Altra HanaRu!!! Questa fic segue temporalmente “Your kisses are so sweet”, ma è meno spensierata delle altre…però non c’è da preoccuparsi, per me la coppia HanaRu è intoccabile!!!! La dedico a Ria, Calipso e Greta ringraziandole di tutto e in più una dedica e un saluto anche a Dream, ad Hanako e a Mab per la loro gentilezza e simpatia!!!

 


I want to be on your side

di Nausicaa



Parte prima.- Far from her

Febbraio è quasi finito.

Il club di basket ha brillantemente vinto anche il campionato prefettorio invernale, stracciando tutte le altre squadre e, massima soddisfazione, battendo in finale il Ryonan!!! Quel giorno Sendoh non aveva molta voglia di sorridere…

Dopo questo momento di gloria, però, è iniziato un periodo pieno di impegni scolastici: io e Kaede abbiamo avuto i test e Miyagi e Ayako hanno dovuto studiare per l’esame di ammissione all’università…mm…se fosse dipeso da Ryota credo che questa dedizione allo studio sarebbe stata più smorzata, ma la presenza di Ayako si è rivelata fondamentale anche in questo!

Oggi è un sabato mattina e noi non abbiamo scuola; penso che per una giornata mi piacerebbe stare in casa, in pace con Kaede, ma quando entro in camera nostra lo trovo che si sta preparando per uscire. Prima che possa chiedergli qualunque cosa, è lui a domandarmi: “Vieni a Tokyo con me, do’aho?”.

A Tokyo? Che cavolo dice?

“Che devi fare a Tokyo?” gli chiedo, senza rispondergli.

“Devo parlare con mio padre…devo dirgli che voglio andare in America dopo il diploma e lui deve firmare alcune carte …”.

La sua voce è ferma e decisa come sempre, ma la sento anche un po’ forzata: credo che gli pesi tantissimo aver bisogno dell’autorizzazione del padre…

“Certo che vengo con te! Una stupida volpe come te si perderebbe a Tokyo, senza la guida dell’immenso tensai!!” proclamo.

“Hn… quante volte sei stato a Tokyo, do’aho?” mi chiede la volpe, con aria dubbiosa.

“Neanche una, ma che c’entra? Credi che non sia in grado di guidarti?” sono più che sicuro di riuscire ad orientarmi anche in un luogo sconosciuto; il volpacchiotto non dice niente, ma mi aspetta mentre apro l’armadio e mi infilo al volo un maglione.  Mi piace l’idea di andare a Tokyo con la mia volpe!!! E lo penso una volta di più quando finalmente mi ritrovo a camminare con lui per le strade della capitale, guardandomi intorno curioso.

“Dove stiamo andando, kitsune?”.

“Da mio padre. Alla sua azienda…lavorano anche il sabato…” dice lui con voce atona. Peccato! Avrei voluto girovagare un altro po’ con lui, prima di affrontare la parte più spiacevole della giornata! Già non mi ha fatto piacere che, sul treno, Kaede fosse più silenzioso del solito!

“Gli hai telefonato per avvertirlo del tuo arrivo?” chiedo.

“No” è la sua secca risposta. Sempre meglio…Però…oddio!!!!! Ad un tratto mi sta venendo un dubbio atroce…

“Ma che dovrò conoscerlo, kitsune?” chiedo, agitato. Qualcosa mi dice che io e quest’uomo non andremmo affatto d’accordo e non credo che la volpe mi ringrazierebbe se innervosissi suo padre prima di questo delicato colloquio!!!

“Come vuoi…ma ti consiglio di no, tanto non sarebbe piacevole” è il suo lapidario commento.

Kaede mi guida fino ad una fermata della metropolitana e, con quella, arriviamo proprio vicini al grattacielo dove ha sede l’azienda.

Prendiamo l’ascensore e, mentre questo ci porta fino agli ultimi piani, io osservo il viso di Kaede che torna a quello stadio di glaciale indifferenza che credevo di essere riuscito definitivamente a sciogliere in questi mesi di vita con lui; quando le porte dell’ascensore si aprono, lui si dirige subito verso la scrivania di una segretaria, che lo guarda sì stupita, ma anche con la consapevolezza di chi sia. Certo, è logico che sia stato qui altre volte…io lo seguo, guardandomi intorno: impiegati indaffaratissimi, capi-settore nelle loro stanze e poi i familiari ideogrammi del cognome della volpe sull’elegante targhetta che fa bella mostra sulla porta di fronte a noi. Kaede non chiede, annuncia che vuole parlare con suo padre con una autoritaria voce di ghiaccio, poi mi dice di aspettarlo qui, ma non ha bisogno di dirmelo…

Intanto, ora che ho visto questo posto, ho ancora meno voglia di conoscere suo padre, quindi non credo che farò un’improvvisata fra qualche minuto! Poi, non ho neanche voglia di andarmene a curiosare…Mi appoggio con disinvoltura alla parete, mentre varie persone mi guardano con disapprovazione e io ricambio con occhiate malevole. Mi chiedo come diavolo facciano a resistere qui dentro, con questo lavoro…giacca e cravatta, il cartellino da timbrare, rigidità nell’orario di lavoro…

Giuro che io soffocherei!!!

Non resisterei più di due giorni e, soprattutto, non sopporterei che qualcuno si sentisse in diritto di darmi degli ordini!!!

E’ vero che anche il basket è fatto di disciplina (come non si stanca mai di farmi notare la kitsune), ma ormai al tensai viene riconosciuta la giusta importanza ed è un piacere allenarsi in queste condizioni, oltretutto con la mia volpe vicino!!!! Istintivamente guardo verso la porta che Kaede ha chiuso dietro di sé quando è entrato; ripenso all’uomo che ho visto di sfuggita, seduto ad una grande scrivania, e mi sento un po’ ansioso.

Lo sono per Kaede: lui ora non sta passando dei bei momenti e poi questa trasferta a Tokyo mi ha ricordato che potrebbe esserci un problema…anzi, sicuramente ci sarà…per quanto io abbia cercato di non pensarci e di rimandare il momento di affrontarlo…

 

 

Io e mio padre ci fissiamo in silenzio per lunghi istanti: era da mesi che non ci incontravamo.

“Avrei preferito essere avvertito preventivamente della tua visita” è la sua prima frase.

“Hn” non mi interessa cosa avrebbe preferito…

“E’ tutto a posto? C’è qualcosa che non va?” le sue domande potrebbero sembrare affettuose, se non fossero fatte con una voce assolutamente atona. Come se stesse parlando ad uno dei suoi dipendenti.

Per un attimo mi chiedo se fosse simile a questa, la mia voce, lo scorso anno…se il mio do’aho abbia sentito lo stesso tono in me…Spero di no!!!

Alla fine mi decido a parlare: “Non ti preoccupare, non starò qui a lungo: dopo che avrai firmato questi fogli, me ne tornerò a Kanagawa” gli annuncio.

Mio padre si acciglia leggermente: “Cosa dovrei firmare?”.

Io mi avvicino alla scrivania e lui mi fa cenno di sedermi sulla poltroncina di fronte. “Sono solo alcune formalità…mi servono per poter andare in America dopo il diploma” spiego, mentre gli porgo le carte e lui le prende con diffidenza.

“In America? Negli Stati Uniti?”.

Annuisco.

“E cosa andresti a fare laggiù?”.

Mi irrigidisco. Lo sa benissimo, deve per lo meno immaginarlo!!! Non voglio credere che mi conosca così poco da non immaginare il motivo per cui sogno l’America, anche se non glielo ho mai detto a voce…

“Frequenterò un college la cui squadra universitaria sia legata ad una delle squadre dell’NBA…pensavo alle squadre della Pacific Division…Voglio diventare un giocatore professionista negli Stati Uniti” mi sono fatto uscire il fiato e gli ho spiegato tutto; ora non dovrebbe fare ulteriori domande, almeno spero.

“Capisco”.

Non dice altro, mentre legge le carte che gli ho dato; la sua lettura è attenta, impiega diversi minuti per finire, poi rialza gli occhi su di me.

“Ad una condizione” dice, gelidamente.

Come?! Una condizione…

Questo non lo avevo messo in conto e non mi piace per niente…

“Quale?” chiedo, altrettanto freddamente.

“Che studi economia all’università”.

Di nuovo con questa stupida storia!!! Anche quando ero bambino, a volte, me lo aveva detto…

“Non se ne parla” replico, con un tono fermo per fargli capire che davvero NON SE NE PARLA!!!!!

“Allora, spiacente, ma resterai qui” è la sua altrettanto ferma conclusione.

COSA?! Mi sta dicendo quello che ho sentito? Che non mi farà partire?! Che non mi darà il suo maledetto permesso, se non farò quello che vuole lui? PERCHE’?! PERCHE’ ORA DEVE FARMI QUESTO?! Lui non mi sopporta, perché non coglie l’occasione per lasciarmi andare via?!

“Perché?!” stavolta lo chiedo a lui, non a me stesso, stringendo i pugni.

“Studiando economia, avrai qualcosa da fare…dopo”.

“Dopo, cosa?” insisto.

Mio padre mi guarda con disapprovazione, come se fossi ancora piccolo e mi rifiutassi di capire: “Non sei lungimirante…Non potrai giocare a basket in eterno e la carriera di un atleta non è mai lunghissima; se tu studiassi economia, dopo potresti lavorare qui, prendere il mio posto” dice in tono piatto.

Guardo quest’uomo così gelido, così arido e spento, che crede di poter governare il mio futuro dopo avermi ignorato nel passato e sento che ce l’ho a morte con lui!!!! “Quando mi ritirerò come giocatore, farò l’allenatore” gli spiego, cercando di mantenere la calma, per fargli capire che ci ho già pensato…

Mio padre getta le carte che gli avevo dato davanti a me e sentenzia: “Se non studierai economia, non ti lascerò andare da nessuna parte”.

Vorrei dirgli che non me ne importa niente del suo permesso e neanche di lui, ma purtroppo qui si diventa maggiorenni a 21 anni e io non li ho ancora e ho bisogno di quelle sue stramaledette firme!!! Maledizione, è da quando ero bambino che voglio andare in America!!! Chi è lui per impedirmelo??!! Ma io non sono una persona che accetti compromessi o che si faccia imporre qualcosa: io andrò in America e ci andrò a modo mio e NON studierò economia!!! E non starò neanche a pregarlo, se lo può scordare…

Mi sento invadere dalla rabbia, devo sforzarmi al massimo perché le mani non mi tremino mentre raccolgo i documenti che avevo portato. Mi alzo e lo guardo.

“Ti assicuro che andrò in America! Ti assicuro che me ne andrò da qui!!” gli sibilo e lui inarca un sopracciglio.

Mi volto ed esco dalla stanza, sbattendo la porta alle mie spalle; passo velocemente davanti ad Hanamichi e con la coda dell’occhio mi accorgo che mi segue, preoccupato.

Ci fermiamo di fronte alle porte dell’ascensore.

 

 

La volpe mi passa davanti dicendo fra i denti “Maledetto bastardo, lo odio!!”.

Lo seguo, pensando che ci sono guai in vista, ma non gli dico niente lungo tutta la discesa dell’ascensore; ormai lo conosco abbastanza da sapere che adesso non è il caso di dirgli alcunché : soltanto quando siamo di nuovo in strada ci guardiamo di nuovo in faccia…

Si è fatta ora di pranzo…SIGH!!!! Io so che qui a Tokyo ci sono ristoranti di tutti i tipi e ora ho fame e mi piacerebbe provarne uno e invece mi tocca indicargli il locale qui di fronte, perché adesso l’importante è parlare e basta solo trovare un posto dove sedersi comodamente…Insomma, in un modo o nell’altro questo tizio (suo padre) riesce sempre a darmi ai nervi!!!

Entriamo e ordiniamo le prime cose che ci saltano all’occhio; siamo seduti già da qualche minuto quando mi decido ad aprire bocca: “Che è successo, kitsune?”.

Lui mi sembra pallidissimo dalla rabbia e allo stesso tempo è scuro come un temporale; si morde le labbra per lunghi istanti e poi inizia a raccontarmi, parlando lentamente, a fatica.

Mi spiega tutto e io capisco il perché della sua espressione, però…però…

“Perché non lo accontenti?” mi sento un cretino subito dopo avergli fatto questa domanda, però questa cosa mi sfugge. Voglio dire…il mio volpino non ama studiare, non mi ha mai detto di avere un interesse particolare verso una determinata facoltà e non l’ho mai sentito parlare con entusiasmo di niente di simile…allora perché non può studiare economia? Non capisco perché voglia complicarsi la vita con questa che ha tutta l’aria di una ripicca…

“Non me ne frega niente dell’economia!” Kaede mi fulmina con lo sguardo.

“Va bene, ma che alternativa hai da proporgli?” insisto io.

“Non è questo il punto: io non verrò MAI a compromessi con lui!!! Andrò in America e studierò quello che vorrò e lui non potrà farci niente!! Lui…lui ha perso tanto tempo fa il diritto di dirmi ciò che devo fare!” la voce di Kaede ha una carica d’odio che mi spaventa e mi rende triste.

So a cosa si stia riferendo, ma lui dovrebbe capire anche perché io, che sono il primo a non voler ricevere ordini, cerchi di essere più diplomatico in questo caso…

Guardo fuori dalla vetrata e mi scorre davanti il traffico della città.

“La comunicabilità è il miglior pregio della vostra famiglia, vedo…” borbotto, immaginandomi la scena di quei due, padre e figlio, ognuno impuntato irremovibilmente.

Ma Kaede non gradisce l’osservazione: “Do’aho!”.

“Magari se aveste parlato, invece di limitarvi ad annunciarvi le rispettive decisioni…” insisto.

“Da quando sei così conciliante, Hanamichi?” mi chiede Kaede, sempre più scuro in viso e con una sfumatura ironica.

“Ci sto male quando litighi con tuo padre…” e poi non me la sento di dire altro, torno con la mente a quello stramaledetto giorno e a quelle dannatissime risse e lui lo capisce e vedo il suo sguardo addolcirsi per un attimo.

Perché lui che ha un padre ci deve litigare?

Tu non lo sai che vuol dire, Kaede, essere immobilizzato e sapere che tuo padre sta morendo e che tu non puoi fare niente e non riuscire a fare niente…chiedersi perché sia dovuto succedere tutto quel giorno…se avessi fatto un’altra strada non avrei incontrato i primi quattro teppisti che poi radunarono anche i loro amici…se fossi stato con Yohei e l’Armata Sakuragi…Ho passato notti intere ad arrovellarmi su queste domande. E tuo padre è un bastardo, kitsune, e tu hai tutte le ragioni di avercela con lui, ma quando so che litigate io non posso fare a meno di star male, lo capisci questo, Kaede? Ma forse non può capirlo nessuno e io ti auguro non di non dover mai conoscere un senso di colpa così grande, amore…

“Non è stata colpa tua, Hana” mi dice, dopo diversi minuti di silenzio.

“Credi?” non so che aspettarmi: da quella volta di quasi un anno fa, quando lui aveva la febbre e io gli avevo parlato di mio padre e della sua morte, l’argomento non è più stato affrontato fra di noi…

“Non eri stato tu a cominciare le risse, ti sei dovuto difendere…non puoi sentirti in colpa per aver subito un torto…” mormora Kaede, di nuovo con voce pacata. La sua voce dei momenti più dolci.

“Non sono riuscito ad aiutarlo…” può metterla come vuole, ma il risultato non cambia: mio padre era lì a morire mentre io facevo a pugni con un gruppo di vigliacchi!

“Non hai POTUTO aiutarlo, ti è stato impedito! Eri da solo e loro erano tanti…e se tu non ti fossi difeso, cosa sarebbe successo? Saresti finito all’ospedale e tuo padre sarebbe morto ugualmente” insiste Kaede.

Razionalmente lo so che ha ragione, ma io non brillo per razionalità…Le stesse cose me le disse anche mia madre, quando si rese conto che non riuscivo a guardarla in faccia, perché io ormai ero orfano, certo, ma lei era vedova per colpa mia  e della mia rissosità…Ma lo so che è sincera, quando mi assicura che NON è stata colpa mia… “Hana, lo so che è difficile da accettare, ma ci sono cose al di fuori del nostro controllo…cose che nemmeno il tensai può controllare!” dice affettuosamente il mio amore, il mio Kaede.

Io mi volto nuovamente  per guardare la mia bellissima kitsune e gli sorrido: “Già, incredibile, vero? Non ti preoccupare, Kaede, sono solo un po’ triste…ormai so convivere con questo ricordo. Ma proprio per questo non vorrei che tu…”.

“Che io, cosa?” mi incita lui; ora è più disposto ad ascoltare.

“Che tu un giorno dovessi avere dei rimpianti: torna a parlare con tuo padre, non è giusto che questa sia stata la vostra ultima conversazione” lo incoraggio.

“No!” Kaede è particolarmente categorico.

“Anche solo per rinfacciargli quella cattiveria che disse anni fa, ma parlagli!! Dopo ti sentirai meglio” stavolta non mollo, so di avere ragione!! Soprattutto perché so quanto ancora Kaede soffra per quella dannata frase detta da suo padre…

“Hn” non replica, forse lo sto convincendo.

“Kitsune, ti serve la sua firma, no?” gli faccio notare e lui annuisce malvolentieri.

“Be’, non credo che tu abbia voglia di fare su e giù con Tokyo ogni sabato quindi devi risolvere tutto oggi e per farlo devi tornare a parlare con tuo padre!” sicuramente lo convincerà il famoso senso pratico del tensai…voglio dire, è tutto sensato quello che ho detto, giusto? Evidentemente sì, perché vedo che Kaede, senza dire una parola, si alza.

Paghiamo la consumazione e torniamo sui nostri passi, ritrovandoci di fronte al grattacielo; di nuovo l’ascensore, di nuovo la segretaria stupita, di nuovo io che devo aspettare fuori…

Prima che il mio volpacchiotto entri, riesco a sussurrargli: “Allora, kitsune, sarai ragionevole?”.

“Assolutamente no!”.

Perfetto…  

 

 

Mio padre non sembra stupito di rivedermi.

Mi porto di fronte a lui e uso il mio tono più basso e deciso: “Voglio che tu sappia che io non ti sto chiedendo il permesso. Ti sto dicendo che andrò in America, che giocherò lì, che studierò lì, ma NON economia: sarebbe troppo impegnativo e comunque non me ne frega niente. Giocare da professionista in America è il sogno della mia vita e non starò certo a guardare te che mi impedisci di realizzarlo!”.

Lui mi fissa a lungo, non fa una piega e io comincio a temere di assomigliargli…

Poi ha un insolito sguardo di approvazione: “Bene. Ora so che lo desideri davvero e che non è il capriccio di un ragazzino; è una sfida impegnativa…non potresti affrontarla senza una volontà ferrea come quella che mi hai appena dimostrato di avere”.

Il basket un capriccio?!

Mio padre mi conosce ancora meno di quanto credessi! Se mi conoscesse anche solo un minimo, saprebbe che il basket è sempre stato il motore della mia vita…

Mi fa cenno di porgergli i documenti che ancora porto con me e io, per una volta, sono felice di obbedire a qualcuno; provo una sensazione di trionfo mentre lo osservo firmare foglio dopo foglio…quelle firme sono la mia libertà, sono in parte il mio passaporto per la patria del basket!!!

Quando finisce, me li rende senza dirmi niente.

Potrei salutare e andarmene, ma uno spiacevole senso di irrisolto mi punge dentro e io non voglio trascinarmelo ancora per chissà quanto tempo, sono dieci anni che lo sopporto; così non rinuncio a dirgli quello che sto pensando: “Hn…se sarai fortunato, il mio aereo precipiterà nel Pacifico, così si avvererà parte del tuo desiderio  anche se questo non la farà tornare…”.

Per la prima volta da stamattina, lo vedo incupirsi in volto: “Che intendi?”.

“Dieci anni fa…ti ho sentito: stavi dicendo a quel tuo cugino che avresti preferito la mia morte a quella della mamma…” mi interrompo, dal lampo nel suo sguardo capisco che si ricorda anche lui di quel momento, di quei giorni di dolore.

“Siediti, Kaede!” ordina lui.

Ma io non sono un suo dipendente e se ora mi siedo è perché IO l’ho deciso, perché IO voglio togliermi questo peso e gettarmi tutto alle spalle, perché IO voglio non doverci pensare mai più nella vita. Non perché me lo ordina lui.

Però noto che stavolta mi ha chiamato per nome…

“E’ vero, l’ho detto e lo pensavo davvero in quel momento, non intendo accampare scuse…ma mi dispiace che tu abbia sentito…”.

Già, dispiace anche a me averlo sentito…forse non avrei creduto di essere solo un peso, qualcuno di talmente insignificante da poterne desiderare la morte; veramente è durato poco questo pensiero…in me si è poi radicata l’idea di appartenere al basket e di essere nato per questo sport…ma non ho certo voglia di ringraziare mio padre per avermi fatto conoscere, anche se per poco, la sensazione di sentirsi inutili. “Così tutto il rancore che percepivo in te in questi anni, tutti i tuoi silenzi, erano dovuti a questo?” mi chiede, fissandomi negli occhi.

Io mi stringo nelle spalle…magari il silenzio ci sarebbe stato ugualmente, il rancore forse no…

“Mi sono pentito di aver detto quella cattiveria un attimo dopo averla pronunciata….”.

“Mi fa piacere saperlo, anche se arrivi un po’ tardi” ironizzo io.

“…ma tu non puoi capire. Kaede, io ti auguro con tutto il cuore di non dover mai perdere la persona che ami, di non doverla mai vedere spegnersi giorno dopo giorno senza poter far niente…Io la amavo tanto…lei era la mia anima gemella e quando se n’è andata mi sono sentito perso, niente aveva più importanza, niente e nessuno…Tu eri il mio bambino, certo, ma lei era la donna che avevo scelto per dividere la vita” spiega lui, lentamente.

Mia madre l’aveva scelta, certo, mentre io gli ero capitato per caso…quando si decide di avere un figlio non si può sapere poi che tipo te ne tocchi in sorte, vero? “Non avevo idea che tu avessi ascoltato, Kaede: perché non me ne hai parlato prima?”.

“A che scopo? Credevo che mi odiassi…” è doloroso da dire, ma è la pura verità. Vedo mio padre rabbuiarsi, poi scuotere la testa: “Perché avrei dovuto odiarti? Sai, Kaede, tu non sei stato molto amabile in questi anni…sei stato scostante e silenzioso, mi hai fatto capire che non mi sopportavi e non mi volevi vicino a te e ora ne capisco il motivo, ma anche quando non lo capivo non ti ho mai odiato: quando ti guardo penso che sei il risultato perfetto dell’amore che c’era tra me e tua madre…hai i suoi occhi e la mia carnagione chiara…somigli ad entrambi…e in te c’è ancora una parte di lei, che non l’ha fatta morire del tutto. L’amore e il dolore possono portare a dire cose cattive, molto cattive…ed io ero disperato e tutto quello che riuscivo a pensare era che lei non sarebbe più stata al mio fianco, per questo ho detto…quelle cose. Ma non ti ho mai odiato. Mi spiace solo che ora sia tutto irrecuperabile…” e fa un gesto in aria con la mano.

Irrecuperabile, è vero, e per fortuna lo sa anche lui.

Questo non è uno di quei telefilm americani in cui, alla fine, i protagonisti si abbracciano piangendo e si scambiano le immancabili battute “Ti voglio bene”/ “Anche io ti voglio bene”.

Questa è la vita reale e nella vita ci sono rapporti che non si recuperano più, neanche volendolo e noi per di più non lo vogliamo.

Né io né mio padre faremo uno sforzo, lo so: ci siamo costruiti due esistenze che non prevedono la presenza dell’altro e ci sta bene così; forse ora non ce l’avrò più così tanto con lui, forse lui mi troverà meno insopportabile…ma il massimo che potremo fare sarà passare dall’antipatia reciproca ad una più riposante indifferenza.

“Non importa- gli dico- Per noi non sarà un problema” mi alzo, ma prima che me ne vada mi accorgo che lui lancia un’occhiata al visore che ha sulla scrivania, da cui può controllare lo spazio di fronte alla porta della sua stanza.

“Lui chi è? Ti ha accompagnato anche prima”.

Non mi serve guardare il piccolo schermo per sapere che sta parlando di Hanamichi, lì fuori in paziente attesa.

“E’ il mio compagno. Il mio amante” aggiungo, perché gli sia chiaro.

Mio padre cerca di darsi un contegno, di fingersi un uomo moderno e di ampie vedute, ma è perfettamente inutile che lo faccia: ricordo bene la sua espressione disgustata quando glielo avevo detto mesi fa…

“Sei scandalizzato, vero?” lo provoco.

Lui mi fa una smorfia: “Mi capirai se non faccio salti di gioia al pensiero che mio figlio vada a letto con un altro ragazzo!”.

Io non mi scompongo, gli dico calmo: “No, non lo capisco. E io non mi limito ad andare a letto con lui…lui è la persona che amo!”.

Di nuovo una smorfia: “Contento tu…però…non c’era nessuno di meglio, in giro?”.

“NO! Io voglio LUI” glielo sillabo per bene, magari gli rimane più impresso; poi mi volto e mi avvio verso la porta.

“Non voglio che questa cosa si sappia in giro” mi ammonisce lui.

“Hn” per la tua reputazione? Cosa vuoi che me ne freghi? Deciderò io a chi dirlo e a chi non dirlo…

Poggio una mano sulla maniglia.

“Ah, Kaede!”.

“Hn?”.

“Buona fortuna”.

Io non mi volto, ma dico: “Anche a te”.

Io non lo cercherò tanto presto e so che lui farà altrettanto. E lo sa anche lui. Ma mentre mi chiudo la porta alle spalle e incontro il volto sorridente di Hanamichi, mi sento più leggero…

 

 

Sul treno di ritorno il mio adorato volpino non ha detto nulla, anzi si è addormentato. A cena, invece, mi ha raccontato a grandi linee la seconda conversazione avuta con suo padre, cosa che mi ha innervosito molto per tutto quello che mi ha fatto venire in mente…E impulsivamente decido che non mi va di pensarci, non adesso…ci sarà tempo…Per scrollarmi di dosso questo nervosismo, inizio a fissare il mio bel volpino e questo mi fa pensare che vorrei vedere le sue foto, che non le ho mai viste, perché  lui non le cerca mai e invece adesso sono curioso, non so, sarà la sua conversazione con il padre che mi ha fatto venire voglia di vedere immagini della sua vita degli anni passati…

“Kitsune, posso guardare i tuoi album di fotografie?” meglio che glielo chieda, prima: è un po’ suscettibile a riguardo! Ma ci tengo molto: sento che arriverei anche a conoscerlo meglio…

“Sono nello studio di mio padre” dice lui, facendomi capire che non ha niente in contrario.

Finiamo di sistemare la cucina e poi io mi reco in quella stanza e comincio a trafficare con gli scaffali; prendo un po’ di album e mi butto sul divano che è in un angolo di questa stanza così grande. Dal salotto mi arriva un piacevole suono di musica: Kaede deve aver messo su un cd…

Eheheheheh…sono un po’ emozionato nell’aprire il primo album, sapete?

Uhm…questa è sicuramente sua madre! È la prima volta che la vedo, ma non ho dubbi: Kaede ha i suoi stessi, bellissimi occhi…e questo dev’essere suo padre! Cavoli, ha la pelle chiara come la sua…ma allora è una cosa di famiglia!!!

E questo è lui.

Oooooooh…il mio volpino neonato, oddio che tenerezza!!!!!

Un cucciolo dai capelli neri e dalla pelle bianchissima…e le manine strette a pugno…uhm…già da allora, eh!

Qui è in braccio alla madre…però era davvero piccolino, guardando queste foto nessuno potrebbe pensare che ora ha superato il metro e novanta…e qui è nella culla, tutto raggomitolato…ooohh…sì, però…

Guardo meglio le foto.

Be’, io qualcosa di neonati la so, perché mia madre è infermiera e mi ha sempre parlato spesso del suo lavoro: per esempio mi ha detto molte volte che i neonati dormono quasi tutto il giorno e che restano svegli per circa tre ore (me lo aveva spiegato per dirmi che anche in questo caso il tensai si distingueva dagli altri: io rimanevo sveglio più a lungo!!), invece…Insomma, ci fosse una foto di Kaede con gli occhi aperti!!! Niente!!! Perennemente addormentato…

Ok, certo, dorme tanto anche adesso, figuriamoci da neonato! 

A pensarci bene, può essere che gli sia rimasto da allora…

Ridacchio, mente volto le pagine dell’album.

Oh! Arrivati alle foto dei suoi uno/due anni ha gli occhi aperti!!!

È ritratto sempre con la mamma,  doveva volerle molto bene…Io guardo attentamente il visetto di Kaede: sono poche le foto in cui sorride, ma il suo sguardo era limpido e innocente. Uno sguardo sereno.

Volto di nuovo una pagina.

Eh? Questa è bellissima, vorrei che poteste vederla anche voi!!! Pensate che io mi sto mettendo a ridere da solo come un matto!!!! Eheheheheheheheh…ma è troppo simpatica…

Si vede Kaede, all’età di circa quattro anni, in un campetto da basket che credo sia quello che tuttora frequenta: tra le mani ha un pallone da mini-basket, adatto al suo essere bambino e alla sua altezza, ma evidentemente non doveva esserne felice…infatti sta fissando con sguardo assassino un ragazzo poco distante, che giocava con un pallone vero davanti al canestro regolamentare!!!

Non avete idea della sua espressione!!!

Secondo me, avrebbe volentieri dato una botta in testa al tizio per fregargli la palla !!!

È proprio vero, allora, che certe caratteristiche fanno parte di noi dalla nascita…

Oh, ecco, in questa foto sta sorridendo:  sta sfogliando una rivista di basket con la madre e sorride felice.

Dopo quest’ultima, però, l’atmosfera cambia: non ci sono più immagini familiari, ma soltanto scene scattate a bordocampo, durante le partite, e poi mancano quasi completamente foto di lui alle elementari. E i suoi occhi hanno perso quello sguardo sereno. Queste sono le foto scattate dopo la morte della madre.

Sì, ma com’è che mancano quelle scolastiche?! Ah, già! Il tensai si ricorda tutto: quelle scolastiche sono in un album a parte, dove c’è anche la foto di gruppo dell’asilo in cui compaio anche io! Eheheheheheh…segno evidente che il volpino era destinato a me!

Ora sono arrivato alle fotografie delle medie: Kaede compare sempre e solo con la divisa della squadra Tomigaoka, ha il viso distaccato, lo sguardo gelido…

Un rumore mi distrae e mi fa alzare il viso e lo vedo nel vano della porta, che mi osserva; istintivamente cerco i suoi occhi e provo un moto di gioia notando come quel ghiaccio sembri essersi sciolto, come il suo sguardo sia più limpido.

“Ti piacciono così tanto quelle foto?” mi chiede.

“Da cosa l’hai capito?”.

“Dalla tua espressione…” risponde, inclinando il viso come per guardarmi meglio.

“Non avevo mai visto il volto di tua madre…era molto bella” gli sorrido e faccio per mostrargli l’immagine che mi ha colpito di più, ma lui mi blocca con un cenno della mano.

“Non voglio vederla mai più” lo dice tranquillo, ma con il tono di chi non cambierà mai idea.

“Ma perché?” almeno ci provo…secondo me si sta privando di qualcosa di importante, non volendo guardare più il volto della madre.

“Ho deciso così” è la sua semplice risposta.

Io non insisto più, fosse qualche altra cosa sì, ma non su questo…So quanto sia personale un simile dolore perché ci sono passato anche io. Ma abbiamo avuto reazioni diverse, io e lui, neanche a dirlo!! Ad esempio, a me dispiace non avere molte foto di mio padre e dovermi accontentare di ricordi…

Richiudo l’album e lo poso al mio fianco, poi, sorridendogli, gli chiedo di avvicinarsi a me; aver visto queste foto mi ha reso felice: mi sembra così incredibile che il bambino di quelle immagini sia lo stesso splendido ragazzo che ora è di fronte a me!! Quando Kaede è abbastanza vicino, lo sorprendo con una mossa fulminea: gli afferro il polso e me lo attiro prepotentemente addosso, facendolo sedere in braccio a me.

“Preso!” gli dico, ridendo e serrando le braccia intorno a lui per impedirgli di divincolarsi e dimostrargli che il tensai ha i riflessi più pronti di una stupida volpe!!! Eheheheheheheh…

Ma lui neanche prova a divincolarsi, a dire il vero…

“Sei proprio un do’aho!- mi dice in tono sostenuto, ma poi strofina la sua guancia contro la mia e mi sussurra all’orecchio- E poi,  mi hai preso tanto tempo fa…”

Ci baciamo senza fretta, dolcemente, e le nostre lingue si accarezzano languidamente, ci perdiamo nei nostri gesti d’amore; dopo il bacio, Kaede si rilassa contro di me, appoggiando la testa alla mia spalla e cingendomi la vita.  

“E’ stata una giornata pesante, vero kitsune?” lo è stata anche per me, pure se per un altro motivo.

“Hn”.

“Sai, io ce l’ho a morte con tuo padre, però non posso neanche fare a meno di essergli grato” dico d’impulso, stringendolo più forte.

“Perché? Perché vive a Tokyo e questo ci permette di fare i nostri comodi?” sussurra il mio volpino. In effetti…

Io rido.

“Be’ anche!!! Ma in realtà è per una cosa che mi è venuta in mente qualche tempo fa…Se noi siamo così è per via dei nostri genitori, no? Voglio dire, se non si fossero incontrati noi non saremmo nati, giusto? Quindi è grazie a tuo padre e a tua madre se tu ci sei, kitsune, e se sei così e tu così sei meraviglioso…E allora credo proprio di dover essere grato a tuo padre…per la tua esistenza…”.

Oddio, che discorso!!! Avrà capito quello che intendevo dire? No, perché il concetto nella mia testa era ben chiaro, ma renderlo a parole è stato più faticoso del previsto… Uhm…pare che il volpino abbia capito, però: non dice niente, ma la sua stretta diventa più forte e sento la sua guancia liscia nell’incavo fra il collo e la spalla. Accarezzo i suoi capelli e decido di assecondare il bisogno di silenzio che il mio Kaede prova in questo momento. Restiamo così per un bel po’, rilassati, ma dopo diversi minuti lo chiamo a bassa voce:  mi sento stanco anch’io, ho voglia di dormire. “Kitsune, andiamo di sopra adesso?”.

Nessuna risposta.

“Kitsune, mi basta un cenno del capo!” se proprio non vuole parlare…

Ancora niente…

Inclino la testa per guardarlo e ho la conferma dei miei sospetti: si è addormentato!!!! Sorrido fra me e me per aver indovinato anche stavolta (il tensai indovina sempre!) e penso che ora ho due possibilità: salgo le scale con Kaede in braccio o, cosa meno faticosa, restiamo qui per un po’ e poi lo sveglio con calma?

Mah, tanto lo so come finirà! Lui risponderà alle mie scosse con dei mugolii via via più irritati, per la serie se-mi-svegli-ti-mordo- e io dovrò trasportarlo in braccio fino al piano di sopra!!!

Come se mi dispiacesse…

E poi mi piace stare così…

Poggio la testa indietro, sullo schienale del divano, e chiudo gli occhi mentre continuo a carezzare i morbidi capelli di Kaede.

È bello restare così per un po’…tranquilli…abbracciati…

 

 

Parte seconda.- I can’t stay but I’ll never be too far.

 

Secondo la naturale conseguenza delle cose, visto che ieri era sabato oggi è domenica. E dal momento che ormai è stato archiviato anche il campionato invernale, per oggi non sono previsti allenamenti: il glorioso club di basket dello Shohoku si è preso una meritatissima pausa!

Io e la mia kitsune stiamo facendo colazione in tutta calma, quando lui si volta verso di me e mi dice: “Do’aho, finora non ti ho chiesto cosa abbia detto tua madre della nostra partenza per l’America…le hai dato quei documenti da firmare? Le hai detto che devi farti il passaporto?”.

Ecco.

Alla fine il discorso che mi illudevo di poter evitare è saltato fuori! Anche se, a dire il vero, è da ieri che me lo aspettavo: lo sapevo che il colloquio con suo padre lo avrebbe portato a chiedermi della reazione di mia madre…per questo ero così nervoso…

E lo sono anche ora, ma non voglio che Kaede lo percepisca.

Deglutisco.

“Io…non gliel’ho ancora detto…” ammetto, con uno sforzo.

Lui alza di scatto gli occhi e mi fissa: “E che aspetti a farlo?” è la sua ovvia, seccata domanda.

Come faccio a spiegarglielo? Come diavolo faccio a fargli capire che, ogni volta che ho pensato di affrontare il discorso con mia madre o di dirlo a Yohei, sono stato colto dalla paura? Mi urta da pazzi doverlo ammettere, ma mentre all’inizio mi sembrava tutto facile ora non è così…non adesso che questa cosa diventa di giorno in giorno più vicina, concretizzandosi…No, non proprio…

Ok, ricomincio daccapo!!!

È ancora facile: partire con Kaede, stare sempre con lui, sfidare i giganti americani…questo è facile…

Però…

Mi capita di pensare a mia madre, ai miei amici, quelli dell’armata Sakuragi e quelli che ho trovato grazie al basket, e penso che non so se riuscirei a salutarli a cuor leggero sapendo che non li rivedrei tanto presto.

Certo, la partenza sarebbe l’anno prossimo.

Però…

A me sembra un tempo breve, che ci crediate o no: se si potesse aspettare ancora…ancora un po’ per abituarmi meglio all’idea di non poter più telefonare così spesso a mia madre, di non poter chiacchierare più tutti i giorni con i miei amici, di dovermi separare da tutto ciò che finora è stato il mio mondo…un mondo a cui sono affezionato…

Mi è venuto in mente che dopo la mia partenza i legami che ho con loro si allenteranno e che, una volta allentati i legami, sarà difficile recuperarli. E io sono espansivo e ho un buon carattere e sono un ottimista di natura, ma non sono stati anni facili per me…se non avessi avuto questi punti di riferimento, cosa avrei potuto combinare? Queste piccole cose quotidiane…che ne so, una chiacchierata con Yohei, mia madre che mi scompigliava i capelli all’improvviso…è sempre bastato questo per farmi sentire felice. E poi è arrivato Kaede, è vero, e ora lui è il centro della mia vita, però…

Mi serve più tempo, ma come faccio a spiegarglielo? Lui ha sempre guardato con sospetto ai legami troppo stretti proprio per motivi come questo!

“Allora?” mi chiede lui con impazienza.

“Io…ma è proprio necessario farlo ora? Voglio dire…che fretta abbiamo?” riesco a dirgli. E non è la risposta che lui voleva.

Kaede si appoggia allo schienale della sedia, con il viso tirato: “Parla chiaro, Hanamichi! Che intendi?”

“Cioè…in fondo, perché dobbiamo per forza partire l’anno prossimo? Potremmo farlo anche dopo, no?” finalmente l’ho detto!! Non volevo dirglielo così, ma l’ho detto!!! È vero che ora corro il rischio di essere squartato dalla volpe, ma forse potrebbe capire…

Ma smetto di illudermi presto; la sua voce è gelida da dare i brividi: “Hanamichi, tu credi davvero che la vita stia ad aspettare te e le tue decisioni? In alcune squadre dell’NBA giocano ragazzi appena usciti dal liceo e tu vorresti presentarti lì, magari già al secondo anno universitario? Ci avevi pensato? Ti rendi conto che in America non è come in Giappone, che qui siamo in pochi a giocare a basket e lì, invece, il basket è uno degli sport nazionali? Lo hai capito che questo significa non solo più avversari, ma anche più rivali per ottenere un posto in una squadra?”.

L’abbondanza di parole che ha usato mi fa capire che si sta arrabbiando; no, mi correggo: è GIA’ arrabbiato!!!

“Non mi sembrava grave…” tento; perché lui la deve far sembrare una questione di vita o di morte?!

“Ah, no?! E perché non ti sembrava grave? No, aspetta! Rispondi a questo: perché vuoi rimandare la partenza?” il suo tono peggiora di parola in parola…

Gli dico la verità: “Per poter restare un po’ di più con le persone a cui tengo”.

E i suoi occhi si spalancano.

“Per QUESTO?!”.

Ma c’è qualcosa che mi offende nel suo stupore assoluto, nella sua incapacità di comprendere  e io mi infurio: “Non è colpa mia se io ho una madre e degli amici che mi dispiace lasciare!!!” gli ringhio…e me ne pento un secondo dopo!!! Come a dire che lui non li ha

Maledizione a me!!! Come ho potuto dirgli una cosa simile?! Davvero sono stato così cattivo proprio con lui?!

Kaede impallidisce ancora di più, se possibile, ma non muove un muscolo del viso; neanche mentre io mi affretto a scusarmi: “Kaede, scusa! Ti ho detto una carognata e non volevo…prendimi a pugni, ma non guardarmi così…scusami…” ma lui scuote la testa e mi fa cenno di tacere.

“Non scusarti per aver detto la verità…sappiamo entrambi che è così- fa una pausa  che mi sembra lunghissima, poi mi chiede- Cosa conti di fare?".

È una domanda cruciale…forse, se lo convinco…

“Perché non iniziamo qui l’università? Facciamo sempre in tempo a partire più in là…”.

“Più in là quando?- mi interrompe Kaede, ironico- Troveresti sempre una scusa per rimandare”.

“NON E’ VERO!!!- scatto io- Io ho solo…”.

“Tu hai paura del cambiamento, perché sarebbe radicale- mi interrompe di nuovo Kaede- E in realtà ora mi rendo conto che, se fosse per te, rimanderesti in eterno, perché non arriverebbe mai il momento giusto”.

Per chi mi ha preso?! IO NON HO PAURA!!! Non come intende lui, almeno.

“Kaede, se ti ho detto che sarei partito, così sarà!!! Però, non subito dopo il diploma…non posso…”.

“Credi che, anche restando qui, non ci saranno dei cambiamenti nella tua vita? Credi che questi ritmi liceali possano durare in eterno?!” mi chiede lui, spazientito.

“Non posso…” ho cercato di parlare con voce ferma, perché mi prenda sul serio. Però mi è anche chiaro che non sono riuscito a farmi capire da lui.

Non ho paura, ma sono spaventato: anche se non sembra io ho bisogno delle mie certezze quotidiane e a me non le dà il basket!!!

Ho bisogno di poter andare ogni tanto, senza preavviso, a trovare mia madre che sta facendo il turno in ospedale e farle una sorpresa; ho bisogno di poter comporre il numero di casa di Yohei senza pensare che sarà una telefonata intercontinentale; ho bisogno delle mie incursioni in sala giochi con l’armata Sakuragi. Ne ho bisogno ancora per un po’, un anno non mi basta…

Certo, Kaede ha la priorità assoluta, ma io…davvero sto chiedendo troppo?

Lui mi fissa a lungo, serio, poi mi parla lentamente: “Va bene. Allora io partirò subito dopo il diploma…poi tu mi raggiungerai quando ti sentirai in grado di farlo”.

Mi sembra che mi si fermi il cuore!!!

Ditemi che non è vero…

 

 

Hanamichi mi guarda come se lo stessi ammazzando e questo mi ferisce ancora di più.

Cosa dovrei dire, io, dopo che lui mi ha lanciato addosso questo fulmine a ciel sereno? Senza un’avvisaglia, una percezione…niente!!! Non avevo capito affatto che potesse avere dei dubbi e ora mi sento dire che ha bisogno di più tempo per separarsi con calma dai suoi amici, dai suoi affetti.

“Kaede, no! Perché dici così?” scatta lui, dopo aver udito la mia affermazione; il suo tono di voce è strano, ci percepisco la paura. E i suoi occhi nocciola sono spalancati.

“Voglio che tu abbia il tempo a cui tieni tanto” gli spiego.

Ma Hanamichi scuote violentemente il capo e parla con tono più deciso: “Io non ci sto qui, senza di te!!! Che ti costa rimandare per…”.

Ma io lo interrompo bruscamente: “Ho già rimandato di due anni!!! Fosse stato per me sarei partito l’anno scorso, lo sai, ma poi il signor Anzai mi fece quel discorso sensato, mi consigliò di aspettare di essere diventato il migliore del Giappone…ho deciso di aspettare la fine delle superiori per partire. Non sono stato contento di farlo, ma sapevo che era la soluzione più giusta, ma ora non voglio più aspettare. Per questo io partirò comunque”.

Non se lo aspettava, anche se non ho capito cosa si aspettasse: il suo sguardo è allo stesso tempo preoccupato e arrabbiato.

“Kaede…”.

“Non voglio importi niente- gli ripeto- Mi raggiungerai quando sarai pronto”.

Lui si morde le labbra, poi quasi grida: “Se tu mi…”.

“Non ci provare!!!- lo ammonisco di scatto; il mio viso non deve essere rassicurante, perché Hanamichi si zittisce all’istante- Non provare a dirmi cose tipo ‘se tu mi amassi’! non provare a chiedermi questa rinuncia come dimostrazione di chissà che cosa, perché, ti assicuro, non sarebbe amore!!!” proseguo io.

“Lo dici soltanto perché ti fa comodo!” ora è il turno di Hanamichi di avere uno scatto.

D’accordo…

Respiro profondamente, poi cerco di parlare con più calma: “Ascoltami bene, potrei anche farlo…potrei decidere di rimandare, gettando nuove incognite sul mio futuro, ma me ne pentirei, già lo so…E, inconsciamente, me la prenderei con te…Ti piacerebbe? È questo che vuoi per noi?”.

Lui sbuffa e fa una smorfia: “Ti pentiresti…ti pentiresti di mettere ME al primo posto, eh?!” dice amaramente.

“Neanche tu mi ci stai mettendo, Hana: ci stai mettendo tua madre e Yohei” lui impallidisce a queste mie parole e io ho una stretta al cuore, perché l’ultima cosa che voglio è che questa discussione si trasformi in una di quelle liti in cui ci si gridano contro cose di cui poi ci si pente

“Io ti amo, Kaede, più di tutto! È solo che…” esita, si irrigidisce.

“Solo che?” lo incito a proseguire.

“Temo di avere un po’…un po’ paura…” e abbassa gli occhi, mentre arrossisce violentemente.

So quanto gli sia costata questa ammissione di paura. Lui, il tensai invincibile che non ha paura di niente, costretto ad ammettere davanti alla sua volpe di aver paura all’idea di non vedere per lunghi periodi la mamma  e il suo migliore amico, come uno scolaretto qualsiasi!!!!!

E io non capisco perché debba reagire così, perché non pensi che esistono il telefono, le e-mail, il videotelefono, gli aerei che collegano la California e il Giappone…

Mi irrita molto che la sua dimenticanza spazzi via cento anni di evoluzione umana… Forse potrei rassicurarlo, dirgli che partire non significa necessariamente tagliare i ponti col passato o fare terra bruciata dietro di sé, che questa sarà la MIA scelta ma che non deve essere obbligatoriamente la sua…

Ma non ci riesco.

Per l’ennesima volta nella mia vita non riesco a trovare le parole (per un discorso che non avrei mai creduto di dover fare, oltretutto!) e poi sono convinto che lui le traviserebbe; le prenderebbe come il mio egoistico tentativo di persuaderlo subito, ad ogni costo…così non posso far altro che ribadire il concetto: “Hai paura. Può capitare…per questo ti sto dicendo di rimanere qui finché non sarai pronto. Ma io non resterò”.

Lui ha uno scatto e sbatte violentemente un pugno sul tavolo: “Maledizione, Kaede!!! Non stare lì a dirmi tranquillamente che dopo il diploma ci lasceremo! È un pensiero che mi fa impazzire, non lo sopporto!!!” mi grida. Sta davvero gridando, è sconvolto e si vede, ma mi ha frainteso.

“Chi ti ha detto che ci lasceremo?” gli faccio notare, scrutando il suo volto congestionato, i suoi occhi luccicanti di lacrime di rabbia trattenute…

Mi fa male vederlo così…

“Hai detto che partirai senza di me: non è un modo velato per dirmi che mi lascerai?” la sua voce trema, è quasi soffocata ma non saprei dire se più di rabbia o di dolore.

“No- lo rassicuro- E’ un modo neanche tanto velato per dirti che il nostro sarà un rapporto a distanza”.

Lui sembra calmarsi, mi guarda sospettoso, poi mi chiede: “Tu in America e io in Giappone?”.

“Sì” è un compromesso, lo so, e lo sto proponendo proprio io che non tollero i compromessi, ma per Hanamichi sono disposto a farlo. Ma lui scuote violentemente la testa.

“Non funzionerebbe!!! Non ci vedremmo quasi mai, saremmo troppo distanti e a me non basta sentire la tua voce per telefono, Kaede…voglio baciarti, stringerti, voglio poter fare l’amore con te per ore…- di nuovo la sua voce si incrina- Ma come farò se sarò qui da solo? Perché non vuoi provare a restare? Tu dici che finiresti per prendertela con me, ma non puoi saperlo…Se dici così, significa che non hai fiducia in noi!!”.

Questo no!!!

A questo decisamente mi ribello: “Io ho fiducia in noi!!! Ne ho talmente tanta da essere sicuro che il nostro legame reggerebbe ad un rapporto a distanza! Sei tu che non hai fiducia in questo…” aggiungo con amarezza.

“Non sarebbe facile…” mormora lui.

“Non l’ho mai detto: ho detto solo che ci riusciremmo”.

Ho cercato di parlare il più pacatamente possibile, finora, senza far trasparire troppo la mia delusione, che pure è profonda, ma non è servito.

Hanamichi è in una di quelle sue fasi in cui non dà retta a nient’altro che a quanto gli dica la testa.

“Tu mi avevi promesso che non mi avresti mai lasciato!” mi accusa, gridando di nuovo. È il panico a farlo parlare così, lo so, ma io ora ho solo voglia di prenderlo a pugni…questa sua ultima affermazione mi fa veramente arrabbiare.

“IO NON TI STO LASCIANDO!!!” gli sillabo, per far entrare il concetto in quella testa dura.

“Sì, invece, e me lo avevi promesso…”.

Bene, ora è il mio turno di reagire male e non mi va più neanche di sforzarmi di nascondere la delusione  e il dolore che provo.

“Io non ti sto lasciando!- ribadisco per l’ultima volta- E non sono io quello che non sta mantenendo le sue promesse!!”.

Lui mi aveva promesso che sarebbe partito, me lo aveva promesso la notte in cui mi rivelò di amarmi…

Ho bisogno di stare da solo.

Ne ho un bisogno assoluto, non voglio vedere nessuno, soprattutto non voglio vedere lui; mi alzo e faccio per uscire dalla stanza, quando la voce di Hanamichi mi blocca per un attimo.

“Dove stai andando?!”.

Sembra spaventato, disperato come se stessi per partire adesso.

“Vado al campetto, da solo. Tornerò  per l’ora di pranzo” gli comunico freddamente.

Mi preparo rapidamente ed esco.

 

 

Che diavolo ho combinato?

Me lo chiedo una volta di più quando sento il rumore della porta di casa che si chiude. Kaede era arrabbiato…no, peggio…era deluso. Io l’ho deluso.

Come se anche io non fossi deluso di me stesso!!! Dannazione!!! Non avrei mai creduto che avrei provato una così soffocante sensazione di paura paralizzante. Vera paura.

L’unica altra volta in cui avevo provato una simile paura era stato alla vista di mio padre a terra, sofferente, che chiedeva aiuto…e poi, in quello stesso giorno, quando mi resi conto di dover guardare in faccia mia madre per dirle che non ero riuscito a salvarlo…

 E anche ora ho paura all’idea di partire, ma sono terrorizzato al pensiero del futuro che Kaede mi ha prospettato: io in Giappone e lui in America.

D’accordo, sarebbe solo per qualche mese, ma cosa potrebbe succedere in questo tempo? Saremmo lontani, i nostri contatti si limiterebbero al telefono…niente baci, niente carezze, niente ore di appassionato amore, niente schermaglie o zuffe…

Io non ci saprò vivere così!!!!

E pensare che Kaede sembra così convinto che questa sia la soluzione migliore…

E se, lontano da me, la sua delusione nei miei confronti aumentasse? Se questo lo portasse a cambiare idea su di me, a vedermi in modo diverso? Se lo portasse a non essere più innamorato di me…

Stringo i pugni, mentre ci penso: io impazzisco al solo pensiero!!!! Se mi lasciasse…Per un attimo mi attraversa la testa l’idea che potrei anche ammazzarlo se lui un giorno non mi amasse più, che preferisco saperlo morto piuttosto che con un altro, ma poi inorridisco da solo al mio stesso pensiero!!! Respiro profondamente e scuoto la testa: no, io non potrei mai fare del male a Kaede…

E ora lui è convinto che questa sia la soluzione migliore.

Forse dovrei dargli retta, il volpacchiotto non prende mai decisioni campate per aria o in cui non creda fino in fondo: se dice che possiamo farcela, DEVE essere così!!! Del resto che alternative ho?

In questo momento la prospettiva di partire subito dopo il diploma mi è insopportabile…lui non rimanderà mai la sua partenza non dico di un anno ma neanche di un giorno…

E lo capisco, sapete?

È il suo sogno da così tanto tempo…la sua vita sportiva si è sempre concentrata su quello…

Devo essere stato pazzo a credere che mi avrebbe dato ragione, che avrebbe posticipato tutto…Cosa credevo? Cosa volevo dimostrare?

Forse, in fondo al cuore, per una frazione di secondo, ho sperato che davvero avrebbe messo ME  al primo posto…ho sperato di sentirmi dire che sarebbe rimasto, che lo avrebbe fatto per me, che avrebbe saputo capire i miei timori…ho sperato che lui potesse essere felice anche senza andare subito in America per il solo fatto di essere con ME…

Ci ho sperato davvero.

Sorrido amaramente fra me e me: sono davvero un do’aho!!! Un povero illuso…

D’un tratto mi irrigidisco, riflettendo sui ragionamenti che sto facendo e mi sembra di non riuscire a riconoscermi; questi pensieri non sono davvero degni di me, della mia grinta, del mio temperamento!!!

La volpe è sicura di poter gestire  un rapporto a distanza e io no?! Ci manca solo che ora Kaede mi veda anche insicuro e gelosissimo, oltre a tutto il resto!!! Anche se io lo sono: come farò senza averlo sotto gli occhi? COME DIAVOLO FARO’ A STARE TRANQUILLO?! Sicuramente in California ci sarà una versione americana di Sendoh!!! Ok, Kaede se la sa cavare da solo, ma non è questo il punto, non lo è affatto…è che io morirò di gelosia e di nostalgia…

Certo, se partissi…se me ne andassi…

È inutile, mi sento di nuovo bloccato…Per la prima volta dopo tanto tempo non so che fare…

Non mi riconosco più e non so trovare una strada che mi porti nella giusta direzione…

 

 

C’è molta rabbia nella forza che impiego per realizzare il mio ennesimo slam dunk . Resto fermo in mezzo al campetto, ansimando violentemente, ma non solo per lo sforzo fisico.

È per questo senso di angoscia che mi stringe dentro.

Di tutte le cose che avrebbe potuto dire Hanamichi, questa è proprio quella che non mi sarei mai aspettato. Ma, del resto, non ho sempre detto che la sua capacità di sorprendermi è illimitata?, penso con amara ironia.

E il peggio è che non so far fronte a questa situazione, perché non la capisco: non capisco la sua paura dell’ignoto, la sua volontà di mantenere inalterati nel tempo i rapporti con la madre e con il migliore amico come se si potesse restare in una eterna adolescenza…non capisco il suo volere comunque tutto: restare qui, per ora, ma con ME…

È tutto un po’ infantile a dir la verità.

Eppure Hanamichi mi sembrava maturato…no, lui E’ maturato!!! O forse, semplicemente, non ho mai pensato che potesse contraddirmi sull’argomento…

E ora lo ha fatto.

Ma non avrei neanche pensato di potergli offrire un compromesso.

E ora l’ho fatto.

Hn.

Il Kaede Rukawa di qualche mese fa non si sarebbe fatto troppi problemi: gli avrei dato un semplice ultimatum, qualcosa del tipo ‘o parti con me o ci lasciamo’, lo avrei convinto in qualsiasi modo, anche forzandolo…

Qualche mese fa.

Ma ora è tutto diverso: anche se sarebbe nella mia natura impormi, non sarebbe giusto, lo amo troppo per costringerlo ad un simile salto nel buio (per lui!)…un altro Paese, un’altra lingua, altre abitudini…

Non posso costringerlo a partire subito così come lui non può costringermi a rimanere qui ancora per un anno; il rapporto a distanza è l’unica soluzione possibile, per non far sì che il nostro legame non si trasformi in una lunga serie di rimpianti o pentimenti.

Respiro profondamente mentre mi avvio verso casa. Ora sono più calmo.

Entro in casa e lo trovo seduto per terra, nell’ingresso; lo vedo alzare di scatto la testa, al mio arrivo, con un’espressione terribilmente ansiosa, come se avesse temuto di non vedermi più, come se prima fossi uscito per non tornare…

Vedere così il mio do’aho fa sfumare la mia delusione…so che è il primo a soffrire di ciò che è avvenuto…so che tutto questo contrasta con l’idea che lui ha di se stesso e che vuole dare agli altri…

Hanamichi si solleva da terra e fa qualche passo verso di me: “Dove sei stato?” mi chiede, con voce tremante.

Mi sta mostrando quanto sia enorme il suo bisogno di me, quanto lui dipenda da me e io sono deluso e ce l’ho con lui, sì, ma ora sento solo il bisogno di rassicurarlo… “Al campetto” rispondo io, lasciandomi avvolgere dal suo forte abbraccio.

E al sua stretta è ancora più possessiva del solito, di una possessività disperata che non posso non notare.

“Io non sarò mai troppo lontano per amarti, Hana…” gli mormoro.

Lo sento sussultare, non se lo aspettava; istintivamente accentua il suo abbraccio, nasconde il volto nell’incavo della mia spalla.

“Io sarò sempre tuo, qui come a mille km di distanza, e tu sarai sempre mio” continuo e non lo dico solo per rassicurarlo, ma perché è la più semplice delle verità. Avverto le sue labbra sul mio collo, il suo affettuoso rimprovero: “Stupida volpe”, poi lui si tira un po’ indietro e si sforza di sorridermi ma non ci riesce bene.

“Ok, kitsune!!! Anche io ho tanta fiducia in noi da poter sopportare un rapporto a distanza”.

Non vorrebbe, lo so. Lo sta facendo per me.

“Hana, io ti amo”.

Lo dico all’improvviso, con la mia voce più sicura e, in uno strano modo, serena; il mio do’aho sussulta, non se lo aspettava, io glielo dico molto raramente e sicuramente non si aspettava che lo dicessi in un momento come questo…ma proprio per questo sento che devo dirglielo ORA.

“Sì…anche io ti amo…” e mi sorride appena. Un sorriso triste.

“No, voglio dire…IO TI AMO DAVVERO” e lo dico lentamente, parlando senza fretta, scandendo bene queste parole limitate per poter esprimere appieno tutto ciò che provo per lui, ciò che lui è per me, cosa siamo NOI per me…

“Anche io ti amo davvero” mormora il mio Hanamichi.

Ci guardiamo negli occhi e io vedo i suoi lucidi; stavolta sono io ad abbracciarlo.

Andiamo in salotto, in silenzio: nessuno dei due ha molta voglia di parlare, forse perché in questi casi le parole fanno veramente male…

 

 

 

Parte terza.- Believe in me

 

Io e Kaede non abbiamo più parlato né dell’America né della partenza, come se non ce ne fosse più bisogno e tutto quello che c’era da dire fosse stato detto. Come se tutto fosse stato irrevocabilmente deciso! Apparentemente non è cambiato nulla fra di noi: di giorno Kaede è sempre lo stesso con me, anche se i suoi baci hanno un sapore triste e i suoi abbracci sono più fugaci; ma quando scende la sera, allora mi accorgo di quanto siano cambiate le cose e io mi sento terribilmente stupido a chiedermi se per caso qualcosa non si incrinerà di questo passo…qualcosa si è GIA’ incrinato…

È passato un mese dalla nostra discussione, ormai siamo a fine marzo, e da quel giorno non abbiamo più fatto l’amore…proprio adesso che avrei più bisogno di sentire Kaede sempre e solo mio!

Ma nei giorni successivi alla discussione (chiamiamola così…) c’è stato disagio tra di noi e poi a me è mancato il coraggio…

Quando saliamo in camera nostra, lui si limita a sdraiarsi, a darmi la buona notte e a chiudere gli occhi…ci sono state notti in cui il desiderio di allungare una mano verso di lui era insostenibile, ma percepivo un muro fra noi due e lo percepisco ancora adesso; lui non mi ha più detto niente, ma avverto questa barriera fra di noi, come la avvertivo quando non stavamo ancora insieme. E sto malissimo. 

Intendiamoci, la sua non è una meschina vendetta o forma di ricatto!!!! Questo ci tengo a precisarlo…No, è la prova più lampante che Kaede è arrabbiato con me…no, non arrabbiato, non è solo questo…ma io l’ho reso triste, deluso e amareggiato… IO!!

I suoi occhi sono offuscati, sono come due stelle velate dalle nuvole, e il suo silenzio non è più complice, ma mi gela il sangue perché mi fa avvertire il vuoto fra di noi… Come posso pretendere che abbia voglia di fare l’amore con me, di accogliermi dentro di sé, se si trova in questo stato d’animo?

Eppure non mi ha mai detto niente, ripeto: non un’accusa di vigliaccheria o una recriminazione o una frecciata sarcastica…

Niente.

Neanche un accenno al fatto che è un mese che non facciamo l’amore e non sto insistendo sul questo punto per motivi di sesso, ma per quello che significa…

Certo, io e Kaede abbiamo avuto un sacco di impegni: abbiamo studiato per superare gli esami di ammissione al terzo anno, si stanno avvicinando le nuove eliminatorie e così il basket e la scuola ci hanno fornito le giuste scuse per parlare d’altro e non di noi…

Tante volte sono stato sul punto di scoppiare, di gridargli che lo desidero da morire, che voglio che tutto torni come prima, ma poi non ne ho avuto il coraggio…le parole non mi sono uscite di bocca di fronte al suo sguardo triste e offuscato…tante volte, guardandolo di sottecchi, mi sono mandato al diavolo da solo, perché io che volevo proteggerlo, io che volevo difenderlo a dispetto della sua forza, della sua indipendenza e del suo orgoglio, io che volevo farlo sentire al sicuro in un amore che non sarebbe mai venuto meno, alla fine proprio io l’ho fatto star male!!!!

Mentre penso a queste cose è notte e io ho freddo.

Siamo nell’ultimo squarcio d’inverno, ma so che il freddo che provo non deriva da questo.

Kaede è sdraiato vicino a me e dorme; nel sonno si è avvicinato inconsciamente a me e sono proprio piccoli gesti come questo che mi lasciano sperare che tutto si aggiusterà…io lo guardo e penso che lo desidero: vorrei tanto stringerlo forte e coprirlo di baci e poi possederlo dolcemente e dirgli che quest’ultimo mese non conta niente, che lo amo più di prima…

Ma non ci riesco: mi sembra che lui non mi voglia e non sopporterei di scoprire che è proprio così… mi chiedo se i prossimi mesi saranno tutti così e poi penso all’America…a quando lui sarà lì e io non avrò più neanche il conforto di vederlo disteso vicino a me, di percepire il tepore del suo corpo addormentato.

Come farò allora? E come farò a vivere con lui così, fino ad allora?

Perché mi sta scivolando tutto dalle mani?

Mi bruciano gli occhi: sto piangendo.

Mi è capitato spesso ultimamente, di piangere di notte, ma soffoco sempre i singhiozzi, perché non voglio svegliarlo, non voglio che lui se ne accorga, che mi veda così…Ed è difficile, credetemi, perché io non ce la faccio più: voglio Kaede ma mi sembra che lui non voglia più me, voglio farlo ridere e sorridere, voglio di nuovo la sua espressione dolcemente canzonatoria quando ascolta i miei proclami, voglio potergli dire di nuovo che sono un tensai senza dover abbassare lo sguardo e poi stringerlo fra le braccia e assaporare i suoi baci…voglio che lui mi guardi con lo sguardo brillante che aveva fino al mese scorso…

Le lacrime scendono più intensamente, ora per me è difficile controllarmi e piangere in silenzio, ma devo sforzarmi…

Cosa posso fare?

Non si può andare avanti così, ma è tutto confuso nella mia mente…Avevo sempre creduto che, per affrontare qualsiasi avversità, sarebbe bastata l’intensità del mio amore…

 

Oggi è un’altra domenica mattina.

Alla fine sono riuscito a piangere senza svegliare Kaede, ma non ho chiuso occhio per tutta la notte: il risultato è che ora devo fare un’abbondante colazione per riprendermi e per cercare di calmare il mio mal di testa.

Oltre a questo, però, ho raggiunto per lo meno un risultato: ho deciso che non posso vivere in questo modo un solo giorno di più e ho capito, a malincuore, di aver bisogno di aiuto; ho bisogno di parlare con qualcuno che mi possa consigliare.

C’è una sola persona in grado di farlo. 

 

 

 

Hanamichi è sceso a fare colazione pochi minuti prima che io uscissi per recarmi al solito campetto; non aveva affatto una bella cera, ma quando gli ho chiesto come si sentisse mi ha risposto di stare bene.

Ma non è vero, come non sto bene io.

In quest’ultimo mese sono ricaduto in quell’apatia che credevo di essermi gettato alle spalle: i silenzi sono più pesanti, le parole dette piano, di rado, come se potessero incrinare questo fragilissimo equilibrio a cui siamo giunti; credo che il sintomo più eloquente di tutto questo sia il fatto che da un mese non facciamo l’amore…anche il mio corpo sembra essere ricaduto in quel torpore a cui era abituato, prima che lo concedessi a lui e che liberassi i miei sensi…

Mi dico che è perché sono stanco per gli esami di ammissione al terzo anno, per gli allenamenti protratti oltre il tempo regolamentare, ma so che non è così…quando facciamo l’amore io e Hanamichi comunichiamo con il corpo, con il cuore, con l’anima, mentre ora devo trattenermi ogni giorno dal prenderlo a pugni!!!! Ho preso atto della sua paura, del suo voler rimandare la partenza, ma non sono ancora riuscito a capire e sono arrabbiato con lui!!!

O forse no…non arrabbiato, altrimenti non riuscirei neanche a baciarlo…sono deluso e amareggiato. Disilluso.

Per questo, lungo il mese appena trascorso, fare l’amore è stato l’ultimo dei miei pensieri…eppure ora sono triste…in questi ultimi giorni mi sono reso conto di soffrire davvero di tutta questa situazione, della solitudine che mi trasmette la sua vicinanza senza baci appassionati e abbracci affettuosi o roventi…ma sono orgoglioso, troppo, per dirglielo, per fargli capire che vorrei tornare indietro, che mi manca tanto il mio do’aho, quello vero…

Sono arrivato al campetto, ma non inizio a giocare: mi siedo per terra, guardando fisso la palla da basket, come se potesse darmi delle risposte; ma in realtà non sto pensando a niente di particolare, mi limito a prendere coscienza di tutto il mio malessere, penso che la mia tristezza è anche la sua e che non possiamo andare avanti così…

Sento un rumore alle mie spalle, poi una voce.

“Ciao, Rukawa”.

Riesco a malapena a trattenere un sospiro di irritazione…Akira Sendoh! E l’ultima cosa di cui ho bisogno è di avere intorno a me gente sorridente!!!

“Posso sedermi vicino a te per chiacchierare un po’? Amichevolmente, s’intende…” aggiunge subito, come a dire che si ricorda della promessa fattami, di non toccare più quel determinato argomento…

“Hn” è la mia risposta, per fargli capire che mi è indifferente che si sieda o meno. Purché non sorrida…

Sendoh lo prende per un sì e mi si siede accanto; mi rivolge uno dei suoi famosi e irritanti sorrisi quando mi chiede: “E allora? Come stai? È da un po’ che non ci si vede, dal campionato invernale…”.

“Hn” mi stringo nelle spalle.

Come sto? Malissimo, grazie! Ma non mi va di dirlo proprio a lui…

“Tu come stai?” chiedo, non perché mi importi veramente, ma per non rispondergli.

“Oh, io bene! Sai che frequenterò la Shintai?”.

“Davvero?” alzo il viso e lo guardo, perché questa notizia in effetti mi interessa, quella è la stessa università che si era interessata ad Akagi…

Sendoh me lo conferma: “Sì, si sono interessati a me e mi hanno contattato per la loro squadra universitaria e io, naturalmente, ho accettato. Del resto, voglio giocare seriamente e quale occasione migliore di questa?”.

Sorride sempre, ma stavolta ne ha motivo! Essere contattati dalla Shintai è un onore per un atleta.

“Complimenti, mi fa piacere” e lo penso veramente.

Lui lo capisce, mi guarda con qualcosa che potrei definire dolcezza, ma fortunatamente non va oltre e mantiene la promessa: “Anche se tu hai un anno meno di me, mi spiace sapere che la nostra rivalità non si protrarrà anche in ambito universitario! Sicuramente la Shintai contatterà anche te, dopo che ti sarai diplomato…avremmo potuto giocare nella stessa squadra  e contenderci il titolo di realizzatore! Ma tu andrai in America, giusto?” la sua allegria si incrina un po’ nel farmi questa domanda, come se gli dispiacesse.

“Sì” gli rispondo.

“E la testa rossa verrà con te, no? Non ti lascerebbe mai andare da solo da qualche parte, neanche a Tokyo!! Però mi dovrai far sapere come se la caverà con l’inglese e quante testate distribuirà agli americani!” Sendoh cerca di scherzare, ma le sue parole mi provocano una fitta inaspettata di dolore.

Perché ha dovuto tirare fuori questo argomento?!

Preferisco non rispondere, rinchiudermi nel mio abituale silenzio, perché non riuscirei a fingere a riguardo.

Anch’io credevo che Hanamichi non mi avrebbe mai lasciato andare da solo…

Ma forse ho sottovalutato Sendoh, forse è più intuitivo di quanto pensassi.

“Ci sono dei problemi con Sakuragi?” mi chiede, dopo un po’.

“Cosa te lo fa pensare?” chiedo a mia volta, con la mia voce più atona.

“E’ una sensazione…”.

E io continuo a stare zitto; non mi va di parlarne e comunque NON con lui: non mi va che ricominci a dare addosso ad Hanamichi o che cerchi di metterlo in cattiva luce.

“Sakuragi non se la sente di partire?” insiste lui, con cautela.

“Non è questo. Vuole rimandare la partenza a dopo il primo anno universitario” non volevo dirglielo, in realtà: ho parlato d’impulso, forse ne avevo bisogno…

“Ha paura del cambiamento?”.

“Non lo so. Credo di sì”.

“Forse il futuro gli appare senza certezze” propone Sendoh.

Mi sembra che sia rimasto colpito da questa cosa, spero solo che non si mostri interessato in modo personale…

“Forse”.

“E tu non riesci a capirlo…” conclude lui.

“No” ammetto io, con una stretta al cuore.

Sendoh mi sorride leggermente: “Del resto, come potresti? Tu sei forte, non sai cosa sia l’incertezza…”.

“Non quando si tratta di basket” confermo io.

“Ma non tutti sono così, sai Rukawa? E non è necessariamente una colpa, è un lato del carattere. Probabilmente Sakuragi non si è mai trovato a dover affrontare una simile situazione, una decisione così carica di conseguenze ed è confuso…Sì, credo che la sua sia confusione e scommetto che il primo a soffrirne è lui stesso”.

“Lo so” ci ho pensato anch’io, non ho fatto altro. Non sopporto che lui stia male e non voglio più vederlo così, rivoglio il mio do’aho megalomane e spavaldo che proclama di essere un tensai…

“Pensi che servirebbe a smuoverlo, se sapesse che potrei partire anche io per l’America?” ride lui.

Io mi giro leggermente per guardarlo: “Parli sul serio?” non capisco se stia scherzando o meno.

“Be’, per adesso no…ma in futuro, chissà! Sarebbe molto stimolante per me, continuare la nostra sfida anche oltreoceano e sarebbe anche l’occasione di testare le mie vere capacità di campione! Non saresti contento, se partissi anch’io? Ti dirò…più ci penso e più l’idea mi convince!” dice Sendoh, in tono allegro.

“Hn”.

“Chissà che faccia farebbe la testa rossa!! Potremmo giocare in due squadre che siano avversarie”.

“Lo sono tutte” gli faccio notare.

“Sì, ma io mi riferivo alle cosiddette rivalità storiche…hai capito, no?”.

Annuisco. Certo, come la rivalità tra i Chicago Bulls e i Los Angeles Lakers o i Boston Celtic.

Per qualche secondo cade il silenzio fra di noi, poi la sua voce diventa meno spensierata.

“Rukawa, ma tu che pensi di fare? Partirai da solo?”

“L’idea era quella, ma…”.

Eccolo il punto: sta tutto in quel ‘ma’.

“Ma non è quello che vuoi davvero” conclude Sendoh al posto mio.

“Non è proprio così. Io VOGLIO partire a tutti i costi!!! Sono due anni che attendo di poterlo fare…è sempre stato il sogno della mia vita e ora è così vicino…” non posso proprio rimandare o rinunciare, non posso proprio!!!

Però…però…

“Ma saresti felice, stando per un anno da solo, senza di lui?” Sendoh fa fatica a domandarmelo, me ne accorgo.

Non ho bisogno di riflettere per rispondere: “No, ma è l’unica soluzione”.

“Non è vero, Rukawa: ce n’è un’altra” mi fa notare lui.

Io rimango in silenzio, per non far trasparire i mille dubbi che mi assalgono; lo so che ce n’è un’altra ed è quella che vorrebbe Hanamichi.

“Sarebbe molto difficile per te, Rukawa- mi dice Sendoh, con il tono più serio che io gli abbia mai sentito- Ma tu sei tanto forte da poterlo fare…il tuo amore per lui è tanto forte da poterlo fare…” ammette.

Il mio amore è tanto forte da poter mettere in secondo piano il mio sogno? Il sogno che inseguo da una vita? Lo è davvero?

“Forse ora preferisci che ti lasci solo” dice lui, alzandosi.

“Grazie” ha ragione, infatti: voglio restare solo.

Se ne va senza dire altro e io finalmente sono solo di fronte ai miei dubbi e a i miei tormenti.

Respiro profondamente  e cerco di dare ordine ai miei pensieri e la conclusione è che io, Kaede Rukawa, devo ammettere che parte della colpa è mia.

Hanamichi è vitale, energico, è l’allegria fatta persona, ma sa anche essere insicuro, terribilmente insicuro.

Avrei dovuto saperlo e invece non ne ho tenuto conto.

Avrei dovuto renderlo più partecipe di tutte le informazioni che ho raccolto sulle università, sulle squadre, sul fatto che non vorrei vivere al campus, ma in un appartamento, con lui; avrei dovuto affrontare con lui tutto questo, rendergli tangibile che lo riguardava in prima persona…

Invece non l’ho fatto, pensando che non ce ne fosse bisogno, che forse lui avrebbe combinato pasticci e ho sbagliato.

Se avessi reso Hanamichi più partecipe di tutte le decisioni che stavano maturando nella mia testa, lui avrebbe avuto le sue certezze e il futuro non gli sarebbe sembrato una grande voragine scura e indefinita…un salto nel buio…

Gli avevo detto che non doveva preoccuparsi, che avrei pensato a tutto io, un po’ perché temevo le sue iniziative, un po’ per poter organizzare tutto a modo mio. E questo è il risultato.

E ora? Come faccio a rimediare?

Con il rapporto a distanza che gli ho proposto?

Ma io sono stato malissimo in quest’ultimo mese, avendo vicino Hanamichi ma in modo diverso; ora posso essere sincero fino in fondo: queste ultime notti sono state una tortura, perché io ero troppo orgoglioso per dirglielo, ma il mio corpo aveva bisogno di lui...avrei voluto i suoi baci, i suoi abbracci, avrei voluto che mi spogliasse e poi che mi prendesse con la sua dolce violenza…

Ma lui non lo ha fatto. Non ha neanche provato a farlo.

Ogni volta che mi viene in mente, questo pensiero mi colpisce con la forza di una frustata: neanche lui mi ha cercato, neanche lui mi ha voluto.

Non ha più allungato una mano verso di me, non ha più detto di desiderarmi, lui che me lo diceva ad ogni ora del giorno e della notte…

Perché?! Non mi vuole più?

E se partissi? Lui rimarrebbe qui, da solo, e forse il suo amore si affievolirebbe e penserebbe a me come ad un egoista…e se poi non mi amasse più?

A questo pensiero cerco di scuotermi. No!!! Questo non è possibile!!! Hanamichi non può smettere di amarmi soltanto per un po’ di lontananza!!!

Eppure quest’ultimo mese è stato quasi una prova di separazione e ho visto com’è andata…il silenzio fra di noi, poco contatto fisico, poca vicinanza...

Potrei stare per un anno così, senza di lui?

Senza il suo volto espressivo, senza il suo sorriso aperto e sincero, senza il suo entusiasmo e la sua capacità di farmi sorridere…

No. Non potrei.

Maledizione a te, Hanamichi!! Vedi quanto mi hai reso dipendente da te?!

Provo a fingere di essere ancora indeciso, ma so che la mia testa e il mio cuore hanno già preso la loro decisione.

Il mio amore è abbastanza forte.

E questa volta non è una domanda, è un’affermazione!

Finché Hanamichi vorrà restare, io non mi muoverò di qui…

 

 

Mia madre non si aspettava certo di vedermi piombare in casa proprio nel suo giorno di libertà, che tra l’altro oggi coincide con la domenica.

“Ehi, come mai da queste parti?” mi chiede stupita, ma contenta della mia visita. Forse fra un po’ non lo sarà più…

“Ho un problema” mugugno io a mezza bocca, per farle capire che mi serve il suo consiglio e che mi dà molto fastidio chiederglielo.

“Oh!” lei sospira, di colpo seria, e poi mi porta in cucina; di fronte ad una tazza di tè fumante, io le racconto tutto: della decisione di Kaede di partire, del suo sogno, della mia promessa di seguirlo, delle discussioni di un mese fa e di come abbiamo trascorso gli ultimi trenta, dannati giorni…

Il volto di mia madre si fa sempre più scuro mentre io parlo.

“Adesso non vuoi più partire?” mi chiede, al termine della mia narrazione.

“Voglio partire, ma non subito dopo il diploma…più in là!!!” le dico.

“Ti diplomerai soltanto l’anno prossimo: non ti basta un anno di tempo per abituarti all’idea di un distacco?” mia madre mi sembra molto severa nel chiedermelo. 

“Be’, ma …io vorrei trascorrere qui anche il primo anno di università…ci sono i miei amici, i miei compagni di squadra…e poi ci sei tu!” le  dico tutto d’un fiato.

“Io?” si acciglia lei.

“Rimarresti sola…” azzardo io, ma la mamma mi fulmina con lo sguardo, troncandomi le parole in bocca.

“Hanamichi, non provare ad usarmi come alibi per le tue paure!!!” sbotta lei, lasciandomi senza fiato.

Alibi?

“Ma…ma non è mica una scusa!!!” protesto io, offesissimo.

Bel ringraziamento… 

“Io ti conosco, Hana: tu hai paura, ti senti insicuro e reagisci rimandando il problema. Reagisci in modo infantile” continua lei, imperterrita, sempre più dura.

Be’, ora mi incavolo di brutto!!!

“NON E’ VERO!!!!” grido, sentendo le guance diventare rosse.

“Sì, invece, e Kaede ha ragione: dovete partire, mettervi alla prova, valorizzare al massimo il vostro talento e dovete farlo ora, il prima possibile, perché la vita non aspetta certo i tuoi comodi, Hanamichi!!” mi dice, con occhi brillanti.

“Cioè…tu vuoi che io parta il prima possibile…dopo il diploma?” le chiedo, stupefatto. Forse avevo sottovalutato la mia mamma…

“Sì”.

“Ma tu rimarresti da sola!” per colpa mia,  ripete incessantemente la mia testa…

Ma lei scuote il capo: “Non è vero. Ho il mio lavoro, ho i miei interessi, ho amici e amiche che mi stanno vicino…Ho una vita, insomma, anche se questo può stupirti!! Lui…avrebbe voluto così…Sarebbe stato così facile lasciarsi andare alla disperazione, così facile…ti assicuro che mi è costato molto di più ricostruirmi un’esistenza…ma era quello che tuo padre si sarebbe aspettato da me e io l’ho fatto. E quindi non pensare di lasciare alle tue spalle una mamma povera e sola!! Non pensare a me così…” e mi sorride e io ho un moto d’ammirazione per lei, per la sua energia, per la capacità di ripresa che  le ha ispirato l’amore per il ricordo di mio padre.

“Lo so che sei una persona forte” le dico, sorridendole a mia volta.

“E tu?” mi chiede a bruciapelo.

“Io?! Ma certo!” mi altero. Che cosa crede?!

“E allora dimostralo! Fin da quando eri piccolo non hai fatto che intronarmi con i tuoi proclami di grandezza sulla tua genialità e sulla tua forza…Devo dedurre da quanto mi hai appena detto che tu sai solo PARLARE in grande, mentre Kaede PENSA e AGISCE  in grande. Eh, Hanamichi?” mi provoca.

E io salto su, appoggiandomi al tavolo: “Non è affatto vero! Le mie non sono solo parole, io sono sicuro di riuscire come giocatore sia in Giappone che in America! E non ho paura di niente!”.

“Allora perché vuoi rimanere qui più del dovuto?”.

A questo punto la guardo visibilmente insospettito: “Mamma, scusa, ma perché ci tieni tanto a che io parta? Vuoi liberarti di me?!” sto scherzando, ma in fondo neanche tanto…

Lei sospira: “Mi hai dato delle preoccupazioni in questi anni, sai, Hana? Oh, sei un bravo ragazzo, un figlio affettuoso, non è per quello…ma a volte trascorrevi tutto il tuo tempo con Yohei e gli altri senza combinare niente di concreto…mi preoccupavo per il tuo futuro, insomma…e poi è arrivato il basket e io non ti avevo mai visto tanto appassionato a qualcosa e ne sono stata subito felice. Yohei mi ha raccontato che sei bravissimo, che il vostro allenatore vede molto potenziale in te…E poi è arrivato Kaede e tu ti sei impegnato ancora di più…pensavo che avessi trovato la tua strada, nello sport, nel basket. E ora te ne esci con questi discorsi?! Se restassi, te ne pentiresti, passeresti tutto il tempo a tormentarti, a pensare a Kaede, ad essere geloso…Io ho capito che lo ami moltissimo, sai? Be’, pensaci bene, perché è bruttissimo essere separati dalla persona che si ama…io lo so” e la sua voce si spegne. 

“Mamma…” mormoro; mi si stringe il cuore alle sue parole dolenti e sento di nuovo il peso della responsabilità.

Anche i miei genitori si amavano molto, come quelli di Kaede: erano una coppia molto unita. Poi, quell’infarto, quella rissa…

Non mi ero neanche accorto di aver chinato il capo, me ne rendo conto ora che devo rialzarlo, quando sento la mano di mia madre sulla mia.

“A volte non è colpa di nessuno, se due persone che si amano vengono separate anche in modo definitivo…- e mi guarda fisso, per farmi capire una volta di più che non mi ha mai ritenuto colpevole- …ma a volte la colpa c’è e poi si vive nel rimpianto…”

“Pensi che non sapremmo vivere un rapporto a distanza per un anno? La nostra è una coppia solida, sai?!” scatto.

Se siamo sopravvissuti a Sendoh, sopravviveremo a questo e altro.

Mia madre si fa pensosa: “Non lo metto in dubbio, ma soffrireste molto…secondo te ne vale la pena? Hanamichi, prova a guardare alla tua decisione con distacco e pensaci…”.

Forse ha ragione.

Seguendo il suo consiglio, mi chiudo nella mia vecchia cameretta e rifletto su quest’ultimo mese, su di me, su come debba essere apparso agli occhi di Kaede…

“Infantile” mi ha definito mia madre, in tono accusatorio.

Forse anche lui mi ha visto così: un ragazzo confuso e preoccupato più delle chiacchiere con il mio migliore amico e con la mamma che di mantenere le promesse fatte al mio amore, al mio compagno…

Esiste il telefono per conversare, no? Dopotutto, partire non significa necessariamente un ‘addio’, non significa tagliare i ponti…e poi, potremmo sempre tornare a trovarli, loro potrebbero mettere i soldi da parte e farsi un viaggio negli Stati Uniti, no? Perché non ho dato la giusta considerazione a tutto questo, fino ad ora? Possibile che la paura dell’ignoto mi abbia accecato fino a questo punto? 

E poi quel vuoto a cui mi sembrava di andare incontro adesso non è più tanto vuoto…cioè, non so niente: a quale college voglia andare, in quale città, non mi ha detto niente, ma ora voglio solo colmare questo vuoto assieme a lui!!! Non mi deve sembrare l’assenza di qualcosa, ma la possibilità di costruire qualcosa di nuovo, tutto per noi, da soli!!! Io e Kaede.

Io voglio stare con Kaede.

Sempre, dovunque e comunque.

E adesso, nel giro di un secondo, tutto torna improvvisamente facile e quel senso di paura paralizzante che si era impadronita di me svanisce!!! Non so perché abbia fatto la scemenza di fissarmi su ciò che lasciavo invece che sulla bellissima avventura a cui andremo incontro insieme, io e Kaede…

E poi non lascio niente, le persone che si vogliono bene non smettono di volersene a causa della lontananza!!! Certo, questo potrebbe valere anche per me e la volpe, ma quest’ultimo mese è stato una sofferenza inaudita…per me e per Kaede, lo so…

Kaede…

Qualche tempo fa ero convinto di aver smarrito la strada, ma ora l’ho ritrovata.

È quella percorsa con lui…

 

 

 

Apro la porta di casa, deciso a parlare subito con Hanamichi.

Sto rimandando il mio sogno, è vero, ma lo sto facendo PER LUI e questa consapevolezza unita alla mia determinazione mi rende sereno; sento dei rumori dal salotto e mi dirigo subito là, entrando nella stanza.

“Hanamichi…” lo chiamo.

Ma lui fa qualcosa che non mi aspettavo: viene verso di me a grandi passi, mostrandomi arrabbiato l’oggetto che stava osservando prima che arrivassi io.

“Dimmi, kitsune, ma ti sembra che io sia così? È evidente che la macchina fotografica doveva essere rotta!!! Questo NON SONO IO!!!” strepita a voce alta.

Eh?

Il mio do’aho agita davanti a me delle foto- tessera, di quelle che servono per i documenti, ed è visibilmente alterato.

“Non sono io, vero?!” insiste.

“Hana, ma…ma queste cosa sono?” chiedo io, un po’ stordito.

 Non capisco cosa stia succedendo: stamattina era spento e triste, invece ora percepisco di nuovo la sua vitalità dei momenti migliori… e poi che cosa sono queste foto?!

“Sei sempre la solita, stupidissima volpe! Sono delle foto, no? Mi servono per il passaporto! Mia madre mi accompagnerà a sbrigare queste faccende di documenti e mi ha detto che serve anche una foto- tessera per il passaporto…” è la sua veloce spiegazione.

“Passaporto…” ripeto io, a bassa voce.

“Sì! Non penserai che io entri negli Stati Uniti da clandestino?! Anzi, voglio un’accoglienza trionfale, degna del tensai!!” proclama e io mi accorgo che la sua voce è tornata quella di sempre: allegra, vivace e un po’ sbruffona.

“Il passaporto per gli Stati Uniti…” ripeto di nuovo io; il mio cuore accelera i battiti.

“Ho pensato che fosse meglio pensarci per tempo- mi sorride lui- Parto con te, Kaede…scusa per tutto lo scompiglio che ho creato, è stato un momento di follia, dimenticalo…”.

Parte con me…parte con me…parte con me…

Non faccio che ripeterlo nella mia testa, nel mio cuore: mi sembra di sognare!!! Ma poi torno subito con i piedi per terra; ora Hanamichi sembra convinto, ma lo sembrava anche prima…no, ho deciso che voglio dargli fino all’ultimo la possibilità di cambiare idea e di esserne DAVVERO sicuro. Ho deciso di correre questo rischio: che lui sappia cosa ero disposto a fare…

“Io ero venuto a dirti che sarei rimasto per un altro anno qui, con te. Che avrei rimandato anche io la mia partenza…” il cuore mi batte a mille mentre lo dico; ho appena sentito dalle sue labbra le parole tanto attese e ora rischio che se le rimangi…Forse dovrei darmi del cretino da solo, ma non lo faccio, lo so che è la cosa giusta, è una  questione di onestà.

Hanamichi mi fa un gran sorriso, il più bello che gli abbia mai visto: luminoso, senza ombre…il sorriso di una persona decisa e felice…

“Partiremo insieme dopo il diploma, kitsune! Non ne vedo l’ora…davvero, non so che mi fosse preso, ma io voglio partire con te e andare in America” e le sue parole sono limpide, risolutive.

Vuole partire con me…vuole partire con me…vuole partire con me…

Faccio un passo avanti e prima ancora di rendermene conto gli getto le braccia al collo e lo stringo forte, affondando il viso nell’incavo della sua spalla, inspirando di nuovo il suo odore familiare: era da tanto tempo che volevo farlo di nuovo…E sento nuovamente scorrere tra noi quella corrente di infinita comprensione e amore e complicità…

Il mio sogno. Con lui.

Mi bruciano gli occhi.

Ma che cosa…? Senza accorgermene ho iniziato a piangere!!! Io, proprio io!!! Non una lacrima come quando il mio do’aho mi aveva confessato il suo amore; non gli occhi lucidi, come quando ho vinto il titolo di MVP…

STO PIANGENDO.

Le lacrime scivolano sul mio viso e io avverto il loro calore bruciante sulla pelle…affondo maggiormente il capo contro il suo collo e cerco di trattenermi, ma peggioro solo la situazione. NO, I SINGHIOZZI NO!!!!

E invece sì, e io non riesco a trattenermi e continuo a piangere cercando di nascondere il viso, mentre Hanamichi mi stringe più forte che può e mi accarezza i capelli delicatamente…con le sue mani forti che sanno stordire di pugni, ma che su di me sono sempre tanto delicate…

Sento che anche lui è attraversato da un tremito: forse non si sarebbe mai aspettato di vedermi in lacrime fra le sue braccia, ma è qualcosa di più forte di me, non posso ancora smettere ed è come se questo pianto si portasse via tutto il dolore di questo mese, tutta la tensione, l’amarezza… Una purificazione.

“Kaede, spero che queste siano lacrime di gioia…” prova a scherzare lui, quando io inizio a calmarmi. Ma la sua voce è incrinata, la sento bene questa nota di commozione…

Io parlo ancora un po’ a fatica: “No, sto piangendo perché credevo che finalmente mi sarei liberato di te e invece non sarà così…” provo anche io a scherzare, a esibirmi nella mia parte di ghiacciolo umano, ma oggi non mi riesce tanto bene, visto che proprio mentre lo dico stringo Hanamichi più forte che posso, fin quasi a soffocarlo.

Lui dopo un po’ mi scosta gentilmente da sé e mi alza il viso; il mio primo impulso è di ritrarmi perché lui non mi veda così, perché nel profondo per me le lacrime sono ancora un segno di debolezza, è troppo radicata in me quest’idea e non voglio che lui mi veda piangere…Ma proprio mente sto per scostare il viso, avverto la sua mano ferma sulla mia guancia, in una muta richiesta di fidarmi di lui fino in fondo, di lasciare che veda ciò che non permetterei mai a nessun altro: un mio momento di abbandono…

E io, una volta di più, decido di fidarmi: dopotutto, anche le mie lacrime sono sue…

Non provo più a scostarmi e sostengo il suo sguardo; Hanamichi si china sul mio viso e mi asciuga le lacrime con i suoi baci leggeri, poi mi sorride: “Non voglio farti piangere mai più, Kaede…”.

“Queste sono lacrime di gioia, do’aho…anche se non avrei voluto che tu le vedessi…” ammetto.

Lui mi accarezza una guancia: “Lo so che tu non piangi mai, che non capisci la debolezza...non basta certo questo pianto a farmi venire dubbi sulla tua forza, anzi è proprio in questi momenti che mi sembri sempre tanto forte, pure se tu non te ne rendi conto: la prima volta che ti sei dato a me ti avevo detto di non averti mai visto così forte e te lo dico anche ora…perché hai lasciato che io ti guardassi…e forse non dovrei ma io, in questo momento, mi sento emozionato, perché tu che non piangi mai oggi hai pianto PER ME…”.

Hanamichi mi fissa come se gli avessi fatto un bellissimo regalo e io non so che dire; lo guardo negli occhi, in silenzio, e poi mi appoggio di nuovo a lui.

 

 

Io e il mio bellissimo volpacchiotto ci sdraiamo abbracciati sul divano.

“Mi gira la testa…” dice Kaede.

“E’ normale che giri la testa quando si piange molto” gli faccio notare io, passandogli le mani fra i capelli morbidi.

“Hn” fa lui. Eh, lo so che non deve essere contento di aver pianto!!! Ma ora non è questa la cosa più importante, è lui, lui e quello che stava per fare.

“Stavi per rimandare ancora una volta il tuo sogno, Kaede, e lo stavi facendo per me…Sai, non lo credevo possibile, eppure stavi per farlo…” quasi non ci posso credere! Lo aveva deciso, anche se io non glielo avevo più chiesto…

“Perché non lo credevi possibile? Pensavi che io fossi troppo egoista per deciderlo?” mi chiede lui. Un mormorio appena percepibile, offuscato dalla mia maglietta.

“No!- mi affretto a dire- Non era per questo e poi non ti consideravo egoista! Era il tuo sogno…la cosa più importante per te…” e non potevo certo condannarlo per questo; so quello che è il basket per lui, nessuno lo sa meglio di me, che non ho mai avuto il coraggio di chiedergli se tenesse più a me o al basket…

“Non la più importante, do’aho” e Kaede mi tira leggermente i capelli, come a rimproverarmi di non averlo capito da solo.

Lo stringo più forte a me, per fargli capire che ho inteso ciò che ha detto e il cuore infatti mi batte più veloce, tanto che mi chiedo se non lo senta anche lui. Vorrei che lo sentisse, così comprenderebbe quanta gioia mi sta dando!!!

“Perché avevi deciso di restare?” gli chiedo, mentre le mie mani scorrono su di lui, lente e possessive come non avevano potuto fare da febbraio.

“Non sopportavo l’idea di non averti vicino, Hana…e poi ero convinto che da solo chissà quali disastri avresti combinato!!!” mi provoca lui, dopo avermi reso felice con la prima parte della sua risposta.

“Il tensai non combina disastri, kitsune!!! Non avresti avuto motivo di preoccuparti…ma ora non pensiamoci più, Kaede, è stato solo un brutto sogno. Partirò con te e tu non riuscirai MAI a liberarti di me, anzi ti starò sempre addosso. Tipo koala!!!” proclamo. E vedrà che non scherzo…

Kaede ride leggermente: “Tipo koala? Ma se tu sei la mia scimmietta rossa!!” ed è bellissimo risentire finalmente il suono lieve della sua risata.

“Volendo puntualizzare, kitsune, io sono il tuo tensai” ribadisco, tanto per mettere i puntini sulle ‘i’!!!

“Tu sei il mio do’aho, Hana. Sei MIO” dice lui, con voce decisa, cingendomi la vita. Ok, mi chiami pure come preferisce, basta che io possa averlo sempre stretto fra le braccia!!! E sono suo, sì, proprio come lui è mio. 

“Avevi così tanta paura?” mi chiede all’improvviso.

“Ero confuso, molto confuso…ma quando ho pensato solo a NOI DUE, senza badare ad altro, la confusione è passata e ho capito chiaramente di voler affrontare qualunque sfida insieme a te. Anche questa”.

Ora sì che mi riconosco!!! Mi sento nuovamente pieno di energia, di forza, di ardore!!! Sono di nuovo Hanamichi Sakuragi, detto anche Grande Tensai…

Kaede si muove appena contro di me e io ho un brivido; lo desidero da impazzire, ora che siamo di nuovo abbracciati il mio corpo si risveglia e vuole il suo…

“Kaede, è da un mese che…” oddio, non so come dirlo!!! Mi sento imbarazzatissimo come lo ero fino a qualche mese fa!!!

Ma lui, ovviamente, capisce lo stesso la mia frase a metà e, dopo qualche attimo di silenzio, mormora: “Credevo che non mi volessi più…”.

CHECCOSA?! COSA DIAVOLO CREDEVA?!

No, dico, io è un mese che mi faccio la doccia fredda tutti i giorni e lui credeva che IO non lo volessi più?!

“Tu non sei una stupida volpe, Kaede, tu sei una stupidissima volpe!!! Mi è quasi venuto un esaurimento nervoso, se non te ne fossi accorto!!! Io ti volevo da morire, ma percepivo un muro fra di noi…mi sembrava che fossi tu a non volermi più e non osavo chiedere niente o prendere l’iniziativa…sarebbe stato troppo doloroso essere respinto…” gli spiego, concitato, perché capisca bene che io non ho smesso di desiderarlo neanche per un secondo.

Io che non voglio Kaede? Mpft…quando succederà, sarà il giorno della fine del mondo!!!

“All’inizio c’era questo muro, è vero…- mi dice lui, con la sua voce bassa- …e io non avevo voglia di farlo, perché mi avevi ferito…ma poi, anche quando avrei voluto farlo di nuovo, tu…” si interrompe.

“Io, cosa?”.

“Mi sembrava che non mi volessi”.

Ancora con questa storia? Eppure mi spiace di avergli dato questa idea…e lui è stato troppo orgoglioso per farsi avanti per primo…la mia stupida kitsune!!!!

Kaede alza il viso, i nostri occhi si incontrano ed è come una scarica elettrica; finalmente fra di noi si riaccende quella corrente che ha sempre fatto parte della nostra storia, che esplode se solo ci sfioriamo o ci guardiamo.

Le nostre bocche si avvicinano e noi ci baciamo con ardore, con impazienza, come se ne andasse della nostra vita; ci mordicchiamo a vicenda le labbra, le nostre lingue si sfiorano, si cercano.

Ci separiamo ansanti, io guardo gli occhi ancora arrossati di Kaede e gli bacio la punta del naso.

“Oi do’aho…” mi mormora lui.

“La sai una cosa, stupida volpe?” gli chiedo, sorridendogli.

“Quale?”.

“Ti amo da morire” e vorrei essere più bravo  e meno imbranato a parlare, per poter esprimere bene tutto l’amore che gli porto. Che gli ho sempre portato. Ma forse non ce n’è bisogno…

Con Kaede le parole non servono…

 

 

Parte quarta.- Sexy and romantic lover

 

Hanamichi mi ha preceduto in camera nostra, mentre io rimango qualche momento in salotto, per rivivere in solitudine ciò che ci siamo appena detti. Ma non sono che pochi minuti, poi salgo le scale con una impazienza che aumenta quando mi raggiunge un suono di musica, di un cd che il mio do’aho deve aver messo su; apro la porta e scorgo subito un lampo di desiderio negli occhi nocciola di Hanamichi. Nei miei occhi deve essere passato lo stesso lampo.

Resto fermo vicino alla porta, sentendo che il mio corpo diventa sempre più caldo perché vuole il suo, un calore crescente che fra poco diventerà insopportabile; senza staccare il suo sguardo dal mio, lui fa per spegnere lo stereo, ma io lo fermo.

“Aspetta, Hana!”.

Sì, aspetta…

È una canzone americana bella e ritmata, come piace a me, e nella mia mente prende forma un’idea sempre più attraente…

Tra poco mi farai tuo, Hanamichi, ma io ora voglio farti mio…voglio sedurti di nuovo, voglio che tu non veda altri che me, che tu non possa pensare di stare senza di me neanche per una giornata…Voglio stupirti, perché ti stupirai, amore mio, e voglio incatenarti a me…

“Siediti sul futon, Hana, e stai fermo lì” gli dico a bassa voce.

“Ma…” lui è perplesso, ma si siede come gli ho ordinato.

“Shhh…lascia fare a me…stai seduto e non muoverti…” e intanto il mio corpo inizia a seguire il ritmo della musica, a muoversi lentamente, in modo invitante…

“Kaede…” Hanamichi fa per alzarsi, è già tutto rosso in viso, ma la mia voce lo ferma e lui rimane immobile con un luccichio stupito nello sguardo.

“Ti ho detto di non muoverti!” e lui resta fermo, con un evidente sforzo.

Mi sfilo il maglione e lo lascio cadere a terra, fissandolo negli occhi.

Hana trattiene il respiro, avverto la sua crescente attesa…

Le mie mani iniziano a giocare con i bottoni della camicia, seguendone il contorno, prima di sbottonarli con una lentezza esasperata, uno dopo l’altro.

“Kitsune, sbrigati o ti strapperò di dosso quella roba!!!” ansima il mio do’aho.

“Lascia fare a me…” gli rispondo, con una voce ormai roca, mentre i miei movimenti seguono sempre meglio il ritmo della musica, qualcosa di sensuale e languido a cui io mi lascio andare…faccio scivolare la camicia prima da una spalla, poi dall’altra…poi cade a terra, rivelando il mio torace bianco…

Sento tangibilmente la scarica di corrente elettrica che passa fra me e il mio do’aho, sento e vedo che Hanamichi si sta eccitando ed è quello che volevo.

Anche io mi sto eccitando, sempre di più.

È un sentimento così intenso e complesso quello che c’è fra noi, composto da amore, amicizia, fiducia, comprensione, contrasto, tenerezza…ma c’è anche una fortissima e incontenibile attrazione fisica e sessuale e ora, dopo un mese, è questa che prevale… Il bisogno che ho di sentirlo dentro di me è sempre più grande, il mio corpo brucia di impazienza, ma devo imporgli la stessa attesa che ho imposto ad Hana…

Inizio a sbottonarmi i pantaloni, sempre con lentezza, facendo qualche passo verso di lui, continuando a seguire la musica e il suo ritmo sensuale ed è facile ora, è facile lasciare che la mia sensualità si esprima così liberamente.

“Kaede…” la voce di Hanamichi è roca, si passa la lingua sulle labbra secche, mi accorgo di quanto sia pesante lo sforzo che deve fare per rimanere seduto a terra…Con le mani, mi lascio scivolare i pantaloni sui fianchi e poi lungo le gambe; li allontano da me con un calcio e poi rimango in piedi davanti a lui…ora a coprirmi ci sono solo i miei boxer scuri…

Raggiungo il mio do’aho e mi siedo su di lui, bloccandogli le braccia per prevenire il suo desiderio di stringerle intorno a me: “Aspetta ancora un po’, Hana…” e io sento la tua eccitazione, amore mio, e noto che subito vorresti protestare, ma poi ti trattieni e decidi di fare di nuovo come ti ho detto…ora sei completamente mio, Hana…

Gli sbottono la camicia, cercando di limitare al minimo il contatto della nostra pelle, per esasperare il desiderio e portarlo al massimo; gli faccio scivolare la stoffa giù dalle spalle e poi è lui a completare l’opera, togliendosela quasi con furia.

Ma, prima che possa abbracciarmi, io all’improvviso lo spingo indietro sul futon e mi chino su di lui, tenendogli saldamente inchiodate a terra le braccia e puntandomi sulle ginocchia per continuare a mantenere questa eccitante distanza fra di noi.

“Sei perfido, kitsune! Questa è una vera tortura…” protesta lui, ansante; cerca di muoversi, per ribellarsi e finalmente stringermi a sé, ma la presa delle mie mani è ferrea su di lui.

“Shhh…” lo ammonisco io.

Ora inizierà una tortura ancora migliore, amore mio…

E inizio a baciargli la gola, quelle sue spalle larghe che mi piacciono tanto, il torace…mi piace tanto il contrasto tra la mia pelle bianca e la sua più scura…lo sento sospirare, io gli mordicchio le areole brune e lui geme…posso inspirare il suo odore, assaggiare il sapore e il profumo della sua pelle che percorro con la bocca e con la lingua…

“Kaede…ti prego…”.

Le mie labbra scendono lungo il suo corpo, poi mi rialzo per togliergli i pantaloni; glieli sfilo insieme ai boxer, lasciandolo nudo di fronte a me.

Hanamichi deglutisce, in attesa della mia prossima tortura.

Io gli lancio un’occhiata maliziosa prima di chinarmi nuovamente su di lui, di avvolgerlo con il calore umido della mia bocca, assaporandolo di nuovo dopo tanto tempo; i suoi gemiti sono più intensi, la sua mano è fra i miei capelli, ma non voglio portarlo al culmine…no, quello voglio che lo raggiunga dentro di me…

Dopo un po’, quando lui è quasi al limite, mi fermo, mi sposto e scivolo al suo fianco sul futon e sorrido quando incrocio il suo sguardo a metà tra il perplesso e l’arrabbiato.

“Kaede, perché ti sei fermato?!” protesta vivacemente.

“Hn…perché adesso tocca a te…” gli mormoro, facendogli capire che non lo fermerò più.

Scorgo un lampo di puro desiderio nei suoi occhi che mi fa venire i brividi e stavolta è lui ad avere uno scatto fulmineo: mi fa sdraiare, mi strappa i boxer di dosso…sento le sue mani sui miei fianchi che mi attirano contro di lui…nessuno dei due può resistere oltre…

Hanamichi entra completamente dentro di me con una sola spinta e io grido di dolore e grido di più ad ogni spinta…mi fa male, ma ne avevo bisogno…e sentirlo nuovamente dentro di me, eccitato e vigoroso, dopo un mese, non mi fa capire più niente, mi fa provare un piacere intensissimo mescolato al dolore che via via si attenua fino a sparire, lasciando solo questo piacere, questo appagamento totale che mi fa perdere il controllo…le spinte di Hanamichi continuano ad essere forti e profonde e io continuo a gridare...e voglio che sia così, voglio gridare fino a perdere la voce, fino a restare senza fiato…quando sfiora quel punto dentro di me, vengo…lui ha il respiro sempre più veloce, geme intensamente, si china a baciarmi appassionatamente, porta una mano fra i nostri corpi per accarezzarmi mentre mi penetra più a fondo che può e io sono di nuovo eccitato, mi sembra di impazzire, non avverto altro che il calore bruciante dei nostri corpi uniti, la passione tangibile che ci avvolge e su tutto domina il pensiero di averlo di nuovo dentro di me ed è un pensiero che mi commuove e mi eccita allo stesso tempo…e io vengo di nuovo, con un grido più alto, e ancora quando lo sento sciogliermisi dentro invocando il mio nome, una vera invocazione che mi fa venire i brividi, per l’amore e il desiderio inscindibili che ho avvertito nella sua voce…

Hanamichi mi ricade addosso e restiamo per qualche attimo immobili, sudati, stanchi e storditi dal piacere; poi lo sento baciarmi dolcemente il collo e , a fatica, gli passo una mano fra i capelli, accarezzandoglieli dolcemente.

“Hn…bene, do’aho…vedo che hai energie in esubero…” scherzo io, con un sospiro di appagamento.

Hanamichi ride, si solleva leggermente e mi bacia sulla guancia: “Eheheheheheh…sbaglio o sei venuto più di una  volta?”.

Hn…me lo ha chiesto davvero? Il mio do’aho è stato capace di essere così esplicito?! Se ripenso ai giri di parole che faceva i primi tempi perché si vergognava…Ma mi piace il rossore che vedo sulle sue guance anche ora che non è più così imbarazzato!!!

“Sei stato bravo, Hana!” gli dico io ed è la verità e lui mi fa un bellissimo sorriso; ma quando si sposta per scivolare fuori dal mio corpo, io devo mordermi le labbra: il suo movimento mi fa male e non riesco a trattenere un gemito di dolore.

Lui se ne accorge e si preoccupa: “Scusa, kitsune…” e fa una faccia contrita che è dolcissima a vedersi, mentre mi accarezza il viso.

“Non importa, è perfettamente sopportabile” lo assicuro io; mi  dà dei piccoli baci sul viso, mi sussurra: “Non volevo, davvero…dovevo controllarmi…”.

Ma io gli fermo la mano sul mio petto e scuoto la testa, come a dire che no, non doveva affatto controllarsi: “Mi sono sentito così solo in queste ultime notti, mentre ora…” ma non riesco a terminare la frase.

“Ora?” mi sollecita il mio do’aho.

 Non mi sono mai sentito tanto amato.

Ma non glielo dico, lo guardo fisso negli occhi e mormoro di nuovo: “Ora…” ed è tutto in questa parola e lui lo capisce.

Hanamichi mi osserva in silenzio, poi il suo sguardo si fa lucido: “Kaede, non guardarmi in quel modo, per favore, o non riuscirò a non dire quelle romanticherie che ti danno fastidio…” e nasconde il volto commosso nell’incavo del mio collo.

“Hn…do’aho, per oggi puoi dire tutte le romanticherie che vuoi!!” dico, stringendolo a me; lui rialza appena il viso, è serio nel dirmi: “C’è stato un momento in cui mi sembrava di aver perso la strada, Kaede, ma tu per me sei stato come la Stella Polare…”.

E io trattengo il fiato.

Sta dicendo che gli ho mostrato la direzione da seguire…

Ti amo, Hanamichi, ti amo talmente tanto che mi fa male il cuore, ma ora non posso dirtelo o rischio di rimettermi a piangere e due volte in un giorno sarebbero un po’ troppe…così fingo di rimproverarti: “Hn…questa tua affermazione è così sdolcinata, do’aho, che non te ne lascerò dire altre per almeno un anno!!!”.

“Oi stupida volpe, che vai dicendo?! Io non sono sdolcinato, sono il Re dei Romantici e poi il tensai non si fa certo dire da una stupida volpe cosa debba dire o quando!!!!” si scalda lui.

“Hn…certo, se fosse per te affogheremmo nella melassa!” replico io.

“Già, e se fosse per te ci iberneremmo in un ghiacciaio perenne!!”.

“Do’aho!!”.

“Stupida volpe!!!”.

Per niente al mondo rinuncerei a questi momenti…  

 

 

Con un dito seguo il profilo perfetto di Kaede, mentre il cuore mi batte all’impazzata e mi sta per scoppiare dalla gioia; mi chino su di lui e lo bacio con ardore, gli succhio le labbra prima di dirgli: “Voglio fare di nuovo l’amore con te, kitsune…” e stavolta lentamente, con dolcezza.

Prima è stato il momento della passione più sfrenata, del desiderio allo stato puro: quando ho sentito di nuovo il suo corpo caldo che accoglieva il mio non ho capito più niente, ho perso la testa e l’unica idea nella mia mente era quella di affondare sempre di più in lui, sempre più forte…ma ora voglio solo riempire di tenerezza la mia volpe, fare l’amore con lui stringendolo a me più che posso e non lasciarlo andare mai…perché è vero quello che ho detto: mi stavo smarrendo per strada e Kaede mi ha mostrato la via giusta e ora è di nuovo tutto a posto, è tutto come prima, anzi è meglio di prima perché sento che questa crisi ci ha fatto crescere entrambi e che ora siamo più innamorati che mai…

E io lo desidero più che mai, anche dopo tutto l’ardore di poco fa, così intenso eppure sempre troppo poco rispetto al bisogno che ho di lui.

Kaede non risponde, si rilassa sotto di me per farmi capire che mi vuole anche lui e io gli accarezzo il viso; ci siamo dimenticati lo stereo acceso, solo ora mi accorgo della musica che avvolge la stanza…scendo a baciargli il corpo perfetto, la sua pelle liscia e morbida…

“Hana…” lo sento gemere.

Ma ora è il mio turno di non rispondere: so di avergli dato un piacere intensissimo poco fa, mentre facevamo l’amore, ma voglio dargliene altro, voglio che non ne abbia mai abbastanza…mi chino su di lui e lo sento sussultare al tocco della mia bocca e della mia lingua quando lo preparo per accogliermi, gli do baci umidi e delicati per farmi perdonare il dolore che gli ho causato poco prima…Kaede continua a gemere e io mi porto sopra di lui.

Anche la musica continua ad andare; questa canzone la conosco, riesco anche a capire bene le parole inglesi del testo, gli ho sempre  detto che mi sembra scritta per noi…

 

It’s amazing how you can speak right to my heart

Without saying a word you can light up the dark

Try as I may I can never explain

What I hear when you don’t say  a thing…

 

Lui parla direttamente al mio cuore, non ha bisogno di parole; lui continua ad essere un mistero eppure allo stesso tempo lo conosco talmente bene da sentire quello che mi dice anche quando se ne resta zitto. Entro dentro di lui, di nuovo, il più delicatamente possibile e vedo nei suoi occhi quella meravigliosa luce che illumina questo momento e la mia vita, ogni attimo che trascorro con lui…

The smile on your face lets me know that you need me

There’s a truth in your eyes saying you never leave me

The touch of your hand say you’ll catch me wherever I fall  

You say it best when you say nothing at all  

 

Lo guardo in viso e Kaede mi sorride per rassicurarmi. Un sorriso dolce e limpido. Un sorriso che mi fa capire che hai bisogno di me, Kaede, anche se non lo dici…e se guardo i tuoi occhi capisco che è vero che tu non mi lascerai mai…eri pronto a rimandare il tuo sogno per me, Kaede, solo per me…Ora le tue mani mi stringono, si aggrappano alla mia schiena, alle mie spalle…sono mani forti e sottili, che sapranno sempre sostenermi, qualunque scemenza io possa fare, lungo qualunque strada io possa perdermi…lo so con certezza, quando sento il tocco della tua mano e non hai bisogno di dire niente, non con me…è il tuo essere che parla per te…

 

All day long I can hear people talking out loud

But when you hold me you drown out the crowd

Try as I may they can never defy

What’s been said between your heart and mine

 

Sono un chiacchierone, lo so, forse è per questo che stiamo così bene insieme: le parole contro il silenzio! Siamo diversi, eppure i nostri cuori si capiscono alla perfezione…

 

The smile on your face lets me know that you need me

There’s a truth in your eyes saying you’ll never leave me

The touch of your hand says you’ll catch me wherever I fall

You say it best when you say nothing at all.

 

Mi muovo lentamente dentro di lui, accarezzandolo e baciandolo con reverenza, perché lui è la cosa più preziosa che ho; sfioro quel punto nel suo corpo che lo riempie di piacere e guardo il suo viso sudato…

“Stai bene, Kaede?” chiedo in un sussurro, mentre il sudore scivola anche dal mio volto.

“Mai stato meglio…”riesce a rispondermi lui, trattenendo i gemiti.

Un’ultima spinta e veniamo insieme, gridando i nostri nomi…

Riposiamo abbracciati, accarezzandoci leggermente, ascoltando il nostro respiro che torna regolare e io mi sento rilassato e appagato e sono allo stesso tempo stanco ma pieno di energie, euforico e felice!!! Potrei andare avanti così fino a domani, modestamente…

“Considerando che era da febbraio che non lo facevamo, direi che questo è stato un buon inizio, vero kitsune?” gli faccio notare io.

“Hn…possiamo fare di meglio, do’aho!” mi dice Kaede, in tono maliziosamente allusivo.

“Sicuro! Tanto non ti lascerò uscire da questo letto, kitsune!!” lo avverto, stringendolo forte a me, inspirando il suo profumo inebriante ed eccitante.

“Ti do 15 minuti per riposare e poi ricominciamo, Hana…sono IO che non ti lascerò uscire da questo letto!!!” mi precisa lui.

Stupida, adorabile volpe…

Come se volessi andare da un’altra parte!!!!

 

 

È notte quando sento Hanamichi che si solleva a sedere; ci stiamo riposando da qualche minuto, ma non ci siamo addormentati.

Alzo un braccio per cingerlo alla vita e fermarlo.

“Dove credi di andare, do’aho?” gli chiedo, a bassa voce.

“Eh? Ho sete…volevo solo…”.

“Non abbiamo ancora finito” gli ricordo io, attirandolo contro di me. Stanotte non voglio stare separato da lui neanche per un minuto…

“Cosa vuoi fare, kitsune? recuperare un mese in una sola notte?” mi chiede il mio Hanamichi, sorridendo malizioso e avvolgendomi di nuovo fra le sue braccia.

Io lo guardo seriamente: “Pensavo che fosse una sfida degna del mitico tensai” lo provoco.

“Certo che sì, stupida volpe! Lo sai benissimo…e ora sai anche che io non ti lascerò mai, vero Kaede?” mi chiede, facendosi tutto serio.

Annuisco.

Lo so, amore mio…

 

È l’alba.

Ieri sera ci siamo dimenticati di tirare le tende della finestra e ora le prime luci del giorno arrivano fino a noi, inducendomi ad aprire gli occhi.

Mi volto a guardare il cielo: è sereno, senza nuvole.

Hanamichi dorme addosso a me, con il capo sul mio torace; quando gli accarezzo i capelli, lui si muove piano.

“Mm…è già mattina, Kaede?” si lamenta un po’ lui, con voce impastata dal sonno.

“E’ l’alba…possiamo dormire ancora…”.

Lui mi bacia lievemente il torace, si rilassa contro di me.

Prima di chiudere gli occhi, guardo di nuovo lo specchio di cielo che si apre ai miei occhi. L’inverno se n’è andato…è tornata la primavera.

Anche per noi.

 

Fine (per ora? ^^) 

 

Il testo riportato nella fic è della canzone “When you say nothing at all” di Ronan Keating .    




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