Kabuto Gaiden II - 新生活 (Shinseikatsu)

 

Capitolo 6: 扮装 (Funsou) (Travestimento)

 

di Hana-bi

 


 

Le grandi porte di Konoha si aprivano davanti a noi, come si erano aperte alla portantine di molti signori feudali che avrebbero assistito alla prova finale. Il nostro gruppo era notevolmente più dimesso e ridotto, ma quale fosse il nostro reale valore come ospiti lo testimoniava la persona che ci aveva accolto al nostro ingresso.

Il Terzo Hokage!

Avevo guardato verso Orochimaru, con un brivido di tensione. Ma il suo travestimento non aveva difetti. Le vesti del Kazekage delineavano esattamente la corporatura del precedente proprietario, il cappello conico e il velo lasciavano scoperti solo gli occhi truccati, ed erano occhi bruni su una pelle cotta dal sole, fessurata dal vento. Anche le mani erano alterate, grandi e robuste, scure e callose.

Il mio maestro è un perfezionista. Come me.

Ero avvolto nel mantello monacale tipico del villaggio della Sabbia, con un turbante sul capo e un velo sul volto. Solo i miei occhiali ne spuntavano fuori, ma avevo schiarito il colore della montatura e non si notavano più degli occhi, che stavolta avevo contornato di nero (dandomi una strana aria equivoca); e nere erano le sopracciglia, come i capelli che sfuggivano dalla stoffa del turbante. Era bastato quello perché Tayuya avesse avuto bisogno di una seconda occhiata per riconoscermi (e immediatamente dopo farmi una proposta erotica). Per somigliare ancora di più ai giovani di Sunagakure avevo scurito la mia pelle con un preparato vegetale, e sotto il velo portavo dei finti tatuaggi azzurri sulle guance. Avrei potuto alterare la mia figura molto di più, ma Orochimaru mi aveva dissuaso.

Sei parte del mio seguito, e le relazioni tra Sabbia e Foglia sono state tese per troppo tempo perché Sarutobi ordini di identificare con precisione tutti i ninja del Kazekage: potrebbe essere considerato un insulto. Si accontenteranno di accettare la mia dichiarazione. Tu limitati a sembrare qualcun altro, e ricorda: sei Yamainu, il capitano del Kazekage.

Sì, ero Yamainu: era meglio non pensare nemmeno a me stesso come Kabuto Yakushi. Ed ero lieto di vedere che Sarutobi era accompagnato da un solo jounin, Ebisu, un educatissimo ninja esperto in protocollo: per un attimo avevo temuto di incontrare Kakashi, sarebbe stata un'ordalia di cui avrei volentieri fatto a meno... se non al momento adatto.

Io e quell'uomo abbiamo un conto in sospeso.

Il vecchio Hokage ci aveva sorriso. "Benvenuto nel mio villaggio, Kazekage-sama!"

Era un momento storico, e il mio maestro aveva esitato il giusto, prima di replicare l'inchino. La sua voce era uscita con tono asciutto, una replica perfetta del baritono dell'originale.

"C'è stato un tempo in cui avrei creduto impossibile trovarmi qui... in pace."

"La nostra guerra è finita da tempo."

"Ma non dimenticata."

"Nulla va mai dimenticato, infatti." I vecchi occhi di Sarutobi avevano brillato. "Soprattutto gli errori."

"Giusto, Hokage-sama. Sono qui... a rimediare a quegli errori."

La frase era ambigua, ma Sarutobi aveva scelto di interpretarla come accordo completo, e il suo sorriso si era allargato.

"Venite," aveva detto cerimoniosamente. "Siate mio ospite, col vostro seguito..."

"Ah sì. Il mio seguito, come lo chiamate voi. Ci siamo attenuti ai limiti imposti dal vostro invito." Il mio maestro aveva estratto dalla manica un rotolo con le nostre credenziali, e l'aveva consegnato a Ebisu. "Il minimo possibile per un viaggio in sicurezza e... dignità."

"Vi prego di credere che tali limitazioni sono dovute esclusivamente a motivi organizzativi," aveva risposto Sarutobi, con tono soave. "Il nostro piccolo villaggio è impegnato nell'impresa di ospitare degnamente tutte queste autorità importanti..."

"Lo immagino. Dove ci alloggerete?"

"Al Palazzo del Fuoco, naturalmente. Sarete l'ospite d'onore durante la prova. Vedrete i vostri genin all'opera..."

"Non vedo l'ora."

Orochimaru era avanzato, affiancandosi all'Hokage e marciando con lui lungo il viale principale di Konoha, mentre noi lo seguivamo in ordine e silenzio, circondati dalle guardie personali dell'Hokage... e osservati da lontano da figure mascherate.

Anbu.

Senza voltare la testa, notavo il loro numero e il loro atteggiamento. Ci sorvegliavano, ma senza particolare tensione: eravamo troppo pochi per impensierirli, non eravamo altro che un gruppetto di figure esotiche. La gente per la strada ci lasciava libero il passo osservandoci con curiosità.

"La pace vi ha portato benessere," diceva Orochimaru, i suoi occhi che dardeggiavano da sotto il cappello da Kage.

"È vero," ammetteva Sarutobi. "Ma anche la pace pone le sue sfide. E sono a volte più insidiose di quelle in guerra."

"Bah! In pace o in guerra, il massimo del rischio per Konoha è non trionfare." La risata di Orochimaru era aspra. "Il territorio vi è amico e potete contare su clan di valore eccezionale. Non tutti i paesi del mondo possono vantare ninja come il Quarto Hokage, gli Hatake o gli Hyuuga... o anche voi stesso."

"Non nominate i Sannin?"

"Ho saputo che tutti e tre hanno abbandonato il vostro villaggio."

"È vero," aveva ammesso Sarutobi, con candore.

"Forse non hanno saputo adattarsi al vostro... ideale di pace?"

"Hanno voluto cercare la loro strada altrove." Sarutobi aveva sospirato. "Quando qualcuno raggiunge certi livelli di grandezza, appartiene al mondo intero, e non a un villaggio o a un altro. Spero che ovunque siano andati... ritrovino la loro serenità."

"Anche Orochimaru?"

"Soprattutto lui," era stata la risposta.

Il mio maestro si era fermato.

"Non lo volete morto? Avete mandato a tutti i villaggi il vostro decreto con cui lo dichiarate nukenin fuggitivo..."

"Non ho avuto scelta, Kazekage-sama. Lui stesso non me l'ha lasciata." La voce di Sarutobi era triste. "Ma forse, lontano da Konoha, quel seme del male che è dentro di lui inaridirà, ed egli tornerà ad essere quel grande ninja che ho avuto l'onore di addestrare."

Avevo guardato le spalle del mio maestro. Improvvisamente rigide.

Per un istante, avevo creduto che avrei visto un'evocazione magica, un rapido gesto, e la testa di Sarutobi sarebbe rotolata a terra...

No, maestro. Ora no. Moriremmo tutti!

E invece aveva ripreso a camminare, le mani affondate nelle maniche della veste.

"Perché mai lontano da qui una natura umana dovrebbe cambiare, Hokage-sama?" aveva chiesto, con tono lieve. "Sembra quasi che attribuiate una connotazione... negativa all'atmosfera di questo villaggio. Ma qui è tutto verde e fresco, l'acqua è abbondante, le case sono ornate di fiori... è forse questo che rende perverso un uomo? Allora, forse non sbagliamo noi di Sunagakure che coltiviamo ancora l'antica purezza, nella difficoltà della nostra vita quotidiana."

"Avete avuto anche voi i vostri criminali," aveva ribattuto Sarutobi, in tono ironico. "Uno in particolare... ha sulle mani il sangue del vostro predecessore."

"Ahhh... vi riferite a Sasori della Sabbia Rossa, naturalmente."

"Ampiamente odiato, vedo. Al solo sentire quel nome, il vostro capitano ha emesso un'aura... omicida."

Mi ero raggelato a quella prova di intuito.

Devo stare attento: Sarutobi non è un ninja comune!

"Non dovete stupirvene," aveva risposto il mio maestro. "Yamainu-san ha un conto aperto con quel reietto..."

E ho buone speranze di chiuderlo, visto che Sasori mi crede ancora al suo servizio. Non sa che grazie al mio maestro e alla mia abilità innata sono libero dal suo veleno. Prima o poi lo reincontrerò, perché vorrà darmi altri ordini... e l'ucciderò per quel che ho dovuto soffrire a causa sua.

"... e anch'io, naturalmente," continuava Orochimaru. "Non sono buono come voi e l'unica serenità che gli auguro è quella della tomba. A proposito, avete sentito che si sarebbe affiliato a una società di criminali... tra i quali ci sarebbe il vostro Itachi Uchiha?"

"Naturalmente," aveva mormorato Sarutobi, abbassando la voce. "Abbiamo un buon servizio di informazioni anche noi."

"Akatsuki."

Il mio maestro aveva appena sussurrato quella parola, ma l'Hokage l'aveva colta ed era impallidito.

"Dobbiamo parlare in privato di quest'argomento, Kazekage-sama."

"Potremmo avere un obiettivo in comune, dopotutto."

"È un'idea interessante. Ne parleremo dopo la prova."

Avevo sorriso, sotto il velo.

Sì... se ci fosse un dopo la prova.

 

 

 

"Credevo che il Kazekage avrebbe chiesto innanzitutto di vedere i suoi figli."

Sedevo di fronte a Baki, sulla terrazza del palazzo del Fuoco, in un punto aperto e lontano dal giardino pensile che verdeggiava invitante. Ma avevo concluso che fosse più sicuro il pavimento spoglio, scaldato dal sole tramontante.

"Anch'io, ma mi ha detto che non desidera interferire con la loro concentrazione prima della prova," avevo risposto, muovendo appena le dita in grembo.

Ci stanno spiando?

"Mi sono assicurato che nessuno possa ascoltarci," aveva risposto Baki, mostrando di aver captato perfettamente il segnale. "Basta non permettere a nessuno di leggerci le labbra."

Era difficilissimo farlo con le sue: le muoveva appena, sotto il lembo del turbante che divideva a metà il suo volto per coprire l'orbita vuota. Ed io avevo represso la voglia di togliere a mia volta il velo, benché nell'aria umida mi soffocasse.

"Chi sei?" aveva chiesto Baki. "Non mi ricordo di te, Yamainu."

"Non sono un ninja della Sabbia."

L'avevo visto irrigidirsi.

"Sono il contatto del Suono."

L'occhio mi aveva fissato, sospettoso.

"E come mai sei nel seguito del Kazekage addirittura come capitano?"

"La mia presenza nel piano è necessaria, ma avevo bisogno di una protezione eminente per poter rientrare a Konoha."

"Rientrare?"

"Ero la spia di Orochimaru in questo paese."

Baki aveva dilatato appena il suo occhio scoperto.

"Abbassa il velo, solo per un istante."

Avevo obbedito.

"Sì," aveva mormorato. "Ho capito chi sei. Ti ho visto all'esame di chuunin, e ho saputo cos'è successo dopo. Ne hai di fegato, ragazzo..."

"Anche voi, Baki-san. Siete da settimane nel cuore di un paese nemico, e sapete che forse non tornerete mai a casa."

Un sorriso duro. "Non sono ancora abbastanza vecchio e abbastanza ferito da desiderare una vita senza rischi."

Avevo osservato quell'uomo imponente. A Sunagakure le spie che avevo mandato in giro avevano captato un pettegolezzo sussurrato su di lui... che fosse il vero padre di Kankurou, e il Kazekage lo sapesse.

Avevo rimesso a posto il velo, nascondendo il mio sorriso amaro.

Quindi tutto il sacrificio del mio defunto amante è consistito nel buttare allo sbaraglio un figlio spurio col suo genitore fedifrago, una inutile femmina e un indemoniato.

Quanta ragione aveva avuto Orochimaru, quando mi aveva detto che il Kazekage era un uomo cinico e pragmatico!

"Come sta l'Arma Finale?"

Baki era tornato serio. "Ancora sotto controllo. Ma a stento."

"Che vuol dire?"

"È andato in ospedale per finire di uccidere quel genin della Foglia che aveva ferito durante l'esame..."

"Lee?" Ero trasalito. "Spero che non sia riuscito nel suo intento!"

"Non temere, il maestro del ragazzo e alcuni genin sono riusciti a impedirgli di rovinare tutto con uno stupido assassinio."

Avevo respirato di sollievo. Lee era salvo...

"Sarebbe stato un disastro," avevo mormorato.

"Già, una cosa è uccidere in combattimento e un'altra un'eliminazione del tutto inutile. Konoha non ce l'avrebbe perdonato." Una pausa. "Ma credo comunque che il ragazzo abbia ucciso, perché mostra il comportamento tipico dell'appagamento. Non ha voluto dirmi chi ha tolto di mezzo e non mi resta che sperare che... l'abbia fatto senza farsi notare."

Ero rabbrividito, nonostante il calore. Quel Gaara era veramente un mostro.

"Sa cosa dovrà fare domani, vero?"

"Sì. Addormentarsi al momento del suo duello con Sasuke Uchiha. E lasciare che Una Coda si impossessi di lui."

"Avrete il compito di controllare la tempistica di quest'evento."

"E tu cosa farai?"

"Creerò una diversione tra il pubblico, attirando l'attenzione dei guerrieri di Konoha e dando così il segnale per l'inizio dell'operazione. Fuori dalle mura, il mio signore evocherà le sue creature magiche e guiderà le nostre truppe speciali unite in un attacco, mentre il Kazekage..."

Il pollice di Baki si era teso orizzontalmente.

"... avrà la soddisfazione di vedere i propri figli trionfare davanti a tutta Konoha," avevo concluso, senza cambiare il tono di voce.

Dove? avevo segnalato con le dita, seminascoste dal mantello.

Non avevo percepito nulla... ma Baki aveva spostato lo sguardo, indicandomi in quel modo un uccello, un merlo che zampettava sulle lastre di pietra della terrazza. I suoi movimenti erano assolutamente naturali, mentre saltellava verso di noi. Non sembrava un'illusione, proiettava anche la sua ombra...

E il sole aveva rivelato il trucco.

Il merlo teneva nel becco un filo assolutamente trasparente, che però aveva scintillato per un istante.

Un filo-spia!

L'uccello era stato addestrato per avvicinare quel filo al soggetto da spiare, in modo che il ninja all'altro capo del filo potesse ascoltare la conversazione. Era un sistema raffinato di spionaggio, peculiare di una certa famiglia di Konoha... mi ero concentrato per ripassare le informazioni nella mia memoria.

Hayate Gekkou.

Avevo sentito un brivido nella schiena.

Cos'avrà sentito? avevo chiesto nel codice dei gesti, intanto che dicevo con voce tranquilla: "Kankurou e Temari stanno bene?"

"Oh, anche troppo. Hanno scoperto le terme di Konoha e ci vanno tutti i giorni." Non possiamo rischiare. Dobbiamo eliminare chi ascolta.

"Questo non è bene, finiranno per rammollirsi e rimpiangerle quando saremo tutti a casa." Conosco chi possiede questa tecnica. È un jounin, molto forte anche se afflitto da una malattia polmonare. Esperto spadaccino.

"Noi della Sabbia abbiamo altre fortune," ridacchiava Baki. Una spada non è nulla contro il Vento, e sono un jounin anch'io. Lo ucciderò in segreto prima che si renda conto che l'abbiamo scoperto.

"Per esempio una cucina più raffinata," annuivo. Mi andava benissimo che Baki si facesse carico di quell'assassinio, l'impresa non era facile e non avevo tempo per pensare a come fermare Hayate. "Avranno sentito la mancanza delle nostre spezie, e il té che mi hanno offerto qua non è lontanamente paragonabile al nostro."

"È vero, e lo rimpiango anch'io. Ma ormai il nostro ritorno è imminente: già domani sera, se gli dèi del vento ci aiutano, saremo sulla strada di casa." Baki si era rialzato, plasticamente, e io avevo fatto altrettanto. "Dì al Kazekage che non deve preoccuparsi di nulla a proposito dei suoi ragazzi."

"Si aspetta da voi una relazione completa," avevo detto, con un lieve inchino di saluto.

"A dopo dunque, Yamainu-san."

"A dopo, Baki-san."

In un istante, era semplicemente scomparso davanti ai miei occhi.

 

 

 

"Rilassati, Kabuto. Sarutobi non osa spiarci nei nostri appartamenti."

La sagoma di Orochimaru si intravedeva dietro la fitta zanzariera che circondava il suo letto. Ed era la sua, senza ombra di dubbio: riconoscevo la figura snella e forte che si svestiva, con movimenti languidi.

"Sa che potremmo scoprire qualsiasi dispositivo per lo spionaggio," ridacchiava. "E da questo potrebbe derivare un incidente diplomatico, l'ultima cosa che quel maniaco della pace e dell'armonia vuole. Preferirà il rischio che questo piccolo gruppo complotti contro di lui, sapendo quanto sarebbe difficile... o che sparli alle sue spalle."

"Se lo dite voi, signore..."

Avevo emesso un sospiro di stanchezza, che si era udito chiaramente nel silenzio.

"So che è faticoso per te, Kabuto-kun." Orochimaru si scioglieva i capelli, tuffandoci le dita dentro e dipanandoli. "Ti sei dovuto accollare anche i compiti che in origine avevo destinato a Kimimaro."

Ma il malinconico erede dei Kaguya non era più con noi: aveva avuto una crisi quasi fatale sul confine, e avevo dovuto usare tutta la mia arte medica per salvarlo dall'emorragia interna, suturandogli stomaco e milza trafitti da un prolungamento indesiderato dello sterno. Mentre l'operavo d'urgenza avevo trovato cicatrici in tutti i suoi organi, e addirittura una doppia colonna vertebrale in formazione; con quel ritmo di produzione ossea, avevo previsto per lui una settimana di vita al massimo.

Che peccato, un così bel ragazzo.

Orochimaru non l'aveva lasciato morire: l'aveva sottoposto a un rito che l'aveva sprofondato in uno stato di animazione sospesa, e l'aveva spedito a Otogakure riservandosi di esaminare il suo caso con comodo. Dopodiché aveva dato il comando a me, e i ninja speciali non avevano obiettato. Sembrava che avessi conquistato il loro rispetto quando, sotto l'influsso di Sasori, ero arrivato a un filo dal batterli nonostante le mie facoltà puramente umane.

"Non vi preoccupate," avevo detto. "Potrò comunque svolgere la mia parte del piano."

"In questo sei insostituibile." Si era infilato un kimono da notte, avevo sentito il fruscio della cintura di seta che veniva annodata. "Dovrai attivare una rete intera di genjutsu per tutta l'arena. Hai sistemato ogni cosa con i nostri ninja?"

"Sì, signore. Ho anche fatto recapitare il vostro messaggio ai genin del Suono." Avevo esitato. "Il corriere mi ha riferito di averne trovati solo due. Mancava Dosu Kinuta."

"Il più irrequieto dei tre... e l'unico qualificato alla finale." Una risatina. "Se lo conosco bene, sarà in giro per i tetti di Konoha, alla ricerca nervosa di qualcosa da uccidere."

"È difficile dormire in una notte come questa," avevo annuito, a voce bassa.

E non solo per Dosu.

"Hai ragione, Kabuto-kun." Orochimaru si era adagiato sul suo giaciglio. "Nemmeno io ho sonno. Sono... così eccitato!"

Quella voce. Un bambino goloso.

"Domani è il giorno di tutti i giorni, il momento che ho tanto sognato." Un sospiro sensuale. "Ahhh... vedere Konoha nel caos, la faccia del mio maestro mentre il suo sogno crolla davanti ai suoi occhi! Oh, non lo ucciderò a tradimento. Dovrà sapere chi gli toglie la vita e l'immortalità. Lui, e il suo... buonismo!" Una pausa velenosa. "Quel suo guardarmi sempre con sospetto, affascinato dalle mie abilità, spaventato dalla mia diversità. Perennemente fissato a voler fare di me un uomo. Come tutti gli altri. Qualcosa di indistinguibile da tutti gli altri ninja della Foglia, anche quando mi ero guadagnato l'abito di chuunin mentre i miei coetanei giocavano ancora a rimpiattino. Anche quando tutti mi indicavano a dito per la strada, divisi nel definirmi la creatura più affascinante mai apparsa a Konoha... e l'essere più ambiguo e inquietante."

Una risatina. Improvvisamente acuta, quasi femminile, che mi aveva fatto trasalire.

"Sarutobi e la sua squadra dei Sannin!... Jiraya, il forte. Tsunade, la bella. E io... l'incognita. Insieme eravamo totalmente imbattibili." Un sospiro. "Ma l'armonia si è rotta molto presto, con l'adolescenza e i suoi desideri, le sue invidie e gelosie. La nostra triade era una palestra di sopraffazione. Jiraya era violento e frustrato. Tsunade voleva dominare tutti col proprio potere, compreso quello del sesso." La voce si era abbassata, fino a un tono roco. "E mentre tentava di sedurmi, io mi divertivo a rubarle tutti i ragazzi a cui puntava..."

Un brivido sulla mia pelle. Come se ci fosse passato sopra del velluto.

Ragazzi?!

"Tutto si è concluso con una lite nella quale Sarutobi non ha fatto altro che prendere le parti dei più deboli. E lì è finita la triade dei Sannin: solo la guerra ci ha costretto a tornare insieme. Ma nel vedere la freddezza con cui il mio ex maestro mi trattava... comprendevo che per lui ormai non ero più un allievo: ero un nemico. Mi osteggiava, anche quando era evidente che ormai ero ad un livello più alto del suo, specialmente nell'arte dell'evocazione. Non perdeva occasione per rimproverarmi la mia egoistica crudeltà, umiliandomi e dicendo poi che lo faceva per il mio bene, perché il mio orgoglio non mi accecasse. E infine... la designazione del Quarto Hokage. L'ultimo insulto."

Silenzio.

"Oh, ne ho di amarezze da fargli pagare," aveva sibilato alla fine. "Una vita di amarezze. Lui ha distrutto le mie patetiche illusioni di affetto e devozione. Lui ha fatto di me un nukenin. E io allora farò del suo sogno un cumulo di macerie. In un'ondata di sangue, cancellerò tutto quel che lui ha scritto nella storia di Konoha. Dovrà vedere il suo grasso villaggio bruciare, le strade lastricate dei suoi ninja uccisi, i signori feudali in fuga, il prestigio annientato. E dovrà sapere che tutto questo sarà soltanto per colpa sua. Solo allora lo lascerò morire, e per mano di qualcuno... che non si aspetta."

Avevo sentito un brivido nella schiena. Avevo visto il mio maestro maneggiare i più proibiti dei rotoli, quelli delle evocazioni dei morti.

Per ogni evocazione dalla dimensione magica, Orochimaru paga il prezzo col sangue. Domani almeno dieci ninja della Sabbia moriranno, vittime inconsapevoli per richiamare il mitico Serpente a Tre Teste: saranno uccisi dai nostri nel momento in cui cominceranno l'evocazione, convinti di compiere un semplice ninjutsu. Quali altre vittime il mio maestro si prepara a immolare?

Avevo all'improvviso ricordato gli ordini mandati ai genin del Suono...

Loro?!

"Ahhh... sento il tuo cuore battere più forte, Kabuto-kun. Ora finalmente hai compreso perché ti avevo ordinato di non toccare la mia triade che ti aveva attaccato, eh?..."

Era il suo piano fin dall'inizio! Ha ingannato anche i suoi stessi sottoposti, affinché si trovino al punto giusto e al momento giusto. Mentre si impegnavano per mostrarsi degni della sua stima, quei ragazzi erano già morti...

"E domani, se vuoi, sarai proprio tu a mandarli nel Grande Vuoto, completando il rito: un sigillo magico da apporre al momento del loro trapasso, e avrai la vendetta che desideravi. Non sono... generoso?"

Mi consolava l'idea di stare dalla parte giusta di quel coltello spietato.

"Molto generoso, signore."

La voce di Orochimaru si era abbassata. "Anche per i miei genin quindi questa è l'ultima notte di vita. E non lo sanno, come non lo sanno tutti coloro che domani moriranno, e che dormono pacifici e inconsapevoli nei loro letti. Non è eccitante il pensiero che solo noi sappiamo la verità? Che quest'istante di pace e silenzio, in questo villaggio idilliaco, in questa notte trapuntata di stelle, è soltanto una pausa magica, una bolla d'aria in un torrente?"

Avevo taciuto, fissando il vuoto. Era vero, c'era qualcosa di misterioso nella consapevolezza che tutto quel che mi circondava in quel momento non era altro che una breve tregua prima di una tempesta.

"Per questo sento l'energia fluire in me," mormorava Orochimaru. "Sento intrecciarsi i karma di diecimila vite in un nodo che solo io vedo. Non voglio riposare."

"Ma dovete farlo, signore," avevo detto, con tono ragionevole. "Non è impresa da poco quella che vi aspetta domani."

"Sì, è vero." Un sospiro. "Ucciderò Sarutobi, ma sarà un degno avversario e dovrò usare tutte le mie risorse. Non mi basta farlo morire, dovrò dimostrargli che sarei stato un Hokage migliore di lui." Una pausa. "Quindi riposerò. E anche tu devi farlo, Kabuto."

"Lo so, signore." Avevo fatto per rialzarmi. "Col vostro permesso, mi ritiro..."

"Non hai il mio permesso."

Mi ero raggelato.

"Credi che non sappia cosa faresti, una volta nella tua stanza?"

Mi ero mantenuto impassibile, e mi ero maledetto perché sapevo che in quel modo mi tradivo...

"So cosa implora il tuo cuore. Vuoi camminare ancora una volta per le strade di Konoha, sentirne i profumi, i suoni. Passare lungo il selciato davanti all'ospedale, dove si è svolta una parte così importante della tua vita." La voce di Orochimaru era dolce, evocativa. "Vuoi raggiungere la tua vecchia casa, là dove sai che per tradizione sono state interrate le ceneri dell'uomo che chiamavi padre... vuoi inginocchiarti davanti alla sua tomba, nel giardino." Una lunga pausa. "E piangere in silenzio per non essere stato presente al suo funerale, sforzandoti di pregare, tu che non credi più a nessuna divinità e a nessuna giustizia che non sia quella delle tue stesse mani..."

Avevo chinato la testa, stringendo i pugni sulle ginocchia.

Sì, è vero...

"Stupido." La voce ora era crudelmente sarcastica. "Non troveresti altro che un cancello sigillato, e un cartello dell'Hokage che annuncia a tutti che Kabuto Yakushi ha perduto tutti i suoi diritti, in quanto colpevole di assassinio, atrocità e alto tradimento. La tua casa è disabitata e destinata alla rovina. E dentro non troveresti la tomba di tuo padre: scopriresti che l'hanno sepolto al cimitero degli altri ninja, perché la casa di un traditore è terra sconsacrata. Quando i tuoi zii adottivi avranno finito di litigare sulla spartizione di quel che si potrà portar via, il rimanente sarà bruciato e disperso, secondo l'usanza. E un'altra famiglia verrà ad abitare in quel luogo, cancellando quel che resta del tuo ricordo. Davanti a quella casa sbarrata, scopriresti soltanto di essere morto!"

Mi ero portato una mano sul petto, soffocato dal dolore.

"Signore, perché... mi fate questo..."

Perché mi torturate così?!

"Ti conosco, Kabuto-kun." Quella voce era seria, ora. "Sei una creatura eminentemente razionale, ma capace di impulsi passionali... e il fatto di avere una memoria amputata ti rende vulnerabile alla nostalgia. Se restassi da solo nella tua stanza, sprecheresti le tue energie a chiederti se dopotutto non valga la pena fare ciò che hai in mente. Cercando di nascondermelo, e nasconderlo anche ai uomini di Konoha che sicuramente ci stanno tenendo d'occhio, anche se non arrivano a spiarci qui. Ma commetteresti qualche errore, e saresti seguito da occhi attenti. Vederti gironzolare attorno alla casa degli Yakushi farebbe sorgere qualche sospetto... tutti si ricordano ancora di te. E che ci farebbe dunque un nukenin di Konoha nel seguito del Kazekage? Un traditore noto per essere al soldo di Orochimaru?" Una pausa allusiva. "Tutto il nostro piano potrebbe crollare come un castello di carte, solo per l'impulsività di un momento. No, Kabuto-kun, non intendo permettertelo."

Avevo emesso un profondo sospiro.

"Cosa volete che faccia, allora?" avevo mormorato, alla fine. "Devo restare qua tutta la notte?"

"Sì. Così non cederai alla tentazione."

Avevo visto la sagoma di Orochimaru che si stendeva. E mi ero rassegnato.

Mi ero alzato a spegnere la luce, lasciando solo la piccola lucerna nel tokonoma, non fidandomi della completa oscurità. Poi mi ero seduto in un angolo della stanza, appoggiandomi alla parete, e mi ero coperto col mio mantello, perché l'aria era fresca.

Il silenzio era profondo. Ascoltavo il respiro del mio maestro. Era regolare e lieve. La mia attenzione aveva cominciato a vagare per la stanza, facendomi provare una strana sensazione di estraniamento. Dalla finestra vedevo il riflesso della luce lunare, e se mi concentravo potevo udire il fruscio delle foglie, l'onnipresente canzone di Konoha. Chiudevo gli occhi, sbarrando la via ai miei pensieri ribelli che volevano lo stesso fuggire da quella stanza, per correre in strada, alla ricerca dell'unico passato che avessi...

Orochimaru ha ragione. Non c'è nulla per me a Konoha, se non la morte.

Eppure ero pieno di risentimento, e malinconia. Avevo così tanta voglia di risentire sotto i piedi il selciato che mi era familiare. C'era una fontanella davanti all'ospedale e risentivo sulle labbra il sapore di quell'acqua fresca. Anelavo al profumo di legno, sapone ed essenze della mia stanza, a casa mia. Volevo cercare la tomba di mio padre...

È troppo fresca la mia ferita.

C'era una composizione calligrafica, nella sua stanza. Trascriveva una preghiera al Buddha della Medicina, oh Tu che abolisci la sofferenza. Sì, io ero un medico, e abolivo la sofferenza. Ma chi aboliva la mia? Chi poteva cancellare il mio senso di colpa?

In quella notte densa di tensione sentivo gli spettri di tutti coloro che avevo ucciso. E quelli che avrei ucciso l'indomani. Le gioie che avevo regalato intorno a me erano state tutte fittizie: l'amicizia, l'affetto filiale, l'amore... ma i dolori che avevo provocato erano stati molto più concreti: avevo violato corpi e promesse, avevo tradito e spiato, avevo portato alla rovina chi amavo. Ero solo uno strumento di distruzione, travestito da salvatore.

Forse sono così pronto a rischiare la vita perché dentro di me, in segreto... non voglio più esistere?

"Kabuto."

La voce di Orochimaru mi aveva fatto trasalire.

"Sì, signore?"

"Togliti i vestiti e vieni a letto con me."

Ero rimasto paralizzato, lì contro la parete, sentendo solo il battito del mio cuore nelle orecchie.

Togliti i vestiti e vieni a letto con me.

Non ci credevo. Non poteva essere vero...

"Muoviti," aveva sbuffato lui. "Credo che abbiamo bisogno uno dell'altro, stasera. Io sono troppo agitato e tu pure, i tuoi pensieri mi assordano. La vigilia di una battaglia è sempre il momento più difficile e la notte è lunga. Non mi va di lasciarti lì a intirizzirti, ma nemmeno posso perdere tempo a preoccuparmi per te. La soluzione migliore è questa... che tu venga qui a farmi compagnia. A letto."

Avevo la gola secca.

"Ma io... io..."

"Kabuto, forse non hai capito. Ti ho dato un ordine!"

Avevo obbedito, lentamente. Ma la mia riluttanza era solo quella di chi vede realizzarsi un sogno, e ha paura di svegliarsi.

Sta succedendo... sta succedendo veramente!

Mi ero tolto tutto quel che avevo addosso, e mi ero infilato sotto la zanzariera, vedendo il mio maestro adagiato sul letto, scostato da una parte per lasciarmi lo spazio per stendermi. I suoi occhi avevano catturato scintille di luce, e me li ero sentiti addosso.

"Bene. Niente aghi narcotizzanti, o qualcuno dei tuoi infidi trucchi."

"Per questo mi avete fatto spogliare?"

Un sorriso astuto. "Non sono il Kazekage, anche se lo impersono."

Ero arrossito. "Credevo che voi..."

"Ssst." Si era portato un dito sulle labbra. "Sdraiati qua e non aver paura."

Quelle parole quasi mi canzonavano.

E tu, Kabuto? Tu... hai paura di quel che vuoi?...

Avevo fatto come voleva, ma ero rimasto rigido, sulla mia parte dell'ampio letto.

Sì, ho paura, avevo ammesso a me stesso. La più grande paura della mia vita.

Orochimaru aveva gettato su entrambi la trapunta leggera. Era calda e profumava d'incenso, l'odore della sua pelle.

"Domani sì... ci sarà di che aver paura." L'avevo sentito muoversi, il fruscio della seta. "Ma per ora domani è soltanto una parola: quel che esiste veramente è solo l'adesso. Ora, qui, e nient'altro." La sua voce si era abbassata in un sussurro magico. "Nessun passato e nessun futuro. Nessun dolore e nessun rimpianto. Qui possiamo creare quell'istante di pace assoluta... che non ha bisogno di parole."

E avevo sentito il suo corpo avvinghiarsi morbidamente al mio: quella sua carne liscia e marmorea che prometteva una forza nascosta e misteriosa... e nello stesso tempo l'eco di una fragilità intrinseca.

"Ahhh," aveva sospirato, al mio orecchio. "Così va meglio."

Sembrava abbeverarsi al calore della mia pelle, come un serpente su una pietra esposta al sole.

Che meraviglia...

Quel contatto tra noi era così squisitamente intimo che mi ero eccitato; e naturalmente non avevo potuto nasconderglielo.

"Perdonatemi," avevo detto, con voce tremante.

"Sei un essere umano," aveva risposto lui, benevolo.

Qualcosa di terribile si sentiva dietro quelle calme parole... rimpianto, una cruda decisione, orgoglio, solitudine immensa.

Vuol dire che lui invece... non si considera più un essere umano come tutti gli altri?

"Non fare domande," aveva sospirato, rilassandosi contro di me. "Non esistono risposte." Le sue labbra, fredde, sulla mia fronte. "Fai tacere la tua mente... stanotte non ti serve."

Avevo esitato... e poi mi ero arreso, ad occhi chiusi.

Sì, è vero: la mente non mi serve. Non può contenere la mia disperazione e la mia felicità, la mia angoscia e la mia gioia, tutta l'emozione che sento dentro e che non ha nulla di razionale, questa sensazione di mirabile completezza che dà un senso alla mia intera vita...

I miei pensieri si erano fermati. Tutti.

Kensho.

Il tempo si era arrestato, in un momento di purissima pace che si era dilatato in un vuoto luminoso.

"Orochimaru-sama," avevo sussurrato, con la testa sulla sua spalla.

"Sì?"

Vi amo.

"No... niente."

Amore era una parola così inadeguata per descrivere quello che provavo.

 

 

 

 

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