Kabuto Gaiden
Capitolo 9: 観望 (Kanbou) (Osservazioni)
di Hana-bi
Anko Mitarashi aveva detto che non esisteva cartografia della Foresta della Morte, ma mentiva. I jounin sapevano perfettamente cosa si trovava al suo interno, altrimenti si sarebbero smarriti a loro volta nell'intrico di sentieri veri e falsi, trappole e pericoli di cui era piena. Quindi una mappa esisteva, e io la conoscevo. Nella mia opera quotidiana di spionaggio, avevo sentito sussurrare di quella foresta, e ne avevo studiato il perimetro durante le mie scorribande nei boschi come erborista. Non c'era nulla che attirasse la mia curiosità come un segreto, e un recinto per me era un oggetto affascinante, che conteneva qualcosa che andava scoperto. Avevo represso il desiderio di entrarci, col rischio di essere scoperto da eventuali sorveglianti: avevo preferito cercare di sapere chi poteva avere l'informazione che volevo. Cercavo un bersaglio facile tra coloro che sarebbero stati presenti all'esame... e l'avevo trovato. Iruka Umino. Un chuunin istruttore dell'accademia, sempre alle prese con dei bambini e raramente designato per missioni fuori dal villaggio. Era inevitabile dunque che la sua attenzione scendesse, in mancanza di stimoli che la tenessero sulla corda. Con un poco di lavoro di osservazione sulle sue abitudini, mi era stato facile avvicinarlo quanto bastava per intossicare il suo cibo. Gli avevo procurato una severa gastroenterite e me l'ero visto arrivare in ospedale tra i casi facili, prostrato dalla disidratazione. Gli avevo somministrato le medicine adatte sorridendogli con aria consolante, e l'avevo collegato a una fleboclisi di sali... con una goccia di narcotico. E poi ero andato a setacciare casa sua con comodo. Aveva nascosto bene i suoi documenti riservati, ma non abbastanza per me. Tra tutto quel che avevo trovato, c'era anche una mappa della Foresta della Morte. Nient'altro che un luogo di addestramento, anche se la torre al suo centro aveva caratteristiche interessanti: per esempio, vasti sotterranei, e un passaggio segreto che arrivava all'esterno del recinto, il modo in cui probabilmente gli esaminatori sarebbero giunti sul luogo come per magia. Avevo riposto il dato codificandolo tra le mie carte, sperando che un giorno mi sarebbe stato utile. E quel giorno era arrivato. All'apertura dei cancelli, la mia triade era partita di corsa, come tutte le altre. L'impersonatore di Tsurugi in testa, da bravo caposquadra. Una volta nel fitto della foresta, dove nessuno ci avrebbe visti, mi ero fermato. "Cosa c'è, Kabuto?" "Dobbiamo stabilire il piano." "Vedi di non darti tante arie, ragazzino." Era quello che impersonava Yoroi, e capivo perfettamente cosa pensasse di me. L'avevo guardato con aria cordiale. "Tu cosa faresti, senpai?" "Andrei verso il centro di questo luogo e intorno alla torre troverei sicuramente qualche gruppo di genin a cui rubare il rotolo. Mi sembra semplice..." "Hai una bussola?" Aveva esitato. "Posso farne a meno." "Hai una mappa?" "No. Nessuno ce l'ha..." "Io ho una bussola e la mappa." Due paia di occhi mi avevano guardati, sorpresi. "Non ho il comando perché vado a letto con Orochimaru," avevo detto, senza cambiare il tono di voce. "Ma perché di Konoha ne so molto più di voi, e per quanto riguarda il mio essere ninja... ho smesso di contare le persone che ho ucciso in segreto da quando sono diventato genin." Avevo estratto un kunai. "Non dovreste commettere l'errore di sottovalutarmi..." Li avevo visti irrigidirsi. Bene, sono all'erta tutti e due. Avevo diradato un riquadro di terra, e con il pugnale avevo tracciato delle linee. "Memorizzate questa mappa: è una sezione parziale del tutto, vi indica esclusivamente dove dovrete andare per farvi trovare da me." Mi ero raddrizzato. "Io vi raggiungerò entro domani notte. E' improbabile che troverete altri genin, così lontano dalla meta, ma se succedesse... ricordate che il vostro scopro primario è restare vivi e illesi. Non toccate le matricole di Konoha: è un ordine tassativo di Orochimaru. Naturalmente non vanno attaccati nemmeno i nostri alleati. Per il resto, comportatevi come credete." "Perché ci separiamo?" aveva chiesto il finto Tsurugi. "Non è prudente." Non ho voglia di perdere tempo a guardarmi le spalle. "Devo eseguire gli ordini di Orochimaru, e sono più efficiente restando da solo." "E se i nemici ti sorprendessero?" "Non se ne farebbero nulla di me." Gli avevo messo in mano il nostro rotolo della Terra. "Questa è l'unica cosa che tutti cercano... e la difenderete voi due." "Ma se ti perdiamo la nostra missione fallisce ugualmente!" Avevo semplicemente sorriso. "Buon divertimento, cugini." E con un balzo li avevo lasciati.
Il giovane Yakushi è più solenne di suo padre, cammina sempre con così tanta flemma! Avevo lavorato tanto per ottenere quell'andatura calma e posata, adatta al personaggio che impersonavo: mi muovevo normalmente come se portassi dietro molto più del mio peso, come se i miei muscoli fossero deboli per un lavoro troppo sedentario. E ora il goffo dottorino flemmatico balzava acrobaticamente da un punto all'altro, quasi senza rumore, divorando lo spazio con una rapidità che avrebbe lasciato di stucco anche il ninja più esperto... se solo gli avessi permesso di vedere la mia danza silenziosa. Mi piaceva pensare che l'unico che sapesse di cosa ero veramente capace fosse Orochimaru. E... forse Kakashi, che lo sospetta. Il pensiero mi faceva sorridere. Un giorno metterò fine ai suoi sospetti. In un modo o nell'altro. Correvo in equilibrio sui rami degli alberi, fino a sentirli piegarsi sotto il mio peso, e li usavo per proiettarmi a volare per aria. Rischiavo di uccidermi ad ogni atterraggio e questo, lungi dallo sgomentarmi, mi dava piacere. L'inseguimento eccitava qualcosa di segreto in me: mi veniva voglia di liberarmi del mio abito formale, gettare via gli occhiali, sciogliermi i capelli e dipingermi la faccia e il corpo a strisce nere, trasformandomi in una sorta di tigre assetata di sangue. Forse era la mia eredità interiore, quella che mi derivava dal mio oscuro passato, dal clan da cui effettivamente discendevo e di cui mi ostinavo a non voler saper nulla. Voglio credere ciecamente solo a quel che mi ha detto Orochimaru: nelle mie vene scorre puro sangue ninja, il sangue di nemici di Konoha fino alla morte. Non avevo bisogno d'altro per sapere chi ero. Puntavo decisamente verso est, dove sapevo che la triade di Kurenai Yuhi aveva cominciato il suo percorso. Ne avevo trovato le tracce, penosamente lasciate visibili per occhi esperti, ma mirabilmente rettilinee. Seguendole dall'alto, avevo intercettato i tre ragazzi a meno di un chilometro di distanza, che si muovevano prudentemente e in formazione a triangolo, con la timida Hinata Hyuuga in avanti, lo sguardo fisso tra le vene rigonfie delle tempie. E avevo capito come mai i loro movimenti fossero così precisi. Usano la sua abilità innata per trovare la direzione giusta. Un movimento sotto di me aveva attirato la mia attenzione. Era un ninja adulto, vestito di bruno e che si confondeva quasi perfettamente con il tronco dell'albero a fianco del mio, a cui era appoggiato. Faceva segnali sonori imitando gli uccelli. Un'imboscata. Si va sempre a caccia dei soggetti più deboli... Ma si sbagliavano sulla debolezza delle loro vittime. Perché all'improvviso il ragazzo dietro a Hinata aveva scagliato due kunai nel fitto del bosco, mostrando di aver indovinato la trappola prima ancora di caderci dentro. E aveva liberato un cane che portava con sé... "Akamaru! Vai!" Quello è Kiba, l'unico maschio nell'ultima generazione degli Inuzuka. Era un clan antico, famoso per aver selezionato, con un lavoro di generazioni, una particolare razza di cani combattenti di grande intelligenza. Praticava l'uso di affidarne un cucciolo ad ogni componente della famiglia, fin dall'infanzia più tenera. I due convivevano in ogni momento del giorno e della notte, fino a rendersi interdipendenti. E le doti di uomo e animale finivano con il fondersi insieme... Li avevo osservati combattere contro gli altri due ninja che avevan preparato l'imboscata. Era uno spettacolo interessante. Il terzo componente della squadra era il ragazzo alto e intabarrato che avevo incontrato prima dell'esame. Si era messo a protezione di Hinata, senza mostrare la minima agitazione. Aveva allargato le braccia, e intorno a lui aveva incominciato a vorticare una nube sempre più densa di particelle nere... insetti. Uno degli Aburame, altro clan simbiotico con gli animali. Famiglia misteriosa e assai riservata, che vive in isolamento nel proprio quartiere e di cui è rarissimo vedere i componenti. Il ragazzo è Shino, il primogenito ed erede del clan. Il ninja vestito di bruno aveva estratto una cerbottana. Non aveva fatto neanche in tempo a portarla alla bocca... un gesto silenzioso della mia mano, e uno shuriken avvelenato gli si era piantato nella schiena. Un piccolo favore da parte mia, ragazzi. L'avevo visto cadere giù dall'albero, non appena il veleno aveva cominciato il suo effetto paralizzante. Tra uno schianto di rami spezzati, era piombato davanti a Shino e Hinata. Ero grato a quella diversione, perché sapevo che il Byakugan era un'abilità con la quale era meglio non confrontarmi: prima che la giovane Hyuuga si riprendesse dallo stupore e cercasse chi aveva eliminato un suo nemico, io ero già lontano da lì. Arrivederci, mia piccola Hinata. Mi ero fermato un istante per fare il punto con la bussola, estraendo dalla tunica la carta contenente la mappa. L'eccitazione della caccia rischiava di farmi essere precipitoso, non dovevo perdermi. Un sorso d'acqua dalla borraccia, una tavoletta energetica masticata lentamente, ed ero ripartito, con più calma. Verso sud-est, adesso. La foresta in quel punto era densa, opprimente. La luce era spettrale, filtrata dalle foglie degli alberi secolari, un continuo grigioverde che si andava oscurando; e la strada era piena di ostacoli, tronchi rovesciati, cespugli dalle foglie velenose, pozze fangose e piene di sanguisughe da aggirare. Non sempre era possibile passare da ramo in ramo per evitare le tortuosità a terra: su alcuni alberi riconoscevo rampicanti dalle spine tossiche, nidi di vespe selvatiche e viscidi ammassi fungini da cui era meglio stare alla larga. Benedicevo il mio addestramento come medico ed erborista e notavo con quale crudele arte si fossero concentrate specie vegetali e animali così pericolose... Questa foresta è un'alternanza di tratti facili e difficili, e i facili sono fatti per indurre gli ingenui a commettere errori mortali. E infatti a volte l'aria umida recava l'eco di urla raccapriccianti. Ai pericoli della foresta si aggiungono quelli della lotta per avere i due rotoli. Infatti non bastava sopravvivere, bisognava vincere contro le altre squadre. Con la destrezza o la violenza. Tredici coppie di rotoli. Vuol dire che al massimo passeranno tredici squadre. E già il mio shuriken aveva eliminato una squadra che competeva, riducendola a due componenti. Chissà se la triade di Kurenai aveva avuto fortuna, completando la propria collezione di rotoli... Una specie di tuono, accompagnato da vibrazioni maligne, aveva scosso all'improvviso il suolo sotto di me. Un temporale? Avevo esitato un istante, poi mi ero arrampicato sull'albero più vicino, salendo di ramo in ramo. Una volta uscito finalmente dalla cappa di foglie, avevo visto il cielo del tardo pomeriggio che si tingeva di magnifici colori. E' sereno... Poi avevo notato la nube di polvere che si levava da un punto a circa due chilometri da me. Illuminata a tratti da lampi rossastri, palle di fuoco che si dilatavano in sequenze disperate. Cosa sta accadendo laggiù?! Era incredibile quella devastazione, in un duello tra genin. A meno che... Orochimaru! Un sorriso di gioia mi era apparso sulle labbra, mentre un altro tuono scuoteva il cielo. Il mio maestro, il mio padrone. Il magnifico Sannin esiliato, il cui nome è abominio a Konoha. Doveva aver evocato uno dei suoi serpenti giganteschi, chiamandolo dalla dimensione magica per abbandonarsi al gioco che più amava: quello della distruzione. Ecco la sua potenza. Mi ero appoggiato al tronco, fissando affascinato quello spettacolo grandioso, e rimpiangendo di doverlo vedere da lontano.
La notte era scesa presto, ancora più presto rientrando nel buio della foresta. E la temperatura si era abbassata notevolmente, facendo condensare l'umidità in una sorta di pioggia fastidiosa di gocce. Avevo dovuto fermarmi più volte a pulire gli occhiali, cercando di sfruttare al massimo ogni briciola di luce disponibile. Ma poi l'oscurità mi aveva circondato, e mi ero trovato immerso in un universo ostile, freddo e pieno di suoni minacciosi, richiami di animali e occasionali urla umane. Devo fermarmi. Avrei potuto accendermi una torcia e andare avanti lo stesso, ma questo mi avrebbe reso un potenziale bersaglio: non era ancora il momento di rischiare di farmi notare. Alla prima roccia che avevo trovato, mi ero ricavato un nascondiglio tra le foglie secche e le felci e mi ci ero appallottolato a riposare, iniziando automaticamente la respirazione adatta per convertire il chakra in calore corporeo. Se Orochimaru ha attaccato la triade di Kakashi, probabilmente per loro è tutto finito... ma c'è in zona anche la squadra di Asuma Sarutobi. Devo trovarla. La sostanza vegetale in cui mi ero rannicchiato era confortante, e il suo odore mascherava il mio. Sentivo la terra sporcarmi la faccia, ma ne avevo accettato la compagnia. Il mio corpo aveva segnalato il desiderio di recuperare la fatica di quella giornata. Avevo chiuso gli occhi, assopendomi. Mi aveva svegliato di soprassalto un corpo che era piombato sul mio, cogliendomi di sorpresa nonostante mi fossi imposto un sonno leggero. Avevo aperto gli occhi, tentando di reagire, ma non avevo visto nulla... l'oscurità era totale. Una mano decisa mi aveva afferrato per i capelli tirandomi violentemente indietro la testa, e avevo sentito un kunai puntato sotto il mento. "Se ti muovi ti affondo questa lama fin nel cervello." Mi ero raggelato a quella minaccia espressa con voce tanto impersonale. Chi è? Come ha fatto a trovarmi?! Il mio nemico mi aveva tastato con la mano libera. "Dov'è il tuo rotolo?" "Ce l'hanno i miei compagni," avevo risposto, con un filo di voce. "E dove sono?" "Non... lo so. Ci siamo separati e io... mi sono smarrito." "Qual'è il tuo villaggio?" Una voce femminile, poco distante da me. Avevo sentito le dita dello sconosciuto toccarmi il coprifronte, seguendo le linee che vi erano incise. "La Foglia," aveva mormorato. "Allora non ucciderlo, Neji-kun." Neji Hyuuga!... Ecco come aveva fatto a trovarmi e attaccarmi in quel buio fitto. Con il suo Byakugan, un'abilità addirittura superiore a quella di sua cugina. Il mio istinto voleva che mi preparassi a liberarmi di lui. Potevo farlo, a dispetto di quel kunai sotto la gola... Ma avevo esitato. Avrei dovuto uccidere lui e la sua compagna, e Orochimaru me l'aveva proibito. E poi il mio compito è osservare anche loro... tanto vale approfittare della situazione. "Non farmi del male," gli avevo detto, fingendomi spaventato. "Mi arrendo." Il kunai alla mia gola non aveva vacillato di un millimetro. "Chi sei?" "Mi conosci, ci siamo presentati prima dell'esame." "Quel... Kabuto Yakushi?" "Sì." Un attimo di silenzio, per decidere il mio destino... "Tenten, accendi la torcia e vieni qui." Neji mi aveva rialzato a sedere, senza spostare il kunai. "Evoca una corda, mettigliela al collo e legagli le braccia dietro alla schiena." "Subito, Neji-kun." Una luce giallognola schermata ci aveva illuminato, scacciando le tenebre. "Che intendi fare?" gli avevo chiesto, allarmato. "Legarmi e abbandonarmi qui?" "No," aveva risposto, scuotendo i lunghi capelli dalle spalle e rivolgendomi quell'inquietante sguardo trasparente. "Ti prendo prigioniero." L'avevo fissato, stupito, mentre la sua compagna mi legava con rapida efficienza. Prigioniero? Neji aveva atteso che le mie braccia fossero bloccate per togliermi il kunai dalla gola, e l'aveva rinfoderato con un sospiro. "La nostra squadra si era separata, ma Lee non si è presentato al nostro appuntamento. Deve essere stato assalito, o dev'essere rimasto ferito. L'ho cercato, e quando ho notato la tua sagoma nascosta ho sperato che fosse lui. Invece eri tu... ma nella sfortuna adesso ho almeno un medico per lui." Mirabile ragionamento utilitaristico. "Ora verrai con noi." "Ma io..." "L'alternativa è che ti appendiamo a qualche albero con la prospettiva di rimanerci per tutti i quattro giorni che seguiranno. Senza cibo e senza acqua. Ragiona sulle possibilità che i tuoi compagni ti trovino, e ragiona anche su quelle che ti trovino dei nemici. E poi decidi se vuoi seguirci o meno: Tenten e io non abbiamo tempo di trascinarti a forza." "D'accordo," avevo mormorato. "Vengo con voi." E con l'aiuto di Neji mi ero rimesso in piedi.
E così avrei fatto altre osservazioni sulle matricole di Konoha. Anche se la triade di Gai Maito era più esperta degli altri giovani genin: il loro maestro aveva deciso per la via tradizionale, un anno di prova prima di affrontare l'esame di chuunin. Neji mi era stato descritto da Lee come il genin più forte di Konoha, e mostrava effettivamente di meritare quel giudizio. Non particolarmente prestante, mostrava però un grande controllo sulla quantità notevole di chakra di cui disponeva, e un'acuta consapevolezza dei poteri che gli derivavano dalle sue peculiarità genetiche. Si comportava come se la fredda logica fosse l'unica sua religione, ma il tono piatto e superbo della sua voce non nascondeva a regola d'arte i suoi sentimenti: ci sentivo un'amara consapevolezza, tinta di risentimento verso tutti. Con la sua compagna l'atteggiamento era assolutamente impersonale: la trattava come una sottoposta, senza sgarberia ma limitandosi a darle ordini. E lei si mostrava pronta a obbedire, felice di essere con un caposquadra tanto forte... apparentemente devotissima a lui. Mi chiedo come entri Lee in un gruppo del genere. Neji aveva di nuovo spento la torcia, ed esercitato la sua abilità oculare per perlustrare la foresta intorno a noi, a dispetto della quasi totale oscurità. Trovata la direzione che riteneva giusta, mi tirava dietro di sé con la corda che mi aveva messo al collo, e Tenten mi seguiva altrettanto alla cieca. La marcia era faticosa, soprattutto per me che non potevo bilanciarmi né tastare gli ostacoli. Alla fine si era fermato. "Fai attenzione, stai facendo troppo rumore." "Non è neanche capace di marciare in silenzio," aveva sbottato la ragazza dietro di me. "Stiamo lasciando un mucchio di tracce." "Faccio quello che posso," avevo mormorato, prendendo fiato. "Se mi slegaste..." "... ci scapperesti," aveva completato la ragazza. "Ci prendi per sciocchi?" "Silenzio," aveva ordinato Neji. Si era concentrato. "Byakugan!" Una lunga pausa, e mi chiedevo cosa stesse vedendo... "Trovati." "Trovati?" aveva chiesto Tenten, in un soffio. "Che intendi, Neji-kun?" "C'è una radura davanti a noi, a trecento metri. Ci sono... tre... cinque... sei... sette persone. E due almeno sono a terra." La ragazza si era irrigidita. "Sono troppi per noi." "Dobbiamo prima vedere chi sono. Vado a spiarli. Tu resta qui e controlla lui." "D'accordo," aveva mormorato lei, in un soffio. "Stai attento, ti prego." Neji era balzato via nell'oscurità. Mi ero lasciato scivolare a terra. La ragazza mi era venuta vicino, facendomi sentire la punta della mia stessa kodachi contro il corpo. "Non credere di potermi scappare, solo perché sono una donna." Al buio, avevo fatto un sorriso ironico. Mi piacerebbe fare l'esperimento. Quei due erano bravi per essere così giovani, ma non erano al mio livello. Non mi avevano per esempio completamente disarmato. Avrei potuto attirare la ragazza vicino a me... e usare qualcuno degli aghi narcotizzanti che tenevo nascosti in un risvolto della fusciacca, dietro alla schiena. Una volta drogata, avrei raggiunto la lama della mia kodachi per liberarmi e poi... avrei messo quella presuntuosa fanciulla nella posizione che più le conveniva. Sdraiata e a gambe divaricate. Avevo sospirato. "Sono troppo stanco per pensare a scappare." "E non ti converrebbe neanche farlo. Debole come sei, con noi almeno hai un poco di protezione." "Ragion per cui è stato inutile legarmi così. Serve solo a farmi male alle braccia..." La ragazza mi era venuta alle spalle, aveva armeggiato con la corda, sciogliendo un nodo. "Va meglio... così?" E di colpo aveva dato uno strattone, puntandomi un ginocchio nella schiena. Avevo soffiato di dolore, sentendo i gomiti che quasi si toccavano. "Perché?!" "Non sopporto le tue lamentele." Aveva fissato di nuovo i nodi, costringendomi a quella nuova posizione. "E ora stai zitto." Avevo obbedito, cercando di rilassare i muscoli delle spalle per adattarle alla tensione. Questa puttana!... Mi maltrattava perché sperava così di guadagnarsi la stima del suo bel Neji. Sapeva che non gli ero simpatico e si adeguava per farlo contento. Ma non hai speranze, bella Tenten: da quel che so di te, sei una trovatella come me, e quel che è peggio senza neanche una famiglia che ti abbia adottata. Gli Hyuuga non ti accetterebbero neanche come sguattera. Dopo dieci minuti d'attesa, Neji era tornato. "Seguitemi," aveva detto, senza tanti complimenti. Ci aveva guidato attraverso un sentiero nascosto, e finalmente avevamo visto della luce trapelare tra gli alberi. Era un fuoco acceso al centro di uno spiazzo. Avvicinandoci, avevamo visto le figure che lo circondavano. Era una bizzarra, triste riunione dei giovani genin di Konoha: a dispetto della competizione, il cameratismo da accademia doveva aver vinto sulla reciproca diffidenza. C'era la squadra di Asuma Sarutobi, accasciata accanto al fuoco con aria allucinata.: due ragazzi stanchi e una ragazza dalle labbra sporche di sangue. C'era Lee, sdraiato poco distante, che si lamentava fiocamente. E c'era l'intera squadra di Kakashi. Anche Sasuke!... Non credevo ai miei occhi. L'Uchiha era ancora vivo. Seduto a terra, tremante, mi dava le spalle. Accanto a lui una Sakura dal viso insanguinato e i capelli rozzamente tagliati cercava di dargli conforto. Poco distante, inerte sul prato, Naruto sembrava incosciente. Neji era entrato nello spiazzo, e tutti erano trasaliti. "Perfetto," aveva esclamato il ragazzo del clan Nara. "Stavamo giusto facendo la conta di chi mancava a questa allegra scampagnata." Aveva sputato nel fuoco, facendolo sfrigolare. "Spero che tu non abbia intenzione di dar battaglia, Hyuuga: non siamo dell'umore adatto per ammazzarci dietro a uno stupido rotolo!" Neji si era avvicinato a Lee, chinandosi su di lui. Poi aveva fatto un cenno, e Tenten mi aveva dato uno spintone, facendomi avanzare nello spiazzo. "Kabuto-san!" aveva esclamato Sakura, sorpresa. Sasuke non si era neanche voltato. "Perché è legato a quel modo?" aveva chiesto il ragazzo più robusto del gruppo di Asuma, con voce perplessa. "Perché l'abbiamo catturato," aveva risposto Neji, senza alzare la voce. "Ma non è un nemico," aveva ribattuto Sakura, con rimprovero. "Lo state trattando indegnamente!" "Lo trattiamo come ci pare," era stata l'asciutta risposta. E a sorpresa, mi aveva afferrato per un braccio, scaraventandomi davanti a Lee. "Soccorrilo!" "Ma che maniere," aveva borbottato il ragazzo del clan Nara. Avevo atteso pazientemente che Tenten mi sciogliesse dalla corda, sentendo finalmente il sangue che tornava a circolare tra polsi e spalle. Mi ero risollevato sulle ginocchia, massaggiandomi le braccia indolenzite per recuperare la sensibilità. "Kabuto... san," aveva balbettato Lee, turbato. Aveva fatto per alzarsi sulle braccia, ma era crollato in preda ai conati di vomito: solo un poco di bava biliosa gli era uscita dalle labbra, ma se ne vergognava acutamente. "Scu... sami..." "Stai tranquillo. Dove ti hanno colpito?" Aveva indicato il lato della testa. Gliel'avevo girata, per osservarla, intanto che tastavo il suo polso per sentire la sua energia. Una chiazza di sangue sporcava il colletto e la spalla della sua uniforme. "I ninja del Suono?" avevo mormorato, riconoscendo quel tipo di lesione. "Che cosa?" aveva chiesto Neji. "Il tipo con gli occhiali ha ragione," aveva risposto il capo della squadra di Asuma. "Sono stati loro, i simpaticoni di prima dell'esame." Una pausa. "Hanno attaccato Sasuke, che stava male: Sakura l'ha ovviamente difeso, e questo Lee ha difeso a sua volta Sakura. Poi Lee è stato battuto, Sakura l'ha difeso, la nostra Ino ha deciso di difendere Sakura... e noi abbiamo difeso Ino." Aveva ridacchiato, tristemente. "Come vedi, ognuno ha voluto difendere qualcun altro. E sarebbe finita comunque male, se non fosse rientrato in gioco Sasuke, che si è ripreso abbastanza da difendere tutti e spaccare le braccia a uno di quei bastardi. A quel punto... quei tre se la sono data a gambe." Avevo alzato lo sguardo alla schiena di Sasuke. E' davvero tanto forte? Lo stesso pensiero doveva passare anche nella testa di Neji: avevo captato uno sguardo analogo, con le sopracciglia inarcate. Lee aveva emesso un singhiozzo, ed ero tornato a guardarlo. "Ha una lesione del timpano e un grosso grumo di sangue sotto l'orecchio interno, che gli comprime un importante vaso sanguigno verso il cervello." Avevo alzato la testa verso Neji. "Devo operarlo." "Qui?!" aveva esclamato Tenten. "In emergenza, posso farlo. Usando un bisturi di chakra." "Chi mi garantisce che non farai del male a Lee?" aveva chiesto Neji, guardando il compagno. "Dovrai fidarti. Lee così non sarà in grado di continuare l'esame. Se l'intervento riesce, sarà quasi guarito, praticamente all'istante." "E se non riesce... ti ucciderò." Mi era costato uno sforzo notevole non ridergli in faccia, ma fingermi adeguatamente costernato alla minaccia. Avevo preso un grosso respiro, tornando a fissare il ragazzo ferito. "Ora ho bisogno di assistenza. Mi serve acqua. Una parte di questa bollita. Spogliate Lee fino alla vita." Neji e Tenten erano trasaliti al mio tono imperioso... poi avevano obbedito. Avevo preso la borraccia che mi porgeva Neji e ci avevo sciolto una polvere disinfettante, intanto che Tenten provvedeva con delicatezza a svestire il compagno. Poi mi ero tolto i guanti, lavandomi le mani. Avevo messo Lee sul fianco, estraendo dalla borsa medica l'astuccio degli aghi e una siringa. Sakura mi si era avvicinata, con un bicchiere metallico d'emergenza pieno di acqua fumante tenuto attraverso l'orlo del suo vestito. "Posso fare altro per aiutare Lee, Kabuto-san?" "Non fa parte della tua squadra..." "Ha rischiato la vita per salvarmi," aveva mormorato. "Allora tienigli la testa ferma, per favore." Mi ero chinato sul ragazzo. "Lee-kun, ora ti pratico un poco di anestesia e devio il flusso del tuo chakra. Non preoccuparti per la sordità, sarà transitoria. Non muoverti." "Sì," aveva mormorato. E aveva sorriso, sentendo le mani di Sakura su di sé. "Grazie..." "Ora... silenzio." Con rapida decisione, avevo inserito dodici aghi nel suo corpo. Quattro nel braccio, quattro nella zona della clavicola, e i quattro più piccoli nella cute del cranio. Lui non aveva nemmeno sussultato. Avevo riempito con l'acqua bollente la siringa, l'avevo riposta perché si raffreddasse, e intanto avevo rallentato il respiro per potermi concentrare. Poi avevo composto i dieci sigilli che attivavano il mio bisturi di chakra, e l'avevo inserito nello spazio sottococleare, senza scalfire la pelle. Avevo colto lo sguardo intento di Neji. Le vene delle sue tempie si inturgidivano a vista d'occhio. Sta usando il Byakugan per controllare quello che faccio... riesce dunque a vedere anche i flussi interni del chakra? Tanto non avevo nulla da nascondere. Il tempo passava. Lee si rilassava, ora che non sentiva più dolore. Sakura guardava le mie mani con una sorta di affascinata avidità, come se avesse voluto carpirne il segreto. Io ero madido di sudore nonostante il freddo, ma con pazienza completavo l'intervento. Infine avevo tolto le mani, sfilato tutti gli aghi e messi da parte per bollirli, lavato l'orecchio di Lee con l’acqua calda, estraendo con un paio di pinzette un grosso grumo di sangue secco. Avevo pulito tutta l'area dove avevo operato. E mi ero spinto a sedere sul prato, con un sospiro di stanchezza. "Finito." Un silenzio stupefatto mi aveva circondato, e mi ero accorto che tutti si erano messi intorno a noi. "Lee," aveva chiamato Neji, con voce incerta. "Sto... bene," aveva detto lui, quasi sorpreso. Si era toccato l'orecchio, poi, lentamente, si era alzato a sedere. "Non ho più la nausea! E... ci sento." Sakura mi guardava con occhi sgranati. "E' questa l'abilità di un ninja medico?!" "L'unica che abbia," avevo mentito, con un sorriso. Mi ero alzato, raccogliendo la mia borsa. "Ci sono altri che hanno bisogno di me?" "Chi ti ha detto di..." Neji aveva fermato Tenten con una mano. "Lascialo fare." "Naruto," mi aveva detto Sakura. "Puoi dargli un'occhiata, Kabuto-san? Sono più di tre ore che sembra svenuto." Il ragazzino biondo non sembrava affatto ferito. Anzi, non aveva la minima scalfittura. Gli avevo girato la faccia con due dita... Nemmeno la traccia del taglio che gli ha fatto Anko Mitarashi?! Quella capacità di guarigione era sorprendente, eguagliava la mia... ma Naruto non possedeva di certo le mie tecniche mediche! L'avevo sfiorato, concentrandomi. C'era qualcosa di strano, in lui. Una specie di ingorgo energetico nella zona dell'addome. Gli avevo sollevato la casacca, scoprendogli il ventre, e avevo visto cinque ustioni bizzarre intorno ad un'area centrata sull'ombelico. Avevo riconosciuto alcuni simboli segreti magici in possesso di Orochimaru. E' qualcosa che gli ha fatto il mio maestro? Perché? "Allora?" mi aveva chiesto Sakura. "Sta bene," l'avevo rassicurata. "Non è svenuto, sta dormendo profondamente, come se si fosse sfinito e stesse recuperando." L'avevo toccato sulla fronte, dandogli un impulso per svegliarlo. "Naruto-kun... Naruto-kun..." "...Ah, Sakura-chan, amore mio," aveva bofonchiato lui, ad occhi chiusi. La ragazza era avvampata. "Naruto!" aveva ruggito, e senza tanti complimenti l'aveva afferrato per il bavero, scuotendolo come uno straccio. Il ragazzino aveva aperto gli occhi, a fatica. "Eh?... Sakura-chan?... Sei tu? Che cos'è successo ai tuoi capelli?..." "Che mi importa dei capelli!... Siamo quasi morti!" "Sei bellissima lo stesso..." "Scemo!" aveva tuonato lei, scaraventandolo di nuovo per terra. Poi, imbarazzata, mi aveva rivolto un sorrisetto. "Ehm... grazie, Kabuto-san. Vedo che tutto è tornato nella normalità." "Kabuto-san?" Naruto si era girato verso di me, dilatando gli occhi. "Oh!... Ciao! Cosa ci fai qui?" "Curo i feriti," gli avevo detto, giovialmente. "Come prigioniero di Neji Hyuuga." "Prigioniero?! E che novità è questa?" Si era faticosamente alzato a sedere. "Oh... e quello laggiù è Mister Sopracciglia? Che ci fa qua? Che ci fa tutta questa gente?!" L'avevo lasciato a fare il petulante con Sakura, e mi ero avvicinato a Sasuke. "Stai bene?" gli avevo chiesto, premurosamente. "Sì," aveva mormorato, senza guardarmi. Ma era terribilmente pallido, tremava, e si teneva una mano artigliata tra spalla e collo. Avevo estratto dalla mia borsa una pillola tonica, porgendogliela. "Devi essere esausto... prendi questa." Aveva scosso la testa, gli occhi neri fissi nel vuoto. "Sasuke-kun..." "Lasciami in pace!" aveva gridato. Tutti si erano voltati verso di noi, tacendo. "No... va bene," aveva mormorato alla fine, con un sospiro tremante. E aveva tolto la mano dal collo, per prendere la pillola. Avevo visto sulla sua pelle due puntini rossi, come il morso di un serpente. E tre simboli a goccia, tomoe scuri e pulsanti attorno ad essi... La borsa medica mi era scivolata di mano, cadendo al suolo. Il Segno Maledetto?!... Poteva voler dire soltanto una cosa. Orochimaru ha trovato finalmente un altro corpo perfetto.
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