Kabuto Gaiden II - 新生活 (Shinseikatsu)

 

Capitolo 7: 不吉 (Fukitsu) (Cattivo auspicio)

 

di Hana-bi

 


 

Dita delicate avevano abbassato la trapunta, scoprendomi. Il mio istinto le aveva sentite nonostante il sonno, ma ero rimasto immobile, consapevole solo che la mia magica pace stava finendo, e deciso a godermela fino all'ultimo istante.

La mia notte d'amore con Orochimaru...

Una notte strana, per me.

Il corpo del mio maestro non era affatto quello di un uomo nella tarda estate della vita. Anzi, in quel momento non era nemmeno quello di un uomo: androgino, liscio, elastico, con la pelle tatuata che sembrava oleata, e che mi aderiva addosso con un'energia eccitante, la promessa di un piacere al di là del credibile. Quando ne avevo trovato il coraggio, le mie mani si erano mosse su di lui, ansiose di cominiciare quel rito che era nei miei sogni...

Ma mi aveva fermato, con voce stanca e gentile.

Stai buono e tranquillo, Kabuto-kun... lasciami dormire.

L'avevo guardato, stupito. E lui mi aveva sorriso, accarezzandomi una guancia.

So quel che provi, ma il tuo desiderio fisico non è altro che consuetudine. C'è dell'altro, nell'andare a letto assieme, che la solita liturgia del sesso. Forse è qualcosa che non hai mai conosciuto prima... o di cui hai perso il ricordo assieme a tutti quelli della tua infanzia, mio povero ragazzo.

Avevo provato dolore, così forte da farmi salire le lacrime agli occhi...

Ma ora puoi riprovarlo, qui con me.

E mi aveva abbracciato più stretto, con una tenerezza struggente.

Dammi il semplice conforto della tua vicinanza, creatura del mio spirito; e io in cambio ti darò la mia.

Mi aveva cullato, sibilandomi dolcemente all'orecchio, richiamando misteriosi ricordi sopiti, o forse solo illusioni di ricordi: un bambino spaventato, nudo e arruffato, che si infilava tremante nel futon di una figura senza nome, in un'umile casa col tetto di paglia messo a dura prova da un temporale d'estate...

Padre. Madre. Tutto il mio universo.

Le braccia di Orochimaru erano diventate per me tutto questo.

Mi ero lentamente calmato tra di esse, abbandonandomi con un sospiro a quella sensazione senza nome, chiudendo gli occhi... rendendomi conto di quanto fosse magico quel momento, quando fosse unico nella mia intera vita. E in quella meravigliosa dolcezza mi ero addormentato, quando mai avrei pensato possibile riuscirci alla vigilia di una battaglia. Un sonno breve ma perfetto, profondamente ristoratore, che mi aveva fatto sentire come se mi fossi fermato in mezzo a un fiume di eventi.

Pace.

Ed ora... dolce, lieve, una carezza sul mio corpo scoperto.

Sto sognando?

Morbidi capelli sulle mie cosce. Una bocca calda a sfiorarmi.

Ero rabbrividito, non osando muovermi.

Il mio maestro... ha cambiato idea?!

E poi... una sensazione magnifica. Avevo socchiuso gli occhi, inarcandomi con un sospiro di piacere carico di emozione.

Oh, sì! Finalmente!

Era delizioso il modo in cui il mio corpo passava dal rilassamento del sonno all'eccitazione sessuale. La mia energia appena risvegliata si concentrava tutta in quel punto, lasciando languidi i muscoli in una perfetta sensazione lussuriosa. Le mie mani, istintivamente, erano scese ad accarezzare chi mi stava facendo quel bellissimo dono...

Mi ero irrigidito, avevo afferrato quella testa per i capelli, tirandola su con violenza.

"Ahi!..."

Tayuya mi fissava, offesa. E completamente nuda.

"Che fai?!" le avevo detto, a denti stretti.

"Non lo sai, che cosa sto facendo?" Un sorriso astuto, e si era leccata le labbra.

Avevo voltato la testa. "Dov'è..."

"... il padrone?" Tayuya avea alzato una spalla. "È stato lui a chiamarmi. Per te."

Avevo sentito il sangue salirmi al viso.

"Bugiarda."

"È la verità! Ha detto che sei troppo carico di energia sessuale, ha dovuto addirittura ipnotizzarti per tenere a bada le tue voglie e poter riposare in pace." Voce bassa, divertita. "Ma con me... potrai sfogare quelle voglie quanto ti pare."

Non avevo idea dell'espressione della mia faccia...

Ipnotizzato.

"Cos'è quell'aria inorridita?" aveva chiesto lei. "Non ti piaccio?"

"Vattene," le avevo detto, sgarbatamente, facendo per divincolarmi. "Non ti voglio!"

"Ma ti voglio io, dottorino." Una risatina sorda, ed era salita a cavalcioni su di me, trattenendomi con le sue cosce atletiche e guardandomi con aria avida. "Però! Non immaginavo che tu fossi tanto carino, sotto quegli occhiali e quei vestiti noiosi che porti. Il padrone si tratta bene..."

"Lasciami in pace!"

Si era piegata su di me, fino a farmi sentire i suoi capezzoli duri che mi sfioravano il petto.

"Ti faccio così schifo perché sono una donna?"

L'avevo guardata con odio.

Maledetta... mi hai portato via tutto il magico di questa notte!

E questo all'improvviso mi eccitava: il fatto di odiarla. Odiavo il suo sorriso saputo, il modo in cui si mordeva il labbro inferiore mentre mi faceva sentire il calore tra le sue gambe.

"Ahhh... senti senti!" Sghignazzava, strusciandosi su di me. "Non sei poi così indifferente. Oh sì, sei così diverso da Kimimaro. Non so cosa se ne facesse il padrone di lui: bello come un dio... eccitante come un pezzo di ghiaccio!" Una smorfia. "Tu invece... sei così calmo fuori, ma dentro sei di fuoco." Si era messa a mugolare, come una bambina petulante. "Lo dài, un po' del tuo fuoco alla povera Tayuya trascurata da tutti... che potrebbe morire tra qualche ora, in combattimento? Lascia che ci vada con un buon ricordo di cosa... sia... un maschio... decente!"

Ed era calata su di me, imprigionandomi nella morsa rovente della sua carne.

"Mmmh, niente male." Aveva cominciato a muoversi, lascivamente. "Avanti, dottorino... fai il bravo e non farti pregare!"

L'avevo afferrata per la vita, accompagnandola nel movimento. La danza dei suoi seni era regolare e quasi ipnotica, mentre ci accoppiavamo senza passione, come due animali.

"Sì..." Rovesciava la testa all'indietro, piantandomi le unghie nel petto. "Così, spingi anche tu!"

Il mio piacere fisico cresceva, intinto di veleno. Volevo fare del male a quella ragazza...

E il modo me l'aveva dato il mio istinto diagnostico.

"Cos'è, Tayuya, l'unico sistema che ti è rimasto... per sentirti una femmina?"

Una smorfia.

"Fottiti," aveva risposto, con voce rotta.

Avevo sorriso, a denti stretti. Era fin troppo facile..

"Ti manca tanto il tuo ciclo mensile, vero?" Con un colpo di reni mi ero rotolato sul letto, trascinandola sotto di me, e l'avevo trafitta con tanta forza da farla gemere. "Il Segno ti ha dato il potere... ma ha inaridito dentro di te quel che ti rende donna." Avevo messo una mano sul suo ventre. "Sei sterile... quindi ti dài a tutti gli uomini come una cagna in calore perché tanto non hai conseguenze. Di una donna non... ti è rimasta che la forma esteriore... e delle ghiandole malfunzionanti. Dì la verità... spesso ti senti strana, eh?... Ogni tanto ti chiedi... se ne valesse veramente la pena!"

Il suo dolore. Mi raggiungeva, e mi eccitava.

"Bastardo," mi aveva sibilato.

"Quanti erano, Tayuya?"

Si era irrigidita in uno spasmo tetanico. E io mi ero goduto quel momento, prima di continuare a darle ciò che aveva quasi preteso da me.

"Quanti anni avevi quando ti hanno stuprata?"

Un lamento... un ruggito. Sotto di me avevo sentito la sua pelle scottare. E segni scuri avevano cominciato a fiorire su quella pelle, linee spezzate che la percorrevano...

Il Segno Maledetto si sta attivando!

"Quanti erano?" avevo insistito, con un sorriso feroce. "Ti hanno fatto male, eh, Tayuya?"

"Figlio di puttana," aveva ansimato.

"Per questo hai voluto il Segno... sei andata da Orochimaru a implorarlo per il potere!"

Come farà Sasuke.

"Stai zitto!..."

"E ora ti sei ridotta a questo... per tutto il resto della tua vita!"

"Ti auguro lo stesso!" aveva quasi urlato lei.

"Che cosa, eh?... Che cosa?"

"Che ti prendano i tuoi nemici, e a turno..."

"Già successo, Tayuya." Affondavo in lei ritmicamente, mi sembrava di possedere un fantastico animale dalla pelle striata, non una donna. "Cosa credi che mi abbiano fatto qualche anno fa... in prigione, qui a Konoha?"

"Ohhh..."

Lei si era eccitata ancora di più, e aveva preso ad agitarsi sotto di me in modo selvaggio.

"Mi piace... pensare a un bastardo come te... mentre ti tengono fermo e ti fanno urlare..."

"Non ho urlato."

No, era vero. Non avevo urlato, anche perché mi avevano tappato la bocca; ma avevo tenuto tutto dentro, dicendomi che un giorno mi sarei vendicato, di loro e di tutti. Un giorno che per alcuni era già arrivato, e per altri... sarebbe arrivato tra poco...

Avevo sentito il sangue ribollire dentro di me.

"Ora so perché mi piaci tanto," aveva singhiozzato lei, sull'orlo dell'orgasmo. "È meraviglioso odiare così a fondo... vero... dottorino?"

"Sì," avevo ruggito, lasciandomi finalmente andare. "Sì!"

E la mia estasi era venuta con un grido di rabbia...

Grazie, Tayuya, per avermi ricordato perché sono qui!

Per un lungo istante eravamo rimasti a giacere uno sull'altra, ansimanti, sudati e tremanti, bizzarra parodia di una scena d'amore.

Poi mi ero faticosamente alzato sulle braccia, guardandola. I lunghi capelli rossi sparpagliati sul cuscino, il viso tondo e improvvisamente quasi infantile, di nuovo roseo e senza segni. Quel corpo agile e guizzante che ora sembrava quasi schiantato.

"Un giorno ti racconterò la mia storia," aveva mormorato, con voce appena percettibile. "E capirai."

Ci eravamo fissati negli occhi, i nostri inferni che si intravedevano dietro le iridi scure...

La zanzariera si era aperta di colpo, eravamo trasaliti entrambi.

Orochimaru!

Era lì, accanto a noi, che ci guardava con occhi da rettile, indifferente ai nostri corpi nudi allacciati. Avevo provato un improvviso, violento imbarazzo davanti a lui, e avevo resistito a stento al desiderio di cercare qualcosa per ricoprirci...

"Avete finito?"

Tono privo di emozione, quasi meccanico. Come se quel che era appena finito non fosse stato altro che...

... la messa a punto di due delle sue armi.

Tayuya aveva sorriso, allungandosi sulle lenzuola senza pudore.

"Sono pronta, signore."

"E tu, Kabuto?"

Non l'avevo guardato negli occhi, reprimendo il tremito delle mie labbra.

Perché sorprendermi? Tutto ha una logica. Non ha voluto sprecare la sua energia con me, si è limitato a tenermi buono durante la notte. Poi mi ha mandato Tayuya, per avermi nel giusto stato d'animo. Il mio sangue ora è pieno di secrezioni endocrine. Il mio cuore è lento e potente, i muscoli sono caldi. Mi sento umiliato e cattivo. La mia mente è lontana mille ri dai pensieri di pace e d'amore della notte.

"Sì, signore," avevo mormorato, sentendo il sudore che si raffreddava sulla mia pelle.

Sono pronto.

"E allora prepariamoci," aveva detto lui, con voce dura.

Il giorno era arrivato.

 

 

 

 

Con una lucidità cristallina nella mente, avevo scorto quel che cercavo. Una sentinella distratta, sul ramo di un albero secolare, un ninja occupato a seguire i suoi pensieri mentre i fuochi artificiali disegnavano nuvolette rumorose nel cielo, chiamando a raccolta il pubblico per l'ultima prova.

Ohhh... un Anbu.

Avevo sorriso.

La mia preda preferita.

Mi ero concentrato, calmando il mio respiro. E avevo combinato i sigilli davanti a me, secondo gli insegnamenti di Orochimaru.

Kinjutsu.

Una tecnica proibita, e avevo azzerato tutta l'energia che potesse uscire da me, ogni secrezione, ogni respiro, e persino il battito del cuore...

Tutta la mia energia nel circuito interno. Ho quaranta secondi prima di entrare in fibrillazione.

Erano più che sufficienti.

Balzi senza rumore, col chakra sotto i piedi per arrampicarmi su quell'albero come se avessi avuto dei ramponi. Un laccio con l'estremità appesantita, per circondare da dietro il collo di quella figura mascherata e stringere, in modo che non potesse urlare. L'uomo sorpreso si era portato istintivamente le mani alla gola, in un'ultima lotta che era finita prima ancora che se ne rendesse conto: un colpo chirurgico di bisturi nello spazio intravertebrale sotto il cervelletto... e tutti i muscoli erano crollati come le membra di una marionetta, con un tremito incontrollato.

"Coraggio," gli avevo sussurrato all'orecchio, con voce tranquillissima, mentre lo sostenevo con un braccio. "Non durerà molto."

La mia vittima era andata in paralisi respiratoria, perdendo i sensi. Avevo cominciato a contare i secondi che mancavano all'arresto cardiaco.

Quanto sa espandersi il tempo in certi frangenti...

Come gli interminabili momenti che avevo trascorso nella stanza degli interrogatori. E quelli passati a tremare, nudo e dolorante, sul pavimento della mia cella buia, senza sapere se fosse notte o giorno, senza speranza, senza nessun conforto.

Chi semina vento raccoglie tempesta.

E se Orochimaru era la tempesta, io ero il vortice anticipatore che avrebbe strappato la prima tegola del tetto.

"Sbrigati a morire," avevo mormorato alla mia vittima. "Ho un sacco di cose da fare."

Sotto la maschera avevo sentito un rantolo eccitante, mi ero morso le labbra e avevo portato le dita alla carotide. Per sentire le ultime pulsazioni frenetiche, disordinate... che si spegnevano in pochi secondi.

Come le contrazioni di un orgasmo.

Avevo lasciato scivolare dolcemente il cadavere sulla biforcazione del ramo, riprendendo fiato. Poi l'avevo spogliato, assicurandomi che il poco sangue che fuoriusciva dalla ferita non avesse sporcato i suoi abiti. Quindi avevo legato il corpo al legno del ramo, in modo che non cadesse e che fosse perfettamente invisibile dal basso.

Lo troveranno prima i corvi.

Mi ero svestito a mia volta, indossando gli abiti di quel ninja. Mentre mi allacciavo l'armatura sul petto pensavo a quanto mi si adattasse quell'uniforme di Anbu: avrei avuto tutto il diritto e le capacità per far parte di quella squadra, forse per essere il migliore. E nelle liste di Konoha io risultavo essere soltanto un genin medico...

Attraverso di me Orochimaru mostra il fallimento del sistema educativo della Foglia.

La maschera da animale fantastico era calata sul mio viso, celando anche i miei occhiali. I miei capelli erano ancora tinti di scuro: avevo guardato lo stile della chioma del mio avversario, e li avevo legati nello stesso modo. Infine mi ero gettato addosso il suo mantello, diventando lui; anche nell'odore, perché avevo notato con soddisfazione che la mia vittima aveva sudato abbastanza, e sapevo che alcuni jounin erano addestrati a riconoscere le persone anche per via olfattiva.

Come Kakashi.

Un brivido di eccitazione nel sangue, che aveva incrementato la mia concentrazione.

Non commetterò errori.

E con un balzo ero saltato giù da quel ramo.

 

 

 

 

Nessuno faceva domande agli Anbu, occupati tradizionalmente in missioni segrete per la sicurezza del villaggio. La gente di Konoha notava naturalmente la mia presenza, ma alla vista della mia maschera distoglieva semplicemente lo sguardo, condizionata a non vedermi.

Molto comodo.

Un contatto apparentemente casuale con un ninja col coprifronte del Suono, due segnali silenziosi, e i miei compagni mi avevano identificato dietro il mio travestimento. Sapevano già dove andare a disporsi, toccava a me mettermi nel punto prestabilito: sopra le tribune.

La giornata era splendida. Una buona parte della popolazione di Konoha, molti signori feudali e diversi ninja stranieri riempivano lo spazio intorno all'arena. In posizione dominante erano stati disposti due seggi uguali, e su di essi sedevano Sarutobi con la sua veste di Hokage, e Orochimaru travestito da Kazekage. Dietro a loro stavano in piedi le rispettive guardie d'onore. Sapevo che sotto i mantelli della Sabbia si celavano i quattro ninja col Segno Maledetto.

Tutto è pronto.

In mezzo all'arena si preparavano a combattere due improbabili avversari.

Neji Hyuuga contro Naruto Uzumaki.

Sul modo in cui Naruto si era conquistato quella finale circolavano storie grottesche. Era chiaro che tutti erano dalla parte di Neji, vero concentrato della migliore nobiltà della Foglia. Il giovane Hyuuga se ne stava al centro dell'arena nella sua consueta altezzosa impassibilità, i capelli perfettamente legati, i vestiti chiari e impeccabili, e gli occhi trasparenti fissi sul proprio clan che assisteva allo scontro, con Hiashi in prima fila seduto a braccia conserte.

Il vero duello è questo, il ramo cadetto degli Hyuuga contro quello principale. Neji ha già battuto Hinata nei preliminari di quest'esame, e ora vuole dimostrare a tutti che il più forte della famiglia è lui, a dispetto del sigillo di servitù che porta sulla fronte e che lo condanna ad essere un subordinato di Hiashi.

In tutto questo spettacolo grandioso, Naruto sembrava soltanto un patetico impiccio. Si era presentato vestito con l'uniforme di tutti i giorni, lisa sulle ginocchia e macchiata di unto sul petto. Non si era neanche pettinato, e la sua faccetta pallida e felina si levava incerta sugli spettatori. Nonostante tentasse di farsi coraggio era chiaro che aveva paura di Neji, lo si leggeva nella postura di quel corpiciattolo. Sentiva chiaramente la pressione psicologica di tutta quella gente intorno a lui che aspettava solo di vedere in che modo sarebbe stato battuto.

Povero Naruto...

Non aveva sostenitori. Non aveva familiari. Non aveva neanche il maestro: Kakashi non c'era, assente assieme a Sasuke. Aveva guardato verso Sarutobi, che gli aveva fatto un sorriso d'incoraggiamento di second'ordine. Aveva scorto Sakura, aveva tentato di sorriderle. Ma la sua compagna di squadra aveva risposto con un'aria di pena, e occhiate nervose verso l'ingresso degli esaminandi, in chiara angoscia per l'altro membro della squadra...

Esitando, una figura si era alzata tra gli spettatori.

Hinata?!

Era lì, a pochi metri da me, pallida e tremante, al fianco del compagno di squadra Kiba Inuzuka, e non assieme a tutto il suo clan.

Non vogliono una perdente così tra di loro? O non era previsto che fosse qui?

La ragazzina non aveva detto una parola, non aveva fatto altro che unire le mani davanti a sé in un gesto di immenso nervosismo. Ma Naruto l'aveva vista.

E qualcosa era cambiato in lui: aveva voltato di nuovo la testa a guardare Neji, con un'aria di sfida. Come se si fosse ricordato di avere un conto aperto con lui.

Il jounin preposto a essere l'arbitro del duello, Genma Shiranui, aveva segnalato ai due contendenti di mettersi in guardia.

Sotto la maschera avevo sorriso.

Ti prego, Naruto, fammi divertire. Non ho nessuna simpatia per Neji Hyuuga.

Ed era stato proprio Naruto a partire all'attacco!

La folla aveva mandato un'esclamazione collettiva, quasi scandalizzata.

Come osa quel nessuno attaccare per primo?

Lo faceva senza soggezione, in modo inelegante, ma con una ruvida efficacia istintiva basata su un assalto diretto, e una tecnica di moltiplicazione per confondere l'avversario. Mio malgrado ero rimasto impressionato: non era certo il coraggio che mancava a quel biondino... né la forza dell'irruenza!

Ma Neji non si era scomposto. Al contrario dell'avversario, era scolastico nella perfezione dei gesti: si muoveva come un danzatore, il volto raggelato in una maschera di altezzosa impassibilità. Parava senza sforzo tutti gli affondi di Naruto, trattenendo il contrattacco... che alla fine però era arrivato: una mano carica di chakra che aveva colpito il ragazzino nel petto, senza particolare violenza.

E tuttavia Naruto aveva urlato, arretrando. Un respiro strozzato, e i suoi occhi si erano spalancati... prima che cadesse in ginocchio, tossendo e sputando sangue.

Interessante... sembra una delle mie tecniche mediche!

Era la famosa arte Juuken, uno stile di combattimento adatto esclusivamente a coloro che avessero l'abilità genetica del Byakugan. Assomigliava al mio Enjintou, il bisturi di chakra, nella concentrazione dell'energia nelle mani per penetrare nel corpo di un nemico; ma io dovevo poi scegliermi i bersagli secondo le mie abilità di chirurgo... mentre Neji, grazie alla sua vista particolare, poteva penetrare nel corpo dell'avversario attraverso la rete dei tenketsu, i nodi dell'energia vitale della sua vittima.

E devastare quella rete dall'interno.

Naruto si stringeva le dita al petto, ansimando, rendendosi conto del danno. Era qualcosa più di una ferita.

"Ti ho bloccato in un colpo solo quasi un quarto della tua possibilità di utilizzare il tuo chakra," aveva detto infatti Neji, tetramente divertito. Si era voltato verso Genma. "Signore, se volete dichiarare concluso il combattimento..."

La risposta di Naruto era stata un epiteto furibondo, che era risuonato per tutta l'arena.

Non ha alcuna intenzione di arrendersi, il ragazzino!

Il duello era ripreso. Non l'avevo seguito, il suo esito era comunque scontato. Avevo chinato lo sguardo a vedere la schiena di Hinata, che era tornata a sedersi e teneva la testa bassa, come se non potesse vedere la fine miserevole del combattimento.

Anche lei possiede il Byakugan e quella tecnica Juuken. Potrebbe essere un ninja medico dalle capacità fantastiche, se le applicasse alla medicina. Credo che tra qualche anno diventerà una bellezza... ah, che peccato dopotutto che mio padre non sia riuscito a combinare le mie nozze con lei! Quando sarebbe cambiata la nostra vita? Avrei rinunciato a certe scelte, se avessi avuto una fidanzata del genere?

Le sue spalle tremavano. Tossiva anche lei. Kiba, al suo fianco, si era girato a guardarla, allarmato.

"Hinata... ehi, Hinata!"

La ragazzina si era portata le mani alla bocca. Il cane di Kiba aveva lanciato un acuto latrato.

"... sangue?!" aveva esclamato il ragazzo, dilatando le narici.

Un'altra violenta serie di colpi di tosse.

"Devi andare in ospedale, Hinata! Ora, subito!"

Kiba aveva sollevato la compagna per le spalle, mettendola in piedi; e si era voltato, alla ricerca di soccorso tra quella folla di facce tutte concentrate al combattimento nell'arena...

E aveva visto la mia maschera di Anbu china su di lui.

"Svelto," gli avevo mormorato, cogliendo con un solo sguardo la situazione. "Porta la tua amica lassù, dove possiamo appartarci da questa confusione. Non abbiamo tempo da perdere."

Mi aveva fissato, sconcertato. "Voi... siete un medico?"

In quel momento la ragazzina era svenuta.

"Hinata!"

Non era arrivata a terra: prima che crollasse l'avevo raccolta tra le braccia, sollevandola con facilità. La testa inerte era ciondolata all'indietro, e un filo di sangue era colato dalle narici.

Emorragia interna?

Senza perdere un istante l'avevo portata sullo spiazzo alla sommità delle tribune, stendendola a terra. Kiba, sconcertato, mi aveva seguito, e il suo cane mi si era avvicinato, annusando cautamente l'orlo del mio mantello.

Mi ero voltato brevemente a guardare quell'animale dall'aria intelligente. Ricordava il mio odore, l'aveva sentito nella Foresta della Morte: non l'avrei ingannato di sicuro. Non mi restava che affidarmi alla mia pretesa di essere un Anbu.

"Ragazzo," avevo detto, con voce tranquilla e minacciosa. "Il tuo cane mi sta identificando."

Kiba era trasalito. "Oh, scusate! Akamaru..." Un fischio lieve tra le labbra. "No."

Mi ero rilassato. Come tutti i clan dotati di abilità per l'inseguimento, gli Inuzuka dovevano garantire il segreto delle identità dei membri della Sicurezza; e i loro cani erano addestrati a dimenticare le loro tracce quando i loro padroni glielo ordinavano. Akamaru aveva immediatamente smesso di annusarmi, e si era seduto. Ma i suoi occhi canini si erano fissati su di me, con un'intensità allarmante.

Ero tornato a fissare la mia paziente. Hinata era in crisi respiratoria, il volto di un pallore cianotico, gli occhi chiusi e le labbra e le narici sporche di sangue.

"È stata ferita dal cugino nel combattimento preliminare," mi spiegava Kiba, angosciato. "Non avrebbe dovuto venire qui, ma ha insistito..."

Neji le ha fatto questo? Complimenti.

Avevo sfiorato quella gola, scendendo sul petto appena rilevato.

"Non è grave, per ora." Una lesione superficiale della trachea. Ma la mucosa si è aperta in una ferita e il sangue rischia di soffocarla. "Ci penso io a curarla."

"Potete farlo?" Vaga sorpresa.

Per tutta risposta avevo formato i sigilli per il potere di guarigione. Sorridendo sotto la maschera.

Ahhh... Orochimaru ha ragione su di me! Razionale, e tuttavia capace di gesti insensati come questo! Cosa diavolo sto facendo?

Ero fortunato ad avere un ragazzo inesperto come Kiba accanto. C'erano Anbu con addestramento medico, ma io stavo praticando una vera e propria chirurgia via chakra, qualcosa di ben altro livello! Se qualcuno avesse capito veramente cosa stavo facendo, sarei stato scoperto. Stavo rischiando tantissimo per salvare quella ragazzina...

Ma non posso fare altrimenti: era la mia fidanzata nei sogni di mio padre.

Una strana nostalgia mi aveva colto, mentre continuavo a curarla, sentendo con piacere il suo respiro farsi più regolare, vedendo la pelle perdere quel colorito livido per tornare del colore dell'avorio. E avevo provato un improvvisa, inaspettata parentesi di dolcezza nel mio cuore guerriero.

Vivi, bambina. Sii libera anche tu come mi sono liberato io... cerca la tua felicità nel modo che più ti aggrada, e lascia le ambizioni e la gloria a tuo cugino. Che sia lui a sacrificarsi per esse, quando tra poco tutto finirà... riprenditi, e fuggi, per diventare donna e ricreare altrove un altro clan dagli occhi magici. Magari al mio nuovo Paese del Suono.

Con due dita avevo sfiorato il suo volto da bimba, togliendole una ciocca di capelli dalla guancia.

Magari con me...

Un urlo della folla più forte degli altri.

"Che succede?!" aveva esclamato Kiba, alzandosi di scatto.

Non avevo avuto bisogno di guardare, l'avevo sentito. Come un passaggio di elettricità statica sulla pelle.

Cos'è questo chakra immenso?!

Anch'io mi ero alzato. Nell'arena, Naruto era raccolto con le mani davanti al petto. E intorno a lui... un'aura quasi fiammeggiante di energia, carica di violenza.

"Non è possibile!" gridavano le persone davanti a noi. "Neji aveva bloccato tutti i suoi tenketsu! Non può più generare chakra!..."

Mi ero sentito raggelare.

Quello infatti non è il suo chakra. È l'energia della Volpe a Nove Code!

Ma Orochimaru l'aveva sigillata! L'avevo verificato io stesso, nella Foresta della Morte. Come aveva fatto Naruto a superare la barriera del sigillo?

No, è impossibile! A meno che...

Mi ero voltato a guardare Sarutobi. Lui sicuramente era in possesso dell'arte di rimuovere i sigilli: era stato il maestro dei Sannin.

Ma il vecchio Hokage guardava la scena nell'arena con uno sconcerto che sembrava assolutamente autentico. Il mio maestro, seduto accanto a lui, stringeva gli occhi con un'espressione carica di preoccupazione.

Esclusi loro, chi altro ha potuto sciogliere il sigillo?

Naruto si era raddrizzato, trasfigurato. Il chakra era rientrato in lui, scongiurando l'apparizione del demone che tutti temevano. Neji lo fissava tra le vene turgide delle tempie, incredulo da ciò che vedeva. Era toccato a lui cercare disperatamente il coraggio dentro di sé, e apprestarsi al combattimento contro quel misterioso ragazzino malconcio, ma pieno di un'energia sovrumana.

"Tecnica del Kage Bunshin!"

In un istante l'arena si era riempita di copie di Naruto. Neji si era voltato in tutte le direzioni. Avevo guardato le ombre sotto quelle innumerevoli figure...

Non sono illusioni, sono tutte copie reali!

Era incredibile la quantità di chakra necessaria per ottenere quel risultato.

Neji aveva reagito usando al massimo le potenzialità del suo Byakugan. E poi era partito a sua volta all'attacco, in un turbine di movimenti nel mezzo di quell'orda di ragazzini biondi. La folla aveva gridato, i signori feudali erano scattati in piedi a quell'incredibile spettacolo di abilità: un polverone si era levato dall'arena, in quella battaglia furibonda...

E alla fine si era sentita la voce di Neji, altissima.

"Sei tu quello vero!..."

E il rumore di un colpo, seguito da un urlo e dal silenzio.

Tutti erano rimasti immobili, senza fiato.

La polvere si era diradata. In mezzo all'arena, solo Neji era rimasto in piedi, i suoi abiti sporchi, il respiro affannoso, i capelli scomposti.

Ai suoi piedi, il corpo inerte e sanguinante di un unico Naruto.

Fine del duello.

Mi dispiaceva. Un poco. Per un attimo ci avevo creduto...

Ma Neji ha saputo distinguere il Naruto originale, l'ha abbattuto e le copie sono scomparse.

Non si sentiva neanche una voce per tutta l'arena. Il pubblico tratteneva il fiato. Le parole di Neji si erano quindi udite con irreale chiarezza.

"È il tuo destino, Naruto! Sei nato fallito, e fallito morirai. Non c'è nulla che tu possa fare per cambiare il tuo destino. Nulla. Hai combattuto bene, ma nemmeno la tua forza segreta ti ha salvato da me. Ti devi rassegnare... come mi sono dovuto rassegnare io!"

Con una mano si era strappato il coprifronte della Foglia, e la gente aveva mormorato. Visibilissima sulla sua fronte, c'era la svastica del sigillo di servitù.

Neji si era voltato verso il seggio di Hiashi Hyuuga.

"Sono il subordinato della nobile Hinata!" aveva gridato, con rabbia. "Vivo per servirla e per proteggerla, e per proteggere l'onore del mio clan!... Il mio destino è seguire quello di mio padre, Hizashi... sono il ramo forte che è stato bruciato per far sbocciare il tremulo fiore!"

Un silenzio mortale aveva seguito quella sorta di sfida. Hiashi era rimasto impassibile, come una statua di sale. Hanabi aveva guardato il cugino con occhi tremanti.

Neji aveva sorriso, amaramente.

"Questo è stato il mio destino, deciso solo dal caso," aveva detto, chinandosi di nuovo sul ragazzino sanguinante ai suoi piedi. "Quello che ha fatto nascere mio padre qualche secondo dopo mio zio. E anche il tuo destino è stato deciso nello stesso modo, Naruto. Per caso. Il caso che ti ha messo... contro di me. Ed ora... è finita."

Aveva abbassato la testa.

E il corpo di Naruto... era svanito davanti a lui!

Un altro Naruto era schizzato fuori da un mucchio di terra sollevato in precedenza dallo scontro. Neji non aveva avuto neanche il tempo di realizzare che la figura a cui aveva parlato fino a quel momento era soltanto una copia... aveva incassato un pugno al volto, scagliato con una violenza accecante.

"Non è finita affatto, occhi da pesce lesso!..."

Si era schiantato al suolo, colto completamente alla sprovvista.

Tutta l'arena aveva tremato con una sorta di ansito collettivo. Avevo assaporato quasi sensualmente le emozioni della folla...

Naruto era barcollato, con le mani insanguinate che lasciavano cadere a terra grosse gocce scarlatte. La sua faccia era una maschera di fango, la sua uniforme era strappata. Sembrava sul punto di crollare, ma con un puro sforzo di volontà era riuscito a rimanere in piedi.

"Hai visto?... Ho creato... una copia di me completa di chakra... e ti ha ingannato. Lo sapevo che ci cascavi!..."

Neji aveva cercato di rialzarsi. Non ci era riuscito, il volto seminascosto dai capelli.

"Non... è possibile, non avevi... energia... lucidità..."

"Volevo vincere," aveva risposto Naruto, la sua vocetta chiarissima nel silenzio. "Io... volevo dimostrare a tutti... che il destino non esiste. Che io esisto!..."

Che io esisto.

Neji era ancora incredulo.

"Battuto... da un kage bunshin..."

"Sì. La tecnica in cui facevo schifo all'accademia." Un gran sorriso. "Vedi che non si può mai dire... che le cose non si possano cambiare?"

Di nuovo, Neji aveva tentato di rialzarsi. Ma su di lui si era chinato Genma, scuotendo la testa.

Avevo sorriso amaramente.

Genma non è intervenuto finora, benché Naruto abbia rischiato di morire per tutto l'incontro; perché dopotutto non interessa a nessuno la sua sorte. Ma Neji è un altro discorso... appartiene a una famiglia importante. Se prosegue nel combattimento rischia un'emorragia cerebrale.

E infatti il jounin si era raddrizzato.

"Il vincitore è... Naruto Uzumaki!"

Silenzio.

La faccetta incisa del ragazzino si era levata verso il pubblico, ancora raggelato.

Forza, Konoha. Ammetti la tua sconfitta. Ammetti di aver mal giudicato quel ragazzino... come hai mal giudicato anche me!

Poi Sakura si era alzata, e aveva battuto le mani, con un grido di trionfo.

"Bravo, Naruto!"

Intorno a lei, altri avevano cominciato ad applaudire. E trascinata dal loro esempio, la gente aveva preso ad battere le mani, finché tutta l'arena era risuonata di quel suono festoso.

"Non posso crederci," aveva mormorato Kiba, accanto a me, assolutamente incredulo. "Naruto ha... vinto?!" Un gran sorriso. "Beh, così forse i miei mi perdoneranno... non ho certo perso contro un fallito!"

"Porta la tua amica in ospedale," gli avevo detto, a voce bassa. "E raccontale cos'è successo."

L'incredibile.

Naruto si girava all'intorno, con un sorriso commosso; e poi finalmente si era reso conto che quell'applauso era per lui, e si era messo a gridare di gioia, non capivo con quale forza...

Hiashi Hyuuga si era alzato, e senza una parola se n'era andato. La famiglia era rimasta raggelata al suo posto.

Ormai l'applauso a Naruto era diventata una ritmica ovazione. Anche Sarutobi si era alzato per applaudire, e la stessa cosa aveva fatto il finto Kazekage al suo fianco, ma con una rigidità di movimento che mi rendeva evidente il suo turbamento.

Già, Orochimaru-sama. Questa vittoria di Naruto è stata qualcosa di assolutamente inaspettato. Ora abbiamo un fattore imprevisto nel nostro piano: un Jinchuuriki in più. E non sappiamo chi ha tolto il sigillo a quel ragazzo, né perché l'abbia fatto.

Ero rabbrividito.

Con quanti altri fattori imprevisti ci troveremo a dover fare i conti?

 

 

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