorrere un brivido lungo la schiena. <<C...ciao>> le rispose facendosi coraggio. <<é un piacere rivederti dopo tutto questo tempo!>> <<Ah...>> si limitò a dire, non trovando nulla di più appropriato. <<Ma Take-chan...perché gli hai legato le mani al letto?>> <<Bè, sorellina, il fatto è che non ne voleva sapere di rimanere fermo e buono>> si giustificò lui. Hanamichi roteò gli occhi. Non era così ingenuo da non aver capito perché era stato legato in quel modo, in camera sua poi! La babbuina prese per buona la spiegazione datagli e, con l'eleganza che la contraddistingueva, andò a sedersi letto, proprio accanto al ragazzo. Gli posò tranquilla una mano su una gamba e disse: <<Così non va bene, Hana-chan. Dovresti essere più gentile con mio fratello>> Sakuragi non riuscì a risponderle: la viscida mano che gli toccava la gamba gli aveva mandato in corto circuito, per sovraccarico di schifo, i suoi già provati neuroni. <<Dimmi, Take, dov'è l'altro prigioniero?>> A questa domanda Hanamichi tornò nel mondo dei vivi, molto interessato alla risposta. <<Si trova nei sotterranei e prevedo che vi rimarrà per moltissimo tempo, almeno fino a quando Hanamichi non diventerà più accondiscendente verso di me>> rispose guardando dritto negli occhi il ragazzo. A Sakuragi non piacque ciò che lesse in quello sguardo bramoso del suo corpo. Si sentì improvvisamente nudo di fronte a lui, ma decise che mai avrebbe ceduto. <<Allora non hai nulla per me...>> disse Rafiki diventando triste. Akagi sospirò, avvicinandosi a lei. <<Non ti preoccupare: tra poco i suoi amici verranno a liberarlo e Rukawa diverrà tutto tuo!>> <<Fantastico! Grazie mille fratellone!>> esclamò abbracciandolo con slancio. Hanamichi raggelò. Una trappola! Volevano prendere Kaede! No, non doveva accadere assolutamente! "Cosa posso fare?" si chiese, senza però trovare una risposta. <<é il caso che torni a letto, adesso. Si è fatto tardi e domani ci sarà molto lavoro da fare>> disse Akagi in direzione della sorella. Lei annuì e, dopo aver salutato il rossino con un disgustoso bacio sulla guancia, che gli tolse come minimo dieci anni di vita, uscì dalla stanza, tranquilla e soddisfatta. Rimasti nuovamente soli, Akagi si avvicinò al letto e si sedette sul posto lasciato libero dalla sorella. Hanamichi tentò di allontanarsi, inutilmente. <<E così questo è tutto un piano per catturare Rukawa>> disse accusatorio. <<Non proprio. Il piano è nato solo ed esclusivamente per te>> <<Ne sono lusingato>> rispose sarcastico. Akagi gli afferrò il mento con una mano, costringendolo a guardarlo dritto in volto. <<Modererei i toni, se fossi in te>> disse. <<Altrimenti?>> lo sfidò. <<Potrei non rispondere più delle mie azioni>> <<E se anche fosse? Cosa pensi di farmi? Violentarmi? Non ne saresti mai capace!>> A quella provocazione, Akagi gli si avvicinò pericolosamente. <<Ne sei convinto? Ti desidero talmente tanto...>> Si avventò su di lui, baciandolo con un ardore incontrollabile. Gli forzò le labbra e mosse la sua lingua dentro la sua bocca, ignorando i suoi mugugnii di protesta e bloccando i suoi tentativi di ribellarsi. Gustò da ladro il suo dolce sapore, mentre l'odio del rossino aumentava a dismisura. Quando si staccò da lui in cerca d'ossigeno, uno sputo gli raggiunse la guancia destra. Guardò divertito la sua preda. Amava il modo in cui si ribellava. Era bellissimo legato al letto, con gli occhi carichi di rabbia e le labbra gonfie a causa di quel loro focoso contatto. Posò con decisione una mano sulla sua coscia e, costringendolo ad aprire le gambe, cominciò ad accarezzarlo con finta dolcezza. <<Non mi toccare!>> gli ordinò il rossino scuotendosi, ma lui non lo ascoltò. La sua mano salì lungo il suo interno coscia, lenta e suadente. Riusciva a vedere, sotto la stoffa dei suoi pantaloni, la sua virilità gonfiarsi poco alla volta. Sorrise mentre, con la mano libera, gli slacciò i pantaloni. <<Non...farlo...>> fu, l'ormai debole, protesta. Akagi sapeva ciò che stava succedendo al rossino: sentiva il piacere giungere e l'eccitazione farsi palpabile. A breve sarebbe stato preda dei propri istinti animaleschi. Si sarebbe arreso al suo tocco. Infilò la mano dentro la sua biancheria. Afferrò con decisione la sua erezione, sentendola indurirsi sempre di più. Hanamichi si lasciò scappare un sospiro, ormai completamente in preda all'eccitazione. I suoi muscoli si contorsero non appena il Gorilla cominciò a muovere la propria mano lungo l'asta tesa. Si odiò, ma non riuscì a controllarsi. Sentiva il piacere montargli dentro mentre ogni suo muscolo si tendeva fino alla spasmo facendogli piegare le gambe ed alzare la schiena dal letto. Sempre più veloce, più veloce... Perse il controllo. Pochi secondi e venne violentemente nella grande mano di Akagi. Si lasciò ricadere sul letto, stanco e deluso da sé stesso. Sentì il tocco del Gorilla abbandonarlo e si ritrovò a non riuscire a guardare negli occhi il proprio carceriere. <<Il corpo a volte gioca dei brutti scherzi, non è vero?>> domandò divertito Akagi. Hanamichi ignorò le sue parole e volse altrove lo sguardo. <<Mi dispiace, tesoro, ma adesso devo proprio andare: ho una missione da portare a termine>> disse, alzandosi svogliatamente dal letto <<Non preoccuparti, però: quando tornerò staremo nuovamente assieme>> Detto ciò si abbassò nuovamente su di lui e gli lasciò un bacio sull'angolo della bocca. Non appena uscì dalla stanza, chiudendo a chiave la porta, Hanamichi si lasciò andare in un pianto silenzioso, ferito ed umiliato dal trattamento riservatogli. Si sentiva sporco, contaminato. Odiava sé stesso, quelle mani che lo avevano toccato in maniera così profonda e quelle labbra che avevano violato la sua bocca. Aveva i brividi lungo tutto il corpo. Non voleva che una cosa del genere si ripetesse ancora. In un accesso di rabbia e di disperazione, cominciò a strattonare la corda, per liberarsi, con tutta la forza che aveva in corpo. Non ragionava più, voleva solo andarsene via, in un modo o nell'altro. Ad ogni colpo, però, anziché avvicinarsi alla libertà, i nodi gli si strinsero con più forza attorno ai polsi, ferendolo. Continuò a muoversi fino a quando il dolore alle mani divenne troppo intenso per continuare e si accorse di stare sanguinando. Si calmò e, più avvilito di prima, volse lo sguardo verso una finestra e ammirò il cielo stellato, nella speranza di venire salvato al più presto. ************** Un altro ragazzo guardava, in quello stesso momento, il cielo, cercando d'individuare tutte le costellazioni che fin da bambino gli avevano fatto compagnia durante le sue lunghe serate solitarie, senza successo. Quel cielo scuro gli era sconosciuto. Rappresentava la prova tangibile di quanto fosse lontana la sua terra, quella che, anche se non natia, si era sempre presa cura di lui. Ah, la sua terra! Il sole battente, l'aria calda, quasi soffocante, la caoticità della città, le mille lingue e le altrettante genti! Quanto gli mancava tutto ciò! Si rese conto d'aver preso con troppa leggerezza la decisione di seguire Rukawa in Inghilterra e il fatto di non aver avuto altra scelta, quantomeno per restare vivo, non lo rincuorava affatto. Sentì dei passi dietro di sé, ma non si voltò: non poteva essere nessuno con l'intenzione d'ucciderlo, non in quel posto sperduto. Aspettò in silenzio che il nuovo venuto si decidesse a parlare, cosa che avvenne solo dopo alcuni lunghi minuti. La voce che pronunciò quelle poche, ma chiare, parole gli fece correre i brividi lungo la schiena tanto era penetrante: <<Chi sei realmente, Akira?>> Sendo si voltò tenendo fisse le mani sui fianchi. Mitsui era a pochi passi da lui, in piedi, bello e tenebroso come la prima volta che l'aveva visto. La sua serietà lo penetrò come un pugno in pieno stomaco, facendogli comprendere l'importanza e la profondità dei quella semplice domanda, che richiedeva come risposta molto di più di un nome e di un cognome. Quello poteva essere il momento della verità per entrambi. Sospirò, pronto a rispondere, a mettersi a nudo: <<Mio padre era un crociato>> cominciò <<anni fa combatté e conquistò Gerusalemme. Prima che essa cadesse nuovamente in mano ai saraceni, da una relazione che aveva avuto con una donna del posto, nacqui io. Lui morì in battaglia prima che potessi conoscerlo, così sono sempre vissuto in Terra Santa con mia madre. Nonostante il diverso colore della pelle, quella terra e i suoi abitanti furono la mia casa. Non sono cristiano, bensì un soldato. La mia vita è votata alla guerra>> Mitsui annuì, impressionato. Non aveva mai pensato che lui potesse essere un soldato saraceno, un nemico dei cristiani. Bè, in fondo non gli importava poi molto... <<Ho incontrato Rukawa nelle prigioni di Gerusalemme. Ero un condannato a morte e lui mi ha salvato la vita>> aggiunse. <<Condannato a morte?>> Sendo annuì, serio. <<Per essere stato scoperto assieme ad un giovane nobile del luogo>> spiegò. Mitsui fece una smorfia simile ad un sorriso. <<Una tua conquista, immagino>> Annuì col capo. <<é per questo che mi trovo qui, ora>> concluse. Hisashi si passò una mano tra i capelli, portandoli lontani dalla fronte. La smorfia scomparve e, al suo posto, si aprì un sorriso più sincero. <<E io che credevo che fossi qua perché stavi con l'ameba!>> sdrammatizzò. Fu il turno di Akira di sorridere, divertito. <<L'ameba è troppo freddo per me. Non abbiamo fatto che litigare da quando siamo partiti! Piuttosto, non è che sei un tantino geloso?>> lo provocò. Hisashi gli si avvicinò con passo suadente. Gli posò le mani sui fianchi e avvicinò le labbra alle sue, tanto da poter sentire il suo respiro sfiorargli il volto. <<Ti piacerebbe?>> sussurrò. Akira si sentì morire al suono di quelle parole. Il tono della sua voce, la provocazione, il suo corpo invitante, i suoi occhi accesi...era pazzo di lui! Lo desiderava come poche volte gli era capitato di volere qualcuno. Eppure non era solo quello, non solo del misero sesso: voleva stargli accanto e farlo stare sempre bene, toccare assieme il cielo con un dito. "Che mi sia innamorato di lui?" si chiese. Vide un lampo scuotere gli occhi di Hisashi. L'aria di sfida l'abbandonò in un attimo, facendolo tornare improvvisamente serio. Si allontanò leggermente da lui, sempre tenendo le leggere mani sui suoi fianchi. <<Voglio raccontarti la mia storia>> gli disse. Per un attimo Akira non credette alle proprie orecchie. Finalmente aveva deciso di spiegargli perché odiava Rukawa! Finalmente l'avrebbe conosciuto sul serio! Si fidava di lui! Questo era quanto di più bello potesse immaginare, anche se un bacio non ci sarebbe stato comunque male... <<Sono un reitto della società, un orfano: non ho mai avuto un padre. Sai che significa ciò? Venire evitati, maltrattati, ridicolizzati, insultati...considerati poco più che sterco. Mia madre, poi, ancora peggio: considerata da tutti alla stregua di una puttana. Questo perché sono nato da una reazione extraconiugale, da un tradimento di mia madre verso suo marito, che naturalmente l'ha ripudiata>> gli occhi gli ardevano di dolore e rabbia. Akira, colpito dalla grandissima sofferenza che vi leggeva, lo abbracciò con dolcezza. <<Non è necessario che mi racconti tutto se ti fa star male>> gli disse. Lo sfregiato si sentì improvvisamente bene, capito ed amato. Tenendo chiusi gli occhi, si lasciò cullare da quelle forti braccia. Capì che aveva fatto la scelta giusta decidendo di raccontargli tutto. Sarebbe arrivato fino in fondo. Si districò dall'abbraccio e riprese a parlare. <<Nonostante ciò che la gente pensa, io sapevo chi era mio padre, conoscevo il suo nome, anche se non l'ho mai visto. Per i primi anni della mia vita fece avere a me e a mia madre dei soldi per mantenerci vivi e sani, seppur nel segreto più assoluto. Nessuno doveva sapere che ero suo figlio. Ne andava del suo potere. Avevo sei anni quando smise di aiutarci, quando, cioè, suo figlio, quello legittimo, venne a conoscenza della mia esistenza. Sua madre era morta da quasi tre anni, ormai, e lui non era altro che uno stupido bambino viziato di quattro anni. Supplicò suo padre di non avere più nulla a che fare con noi e lui lo fece. Ci lasciò nella miseria più assoluta. I pochi soldi che riuscivamo a racimolare non ci bastavano nemmeno per sfamarci, così mia madre, da tempo malata, morì nel giro di un anno>> Akira gli accarezzò il volto. La smorfia di rabbia che vi si era formata svanì a quel dolce tocco. <<Ho odiato quel bambino dal primo giorno che mi venne raccontato ciò che aveva fatto>> ammise rattristato mentre due rapide lacrime abbandonarono i suoi occhi e si persero nella perfezione delle sue gote <<non hai idea di quante volte io abbia desiderato fargliela pagare>> <<E l'hai mai fatto? Ti sei vendicato?>> Hisashi scosse il capo. <<Io...>> cominciò, leggermente incerto. <<CORRETE PRESTO!!!!! NOBUNAGA è FERITO!!!!!>> L'urlo squarciò il cielo. I due si voltarono, allarmati e già con il cuore in gola, verso la radura poco distante. Da dove si trovavano erano invisibili agli occhi dei loro amici e ciò, se possibile, li preoccupò ancora di più. <<Che può essere successo?>> chiese Akira. <<Andiamo!>> fu l'ordine perentorio che gli arrivò come risposta. Dicendo ciò, Hisashi lo afferrò per una mano e, rapido, cominciò la sua corsa verso l'accampamento, fatta di salti per evitare le radici sporgenti dei giganteschi alberi e di curve improvvise per non sbattere contro qualche tronco. Akira lo seguì ad un passo di distanza, tenendo a sua volta la presa, felice di quel piccolo contatto, nonostante l'ansia. Agili e veloci, sembravano due lampi. Si fermarono solo quando, proprio nel mezzo del loro campo, si trovarono davanti ad un gruppo di ragazzi, riuniti in un cerchio disordinato e decisamente animato. I loro volti pallidi e le loro espressioni tese non erano un buon segno. Nobunaga stava a terra, in mezzo a loro, bianco come un cencio, eccezion fatta per gli occhi, cerchiati da un inquietante color rosso, respirando rumorosamente e con notevole sforzo. Mito gli sorreggeva la testa cercando di fargli riprendere fiato. Accanto a loro si trovava un placido cavallo non sellato. Akira intuì subito che doveva essere successo qualcosa di molto grave. Si fece avanti tra i ragazzi, seguito da un silenzioso Hisashi. Fu allora che entrambi videro le estese bruciature che ricoprivano le gambe del ferito. <<Cazzo...>> soffiò sconcertato il porcospino. <<PRESTO! QUALCUNO PROCURI DELLE BENDE!>> urlò Mito, mortalmente serio. <<Pensaci tu, Hotta>> ordinò Mitsui. Il ragazzo in questione partì come un razzo verso una tenda, seguito da due dei suoi seguaci, per eseguire appieno l'ordine impartitogli dalla propria guida spirituale. (Ehm...Mitsui come guida spirituale? 0_0 Ma siamo sicuri? Non è che lo conduce all'alcolismo??) Era certamente il più indicato fra tutti loro per curare qualsiasi tipo di ferita, dato che suo padre era stato medico di corte. Rukawa arrivò in quel momento, richiamato dal gran trambusto. Alla vista delle bruciature spalancò, seppur impercettibilmente, gli occhi. <<Che è successo?>> chiese. Nobu lo guardò. Deglutì. Non avrebbe preso bene la notizia. Decisamente. Protese il collo verso di lui e, ignorando il dolore in gola, riuscì a sussurrare: <<Akagi ha...incendiato la...casa>> deglutì ancora, questa volta per bagnarsi la gola arida <<Ha preso...Tetsuo e...Hana...>> Minuto di silenzio assoluto. Per la prima volta i ragazzi videro il volpino sbiancare e vacillare, come se fosse stato colpito da un pugno in pieno stomaco. Qualcuno portò dell'acqua al Nobunaga che, dopo essersi dissetato, continuò: <<é una...trappola...vogliono...ucciderti...>> Rukawa scattò in piedi. I suoi occhi bruciavano di rabbia. <<Vado a riprenderlo>> disse. Si diresse velocemente verso il cavallo, deciso e sicuro. Non poteva accettare che quel porco avesse il suo, SUO, Hanamichi sotto lo stesso tetto! Tantomeno sullo stesso letto! Non gliel'avrebbe mai permesso, né perdonato. L'avrebbe ucciso con le sue stesse mani. Mito gli si parò davanti. <<SEI IMPAZZITO!?>> urlò <<NON PUOI ANDARCI DA SOLO, COMPLETAMENTE DISARMATO, PER DI Più! é UNA SCIOCCHEZZA! TI FARAI UCCIDERE!>> Rukawa lo ignorò e montò in groppa al cavallo. Yohei gli bloccò nuovamente la strada. <<Anche io ho a cuore Hana, che credi? Voglio liberarlo quanto te, ma per farlo ci serve un piano, un buon piano>> disse. <<Non c'è tempo>> <<Dacci una mezz'ora>> rispose con un sorrisetto furbo sulle labbra <<Giusto il tempo per armarci. Io e l'armata verremo con te>> Il volpino sbuffò, rassegnato davanti a tanta insistenza. Scese da cavallo. <<Mezz'ora, non un minuto di più>> disse passando accanto al moretto. Yohei annuì e, voltatosi in direzione dei compagni, cominciò ad impartire ordini per i preparativi. Hotta e i suoi presero Nobunaga e lo portarono in una tenda per medicarlo. Rukawa raggiunse Sendo. <<é giunto il momento di rispettare la tua promessa>> gli disse. Akira annuì e il volpino passò oltre, ignorando completamente lo sguardo di pura rabbia di Mitsui. <<Di cosa stava parlando?>> chiese quest'ultimo al soldato. Sendo si voltò verso di lui. <<Gli ho promesso di seguirlo fino a che non gli avrò salvato la vita. Questa è l'occasione giusta per adempiere alle mie parole>> Hisashi rimase un secondo in silenzio. Andare al castello di Akagi e combattere contro lui e le sue guardie non sarebbe stata un'impresa di poco. C'erano buone possibilità che i suoi amici non tornassero più indietro, che lui non tornasse più indietro. Prese la sua decisione: non l'avrebbe lasciato andare da solo. Avrebbero combattuto fianco a fianco. <<Verrò con voi>> annunciò. <<Cosa!? Non dire sciocchezze! É pericoloso!>> esclamò l'altro, afferrandolo per le spalle. <<Non sei l'unico in grado di combattere, sai?>> ribatté, con orgoglioso sorriso stampato sul volto <<Non tentare di farmi cambiare idea: non ci riuscirai>> Sendo si rese conto della veridicità delle parole del ragazzo dal suo sguardo fin troppo deciso e sicuro di sé. <<Stupido testardo>> disse, sospirando rassegnato. Mitsui sorrise. Si sporse verso il suo volto e gli lasciò un leggero bacio sulle labbra. <<Vedi di non farti uccidere, soldato>> gli disse. Sendo gli circondò la vita con le braccia, attirandolo a sé. Lo baciò. Questa volta le loro bocche si aprirono e le loro lingue si unirono, accarezzandosi in un'erotica danza. Il sapore di ognuno nella bocca dell'altro. Magnifico. <<Fai attenzione anche tu>> gli disse una volta separati. <<EHI! AVETE FINITO COL VOSTRO SPETTACOLINO EROTICO O VOLETE REGALARCI ANCHE IL SEGUITO!?>> urlò verso di loro Koshino. I due si separarono, maledicendo mentalmente il fautore della loro terza, TERZA, interruzione, e si diressero vero le loro tende per i dovuti preparativi. Mezz'ora più tardi erano silenziosamente diretti verso l'inevitabile scontro con il piano in testa e la decisione nel cuore.
Continua...
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