Kabuto Gaiden II - 新生活 (Shinseikatsu)
Capitolo 5: 取捨 (Shusha) (La scelta)
di Hana-bi
Non era un'oasi dove il Kazekage mi aveva portato, ma un rifugio attorno a uno dei pozzi. Più che sufficiente comunque per avere un riparo dai rigori del clima, ora che non potevo più tornare tra le mura di Sunagakure, un ninja scacciato senza più coprifronte di un villaggio qualsiasi. E quando quell'uomo velato era tornato da me - sapevo che sarebbe tornato - mi aveva trovato già in piedi, tutto il cibo che mi aveva lasciato convertito in chakra e usato per curare il mio corpo, assieme a dosi massicce di farmaci che avevo prelevato dalla mia scorta. L'avevo guardato con un pallido sorriso, vedendo il suo stupore a trovarmi quasi guarito in così poco tempo. Mi avrà portato altra roba da mangiare? La volevo. Volevo tornare ad essere forte. Era rimasto a guardarmi con piacere, mentre mangiavo in silenzio come un animale affamato, mostrando di gradire quel cibo ricco e speziato. E intanto mi raccontava la vita meravigliosa che avrei fatto una volta che fossi passato sotto la sua protezione, a Sunagakure. "Però per il momento non posso accoglierti presso di me," mi diceva. "Non ancora. Le regole del nostro mondo me l'impediscono: tu appartieni ancora a Orochimaru, anche se ti ha abbandonato a morire nel deserto, e i nostri accordi prevedevano chiaramente che nessuno di noi avrebbe interferito con i ninja dell'altro." Lo guardavo, di sottecchi. Quel tratto prudente e ragionatore in lui confermava l'opinione del mio maestro. Si lascia volentieri ubriacare dalle sue passioni, ma non è il signore di Sunagakure per niente... "Ammetto di aver pensato che fossi venuto da me mandato da lui." Mi ero immobilizzato, come un animale spaventato. "Vedi, ragazzo mio, io sono un uomo esperto: inutile che te lo neghi. E dopo tante avventure, so capire molte cose di chi viene a letto con me. Sapevo che il sesso non ti era sconosciuto... immagino cos'hai fatto con le mie ragazze, dopo la danza. E dal modo in cui Orochimaru ti trattava, avevo già capito il genere di legame che avevi con lui..." Mi ero sentito arrossire sotto quello sguardo paterno. Magari! "Ma so che non hai mentito, quando mi hai detto che era la tua prima volta." Avevo chinato lo sguardo. "In un certo senso lo è stata. Me l'ha detto la tua pelle, il tuo sapore, il tuo dolore. Quello che hai fatto con me... non l'avevi mai fatto prima in vita tua." Sì, è vero. Non mi ero mai prostituito prima, era un'esperienza che mi mancava. "Ho voluto dubitare lo stesso della tua innocenza: me lo diceva il buonsenso. Mi sembrava davvero un regalo troppo grande dal destino, trovare un ragazzo come te che si desse a uno sconosciuto con tanto abbandono. Ma ho capito quanto mi sbagliassi il giorno dopo, con i miei uomini ad avvertirmi della confusione nelle stanze di Orochimaru, la sua ira contro di te. Ha scoperto ciò che hai osato fare e... non l'ha sopportato, vero?" Vi sbagliate, mi ha salvato la vita. "Per punirti ti ha torturato e scacciato, povero ragazzo; ma il vero destinatario di tutta questa crudeltà ero io. Conosco Orochimaru, temo che abbia capito cosa ci sia tra noi due; ti sta usando come l'esca inconsapevole di una trappola, per farmi prendere le tue difese e violare così il nostro accordo. Ci è quasi riuscito, perché a sentire le tue urla che risuonavano per tutto il palazzo... ho quasi perduto il controllo!" E mi aveva preso impulsivamente per le braccia, tirandomi a cavalcioni sulle sue ginocchia e abbracciandomi. "In quel momento ho giurato a me stesso che ti avrei liberato da quel mostro. Non ti merita." Una strizzata ai miei fianchi. "Oh... non faremo nulla di avventato. Rispetteremo le forme, e aspetteremo il nostro momento. Quando Orochimaru sarà al confine e non avrà altro pensiero che Konoha... tu scomparirai e mi raggiungerai. A quel punto non mi importerà se quel serpente vorrà usare la tua diserzione come pretesto per lanciare una guerra contro di me: so già che la farebbe comunque. Ma allora... sarò pronto." Sì, è ovvio. Col villaggio della Foglia devastato e il paese del Fuoco allo sbando, Sunagakure non avrà più da temere forti nemici sul confine orientale. "E ti avrò con me, ragazzo della luna. Con me..." Ero trasalito, sentendo le sue mani che scioglievano la mia fusciacca, per poi sollevarmi la tunica sulla schiena, e arrivare alla pelle sotto. Me l'aveva artigliata, dolcemente, salendo lungo la mia spina dorsale. Avevo sentito il suo respiro accelerare, e avevo capito che mi voleva, che era lì per quello. E perché no?, avevo pensato, mordendomi le labbra. Mi aveva portato da mangiare, mi aveva dato la vita. Era ovvio che pretendesse qualcosa in cambio. E io non ho altro da dargli. "Perché ti irrigidisci così? Ti do fastidio?" "Oh, no," avevo sussurrato, rilassandomi, e odiandomi per il modo in cui lo facevo. "Continuate... mi piace." Le sue mani continuavano a esplorare il mio corpo sotto ai vestiti. Lo lasciavo fare, appoggiato alle sue spalle, respirando al suo orecchio, e quando mi aveva passato i pollici sui capezzoli mi ero messo a ridacchiare, sommessamente. "Mi fate il solletico..." "Adoro sentirti ridere. Temevo di non udire più questo suono da te." Sì, ridevo, ma con le lacrime agli occhi. Il respiro mi si era spezzato, e lui l'aveva scambiato per eccitazione. "Oh, al diavolo! Non sopporto più questo velo. Se mi prometti di non guardarmi in faccia..." "Ve lo giuro." Non avevo nessuna voglia di guardare in faccia quell'uomo, non volevo ricordarlo, preferivo che per me restasse una figura indistinta e anonima. "Allora... chiudi gli occhi e lasciati guardare." Avevo obbedito. Mi aveva tolto gli occhiali, slegato i capelli, sfiorato il viso con dolcezza, scendendo lungo la linea del naso. Le sue dita avevano accarezzato le mie labbra guarite, quasi godendo il mio respiro umido, la morbidezza della pelle appena rigenerata. "Che bocca meravigliosa hai..." E di colpo me l'aveva baciata, prepotentemente, strappandomi un mugolio. Orochimaru-sama! Mi maledivo, stringendo le palpebre fino a vedere scintille rosse negli occhi. Perché ripensavo a lui? Forse perché nel momento della mia massima disperazione, il suo gesto inaspettato era stato la gioia più grande della mia vita. Un bacio... Mi ero sentito drogato dal suo contatto, anche se ci avevo percepito un tocco di freddezza. Qualcosa di potente mi era entrato dentro, assieme alla sua lingua: una sensazione di potenza e resistenza quasi inumane. Non aveva attenuato la mia paura, ma mi aveva dato la forza di affrontarla. Era stato un gesto d'amore, per consentirmi di sopravvivere quando avevo già rinunciato alla vita... Kimimaro mi aveva guardato con invidia. Dopo, naturalmente, aveva smesso di invidiarmi mentre tratteneva a fatica i miei spasimi, assistendo alla mia orribile purificazione. Che mi aveva lasciato inerte e sanguinante da tutte le aperture del mio corpo, uno straccio inzuppato di muco, sudore e lacrime, con la forza sufficiente solo a tentare di respirare. Ma vivo. E libero. Grazie a quel bacio quasi mistico. Quello del Kazekage invece era solo selvaggio desiderio carnale, a cui mi arrendevo senza entusiasmo. Succhiava avidamente la mia bocca in un'orgia di sapore di spezie e tabacco, una mano piantata sulla mia nuca perché non gli sfuggissi, l'altra a frugarmi febbrilmente sotto ai vestiti. Quando mi aveva lasciato, era senza fiato. "Perché mi fai perdere la testa così?" ansimava, lottando contro i lacci dei miei calzoni. "Dannato ragazzo, quale magia hai gettato su di me?!" Magia? Mi chiedevo cosa trovasse di così magico a denudare un giovane convalescente e neanche tanto pulito, per stenderlo sul pavimento di un miserabile buco nella roccia e prepararsi a possederlo. Forse lo eccitava il ricordo di altre avventure erotiche, la nostra completa e clandestina solitudine, e quel certo piacere che dava ascoltare il sibilo ostinato del vento, quasi furioso di non poterci toccare. All'ultimo momento, però, aveva esitato. "Non sei ancora guarito... sei sicuro di volerlo?" Avevo sorriso, leccandomi le labbra e inarcando la schiena nel modo più invitante che avessi. "Venite." E fatemi tanto male.
Prima del tramonto mi aveva lasciato a malincuore, dopo avermi dato molte istruzioni. L'avevo seguito fuori dal rifugio, restando a guardarlo mentre, con agilità incredibile per un uomo della sua età, balzava sulla sabbia usando in maniera magistrale il proprio chakra per non affondarci. In pochi minuti era scomparso. Ero rimasto solo, avvolto nel mio mantello, a fissare l'orizzonte polveroso. Nessun debito. Nessun credito. Non avevo più motivo di restare lì. Odio questo posto. E odio questa solitudine. Ero rientrato nel rifugio, trovando una sorta di pace nell'inventariare con metodo e pazienza tutto quel che avessi, la dote della mia nuova vita. Avevo una decina di shuriken, due kunai ricurvi che avevo comprato da poco, una kodachi, una borsa medica, le mie carte da gioco, un astuccio da scrittura e un rotolo di carta su cui il Kazekage aveva disegnato una mappa; due paia d'occhiali, una bussola, un acciarino, una borraccia floscia da cinque litri, e delle tavolette energetiche; due nastri, uno spazzolino, un pettine e del sapone; le mie semplici vesti, un mantello col cappuccio, un paio di guanti col dorso rinforzato e un paio di sandali in buono stato. Tutto qui... Ma avevo anche la mia mente, il mio addestramento, la mia abilità di guaritore e il mio corpo da giovane guerriero, come l'aveva definito Kakashi. E avevo sorriso a me stesso. Sono ricco. Mi ero preparato a partire. Il Kazekage mi aveva detto che era più saggio farlo quando il sole avesse lasciato la volta del cielo: il vento sarebbe calato, la temperatura sarebbe scesa e avrei consumato meno acqua. Ma dovevo stare attento a seguire le piste e non avventurarmi su terreni non marcati, per evitare i pericoli che nella notte non avrei visto: le dune potevano franare, e il suolo era crivellato di crepacci e spaccature. Fuori dal rifugio, avevo spaziato lo sguardo in quell'immensità che si tingeva di viola e cremisi. In alto nel cielo strideva un falco, volando in circolo. L'avevo fissato, facendomi schermo con una mano: la mia anima era salita a volare assieme a lui. La mia libertà. L'ho tanto desiderata, e ora che ce l'ho... devo decidere cosa farne. Lì, su quella sabbia, mi ero sentito uomo, come mai mi ero sentito prima in vita mia. Ma subito dopo avevo provato un brivido agorafobico, e non mi ero sentito altro che una pianta con le radici tagliate, lasciata a seccare su quella piana arida e sterminata. Lontane, si vedevano le mura digradanti di Sunagakure. Potrei diventare un ninja della Sabbia. Il Kazekage mi ha promesso il suo coprifronte, quando lo raggiungessi. Vivere il resto della mia vita in quel luogo che mi aveva tanto toccato nel profondo... l'idea aveva il suo fascino. Avrei potuto impratichirmi delle arti mediche e delle piante medicinali di quel paese, impararne le tradizioni e le tecniche di combattimento, apprezzarne i cibi, le bevande e le danze. E diventerei l'amante in carica del signore locale. Sarebbe stato inevitabile, il prezzo della mia accoglienza. Non ero certo entusiasta all'idea di continuare quel gioco erotico con un vecchio, ma ormai avevo imparato ad adattarmi, e non era sgradevole... perlomeno avrei avuto un amante premuroso ed esperto, che non mi sembrava nemmeno geloso o possessivo. Con un protettore così, avrei avuto sicurezza, un certo potere e un tetto sulla testa; avrebbero malignato su di me, mi avrebbero isolato, ma nessuno avrebbe osato toccarmi. Però sapevo che il mio maestro aveva ragione: prima o poi la passione del Kazekage si sarebbe attenuata, o deviata verso altri soggetti. E anche se fossi stato l'ultimo grande amore della sua vita, l'età e la morte avrebbero reclamato la sua vigoria nonostante la mia abilità medica; e io avrei dovuto giocare tutte le mie carte nell'arte dell'intrigo, per non trovarmi di nuovo nella situazione che tanto avevo odiato a Konoha... quella dello straniero mal tollerato. Non sarò mai veramente accettato tra questa gente. Il sole calante proiettava ombre sempre più lunghe e diafane. Compresa la mia, che indicava l'oriente, là dove si stagliava il profilo di montagne lontane. Al di là di esse c'era il paese del Fuoco. Konoha... Una punta di nostalgia per la casa degli Yakushi, per le strade della mia adolescenza, il perenne fruscio delle foglie degli alberi. Potrei tornarci. Sì, sono un nukenin ricercato con una taglia sulla testa, ma potrei ingraziarmi l'Hokage raccontandogli tutto a proposito del complotto di Orochimaru, salvando il villaggio. Potrei dichiarare che il Sannin mi aveva condizionato a obbedirgli, e tutto quel che ho fatto è stato dietro suo ordine... Sospiravo. Perché illudermi così? Mi avrebbero gettato comunque in prigione, con Ibiki a stabilire se dicevo o meno la verità. Dopodiché l'unica speranza per uscire vivo da una cella sarebbe stata diventare inabile ad essere un ninja. Sapevo che alcuni colpevoli di tradimento barattavano la loro libertà con le dita o una mano, in modo da non poter mai più formare sigilli. Ma io ero un ninja medico, e le mie mani dovevano servire a guarire: quindi nel mio caso avrei dovuto subire un altro tipo di mutilazione tradizionale. Essere accecato. Rabbrividivo, stringendomi nel mio mantello. Non volevo diventare un medico cieco, condannato ad espiare per tutta la vita il mio tradimento servendo la comunità in un mondo di ombra. I miei occhi erano imperfetti, ma ci ero affezionato... Sono forse così disperato da poter scegliere questo destino? Avevo guardato il disco del sole, ormai spaccato a metà dall'orizzonte. E se andassi a occidente? Non si sapeva molto delle terre selvagge oltre il deserto. Potevo esplorarle... e perdermi per sempre. Potrei invece andare a nord, verso la grande distesa del Paese della Terra. Poche città al confine, e una sterminata steppa brulla alle spalle, dove regnano anarchia e violenza. Oppure potrei aggirare i luoghi ostili per raggiungere i paesi della costa. In fin dei conti non ho mai visto il mare: ne ho solo letto le descrizioni nei libri... Un senso di esilarato smarrimento mi aveva colto. Nord, sud, est, ovest... Quasi mi mancava il fiato, mentre mi voltavo in tutte le direzioni. È questo il mio destino? Mi vedevo a marciare per giorni e giorni, e infiniti ri, lontano dalle guerre che conoscevo e verso forse guerre che ignoravo ancora. Avrei conosciuto altri amici e nemici, altre vite e altre morti, e alla fine di questa peregrinazione un altro Kabuto Yakushi sarebbe emerso, un uomo diverso, con un altro orizzonte, e il cuore formato da strati e strati secchi di ricordi, fino a diventare più duro del diamante. Nei tuoi occhi vedo viaggi, esperienze e avventure. Non c'è in te la quiete di chi si accontenta... Me l'aveva predetto Orochimaru, e avevo saputo fin da allora che quello sarebbe stato il mio futuro. Ma... è il mio futuro, non il mio presente. Non ero ancora pronto, e lo sapevo. Un'intensa pace si era impadronita di me, mentre fissavo il sole che finiva di morire all'orizzonte. Ora so cosa devo fare. Lì, in quel vuoto sterminato, davanti a tutte le strade della mia vita, avevo finalmente scelto quale intraprendere. Ed era quella da cui ero venuto.
Orochimaru non aveva mostrato la minima sorpresa a ritrovarmi sulla via del ritorno. Aveva ordinato al suo seguito di fermarsi, e mi aveva raggiunto lentamente, il vento che agitava il suo mantello quasi strappandoglielo dalle spalle. Io mi ero calato il cappuccio sulle spalle perché mi guardasse in faccia, restando immobile ad aspettarlo. I giorni nel deserto avevano asciugato le mie ferite e la mia anima, ero più mortale che mai. Lui si era fermato davanti a me, a qualche metro di distanza. Per un lungo istante mi aveva guardato negli occhi, e io avevo risposto allo sguardo, in silenzio. Poi... aveva sorriso. E io avevo capito che tutte le parole del mondo erano inutili. Tranne quelle che mi aveva rivolto, dolci, quasi sottovoce. "Bentornato, Kabuto-kun." Avevo sentito le lacrime bruciarmi negli occhi, mentre un'ondata di consapevolezza mi attraversava il cuore. Sapeva già che avrei fatto questa scelta. Ne era assolutamente sicuro. Per questo mi ha lasciato andare: ormai aveva capito che non avrei più potuto vivere come un suo banale vassallo... prima o poi l'avrei tradito. Il fatto che lo sapesse mi bruciava dentro, ma era proprio così. Prima o poi i miei sentimenti contrastanti avrebbero convertito la mia lealtà in ostilità, e avrei fatto con lui quel che avevo già fatto con altri che si erano illusi di possedermi. Avrei tentato di distruggerlo. Avevo guardato verso i ninja speciali, notando il bel Kimimaro ridotto in uno stato pietoso, sorretto da Jirobo. Del resto Orochimaru non ha bisogno di vassalli: ne ha già quanti ne vuole. Desidera invece qualcuno che gli sia fedele su un piano di parità, senza giuramenti, senza genuflessioni. Un altro essere umano con cui condividere il proprio sogno... Percepivo di colpo l'immensa solitudine del mio maestro, isolato nella sua eccezionalità, nella sua sovrumanità. E quel qualcuno sono io. Una lacrima mi era rotolata, silenziosa, su una guancia. Per questo mi ha ridato la mia libertà, anche quella di tradirlo. L'ha fatto apposta, sapendo che proprio per il fatto di avermi dato fiducia, io non la tradirò mai. D'ora in poi il mio maestro avrà al suo fianco qualcuno che lo segue per egoistica ambizione personale, senza illusioni, con assoluta franchezza e candore. Avrà in me un compagno di cammino ancor più affidabile di qualsiasi servo condizionato a dire sempre e soltanto di sì. Mi avrà messo intorno al collo la più leggera e indistruttibile delle catene. Avevo sorriso anch'io, arrendendomi all'ammirazione che provavo per lui. Ah, Orochimaru-sama! Tutto aveva giocato a suo favore, a Sunagakure! Mi aveva usato in maniera più che magistrale, fin dal momento che mi aveva ordinato di seguirlo nel primo colloquio con il Kazekage. Il modo in cui aveva attirato l'attenzione su di me. Il modo in cui aveva sfruttato ogni mio atto, ogni mio pensiero. Aveva orchestrato alla perfezione la seduzione alla festa, la notte che era seguita... persino la mia purificazione dal veleno insidioso di Sasori era stata usata a suo vantaggio. Le mie urla non soffocate avevano convinto il Kazekage della mia buona fede; ero stato abbandonato ignominiosamente nel deserto, in attesa di un inevitabile salvataggio... l'esca a cui avrebbe abboccato, nonostante tutta la sua prudenza. Proprio il Kazekage mi aveva consentito di salvarmi, per illudersi che potessi diventare suo. E invece avevo inevitabilmente scelto di ritornare a schierarmi con il mio maestro, stavolta da uomo libero, e con tutte le informazioni necessarie. Missione compiuta. Perché avrei tradito il Kazekage, e Orochimaru lo sapeva: me lo dicevano i suoi occhi magici, che brillavano come quelli di un animale da preda. Gli avrei rivelato il luogo dove il signore di Sunagakure sarebbe passato per recarsi a Konoha, e dove gli avremmo teso una trappola; avremmo sterminato lui e il suo piccolo seguito, per prenderne il posto e dirigere a suo nome le forze che stupidamente ci aveva messo a disposizione. Non gli sarebbe servita la sua celebrata Arte del Vento per salvarsi: Orochimaru stesso avrebbe chiuso i conti con lui, con la sua fantastica spada Kusanagi, l'arma mistica di cui era lui stesso il vivente contenitore. Ed io? Avrei guardato senza battere ciglio quel duello tra i due Kage, i maggiori tra i ninja viventi, sapendo che la sorpresa e l'amarezza del tradimento avrebbero determinato il risultato più di un colpo di spada. Avrei visto morire sotto ai miei occhi l'uomo che mi aveva amato, che mi aveva soccorso, che mi aveva voluto dare una nuova vita... e non mi sarei sentito immorale per questo, perché già ero al di là di queste cose, del bene e del male, del giusto e dell'ingiusto. Sono Kabuto Yakushi, uno shinobi senza patria, senza grado e senza scrupoli. Il Kazekage avrebbe cercato i miei occhi, per capire cosa fosse successo, per chiedersi dove avesse sbagliato. Avrebbe ricordato quella pietra di luna sul mio petto, il patto di delicate occhiate, il contrastato e puro sogno d'amore che si era illuso di vivere tra le mie braccia. Perché? si sarebbe chiesto. Perché mi hai tradito? Ma io avrei ricordato invece l'umiliazione che avevo provato, la vergogna di quella prima volta nel suo letto, quando mi ero spogliato davanti a lui fingendo che non aspettassi altro nella vita. E avrei ricordato il dolore che sistematicamente avevo voluto provare con lui l'ultima volta che mi aveva avuto: non era stato capace di fermarsi, scegliendo di scambiare le mie lacrime di sofferenza per segni di piacere; ma non era tutta colpa sua, perché io avevo riso tra un gemito e l'altro, felice di togliermi quel peso dal cuore, quel debito che avrei altrimenti continuato ad avere verso un uomo che mi aveva amato... Sì, avrebbe cercato i miei occhi. E ci avrebbe trovato la morte. Il suo ultimo errore. Orochimaru mi si era avvicinato, con un sorriso che rivelava quanto avesse capito dei miei pensieri. "Dunque sei ancora al mio fianco, Kabuto." "Non ho mai smesso di esserlo," avevo risposto. "Già, ma ora lo sei diversamente." "È vero," avevo ammesso. "Ma tutto è come prima." Siete il mio maestro, e io il vostro discepolo. Aveva riso, scuotendo i capelli nel vento. "Kabuto, ti ricordi quando ho tenuto una cerimonia del té, a Konoha, e tu mi hai spiato per tutto il tempo da dietro un ciliegio, credendo che non ti vedessi?" Avevo esitato. "Sì." Non potevo dimenticarlo, ero solo un ragazzino curioso e affascinato. "Se ti dico: Tutto cambia, e nulla cambia, cosa mi rispondi?" Il primo, vecchio koan che mi aveva rivolto... "Vi risponderei... cambiano gli occhi di chi guarda," avevo mormorato, commosso, ricordando quella lezione del passato. Sì, cambiano gli occhi. Ma la tazza di té è sempre quella.
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