Altra
HanaRu!!! Questa fic segue temporalmente “Your kisses are so sweet”, ma è
meno spensierata delle altre…però non c’è da preoccuparsi, per me la
coppia HanaRu è intoccabile!!!! La dedico a Ria, Calipso e Greta ringraziandole
di tutto e in più una dedica e un saluto anche a Dream, ad Hanako e a Mab per
la loro gentilezza e simpatia!!!
I want to
be on your side di
Nausicaa
Parte prima.- Far from her
Febbraio
è quasi finito.
Il
club di basket ha brillantemente vinto anche il campionato prefettorio
invernale, stracciando tutte le altre squadre e, massima soddisfazione,
battendo in finale il Ryonan!!! Quel giorno Sendoh non aveva molta voglia
di sorridere…
Dopo
questo momento di gloria, però, è iniziato un periodo pieno di impegni
scolastici: io e Kaede abbiamo avuto i test e Miyagi e Ayako hanno dovuto
studiare per l’esame di ammissione all’università…mm…se fosse
dipeso da Ryota credo che questa dedizione allo studio sarebbe stata più
smorzata, ma la presenza di Ayako si è rivelata fondamentale anche in
questo!
Oggi
è un sabato mattina e noi non abbiamo scuola; penso che per una giornata
mi piacerebbe stare in casa, in pace con Kaede, ma quando entro in camera
nostra lo trovo che si sta preparando per uscire. Prima che possa
chiedergli qualunque cosa, è lui a domandarmi: “Vieni a Tokyo con me,
do’aho?”.
A
Tokyo? Che cavolo dice?
“Che
devi fare a Tokyo?” gli chiedo, senza rispondergli.
“Devo
parlare con mio padre…devo dirgli che voglio andare in America dopo il
diploma e lui deve firmare alcune carte …”.
La
sua voce è ferma e decisa come sempre, ma la sento anche un po’
forzata: credo che gli pesi tantissimo aver bisogno dell’autorizzazione
del padre…
“Certo
che vengo con te! Una stupida volpe come te si perderebbe a Tokyo, senza
la guida dell’immenso tensai!!” proclamo.
“Hn…
quante volte sei stato a Tokyo, do’aho?” mi chiede la volpe, con aria
dubbiosa.
“Neanche
una, ma che c’entra? Credi che non sia in grado di guidarti?” sono più
che sicuro di riuscire ad orientarmi anche in un luogo sconosciuto; il
volpacchiotto non dice niente, ma mi aspetta mentre apro l’armadio e mi
infilo al volo un maglione. Mi
piace l’idea di andare a Tokyo con la mia volpe!!! E lo penso una volta
di più quando finalmente mi ritrovo a camminare con lui per le strade
della capitale, guardandomi intorno curioso.
“Dove
stiamo andando, kitsune?”.
“Da
mio padre. Alla sua azienda…lavorano anche il sabato…” dice lui con
voce atona. Peccato! Avrei voluto girovagare un altro po’ con lui, prima
di affrontare la parte più spiacevole della giornata! Già non mi ha
fatto piacere che, sul treno, Kaede fosse più silenzioso del solito!
“Gli
hai telefonato per avvertirlo del tuo arrivo?” chiedo.
“No”
è la sua secca risposta. Sempre meglio…Però…oddio!!!!! Ad un tratto
mi sta venendo un dubbio atroce…
“Ma
che dovrò conoscerlo, kitsune?” chiedo, agitato. Qualcosa mi dice che
io e quest’uomo non andremmo affatto d’accordo e non credo che la
volpe mi ringrazierebbe se innervosissi suo padre prima di questo delicato
colloquio!!!
“Come
vuoi…ma ti consiglio di no, tanto non sarebbe piacevole” è il suo
lapidario commento.
Kaede
mi guida fino ad una fermata della metropolitana e, con quella, arriviamo
proprio vicini al grattacielo dove ha sede l’azienda.
Prendiamo
l’ascensore e, mentre questo ci porta fino agli ultimi piani, io osservo
il viso di Kaede che torna a quello stadio di glaciale indifferenza che
credevo di essere riuscito definitivamente a sciogliere in questi mesi di
vita con lui; quando le porte dell’ascensore si aprono, lui si dirige
subito verso la scrivania di una segretaria, che lo guarda sì stupita, ma
anche con la consapevolezza di chi sia. Certo, è logico che sia stato qui
altre volte…io lo seguo, guardandomi intorno: impiegati
indaffaratissimi, capi-settore nelle loro stanze e poi i familiari
ideogrammi del cognome della volpe sull’elegante targhetta che fa bella
mostra sulla porta di fronte a noi. Kaede non chiede, annuncia che vuole
parlare con suo padre con una autoritaria voce di ghiaccio, poi mi dice di
aspettarlo qui, ma non ha bisogno di dirmelo…
Intanto,
ora che ho visto questo posto, ho ancora meno voglia di conoscere suo
padre, quindi non credo che farò un’improvvisata fra qualche minuto!
Poi, non ho neanche voglia di andarmene a curiosare…Mi appoggio con
disinvoltura alla parete, mentre varie persone mi guardano con
disapprovazione e io ricambio con occhiate malevole. Mi chiedo come
diavolo facciano a resistere qui dentro, con questo lavoro…giacca e
cravatta, il cartellino da timbrare, rigidità nell’orario di lavoro…
Giuro
che io soffocherei!!!
Non
resisterei più di due giorni e, soprattutto, non sopporterei che qualcuno
si sentisse in diritto di darmi degli ordini!!!
E’
vero che anche il basket è fatto di disciplina (come non si stanca mai di
farmi notare la kitsune), ma ormai al tensai viene riconosciuta la giusta
importanza ed è un piacere allenarsi in queste condizioni, oltretutto con
la mia volpe vicino!!!! Istintivamente guardo verso la porta che Kaede ha
chiuso dietro di sé quando è entrato; ripenso all’uomo che ho visto di
sfuggita, seduto ad una grande scrivania, e mi sento un po’ ansioso.
Lo
sono per Kaede: lui ora non sta passando dei bei momenti e poi questa
trasferta a Tokyo mi ha ricordato che potrebbe esserci un problema…anzi,
sicuramente ci sarà…per quanto io abbia cercato di non pensarci e di
rimandare il momento di affrontarlo…
Io e mio padre ci
fissiamo in silenzio per lunghi istanti: era da mesi che non ci
incontravamo.
“Avrei
preferito essere avvertito preventivamente della tua visita” è la sua
prima frase.
“Hn”
non mi interessa cosa avrebbe preferito…
“E’
tutto a posto? C’è qualcosa che non va?” le sue domande potrebbero
sembrare affettuose, se non fossero fatte con una voce assolutamente
atona. Come se stesse parlando ad uno dei suoi dipendenti.
Per
un attimo mi chiedo se fosse simile a questa, la mia voce, lo scorso
anno…se il mio do’aho abbia sentito lo stesso tono in me…Spero di
no!!!
Alla
fine mi decido a parlare: “Non ti preoccupare, non starò qui a lungo:
dopo che avrai firmato questi fogli, me ne tornerò a Kanagawa” gli
annuncio.
Mio
padre si acciglia leggermente: “Cosa dovrei firmare?”.
Io
mi avvicino alla scrivania e lui mi fa cenno di sedermi sulla poltroncina
di fronte. “Sono solo alcune formalità…mi servono per poter andare in
America dopo il diploma” spiego, mentre gli porgo le carte e lui le
prende con diffidenza.
“In
America? Negli Stati Uniti?”.
Annuisco.
“E
cosa andresti a fare laggiù?”.
Mi
irrigidisco. Lo sa benissimo, deve per lo meno immaginarlo!!! Non voglio
credere che mi conosca così poco da non immaginare il motivo per cui
sogno l’America, anche se non glielo ho mai detto a voce…
“Frequenterò
un college la cui squadra universitaria sia legata ad una delle squadre
dell’NBA…pensavo alle squadre della Pacific Division…Voglio
diventare un giocatore professionista negli Stati Uniti” mi sono fatto
uscire il fiato e gli ho spiegato tutto; ora non dovrebbe fare ulteriori
domande, almeno spero.
“Capisco”.
Non
dice altro, mentre legge le carte che gli ho dato; la sua lettura è
attenta, impiega diversi minuti per finire, poi rialza gli occhi su di me.
“Ad
una condizione” dice, gelidamente.
Come?!
Una condizione…
Questo
non lo avevo messo in conto e non mi piace per niente…
“Quale?”
chiedo, altrettanto freddamente.
“Che
studi economia all’università”.
Di
nuovo con questa stupida storia!!! Anche quando ero bambino, a volte, me
lo aveva detto…
“Non
se ne parla” replico, con un tono fermo per fargli capire che davvero
NON SE NE PARLA!!!!!
“Allora,
spiacente, ma resterai qui” è la sua altrettanto ferma conclusione.
COSA?!
Mi sta dicendo quello che ho sentito? Che non mi farà partire?! Che non
mi darà il suo maledetto permesso, se non farò quello che vuole lui?
PERCHE’?! PERCHE’ ORA DEVE FARMI QUESTO?! Lui non mi sopporta, perché
non coglie l’occasione per lasciarmi andare via?!
“Perché?!”
stavolta lo chiedo a lui, non a me stesso, stringendo i pugni.
“Studiando
economia, avrai qualcosa da fare…dopo”.
“Dopo,
cosa?” insisto.
Mio
padre mi guarda con disapprovazione, come se fossi ancora piccolo e mi
rifiutassi di capire: “Non sei lungimirante…Non potrai giocare a
basket in eterno e la carriera di un atleta non è mai lunghissima; se tu
studiassi economia, dopo potresti lavorare qui, prendere il mio posto”
dice in tono piatto.
Guardo
quest’uomo così gelido, così arido e spento, che crede di poter
governare il mio futuro dopo avermi ignorato nel passato e sento che ce
l’ho a morte con lui!!!! “Quando mi ritirerò come giocatore, farò
l’allenatore” gli spiego, cercando di mantenere la calma, per fargli
capire che ci ho già pensato…
Mio
padre getta le carte che gli avevo dato davanti a me e sentenzia: “Se
non studierai economia, non ti lascerò andare da nessuna parte”.
Vorrei
dirgli che non me ne importa niente del suo permesso e neanche di lui, ma
purtroppo qui si diventa maggiorenni a 21 anni e io non li ho ancora e ho
bisogno di quelle sue stramaledette firme!!! Maledizione, è da quando ero
bambino che voglio andare in America!!! Chi è lui per impedirmelo??!! Ma
io non sono una persona che accetti compromessi o che si faccia imporre
qualcosa: io andrò in America e ci andrò a modo mio e NON studierò
economia!!! E non starò neanche a pregarlo, se lo può scordare…
Mi
sento invadere dalla rabbia, devo sforzarmi al massimo perché le mani non
mi tremino mentre raccolgo i documenti che avevo portato. Mi alzo e lo
guardo.
“Ti
assicuro che andrò in America! Ti assicuro che me ne andrò da qui!!”
gli sibilo e lui inarca un sopracciglio.
Mi
volto ed esco dalla stanza, sbattendo la porta alle mie spalle; passo
velocemente davanti ad Hanamichi e con la coda dell’occhio mi accorgo
che mi segue, preoccupato.
Ci
fermiamo di fronte alle porte dell’ascensore.
La
volpe mi passa davanti dicendo fra i denti “Maledetto bastardo, lo
odio!!”.
Lo
seguo, pensando che ci sono guai in vista, ma non gli dico niente lungo
tutta la discesa dell’ascensore; ormai lo conosco abbastanza da sapere
che adesso non è il caso di dirgli alcunché : soltanto quando siamo di
nuovo in strada ci guardiamo di nuovo in faccia…
Si
è fatta ora di pranzo…SIGH!!!! Io so che qui a Tokyo ci sono ristoranti
di tutti i tipi e ora ho fame e mi piacerebbe provarne uno e invece mi
tocca indicargli il locale qui di fronte, perché adesso l’importante è
parlare e basta solo trovare un posto dove sedersi comodamente…Insomma,
in un modo o nell’altro questo tizio (suo padre) riesce sempre a darmi
ai nervi!!!
Entriamo
e ordiniamo le prime cose che ci saltano all’occhio; siamo seduti già
da qualche minuto quando mi decido ad aprire bocca: “Che è successo,
kitsune?”.
Lui
mi sembra pallidissimo dalla rabbia e allo stesso tempo è scuro come un
temporale; si morde le labbra per lunghi istanti e poi inizia a
raccontarmi, parlando lentamente, a fatica.
Mi
spiega tutto e io capisco il perché della sua espressione, però…però…
“Perché
non lo accontenti?” mi sento un cretino subito dopo avergli fatto questa
domanda, però questa cosa mi sfugge. Voglio dire…il mio volpino non ama
studiare, non mi ha mai detto di avere un interesse particolare verso una
determinata facoltà e non l’ho mai sentito parlare con entusiasmo di
niente di simile…allora perché non può studiare economia? Non capisco
perché voglia complicarsi la vita con questa che ha tutta l’aria di una
ripicca…
“Non
me ne frega niente dell’economia!” Kaede mi fulmina con lo sguardo.
“Va
bene, ma che alternativa hai da proporgli?” insisto io.
“Non
è questo il punto: io non verrò MAI a compromessi con lui!!! Andrò in
America e studierò quello che vorrò e lui non potrà farci niente!!
Lui…lui ha perso tanto tempo fa il diritto di dirmi ciò che devo
fare!” la voce di Kaede ha una carica d’odio che mi spaventa e mi
rende triste.
So
a cosa si stia riferendo, ma lui dovrebbe capire anche perché io, che
sono il primo a non voler ricevere ordini, cerchi di essere più
diplomatico in questo caso…
Guardo
fuori dalla vetrata e mi scorre davanti il traffico della città.
“La
comunicabilità è il miglior pregio della vostra famiglia, vedo…”
borbotto, immaginandomi la scena di quei due, padre e figlio, ognuno
impuntato irremovibilmente.
Ma
Kaede non gradisce l’osservazione: “Do’aho!”.
“Magari
se aveste parlato, invece di limitarvi ad annunciarvi le rispettive
decisioni…” insisto.
“Da
quando sei così conciliante, Hanamichi?” mi chiede Kaede, sempre più
scuro in viso e con una sfumatura ironica.
“Ci
sto male quando litighi con tuo padre…” e poi non me la sento di dire
altro, torno con la mente a quello stramaledetto giorno e a quelle
dannatissime risse e lui lo capisce e vedo il suo sguardo addolcirsi per
un attimo.
Perché
lui che ha un padre ci deve litigare?
Tu
non lo sai che vuol dire, Kaede, essere immobilizzato e sapere che tuo
padre sta morendo e che tu non puoi fare niente e non riuscire a fare
niente…chiedersi perché sia dovuto succedere tutto quel giorno…se
avessi fatto un’altra strada non avrei incontrato i primi quattro
teppisti che poi radunarono anche i loro amici…se fossi stato con Yohei
e l’Armata Sakuragi…Ho passato notti intere ad arrovellarmi su queste
domande. E tuo padre è un bastardo, kitsune, e tu hai tutte le ragioni di
avercela con lui, ma quando so che litigate io non posso fare a meno di
star male, lo capisci questo, Kaede? Ma forse non può capirlo nessuno e
io ti auguro non di non dover mai conoscere un senso di colpa così
grande, amore…
“Non
è stata colpa tua, Hana” mi dice, dopo diversi minuti di silenzio.
“Credi?”
non so che aspettarmi: da quella volta di quasi un anno fa, quando lui
aveva la febbre e io gli avevo parlato di mio padre e della sua morte,
l’argomento non è più stato affrontato fra di noi…
“Non
eri stato tu a cominciare le risse, ti sei dovuto difendere…non puoi
sentirti in colpa per aver subito un torto…” mormora Kaede, di nuovo
con voce pacata. La sua voce dei momenti più dolci.
“Non
sono riuscito ad aiutarlo…” può metterla come vuole, ma il risultato
non cambia: mio padre era lì a morire mentre io facevo a pugni con un
gruppo di vigliacchi!
“Non
hai POTUTO aiutarlo, ti è stato impedito! Eri da solo e loro erano
tanti…e se tu non ti fossi difeso, cosa sarebbe successo? Saresti finito
all’ospedale e tuo padre sarebbe morto ugualmente” insiste Kaede.
Razionalmente
lo so che ha ragione, ma io non brillo per razionalità…Le stesse cose
me le disse anche mia madre, quando si rese conto che non riuscivo a
guardarla in faccia, perché io ormai ero orfano, certo, ma lei era vedova
per colpa mia e della mia
rissosità…Ma lo so che è sincera, quando mi assicura che NON è stata
colpa mia… “Hana, lo so che è difficile da accettare, ma ci sono cose
al di fuori del nostro controllo…cose che nemmeno il tensai può
controllare!” dice affettuosamente il mio amore, il mio Kaede.
Io
mi volto nuovamente per guardare la mia bellissima kitsune e gli sorrido: “Già,
incredibile, vero? Non ti preoccupare, Kaede, sono solo un po’
triste…ormai so convivere con questo ricordo. Ma proprio per questo non
vorrei che tu…”.
“Che
io, cosa?” mi incita lui; ora è più disposto ad ascoltare.
“Che
tu un giorno dovessi avere dei rimpianti: torna a parlare con tuo padre,
non è giusto che questa sia stata la vostra ultima conversazione” lo
incoraggio.
“No!”
Kaede è particolarmente categorico.
“Anche
solo per rinfacciargli quella cattiveria che disse anni fa, ma parlagli!!
Dopo ti sentirai meglio” stavolta non mollo, so di avere ragione!!
Soprattutto perché so quanto ancora Kaede soffra per quella dannata frase
detta da suo padre…
“Hn”
non replica, forse lo sto convincendo.
“Kitsune,
ti serve la sua firma, no?” gli faccio notare e lui annuisce
malvolentieri.
“Be’,
non credo che tu abbia voglia di fare su e giù con Tokyo ogni sabato
quindi devi risolvere tutto oggi e per farlo devi tornare a parlare con
tuo padre!” sicuramente lo convincerà il famoso senso pratico del
tensai…voglio dire, è tutto sensato quello che ho detto, giusto?
Evidentemente sì, perché vedo che Kaede, senza dire una parola, si alza.
Paghiamo
la consumazione e torniamo sui nostri passi, ritrovandoci di fronte al
grattacielo; di nuovo l’ascensore, di nuovo la segretaria stupita, di
nuovo io che devo aspettare fuori…
Prima
che il mio volpacchiotto entri, riesco a sussurrargli: “Allora, kitsune,
sarai ragionevole?”.
“Assolutamente
no!”.
Perfetto…
Mio padre non sembra
stupito di rivedermi.
Mi
porto di fronte a lui e uso il mio tono più basso e deciso: “Voglio che
tu sappia che io non ti sto chiedendo il permesso. Ti sto dicendo che andrò
in America, che giocherò lì, che studierò lì, ma NON economia: sarebbe
troppo impegnativo e comunque non me ne frega niente. Giocare da
professionista in America è il sogno della mia vita e non starò certo a
guardare te che mi impedisci di realizzarlo!”.
Lui
mi fissa a lungo, non fa una piega e io comincio a temere di
assomigliargli…
Poi
ha un insolito sguardo di approvazione: “Bene. Ora so che lo desideri
davvero e che non è il capriccio di un ragazzino; è una sfida
impegnativa…non potresti affrontarla senza una volontà ferrea come
quella che mi hai appena dimostrato di avere”.
Il
basket un capriccio?!
Mio
padre mi conosce ancora meno di quanto credessi! Se mi conoscesse anche
solo un minimo, saprebbe che il basket è sempre stato il motore della mia
vita…
Mi
fa cenno di porgergli i documenti che ancora porto con me e io, per una
volta, sono felice di obbedire a qualcuno; provo una sensazione di trionfo
mentre lo osservo firmare foglio dopo foglio…quelle firme sono la mia
libertà, sono in parte il mio passaporto per la patria del basket!!!
Quando
finisce, me li rende senza dirmi niente.
Potrei
salutare e andarmene, ma uno spiacevole senso di irrisolto mi punge dentro
e io non voglio trascinarmelo ancora per chissà quanto tempo, sono dieci
anni che lo sopporto; così non rinuncio a dirgli quello che sto pensando:
“Hn…se sarai fortunato, il mio aereo precipiterà nel Pacifico, così
si avvererà parte del tuo desiderio
anche se questo non la farà tornare…”.
Per
la prima volta da stamattina, lo vedo incupirsi in volto: “Che
intendi?”.
“Dieci
anni fa…ti ho sentito: stavi dicendo a quel tuo cugino che avresti
preferito la mia morte a quella della mamma…” mi interrompo, dal lampo
nel suo sguardo capisco che si ricorda anche lui di quel momento, di quei
giorni di dolore.
“Siediti,
Kaede!” ordina lui.
Ma
io non sono un suo dipendente e se ora mi siedo è perché IO l’ho
deciso, perché IO voglio togliermi questo peso e gettarmi tutto alle
spalle, perché IO voglio non doverci pensare mai più nella vita. Non
perché me lo ordina lui.
Però
noto che stavolta mi ha chiamato per nome…
“E’
vero, l’ho detto e lo pensavo davvero in quel momento, non intendo
accampare scuse…ma mi dispiace che tu abbia sentito…”.
Già,
dispiace anche a me averlo sentito…forse non avrei creduto di essere
solo un peso, qualcuno di talmente insignificante da poterne desiderare la
morte; veramente è durato poco questo pensiero…in me si è poi radicata
l’idea di appartenere al basket e di essere nato per questo sport…ma
non ho certo voglia di ringraziare mio padre per avermi fatto conoscere,
anche se per poco, la sensazione di sentirsi inutili. “Così tutto il
rancore che percepivo in te in questi anni, tutti i tuoi silenzi, erano
dovuti a questo?” mi chiede, fissandomi negli occhi.
Io
mi stringo nelle spalle…magari il silenzio ci sarebbe stato ugualmente,
il rancore forse no…
“Mi
sono pentito di aver detto quella cattiveria un attimo dopo averla
pronunciata….”.
“Mi
fa piacere saperlo, anche se arrivi un po’ tardi” ironizzo io.
“…ma
tu non puoi capire. Kaede, io ti auguro con tutto il cuore di non dover
mai perdere la persona che ami, di non doverla mai vedere spegnersi giorno
dopo giorno senza poter far niente…Io la amavo tanto…lei era la mia
anima gemella e quando se n’è andata mi sono sentito perso, niente
aveva più importanza, niente e nessuno…Tu eri il mio bambino, certo, ma
lei era la donna che avevo scelto per dividere la vita” spiega lui,
lentamente.
Mia
madre l’aveva scelta, certo, mentre io gli ero capitato per
caso…quando si decide di avere un figlio non si può sapere poi che tipo
te ne tocchi in sorte, vero? “Non avevo idea che tu avessi ascoltato,
Kaede: perché non me ne hai parlato prima?”.
“A
che scopo? Credevo che mi odiassi…” è doloroso da dire, ma è la pura
verità. Vedo mio padre rabbuiarsi, poi scuotere la testa: “Perché
avrei dovuto odiarti? Sai, Kaede, tu non sei stato molto amabile in questi
anni…sei stato scostante e silenzioso, mi hai fatto capire che non mi
sopportavi e non mi volevi vicino a te e ora ne capisco il motivo, ma
anche quando non lo capivo non ti ho mai odiato: quando ti guardo penso
che sei il risultato perfetto dell’amore che c’era tra me e tua
madre…hai i suoi occhi e la mia carnagione chiara…somigli ad
entrambi…e in te c’è ancora una parte di lei, che non l’ha fatta
morire del tutto. L’amore e il dolore possono portare a dire cose
cattive, molto cattive…ed io ero disperato e tutto quello che riuscivo a
pensare era che lei non sarebbe più stata al mio fianco, per questo ho
detto…quelle cose. Ma non ti ho mai odiato. Mi spiace solo che ora sia
tutto irrecuperabile…” e fa un gesto in aria con la mano.
Irrecuperabile,
è vero, e per fortuna lo sa anche lui.
Questo
non è uno di quei telefilm americani in cui, alla fine, i protagonisti si
abbracciano piangendo e si scambiano le immancabili battute “Ti voglio
bene”/ “Anche io ti voglio bene”.
Questa
è la vita reale e nella vita ci sono rapporti che non si recuperano più,
neanche volendolo e noi per di più non lo vogliamo.
Né
io né mio padre faremo uno sforzo, lo so: ci siamo costruiti due
esistenze che non prevedono la presenza dell’altro e ci sta bene così;
forse ora non ce l’avrò più così tanto con lui, forse lui mi troverà
meno insopportabile…ma il massimo che potremo fare sarà passare
dall’antipatia reciproca ad una più riposante indifferenza.
“Non
importa- gli dico- Per noi non sarà un problema” mi alzo, ma prima che
me ne vada mi accorgo che lui lancia un’occhiata al visore che ha sulla
scrivania, da cui può controllare lo spazio di fronte alla porta della
sua stanza.
“Lui
chi è? Ti ha accompagnato anche prima”.
Non
mi serve guardare il piccolo schermo per sapere che sta parlando di
Hanamichi, lì fuori in paziente attesa.
“E’
il mio compagno. Il mio amante” aggiungo, perché gli sia chiaro.
Mio
padre cerca di darsi un contegno, di fingersi un uomo moderno e di ampie
vedute, ma è perfettamente inutile che lo faccia: ricordo bene la sua
espressione disgustata quando glielo avevo detto mesi fa…
“Sei
scandalizzato, vero?” lo provoco.
Lui
mi fa una smorfia: “Mi capirai se non faccio salti di gioia al pensiero
che mio figlio vada a letto con un altro ragazzo!”.
Io
non mi scompongo, gli dico calmo: “No, non lo capisco. E io non mi
limito ad andare a letto con lui…lui è la persona che amo!”.
Di
nuovo una smorfia: “Contento tu…però…non c’era nessuno di meglio,
in giro?”.
“NO!
Io voglio LUI” glielo sillabo per bene, magari gli rimane più impresso;
poi mi volto e mi avvio verso la porta.
“Non
voglio che questa cosa si sappia in giro” mi ammonisce lui.
“Hn”
per la tua reputazione? Cosa vuoi che me ne freghi? Deciderò io a chi
dirlo e a chi non dirlo…
Poggio
una mano sulla maniglia.
“Ah,
Kaede!”.
“Hn?”.
“Buona
fortuna”.
Io
non mi volto, ma dico: “Anche a te”.
Io
non lo cercherò tanto presto e so che lui farà altrettanto. E lo sa
anche lui. Ma mentre mi chiudo la porta alle spalle e incontro il volto
sorridente di Hanamichi, mi sento più leggero…
Sul
treno di ritorno il mio adorato volpino non ha detto nulla, anzi si è
addormentato. A cena, invece, mi ha raccontato a grandi linee la seconda
conversazione avuta con suo padre, cosa che mi ha innervosito molto per
tutto quello che mi ha fatto venire in mente…E impulsivamente decido che
non mi va di pensarci, non adesso…ci sarà tempo…Per scrollarmi di
dosso questo nervosismo, inizio a fissare il mio bel volpino e questo mi
fa pensare che vorrei vedere le sue foto, che non le ho mai viste, perché
lui non le cerca mai e invece adesso sono curioso, non so, sarà la
sua conversazione con il padre che mi ha fatto venire voglia di vedere
immagini della sua vita degli anni passati…
“Kitsune,
posso guardare i tuoi album di fotografie?” meglio che glielo chieda,
prima: è un po’ suscettibile a riguardo! Ma ci tengo molto: sento che
arriverei anche a conoscerlo meglio…
“Sono
nello studio di mio padre” dice lui, facendomi capire che non ha niente
in contrario.
Finiamo
di sistemare la cucina e poi io mi reco in quella stanza e comincio a
trafficare con gli scaffali; prendo un po’ di album e mi butto sul
divano che è in un angolo di questa stanza così grande. Dal salotto mi
arriva un piacevole suono di musica: Kaede deve aver messo su un cd…
Eheheheheh…sono
un po’ emozionato nell’aprire il primo album, sapete?
Uhm…questa
è sicuramente sua madre! È la prima volta che la vedo, ma non ho dubbi:
Kaede ha i suoi stessi, bellissimi occhi…e questo dev’essere suo
padre! Cavoli, ha la pelle chiara come la sua…ma allora è una cosa di
famiglia!!!
E
questo è lui.
Oooooooh…il
mio volpino neonato, oddio che tenerezza!!!!!
Un
cucciolo dai capelli neri e dalla pelle bianchissima…e le manine strette
a pugno…uhm…già da allora, eh!
Qui
è in braccio alla madre…però era davvero piccolino, guardando queste
foto nessuno potrebbe pensare che ora ha superato il metro e novanta…e
qui è nella culla, tutto raggomitolato…ooohh…sì, però…
Guardo
meglio le foto.
Be’,
io qualcosa di neonati la so, perché mia madre è infermiera e mi ha
sempre parlato spesso del suo lavoro: per esempio mi ha detto molte volte
che i neonati dormono quasi tutto il giorno e che restano svegli per circa
tre ore (me lo aveva spiegato per dirmi che anche in questo caso il tensai
si distingueva dagli altri: io rimanevo sveglio più a lungo!!),
invece…Insomma, ci fosse una foto di Kaede con gli occhi aperti!!!
Niente!!! Perennemente addormentato…
Ok,
certo, dorme tanto anche adesso, figuriamoci da neonato!
A
pensarci bene, può essere che gli sia rimasto da allora…
Ridacchio,
mente volto le pagine dell’album.
Oh!
Arrivati alle foto dei suoi uno/due anni ha gli occhi aperti!!!
È
ritratto sempre con la mamma, doveva
volerle molto bene…Io guardo attentamente il visetto di Kaede: sono
poche le foto in cui sorride, ma il suo sguardo era limpido e innocente.
Uno sguardo sereno.
Volto
di nuovo una pagina.
Eh?
Questa è bellissima, vorrei che poteste vederla anche voi!!! Pensate che
io mi sto mettendo a ridere da solo come un matto!!!! Eheheheheheheheh…ma
è troppo simpatica…
Si
vede Kaede, all’età di circa quattro anni, in un campetto da basket che
credo sia quello che tuttora frequenta: tra le mani ha un pallone da
mini-basket, adatto al suo essere bambino e alla sua altezza, ma
evidentemente non doveva esserne felice…infatti sta fissando con sguardo
assassino un ragazzo poco distante, che giocava con un pallone vero
davanti al canestro regolamentare!!!
Non
avete idea della sua espressione!!!
Secondo
me, avrebbe volentieri dato una botta in testa al tizio per fregargli la
palla !!!
È
proprio vero, allora, che certe caratteristiche fanno parte di noi dalla
nascita…
Oh,
ecco, in questa foto sta sorridendo:
sta sfogliando una rivista di basket con la madre e sorride felice.
Dopo
quest’ultima, però, l’atmosfera cambia: non ci sono più immagini
familiari, ma soltanto scene scattate a bordocampo, durante le partite, e
poi mancano quasi completamente foto di lui alle elementari. E i suoi
occhi hanno perso quello sguardo sereno. Queste sono le foto scattate dopo
la morte della madre.
Sì,
ma com’è che mancano quelle scolastiche?! Ah, già! Il tensai si
ricorda tutto: quelle scolastiche sono in un album a parte, dove c’è
anche la foto di gruppo dell’asilo in cui compaio anche io! Eheheheheheh…segno
evidente che il volpino era destinato a me!
Ora
sono arrivato alle fotografie delle medie: Kaede compare sempre e solo con
la divisa della squadra Tomigaoka, ha il viso distaccato, lo sguardo
gelido…
Un
rumore mi distrae e mi fa alzare il viso e lo vedo nel vano della porta,
che mi osserva; istintivamente cerco i suoi occhi e provo un moto di gioia
notando come quel ghiaccio sembri essersi sciolto, come il suo sguardo sia
più limpido.
“Ti
piacciono così tanto quelle foto?” mi chiede.
“Da
cosa l’hai capito?”.
“Dalla
tua espressione…” risponde, inclinando il viso come per guardarmi
meglio.
“Non
avevo mai visto il volto di tua madre…era molto bella” gli sorrido e
faccio per mostrargli l’immagine che mi ha colpito di più, ma lui mi
blocca con un cenno della mano.
“Non
voglio vederla mai più” lo dice tranquillo, ma con il tono di chi non
cambierà mai idea.
“Ma
perché?” almeno ci provo…secondo me si sta privando di qualcosa di
importante, non volendo guardare più il volto della madre.
“Ho
deciso così” è la sua semplice risposta.
Io
non insisto più, fosse qualche altra cosa sì, ma non su questo…So
quanto sia personale un simile dolore perché ci sono passato anche io. Ma
abbiamo avuto reazioni diverse, io e lui, neanche a dirlo!! Ad esempio, a
me dispiace non avere molte foto di mio padre e dovermi accontentare di
ricordi…
Richiudo
l’album e lo poso al mio fianco, poi, sorridendogli, gli chiedo di
avvicinarsi a me; aver visto queste foto mi ha reso felice: mi sembra così
incredibile che il bambino di quelle immagini sia lo stesso splendido
ragazzo che ora è di fronte a me!! Quando Kaede è abbastanza vicino, lo
sorprendo con una mossa fulminea: gli afferro il polso e me lo attiro
prepotentemente addosso, facendolo sedere in braccio a me.
“Preso!”
gli dico, ridendo e serrando le braccia intorno a lui per impedirgli di
divincolarsi e dimostrargli che il tensai ha i riflessi più pronti di una
stupida volpe!!! Eheheheheheheh…
Ma
lui neanche prova a divincolarsi, a dire il vero…
“Sei
proprio un do’aho!- mi dice in tono sostenuto, ma poi strofina la sua
guancia contro la mia e mi sussurra all’orecchio- E poi,
mi hai preso tanto tempo fa…”
Ci
baciamo senza fretta, dolcemente, e le nostre lingue si accarezzano
languidamente, ci perdiamo nei nostri gesti d’amore; dopo il bacio,
Kaede si rilassa contro di me, appoggiando la testa alla mia spalla e
cingendomi la vita.
“E’
stata una giornata pesante, vero kitsune?” lo è stata anche per me,
pure se per un altro motivo.
“Hn”.
“Sai,
io ce l’ho a morte con tuo padre, però non posso neanche fare a meno di
essergli grato” dico d’impulso, stringendolo più forte.
“Perché?
Perché vive a Tokyo e questo ci permette di fare i nostri comodi?”
sussurra il mio volpino. In effetti…
Io
rido.
“Be’
anche!!! Ma in realtà è per una cosa che mi è venuta in mente qualche
tempo fa…Se noi siamo così è per via dei nostri genitori, no? Voglio
dire, se non si fossero incontrati noi non saremmo nati, giusto? Quindi è
grazie a tuo padre e a tua madre se tu ci sei, kitsune, e se sei così e
tu così sei meraviglioso…E allora credo proprio di dover essere grato a
tuo padre…per la tua esistenza…”.
Oddio,
che discorso!!! Avrà capito quello che intendevo dire? No, perché il
concetto nella mia testa era ben chiaro, ma renderlo a parole è stato più
faticoso del previsto… Uhm…pare che il volpino abbia capito, però:
non dice niente, ma la sua stretta diventa più forte e sento la sua
guancia liscia nell’incavo fra il collo e la spalla. Accarezzo i suoi
capelli e decido di assecondare il bisogno di silenzio che il mio Kaede
prova in questo momento. Restiamo così per un bel po’, rilassati, ma
dopo diversi minuti lo chiamo a bassa voce:
mi sento stanco anch’io, ho voglia di dormire. “Kitsune,
andiamo di sopra adesso?”.
Nessuna
risposta.
“Kitsune,
mi basta un cenno del capo!” se proprio non vuole parlare…
Ancora
niente…
Inclino
la testa per guardarlo e ho la conferma dei miei sospetti: si è
addormentato!!!! Sorrido fra me e me per aver indovinato anche stavolta
(il tensai indovina sempre!) e penso che ora ho due possibilità: salgo le
scale con Kaede in braccio o, cosa meno faticosa, restiamo qui per un
po’ e poi lo sveglio con calma?
Mah,
tanto lo so come finirà! Lui risponderà alle mie scosse con dei mugolii
via via più irritati, per la serie se-mi-svegli-ti-mordo- e io dovrò
trasportarlo in braccio fino al piano di sopra!!!
Come
se mi dispiacesse…
E
poi mi piace stare così…
Poggio
la testa indietro, sullo schienale del divano, e chiudo gli occhi mentre
continuo a carezzare i morbidi capelli di Kaede.
È
bello restare così per un po’…tranquilli…abbracciati…
Parte
seconda.- I can’t stay but I’ll never be too far.
Secondo
la naturale conseguenza delle cose, visto che ieri era sabato oggi è
domenica. E dal momento che ormai è stato archiviato anche il campionato
invernale, per oggi non sono previsti allenamenti: il glorioso club di
basket dello Shohoku si è preso una meritatissima pausa!
Io
e la mia kitsune stiamo facendo colazione in tutta calma, quando lui si
volta verso di me e mi dice: “Do’aho, finora non ti ho chiesto cosa
abbia detto tua madre della nostra partenza per l’America…le hai dato
quei documenti da firmare? Le hai detto che devi farti il passaporto?”.
Ecco.
Alla
fine il discorso che mi illudevo di poter evitare è saltato fuori! Anche
se, a dire il vero, è da ieri che me lo aspettavo: lo sapevo che il
colloquio con suo padre lo avrebbe portato a chiedermi della reazione di
mia madre…per questo ero così nervoso…
E
lo sono anche ora, ma non voglio che Kaede lo percepisca.
Deglutisco.
“Io…non
gliel’ho ancora detto…” ammetto, con uno sforzo.
Lui
alza di scatto gli occhi e mi fissa: “E che aspetti a farlo?” è la
sua ovvia, seccata domanda.
Come
faccio a spiegarglielo? Come diavolo faccio a fargli capire che, ogni
volta che ho pensato di affrontare il discorso con mia madre o di dirlo a
Yohei, sono stato colto dalla paura? Mi urta da pazzi doverlo ammettere,
ma mentre all’inizio mi sembrava tutto facile ora non è così…non
adesso che questa cosa diventa di giorno in giorno più vicina,
concretizzandosi…No, non proprio…
Ok,
ricomincio daccapo!!!
È
ancora facile: partire con Kaede, stare sempre con lui, sfidare i giganti
americani…questo è facile…
Però…
Mi
capita di pensare a mia madre, ai miei amici, quelli dell’armata
Sakuragi e quelli che ho trovato grazie al basket, e penso che non so se
riuscirei a salutarli a cuor leggero sapendo che non li rivedrei tanto
presto.
Certo,
la partenza sarebbe l’anno prossimo.
Però…
A
me sembra un tempo breve, che ci crediate o no: se si potesse aspettare
ancora…ancora un po’ per abituarmi meglio all’idea di non poter più
telefonare così spesso a mia madre, di non poter chiacchierare più tutti
i giorni con i miei amici, di dovermi separare da tutto ciò che finora è
stato il mio mondo…un mondo a cui sono affezionato…
Mi
è venuto in mente che dopo la mia partenza i legami che ho con loro si
allenteranno e che, una volta allentati i legami, sarà difficile
recuperarli. E io sono espansivo e ho un buon carattere e sono un
ottimista di natura, ma non sono stati anni facili per me…se non avessi
avuto questi punti di riferimento, cosa avrei potuto combinare? Queste
piccole cose quotidiane…che ne so, una chiacchierata con Yohei, mia
madre che mi scompigliava i capelli all’improvviso…è sempre bastato
questo per farmi sentire felice. E poi è arrivato Kaede, è vero, e ora
lui è il centro della mia vita, però…
Mi
serve più tempo, ma come faccio a spiegarglielo? Lui ha sempre guardato
con sospetto ai legami troppo stretti proprio per motivi come questo!
“Allora?”
mi chiede lui con impazienza.
“Io…ma
è proprio necessario farlo ora? Voglio dire…che fretta abbiamo?”
riesco a dirgli. E non è la risposta che lui voleva.
Kaede
si appoggia allo schienale della sedia, con il viso tirato: “Parla
chiaro, Hanamichi! Che intendi?”
“Cioè…in
fondo, perché dobbiamo per forza partire l’anno prossimo? Potremmo
farlo anche dopo, no?” finalmente l’ho detto!! Non volevo dirglielo
così, ma l’ho detto!!! È vero che ora corro il rischio di essere
squartato dalla volpe, ma forse potrebbe capire…
Ma
smetto di illudermi presto; la sua voce è gelida da dare i brividi:
“Hanamichi, tu credi davvero che la vita stia ad aspettare te e le tue
decisioni? In alcune squadre dell’NBA giocano ragazzi appena usciti dal
liceo e tu vorresti presentarti lì, magari già al secondo anno
universitario? Ci avevi pensato? Ti rendi conto che in America non è come
in Giappone, che qui siamo in pochi a giocare a basket e lì, invece, il
basket è uno degli sport nazionali? Lo hai capito che questo significa
non solo più avversari, ma anche più rivali per ottenere un posto in una
squadra?”.
L’abbondanza
di parole che ha usato mi fa capire che si sta arrabbiando; no, mi
correggo: è GIA’ arrabbiato!!!
“Non
mi sembrava grave…” tento; perché lui la deve far sembrare una
questione di vita o di morte?!
“Ah,
no?! E perché non ti sembrava grave? No, aspetta! Rispondi a questo:
perché vuoi rimandare la partenza?” il suo tono peggiora di parola in
parola…
Gli
dico la verità: “Per poter restare un po’ di più con le persone a
cui tengo”.
E
i suoi occhi si spalancano.
“Per
QUESTO?!”.
Ma
c’è qualcosa che mi offende nel suo stupore assoluto, nella sua
incapacità di comprendere e
io mi infurio: “Non è colpa mia se io ho una madre e degli amici che mi
dispiace lasciare!!!” gli ringhio…e me ne pento un secondo dopo!!!
Come a dire che lui non li ha
Maledizione
a me!!! Come ho potuto dirgli una cosa simile?! Davvero sono stato così
cattivo proprio con lui?!
Kaede
impallidisce ancora di più, se possibile, ma non muove un muscolo del
viso; neanche mentre io mi affretto a scusarmi: “Kaede, scusa! Ti ho
detto una carognata e non volevo…prendimi a pugni, ma non guardarmi così…scusami…”
ma lui scuote la testa e mi fa cenno di tacere.
“Non
scusarti per aver detto la verità…sappiamo entrambi che è così- fa
una pausa che mi sembra
lunghissima, poi mi chiede- Cosa conti di fare?".
È
una domanda cruciale…forse, se lo convinco…
“Perché
non iniziamo qui l’università? Facciamo sempre in tempo a partire più
in là…”.
“Più
in là quando?- mi interrompe Kaede, ironico- Troveresti sempre una scusa
per rimandare”.
“NON
E’ VERO!!!- scatto io- Io ho solo…”.
“Tu
hai paura del cambiamento, perché sarebbe radicale- mi interrompe di
nuovo Kaede- E in realtà ora mi rendo conto che, se fosse per te,
rimanderesti in eterno, perché non arriverebbe mai il momento giusto”.
Per
chi mi ha preso?! IO NON HO PAURA!!! Non come intende lui, almeno.
“Kaede,
se ti ho detto che sarei partito, così sarà!!! Però, non subito dopo il
diploma…non posso…”.
“Credi
che, anche restando qui, non ci saranno dei cambiamenti nella tua vita?
Credi che questi ritmi liceali possano durare in eterno?!” mi chiede
lui, spazientito.
“Non
posso…” ho cercato di parlare con voce ferma, perché mi prenda sul
serio. Però mi è anche chiaro che non sono riuscito a farmi capire da
lui.
Non
ho paura, ma sono spaventato: anche se non sembra io ho bisogno delle mie
certezze quotidiane e a me non le dà il basket!!!
Ho
bisogno di poter andare ogni tanto, senza preavviso, a trovare mia madre
che sta facendo il turno in ospedale e farle una sorpresa; ho bisogno di
poter comporre il numero di casa di Yohei senza pensare che sarà una
telefonata intercontinentale; ho bisogno delle mie incursioni in sala
giochi con l’armata Sakuragi. Ne ho bisogno ancora per un po’, un anno
non mi basta…
Certo,
Kaede ha la priorità assoluta, ma io…davvero sto chiedendo troppo?
Lui
mi fissa a lungo, serio, poi mi parla lentamente: “Va bene. Allora io
partirò subito dopo il diploma…poi tu mi raggiungerai quando ti
sentirai in grado di farlo”.
Mi
sembra che mi si fermi il cuore!!!
Ditemi
che non è vero…
Hanamichi
mi guarda come se lo stessi ammazzando e questo mi ferisce ancora di più.
Cosa
dovrei dire, io, dopo che lui mi ha lanciato addosso questo fulmine a ciel
sereno? Senza un’avvisaglia, una percezione…niente!!! Non avevo capito
affatto che potesse avere dei dubbi e ora mi sento dire che ha bisogno di
più tempo per separarsi con calma dai suoi amici, dai suoi affetti.
“Kaede,
no! Perché dici così?” scatta lui, dopo aver udito la mia
affermazione; il suo tono di voce è strano, ci percepisco la paura. E i
suoi occhi nocciola sono spalancati.
“Voglio
che tu abbia il tempo a cui tieni tanto” gli spiego.
Ma
Hanamichi scuote violentemente il capo e parla con tono più deciso: “Io
non ci sto qui, senza di te!!! Che ti costa rimandare per…”.
Ma
io lo interrompo bruscamente: “Ho già rimandato di due anni!!! Fosse
stato per me sarei partito l’anno scorso, lo sai, ma poi il signor Anzai
mi fece quel discorso sensato, mi consigliò di aspettare di essere
diventato il migliore del Giappone…ho deciso di aspettare la fine delle
superiori per partire. Non sono stato contento di farlo, ma sapevo che era
la soluzione più giusta, ma ora non voglio più aspettare. Per questo io
partirò comunque”.
Non
se lo aspettava, anche se non ho capito cosa si aspettasse: il suo sguardo
è allo stesso tempo preoccupato e arrabbiato.
“Kaede…”.
“Non
voglio importi niente- gli ripeto- Mi raggiungerai quando sarai pronto”.
Lui
si morde le labbra, poi quasi grida: “Se tu mi…”.
“Non
ci provare!!!- lo ammonisco di scatto; il mio viso non deve essere
rassicurante, perché Hanamichi si zittisce all’istante- Non provare a
dirmi cose tipo ‘se tu mi amassi’! non provare a chiedermi questa
rinuncia come dimostrazione di chissà che cosa, perché, ti assicuro, non
sarebbe amore!!!” proseguo io.
“Lo
dici soltanto perché ti fa comodo!” ora è il turno di Hanamichi di
avere uno scatto.
D’accordo…
Respiro
profondamente, poi cerco di parlare con più calma: “Ascoltami bene,
potrei anche farlo…potrei decidere di rimandare, gettando nuove
incognite sul mio futuro, ma me ne pentirei, già lo so…E,
inconsciamente, me la prenderei con te…Ti piacerebbe? È questo che vuoi
per noi?”.
Lui
sbuffa e fa una smorfia: “Ti pentiresti…ti pentiresti di mettere ME al
primo posto, eh?!” dice amaramente.
“Neanche
tu mi ci stai mettendo, Hana: ci stai mettendo tua madre e Yohei” lui
impallidisce a queste mie parole e io ho una stretta al cuore, perché
l’ultima cosa che voglio è che questa discussione si trasformi in una
di quelle liti in cui ci si gridano contro cose di cui poi ci si pente
“Io
ti amo, Kaede, più di tutto! È solo che…” esita, si irrigidisce.
“Solo
che?” lo incito a proseguire.
“Temo
di avere un po’…un po’ paura…” e abbassa gli occhi, mentre
arrossisce violentemente.
So
quanto gli sia costata questa ammissione di paura. Lui, il tensai
invincibile che non ha paura di niente, costretto ad ammettere davanti
alla sua volpe di aver paura all’idea di non vedere per lunghi periodi
la mamma e il suo migliore amico, come uno scolaretto qualsiasi!!!!!
E
io non capisco perché debba reagire così, perché non pensi che esistono
il telefono, le e-mail, il videotelefono, gli aerei che collegano la
California e il Giappone…
Mi
irrita molto che la sua dimenticanza spazzi via cento anni di evoluzione
umana… Forse potrei rassicurarlo, dirgli che partire non significa
necessariamente tagliare i ponti col passato o fare terra bruciata dietro
di sé, che questa sarà la MIA scelta ma che non deve essere
obbligatoriamente la sua…
Ma
non ci riesco.
Per
l’ennesima volta nella mia vita non riesco a trovare le parole (per un
discorso che non avrei mai creduto di dover fare, oltretutto!) e poi sono
convinto che lui le traviserebbe; le prenderebbe come il mio egoistico
tentativo di persuaderlo subito, ad ogni costo…così non posso far altro
che ribadire il concetto: “Hai paura. Può capitare…per questo ti sto
dicendo di rimanere qui finché non sarai pronto. Ma io non resterò”.
Lui
ha uno scatto e sbatte violentemente un pugno sul tavolo: “Maledizione,
Kaede!!! Non stare lì a dirmi tranquillamente che dopo il diploma ci
lasceremo! È un pensiero che mi fa impazzire, non lo sopporto!!!” mi
grida. Sta davvero gridando, è sconvolto e si vede, ma mi ha frainteso.
“Chi
ti ha detto che ci lasceremo?” gli faccio notare, scrutando il suo volto
congestionato, i suoi occhi luccicanti di lacrime di rabbia trattenute…
Mi
fa male vederlo così…
“Hai
detto che partirai senza di me: non è un modo velato per dirmi che mi
lascerai?” la sua voce trema, è quasi soffocata ma non saprei dire se
più di rabbia o di dolore.
“No-
lo rassicuro- E’ un modo neanche tanto velato per dirti che il nostro
sarà un rapporto a distanza”.
Lui
sembra calmarsi, mi guarda sospettoso, poi mi chiede: “Tu in America e
io in Giappone?”.
“Sì”
è un compromesso, lo so, e lo sto proponendo proprio io che non tollero i
compromessi, ma per Hanamichi sono disposto a farlo. Ma lui scuote
violentemente la testa.
“Non
funzionerebbe!!! Non ci vedremmo quasi mai, saremmo troppo distanti e a me
non basta sentire la tua voce per telefono, Kaede…voglio baciarti,
stringerti, voglio poter fare l’amore con te per ore…- di nuovo la sua
voce si incrina- Ma come farò se sarò qui da solo? Perché non vuoi
provare a restare? Tu dici che finiresti per prendertela con me, ma non
puoi saperlo…Se dici così, significa che non hai fiducia in noi!!”.
Questo
no!!!
A
questo decisamente mi ribello: “Io ho fiducia in noi!!! Ne ho talmente
tanta da essere sicuro che il nostro legame reggerebbe ad un rapporto a
distanza! Sei tu che non hai fiducia in questo…” aggiungo con
amarezza.
“Non
sarebbe facile…” mormora lui.
“Non
l’ho mai detto: ho detto solo che ci riusciremmo”.
Ho
cercato di parlare il più pacatamente possibile, finora, senza far
trasparire troppo la mia delusione, che pure è profonda, ma non è
servito.
Hanamichi
è in una di quelle sue fasi in cui non dà retta a nient’altro che a
quanto gli dica la testa.
“Tu
mi avevi promesso che non mi avresti mai lasciato!” mi accusa, gridando
di nuovo. È il panico a farlo parlare così, lo so, ma io ora ho solo
voglia di prenderlo a pugni…questa sua ultima affermazione mi fa
veramente arrabbiare.
“IO
NON TI STO LASCIANDO!!!” gli sillabo, per far entrare il concetto in
quella testa dura.
“Sì,
invece, e me lo avevi promesso…”.
Bene,
ora è il mio turno di reagire male e non mi va più neanche di sforzarmi
di nascondere la delusione e
il dolore che provo.
“Io
non ti sto lasciando!- ribadisco per l’ultima volta- E non sono io
quello che non sta mantenendo le sue promesse!!”.
Lui
mi aveva promesso che sarebbe partito, me lo aveva promesso la notte in
cui mi rivelò di amarmi…
Ho
bisogno di stare da solo.
Ne
ho un bisogno assoluto, non voglio vedere nessuno, soprattutto non voglio
vedere lui; mi alzo e faccio per uscire dalla stanza, quando la voce di
Hanamichi mi blocca per un attimo.
“Dove
stai andando?!”.
Sembra
spaventato, disperato come se stessi per partire adesso.
“Vado
al campetto, da solo. Tornerò per
l’ora di pranzo” gli comunico freddamente.
Mi
preparo rapidamente ed esco.
Che
diavolo ho combinato?
Me
lo chiedo una volta di più quando sento il rumore della porta di casa che
si chiude. Kaede era arrabbiato…no, peggio…era deluso. Io l’ho
deluso.
Come
se anche io non fossi deluso di me stesso!!! Dannazione!!! Non avrei mai
creduto che avrei provato una così soffocante sensazione di paura
paralizzante. Vera paura.
L’unica
altra volta in cui avevo provato una simile paura era stato alla vista di
mio padre a terra, sofferente, che chiedeva aiuto…e poi, in quello
stesso giorno, quando mi resi conto di dover guardare in faccia mia madre
per dirle che non ero riuscito a salvarlo…
E
anche ora ho paura all’idea di partire, ma sono terrorizzato al pensiero
del futuro che Kaede mi ha prospettato: io in Giappone e lui in America.
D’accordo,
sarebbe solo per qualche mese, ma cosa potrebbe succedere in questo tempo?
Saremmo lontani, i nostri contatti si limiterebbero al telefono…niente
baci, niente carezze, niente ore di appassionato amore, niente schermaglie
o zuffe…
Io
non ci saprò vivere così!!!!
E
pensare che Kaede sembra così convinto che questa sia la soluzione
migliore…
E
se, lontano da me, la sua delusione nei miei confronti aumentasse? Se
questo lo portasse a cambiare idea su di me, a vedermi in modo diverso? Se
lo portasse a non essere più innamorato di me…
Stringo
i pugni, mentre ci penso: io impazzisco al solo pensiero!!!! Se mi
lasciasse…Per un attimo mi attraversa la testa l’idea che potrei anche
ammazzarlo se lui un giorno non mi amasse più, che preferisco saperlo
morto piuttosto che con un altro, ma poi inorridisco da solo al mio stesso
pensiero!!! Respiro profondamente e scuoto la testa: no, io non potrei mai
fare del male a Kaede…
E
ora lui è convinto che questa sia la soluzione migliore.
Forse
dovrei dargli retta, il volpacchiotto non prende mai decisioni campate per
aria o in cui non creda fino in fondo: se dice che possiamo farcela, DEVE
essere così!!! Del resto che alternative ho?
In
questo momento la prospettiva di partire subito dopo il diploma mi è
insopportabile…lui non rimanderà mai la sua partenza non dico di un
anno ma neanche di un giorno…
E
lo capisco, sapete?
È
il suo sogno da così tanto tempo…la sua vita sportiva si è sempre
concentrata su quello…
Devo
essere stato pazzo a credere che mi avrebbe dato ragione, che avrebbe
posticipato tutto…Cosa credevo? Cosa volevo dimostrare?
Forse,
in fondo al cuore, per una frazione di secondo, ho sperato che davvero
avrebbe messo ME al primo posto…ho sperato di sentirmi dire che sarebbe
rimasto, che lo avrebbe fatto per me, che avrebbe saputo capire i miei
timori…ho sperato che lui potesse essere felice anche senza andare
subito in America per il solo fatto di essere con ME…
Ci
ho sperato davvero.
Sorrido
amaramente fra me e me: sono davvero un do’aho!!! Un povero illuso…
D’un
tratto mi irrigidisco, riflettendo sui ragionamenti che sto facendo e mi
sembra di non riuscire a riconoscermi; questi pensieri non sono davvero
degni di me, della mia grinta, del mio temperamento!!!
La
volpe è sicura di poter gestire un
rapporto a distanza e io no?! Ci manca solo che ora Kaede mi veda anche
insicuro e gelosissimo, oltre a tutto il resto!!! Anche se io lo sono:
come farò senza averlo sotto gli occhi? COME DIAVOLO FARO’ A STARE
TRANQUILLO?! Sicuramente in California ci sarà una versione americana di
Sendoh!!! Ok, Kaede se la sa cavare da solo, ma non è questo il punto,
non lo è affatto…è che io morirò di gelosia e di nostalgia…
Certo,
se partissi…se me ne andassi…
È
inutile, mi sento di nuovo bloccato…Per la prima volta dopo tanto tempo
non so che fare…
Non
mi riconosco più e non so trovare una strada che mi porti nella giusta
direzione…
C’è molta rabbia
nella forza che impiego per realizzare il mio ennesimo slam dunk . Resto
fermo in mezzo al campetto, ansimando violentemente, ma non solo per lo
sforzo fisico.
È
per questo senso di angoscia che mi stringe dentro.
Di
tutte le cose che avrebbe potuto dire Hanamichi, questa è proprio quella
che non mi sarei mai aspettato. Ma, del resto, non ho sempre detto che la
sua capacità di sorprendermi è illimitata?, penso con amara ironia.
E
il peggio è che non so far fronte a questa situazione, perché non la
capisco: non capisco la sua paura dell’ignoto, la sua volontà di
mantenere inalterati nel tempo i rapporti con la madre e con il migliore
amico come se si potesse restare in una eterna adolescenza…non capisco
il suo volere comunque tutto: restare qui, per ora, ma con ME…
È
tutto un po’ infantile a dir la verità.
Eppure
Hanamichi mi sembrava maturato…no, lui E’ maturato!!! O forse,
semplicemente, non ho mai pensato che potesse contraddirmi
sull’argomento…
E
ora lo ha fatto.
Ma
non avrei neanche pensato di potergli offrire un compromesso.
E
ora l’ho fatto.
Hn.
Il
Kaede Rukawa di qualche mese fa non si sarebbe fatto troppi problemi: gli
avrei dato un semplice ultimatum, qualcosa del tipo ‘o parti con me o ci
lasciamo’, lo avrei convinto in qualsiasi modo, anche forzandolo…
Qualche
mese fa.
Ma
ora è tutto diverso: anche se sarebbe nella mia natura impormi, non
sarebbe giusto, lo amo troppo per costringerlo ad un simile salto nel buio
(per lui!)…un altro Paese, un’altra lingua, altre abitudini…
Non
posso costringerlo a partire subito così come lui non può costringermi a
rimanere qui ancora per un anno; il rapporto a distanza è l’unica
soluzione possibile, per non far sì che il nostro legame non si trasformi
in una lunga serie di rimpianti o pentimenti.
Respiro
profondamente mentre mi avvio verso casa. Ora sono più calmo.
Entro
in casa e lo trovo seduto per terra, nell’ingresso; lo vedo alzare di
scatto la testa, al mio arrivo, con un’espressione terribilmente
ansiosa, come se avesse temuto di non vedermi più, come se prima fossi
uscito per non tornare…
Vedere
così il mio do’aho fa sfumare la mia delusione…so che è il primo a
soffrire di ciò che è avvenuto…so che tutto questo contrasta con
l’idea che lui ha di se stesso e che vuole dare agli altri…
Hanamichi
si solleva da terra e fa qualche passo verso di me: “Dove sei stato?”
mi chiede, con voce tremante.
Mi
sta mostrando quanto sia enorme il suo bisogno di me, quanto lui dipenda
da me e io sono deluso e ce l’ho con lui, sì, ma ora sento solo il
bisogno di rassicurarlo… “Al campetto” rispondo io, lasciandomi
avvolgere dal suo forte abbraccio.
E
al sua stretta è ancora più possessiva del solito, di una possessività
disperata che non posso non notare.
“Io
non sarò mai troppo lontano per amarti, Hana…” gli mormoro.
Lo
sento sussultare, non se lo aspettava; istintivamente accentua il suo
abbraccio, nasconde il volto nell’incavo della mia spalla.
“Io
sarò sempre tuo, qui come a mille km di distanza, e tu sarai sempre
mio” continuo e non lo dico solo per rassicurarlo, ma perché è la più
semplice delle verità. Avverto le sue labbra sul mio collo, il suo
affettuoso rimprovero: “Stupida volpe”, poi lui si tira un po’
indietro e si sforza di sorridermi ma non ci riesce bene.
“Ok,
kitsune!!! Anche io ho tanta fiducia in noi da poter sopportare un
rapporto a distanza”.
Non
vorrebbe, lo so. Lo sta facendo per me.
“Hana,
io ti amo”.
Lo
dico all’improvviso, con la mia voce più sicura e, in uno strano modo,
serena; il mio do’aho sussulta, non se lo aspettava, io glielo dico
molto raramente e sicuramente non si aspettava che lo dicessi in un
momento come questo…ma proprio per questo sento che devo dirglielo ORA.
“Sì…anche
io ti amo…” e mi sorride appena. Un sorriso triste.
“No,
voglio dire…IO TI AMO DAVVERO” e lo dico lentamente, parlando senza
fretta, scandendo bene queste parole limitate per poter esprimere appieno
tutto ciò che provo per lui, ciò che lui è per me, cosa siamo NOI per
me…
“Anche
io ti amo davvero” mormora il mio Hanamichi.
Ci
guardiamo negli occhi e io vedo i suoi lucidi; stavolta sono io ad
abbracciarlo.
Andiamo
in salotto, in silenzio: nessuno dei due ha molta voglia di parlare, forse
perché in questi casi le parole fanno veramente male…
Parte
terza.- Believe in me
Io
e Kaede non abbiamo più parlato né dell’America né della partenza,
come se non ce ne fosse più bisogno e tutto quello che c’era da dire
fosse stato detto. Come se tutto fosse stato irrevocabilmente deciso!
Apparentemente non è cambiato nulla fra di noi: di giorno Kaede è sempre
lo stesso con me, anche se i suoi baci hanno un sapore triste e i suoi
abbracci sono più fugaci; ma quando scende la sera, allora mi accorgo di
quanto siano cambiate le cose e io mi sento terribilmente stupido a
chiedermi se per caso qualcosa non si incrinerà di questo
passo…qualcosa si è GIA’ incrinato…
È
passato un mese dalla nostra discussione, ormai siamo a fine marzo, e da
quel giorno non abbiamo più fatto l’amore…proprio adesso che avrei più
bisogno di sentire Kaede sempre e solo mio!
Ma
nei giorni successivi alla discussione (chiamiamola così…) c’è stato
disagio tra di noi e poi a me è mancato il coraggio…
Quando
saliamo in camera nostra, lui si limita a sdraiarsi, a darmi la buona
notte e a chiudere gli occhi…ci sono state notti in cui il desiderio di
allungare una mano verso di lui era insostenibile, ma percepivo un muro
fra noi due e lo percepisco ancora adesso; lui non mi ha più detto
niente, ma avverto questa barriera fra di noi, come la avvertivo quando
non stavamo ancora insieme. E sto malissimo.
Intendiamoci,
la sua non è una meschina vendetta o forma di ricatto!!!! Questo ci tengo
a precisarlo…No, è la prova più lampante che Kaede è arrabbiato con
me…no, non arrabbiato, non è solo questo…ma io l’ho reso triste,
deluso e amareggiato… IO!!
I
suoi occhi sono offuscati, sono come due stelle velate dalle nuvole, e il
suo silenzio non è più complice, ma mi gela il sangue perché mi fa
avvertire il vuoto fra di noi… Come posso pretendere che abbia voglia di
fare l’amore con me, di accogliermi dentro di sé, se si trova in questo
stato d’animo?
Eppure
non mi ha mai detto niente, ripeto: non un’accusa di vigliaccheria o una
recriminazione o una frecciata sarcastica…
Niente.
Neanche
un accenno al fatto che è un mese che non facciamo l’amore e non sto
insistendo sul questo punto per motivi di sesso, ma per quello che
significa…
Certo,
io e Kaede abbiamo avuto un sacco di impegni: abbiamo studiato per
superare gli esami di ammissione al terzo anno, si stanno avvicinando le
nuove eliminatorie e così il basket e la scuola ci hanno fornito le
giuste scuse per parlare d’altro e non di noi…
Tante
volte sono stato sul punto di scoppiare, di gridargli che lo desidero da
morire, che voglio che tutto torni come prima, ma poi non ne ho avuto il
coraggio…le parole non mi sono uscite di bocca di fronte al suo sguardo
triste e offuscato…tante volte, guardandolo di sottecchi, mi sono
mandato al diavolo da solo, perché io che volevo proteggerlo, io che
volevo difenderlo a dispetto della sua forza, della sua indipendenza e del
suo orgoglio, io che volevo farlo sentire al sicuro in un amore che non
sarebbe mai venuto meno, alla fine proprio io l’ho fatto star male!!!!
Mentre
penso a queste cose è notte e io ho freddo.
Siamo
nell’ultimo squarcio d’inverno, ma so che il freddo che provo non
deriva da questo.
Kaede
è sdraiato vicino a me e dorme; nel sonno si è avvicinato inconsciamente
a me e sono proprio piccoli gesti come questo che mi lasciano sperare che
tutto si aggiusterà…io lo guardo e penso che lo desidero: vorrei tanto
stringerlo forte e coprirlo di baci e poi possederlo dolcemente e dirgli
che quest’ultimo mese non conta niente, che lo amo più di prima…
Ma
non ci riesco: mi sembra che lui non mi voglia e non sopporterei di
scoprire che è proprio così… mi chiedo se i prossimi mesi saranno
tutti così e poi penso all’America…a quando lui sarà lì e io non
avrò più neanche il conforto di vederlo disteso vicino a me, di
percepire il tepore del suo corpo addormentato.
Come
farò allora? E come farò a vivere con lui così, fino ad allora?
Perché
mi sta scivolando tutto dalle mani?
Mi
bruciano gli occhi: sto piangendo.
Mi
è capitato spesso ultimamente, di piangere di notte, ma soffoco sempre i
singhiozzi, perché non voglio svegliarlo, non voglio che lui se ne
accorga, che mi veda così…Ed è difficile, credetemi, perché io non ce
la faccio più: voglio Kaede ma mi sembra che lui non voglia più me,
voglio farlo ridere e sorridere, voglio di nuovo la sua espressione
dolcemente canzonatoria quando ascolta i miei proclami, voglio potergli
dire di nuovo che sono un tensai senza dover abbassare lo sguardo e poi
stringerlo fra le braccia e assaporare i suoi baci…voglio che lui mi
guardi con lo sguardo brillante che aveva fino al mese scorso…
Le
lacrime scendono più intensamente, ora per me è difficile controllarmi e
piangere in silenzio, ma devo sforzarmi…
Cosa
posso fare?
Non
si può andare avanti così, ma è tutto confuso nella mia mente…Avevo
sempre creduto che, per affrontare qualsiasi avversità, sarebbe bastata
l’intensità del mio amore…
Oggi
è un’altra domenica mattina.
Alla
fine sono riuscito a piangere senza svegliare Kaede, ma non ho chiuso
occhio per tutta la notte: il risultato è che ora devo fare
un’abbondante colazione per riprendermi e per cercare di calmare il mio
mal di testa.
Oltre
a questo, però, ho raggiunto per lo meno un risultato: ho deciso che non
posso vivere in questo modo un solo giorno di più e ho capito, a
malincuore, di aver bisogno di aiuto; ho bisogno di parlare con qualcuno
che mi possa consigliare.
C’è
una sola persona in grado di farlo.
Hanamichi è sceso a
fare colazione pochi minuti prima che io uscissi per recarmi al solito
campetto; non aveva affatto una bella cera, ma quando gli ho chiesto come
si sentisse mi ha risposto di stare bene.
Ma
non è vero, come non sto bene io.
In
quest’ultimo mese sono ricaduto in quell’apatia che credevo di essermi
gettato alle spalle: i silenzi sono più pesanti, le parole dette piano,
di rado, come se potessero incrinare questo fragilissimo equilibrio a cui
siamo giunti; credo che il sintomo più eloquente di tutto questo sia il
fatto che da un mese non facciamo l’amore…anche il mio corpo sembra
essere ricaduto in quel torpore a cui era abituato, prima che lo
concedessi a lui e che liberassi i miei sensi…
Mi
dico che è perché sono stanco per gli esami di ammissione al terzo anno,
per gli allenamenti protratti oltre il tempo regolamentare, ma so che non
è così…quando facciamo l’amore io e Hanamichi comunichiamo con il
corpo, con il cuore, con l’anima, mentre ora devo trattenermi ogni
giorno dal prenderlo a pugni!!!! Ho preso atto della sua paura, del suo
voler rimandare la partenza, ma non sono ancora riuscito a capire e sono
arrabbiato con lui!!!
O
forse no…non arrabbiato, altrimenti non riuscirei neanche a
baciarlo…sono deluso e amareggiato. Disilluso.
Per
questo, lungo il mese appena trascorso, fare l’amore è stato l’ultimo
dei miei pensieri…eppure ora sono triste…in questi ultimi giorni mi
sono reso conto di soffrire davvero di tutta questa situazione, della
solitudine che mi trasmette la sua vicinanza senza baci appassionati e
abbracci affettuosi o roventi…ma sono orgoglioso, troppo, per dirglielo,
per fargli capire che vorrei tornare indietro, che mi manca tanto il mio
do’aho, quello vero…
Sono
arrivato al campetto, ma non inizio a giocare: mi siedo per terra,
guardando fisso la palla da basket, come se potesse darmi delle risposte;
ma in realtà non sto pensando a niente di particolare, mi limito a
prendere coscienza di tutto il mio malessere, penso che la mia tristezza
è anche la sua e che non possiamo andare avanti così…
Sento
un rumore alle mie spalle, poi una voce.
“Ciao,
Rukawa”.
Riesco
a malapena a trattenere un sospiro di irritazione…Akira Sendoh! E
l’ultima cosa di cui ho bisogno è di avere intorno a me gente
sorridente!!!
“Posso
sedermi vicino a te per chiacchierare un po’? Amichevolmente,
s’intende…” aggiunge subito, come a dire che si ricorda della
promessa fattami, di non toccare più quel determinato argomento…
“Hn”
è la mia risposta, per fargli capire che mi è indifferente che si sieda
o meno. Purché non sorrida…
Sendoh
lo prende per un sì e mi si siede accanto; mi rivolge uno dei suoi famosi
e irritanti sorrisi quando mi chiede: “E allora? Come stai? È da un
po’ che non ci si vede, dal campionato invernale…”.
“Hn”
mi stringo nelle spalle.
Come
sto? Malissimo, grazie! Ma non mi va di dirlo proprio a lui…
“Tu
come stai?” chiedo, non perché mi importi veramente, ma per non
rispondergli.
“Oh,
io bene! Sai che frequenterò la Shintai?”.
“Davvero?”
alzo il viso e lo guardo, perché questa notizia in effetti mi interessa,
quella è la stessa università che si era interessata ad Akagi…
Sendoh
me lo conferma: “Sì, si sono interessati a me e mi hanno contattato per
la loro squadra universitaria e io, naturalmente, ho accettato. Del resto,
voglio giocare seriamente e quale occasione migliore di questa?”.
Sorride
sempre, ma stavolta ne ha motivo! Essere contattati dalla Shintai è un
onore per un atleta.
“Complimenti,
mi fa piacere” e lo penso veramente.
Lui
lo capisce, mi guarda con qualcosa che potrei definire dolcezza, ma
fortunatamente non va oltre e mantiene la promessa: “Anche se tu hai un
anno meno di me, mi spiace sapere che la nostra rivalità non si protrarrà
anche in ambito universitario! Sicuramente la Shintai contatterà anche
te, dopo che ti sarai diplomato…avremmo potuto giocare nella stessa
squadra e contenderci il titolo di realizzatore! Ma tu andrai in
America, giusto?” la sua allegria si incrina un po’ nel farmi questa
domanda, come se gli dispiacesse.
“Sì”
gli rispondo.
“E
la testa rossa verrà con te, no? Non ti lascerebbe mai andare da solo da
qualche parte, neanche a Tokyo!! Però mi dovrai far sapere come se la
caverà con l’inglese e quante testate distribuirà agli americani!”
Sendoh cerca di scherzare, ma le sue parole mi provocano una fitta
inaspettata di dolore.
Perché
ha dovuto tirare fuori questo argomento?!
Preferisco
non rispondere, rinchiudermi nel mio abituale silenzio, perché non
riuscirei a fingere a riguardo.
Anch’io
credevo che Hanamichi non mi avrebbe mai lasciato andare da solo…
Ma
forse ho sottovalutato Sendoh, forse è più intuitivo di quanto pensassi.
“Ci
sono dei problemi con Sakuragi?” mi chiede, dopo un po’.
“Cosa
te lo fa pensare?” chiedo a mia volta, con la mia voce più atona.
“E’
una sensazione…”.
E
io continuo a stare zitto; non mi va di parlarne e comunque NON con lui:
non mi va che ricominci a dare addosso ad Hanamichi o che cerchi di
metterlo in cattiva luce.
“Sakuragi
non se la sente di partire?” insiste lui, con cautela.
“Non
è questo. Vuole rimandare la partenza a dopo il primo anno
universitario” non volevo dirglielo, in realtà: ho parlato d’impulso,
forse ne avevo bisogno…
“Ha
paura del cambiamento?”.
“Non
lo so. Credo di sì”.
“Forse
il futuro gli appare senza certezze” propone Sendoh.
Mi
sembra che sia rimasto colpito da questa cosa, spero solo che non si
mostri interessato in modo personale…
“Forse”.
“E
tu non riesci a capirlo…” conclude lui.
“No”
ammetto io, con una stretta al cuore.
Sendoh
mi sorride leggermente: “Del resto, come potresti? Tu sei forte, non sai
cosa sia l’incertezza…”.
“Non
quando si tratta di basket” confermo io.
“Ma
non tutti sono così, sai Rukawa? E non è necessariamente una colpa, è
un lato del carattere. Probabilmente Sakuragi non si è mai trovato a
dover affrontare una simile situazione, una decisione così carica di
conseguenze ed è confuso…Sì, credo che la sua sia confusione e
scommetto che il primo a soffrirne è lui stesso”.
“Lo
so” ci ho pensato anch’io, non ho fatto altro. Non sopporto che lui
stia male e non voglio più vederlo così, rivoglio il mio do’aho
megalomane e spavaldo che proclama di essere un tensai…
“Pensi
che servirebbe a smuoverlo, se sapesse che potrei partire anche io per
l’America?” ride lui.
Io
mi giro leggermente per guardarlo: “Parli sul serio?” non capisco se
stia scherzando o meno.
“Be’,
per adesso no…ma in futuro, chissà! Sarebbe molto stimolante per me,
continuare la nostra sfida anche oltreoceano e sarebbe anche l’occasione
di testare le mie vere capacità di campione! Non saresti contento, se
partissi anch’io? Ti dirò…più ci penso e più l’idea mi
convince!” dice Sendoh, in tono allegro.
“Hn”.
“Chissà
che faccia farebbe la testa rossa!! Potremmo giocare in due squadre che
siano avversarie”.
“Lo
sono tutte” gli faccio notare.
“Sì,
ma io mi riferivo alle cosiddette rivalità storiche…hai capito, no?”.
Annuisco.
Certo, come la rivalità tra i Chicago Bulls e i Los Angeles Lakers o i
Boston Celtic.
Per
qualche secondo cade il silenzio fra di noi, poi la sua voce diventa meno
spensierata.
“Rukawa,
ma tu che pensi di fare? Partirai da solo?”
“L’idea
era quella, ma…”.
Eccolo
il punto: sta tutto in quel ‘ma’.
“Ma
non è quello che vuoi davvero” conclude Sendoh al posto mio.
“Non
è proprio così. Io VOGLIO partire a tutti i costi!!! Sono due anni che
attendo di poterlo fare…è sempre stato il sogno della mia vita e ora è
così vicino…” non posso proprio rimandare o rinunciare, non posso
proprio!!!
Però…però…
“Ma
saresti felice, stando per un anno da solo, senza di lui?” Sendoh fa
fatica a domandarmelo, me ne accorgo.
Non
ho bisogno di riflettere per rispondere: “No, ma è l’unica
soluzione”.
“Non
è vero, Rukawa: ce n’è un’altra” mi fa notare lui.
Io
rimango in silenzio, per non far trasparire i mille dubbi che mi
assalgono; lo so che ce n’è un’altra ed è quella che vorrebbe
Hanamichi.
“Sarebbe
molto difficile per te, Rukawa- mi dice Sendoh, con il tono più serio che
io gli abbia mai sentito- Ma tu sei tanto forte da poterlo fare…il tuo
amore per lui è tanto forte da poterlo fare…” ammette.
Il
mio amore è tanto forte da poter mettere in secondo piano il mio sogno?
Il sogno che inseguo da una vita? Lo è davvero?
“Forse
ora preferisci che ti lasci solo” dice lui, alzandosi.
“Grazie”
ha ragione, infatti: voglio restare solo.
Se
ne va senza dire altro e io finalmente sono solo di fronte ai miei dubbi e
a i miei tormenti.
Respiro
profondamente e cerco di dare
ordine ai miei pensieri e la conclusione è che io, Kaede Rukawa, devo
ammettere che parte della colpa è mia.
Hanamichi
è vitale, energico, è l’allegria fatta persona, ma sa anche essere
insicuro, terribilmente insicuro.
Avrei
dovuto saperlo e invece non ne ho tenuto conto.
Avrei
dovuto renderlo più partecipe di tutte le informazioni che ho raccolto
sulle università, sulle squadre, sul fatto che non vorrei vivere al
campus, ma in un appartamento, con lui; avrei dovuto affrontare con lui
tutto questo, rendergli tangibile che lo riguardava in prima persona…
Invece
non l’ho fatto, pensando che non ce ne fosse bisogno, che forse lui
avrebbe combinato pasticci e ho sbagliato.
Se
avessi reso Hanamichi più partecipe di tutte le decisioni che stavano
maturando nella mia testa, lui avrebbe avuto le sue certezze e il futuro
non gli sarebbe sembrato una grande voragine scura e indefinita…un salto
nel buio…
Gli
avevo detto che non doveva preoccuparsi, che avrei pensato a tutto io, un
po’ perché temevo le sue iniziative, un po’ per poter organizzare
tutto a modo mio. E questo è il risultato.
E
ora? Come faccio a rimediare?
Con
il rapporto a distanza che gli ho proposto?
Ma
io sono stato malissimo in quest’ultimo mese, avendo vicino Hanamichi ma
in modo diverso; ora posso essere sincero fino in fondo: queste ultime
notti sono state una tortura, perché io ero troppo orgoglioso per
dirglielo, ma il mio corpo aveva bisogno di lui...avrei voluto i suoi
baci, i suoi abbracci, avrei voluto che mi spogliasse e poi che mi
prendesse con la sua dolce violenza…
Ma
lui non lo ha fatto. Non ha neanche provato a farlo.
Ogni
volta che mi viene in mente, questo pensiero mi colpisce con la forza di
una frustata: neanche lui mi ha cercato, neanche lui mi ha voluto.
Non
ha più allungato una mano verso di me, non ha più detto di desiderarmi,
lui che me lo diceva ad ogni ora del giorno e della notte…
Perché?!
Non mi vuole più?
E
se partissi? Lui rimarrebbe qui, da solo, e forse il suo amore si
affievolirebbe e penserebbe a me come ad un egoista…e se poi non mi
amasse più?
A
questo pensiero cerco di scuotermi. No!!! Questo non è possibile!!!
Hanamichi non può smettere di amarmi soltanto per un po’ di
lontananza!!!
Eppure
quest’ultimo mese è stato quasi una prova di separazione e ho visto
com’è andata…il silenzio fra di noi, poco contatto fisico, poca
vicinanza...
Potrei
stare per un anno così, senza di lui?
Senza
il suo volto espressivo, senza il suo sorriso aperto e sincero, senza il
suo entusiasmo e la sua capacità di farmi sorridere…
No.
Non potrei.
Maledizione
a te, Hanamichi!! Vedi quanto mi hai reso dipendente da te?!
Provo
a fingere di essere ancora indeciso, ma so che la mia testa e il mio cuore
hanno già preso la loro decisione.
Il
mio amore è abbastanza forte.
E
questa volta non è una domanda, è un’affermazione!
Finché
Hanamichi vorrà restare, io non mi muoverò di qui…
Mia madre non si
aspettava certo di vedermi piombare in casa proprio nel suo giorno di
libertà, che tra l’altro oggi coincide con la domenica.
“Ehi,
come mai da queste parti?” mi chiede stupita, ma contenta della mia
visita. Forse fra un po’ non lo sarà più…
“Ho
un problema” mugugno io a mezza bocca, per farle capire che mi serve il
suo consiglio e che mi dà molto fastidio chiederglielo.
“Oh!”
lei sospira, di colpo seria, e poi mi porta in cucina; di fronte ad una
tazza di tè fumante, io le racconto tutto: della decisione di Kaede di
partire, del suo sogno, della mia promessa di seguirlo, delle discussioni
di un mese fa e di come abbiamo trascorso gli ultimi trenta, dannati
giorni…
Il
volto di mia madre si fa sempre più scuro mentre io parlo.
“Adesso
non vuoi più partire?” mi chiede, al termine della mia narrazione.
“Voglio
partire, ma non subito dopo il diploma…più in là!!!” le dico.
“Ti
diplomerai soltanto l’anno prossimo: non ti basta un anno di tempo per
abituarti all’idea di un distacco?” mia madre mi sembra molto severa
nel chiedermelo.
“Be’,
ma …io vorrei trascorrere qui anche il primo anno di università…ci
sono i miei amici, i miei compagni di squadra…e poi ci sei tu!” le
dico tutto d’un fiato.
“Io?”
si acciglia lei.
“Rimarresti
sola…” azzardo io, ma la mamma mi fulmina con lo sguardo, troncandomi
le parole in bocca.
“Hanamichi,
non provare ad usarmi come alibi per le tue paure!!!” sbotta lei,
lasciandomi senza fiato.
Alibi?
“Ma…ma
non è mica una scusa!!!” protesto io, offesissimo.
Bel
ringraziamento…
“Io
ti conosco, Hana: tu hai paura, ti senti insicuro e reagisci rimandando il
problema. Reagisci in modo infantile” continua lei, imperterrita, sempre
più dura.
Be’,
ora mi incavolo di brutto!!!
“NON
E’ VERO!!!!” grido, sentendo le guance diventare rosse.
“Sì,
invece, e Kaede ha ragione: dovete partire, mettervi alla prova,
valorizzare al massimo il vostro talento e dovete farlo ora, il prima
possibile, perché la vita non aspetta certo i tuoi comodi, Hanamichi!!”
mi dice, con occhi brillanti.
“Cioè…tu
vuoi che io parta il prima possibile…dopo il diploma?” le chiedo,
stupefatto. Forse avevo sottovalutato la mia mamma…
“Sì”.
“Ma
tu rimarresti da sola!” per colpa mia,
ripete incessantemente la mia testa…
Ma
lei scuote il capo: “Non è vero. Ho il mio lavoro, ho i miei interessi,
ho amici e amiche che mi stanno vicino…Ho una vita, insomma, anche se
questo può stupirti!! Lui…avrebbe voluto così…Sarebbe stato così
facile lasciarsi andare alla disperazione, così facile…ti assicuro che
mi è costato molto di più ricostruirmi un’esistenza…ma era quello
che tuo padre si sarebbe aspettato da me e io l’ho fatto. E quindi non
pensare di lasciare alle tue spalle una mamma povera e sola!! Non pensare
a me così…” e mi sorride e io ho un moto d’ammirazione per lei, per
la sua energia, per la capacità di ripresa che
le ha ispirato l’amore per il ricordo di mio padre.
“Lo
so che sei una persona forte” le dico, sorridendole a mia volta.
“E
tu?” mi chiede a bruciapelo.
“Io?!
Ma certo!” mi altero. Che cosa crede?!
“E
allora dimostralo! Fin da quando eri piccolo non hai fatto che intronarmi
con i tuoi proclami di grandezza sulla tua genialità e sulla tua
forza…Devo dedurre da quanto mi hai appena detto che tu sai solo PARLARE
in grande, mentre Kaede PENSA e AGISCE
in grande. Eh, Hanamichi?” mi provoca.
E
io salto su, appoggiandomi al tavolo: “Non è affatto vero! Le mie non
sono solo parole, io sono sicuro di riuscire come giocatore sia in
Giappone che in America! E non ho paura di niente!”.
“Allora
perché vuoi rimanere qui più del dovuto?”.
A
questo punto la guardo visibilmente insospettito: “Mamma, scusa, ma
perché ci tieni tanto a che io parta? Vuoi liberarti di me?!” sto
scherzando, ma in fondo neanche tanto…
Lei
sospira: “Mi hai dato delle preoccupazioni in questi anni, sai, Hana?
Oh, sei un bravo ragazzo, un figlio affettuoso, non è per quello…ma a
volte trascorrevi tutto il tuo tempo con Yohei e gli altri senza combinare
niente di concreto…mi preoccupavo per il tuo futuro, insomma…e poi è
arrivato il basket e io non ti avevo mai visto tanto appassionato a
qualcosa e ne sono stata subito felice. Yohei mi ha raccontato che sei
bravissimo, che il vostro allenatore vede molto potenziale in te…E poi
è arrivato Kaede e tu ti sei impegnato ancora di più…pensavo che
avessi trovato la tua strada, nello sport, nel basket. E ora te ne esci
con questi discorsi?! Se restassi, te ne pentiresti, passeresti tutto il
tempo a tormentarti, a pensare a Kaede, ad essere geloso…Io ho capito
che lo ami moltissimo, sai? Be’, pensaci bene, perché è bruttissimo
essere separati dalla persona che si ama…io lo so” e la sua voce si
spegne.
“Mamma…”
mormoro; mi si stringe il cuore alle sue parole dolenti e sento di nuovo
il peso della responsabilità.
Anche
i miei genitori si amavano molto, come quelli di Kaede: erano una coppia
molto unita. Poi, quell’infarto, quella rissa…
Non
mi ero neanche accorto di aver chinato il capo, me ne rendo conto ora che
devo rialzarlo, quando sento la mano di mia madre sulla mia.
“A
volte non è colpa di nessuno, se due persone che si amano vengono
separate anche in modo definitivo…- e mi guarda fisso, per farmi capire
una volta di più che non mi ha mai ritenuto colpevole- …ma a volte la
colpa c’è e poi si vive nel rimpianto…”
“Pensi
che non sapremmo vivere un rapporto a distanza per un anno? La nostra è
una coppia solida, sai?!” scatto.
Se
siamo sopravvissuti a Sendoh, sopravviveremo a questo e altro.
Mia
madre si fa pensosa: “Non lo metto in dubbio, ma soffrireste
molto…secondo te ne vale la pena? Hanamichi, prova a guardare alla tua
decisione con distacco e pensaci…”.
Forse
ha ragione.
Seguendo
il suo consiglio, mi chiudo nella mia vecchia cameretta e rifletto su
quest’ultimo mese, su di me, su come debba essere apparso agli occhi di
Kaede…
“Infantile”
mi ha definito mia madre, in tono accusatorio.
Forse
anche lui mi ha visto così: un ragazzo confuso e preoccupato più delle
chiacchiere con il mio migliore amico e con la mamma che di mantenere le
promesse fatte al mio amore, al mio compagno…
Esiste
il telefono per conversare, no? Dopotutto, partire non significa
necessariamente un ‘addio’, non significa tagliare i ponti…e poi,
potremmo sempre tornare a trovarli, loro potrebbero mettere i soldi da
parte e farsi un viaggio negli Stati Uniti, no? Perché non ho dato la
giusta considerazione a tutto questo, fino ad ora? Possibile che la paura
dell’ignoto mi abbia accecato fino a questo punto?
E
poi quel vuoto a cui mi sembrava di andare incontro adesso non è più
tanto vuoto…cioè, non so niente: a quale college voglia andare, in
quale città, non mi ha detto niente, ma ora voglio solo colmare questo
vuoto assieme a lui!!! Non mi deve sembrare l’assenza di qualcosa, ma la
possibilità di costruire qualcosa di nuovo, tutto per noi, da soli!!! Io
e Kaede.
Io
voglio stare con Kaede.
Sempre,
dovunque e comunque.
E
adesso, nel giro di un secondo, tutto torna improvvisamente facile e quel
senso di paura paralizzante che si era impadronita di me svanisce!!! Non
so perché abbia fatto la scemenza di fissarmi su ciò che lasciavo invece
che sulla bellissima avventura a cui andremo incontro insieme, io e Kaede…
E
poi non lascio niente, le persone che si vogliono bene non smettono di
volersene a causa della lontananza!!! Certo, questo potrebbe valere anche
per me e la volpe, ma quest’ultimo mese è stato una sofferenza
inaudita…per me e per Kaede, lo so…
Kaede…
Qualche
tempo fa ero convinto di aver smarrito la strada, ma ora l’ho ritrovata.
È
quella percorsa con lui…
Apro la porta di
casa, deciso a parlare subito con Hanamichi.
Sto
rimandando il mio sogno, è vero, ma lo sto facendo PER LUI e questa
consapevolezza unita alla mia determinazione mi rende sereno; sento dei
rumori dal salotto e mi dirigo subito là, entrando nella stanza.
“Hanamichi…”
lo chiamo.
Ma
lui fa qualcosa che non mi aspettavo: viene verso di me a grandi passi,
mostrandomi arrabbiato l’oggetto che stava osservando prima che
arrivassi io.
“Dimmi,
kitsune, ma ti sembra che io sia così? È evidente che la macchina
fotografica doveva essere rotta!!! Questo NON SONO IO!!!” strepita a
voce alta.
Eh?
Il
mio do’aho agita davanti a me delle foto- tessera, di quelle che servono
per i documenti, ed è visibilmente alterato.
“Non
sono io, vero?!” insiste.
“Hana,
ma…ma queste cosa sono?” chiedo io, un po’ stordito.
Non
capisco cosa stia succedendo: stamattina era spento e triste, invece ora
percepisco di nuovo la sua vitalità dei momenti migliori… e poi che
cosa sono queste foto?!
“Sei
sempre la solita, stupidissima volpe! Sono delle foto, no? Mi servono per
il passaporto! Mia madre mi accompagnerà a sbrigare queste faccende di
documenti e mi ha detto che serve anche una foto- tessera per il
passaporto…” è la sua veloce spiegazione.
“Passaporto…”
ripeto io, a bassa voce.
“Sì!
Non penserai che io entri negli Stati Uniti da clandestino?! Anzi, voglio
un’accoglienza trionfale, degna del tensai!!” proclama e io mi accorgo
che la sua voce è tornata quella di sempre: allegra, vivace e un po’
sbruffona.
“Il
passaporto per gli Stati Uniti…” ripeto di nuovo io; il mio cuore
accelera i battiti.
“Ho
pensato che fosse meglio pensarci per tempo- mi sorride lui- Parto con te,
Kaede…scusa per tutto lo scompiglio che ho creato, è stato un momento
di follia, dimenticalo…”.
Parte
con me…parte con me…parte con me…
Non
faccio che ripeterlo nella mia testa, nel mio cuore: mi sembra di
sognare!!! Ma poi torno subito con i piedi per terra; ora Hanamichi sembra
convinto, ma lo sembrava anche prima…no, ho deciso che voglio dargli
fino all’ultimo la possibilità di cambiare idea e di esserne DAVVERO
sicuro. Ho deciso di correre questo rischio: che lui sappia cosa ero
disposto a fare…
“Io
ero venuto a dirti che sarei rimasto per un altro anno qui, con te. Che
avrei rimandato anche io la mia partenza…” il cuore mi batte a mille
mentre lo dico; ho appena sentito dalle sue labbra le parole tanto attese
e ora rischio che se le rimangi…Forse dovrei darmi del cretino da solo,
ma non lo faccio, lo so che è la cosa giusta, è una
questione di onestà.
Hanamichi
mi fa un gran sorriso, il più bello che gli abbia mai visto: luminoso,
senza ombre…il sorriso di una persona decisa e felice…
“Partiremo
insieme dopo il diploma, kitsune! Non ne vedo l’ora…davvero, non so
che mi fosse preso, ma io voglio partire con te e andare in America” e
le sue parole sono limpide, risolutive.
Vuole
partire con me…vuole partire con me…vuole partire con me…
Faccio
un passo avanti e prima ancora di rendermene conto gli getto le braccia al
collo e lo stringo forte, affondando il viso nell’incavo della sua
spalla, inspirando di nuovo il suo odore familiare: era da tanto tempo che
volevo farlo di nuovo…E sento nuovamente scorrere tra noi quella
corrente di infinita comprensione e amore e complicità…
Il
mio sogno. Con lui.
Mi
bruciano gli occhi.
Ma
che cosa…? Senza accorgermene ho iniziato a piangere!!! Io, proprio
io!!! Non una lacrima come quando il mio do’aho mi aveva confessato il
suo amore; non gli occhi lucidi, come quando ho vinto il titolo di MVP…
STO
PIANGENDO.
Le
lacrime scivolano sul mio viso e io avverto il loro calore bruciante sulla
pelle…affondo maggiormente il capo contro il suo collo e cerco di
trattenermi, ma peggioro solo la situazione. NO, I SINGHIOZZI NO!!!!
E
invece sì, e io non riesco a trattenermi e continuo a piangere cercando
di nascondere il viso, mentre Hanamichi mi stringe più forte che può e
mi accarezza i capelli delicatamente…con le sue mani forti che sanno
stordire di pugni, ma che su di me sono sempre tanto delicate…
Sento
che anche lui è attraversato da un tremito: forse non si sarebbe mai
aspettato di vedermi in lacrime fra le sue braccia, ma è qualcosa di più
forte di me, non posso ancora smettere ed è come se questo pianto si
portasse via tutto il dolore di questo mese, tutta la tensione,
l’amarezza… Una purificazione.
“Kaede,
spero che queste siano lacrime di gioia…” prova a scherzare lui,
quando io inizio a calmarmi. Ma la sua voce è incrinata, la sento bene
questa nota di commozione…
Io
parlo ancora un po’ a fatica: “No, sto piangendo perché credevo che
finalmente mi sarei liberato di te e invece non sarà così…” provo
anche io a scherzare, a esibirmi nella mia parte di ghiacciolo umano, ma
oggi non mi riesce tanto bene, visto che proprio mentre lo dico stringo
Hanamichi più forte che posso, fin quasi a soffocarlo.
Lui
dopo un po’ mi scosta gentilmente da sé e mi alza il viso; il mio primo
impulso è di ritrarmi perché lui non mi veda così, perché nel profondo
per me le lacrime sono ancora un segno di debolezza, è troppo radicata in
me quest’idea e non voglio che lui mi veda piangere…Ma proprio mente
sto per scostare il viso, avverto la sua mano ferma sulla mia guancia, in
una muta richiesta di fidarmi di lui fino in fondo, di lasciare che veda
ciò che non permetterei mai a nessun altro: un mio momento di
abbandono…
E
io, una volta di più, decido di fidarmi: dopotutto, anche le mie lacrime
sono sue…
Non
provo più a scostarmi e sostengo il suo sguardo; Hanamichi si china sul
mio viso e mi asciuga le lacrime con i suoi baci leggeri, poi mi sorride:
“Non voglio farti piangere mai più, Kaede…”.
“Queste
sono lacrime di gioia, do’aho…anche se non avrei voluto che tu le
vedessi…” ammetto.
Lui
mi accarezza una guancia: “Lo so che tu non piangi mai, che non capisci
la debolezza...non basta certo questo pianto a farmi venire dubbi sulla
tua forza, anzi è proprio in questi momenti che mi sembri sempre tanto
forte, pure se tu non te ne rendi conto: la prima volta che ti sei dato a
me ti avevo detto di non averti mai visto così forte e te lo dico anche
ora…perché hai lasciato che io ti guardassi…e forse non dovrei ma io,
in questo momento, mi sento emozionato, perché tu che non piangi mai oggi
hai pianto PER ME…”.
Hanamichi
mi fissa come se gli avessi fatto un bellissimo regalo e io non so che
dire; lo guardo negli occhi, in silenzio, e poi mi appoggio di nuovo a
lui.
Io e il mio
bellissimo volpacchiotto ci sdraiamo abbracciati sul divano.
“Mi
gira la testa…” dice Kaede.
“E’
normale che giri la testa quando si piange molto” gli faccio notare io,
passandogli le mani fra i capelli morbidi.
“Hn”
fa lui. Eh, lo so che non deve essere contento di aver pianto!!! Ma ora
non è questa la cosa più importante, è lui, lui e quello che stava per
fare.
“Stavi
per rimandare ancora una volta il tuo sogno, Kaede, e lo stavi facendo per
me…Sai, non lo credevo possibile, eppure stavi per farlo…” quasi non
ci posso credere! Lo aveva deciso, anche se io non glielo avevo più
chiesto…
“Perché
non lo credevi possibile? Pensavi che io fossi troppo egoista per
deciderlo?” mi chiede lui. Un mormorio appena percepibile, offuscato
dalla mia maglietta.
“No!-
mi affretto a dire- Non era per questo e poi non ti consideravo egoista!
Era il tuo sogno…la cosa più importante per te…” e non potevo certo
condannarlo per questo; so quello che è il basket per lui, nessuno lo sa
meglio di me, che non ho mai avuto il coraggio di chiedergli se tenesse più
a me o al basket…
“Non
la più importante, do’aho” e Kaede mi tira leggermente i capelli,
come a rimproverarmi di non averlo capito da solo.
Lo
stringo più forte a me, per fargli capire che ho inteso ciò che ha detto
e il cuore infatti mi batte più veloce, tanto che mi chiedo se non lo
senta anche lui. Vorrei che lo sentisse, così comprenderebbe quanta gioia
mi sta dando!!!
“Perché
avevi deciso di restare?” gli chiedo, mentre le mie mani scorrono su di
lui, lente e possessive come non avevano potuto fare da febbraio.
“Non
sopportavo l’idea di non averti vicino, Hana…e poi ero convinto che da
solo chissà quali disastri avresti combinato!!!” mi provoca lui, dopo
avermi reso felice con la prima parte della sua risposta.
“Il
tensai non combina disastri, kitsune!!! Non avresti avuto motivo di
preoccuparti…ma ora non pensiamoci più, Kaede, è stato solo un brutto
sogno. Partirò con te e tu non riuscirai MAI a liberarti di me, anzi ti
starò sempre addosso. Tipo koala!!!” proclamo. E vedrà che non
scherzo…
Kaede
ride leggermente: “Tipo koala? Ma se tu sei la mia scimmietta rossa!!”
ed è bellissimo risentire finalmente il suono lieve della sua risata.
“Volendo
puntualizzare, kitsune, io sono il tuo tensai” ribadisco, tanto per
mettere i puntini sulle ‘i’!!!
“Tu
sei il mio do’aho, Hana. Sei MIO” dice lui, con voce decisa,
cingendomi la vita. Ok, mi chiami pure come preferisce, basta che io possa
averlo sempre stretto fra le braccia!!! E sono suo, sì, proprio come lui
è mio.
“Avevi
così tanta paura?” mi chiede all’improvviso.
“Ero
confuso, molto confuso…ma quando ho pensato solo a NOI DUE, senza badare
ad altro, la confusione è passata e ho capito chiaramente di voler
affrontare qualunque sfida insieme a te. Anche questa”.
Ora
sì che mi riconosco!!! Mi sento nuovamente pieno di energia, di forza, di
ardore!!! Sono di nuovo Hanamichi Sakuragi, detto anche Grande Tensai…
Kaede
si muove appena contro di me e io ho un brivido; lo desidero da impazzire,
ora che siamo di nuovo abbracciati il mio corpo si risveglia e vuole il
suo…
“Kaede,
è da un mese che…” oddio, non so come dirlo!!! Mi sento
imbarazzatissimo come lo ero fino a qualche mese fa!!!
Ma
lui, ovviamente, capisce lo stesso la mia frase a metà e, dopo qualche
attimo di silenzio, mormora: “Credevo che non mi volessi più…”.
CHECCOSA?!
COSA DIAVOLO CREDEVA?!
No,
dico, io è un mese che mi faccio la doccia fredda tutti i giorni e lui
credeva che IO non lo volessi più?!
“Tu
non sei una stupida volpe, Kaede, tu sei una stupidissima volpe!!! Mi è
quasi venuto un esaurimento nervoso, se non te ne fossi accorto!!! Io ti
volevo da morire, ma percepivo un muro fra di noi…mi sembrava che fossi
tu a non volermi più e non osavo chiedere niente o prendere
l’iniziativa…sarebbe stato troppo doloroso essere respinto…” gli
spiego, concitato, perché capisca bene che io non ho smesso di
desiderarlo neanche per un secondo.
Io
che non voglio Kaede? Mpft…quando succederà, sarà il giorno della fine
del mondo!!!
“All’inizio
c’era questo muro, è vero…- mi dice lui, con la sua voce bassa- …e
io non avevo voglia di farlo, perché mi avevi ferito…ma poi, anche
quando avrei voluto farlo di nuovo, tu…” si interrompe.
“Io,
cosa?”.
“Mi
sembrava che non mi volessi”.
Ancora
con questa storia? Eppure mi spiace di avergli dato questa idea…e lui è
stato troppo orgoglioso per farsi avanti per primo…la mia stupida
kitsune!!!!
Kaede
alza il viso, i nostri occhi si incontrano ed è come una scarica
elettrica; finalmente fra di noi si riaccende quella corrente che ha
sempre fatto parte della nostra storia, che esplode se solo ci sfioriamo o
ci guardiamo.
Le
nostre bocche si avvicinano e noi ci baciamo con ardore, con impazienza,
come se ne andasse della nostra vita; ci mordicchiamo a vicenda le labbra,
le nostre lingue si sfiorano, si cercano.
Ci
separiamo ansanti, io guardo gli occhi ancora arrossati di Kaede e gli
bacio la punta del naso.
“Oi
do’aho…” mi mormora lui.
“La
sai una cosa, stupida volpe?” gli chiedo, sorridendogli.
“Quale?”.
“Ti
amo da morire” e vorrei essere più bravo
e meno imbranato a parlare, per poter esprimere bene tutto
l’amore che gli porto. Che gli ho sempre portato. Ma forse non ce n’è
bisogno…
Con
Kaede le parole non servono…
Parte quarta.- Sexy and romantic lover
Hanamichi
mi ha preceduto in camera nostra, mentre io rimango qualche momento in
salotto, per rivivere in solitudine ciò che ci siamo appena detti. Ma non
sono che pochi minuti, poi salgo le scale con una impazienza che aumenta
quando mi raggiunge un suono di musica, di un cd che il mio do’aho deve
aver messo su; apro la porta e scorgo subito un lampo di desiderio negli
occhi nocciola di Hanamichi. Nei miei occhi deve essere passato lo stesso
lampo.
Resto
fermo vicino alla porta, sentendo che il mio corpo diventa sempre più
caldo perché vuole il suo, un calore crescente che fra poco diventerà
insopportabile; senza staccare il suo sguardo dal mio, lui fa per spegnere
lo stereo, ma io lo fermo.
“Aspetta,
Hana!”.
Sì,
aspetta…
È
una canzone americana bella e ritmata, come piace a me, e nella mia mente
prende forma un’idea sempre più attraente…
Tra
poco mi farai tuo, Hanamichi, ma io ora voglio farti mio…voglio sedurti
di nuovo, voglio che tu non veda altri che me, che tu non possa pensare di
stare senza di me neanche per una giornata…Voglio stupirti, perché ti
stupirai, amore mio, e voglio incatenarti a me…
“Siediti
sul futon, Hana, e stai fermo lì” gli dico a bassa voce.
“Ma…”
lui è perplesso, ma si siede come gli ho ordinato.
“Shhh…lascia
fare a me…stai seduto e non muoverti…” e intanto il mio corpo inizia
a seguire il ritmo della musica, a muoversi lentamente, in modo
invitante…
“Kaede…”
Hanamichi fa per alzarsi, è già tutto rosso in viso, ma la mia voce lo
ferma e lui rimane immobile con un luccichio stupito nello sguardo.
“Ti
ho detto di non muoverti!” e lui resta fermo, con un evidente sforzo.
Mi
sfilo il maglione e lo lascio cadere a terra, fissandolo negli occhi.
Hana
trattiene il respiro, avverto la sua crescente attesa…
Le
mie mani iniziano a giocare con i bottoni della camicia, seguendone il
contorno, prima di sbottonarli con una lentezza esasperata, uno dopo
l’altro.
“Kitsune,
sbrigati o ti strapperò di dosso quella roba!!!” ansima il mio do’aho.
“Lascia
fare a me…” gli rispondo, con una voce ormai roca, mentre i miei
movimenti seguono sempre meglio il ritmo della musica, qualcosa di
sensuale e languido a cui io mi lascio andare…faccio scivolare la
camicia prima da una spalla, poi dall’altra…poi cade a terra,
rivelando il mio torace bianco…
Sento
tangibilmente la scarica di corrente elettrica che passa fra me e il mio
do’aho, sento e vedo che Hanamichi si sta eccitando ed è quello che
volevo.
Anche
io mi sto eccitando, sempre di più.
È
un sentimento così intenso e complesso quello che c’è fra noi,
composto da amore, amicizia, fiducia, comprensione, contrasto,
tenerezza…ma c’è anche una fortissima e incontenibile attrazione
fisica e sessuale e ora, dopo un mese, è questa che prevale… Il bisogno
che ho di sentirlo dentro di me è sempre più grande, il mio corpo brucia
di impazienza, ma devo imporgli la stessa attesa che ho imposto ad Hana…
Inizio
a sbottonarmi i pantaloni, sempre con lentezza, facendo qualche passo
verso di lui, continuando a seguire la musica e il suo ritmo sensuale ed
è facile ora, è facile lasciare che la mia sensualità si esprima così
liberamente.
“Kaede…”
la voce di Hanamichi è roca, si passa la lingua sulle labbra secche, mi
accorgo di quanto sia pesante lo sforzo che deve fare per rimanere seduto
a terra…Con le mani, mi lascio scivolare i pantaloni sui fianchi e poi
lungo le gambe; li allontano da me con un calcio e poi rimango in piedi
davanti a lui…ora a coprirmi ci sono solo i miei boxer scuri…
Raggiungo
il mio do’aho e mi siedo su di lui, bloccandogli le braccia per
prevenire il suo desiderio di stringerle intorno a me: “Aspetta ancora
un po’, Hana…” e io sento la tua eccitazione, amore mio, e noto che
subito vorresti protestare, ma poi ti trattieni e decidi di fare di nuovo
come ti ho detto…ora sei completamente mio, Hana…
Gli
sbottono la camicia, cercando di limitare al minimo il contatto della
nostra pelle, per esasperare il desiderio e portarlo al massimo; gli
faccio scivolare la stoffa giù dalle spalle e poi è lui a completare
l’opera, togliendosela quasi con furia.
Ma,
prima che possa abbracciarmi, io all’improvviso lo spingo indietro sul
futon e mi chino su di lui, tenendogli saldamente inchiodate a terra le
braccia e puntandomi sulle ginocchia per continuare a mantenere questa
eccitante distanza fra di noi.
“Sei
perfido, kitsune! Questa è una vera tortura…” protesta lui, ansante;
cerca di muoversi, per ribellarsi e finalmente stringermi a sé, ma la
presa delle mie mani è ferrea su di lui.
“Shhh…”
lo ammonisco io.
Ora
inizierà una tortura ancora migliore, amore mio…
E
inizio a baciargli la gola, quelle sue spalle larghe che mi piacciono
tanto, il torace…mi piace tanto il contrasto tra la mia pelle bianca e
la sua più scura…lo sento sospirare, io gli mordicchio le areole brune
e lui geme…posso inspirare il suo odore, assaggiare il sapore e il
profumo della sua pelle che percorro con la bocca e con la lingua…
“Kaede…ti
prego…”.
Le
mie labbra scendono lungo il suo corpo, poi mi rialzo per togliergli i
pantaloni; glieli sfilo insieme ai boxer, lasciandolo nudo di fronte a me.
Hanamichi
deglutisce, in attesa della mia prossima tortura.
Io
gli lancio un’occhiata maliziosa prima di chinarmi nuovamente su di lui,
di avvolgerlo con il calore umido della mia bocca, assaporandolo di nuovo
dopo tanto tempo; i suoi gemiti sono più intensi, la sua mano è fra i
miei capelli, ma non voglio portarlo al culmine…no, quello voglio che lo
raggiunga dentro di me…
Dopo
un po’, quando lui è quasi al limite, mi fermo, mi sposto e scivolo al
suo fianco sul futon e sorrido quando incrocio il suo sguardo a metà tra
il perplesso e l’arrabbiato.
“Kaede,
perché ti sei fermato?!” protesta vivacemente.
“Hn…perché
adesso tocca a te…” gli mormoro, facendogli capire che non lo fermerò
più.
Scorgo
un lampo di puro desiderio nei suoi occhi che mi fa venire i brividi e
stavolta è lui ad avere uno scatto fulmineo: mi fa sdraiare, mi strappa i
boxer di dosso…sento le sue mani sui miei fianchi che mi attirano contro
di lui…nessuno dei due può resistere oltre…
Hanamichi
entra completamente dentro di me con una sola spinta e io grido di dolore
e grido di più ad ogni spinta…mi fa male, ma ne avevo bisogno…e
sentirlo nuovamente dentro di me, eccitato e vigoroso, dopo un mese, non
mi fa capire più niente, mi fa provare un piacere intensissimo mescolato
al dolore che via via si attenua fino a sparire, lasciando solo questo
piacere, questo appagamento totale che mi fa perdere il controllo…le
spinte di Hanamichi continuano ad essere forti e profonde e io continuo a
gridare...e voglio che sia così, voglio gridare fino a perdere la voce,
fino a restare senza fiato…quando sfiora quel punto dentro di me,
vengo…lui ha il respiro sempre più veloce, geme intensamente, si china
a baciarmi appassionatamente, porta una mano fra i nostri corpi per
accarezzarmi mentre mi penetra più a fondo che può e io sono di nuovo
eccitato, mi sembra di impazzire, non avverto altro che il calore
bruciante dei nostri corpi uniti, la passione tangibile che ci avvolge e
su tutto domina il pensiero di averlo di nuovo dentro di me ed è un
pensiero che mi commuove e mi eccita allo stesso tempo…e io vengo di
nuovo, con un grido più alto, e ancora quando lo sento sciogliermisi
dentro invocando il mio nome, una vera invocazione che mi fa venire i
brividi, per l’amore e il desiderio inscindibili che ho avvertito nella
sua voce…
Hanamichi
mi ricade addosso e restiamo per qualche attimo immobili, sudati, stanchi
e storditi dal piacere; poi lo sento baciarmi dolcemente il collo e , a
fatica, gli passo una mano fra i capelli, accarezzandoglieli dolcemente.
“Hn…bene,
do’aho…vedo che hai energie in esubero…” scherzo io, con un
sospiro di appagamento.
Hanamichi
ride, si solleva leggermente e mi bacia sulla guancia:
“Eheheheheheh…sbaglio o sei venuto più di una
volta?”.
Hn…me
lo ha chiesto davvero? Il mio do’aho è stato capace di essere così
esplicito?! Se ripenso ai giri di parole che faceva i primi tempi perché
si vergognava…Ma mi piace il rossore che vedo sulle sue guance anche ora
che non è più così imbarazzato!!!
“Sei
stato bravo, Hana!” gli dico io ed è la verità e lui mi fa un
bellissimo sorriso; ma quando si sposta per scivolare fuori dal mio corpo,
io devo mordermi le labbra: il suo movimento mi fa male e non riesco a
trattenere un gemito di dolore.
Lui
se ne accorge e si preoccupa: “Scusa, kitsune…” e fa una faccia
contrita che è dolcissima a vedersi, mentre mi accarezza il viso.
“Non
importa, è perfettamente sopportabile” lo assicuro io; mi dà dei piccoli baci sul viso, mi sussurra: “Non volevo,
davvero…dovevo controllarmi…”.
Ma
io gli fermo la mano sul mio petto e scuoto la testa, come a dire che no,
non doveva affatto controllarsi: “Mi sono sentito così solo in queste
ultime notti, mentre ora…” ma non riesco a terminare la frase.
“Ora?”
mi sollecita il mio do’aho.
Non
mi sono mai sentito tanto amato.
Ma
non glielo dico, lo guardo fisso negli occhi e mormoro di nuovo:
“Ora…” ed è tutto in questa parola e lui lo capisce.
Hanamichi
mi osserva in silenzio, poi il suo sguardo si fa lucido: “Kaede, non
guardarmi in quel modo, per favore, o non riuscirò a non dire quelle
romanticherie che ti danno fastidio…” e nasconde il volto commosso
nell’incavo del mio collo.
“Hn…do’aho,
per oggi puoi dire tutte le romanticherie che vuoi!!” dico, stringendolo
a me; lui rialza appena il viso, è serio nel dirmi: “C’è stato un
momento in cui mi sembrava di aver perso la strada, Kaede, ma tu per me
sei stato come la Stella Polare…”.
E
io trattengo il fiato.
Sta
dicendo che gli ho mostrato la direzione da seguire…
Ti
amo, Hanamichi, ti amo talmente tanto che mi fa male il cuore, ma ora non
posso dirtelo o rischio di rimettermi a piangere e due volte in un giorno
sarebbero un po’ troppe…così fingo di rimproverarti: “Hn…questa
tua affermazione è così sdolcinata, do’aho, che non te ne lascerò
dire altre per almeno un anno!!!”.
“Oi
stupida volpe, che vai dicendo?! Io non sono sdolcinato, sono il Re dei
Romantici e poi il tensai non si fa certo dire da una stupida volpe cosa
debba dire o quando!!!!” si scalda lui.
“Hn…certo,
se fosse per te affogheremmo nella melassa!” replico io.
“Già,
e se fosse per te ci iberneremmo in un ghiacciaio perenne!!”.
“Do’aho!!”.
“Stupida
volpe!!!”.
Per
niente al mondo rinuncerei a questi momenti…
Con un dito seguo il
profilo perfetto di Kaede, mentre il cuore mi batte all’impazzata e mi
sta per scoppiare dalla gioia; mi chino su di lui e lo bacio con ardore,
gli succhio le labbra prima di dirgli: “Voglio fare di nuovo l’amore
con te, kitsune…” e stavolta lentamente, con dolcezza.
Prima
è stato il momento della passione più sfrenata, del desiderio allo stato
puro: quando ho sentito di nuovo il suo corpo caldo che accoglieva il mio
non ho capito più niente, ho perso la testa e l’unica idea nella mia
mente era quella di affondare sempre di più in lui, sempre più
forte…ma ora voglio solo riempire di tenerezza la mia volpe, fare
l’amore con lui stringendolo a me più che posso e non lasciarlo andare
mai…perché è vero quello che ho detto: mi stavo smarrendo per strada e
Kaede mi ha mostrato la via giusta e ora è di nuovo tutto a posto, è
tutto come prima, anzi è meglio di prima perché sento che questa crisi
ci ha fatto crescere entrambi e che ora siamo più innamorati che mai…
E
io lo desidero più che mai, anche dopo tutto l’ardore di poco fa, così
intenso eppure sempre troppo poco rispetto al bisogno che ho di lui.
Kaede
non risponde, si rilassa sotto di me per farmi capire che mi vuole anche
lui e io gli accarezzo il viso; ci siamo dimenticati lo stereo acceso,
solo ora mi accorgo della musica che avvolge la stanza…scendo a
baciargli il corpo perfetto, la sua pelle liscia e morbida…
“Hana…”
lo sento gemere.
Ma
ora è il mio turno di non rispondere: so di avergli dato un piacere
intensissimo poco fa, mentre facevamo l’amore, ma voglio dargliene
altro, voglio che non ne abbia mai abbastanza…mi chino su di lui e lo
sento sussultare al tocco della mia bocca e della mia lingua quando lo
preparo per accogliermi, gli do baci umidi e delicati per farmi perdonare
il dolore che gli ho causato poco prima…Kaede continua a gemere e io mi
porto sopra di lui.
Anche
la musica continua ad andare; questa canzone la conosco, riesco anche a
capire bene le parole inglesi del testo, gli ho sempre
detto che mi sembra scritta per noi…
It’s amazing how you can speak right
to my heart
Without
saying a word you can light up the dark
Try
as I may I can never explain
What
I hear when you don’t say a
thing…
Lui parla
direttamente al mio cuore, non ha bisogno di parole; lui continua ad
essere un mistero eppure allo stesso tempo lo conosco talmente bene da
sentire quello che mi dice anche quando se ne resta zitto. Entro dentro di
lui, di nuovo, il più delicatamente possibile e vedo nei suoi occhi
quella meravigliosa luce che illumina questo momento e la mia vita, ogni
attimo che trascorro con lui…
The smile on your face lets me know that
you need me
There’s
a truth in your eyes saying you never leave me
The
touch of your hand say you’ll catch me wherever I fall
You
say it best when you say nothing at all
Lo guardo in viso e
Kaede mi sorride per rassicurarmi. Un sorriso dolce e limpido. Un sorriso
che mi fa capire che hai bisogno di me, Kaede, anche se non lo dici…e se
guardo i tuoi occhi capisco che è vero che tu non mi lascerai mai…eri
pronto a rimandare il tuo sogno per me, Kaede, solo per me…Ora le tue
mani mi stringono, si aggrappano alla mia schiena, alle mie spalle…sono
mani forti e sottili, che sapranno sempre sostenermi, qualunque scemenza
io possa fare, lungo qualunque strada io possa perdermi…lo so con
certezza, quando sento il tocco della tua mano e non hai bisogno di dire
niente, non con me…è il tuo essere che parla per te…
All day long I can hear people talking
out loud
But
when you hold me you drown out the crowd
Try
as I may they can never defy
What’s
been said between your heart and mine
Sono un
chiacchierone, lo so, forse è per questo che stiamo così bene insieme:
le parole contro il silenzio! Siamo diversi, eppure i nostri cuori si
capiscono alla perfezione…
The smile on your face lets me know that
you need me
There’s
a truth in your eyes saying you’ll never leave me
The
touch of your hand says you’ll catch me wherever I fall
You
say it best when you say nothing at all.
Mi muovo lentamente
dentro di lui, accarezzandolo e baciandolo con reverenza, perché lui è
la cosa più preziosa che ho; sfioro quel punto nel suo corpo che lo
riempie di piacere e guardo il suo viso sudato…
“Stai
bene, Kaede?” chiedo in un sussurro, mentre il sudore scivola anche dal
mio volto.
“Mai
stato meglio…”riesce a rispondermi lui, trattenendo i gemiti.
Un’ultima
spinta e veniamo insieme, gridando i nostri nomi…
Riposiamo
abbracciati, accarezzandoci leggermente, ascoltando il nostro respiro che
torna regolare e io mi sento rilassato e appagato e sono allo stesso tempo
stanco ma pieno di energie, euforico e felice!!! Potrei andare avanti così
fino a domani, modestamente…
“Considerando
che era da febbraio che non lo facevamo, direi che questo è stato un buon
inizio, vero kitsune?” gli faccio notare io.
“Hn…possiamo
fare di meglio, do’aho!” mi dice Kaede, in tono maliziosamente
allusivo.
“Sicuro!
Tanto non ti lascerò uscire da questo letto, kitsune!!” lo avverto,
stringendolo forte a me, inspirando il suo profumo inebriante ed
eccitante.
“Ti
do 15 minuti per riposare e poi ricominciamo, Hana…sono IO che non ti
lascerò uscire da questo letto!!!” mi precisa lui.
Stupida,
adorabile volpe…
Come
se volessi andare da un’altra parte!!!!
È notte quando sento
Hanamichi che si solleva a sedere; ci stiamo riposando da qualche minuto,
ma non ci siamo addormentati.
Alzo
un braccio per cingerlo alla vita e fermarlo.
“Dove
credi di andare, do’aho?” gli chiedo, a bassa voce.
“Eh?
Ho sete…volevo solo…”.
“Non
abbiamo ancora finito” gli ricordo io, attirandolo contro di me.
Stanotte non voglio stare separato da lui neanche per un minuto…
“Cosa
vuoi fare, kitsune? recuperare un mese in una sola notte?” mi chiede il
mio Hanamichi, sorridendo malizioso e avvolgendomi di nuovo fra le sue
braccia.
Io
lo guardo seriamente: “Pensavo che fosse una sfida degna del mitico
tensai” lo provoco.
“Certo
che sì, stupida volpe! Lo sai benissimo…e ora sai anche che io non ti
lascerò mai, vero Kaede?” mi chiede, facendosi tutto serio.
Annuisco.
Lo
so, amore mio…
È
l’alba.
Ieri
sera ci siamo dimenticati di tirare le tende della finestra e ora le prime
luci del giorno arrivano fino a noi, inducendomi ad aprire gli occhi.
Mi
volto a guardare il cielo: è sereno, senza nuvole.
Hanamichi
dorme addosso a me, con il capo sul mio torace; quando gli accarezzo i
capelli, lui si muove piano.
“Mm…è
già mattina, Kaede?” si lamenta un po’ lui, con voce impastata dal
sonno.
“E’
l’alba…possiamo dormire ancora…”.
Lui
mi bacia lievemente il torace, si rilassa contro di me.
Prima
di chiudere gli occhi, guardo di nuovo lo specchio di cielo che si apre ai
miei occhi. L’inverno se n’è andato…è tornata la primavera.
Anche
per noi.
Fine
(per ora? ^^)
Il
testo riportato nella fic è della canzone “When you say nothing at all”
di Ronan Keating .
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