Hello everybody!! Credevate che vi avrei abbondato senza conclusione, vero?? Infatti!! (he he he). Questo è il terzo capitolo di una storia che sta appassionando molta gente (quanto sono modesta), ma, purtroppo, non è l’ultimo e, sinceramente, non so neanche se è il penultimo (ma forse si!!). Vi lascio alla lettura dicendovi che i personaggi non sono miei e che ho perso il numero 28 di slam dunk (mai imprestare i manga alle amiche che non capiscono niente)!! Buona lettura!! Ps: tanti baciotti alla mia Senpai ed a Manu!!
Kaede Fratello Volpe parte III di Mitchi131421
Appena uscita dal vialetto di casa incominciò a correre, dai suoi occhi un liquido caldo fuoriusciva per scivolare lentamente sulle guance, stava piangendo e non ne capiva il motivo. “Eppure lo sapevo, lo sapevo che quell’uomo era mio padre, sapevo che era anche suo padre, ma non ero al corrente che sarebbe stato il nuovo marito di mia madre. Perché? Non eravamo felici noi due da soli? Cosa centra lui nella nostra vita? Perché doveva dirglielo? Non poteva continuare come sempre?”. L’angoscia, la paura e la tristezza attanagliavano il cuore di questo ragazzo abituato a vivere con la figura materna come punto di riferimento. Non sapeva proprio come reagire a questo nuovo evento, la convivenza non era ancora stata decisa, ma sapeva che sarebbe avvenuta. Si amavano, si vedeva lontano un miglio, l’aveva notato anche Kaede e forse era proprio per quello che se n’era andato, forse aveva paura anche lui, non per il mai sentito fratello, ma per la nuova madre. Sempre correndo arrivò in un campetto di basket poco distante da casa sua e lì ci trovò lui. Il suo sguardo perso verso il canestro, forse piangeva, visto di schiena non si poteva dire. Akira tirò fuori il pallone dalla sacca, si mise in posa e fece un canestro perfetto distraendo l’altro ragazzo che si girò per vedere chi era l’artefice di quel tiro. Si guardarono entrambi negli occhi lucidi contornati di gonfiore rosso. “Ti va una sfida?” gli sorrise, ma era un sorriso finto, il più tirato che poteva fare. Kaede gli rispose di sì con un gesto della testa, mentre si asciugava gli occhi con il braccio. Giocarono tutto il pomeriggio senza mai cadere nell’argomento genitori, solo parlando del basket. Il vincitore di quella sfida interminabile fu Sendo, ma vinse di pochissimo, un punto di scarto. Stanchi, i due giocatori si sedettero per terra, era giunto il momento di parlare un po’ di loro. “Perché sei scappato?” Chiese Akira con un la paura di non ricevere risposta, invece la ricevette. “Non lo so” “Un motivo ci dovrebbe essere?” si sdraiò completamente per terra mettendo le braccia sotto la testa. “Non volevo sentire una frase” “Quale?” chiese senza aria insistente, ma solo per chiedere. “Non volevo sentirmi dire che quella sarebbe diventata la mia nuova madre” Silenzio. Ancora silenzio. Non si poteva rispondere a quella frase solo per tirarlo su di morale, si sapeva che sarebbe finita così prima poi, doveva rendersene conto da solo e forse se n’era già accorto. “Io torno a casa” dissi Rukawa alzandosi da terra “Ti va se domani ci becchiamo qui più meno alla stessa ora d’oggi?”. Sendo gli fece un sorriso stupefacente, forse l’avrebbe accettato come fratello “Ok, va bene!” Tornò a casa dove l’aspettava già il padre e senza dire una parola gli passò di fianco per salire al piano superiore. “Kaede, ti va se parliamo un po’!” Si fermò a metà scala “Intendi sposarla papà?”, non si girò neanche per vederlo “Si” Risposta secca che riesce a mandare in frantumi un cuore, cosa che fece. Questa volta si voltò, sorrise “Allora auguri!” Takeshi ringraziò profondamente il figlio perché aveva accettato, nonostante tutto, questo nuovo inizio di famiglia. Forse adesso avrebbe visto più volte quel sorriso sul volto di suo figlio. Chiuso in camera sua pensava se dirglielo ad Hanamichi o no. Non osava immaginare la reazione del suo amato, in fin dei conti quello era il loro peggior nemico! Dirlo o non dirlo, questo era il problema… decise di tenerselo per lui questo segreto, anzi lo avrebbe preparato al fatto un po’ alla volta. “Ma si, faccio così… io comincio a frequentare Sendo, gli trovo qualche punto positivo, e pian piano parlo ad Hana di lui, senza mai dire che siamo fratelli, poi il giorno del matrimonio glielo dico direttamente… e mi lascia… forse!” Questa tattica non era delle più vincenti, ma era la meno dolorosa, secondo lui. C’era, però, un altro ragazzo con lo stesso atroce dilemma… “Quello è capacissimo di prendermi in giro a vita… me lo immagino già che saltella per la stanza indicandomi e, fra una risata e l’altra, dirmi SEI IL FRATELLO DI RUKAWA, IL TUO PEGGIOR NEMICO…” si girò a pancia in giù sul letto, sospirò, abbracciò il cuscino, “non è il caso che lo sappia”, si addormentò. Liceo Shohoku. “Che bel giorno di sole, vero amore mio?!” si girò verso di lui per ottenere una risposta. “Mm” rispose senza staccare gli occhi dal cielo e stando sempre appoggiato all’albero che, in quella giornata così calda, offriva un riparo dall’afa. “Ok” disse sbuffando e riappoggiandosi alla pianta “dopo gli allenamenti stiamo un po’ insieme?” “Non posso” Sakuragi si alzò di scatto “come non puoi? C’è qualcosa di più importante della mia persona?” gli disse urlando. “Uno, stai calmo” gli mostrò il dito indice “e due” alzò anche il medio “ho da fare con mio padre” gli mentì. “Se è così, allora, va tutto bene” e si risedette, ma un dubbio gli passo per la testa “se è tornato tuo padre non possiamo più scopare?” disse quasi urlando. Rukawa lo guardò male “se t’interessa solo questo, ti posso rispondere che per un bel po’ di tempo è così”. Il silenzio tornò sovrano. Suo padre era davvero a casa in quel periodo e ci sarebbe rimasto fino al matrimonio con la signora Midori, ma oggi Kaede non doveva uscire con lui, dopo gli allenamenti sarebbe andato da Sendo per fare un’altra partitina insieme. Questo era il suo obbiettivo, ma non poteva certo dirglielo. Contemporaneamente un altro ragazzo stava discutendo con il suo fidanzato. Con il cellulare attaccato all’orecchio stava percorrendo avanti e indietro un tratto da lui prefissato sul prato. “Come non ci sei oggi pomeriggio? Ma dovevamo vederci… dai Aki!”. Stava ascoltando una scusa assurda “Ma porca puttana, inventatele meglio” Forse quello d’altra parte del telefono gli aveva detto di calmarsi perché Hisashi si rassegnò e con tono avvilito rispose “ok, va bene amore, però domani stai tutto il giorno con me” disse con un sorrisino finale, ma aveva avuto una negazione. “allora vaffanculo Akira” e chiuse il telefono con l’intenzione di lanciarlo, ma si fermò ricordandosi quanto l’aveva pagato e se lo mise nella tasca dei pantaloni. “Mi dispiace, ma oggi proprio non posso, devo accompagnare mia madre a fare la spesa, sai, per una volta che possiamo stare in insieme” disse con un tono poco convincente. “Datti una calmata Hisashi, perché non è per niente una scusa, va bene!” rispose alzando la voce, infatti, due ragazzine lì vicino si girarono incuriosite verso di lui che se n’andò da un’altra parte del giardino scolastico. “Veramente non potrei neanche domani” pronunciò la frase con una risatina finale, ma come risposta si sentì mandato a quel paese e poi più niente. “Ma chi se frega! Arrabbiati pure” gridava contro il cellulare, come se Mitsui potesse sentirlo “tanto torni sempre da me poi… o sono io che torno da lui?!” non si rispose, ma il pugno che tirò contro il muro faceva capire che era lui ad avere più bisogno dell’altro. Stasera, dopo l’appuntamento con Rukawa l’avrebbe chiamato per chiedere scusa e, forse, domani sarebbero usciti insieme, forse. Gli allenamenti finirono anche per oggi e Kaede se n’andò via prima di tutti. Schizzò via correndo, senza neanche salutare, salì sulla sua bici e andò verso casa di Sendo. Sakuragi, mogio mogio, si fece la doccia, si rivesti, mise la sua roba dentro la borsa e si sedette sulla panchina sospirando. Tutta la squadra notò che era strano, non era il solito allegrone di sempre, ma nessuno parlò, nessuno osava dire niente. Rimasero in due nello spogliatoio, lui e un altro, ma per l’altro era un’abitudine rimanere sempre ultimo negli spogliatoi, ci metteva sempre una vita a farsi la doccia e a rivestirsi, e oggi non era da meno. Mentre si asciugava i capelli con un asciugamano notò che non era solo. “Sakuragi?! Che ci fai qui? Di solito sei uno dei primi che esce!” gli disse sforzandosi di sorridere. “Come mai sei sempre l’ultimo Mitchi?” questa era una domanda per non dover rispondere alla sua fatta prima. “Perché io me la prendo comoda” un gran sorriso apparve sul suo viso, ma poi “tanto non c’è nessuno che mi aspetta, oggi” si ricordò di essere rimasto senza fidanzato quel giorno e si sedette anche lui sbuffando. Due ragazzi travolti da mille pensieri sedevano in uno spogliatoio e nessuno dei due era intenzionato a fare la fatidica domanda “a causa di chi soffri tu?”. “Ti va se ti accompagno a casa?” ruppe il silenzio Mitsui. “Perché no!” Camminavano uno vicino all’altro per quella strada illuminata dai lampioni, tante coppiette d’innamorati gli passavano vicini e loro le guardavano con occhi gelosi “possono anche evitare di dare tutto ‘sto spettacolo” pensavano nelle loro menti i due ragazzi. Poi Hisashi parlò, perché lui non riesce a stare zitto, odia il silenzio. “Che cosa ti è successo?” “Conosci il mal d’amore?” gli disse fermandosi e guardandolo negli occhi. Anche Mitsui si fermò a fissarlo, ma poi riprese a camminare “ho una vaga conoscenza” “Allora puoi capire che cosa ho” lo superò, si mise alla sua destra e si fermò “io sono arrivato a casa” aprì la porta “grazie della compagnia” entrò e la richiuse alle sue spalle. Il ragazzo dai capelli mori rimase un po’ lì a guardare quella casa molto differente dalla sua, poi fece dietro front e tornò sui suoi passi “ecco cosa aveva! E pensare che non sapevo neanche che era innamorato… chissà di chi? Di Haruko, cacchio di domande che mi faccio” Arrivato a casa prese il telefono e compose il numero a memoria. “Salve signora, sono Hisashi, c’è Akira?” “No, veramente è uscito appena adesso, pensa, ha fatto solo in tempo a cambiarsi dagli abiti della scuola” “E si, Akira è sempre in ritardo” cominciò a battere le dita nervosamente sul tavolino. “Forse è un vizio di famiglia” e rise “Grazie signora, richiamerò, arrivederci” “Ciao Hisashi” riattaccò. Chiuse il telefono con rabbia ed esclamo un “BASTARDO” “ma non doveva uscire con la madre!?” camminava agitato per la sua stanza, per fortuna i suoi non c’erano e poteva urlare quanto voleva “non può fare così, domani mi sente, vado a casa sua dopo gli allenamenti e gliene dico quattro in faccia… brutto bastardo!” Anche un altro ragazzo aveva avuto il coraggio di chiamare a casa del proprio fidanzato e aveva scoperto con MOLTO PIACERE che gli aveva mentito. “Domani gli urlo dietro” diceva stringendo a più non posso la cornetta del telefono tra le mani. Fine capitolo 3
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