Allora,
alla fine ho deciso di cimentarmi anche io in una AU e in questo sono
stata condizionata dalle mie letture estive…Agatha Christie
e
Arthur Conan Doyle!!!! Per correttezza devo dire che la soluzione
del caso è quasi uguale a quella del libro della Christie “Il Natale di
Poirot”, anche se in questa fic non è Natale. Preciso anche che io non
sono mai stata a Londra, quindi l’ambientazione è un po’ così…oltretutto
la trama ‘gialla’ credo sia molto campata per aria, ma tanto questa è
una soprattutto una fic yaoi, no? ^^;;; Ovviamente è una HanaRu ^^ e
ovviamente i personaggi sono di Inoue, anche se ancora per poco!!!! Per
Ria, a cui è piaciuta la mia idea quando a me sembrava una follia…per
Calipso, con cui ho stabilito chi dovesse essere il colpevole…per Greta,
che mi ha incoraggiata e che quest’estate mi ha consigliato dei bei
libri della Christie da leggere!!!!! E un bacione anche ad Angie, a Dream
e ad Hanako
It's
elementary, do'aho! di
Nausicaa
Non mi sono ancora
abituato al cielo plumbeo di Londra e non credo che lo farò mai. Non io,
che sono nato e cresciuto sul mare, anzi sull’oceano Pacifico, a
Kanagawa, in Giappone. Mi chiedo ancora come diavolo abbia fatto a finire
qui, ma è una domanda retorica, perché so benissimo che la colpa è SUA
e mia anche, perché sono stato talmente cretino da non impormi.
Mi
chiamo Hanamichi Sakuragi, conosciuto anche come il Tensai visto che sono
un genio, e sono un investigatore della polizia. Sto ancora studiando, a
dire il vero, e infatti sono qui per uno stage. Io non ci avevo neanche
pensato, chiariamo, è stato il mio compagno di lavoro e di corso…Kaede
Rukawa, un arrogante, presuntuoso, megalomane!!! Uno che non ho mai
sopportato, fin dalla prima volta che ci siamo ritrovati allo stesso corso
di criminologia, che è la nostra materia di specializzazione. Lui è uno
che pretende di sapere tutto lo scibile sulla mente umana, ci scommetto,
ma poi ha la simpatica abitudine di non parlare mai, di non sorridere mai,
neanche per sbaglio…Come diavolo pensi di poter capire la psiche umana e
criminale senza contatti con i propri simili è per me un mistero ed è
per questo che lo ritengo un arrogante. Tra l’altro i nostri superiori
hanno avuto la bella pensata, un anno fa, di farci formare una squadra,
ossia di farci studiare e lavorare sul campo in coppia…Mi sembra
superfluo aggiungere che io e lui abbiamo metodi e criteri completamente
diversi, vero? L’unico motivo per cui non gli sono ancora saltato alla
gola è che sarebbe deprimente vedere un futuro brillante detective (io)
arrestato per omicidio proprio come i criminali a cui doveva dare la
caccia!!! Così mi prendo la mia rivincita stuzzicandolo e dandogli
addosso…lo vedo bene che anche lui non mi sopporta proprio…eheheheheheh…ben
gli sta!!!! Inoltre ho preso a chiamarlo kitsune, questo perché nel mio
Paese le volpi sono considerate animali infidi e da evitare; particolare
abbastanza irritante, Rukawa ha comunque trovato la voce
per chiamarmi do’aho!!! Per darmi dell’idiota il fiato non gli
manca mai…
Ma
l’omicidio è davvero quasi scattato quando ho saputo che saremmo dovuti
venire qui, a Londra, per uno stage di alcuni mesi. E’ stato lui a
compilare il modulo con la richiesta di partecipazione anche a nome mio e
senza chiedermi il parere o il permesso, poi si è limitato ad annunciarmi
che saremmo partiti…quando
mi ha visto leggermente alterato, si è
limitato a dirmi che sarebbe stata una grande occasione, che
avremmo studiato e fatto esperienza a Scotland Yard e che comunque lui ci
teneva: fine del discorso.
Che
avrei dovuto fare? Fare la figura del vigliacco che non vuole andare
all’estero di fronte ai miei superiori e a quel gelido arrogante? Ma
neanche morto avrei sopportato una cosa simile!!!!
E
così eccomi qui, in una città nebbiosa e piovosa, con un fiume dalle
acque opache , a bere birra in uno degli innumerevoli pub nei momenti di
svago. Svago…Non mi pare che gli inglesi sappiano bene il significato di
questa parola!!!! Ho incontrato, anche a Scotland Yard, molte persone
gentilissime ma distaccate e intenzionate a mantenere le distanze; chi non
sembra risentire di tutto questo è proprio quella gelida e algida kitsune,
che anzi batte anche il più rigido britannico ‘ old style’.
Io, invece, spesso la sera mi incontro con gli altri due miei
colleghi giapponesi che sono partiti con noi per questo dannatissimo
stage: Hisashi Mitsui e Kiminobu Kogure.
Il
primo andrà benissimo per fare il classico poliziotto in borghese, tanto
ha la faccia da delinquente e saprà mimetizzarsi più che bene in mezzo
ai teppisti; l’altro è più uno psicologo, di quelli che chiamano
quando ci sono casi un po’ penosi e si ha bisogno di aiuto per far
parlare persone in evidente stato di shock…è molto dolce e
rassicurante, proprio l’uomo giusto per un simile incarico.
Ora
sono con loro in un pub.
“Pioggia,
pioggia e sempre pioggia!!! Non ne posso più!!!” ribadisco, guardandoli
torvo.
“Abituati,
perché staremo qui per altri tre mesi” è la confortante osservazione
di Mitsui.
“E
poi anche la pioggia ha il suo fascino, vero?” mormora Kogure,
osservando i vetri del locale rigati dall’acqua battente.
“Certo,
come no?! Voi due tendete a dimenticarvi che io qui non ci volevo
venire!!! E come se non bastasse devo pure dividere quel bilocale con il
ghiacciolo umano!!!” bevo nervosamente un lungo sorso di birra, poi alzo
gli occhi sperando di trovare comprensione nei loro, ma con scarso
successo.
“Senti,
mi hai rotto con questa storia!” sbotta Mitsui.
“Penso
che dovresti provare a parlare con Rukawa, a chiedergli perché ci tenesse
tanto a venire qui…magari se vi capiste, tu non ce l’avresti più così
tanto con lui e anche questo soggiorno londinese non ti sembrerebbe una
punizione” propone Kogure.
Io
sbuffo. PARLARE CON RUKAWA? CAPIRE RUKAWA? Se fosse una persona normale sì,
ma … lui mi ignora, mantiene sempre le distanze, perché dovrei
sforzarmi di capirlo?
“Dov’è
adesso Rukawa?” mi chiede Kogure.
Io
lo guardo di traverso: “E io che ne so? È uscito, ma non mi ha detto
dove andava e io non gliel’ho chiesto!!! Mica sono la sua balia…”.
“No,
ma voi lavorerete in coppia. Ci si deve fidare del proprio compagno
d’indagine” mi fa notare Mitsui, severamente.
Fidarmi
di Rukawa…Ma perchè questi due stasera devono parlare di lui?! Non ne
so il motivo, ma è da un po’ di tempo che mi innervosisco se penso a
lui, sento qualcosa alla bocca dello stomaco e mi viene una rabbia tale da
volerlo prendere a pugni!!! Così evito che il mio cervello si soffermi
sul pensiero di lui, di qualsiasi tipo…
Un
po’ difficile, considerando che abitiamo insieme…
Prima
ancora di aprire la porta di casa, al mio rientro, so già che è tornato
anche lui; infatti lo trovo vicino al nostro angolo-cottura che beve una
tazza di tè.
“Dove
sei stato?” chiedo, senza riflettere.
Che
cavolo ho fatto?! Mi sono tornate in mente le parole di Kogure e ho
parlato di getto, spontaneamente!!! E ora lui mi lancerà il suo sguardo
più freddo e mi dirà di farmi i fatti miei!!!
“Ai
docks”.
Invece
no, mi ha risposto.
“A
far che?” che diavolo doveva fare ai docks…
“Niente…ho
camminato…” continua a rispondere, è incredibile!!
“E
dovevi camminare proprio in uno dei posti più malfamati di Londra?” gli
chiedo nervosamente. Non mi piace per niente questa sensazione di
preoccupazione che ha risvegliato in me la sua risposta…
“Hn”.
“Non
dovresti andare lì da solo, è pericoloso. E tu sei uno straniero qui, un
facile bersaglio per i malintenzionati” maledizione, mi taglierei la
lingua per queste assurdità, ma ormai le ho dette!!! Rimediando, tra
l’altro, una sua occhiataccia.
“So
badare a me stesso, do’aho”.
“Come
no…” quanto non la sopporto la sua voce distaccata e atona!!
“E
non accetto che mi si dica che cosa devo fare”.
E
io esplodo: “Ma certo, ok, che mi frega?! Vai nei posti più pericolosi
a cercare guai…” mi trattengo dal dire una grossa cattiveria mentre lo
guardo e per evitare che la situazione degeneri mi dirigo nel bagno e mi
sciacquo energicamente il
viso; poi respiro profondamente. Riapro la porta e do una lunga occhiata
all’unica stanzetta da letto di questo cavolo di bilocale…neanche a
dirlo, se l’è presa lui e io devo dormire sul divano-letto…Il
ripensarci mi fa venire di nuovo una rabbia tale da farmi precipitare da
lui per urlargli in faccia tutto quello che penso!!! Forse non gli farà
male, scoprire che non sono tutti in perpetua ammirazione della speranza
degli studi di criminologia!!!
“Però
tu agli altri vuoi sempre dire quello che devono fare, vero?” gli grido
contro, ripiombando nell’altra stanza.
Rukawa
volta appena il viso verso di me: “Io mi limito a dirlo, sei tu che
decidi di obbedirmi…questo è molto interessante psicologicamente”.
Le
sue parole mi rendono furioso, sento le mie guance che diventano rosse, ma
il mio respiro si fa ancora più affannoso quando i nostri occhi si
incontrano.
Una
cosa non vi ho detto di Kaede Rukawa: è bello. Bellissimo. Non ho mai
visto nessuno come lui. Pelle bianca come neve e capelli
nerissimi…labbra rosee e occhi blu…un corpo meraviglioso…E me ne
accorgo ogni giorno di più ora che dobbiamo coabitare in questo buco di
appartamento e la nostra intimità è ridotta a zero.
Mi
rendo conto che io sono rimasto zitto e che lui aspetta una risposta, così
gli dico: “Io non sono una persona con cui fare esperimenti di
psicologia, dannata kitsune!”.
“Hn”
è l’unico suono che emette, poi mi volta le spalle.
D’accordo…qui
non stiamo facendo progressi, anzi ci stiamo alterando come non avveniva
da settimane…mi tornano in mente le frasi di Kogure sulla necessità di
parlare e decido di giocare quest’ultima carta per calmarmi i nervi, ma
se non funzionerà qui scorrerà il sangue!!!
“Perché
fai così? Perché sei voluto venire qui a Londra? Hai trascinato anche me
e ora pretendo una spiegazione…”.
“Non
ti ha costretto nessuno” osserva lui, dandomi le spalle.
“KITSUNE,
HAI UNA GRAN FACCIA TOSTA!!! LO SAI BENISSIMO CHE SE MI FOSSI RIFIUTATO DI
PARTIRE SAREI STATO PENALIZZATO E IO INVECE VOGLIO ARRIVARE AD OTTENERE
QUEL MALEDETTO DISTINTIVO!!!” bene, ho urlato con tutto il mio fiato e
ormai anche i nostri vicini sapranno della mia incavolatura…
Ma
lui non risponde.
“Cosa
credevi di trovare qui a Londra? Jack lo Squartatore? Pensi di essere il
nuovo Sherlock Holmes?” lo incalzo io; prima o poi mi risponderà, se
non altro per farmi tacere!
“Voglio
diventare il numero uno nel mio campo e voglio arrivare al distintivo con
tutto il bagaglio di esperienza possibile: mi si era offerta la possibilità
di un periodo di studio e di pratica sul campo a Londra, con gli
investigatori di Scotland Yard e io l’ho colto al volo…e ora mi
spieghi perché sei sempre così fastidioso? Dopotutto ti ho trascinato a
Londra, non nell’ultimo paesello del mondo!!!”.
Non
l’ho mai sentito parlare tanto e questa novità mi lascia talmente
stupito che non gli rispondo subito. Vuole diventare il numero uno. Dovevo
aspettarmelo…
“Perché
ci tenevi così tanto a non allontanarti da Kanagawa? Per quella
ragazza?”.
Io
alzo gli occhi su di lui, stupefatto. Chi diavolo gliene ha parlato?! Di
certo non io…
“No,
non per…ma che ne sai di lei?”.
“E’
la tua fidanzata?”.
“No.
È stato un abbaglio…ma tu come facevi a saperlo?” è stato solo uno
stupido sbaglio, credevo di tenere a lei e invece non era così…
“Quando
chiedevi di lei a suo fratello, avevi una voce diversa” lo dice
tranquillamente, ma io mi gelo sul posto: avevo sempre creduto che non
gliene fregasse niente di me, che mi ignorasse costantemente e invece ora
scopro che si è accorto anche delle sfumature della mia voce!!!
Istintivamente
scuoto la testa e ribadisco: “Lei non c’entra niente, non significa
nulla per me…ma non volevo lasciare mia madre da sola”. Ed è la verità.
“Oh!
–sbaglio o l’accenno a mia madre lo ha colpito? Comunque, dopo un
attimo di silenzio, mi chiede a bassa voce- Tuo padre è morto?”.
“Sì”
è la mia semplice risposta.
Ancora
silenzio, poi lui mi fissa con quegli occhi blu capaci di incatenare lo
sguardo, mi fissa come non hai mai fatto nessun altro.
“Perché
hai deciso di studiare criminologia?” e mi rendo conto che non deve
averlo chiesto a molti, che se me lo sta domandando è per valutare la mia
risposta in tutte le sue sfaccettature…Siamo a un bivio, io e lui:
forse, dopo un anno abbondante di insulti, sgarbi e anche qualche pugno,
siamo vicini a comunicare e la mia risposta alla sua domanda è ora
fondamentale.
Mi
siedo sul divano, su quel divano che è anche il mio letto, e gli faccio
cenno di sedersi al mio fianco. Respiro profondamente e decido: tanto vale
essere sinceri!!!
“Mio
padre è morto d’infarto…capita a molte persone, ogni giorno, ma a me
rimarrà sempre il dubbio che forse avrei potuto salvarlo. Ero
all’ultimo anno delle medie ed ero appena tornato a casa e l’avevo
trovato a terra, sofferente; io ero subito corso fuori per chiamare aiuto,
per raggiungere un ambulatorio medico lì vicino, ma mi si erano parati
davanti otto teppisti che volevano farmela pagare per un mio presunto
sgarbo…Erano otto e io ero da solo e non ce l’ho fatta. Mio padre è
morto e io ho deciso di studiare il comportamento della mente
umana…volevo capire perché…mentre mi difendevo dai loro pugni, avevo
gridato che mio padre aveva bisogno di aiuto, che stava male, ma loro
avevano riso…non gliene fregava niente!!! E poi, anni dopo, mi sono
chiesto il perché…perché si possa essere così…e me lo chiedo
ancora”.
Mi
fermo; ho appena raccontato il più doloroso ricordo della mia vita al mio
peggior nemico. E ora lui che se ne farà? Mi dirà che sono un debole, mi
guarderà con scherno? Ma mi accorgo che Rukawa non ha intenzione di fare
nulla di tutto questo. Mi volto verso di lui e lo vedo con la testa china,
come se studiasse il pavimento; poi, all’improvviso, parla.
“Mia
madre è morta. È stata uccisa. Per strada, da un uomo che neanche la
conosceva, ma che aveva voglia di ammazzare qualcuno…Io facevo le
elementari, mi dissero che era stato uno squilibrato, ma non ci ho mai
creduto. Pensavo solo che era una persona cattiva e che la cattiveria non
è pazzia, ma che la gente ha troppa paura di guardare in faccia la
cattiveria e allora preferisce rifugiarsi nella scusa che qualcuno sia
pazzo…”.
“Ma
la pazzia esiste!” obietto io.
“Sì,
è ovvio, ma esiste anche la cattiveria. Volevo studiarla, volevo studiare
la criminologia e impedire che qualcun altro soffrisse come me…capire la
mente umana, capire come possano gli essere umani fare le giù grandi
opere di bene, ma anche le più grandi efferatezze…E poi ho scoperto che
anche la letteratura criminale mi interessava moltissimo” e, detto
questo, tace.
Una
madre uccisa per strada.
La
prima cosa che penso è che l’ho giudicato male! Come ho potuto io,
PROPRIO IO, non capire che dietro al suo studio ossessivo doveva esserci
un motivo personale? Come è stato per me.
La
consapevolezza che abbiamo qualcosa in comune mi sferza come una frustata
e me lo fa guardare con occhi diversi.
“Così
pare che non siamo proprio agli opposti, eh do’aho?” dice lui,
leggermente ironico.
“Come
osi, kitsune?! io sono un grande genio…però…pare che non siamo agli
opposti, hai ragione” borbotto io, ancora stordito per l’andamento
preso dal nostro rapporto negli ultimi, incredibili minuti.
Forse
aveva ragione Kogure.
Mi
sento già meglio, meno oppresso da questa città e meno arrabbiato con
lui. Anzi, mi sento pieno di energie!!! Il mitico tensai è un uomo dalla
rapida ripresa…ehehehehe….E poi io sono un tipo allegro, un ottimista:
ero stanco di sentirmi arrabbiato con il mondo e di tenere il muso, ora
invece sono di nuovo me stesso!!! E questo anche grazie alla sua sincerità.
Mi
ha parlato del suo passato. Per pochi minuti, ma lo ha fatto.
Mi
ha chiamato do’aho, ma non mi ha trattato come se pensasse veramente che
io lo sia. Mi ritrovo a sorridere, poi mi giro verso di lui e gli dico:
“Sai, kitsune, pensavo…potremmo siglare un armistizio, io e
te…voglio dire, potremmo cercare di non darci addosso a vicenda per i
prossimi tre mesi, ok?”.
“Per
me va bene; gioverà allo studio”.
“Ma
non sai pensare ad altro?” ho un moto di delusione alle sue parole! Ma
come, pensa allo studio? Vabbe’, ma del resto cosa mi aspettavo da uno
come lui?! Per certi versi mi dà ancora ai nervi, lui e questa sua
capacità di estraniarsi dal resto del mondo, di sembrare
irraggiungibile…
“Dovresti
pensarci anche tu, do’aho” continua a dire le sue poche parole in tono
calmo e distaccato, come se non lo riguardassero.
“Non
chiamarmi ‘do’aho’!” reagisco subito. Ma come? Non era d’accordo
sull’armistizio?!
“Ti
chiamo ‘do’aho’ come e quanto mi pare!” ribadisce lui, fermissimo.
Però…sbaglio
o c’è una sfumatura ironica e di sfida, ora, nei suoi occhi blu?
“Grr…e
allora io continuerò a chiamarti ‘kitsune’!!” devo pur
controbattere in qualche modo, vi pare?
Ma
lui non mi dà neanche la soddisfazione di arrabbiarsi! Si limita ad
alzare le spalle e a dire: “Fai pure…”.
Borbotto
qualche insulto fra i denti, eppure sento benissimo che non c’è più
tensione fra noi, o meglio c’è ancora, ma è diversa; non avverto più
odio o rancore, ma una sana rivalità, stimolata dalla diversità
caratteriale, dal gusto per la provocazione e poi qualcosa di
indefinibile…
Rukawa,
d’un tratto, si alza e lo vedo avviarsi verso la sua stanza, quella che
si è preso senza neanche fingere di volerla lasciare a me!!!
“Oi
kitsune, visto che ora siamo in armistizio, non è che mi cederesti la
stanza per qualche notte?” faccio un tentativo. Sono stufo del
divano-letto…
Lui
si gira a guardarmi e alza un sopracciglio: “Certo che no, do’aho!”.
“Ma
è da due mesi che mi tocca dormire su questo affare, non ce la faccio più!!!”
insomma, voglio un letto normale!!!!
“Però
la notte dormi, vero?” mi chiede. Che c’entra??!!
“Sì…”.
“Significa
che ti sei abituato alla scomodità: è un traguardo importante e sarebbe
un peccato se ora ti disabituassi. Buona notte, do’aho” e, detto
questo, si chiude la porta alle spalle.
Ha
davvero detto quello che le mie orecchie hanno sentito?!
Mi
ripeto mentalmente la frase e poi grido di fronte alla sua porta chiusa:
“STUPIDA VOLPEEEEEEEEEEEE!!!!!!”.
Mi
piace Londra.
Mi
piace la nebbia che la rende opaca, mi piace il colore delle acque del
Tamigi, mi piace l’atmosfera dei pub vecchio stile; ci tenevo davvero
tantissimo a poter vivere qui per un po’, è stato come dar corpo ad una
realtà che avevo solo immaginato… Certo, all’inizio, ero un po’
irritato all’idea di dover condividere questa esperienza con il do’aho
Sakuragi, ma poi l’irritazione è svanita. I nostri rapporti sono sempre
stati tesi, è vero, ma allo stesso tempo ho iniziato a
percepire una forte curiosità nei suoi confronti e la nostra
conversazione di stasera mi ha confermato che ancora una volta avevo
ragione.
Sono
rimasto colpito dal suo racconto, dalla sua voce nel rievocare la morte di
suo padre, dalle sue motivazioni personali così simili alle mie…Tutte
queste cose, anche contro la mia volontà, me lo hanno fatto sentire più
vicino. Ripenso al termine da lui usato: armistizio.
Hn.
Io
credevo che mi odiasse; ero quasi affascinato da questo odio immotivato a
mio parere, mi sembrava adatto ad essere studiato con occhio clinico…però
mentirei, se dicessi che mi sia
dispiaciuto il suo discorso o l’atmosfera creatasi poco fa fra di noi…
Forse perché ne trarrà giovamento il nostro stage. O forse soltanto
perché era molto tempo che nessuno mi sorrideva in quel modo…
Mi
avvolgo ancora di più nel piumone, mentre iniziano a chiudermisi gli
occhi, e mi lascio cullare dal suono ritmico della pioggia…
Dall’altra
stanza mi arrivano i rumori del divano-letto che si apre e del do’aho
che si prepara per la notte, bofonchiando.
Armistizio,
mi ripeto. Chissà se durerà…
Quando
mi sveglio, la mattina seguente, il colore del cielo non è mutato di
molto rispetto alla notte appena trascorsa: è cupo e minaccia pioggia;
esco dalla mia stanza e vedo subito Sakuragi che prepara il tè.
“Buongiorno”
mi dice, sfiorandomi con lo sguardo.
“’giorno…”
borbotto, con la voce che fatica ad uscirmi di prima mattina.
Noto
che lui è già vestito; sto per andare a lavarmi, quando squilla il
telefono ed io sono il più vicino per rispondere. La conversazione che
segue mi sveglia del tutto, anzi ora ho molta fretta e deve sbrigarsi
anche lui.
“Prepara
solo il tè, do’aho! Dobbiamo uscire subito” lo avviso.
“Ma
io ho fame!!!” protesta subito lui.
“Dobbiamo
uscire al più presto, non c’è tempo per mangiare. Era l’ispettore
Hastings, mi ha detto che dobbiamo raggiungerlo subito”.
“Dove?”
si acciglia Sakuragi.
Io
glielo dico: è qui vicino Londra.
“E
perché?”.
“Per
il motivo più ovvio del mondo, do’aho: c’è stato un omicidio”
dico, chiudendomi in bagno per lavarmi e prepararmi.
Pochi
minuti dopo, Sakuragi è già alla guida della nostra macchina e
naturalmente ha da ridire.
“Odio
guidare a stomaco vuoto!!! E per fortuna che anche in Inghilterra si tiene
la sinistra…vabbè che avrei saputo comunque padroneggiare la
situazione…” dice, in tono infastidito.
“Sicuramente
ci saremmo schiantati o avremmo fatto un frontale” lo correggo io.
“Vuoi
di nuovo la guerra, stupida volpe? E allora non mettere mai in dubbio che
io sappia fare qualcosa!” lui usa un tono polemico, ma io non gli bado.
Ho
altro a cui pensare.
“Questo
indirizzo è di fuori Londra, eppure la polizia di contea ha preferito
rivolgersi a Scotland Yard…dev’essere un caso molto complesso…”
mormoro più a me stesso che al mio collega, ma il do’aho a quanto pare
ha un buon udito, perché sente tutto e replica.
“Ma
figurati! Ce la sbrigheremo in mezza giornata: io so già chi è il
colpevole!!”. La sua affermazione mi lascia perplesso: “Ma se non sai
neanche chi è il morto!” obietto, seccato per la sua
megalomania.
“Il
colpevole, qui in Inghilterra, è sempre il maggiordomo, dovresti
saperlo…e scommetto che questo delitto non sarà un’eccezione!”
proclama, tutto fiero.
Mi
volto verso di lui e scorgo il suo profilo sorridente, poi sbuffo: “Non
scherzare, do’aho! Questo non è un romanzo!!!”.
Lui
ricambia la mia occhiata, ma solo per un attimo, per non distrarsi dalla
guida; per un po’ resta zitto, poi scuote la testa: “Proprio non si
riesce a farti sorridere, eh?!” e noto una velata delusione nella sua
voce.
Io
torno a osservare il panorama che scorre veloce dal finestrino:
“Hn…fino a ieri avresti voluto affogarmi nel Tamigi e ora ti dispiace
che io non rida di una tua battuta…non è molto credibile il tuo
comportamento”.
Sakuragi
emette uno sbuffo divertito: “Già…ma chi meglio di noi sa quanto sia
complicata la mente umana? E comunque, non è normale non ridere delle
battute del tensai! Sul serio, kitsune, dovresti essere tu oggetto di
studio!” dice, in tono più leggero.
Scommetto
che è abituato ad avere intorno gente che ride con lui, che si
diverte…quel suo amico Yohei Mito, che lavorava nella scientifica…e
anche la sorella del tenente Akagi, la sua ex-ragazza. Ma per me non ci
sono mai stati amici o ragazze, non li ho voluti: non avrei avuto tempo o
attenzione da dedicare loro, forse sarei finito a osservarli come tanti
casi scientifici…Perché ora, all’improvviso, dovrei ridere di una sua
battuta? Gli ho già accordato la mia attenzione, più di quanto non si
sia accorto, e non lo avevo mai fatto prima. Perché l’ho fatto con lui?
Non lo so…forse perché quando l’ho conosciuto mi sembrava un po’
borderline, esagitato com’è…
Dopo
altri lunghi minuti di silenzio, arriviamo a destinazione: è una tipica
villa della campagna inglese, con un giardino molto ben
curato…l’ultimo posto al mondo dove si possa immaginare un delitto. Un
delitto stona in questa atmosfera. Scendiamo dalla macchina e arriviamo al
grande portone, bussando; ci viene aperto da un maggiordomo, appunto, e
Sakuragi lo nota subito.
“Spero
che lei abbia un alibi!” gli dice, prima ancora di presentarsi.
“Prego?”
l’uomo, un distinto signore di mezza età, prototipo del maggiordomo
inglese, dilata gli occhi per un attimo per poi squadrarci con
disapprovazione.
“Siamo
stati chiamati dall’ispettore Hastings, siamo Kaede Rukawa e Hanamichi
Sakuragi e l’ispettore ci sta aspettando” intervengo io, con voce
fredda.
“Oh…da
questa parte, signori, accomodatevi” dice impeccabilmente l’uomo.
Anche
l’interno è come lo immaginavo: molto sobrio, molto…british, ecco, ma
qui siamo in Inghilterra appunto; tutto è ordinato e preciso come deve
essere in simili abitazioni; il maggiordomo ci conduce al piano superiore,
così abbiamo modo di salire per una ampia scala…scorgo di sfuggita
Sakuragi che si guarda intorno con molto interesse, con gli occhi di un
turista più che di un investigatore…spero solo che non dica altre
scemenze!!!
Di
fronte ad una porta c’è un gruppo di gente e non è difficile ricavarne
che quello deve essere il luogo del delitto; li osservo uno ad uno
rapidamente, in modo che non se ne accorgano: è facile cogliere tante
sfumature per chi è pratico…il viso tirato di chi stia soffrendo
realmente, come l’espressione vagamente infastidita di chi vive un
omicidio come una seccatura capitatagli tra capo e collo…c’è sempre
chi si dimostra poco pietoso verso il morto, anche se innocente…
Proprio
adesso esce dalla stanza l’ispettore Hastings, che ci vede subito:
“Oh, bene…vi aspettavo con ansia! Ora avrete modo di ammirare un caso
che non si verifica molto spesso…per fortuna!!!”.
E’
un uomo vicino alla pensione ed è lui che deve occuparsi del nostro
stage; in poche parole, dobbiamo fare pratica di investigazione con lui:
mi sembra una persona buona, che dopo tanti anni non ha ancora accettato
il lato ingrato del suo lavoro…ha preso molto a ben volere me e
Sakuragi, forse perché i suoi figli vivono lontano, in Scozia, come ci ha
raccontato. Anche ora lo sguardo che ci rivolge è benevolo, ma quello
degli altri molto meno.
“Ispettore
Hastings, le avevamo detto che vogliamo il massimo riserbo! Chi sono
queste persone?!” dice un giovane corrucciato, a bassa voce crede lui,
ma non abbastanza bassa.
“Siamo
detective, va bene?!” scatta Sakuragi, che ha un udito fino, a quanto
pare. L’ispettore gli fa cenno di tacere e spiega lui le nostre
generalità, chi siamo e perché ci troviamo in Inghilterra.
“Lavoreranno
con me per tutto il periodo del loro stage, signor Bantry” lasciando
intendere che dovrà accettare la nostra presenza.
“Oh…ma…vengono
dal Continente?” chiede una ragazza bionda dall’aria stupida e vacua.
“Dal
Giappone” preciso io.
“Oh!
Da un ALTRO continente!!!” continua lei, sempre più stupita.
Già…il
famoso isolazionismo della Gran Bretagna!!! Ma chi sono io per criticare?
Anche il Giappone è un arcipelago e ha conosciuto momenti di isolamento.
“Guardi,
miss Bantry, che capiamo e parliamo benissimo l’inglese!!” puntualizza
il do’aho, con fare polemico, e io penso che non avrebbe dovuto dirlo;
forse, se avessero dubitato della nostra comprensione, si sarebbero
lasciati sfuggire qualcosa davanti a noi…probabilità remota, è vero,
ma gli errori li commettono tutti!!!
A
questo punto apprendiamo che ci troviamo in casa della famiglia Bantry,
nota e rispettata in tutta la contea; Christopher Bantry è il figlio
maggiore del defunto, la ragazza bionda è sua sorella Alexia e poi ci
sono le persone che finora non avevano parlato: Josephine Bantry, la
moglie del defunto, sua figlia Jane e la governante Miss Wimborne. Oltre a
loro erano presenti in casa al momento del delitto il maggiordomo, il
giardiniere e due cameriere. Sono tutte le persone che tra poco dovremo
interrogare.
Alla
fine vengono fatti allontanare, per permetterci di esaminare il luogo del
delitto; entriamo nella stanza, seguendo l’ispettore Hastings: è una
camera-studio, il morto è seduto su una poltrona…diverse coltellate ci
fanno capire subito quale sia stata la causa del decesso.
Noto
una smorfia sul volto di Sakuragi.
“Non
ti sei ancora abituato?” gli chiedo, a bassa voce.
Lui
respira profondamente e dice: “Non credo che mi abituerò mai a vedere
un uomo ammazzato in questo modo”.
Quasi
mi viene da sorridere alla sua risposta: è proprio da lui!
“Comunque,
lo hanno accoltellato, è lampante!!! Che cos’ha di particolare questo
omicidio?” chiede poi Sakuragi all’ispettore.
“La
modalità” è la breve risposta.
“L’arma
del delitto?”.
“Non
è ancora stata trovata, ma dovrebbe essere un comunissimo coltello…no,
non è questo. Vedete, la stanza è stata trovata in perfetto ordine, le
finestre non rilevano nessuna forzatura e neanche la porta…eppure era
chiusa a chiave dall’interno”.
A
queste parole, alzo gli occhi di scatto.
“Ora
la porta è forzata” osservo.
“L’hanno
forzata il figlio e il maggiordomo per entrare, quando si sono preoccupati
di non trovare più il signor Bantry” è l’ovvia risposta
“E
naturalmente qui dentro non c’era nessuno…a parte il defunto”
concludo io.
“Già”.
Il
delitto nella stanza chiusa dall’interno!!!
Ogni
maestro della letteratura gialla si è cimentato con questa prova!!! E se
io ora risolvessi questo caso, darei prova a tutti di essere il numero
uno!!! Mi sentirei quasi euforico, se non fosse per questo povero corpo
martoriato…Per un attimo ho un flash, ripenso a mia madre, al suo
sangue…no, c’è decisamente poco da essere euforici!!! L’ispettore
Hastings parlava del signor Bantry come di una brava persona…ragione in
più per voler scovare il suo assassino.
“Una
porta chiusa dall’interno?!” la voce sgomenta di Sakuragi mi riporta
alla realtà.
“Proprio
così…” conferma l’ispettore.
“E
non c’è possibilità che si stato il maggiordomo, vero?” insiste
Sakuragi.
“Do’aho!”
gli sibilo. Ancora con questa cretinata!!!!
Restiamo
per un po’ ad osservare il defunto, prima che lo portino via, poi
Hastings si allontana per controllare come procede il rilevamento delle
impronte e il do’aho ne approfitta per avvicinarsi a me.
“Be’,
kitsune, almeno il movente dovrebbe essere facile da capire!” afferma.
“Hn?”.
“Ti
sei guardato intorno? Questa villa è molto bella, è chiaro che il
poveretto era un uomo ricco…deve essere stato ucciso per motivi di
eredità! O comunque legati ai soldi…” dice lui, in tono estremamente
sicuro.
“Non
credo” replico, tranquillamente.
“Maledetta
kitsune!!! Ma perché diavolo non vuoi mai darmi ragione? Sei sempre il
solito presuntuoso!!” si altera subito Sakuragi. Che buffo…il volto
gli diventa rosso quanto i capelli!!!
“Hn”.
“E
rispondimi!!! Bastardo, appena usciamo di qui ti prendo a pugni!!! Io
DETESTO quando mi ignori!!!” si sta alterando sempre di più e sta
attirando l’attenzione dei presenti e questo non mi piace.
“Abbassa
la voce!- gli sibilo, e poi con più calma- Guarda queste ferite…”.
“Le
ho viste, e allora?” .
“Se
si dovesse uccidere qualcuno per soldi, tu saresti così plateale? Non
sarebbe meglio un efficace veleno…arsenico magari, incolore, inodore e
insapore? La vittima lo assimilerebbe senza rendersene conto, sembrerebbe
una morte naturale, solo più tardi si capirebbe la verità e questo
permetterebbe al colpevole di accumulare tempo e vantaggio sulla polizia.
Giusto?” lo guardo negli occhi nel chiederglielo.
“Giusto”
ammette a malincuore Sakuragi.
“Questi
colpi di coltello hanno prodotto ferite profonde e violente…sono colpi
dati dall’odio, ma non un odio generato dai soldi” concludo.
Sakuragi
resta pensieroso per un po’, poi mi dice: “Dovremo ottenere più dati
possibili sulle persone presenti in questa villa. Dati personali”.
Ha
capito a cosa mi riferivo; io annuisco, poi mi rivolgo al nostro
superiore: “Ispettore Hastings, permetta che siamo io e Sakuragi a
svolgere gli interrogatori”. Tutti e due gli interessati si voltano di
scatto verso di me.
Il
permesso ci viene accordato, in segno di fiducia.
Poco
dopo io e il do’aho stiamo scendendo le scale con un elenco delle
persone da interrogare.
Nell’atrio,
storditi e mi pare anche disturbati dalla confusione, troviamo alcuni dei
domestici; decido mentalmente che per sicurezza è meglio che il
maggiordomo lo interroghi io…
“Io
ho fame, mi hai fatto saltare la colazione!!” recrimina ancora Sakuragi.
“E’
quasi ora di pranzo…mangeremo alla taverna del paese” può aspettare,
no? No, a quanto pare no. Lo vedo che si dirige subito verso una delle
cameriere.
“Ooooh…nell’aria
si sente ancora il profumo delle uova con il bacon…” e la fissa con
aria affamata.
“Sissignore,
ma…” tenta lei.
“Guardi
che io non mi formalizzo: è vero che sono uno straniero, ma mangio la
cucina di qualsiasi posto, mi basta che sia commestibile…Senta, andiamo
in cucina…” e ci si dirige davvero!!!
Io
lo seguo per un po’ con lo sguardo, disapprovando, poi mi volto verso il
maggiordomo, il giardiniere e il cameriere personale del signor Bantry.
Sarà
per come sono stati educati, ma i loro occhi sono freddi quanto i miei.
La locanda del paese
non è male, è uno di quei posti tipici con la cucina tradizionale e
birra in abbondanza.
Io
e la volpe ci ritroviamo qui per il pranzo, dopo aver interrogato i
domestici; poi torneremo alla villa per l’interrogatorio della famiglia
del defunto che è ancora un po’ stravolta.
“Spero
che le porzioni siano abbondanti” dico, tanto per iniziare una
conversazione. Sono un po’ nervoso a dire il vero: non è la prima volta
che investigo con Rukawa ovviamente, ma è il nostro primo caso serio e mi
irrita molto accorgermi che ci tengo a non sfigurare…no, non solo a non
sfigurare in confronto a lui: voglio che LUI mi apprezzi, ecco!!!! Certo,
per fargli perdere quella dannata aria di superiorità che fa concorrenza
a quella di un lord inglese, ecco perché!!!! E’ sicuramente così…
“Ti
sei pure rimpinzato di uova e bacon, possibile che tu abbia ancora
fame?!” mi chiede la kitsune, con il viso quasi disgustato dal cibo.
“Avevo
fame, e allora?!- scatto io- E poi era anche una tattica…sai, eravamo in
cucina, io stavo mangiando e ho anche fatto i complimenti alla cuoca: si
è creato un clima più disteso; secondo me ad un certo punto si erano
dimenticate che io sono un detective, mi hanno risposto con molta
naturalezza, come se fosse una chiacchierata, proprio perché le avevo
messe a loro agio” spiego, con un certo orgoglio.
“Meno
male che abbiamo un esperto di psicologia femminile!” ironizza Rukawa.
“Neanche
tanto, visto che mi hanno sempre lasciato…” come diavolo mi sia venuto
in mente di dire una cosa simile proprio alla kitsune non lo so, ma mi
maledico un attimo dopo aver pronunciato questa frase!!!!!
“Come
mai?” mi chiede Rukawa, ma senza lo scherno che temevo di sentire nella
sua voce. Io scuoto la testa.
“Non
lo so…non erano degne del tensai probabilmente!!!”.
Lui
sembra capire che voglio cambiare discorso e lo fa.
“E
quindi sei tutto soddisfatto del tuo interrogatorio…” mormora.
“Perché
hai quel tono, kitsune? non mi piace per niente!!!” lo aggredisco io.
“Perché
mi sembri troppo ingenuo, do’aho! Credi a quello che ti si dice. Non hai
motivo di esserne tanto entusiasta: dopotutto sono solo parole…”.
Questa
sua osservazione mi manda in bestia!!!
“Ah,
capisco che per Mr. Io-non-parlo siano poca cosa, ma le parole sono la
forma in cui si manifesta il pensiero umano, stupida volpe!!!” gli
faccio notare. Altrimenti come potremmo esternare pensieri e sentimenti?
Ma lui…lui li ha dei sentimenti?
“No,
Sakuragi: le parole sono il mezzo con cui l’uomo CELA il suo
pensiero!” ribatte Rukawa e io mi ritrovo a fissarlo…perché è così
diffidente? Con chi ha avuto a che fare, finora, per credere davvero
questo?
“Quando
parlo con te, io ti dico quello che penso davvero” ribatto con urgenza,
perché non voglio che lui pensi che io sono come gli altri, che sono un
bugiardo!!! Io non riesco ad essere bugiardo neanche quando mi farebbe
comodo!!!
“Lo
so, do’aho. Sentivo che eri sincero quando mi gridavi contro che volevi
strozzarmi…” mormora lui in un soffio.
Ehi!!!
Sbaglio…sbaglio
o i suoi occhi erano allegri nel dirmelo?! Non ha sorriso, questo no, ma i
suoi occhi…
“Allora
raccontami tutto” mi esorta lui.
“Eh?
Ah, sì…” e prendo il block-notes che mi porto sempre dietro e su cui
ho appuntato le notizie più importanti.
Gli
racconto per filo e per segno della ricostruzione che mi hanno fatto le
domestiche, ognuna dotata di un albi confermato dalle altre oltretutto, e
lo vedo pensieroso, che mescola il cibo nel suo piatto ma senza mangiarlo.
“Il
medico legale ha detto che l’omicidio è avvenuto in tarda serata, dopo
che si erano tutti ritirati nelle loro stanze…il signor Bantry aveva
l’abitudine di trattenersi a lungo nel suo studio, quindi nessuno l’ha
più disturbato ieri sera…si sono preoccupati solo stamattina, quando è
stato trovato il letto intatto. E lo sapevano tutti che lui spesso restava
in quella stanza fino a notte fonda…comunque la governante, la cuoca e
le cameriere erano nelle loro stanze, che sono in una zona lontana da
quella padronale della villa…oddio, sembra di vivere ancora in epoca
vittoriana!!! Per farla breve, si sono confermate l’alibi a vicenda:
dopo aver finito di riordinare si sono ritirate nelle loro stanze e lì
sono rimaste fino a stamattina…e tu?” chiedo finalmente a Rukawa, dopo
aver terminato il mio resoconto.
“Stesso
discorso per il cameriere personale, per il giardiniere e, mi spiace per
te, anche per il maggiordomo…veramente il giardiniere non aveva un
alibi, mi ha detto di essere stato da solo, in casa sua, per tutta la
notte. Bisognerà tenerlo d’occhio” spiega concisamente Rukawa.
“Perché?
Il non avere un alibi può significare innocenza…non ce l’ha perché,
essendo innocente, non aveva bisogno di procurarsene uno” gli faccio
notare.
“Spesso
alcuni criminali usano questo trucco proprio per sembrare innocenti. Ma
avremo tempo per riparlarne” taglia netto lui.
Confrontiamo
alcuni altri dati che abbiamo raccolto e poi lui mi chiede: “Hai notato
niente?”.
Grr…spera
di cogliermi in errore, ma rimarrà deluso!!! Certe cose non sfuggono ad
un genio dell’investigazione come me!!!
“Certo
che sì! Nessuno di loro ha sentito delle grida ed è un po’ difficile
non gridare mentre ti stanno accoltellando…e poi era strana anche la
posa del corpo, ora che ci penso…come se non avesse provato a
difendersi!” vedo con un lampo di soddisfazione che Rukawa annuisce.
Visto?! Sono un genio, vero?
“Forse
era già morto…- ma mi correggo subito, dopo la sua occhiataccia- …ok,
lo so che i morti non sanguinano!!! Ma allora…” ho formulato
un’ipotesi e credo che sia la stessa fatta da Rukawa, anche se lui
scuote il capo.
“So
a cosa stai pensando, ma dobbiamo aspettare il risultato dell’autopsia
per esserne sicuri!”.
Purtroppo
ha ragione anche stavolta. Ma perché non sbaglia mai??!!
“E
non dimentichiamoci della cosa più importante!” dico io, per fargli
vedere che non sottovaluto niente.
“Ossia?”.
“La
porta chiusa dall’interno! Non c’erano infrazioni alle finestre, non
c’erano segni sulla porta e non c’era nessuno dentro!” enumero io.
Ma lui non si scompone.
“Già!”
è la sua replica.
Tutto
qui? Sono stati versati fiumi d’inchiostro sul delitto con la porta
chiusa dall’interno e lui non sa dire altro?
“Oi
kitsune, sei tanto sicuro di poter risolvere il delitto perfetto?” gli
chiedo in tono ringhioso; mi sto alterando!!!
“Questo
non è un delitto perfetto. Il delitto perfetto è quello che non viene
neanche scoperto, do’aho…quello su cui non si investiga perché
nessuno si è accorto che c’è stato un delitto” parla con voce
pacata, atona e io provo una gran voglia di scuoterlo, di sentirgli alzare
la voce, di sentir cambiare il suo tono.
“Massì
massì, di’ pure quello che ti pare!!! Il tensai sarebbe in grado di
scoprire qualsiasi crimine!” gli ribadisco. Te lo dimostrerò, Rukawa…
“Ok…credo
che sia ora di tornare alla villa…” mormora Rukawa, alzandosi e
avviandosi al bancone per pagare il pranzo.
Alla
fine, è stata una giornata pesante, che per noi non è ancora finita.
Siamo
tornati al nostro bilocale e, buttati sul divano, confrontiamo ancora una
volta gli appunti presi.
Anche
dai familiari non abbiamo cavato molto: la moglie dormiva sotto
l’effetto di un sonnifero prescrittole dal medico, le sorelle dormono
nella stessa camera e si sono date un alibi a vicenda e il figlio
all’ora del delitto era impegnato in una lunghissima telefonata che la
società telefonica ha confermato controllando i tabulati; e, a parte
questo, tutti loro hanno giurato e spergiurato che non avevano motivo di
uccidere il signor Bantry.
“Kitsune,
mentre eri sotto la doccia ho telefonato a Mitsui, che è ancora a
Scotland Yard” gli annuncio. Se ora mi rimprovera, giuro che qui scorrerà
più sangue che alla villa dei Bantry!!!!
“Hn”
è l’unico suono che emette Rukawa, aspettando che io mi spieghi meglio.
“Ho
pensato che lui da lì ha a disposizione i computer della polizia, con
tutti i dati…gli ho fornito i nomi da controllare, anche quelli dei
domestici, così non potrai dire che sono un ingenuo fiducioso!!! Gli ho
detto di controllare soprattutto Christopher Bantry…magari ha dei debiti
e gli serviva l’eredità” sono un genio, eh?! “Buona idea, do’aho!
Ma ti ripeto che non è un delitto fatto per soldi!” insiste lui, poi si
appoggia più comodamente al divano, sbadigliando.
Rukawa
dev’essere molto stanco: ha mangiato pochissimo e ad un certo punto del
pomeriggio, da una finestra della villa, l’ho notato che camminava per
il giardino, osservandolo nei minimi particolari…ha camminato per molto
tempo…
“Cosa
aveva di tanto interessante quel giardino?” gli chiedo a bruciapelo.
“E’
ben tenuto e ben curato…un lavoro di pazienza e precisione…Ho saputo
che tutti nella famiglia Bantry sono appassionati di botanica e di fiori e
che tutti curano quel giardino, oltre al giardiniere. Strano, vero? Chi
ama i fiori e il giardinaggio dovrebbe avere uno spirito poco propenso
alla violenza” dice a bassa voce.
“Invece
che al giardino potevi occuparti della porta chiusa…”.
“…dall’interno!
Sì, do’aho…ma ti sei fissato con questo particolare!” sbuffa lui,
annoiato.
Non
lo sopporto!!! Non sopporto di vederlo così indifferente alle mie
osservazioni!!! “Non sarai tu a sottovalutarlo? Credi davvero di poter
capire tutto, Rukawa?!” ribatto, alzando la voce.
“Sì”.
“Bastardo
presuntuoso!!” gli ringhio, ma lui mi fa cenno di tacere.
“Sakuragi,
il delitto con la porta chiusa dall’interno non è impossibile…
semplicemente ci viene fatto credere che le cose siano andate così, per
attirare la nostra attenzione sul ‘come’ e quindi distoglierla dal
‘perché’ e dal ‘chi’…non cadere nella trappola
dell’assassino!” mi ammonisce lui.
Io
rimango zitto e mi sento frustrato: ha di nuovo ragione!!! A volte detesto
questo mio essere così impulsivo, questo mio fidarmi dell’intuito più
di ogni altra cosa…ma non capisco bene neanche questa sua freddezza,
questo porsi continuamente al di fuori di tutto…o forse sì, forse lo
capisco: è stata la morte della madre a spingerlo a questo…la conosco
anche io questa voglia di non provare più dolore…Ma io ho un carattere
aperto, non sono riuscito a chiudermi in un mondo di ghiaccio, mi piace
stare con gli altri e mi fa piacere vivere intensamente!
Torno
a guardarlo e sbarro gli occhi quando mi accorgo che si è addormentato!!!
Si è rannicchiato sul divano e si è addormentato, con il viso inclinato,
in totale abbandono…ora che sono rilassati i suoi lineamenti sono
dolcissimi…E ora che faccio?
Questo
divano tra un po’ diventerà il mio letto, non posso lasciarlo qui!
Be’ potrei andare io di là e dormire di nuovo, dopo due mesi, su un
letto normale, lasciando a lui il piacere del divano una volta tanto…ma
non mi va. Rukawa è più stanco di me, me ne sono accorto…
Delicatamente,
per non svegliarlo, lo prendo in braccio e lo sollevo, trasportandolo
nell’altra stanza…è incredibilmente leggero…Lo poso piano sul
letto; resto un po’ a guardarlo, ma non oso spogliarlo della tuta che ha
indossato non appena tornati qui a casa, così mi limito a prendere un
piumino dall’armadio e a stenderlo sopra di lui… Ma anche io mi sento
stanco: questo caso difficile, tutto il tempo che ho guidato… Provo
l’impulso di sdraiarmi anche io per un po’ su un letto vero e lo
assecondo, con il cuore che mi batte all’impazzata…Perché? Perché
diavolo devo reagire così?! E’ un collega, mi ripeto, solo un
collega…e io non lo sopporto, gli salterei alla gola!!! Lui mi ignora e
nega che io sia un genio, perché allora io devo dargli tutta questa
importanza e sentirmi così scombussolato solo perché ce l’ho vicino?!
Ho
freddo, mi ritaglio un po’ di piumino per me e mi ci copro; solo pochi
minuti, mi ripeto, poi tornerò su quel dannato divano-letto.
E
mentre lo sto pensando, Rukawa si gira e si accoccola contro di me,
cercando tepore!!!! Mi sento le guance in fiamme e il cuore che sta per
scoppiare!!! La sua bella testa mora è sulla mia spalla, il suo braccio
mi cinge il torace…che devo fare? Oddio, che devo fare??!! Dovrei
andarmene, certo! Dovrei scuoterlo,
scrollarmelo di dosso e andarmene…E invece resto qui, calamitato da lui,
pregando che lui non si sposti…Kaede Rukawa che dorme fra le mie
braccia…Istintivamente lo stringo a me, la mia mano è sulla sua
schiena, lo cingo alla vita…una parte di me è atterrita da quello che
sto facendo, ma non posso impedirmelo, non VOGLIO impedirmelo, perché è
una della cose che io abbia fatto con più naturalezza nella mia vita.
Stringerlo a me.
Perché?
Perché
sono giorni che non riesco a liberarmi dal pensiero di lui, nel bene e nel
male? Perché sento il suo profumo dolce che mi riempie i polmoni?
Perché
quando battibecco con lui mi sento così spronato che potrei fare
l’impossibile?
Ah,
mi sta venendo mal di testa!!! Sono stanco…eh, già! Perfino il tensai
si stanca e non posso permettermelo: domani dovrò lavorare al massimo,
non voglio che Rukawa possa
farmi anche solo la più piccola osservazione!!! Devo dormire. Se dormirò,
non avrò il tempo di pensare…
Passo
di sfuggita una mano fra i suoi capelli e li sento morbidissimi fra le mie
dita; chiudo gli occhi, con la ferma intenzione di non pensare a lui, ma
prima di addormentarmi non posso fare a meno di stringerlo a me…
Il
mio sonno è ancora profondo, quando viene disturbato da un suono
fastidiosissimo…ma che diavolo è?! Cerco di metterlo a fuoco e mi rendo
conto che è il campanello! A quest’ora?! Mm…in effetti…ma che ora
è? Con lo sguardo ancora annebbiato, do un’occhiata al mio orologio e
scopro che sono le 8.00 di mattina!!!! E’ tardissimo!!!! E questo
dannato campanello che continua a suonare…
“Mmm…”
vicino a me, stretto a me, Rukawa si lamenta debolmente: è chiaro che ora
anche lui avverte questo suono.
All’ennesima
scampanellata mi inca** o!!!
“Ma
che diavolo volete??!!” grido e mi alzo di scatto dal letto, con il
risultato che Rukawa, al mio grido, apre gli occhi all’improvviso e li
punta su di me. Perfetto! E io che non volevo che se ne accorgesse!!!!
Cerco
di ignorarlo, di darmi un contegno, e mi reco subito nell’altra stanza
per aprire la porta di casa. Inutile dire che sono furibondo. In più
scopro che sono Mitsui e Kogure!
“Ma
chi ca**o ti ha invitato a quest’ora della mattina!!!” continuo a
urlare, neanche fosse l’alba.
“Ma
sarai cretino?! Me lo hai detto tu di venire qui da te di prima mattina
con tutte le informazioni raccolte!!” si scalda subito il nostro
poliziotto in borghese.
“Io?!”
possibile che gli abbia detto una cosa simile?
“Ehm…effettivamente
sì, Hanamichi, sei stato proprio tu a dirglielo” interviene Kogure,
confermando il mio dubbio di aver scordato tutto.
Sto
per rispondere, ma in questo momento una voce gelida mi paralizza.
“Do’aho,
chi ti ha dato il permesso di dormire con me?”.
Perché?
Questa stupidissima kitsune sta sempre zitto…Perché ha deciso di
diventare loquace proprio su un simile argomento e di fronte a Mitsui, per
giunta, che ora ci si butterà a pesce per prendermi in giro?!
E
infatti eccolo che lancia un fischio, con l’aria di chi la sa lunga,
mentre Kogure si acciglia, non capendo bene la situazione…Non la capisco
neanche io, veramente, ma se non è chiara neanche a lui che è uno
psicologo allora sono proprio messo male… “E bravo il nostro Sakuragi!
Avrei dovuto capirlo che saresti finito a dormire con lui dal fatto che ne
parli in continuazione!” ridacchia Mitsui.
“Ma
che cavolo dici?! E anche tu, idiotissimo volpino, cosa ti sei messo in
testa? Ero stanco, ecco tutto…ed ero stufo di dormire sul divano!!! Non
è stata una cosa voluta” ma arrossisco mentre lo ringhio fra i denti e
mi ripeto mentalmente che sì, è stata una cosa voluta…
“Ah,
già…tu devi dormire sul divano!” ironizza Mitsui. Vedo che si è
svegliato in vena di rissa questo imbecille, oggi.
“Perché,
tu come dormi? Il vostro bilocale è grande quanto questo, lo so bene”
replico io.
“Noi
dormiamo insieme, nello stesso letto” risponde lui, tranquillo, sotto lo
sguardo divertito di Kogure.
“Eh?”
mi stupisco io. Perfino Rukawa li guarda sorpreso.
“E’
così che succede, fra compagni ed amanti” sorride Mitsui.
“CHECCOSA?!”
grido, senza volerlo…cioè, una volta o due mi era venuto il sospetto,
ma…
“Era
da un po’ che pensavamo di dirvelo- sorride Kogure- Almeno a voi
due…ma non avevo capito che tu avessi scelto questa mattina per le
rivelazioni, Hisashi” scherza il nostro psicologo di fiducia.
Lui
sbuffa e mi fissa con un’aria di sufficienza che non mi piace per
niente: “Non lo avevo programmato! Ma volevo scuotere questo cretino che
dice di odiare Rukawa e poi ci dorme insieme!!!”.
“CHI
SAREBBE IL CRETINO?” urlo, fuori di me. Bene, a quest’ora tutta Londra
saprà che mi hanno dato del cretino…
“TU
SEI UN CRETINO! NON TI RICORDAVI NEANCHE DI AVERMI DETTO DI VENIRE QUI CON
LE INFORMAZIONI!!!” Mitsui grida più forte di me.
“Mi
hai stancato con queste informazioni del cavolo, dammele e andatevene
fuori di qui!!” gli ingiungo.
“Siete
quasi come i delinquenti che dovreste arrestare!” è la gentile sentenza
di Rukawa.
Kogure
ride, ma io e Mitsui ci voltiamo offesissimi verso di lui.
“E
comunque non se vanno- prosegue Rukawa- Voglio il resoconto delle indagini
dalla loro voce. E un’ultima cosa, Mitsui: è vero che Sakuragi era
stanco del divano…per questo deve essersi addormentato vicino a me: non
voglio più sentire scherzi sull’argomento” se queste parole le avesse
dette qualcun altro, Mitsui sarebbe scattato sicuramente con un pugno, ma
Rukawa ha parlato con una voce di ghiaccio così autorevole che nemmeno
lui replica.
Ma
a me brucia.
Perché
sta liquidando tutto così? Io dormo con lui e a lui non frega niente?
“Oi
do’aho, ci sei?” di nuovo la sua voce fredda.
Mi
volto e vedo che si sono tutti seduti sul famoso e odiato divano e che
aspettano solo me per iniziare.
Io
sospiro: “Cosa avete scoperto sul maggiordomo?” chiedo, meritandomi
un’occhiata gelida dalla kitsune.
Spero
che Sakuragi si decida a smetterla di fare il do’aho!!! O forse è solo
un modo per vincere l’imbarazzo.
Già,
perfino io mi sento in imbarazzo e ritengo provvidenziale l’arrivo di
Mitsui e Kogure; non mi ero accorto di essere fra la sue braccia fino a
che non è iniziata la fase del dormiveglia…sentivo un tepore
sconosciuto, che non era dato dalle coperte, e delle braccia
protettive…mi è andato un colpo quando ho sentito la sua voce gridarmi
quasi nell’orecchio!!!!
Possibile
che questo do’aho, questo casinista, questo…insomma, LUI! , possibile
che lui abbia saputo trasmettermi quelle sensazioni piacevoli, quel calore
e quella affettuosità che non assaporavo più da non so quanti anni?
Lui
è stato capace di farmi sentire così bene con un semplice abbraccio?!
Questo do’aho che ora continua a vaneggiare su quel povero maggiordomo?!
Ma
alla fine, di fronte all’evidenza, deve arrendersi anche lui.
“Ok,
ok, ho capito…non è stato il maggiordomo! Mm…-medita fra sé- In
questi casi, se non è il maggiordomo è il marito…”.
Di
male in peggio!!!
“E’
appunto il marito che è morto, do’aho!” gli faccio notare,
gelidamente.
“Ora
dirà che in questo caso si tratta di suicidio!” ridacchia Mitsui.
Hn…lui
ci scherza, ma Sakuragi sarebbe capace di farlo!!!
“No,
dico che è stata la moglie!” proclama lui, guardandoci con sfida.
Hn.
Io
sbatto la mano sul tavolino di fronte a noi in un modo che fa sobbalzare
Kogure. “Ti vuoi concentrare, do’aho?! Ci stai solo facendo perdere
tempo con le tue trovate cretine…” gli sibilo, palesemente seccato;
lui arrossisce dalla rabbia, i suoi occhi nocciola si incrinano e io
vorrei dire qualcosa di tagliente, ma poi ripenso a questa notte…al suo
calore…e le parole mi muoiono sulle labbra.
“D’accordo,
allora pensiamo a chi scartare definitivamente…” borbotta fra i denti.
Dopo una rapida indagine veniamo a scoprire che Christopher Bantry non
aveva nessun problema finanziario, che i suoi conti sono a posto e,
considerato il suo alibi, dobbiamo escluderlo dai sospetti. Stesso
discorso per le sorelle.
A
dire il vero in una cosa il do’aho non sbaglia e cioè che l’unica
della famiglia a non avere un alibi confermato è la moglie…ma in questo
modo sarà tutto più complesso, dovremo fare domande personali, perché
le informazioni necessarie non potrà fornircele Scotland Yard…
“E’
credibile, vero, che una moglie tradita uccida il marito?” chiedo al
nostro psicologo Kogure.
Lui
ci pensa un po’, poi mi dice: “Sì, però…questo mi sembra un
delitto maschile…Ho visto le foto del cadavere e le coltellate erano
date con una violenza e una forza fisica di cui dubito sia capace
un’esile signora inglese di mezza età…e poi le donne spesso
preferiscono il veleno per uccidere: niente forza, niente sangue…la fa
sembrare una cosa più pulita”.
“Ah!
Noi sospettiamo appunto che la vittima sia stata stordita con un veleno
prima di essere colpita, per non farla gridare!!!! Potrebbero essere stati
due complici!” propone Sakuragi.
“No.
Una persona sola può anche non lasciare indizi, ma due colpevoli che non
facciano errori sono troppi” intervengo io.
“Ha
ragione” annuisce Mitsui.
Dopo
un po’ ci troviamo tutti d’accordo che l’assassino è un uomo.
“E
le informazioni sulla vita del signor Bantry?” chiedo io, cercando fra i
fogli. “Eccole” Mitsui mi indica un paio di fogli, ma io scuoto il
capo.
“No,
questi sono su Christopher Bantry…io mi riferisco al morto: Henry Bantry…non
so, i suoi affari, cose simili…”.
“Hanamichi
non mi ha dato anche quel nome da cercare!” salta su Mitsui, come a dire
che non è colpa sua; e infatti non lo è.
Io
mi giro a guardare freddamente quel do’aho, che di nuovo diventa rosso e
aggredisce Mitsui: “Ma come fai a non dare per scontato di dover fare
ricerche anche sulla vittima?!” gli grida contro.
“Ma
se neanche sapevo il nome!!! Dovevi dirmelo tu!!!” grida lui.
“Hisashi,
non litigare per così poco…” lo incita Kogure.
“E’
colpa tua, do’aho, è stata una tua mancanza” gli dico, e mi accorgo
subito che forse non avrei dovuto…
Sakuragi
scatta in piedi come se lo avessero sferzato e grida ancora, ma contro di
me stavolta: “E’ sempre colpa mia, vero?! Secondo te io sarei un
incapace buono a nulla, vero? E allora lavora da solo, investiga da
solo!!!! Hai il caso tutto per te, idiota di un volpino!!! E NON CHIAMARMI
DO’AHO!!!!”.
Detto
questo, si gira ed esce di casa, sbattendo la porta.
Io
per due minuti non mi muovo, troppo allibito per reagire, fin quando non
mi riporta alla realtà la voce dispiaciuta di Kogure: “Rukawa, si è
solo dimenticato…sii comprensivo con lui…sai, non fa che parlare di
te…”.
“Per
criticarmi e darmi addosso, lo so” faccio una smorfia.
“Può
darsi…ma comunque parla SEMPRE di
TE…” insiste Kogure, con una sfumatura nel suo tono che mi fa capire
ciò che intende realmente.
“Ti
sbagli…forse…ma stavolta ho esagerato, è vero. Potete aspettarmi qui
solo per un attimo?” chiedo ai miei colleghi, alzandomi dal divano.
Vorrei
cercare Sakuragi, ma chissà dov’è andato quel do’aho permaloso!!!
Già
mi aspetto di dover camminare a lungo e, invece, quando apro la porta di
casa lo vedo affacciato alla finestra del pianerottolo; sente il rumore e
si volta a guardarmi. Per un po’ rimaniamo zitti.
Io
non sono capace di scusarmi, sono pur sempre Kaede Rukawa, no? Però mi
avvicino a lui e gli dico a bassa voce: “Io voglio lavorare con te a questo caso”. Lo vedo spalancare leggermente gli occhi,
poi abbassarli: “Perché ti comporti come se mi odiassi? È per quello
che è successo stanotte? Ti ha offeso che abbia dormito con te?” mi
chiede con voce triste.
Ma
non è così e non voglio che lo pensi.
“No!-
mi affretto a rispondere- Non sono affatto offeso…prima me la sono presa
perché non mi piace che per fare o sapere qualcosa ci si impieghi più
tempo del dovuto, tutto qui”.
Lui
non dice niente, torna a guardarmi il viso.
“Torniamo
in casa?” chiedo in un soffio, notando che lui non si muove.
Sakuragi
annuisce e mi sorride, poi rientra dentro con me.
Mezz’ora
dopo io e il do’aho siamo in macchina
e lui sta guidando alla volta della villa dei Bantry; in serata
Mitsui ci farà avere le informazioni che ci servono sul defunto e nel
frattempo cercheremo di saperne di più anche noi, interrogando la
famiglia e i domestici per la seconda volta.
Siamo
appena arrivati e io sono appena sceso dalla macchina, quando squilla il
mio cellulare; rispondo subito e ricevo proprio la notizia che aspettavo:
la conferma che io e Sakuragi avevamo visto giusto.
“Chi
era?” mi chiede lui, quando io interrompo la chiamata.
“Nel
corpo del defunto sono state trovate tracce di un veleno…qualcosa
ricavato da erbe e piante, che agisce dopo diversi minuti
dall’ingestione” gli spiego, rapidamente. Lui si acciglia.
“Voleva
essere sicuro di ucciderlo senza problemi, facendolo soffrire anche per il
veleno…” medita a bassa voce.
“Pare
di sì…bene, abbiamo un punto di partenza: ora dovremo capire dove sia
stato versato questo veleno e chi abbia avuto la possibilità di farlo”
e nel dirlo mi avvio verso il grande portone della villa.
Ci
ritroviamo a parlare con Jane Bantry, che si scusa per l’impossibilità
della madre di riceverci, ma pare che la signora sia troppo affranta per
poter sostenere un qualsiasi interrogatorio.
“Non
importa, chiederemo a lei” si affretta a precisare Sakuragi.
Da
tutte queste domande ricaviamo che la famiglia Bantry aveva cenato unita
poche ore prima del delitto e che, prima di ritirarsi nel suo studio, la
vittima si era fatta portare come d’abitudine un caffè nella
biblioteca.
“E’
facile accedere alla cucina?” chiedo.
“Facilissimo,
temo. Anche dall’esterno, da una delle porte…” risponde freddamente
Jane Bantry.
“Certamente
quella tazza di caffè sarà stata lavata quella sera stessa, ma…”.
“Di
sicuro il veleno era lì!!!” conclude il do’aho, trionfante.
“Veleno?”.
“Sì,
suo padre è stato stordito prima di essere accoltellato”.
“Che
orrore!!” esclama lei.
La
notizia sembra sconvolgerla e questo ci induce a lasciarla andare; poi, io
mi avvio di nuovo fuori…
“Oi
kitsune, dove te ne vai?” mi chiama il do’aho, raggiungendomi.
“A
camminare per il giardino…sono sicuro che c’entri qualcosa…”
mormoro, più a me stesso che a lui.
“L’ho
pensato anche io- mi dice tutto serio Sakuragi- Quel veleno possono
benissimo averlo ricavato in modo artigianale!!! Hai detto che sono tutti
appassionati di fiori e piante, no?”.
“Giusto”
siamo arrivati alla stessa conclusione, ma allora…
“Probabilmente
la signora Bantry non voleva vederci per paura di tradirsi!!! Sicuramente
è lei la colpevole!!!”.
“Do’aho!!!”
gli sibilo, seccato; e pensare che stava andando così bene…
Lui
borbotta qualcosa, mentre ci inoltriamo per il giardino, attraverso le
siepi curate; ci sono molti fiori, di molte varietà, si nota la comune
passione di questa famiglia.
“Quelle
costruzioni laggiù cosa sono, kitsune?” mi chiede Sakuragi,
indicandole.
“Sono
l’abitazione del giardiniere e il capanno degli attrezzi”.
Lui
si entusiasma a questa notizia: “Dovremmo andare a dare un’occhiata,
non credi kitsune? Talvolta gli assassini usano i posti più impensati per
sbarazzarsi delle prove che potrebbero inchiodarli!” dice, agitato.
“Per
una volta, hai avuto una buona idea, do’aho…” annuisco io.
“Cosa
significa ‘per una volta’, eh kitsune?! Io sono il più geniale
investigatore del Giappone e ora della Gran Bretagna, per tua norma e
regola!!! E non darmi più dell’idiota o ti spacco la faccia!!!!”
strepita Sakuragi, accalorandosi tutto.
Devo
dire che trovo fantastiche queste sue esplosioni improvvise, questa sua
capacità di cambiare umore così facilmente, questa esuberanza che
traspare da ogni sua reazione…ma non glielo farò mai capire o si monterà
la testa ancora di più!!!
Lui
continua a lamentarsi della mia mancanza di reazione fino a che non
arriviamo alle due piccole costruzioni; il giardiniere non c’è e il
fatto che non fosse neanche in giardino ci fa capire che questo dev’essere
il suo giorno di riposo. Ovviamente la porta della sua casa è chiusa, ma
non è lì che credo di poter trovare qualcosa: mi attira di più il
capanno degli attrezzi. Troviamo chiuso anche quello.
“Be’,
ma noi abbiamo un mandato, no?- si impunta Sakuragi- Non dovrebbe volerci
molto per aprire questa porta…”.
“Torniamo
alla villa per chiedere le chiavi?” propongo; ma la testa rossa mi
guarda con un sorriso soddisfatto e un po’ megalomane e mi dice: “Non
serve, visto che il tensai è un uomo previdente e si porta dietro il
materiale adatto!!!” e, in effetti, dalla tasca interna del suo giaccone
spunta una custodietta che contiene un piccolo coltello, delle pinze e una
piccola lente d’ingrandimento; lui prende le pinze e si china,
armeggiando con la serratura.
All’inizio
lo guardo distrattamente, poi ho la folgorazione: ma certo!!! Ecco svelato
il mistero della porta chiusa dall’interno!!!! Il colpevole ha chiuso
dall’esterno, con l’aiuto delle pinze, una chiave situata
all’interno…un trucco semplice, ma abile per stupire e far concentrare
l’attenzione su quel particolare piuttosto che su altri!!!
“Fatto!”
esulta Sakuragi, sentendo scattare la serratura e aprendo la porta del
capanno.
Entriamo
con circospezione e adattiamo gli occhi alla penombra; in realtà sembra
che non ci sia molto da vedere o da cercare: i soliti attrezzi da giardino
di tutte le ville di campagna inglesi… ma alla fine siamo ricompensati
e, in un angolo particolarmente buio, sotto un tavolaccio di legno,
scorgiamo delle fiale e altri oggetti rudimentali che hanno tutta l’aria
di essere serviti per preparare un distillato…mortale in questo caso.
“Con
questo l’abbiamo fregato, kitsune!!!” esclama Sakuragi, con sguardo
brillante.
“Hn…perché?
Credi davvero che troveremo impronte digitali su questi oggetti?” mi
limito a fargli notare.
Lui
si zittisce, nervoso per non saper replicare, poi sbotta: “Sì, vabbe’,
ma intanto devono essere analizzati!” e poi prende un panno posato sul
tavolo e con quello raccoglie da terra le nostre ulteriori
prove…sperando che non siano state lavate tanto bene da non lasciare
nessuna traccia, o non ce ne faremo nulla!!!
Il
do’aho mi fissa con lo sguardo di sfida che ha quando si autoproclama
tensai, ma stavolta non dice niente, soltanto mantiene quel suo
atteggiamento fiero che mi dà ai nervi, ma allo stesso tempo mi fa stare
bene…mi sembra di essere io a spronarlo, come se per lui la competizione
con me fosse fondamentale. E in effetti fin dal primo anno di accademia ,
fin dal primo corso di criminologia che abbiamo seguito insieme è sempre
stato così: io ho dato il massimo perché il mio scopo è diventare il
numero uno nel mio campo e lui lì a gridarmi dietro che me l’avrebbe
fatta vedere, che stavo facendo i conti senza di lui…e si impegnava!!!
Si è sempre impegnato, di questo gliene do atto…mi piacciono le persone
così. Mi piace questo suo modo di fare. Non ho mai capito perché creda
che io lo ignoro, visto che non è così: forse perché il mio silenzio è
ingannatore, il mio viso indifferente tradisce la curiosità che provo nei
suoi confronti…
Io
gli restituisco questa occhiata di sfida, perché comunque non si illuda
di poter raggiungere il mio livello, poi usciamo dal capanno.
“Bah,
questa porta dovremo lasciarla aperta…” borbotta, osservandola.
“Affatto,
do’aho: la chiuderemo come ha fatto l’assassino…”.
“E
come avrebbe fatto? Stupida volpe, vuoi forse farmi credere di aver
risolto il mistero della porta chiusa dall’interno? Ma non ci credo
neanche se lo vedo!!!” si impunta lui, che tiene in mano le prove appena
scoperte.
“Scommettiamo?”
senza dire altro, tolgo la custodietta dal suo giaccone e ne prendo
nuovamente le pinze; mi chino e, semplicemente, faccio scattare la
serratura al contrario. La porta si chiude e a dimostrazione premo la
maniglia.
“Ma…-
Sakuragi è a bocca aperta- Ma cosa…”.
“Elementare,
do’aho! Questo gioco si può fare anche con una chiave inserita nella
serratura…quella famosa porta non era chiusa dall’interno, ma
dall’esterno, con questo trucco”.
“Ma
è stata esaminata anche la chiave dello studio e non presentava
segni…rigature o che so io!!!” osserva lui e a ragione, ma la risposta
è facile anche in questo caso: “Per evitare che le pinze lasciassero
segni sulla chiave dev’essere bastato avvolgerle in una stoffa
sottile”.
Lui
apre la bocca, ma non sa replicare oltre e così ci avviamo verso la
villa: nello studio stanno facendo ancora accertamenti e io ne approfitterò
per dimostrare al do’aho che la mia teoria è quella giusta. Intanto,
non so rinunciare ad una provocazione: “Allora, do’aho! Non ti solleva
che la questione della porta sia stata risolta?”.
“Grrr…stupida
e presuntuosa volpe!!! Mi sentirei sollevato, se non fossi stato TU
a risolverla!!!” mi ringhia minacciosamente, guardandomi torvo.
“Ti
concedo che mi hai aiutato…l’ho capito quando ti ho visto aprire
quella serratura…” ammetto, anche se non so perché lo sto facendo.
“Ehehehehehe…
visto? L’aiuto del tensai è sempre determinante!!! Non ho mai messo in
dubbio che lo sarebbe stato anche questa volta!!” e ride, passando dal
volto rabbuiato di prima ad un’espressione solare e calorosa…come la
sua stretta di stanotte…
quando
arriviamo al piano superiore della villa, io ho modo di constatare la
fattibilità della mia ipotesi, meritandomi i complimenti dei colleghi
(cosa che non fa piacere a Sakuragi…) e poi noto che questa stanza è
vicino ad una nicchia nella parete, decorata con una statua
classicheggiante…un posto adatto per nascondersi nel buio della sera e
attendere il momento di colpire…ma adatto anche come rifugio una volta
usciti dalla stanza, per essere sicuri che sia tutto tranquillo…
Salutiamo
i nostri colleghi inglesi e
torniamo alla macchina, per riprendere la strada di Londra e andare a
Scotland Yard; oggi è una giornata nuvolosa e umida…poco dopo inizia a
piovere e il do’aho sbuffa: “Di nuovo!!!”.
Arriviamo
a Londra tra i suoi mugugni e, dato che è l’ora di pranzo, decidiamo di
mangiare qualcosa in un ristorante cinese prima di andare a consegnare i
reperti. Sakuragi mi lancia un’occhiata, mentre mangiamo e mi chiede:
“Come mai quella faccia seria? Abbiamo finalmente capito come è
avvenuto il tutto…”.
Io
alzo le spalle: “Abbiamo capito il come, certo, ma senza un movente non
capiremo chi sia stato”.
Finiamo
il nostro pranzo piuttosto rapidamente, per poi recarci subito a Scotland
Yard; restiamo lì buona parte del pomeriggio, per scoprire che su quegli
oggetti non ci sono impronte digitali, come sospettavo, ma che quasi
sicuramente hanno contenuto il veleno. Il che non ci porta da nessuna
parte, secondo me.
Per
finire in bellezza, ad un certo punto ci raggiunge Mitsui per dirci che il
computer con i dati che doveva recuperare per noi ha subito un guasto e
che potrà fornirci le informazioni non prima di uno o due giorni…
“Perfetto!!!”
sbotta Sakuragi.
“Quando
ci saranno i funerali?” chiede Kogure, comparso accanto al suo compagno.
“Domani,
perché?” si stupisce il do’aho.
“Dovreste
andare…sai, per osservare i presenti! Spessissimo gli assassini vanno ai
funerali delle loro vittime…” spiega il nostro psicologo.
“Ah,
è vero!” Sakuragi si passa una mano fra i capelli rossi; è chiaro che
non è entusiasta all’idea…neanche io lo sono, a dire il vero…
In
serata ce ne andiamo, ceniamo in un fast-food per fare prima e poi
torniamo a casa; ho sonno, vorrei tanto dormire, ma non posso: certo, mi
infilo sotto la doccia e poi mi vesto con la mia comoda tuta e questo mi
rilassa, ma devo di nuovo leggere gli incartamenti del caso…sono sicuro
che ci sia qualcosa di sfuggente proprio sotto i miei occhi!!! E non solo
qualcosa di scritto, ma qualcosa che ho visto…
Mi
siedo sul mio letto, con un lieve sospiro, quando sento bussare lievemente
alla porta ed appare Sakuragi, anche lui con i capelli umidi e con una
specie di pigiama. “Sai, kitsune, ci stavo pensando prima e c’è
qualcosa che mi sfugge in questo caso…” mi dice, sedendosi sul bordo
del mio letto.
“Anche
io ho questa sensazione…” mormoro.
“Forse
le informazioni sugli affari del signor Bantry ci aiuteranno! Se solo quel
dannato computer non si fosse guastato!!! Scommetto che è stato
quell’incapace di Mitsui a romperlo!!” borbotta lui.
“Quel
giardino…” dico io, in un soffio…In realtà stavo parlando a me
stesso, invece mi sono uscite di bocca le parole.
“Cosa?”
Sakuragi mi fissa.
“E’
come se mi mancasse un anello della catena!” dico, spazientito.
“Mpft!!!
Certo, stupida volpe!!!! Sarò io a risolvere questo caso, cosa credi?! E
ora passami un po’ quei fogli…mica vorrai tenere il tensai
all’oscuro degli incartamenti?!” e mi tende la mano; ha parlato con il
suo tono megalomane, ma lo so che in realtà è la sua maniera per dirmi
che vuole continuare a lavorare…
Tra
una sua dichiarazione di genialità, una discussione se in questo Paese il
tè debba prendersi con il latte o con il limone (e non vuole capire che
si prende con il latte!!!) e il suo rammarico per l’innocenza del
maggiordomo, si fa notte fonda.
Al
mio ennesimo sbadiglio soffocato, lui mi guarda con un mezzo sorriso:
“Mi sa che per te è tardi…però abbiamo risolto qualcosa, no?”.
“Hn”
abbiamo escluso le cameriere dall’elenco dei sospetti, sai che
sforzo!!!! Ma non potevamo fare di più, senza tutti i dati, lo so; lui si
è mezzo sdraiato sul mio letto, io alzo lo sguardo e ci guardiamo negli
occhi, in silenzio, poi Sakuragi mi sembra un po’ imbarazzato e fa per
andarsene: “Ora me ne vado…ho capito che hai sonno…”. Lo dice con
una voce un po’ strana e io devo essere un cretino, una stupida volpe
come dice lui, perché ripenso alla scorsa notte e mi rendo conto che sono
due mesi che lui dorme su quello scomodo divano-letto praticamente per
colpa mia…
“Non
c’è bisogno che tu vada via…” mormoro, d’impulso.
“Eh?”
mi fissa stupito, con i suoi grandi occhi nocciola spalancati.
“Puoi
dormire con me…il letto è abbastanza grande per tutti e due…starai più
comodo, ti riposerai meglio…” e questo è vero, ma è DAVVERO il
motivo principale per cui gliel’ho detto? O non è perché la scorsa
notte mi sentivo così bene fra le sue braccia che mi stringevano…
certo, stanotte non potremo stringerci, ma ci sarebbe lo stesso quel
tepore vicino a me…
“Allora
grazie, kitsune!!!” esclama lui con slancio…forse un po’ troppo…
Il
do’aho è già in pigiama; io vado in bagno a cambiarmi, poi ci
infiliamo sotto il piumino e spegniamo la luce, dopo esserci dati la
buonanotte.
È
strano…sento che anche lui è sveglio e mi rendo conto che facciamo di
tutto per non muoverci, per non sfiorarci nemmeno, come se ne avessimo
timore…ma io pian piano mi rilasso, il sonno si fa sentire…mi muovo
appena, girandomi su un fianco, per stare più comodo…Poco dopo, sento
le braccia di Hanamichi che mi avvolgono…Hanamichi?! Non lo avevo mai
chiamato per nome, neanche nel pensiero...Ma ora sento che mi sta
stringendo e che mi sta accarezzando i capelli con molta dolcezza…lui è
ben sveglio e a me dispiace di stare scivolando nel sonno…mi attira a sé
e io lascio che lui mi faccia appoggiare al suo torace…
“Kaede…”
mormora il mio nome, in tono dolce ed incerto…neanche lui mi aveva mai
chiamato così…e il mio nome non mi è mai sembrato così bello…
Come
faccio a dormire?!
So
già che non riuscirò a chiudere occhio e, del resto, come potrei con lui
di nuovo fra la braccia? Sono emozionatissimo, mi sembra ancora
incredibile e ancor di più perché è stato lui a dirmi di dormire nel
suo letto…
Certo,
non mi aveva detto di abbracciarlo, ma questo ora è solo un dettaglio,
non vi pare? E poi non ho saputo resistere, non ho POTUTO resistere…
Poco
fa, stavo lì a fingere di dormire quando ho sentito che lui si girava e
io ho reagito come attirato da una calamita…mentre allungavo le braccia
per attirarlo a me mi ripetevo che ero un pazzo, che se la volpe se ne
fosse accorta sarebbe finita a pugni e a testate, che mi stavo rendendo
ridicolo, ma poi non me ne è fregato assolutamente niente
di tutto questo!!!! Ho seguito l’istinto, come sono abituato a fare, e
ora lui è stretto a me e poggia il suo bel viso sul mio torace e
io mi sento così bene…così appagato, completo…
Perché?
Perché proprio ora, qui, a Londra? Lui non mi è mai stato indifferente,
gridavo ai quattro venti di odiarlo, lo
studiavo, mi sentivo rimescolare il sangue solo ad averlo vicino,
con la sua bella faccia da schiaffi e la sua aria di algida superiorità…ora
che ci penso, una delle ragazze che mi ha scaricato mi aveva detto ridendo
che le parlavo un po’ troppo di lui…Vabbe’, insomma, è inutile
stare qui a girarci intorno: Kaede Rukawa ha sempre riempito i miei
pensieri!!!!
Ma
mai come ora.
Non
avevo mai provato questo impulso di abbracciarlo, di toccarlo, di voler
essere più importante per lui…Cosa diavolo è successo? Quando è
successo? Cavolo, io studio la mente umana, vogliamo dire che non conosco
proprio la mia?!
Ci
penso un po’, assaporando nel frattempo il tepore e la morbidezza che mi
comunica il suo corpo, e poi sorrido: è stato due o tre giorni fa, quando
abbiamo parlato veramente di là, sul divano (sto cominciando a
rivalutarlo!!), e abbiamo parlato con sincerità, a cuore aperto, del
nostro passato…
Ho
cominciato a sentirlo vicino, a pensare che al di là di ogni differenza
caratteriale qualcosa ci unisce e questo è vero, perché se non ci fosse
qualcosa tra di noi credo che ci saremmo già saltati alla gola e
ammazzati, visto quello che ci siamo detti in tutto questo tempo!!!!
Per
ora mi basta questo, per stanotte non farò altra autoanalisi…questo
stupido volpino è importante per me e io mi sono arreso all’evidenza,
ma adesso non mi chiederò altro…non voglio rovinare tutto con la fretta
e l’impazienza, come mio solito, non questa volta…
Lo
stringo più forte a me, lo chiamo per nome…è la prima volta che lo
faccio…la prossima volta che lo farò, spero che lui potrà sentirmi…
La
notte passa in fretta quando si ha un sonno profondo e senza sogni; io mi
sveglio prima di Rukawa e mi alzo per andare a preparare la
colazione…tra l’altro è meglio che io non mi metta ad indugiare in
sua contemplazione, molto meglio!!!! Ma non resto da solo a lungo, lui mi
raggiunge e poi prende il via un’altra giornata di investigazione.
Un
po’ noiosa a dire il vero: da Scotland Yard non ci sono buone notizie:
l’ispettore Hastings ha l’impressione di essere in un vicolo cieco, il
computer è ancora rotto e dovremo ripassare domattina; torniamo alla
villa non ho capito per fare che cosa, visto che di impronte non ce n’è
traccia!!!
Comincio
ad odiare questa strada, anche se è scorrevole e comoda per la
macchina!!! “Oi kitsune, perché non chiediamo direttamente ai familiari
dove avesse le sue attività il signor Bantry? Così risparmieremmo
tempo” gli faccio notare, mentre guido. Tra parentesi, ho deciso di
restare calmo…devo chiarirmi le idee ed essere naturale come sempre con
lui o non ne verrò mai a capo!!!
“Non
mi fido” è la sua laconica risposta.
“Ma
perché?” quanto non lo sopporto quando gli devo cavare le parole di
bocca!!!! Lui mi guarda di sfuggita: “Perché quando c’è di mezzo un
caso di omicidio, irrisolto bada bene, le persone più sono innocenti più
tendono a diventare stupide…dicono bugie, se sembra che qualcosa possa
collegarli al delitto anche indirettamente e questo rallenta le
indagini…gli affari sono una cosa molto impersonale e io voglio servirmi
di fonti impersonali…tra l’altro questo non è il caso di un giro
miliardario, quindi…” e detto questo, si rinchiude nel silenzio.
Io
stringo con forza il volante della macchina; lo detesto quando è così
perfetto, impeccabile nel ragionamento, così razionale!!! Lo detesto
perché mi fa sentire come se non
fossi degno di lui, io che ogni tanto sono distratto, impulsivo e un po’
pasticcione diciamocelo!!! Mi sembra di vederlo irraggiungibile, su una
torre d’avorio e allo stesso tempo la mia stima per lui aumenta sempre
più e io non riesco a liberarmi del pensiero di lui, riempie ogni spazio
della mia mente…
Arriviamo
a questa cavolo di villa: in realtà sono pochi giorni che lavoriamo a
questo caso, ma già non ne posso più di questo posto!!! Veniamo a
scoprire così che il funerale si terrà questo pomeriggio nella chiesa
del vicino paese e la rapida occhiata d’intesa che ci scambiamo io e la
kitsune mi conferma che ci dovremo essere anche noi; poi Rukawa dice alla
governante che noi due dobbiamo salire al piano di sopra. “Odio anche
questa scala!!!- non posso fare a meno di dire, anzi di borbottare- Perché
dobbiamo salire anche oggi? Non ci sono neanche i nostri colleghi!!!”.
“Devo
controllare un particolare” è la sua loquace spiegazione.
Mi
fa fermare di fronte ad una nicchia nel muro, ornata con una statua che
potrebbe sembrare greca, e poi mi dice: “Dai un’occhiata qua…”
come se si aspettasse di trovarci qualcosa.
Non
mi va di assecondarlo, ma faccio come mi dice e ho un sussulto: ci sono
lievi tracce di terra!!!! Proprio dietro la statua, dove a rigor di logica
dovrebbe esserci soltanto polvere al massimo…
“Qualcuno
si è nascosto qui!” affermo, fissandolo.
“Già,
qualcuno…” anche lui finge di rimanere nel vago, ma tanto parliamo
della stessa persona.
“Questo
significa che il colpevole aveva camminato da poco fuori dalla villa, per
avere le suole un po’ sporche di terra!” bene, bene…la mia genialità
è all’opera… Eppure, con mio grande fastidio, la kitsune non rimane
colpita dalla mia osservazione; torniamo al piano di sotto, poi lui si
reca nella biblioteca e inizia a scorrere con lo sguardo i titoli dei
volumi, soffermandosi sui numerosi libri di piante…ne prende uno, lo
sfoglia, legge per un po’ qualcosa e poi lo rimette a posto…
“Credi
di trovare indizi qui dentro?” gli chiedo, un po’ polemico.
“Il
puzzle comincia prendere forma, mi manca solo qualche tassello per avere
la conferma…” mormora lui, più a se stesso che a me.
Poco
dopo ce ne andiamo: dobbiamo mangiare e poi partecipare al funerale;
sorvolo su questo racconto che non è dei più piacevoli (oddio, non è
che in tutto questo fatto in sé ci sia qualcosa di piacevole!!!), ma vi
rendo noto soltanto che abbiamo trovato in chiesa anche l’ispettore
Hastings, Mitsui e Kogure.
Alla
fine della cerimonia, i nostri amici ci sia avvicinano.
“Notato
niente?” chiede l’ispettore a Kogure, per un parere professionale.
“No,
nessuno ha avuto un comportamento fuori luogo…questo significa che il
colpevole è ancora fermamente convinto di aver fatto bene ad
uccidere…non ha sensi di colpa che possano portarlo a tradirsi…almeno
per ora” spiega lui, triste, osservando con partecipazione i familiari.
“Di
bene in meglio…” si lamenta lui.
“La
soluzione è vicina” dice Rukawa, in tono deciso, e io vedo un lampo di
curiosità nello sguardo dell’ispettore.
“Cosa
avete scoperto?” chiede, facendosi ancora più attento.
“Ci
dia ancora due giorni” replica lui, senza scoprirsi, ma molto fermo e
deciso.
“Ah,
a proposito Rukawa!!! Tieni le informazioni che vi servivano…il funerale
me le stava facendo dimenticare!!! Il computer è stato pronto per essere
usato a mezza mattina, poi: non ho dato tregua al tecnico!!!” interviene
Mitsui, porgendo alla volpe una busta piena zeppa di fogli.
“Cos’hai
fatto? Lo hai minacciato?” chiedo io, un po’ seccato dalla sua
espressione fiera per aver risolto la faccenda.
“No,
quello lo avresti fatto tu!!” mi rimbrotta lui, accigliato.
Con
la coda dell’occhio noto, seccato, che Rukawa ignora il nostro
battibecco, troppo impegnato a
scorrere le fitte righe che ricoprono i fogli portati da Mitsui; attorno a
noi si disperde lentamente la folla che aveva assistito al funerale di
Henry Bantry. Proprio mentre sto per rimbeccare nuovamente Mitsui, però,
Rukawa si rivolge all’ispettore: “Questo posto dov’è?” chiede,
indicando un nome su uno dei fogli.
“Nella
contea confinante…come sta scritto qui, il signor Bantry vi aveva delle
proprietà che visitava spesso… ce lo hanno detto anche la moglie e i
figli, quando chiedemmo degli spostamenti del morto. Perché?” si
informa subito Hastings.
“L’ho
già letto da qualche parte…forse in una delle carte che sono a
casa…” mormora la volpe.
“A
che riguardo?” mi intrometto io, stanco di non intervenire.
“Nei
dati personali di qualcuno, ma non mi ricordo di chi…- spiega Rukawa,
con evidente irritazione per quella che giudica una mancanza da parte sua-
Non importa: stasera controllerò e domani ci recheremo in questo
posto…credo che ne varrà la pena…” conclude lui, mentre io mi sento
urtare la spalla da qualcuno che mi è passato troppo vicino.
Istintivamente
reagisco male, mi volto: “Ehi! Un po’ di attenzione!!!” esclamo;
questo maleducato neanche si volta, lo vedo solo di spalle, ma la sua
corporatura ha qualcosa di vagamente familiare…come di qualcuno che
abbia visto in questi giorni…
Intanto
gli altri quattro si stanno avviando verso le macchine parcheggiate.
“Andiamo?”
mi chiama Rukawa.
Il
viaggio di ritorno verso Londra è silenzioso, perché anche io mi sento
inquieto e turbato; cerco di non pensarci, convincendomi che è stato il
funerale a farmi questo effetto…o forse questa sensazione di essere
seguiti…guardo nello specchietto retrovisore…dietro di me ci sono due
o tre macchine di gente che dalla campagna deve andare a Londra…o
meglio, tornare, visto che ormai è sera e non è più ora di
gite…Decido di non pensarci più, sarà stata una mia impressione!!!
Arrivati
in città, io e Rukawa ceniamo ad un ristorante indiano; siamo tutti e due
un po’ urtati da queste indagini lente, ma speriamo che domani ci sia
una svolta.
“Come
prima cosa, una volta a casa, dovremo controllare quel nome di paese,
do’aho” mi dice lui e io sono così contento del fatto che mi renda più
partecipe delle sue decisioni che non mi importa neanche di essere
chiamato do’aho!!! Oddio, se non lo facesse sarebbe meglio, ma non si può
avere tutto!!!
Saliamo
di nuovo in macchina e torniamo a casa; lui scende per primo e io impiego
un po’ di tempo per parcheggiare bene, con questa strada male
illuminata.
“Io
intanto apro il portone, do’aho” mi avverte Rukawa, iniziando ad
attraversare. Esco dalla vettura e la chiudo: “Aspettami, qui ho
finito…” dico, ma poi la mia attenzione è catturata
da una violenta luce di fanali che si avvicina a tutta velocità…e
lui sta attraversando…non farà in tempo…
“KAEDEEEEE!!!”
grido, gettandomi addosso a lui, rotolando con lui dall’altra parte
della strada, ringraziando finalmente per tutte quelle ore di
addestramento che adesso mi tornano utili…L’impatto con l’asfalto è
attutito dai giacconi pesanti, rotoliamo un po’ per terra e per qualche
secondo rimaniamo fermi, storditi, ansanti…non so neanche se lui si sia
reso conto di cosa è successo, visto che è avvenuto tanto in fretta…Ma
io sì: ho rischiato di perderlo…quell’auto voleva investirlo ed
ucciderlo, non ci sono dubbi…e io ho rischiato di perderlo…
Lo
guardo mentre si solleva a sedere e fa una smorfia: “Pare che le
indagini procedano bene, Sakuragi, altrimenti non avrebbero cercato di
mettermi a tacere…- poi mi fissa negli occhi con quel suo sguardo così
blu, così profondo, così…meraviglioso, sì, meraviglioso- …mi hai
salvato la vita…grazie…” mormora in un soffio.
Io
lo fisso a mia volta e non capisco più niente, anzi, non è vero: ora
capisco tutto.
IDIOTA
IDIOTA IDIOTA IDIOTA!!!!
Me
lo dico da solo, mille volte idiota!!! Come ho fatto a non capirlo? Eppure
è più di un anno che guardo solo lui, che penso solo a lui, per
studiarlo, per insultarlo anche, ma comunque sempre e solo lui…Eppure,
ho capito tutto solo quando ho realizzato che stavo per perderlo, prima
ancora di averlo avuto…
Sono
pazzo di lui.
Sono
totalmente, perdutamente e irrimediabilmente innamorato di Rukawa. Di
Kaede…
Prendo
il suo viso fra le mie mani tremanti, con delicatezza: “Stai bene?”
anche la mia voce trema…
Rukawa
annuisce, poi mi chiede: “E tu?” e alza la sua mano pallida per
sfiorarmi il volto e la spalla con le sue dita sottili. Io ho un brivido.
“Ho
rischiato di perderti…” riesco a mormorare, ancora stordito.
“Eh?”
.
“Ho
rischiato di perderti e non l’avrei sopportato…non lo sopporterei…Kaede,
io…” e non so dire altro; siamo ancora seduti per terra, all’aperto,
ma non me ne frega niente e poi questa strada è deserta a quest’ora:
continuo a tenere il suo viso bellissimo fra le mani, avvicino lentamente
il mio…
“Non
voglio mai più rischiare di perderti…” gli soffio sulle labbra, prima
di baciarlo. Un bacio dolce e leggero, quasi timido; allontano di poco il
volto e lo osservo con apprensione, preparandomi anche a ricevere un
sonoro ceffone, ma non avviene questo: lui mi guarda stupito, poi mi
sorride…mi sorride, capite, non l’ho mai visto sorridere, ma ora sta
sorridendo dopo un mio bacio!!!!
Di
nuovo appoggio le mie labbra alle sue e sento che
Rukawa ricambia il bacio…tanti baci piccoli e dolci, che sanno di
tenerezza, ma che risvegliano qualcosa di più passionale dentro di me. Lo
voglio. Lo voglio più di ogni altra cosa al mondo. L’ho sempre voluto.
Sempre e solo lui.
“Andiamo
a casa…” mi dice gentilmente, tra un bacio e l’altro.
Ci
alziamo a fatica, percorsi da brividi, sia per il pericolo che abbiamo
appena corso sia per ciò che è appena divampato fra di noi…apriamo il
portone…saliamo le scale…Ma perché abitiamo all’ultimo piano??!!
È
più forte di me, ricomincio a baciarlo che stiamo ancora sul
pianerottolo, ora che ho conosciuto il sapore delle sue labbra so che non
potrò più farne a meno…Non è facile aprire la porta di casa in queste
condizioni, ma ci riesco; nel chiuderla, una volta dentro, ce lo faccio
appoggiare contro e lo bacio sempre più appassionatamente e non potete
capire la mia sorpresa, la mia gioia, quando questa volpe che si è sempre
dimostrata fredda e distante mi abbraccia, si stringe a me, dischiude la
bocca per permettere alla mia lingua di introdurvisi, ricambia il mio
bacio…Le sue braccia mi circondano il collo…nello stesso momento
iniziamo a spogliarci, i giacconi finiscono a terra, ci separiamo un
attimo per poterci sfilare i maglioni e abbiamo tutti e due il respiro
affannato e io tocco il cielo con un dito…Perché io lo voglio, voglio
poterlo amare, voglio fare l’amore con lui e leggo nei suoi occhi che
lui è d’accordo; lo capisco dall’impazienza del suo sguardo, dalla
sollecitudine con cui le sue dita abili mi sbottonano la camicia…io gli
strappo letteralmente la sua di dosso; sta per arrivare il momento e io
vengo colto dal panico: che ne so, io, di com’è far l’amore con un
ragazzo? Ossia, teoricamente lo so, non sono così cretino!!! Ma
trasformare quella teoria in pratica è un’altra cosa: in un secondo mi
vengono mille ansie, mille paure, ma poi lascio scorrere lo sguardo sul
suo corpo bellissimo e seminudo e allora prevale l’eccitazione e penso
che io lo amo. L’adrenalina scorre più veloce in me e se la mia mente
è titubante, il mio corpo non lo è, mi guida verso di lui, come se
sapesse perfettamente cosa fare…forse lo sa: forse lo sa, perché quando
si incontra il vero amore si sa sempre cosa fare e questo spazza via ogni
timore e l’istinto torna ad avere il sopravvento…ci guardiamo negli
occhi e riprendiamo a baciarci…io lo stringo e lo guido nella sua
camera, verso il letto…cadiamo sul letto e Rukawa è sotto di me, che mi
guarda con le guance arrossate…finora non abbiamo parlato, ma lui mi
chiede con desiderio: “Che aspetti?” e io non so più controllarmi…
Da
quando Hanamichi mi ha baciato, per strada, è cambiato tutto!
Il
suo bacio ha liberato qualcosa che era nascosto, soffocato dentro di me e
che ora posso lasciar andare; lui…la mia curiosità per lui, la mia
rabbia quando non lo vedevo impegnarsi al massimo, il mio gusto di
provocarlo solo per sentirlo gridarmi contro, la mia decisione di partire
per Londra con lui…lui, da sempre.
E
ora non riesco più a controllarmi, né voglio farlo…le sue braccia mi
stingono e mi comunicano passione e dolcezza insieme…i suoi baci mi
divorano le labbra…
Quando
cadiamo sul letto non posso fare a meno di chiedergli: “Che aspetti?”.
E
lui non vuole più aspettare, per fortuna: mentre le sue mani mi
accarezzano incessantemente la pelle messa a nudo, il suo volto si china,
la sua bocca si chiude sulla mia areola sinistra e comincia a succhiare
avidamente…e io mi ritrovo a gemere…per un suo tocco, per un suo
bacio…i miei gemiti sommessi lo fanno eccitare ancora di più, perché
si solleva da me e mi sbottona i jeans, per poi sfilarmeli di colpo
insieme ai boxer…
Sono
nudo davanti a lui; nessuno mi ha mai visto così e sono felice che sia
lui il primo a farlo…nessuno mi aveva attirato fino a farmi pensare di
impazzire se non saremo uniti al più presto…
Senza
staccare lo sguardo dal mio, Hanamichi rimane in piedi per disfarsi anche
lui dei pantaloni e della biancheria, poi lentamente, sensualmente, si
porta due dita alla bocca e le inumidisce; io tendo una mano verso di lui,
per fargli capire che lo voglio di nuovo sopra di me e lui lo fa, mi bacia
di nuovo, mentre io gemo sulle sue labbra per il piacere della strana
sensazione di sentire le sue dita nella mia intimità; continuiamo a
perderci nel nostro bacio ipnotico, assoluto, totalizzante…io sento che
Hanamichi si sposta e anche io muovo il mio corpo perché lui possa
sistemarsi fra le mie gambe… è il momento…lui spinge e io lo sento di
colpo dentro di me…
Emetto
un gemito, di dolore questa volta, ma non voglio che capisca quanto mi sta
facendo male…lui spinge dentro di me e io mi concentro sui suoi ansimi,
sul suo volto estasiato, stravolto, eccitato…riesco a trattenermi e
faccio bene, perché poco dopo succede qualcosa di meraviglioso: Hanamichi
mi penetra più a fondo e sfiora qualcosa nel mio corpo…e io vengo
sommerso dal piacere…
Un
piacere fisico, che si espande per tutte le membra rendendole più calde
che mai, e un piacere del cuore, della consapevolezza che era lui quello
che aspettavo, che ormai questa testa rossa è parte di me e mi sta
riempiendo il corpo e l’anima allo stesso tempo…lui, che non riuscivo
ad ignorare…lui, verso cui c’era questa continua, sfibrante tensione
che entrambi cercavamo di ignorare…lui, che mi ha fatto sorridere…
Ad
una sua spinta più vigorosa, io grido di piacere, grido come non ho mai
fatto nella vita…non sapevo neanche di poter gridare così…
“Kaede…”
la sua voce mi accarezza come le sue mani.
Ma
non riesco a rispondergli, i miei gemiti me lo impediscono, riesco solo ad
attirarlo di più a me, stringendolo forte.
“Kaede,
io ti amo” me lo mormora all’orecchio, emozionato, prima di
irrigidirsi, mordersi le labbra e sciogliersi dentro di me con un grido
liberatorio.
E
mi sciolgo anche io, con lui, pieno del suo calore, della sua passione,
con il mio grido più alto…
Per
un po’ siamo incapaci di muoverci, storditi ed esausti, poi Hanamichi si
sposta da sopra di me e scivola fuori dal mio corpo; mi dispiace, ma non
posso trattenere un lamento per il dolore. Lui se ne accorge subito, mi
guarda ansioso.
“Ti
ho fatto male? Scusa, non volevo…” e lo vedo nervoso all’idea e
voglio subito rassicurarlo: “Non ti preoccupare…è normale che faccia
male la prima volta, credo”.
Hanamichi
mi guarda con gli occhi più sgranati che abbia mai visto: “La prima
volta?” mi chiede in un mormorio.
Io
mi limito ad annuire, con un lieve sorriso.
Con
chi avrei dovuto farlo? Sono vissuto per anni isolato da tutti e poi,
dopo, al corso, ero sempre con te, do’aho!!! Già, sei proprio un do’aho
a non averlo capito subito!!! Ma il mio pensiero è scherzoso…
“Avrei
voluto saperlo…- sussurra lui, con uno sguardo dolce; esita un attimo,
poi aggiunge- Sai, anche per me era la prima volta…”.
Ora
è il mio turno di guardarlo stupefatto: “Ma…tu hai avuto delle
ragazze!!” esclamo. Ecco, in questo momento questo fatto mi secca non
poco!!! Che abbia avuto delle ragazze, intendo.
Hanamichi
sembra un po’ imbarazzato nel rispondere: “Sì, ma hanno avuto tutte
lo stesso formidabile tempismo di lasciarmi prima di farlo…”.
Stupendo!!!
Forse
è un po’ egoista da dire, perché allora lui ci sarà stato male, ma io
sono proprio contento!!! Il mio do’aho è solo mio!!!
“Avrei
voluto saperlo…” mormoro io, come ha fatto prima lui.
“Ah,
avevo paura che se te ne fossi accorto mi avresti considerato un imbranato
incapace!!” ride lui, palesemente più a suo agio.
“Incapace
non direi!” sorrido io, sfiorandogli la spalla con un dito: mi basta
pensare al piacere che mi ha dato prima per dirlo; il suo corpo è forte e
muscoloso…la sua pelle è ambrata, fa un bel contrasto con la mia…
Io
sono sdraiato, lui è disteso su un fianco accanto a me; mi accarezza
lentamente, contento per la mia affermazione, ma ripete: “Avrei voluto
saperlo…sarei stato più delicato, ti avrei riempito di baci e
carezze” e si china a baciarmi con gratitudine e dolcezza.
“Hn…quello
era il momento della passione, Hanamichi” ed è stato giusto così, dopo
che per più di un anno avevamo tenuto repressa questa forza che ci spinge
di continuo uno verso l’altro.
Lui
sorride, si sdraia e mi attira a sé: “Sai Kaede, devo ammettere di
essere rimasto molto male ogni volta che venivo scaricato…ma ora capisco
che era perché dovevo trovare te, perché noi siamo l’uno per
l’altro…”.
Qualcosa
si risveglia, in me, a queste parole…E’ così bello, Hanamichi, che tu
sappia parlare…parlare veramente, intendo…mi piacerebbe saper dire la
stessa cosa con la tua stessa semplicità e spontaneità, come hai fatto
tu, ma ho ancora bisogno di tempo.
Hai
detto di amarmi ed eri sincero, lo so, e io ti ammiro: ti ammiro perché
è eroico saper dire ‘ti amo’ ad una persona…e quella persona sono
io; mi stringo di più a lui, abbracciandolo.
“Sei
stanco?” mi chiede con gentilezza.
“Un
po’…” ammetto io.
“Un
po’ lo sono anche io…”.
Ci
alziamo dopo qualche minuto, facciamo la doccia insieme ed è
straordinario come questo semplice cambiamento renda tutto così
diverso…
Quando
torniamo in camera e ci sdraiamo sul letto, Hanamichi tira il piumino su
di noi, mentre io mi rilasso contro di lui; poi mi bacia in fronte e mi
bisbiglia: “Buonanotte, Kaede”.
Mi
lascio avvolgere dal suo abbraccio, che so non mi lascerà per tutta la
notte, e gli rispondo: “Buonanotte, Hana…”.
Sarà
un sonno completamente sereno, lo so: il primo dopo tanto tempo.
Ed
è sereno anche il mio risveglio, perché avverto i suoi baci leggeri sul
mio viso, le sue labbra gentili che mi accarezzano la guancia.
“Mm…”
mi lamento un po’, ma allo stesso tempo mi sforzo di aprire gli occhi;
quando lo faccio, incontrano i suoi che sono radiosi.
“Buon
giorno, kitsune!!” mi sorride, allegro, poi mi fa alzare il mento con la
mano e mi bacia sulla bocca; un bacio che ricambio, assaporando il suo
gusto e il suo profumo.
“Buon
giorno” gli mormoro poi, quando ci separiamo.
“Hai
fame, vero?” mi chiede, speranzoso. Uhm…in effetti
dall’angolo-cottura viene un buon odore!!!
“Sì”
gli rispondo io.
“Io
sono sveglio già da un po’…ho preparato la colazione, spero che ti
piaccia…” e nel dirlo mi accarezza i capelli.
Andiamo
nell’altra stanza e scopro che ha preparato proprio tutto! Succo di
frutta, uova e bacon, cereali, pane tostato…fa venire fame perfino a me
, che di solito bevo solo il tè di prima mattina!!!!
“Do’aho!
Ma allora sai accendere il gas!!!” recito la parte dello stupito
soltanto per il gusto di vederlo strepitare contro di me e autoproclamarsi
tensai assoluto del Giappone e ora della Gran Bretagna.
“Grrrr…volpino
stupido e indisponente!!! Ti piacerebbe farmi arrabbiare, vero? Ma
stamattina non ci riuscirai, kitsune, sono troppo di buon umore…” mi
sorride apertamente, mentre divora con gusto le uova col bacon.
“Hn…e
perché?” decido di fare il vago.
“Lo
sai perché…- arrossisce il do’aho- Fare l’amore con te ha cambiato
tutto…” dice, tutto emozionato.
“Fare
l’amore…” ripeto io, ma non a lui; lo ripeto per me stesso e ripenso
a questa notte, al suo calore, all’amore che davvero percepivo, a questa
sensazione indescrivibile che provo a fare colazione insieme, come una
coppia.
Ma
lui mi fraintende e si agita: “Sì!! Per me era amore…e per te?” è
un po’ ansioso e questo mi fa sorridere; mi protendo verso di lui e lo
bacio sulla bocca senza dire niente: il mio bacio è la mia risposta, lui
lo capisce e mi guarda felice.
“Stai
sorridendo di nuovo, kitsune!!!” si entusiasma.
“Hn”.
“E
di nuovo per merito mio!!!” continua Hanamichi.
“Hn”.
C’è
un momento di silenzio, complice e pieno di sottintesi, poi il mio do’aho
(sì, perché ora è MIO!!!!) se ne esce in modo strano: “Pensa che una
volta mi ero preoccupato quando ti avevo visto parlare con il drogato
della narcotici!!” dice, con evidente antipatia per la persona nominata.
Ma di chi sta parlando?
“Il
drogato della narcotici?” chiedo, perplesso.
“Massì,
Akira Sendoh!!!! Quando ci sono i sequestri di ‘roba’ e c’è lui nei
paraggi, sparisce sempre qualche bustina…” rincara lui, con disprezzo.
“Davvero?”
non ne sapevo niente…
“Anche
la sua pettinatura è indicativa: a forza di canne, gli sono venuti i
capelli dritti!!! Mi aveva dato un tale fastidio vederti parlare con
lui!!! Ma non capivo il perché…ora, invece, lo so” mi mormora,
fissandomi negli occhi.
“Gelosia
retrospettiva, do’aho?” lo provoco.
Hanamichi
beve il suo succo di frutta e alza le spalle: “Non dovrei? Ormai sono
convinto che io e te fossimo destinati, kitsune, e quello è uno dei
segnali che me lo fanno capire: ero geloso, anche se non lo avrei ammesso
neanche sotto tortura!”.
È
la prima volta che qualcuno è geloso di me ed è una sensazione strana,
che al primo impatto dovrebbe irritarmi, ferire la mia indole
indipendente, ma invece non è così…è come se percepissi che
appartenere a lui non è assolutamente in contrasto con la mia libertà!
Prima stavo quasi per chiedermi se non fossimo stati due stupidi a perdere
tutti questi mesi in cui ci siamo dati addosso, senza voler esaminare più
in profondità ciò che ci legava e ci lega, ma ora ho cambiato idea: quel
tempo è stato sicuramente di preparazione all’affiatamento che abbiamo
ora…
Finiamo
la colazione, sistemiamo tutto e andiamo a prepararci; devo dire che oggi
mi risulta difficile vestirmi, con Hanamichi che non fa che baciarmi e
abbracciarmi, accarezzandomi la pelle messa a nudo…e io non sono da meno
con lui!!!! Ma, insomma, bene o male alla fine siamo pronti.
Tornando
nel piccolo salotto, mi cade l’occhio sull’incartamento del caso e
solo adesso mi ricordo! Be’, stanotte ero preso da altri pensieri…
“Devo
controllare quella località, do’aho” gli dico, sedendomi sul divano e
iniziando a scorrere le deposizioni e le generalità forniteci dai
presenti a villa Bantry la notte del delitto.
Lui
torna improvvisamente serio, con la faccia cupa: “Ieri sera hanno
cercato di ucciderti, Kaede”.
“Lo
so…e poi forse avrebbero tentato lo stesso con te”.
Lui
si siede vicino a me: “Credi che ci riproveranno?”.
“Penso
di sì…se si è ucciso una volta, lo si può fare di nuovo: per questo
dobbiamo sbrigarci a risolvere il caso…e non manca molto ormai”
mormoro, continuando a sfogliare questi documenti.
“Già…il
colpevole voleva investirti perché si sente in pericolo! Maledetto!!!! Ma
aspetta solo che riesca a mettergli le mani al collo…”ringhia il mio
do’aho.
“La
domanda che dobbiamo farci è: perché proprio ora?” gli faccio notare.
“Come?”.
“Perché
si è sentito in pericolo proprio ora? Cosa abbiamo notato di così
fondamentale per farci arrivare a scoprirlo? E, soprattutto, come lo ha
saputo? Io dico che la chiave di tutto è il nome di questo paese…e poi
nel giardino…” considero.
“Lo
ha saputo perché l’abbiamo avuto vicino, il bastardo!!! Deve averci
sentito…Sai, kitsune, non credo che mi abituerò facilmente a sapere che
in realtà spesso noi parliamo con degli assassini anche se ancora non
abbiamo capito che lo sono e che loro riescano a fingere così bene…”
medita Hanamichi.
Istintivamente
gli accarezzo il volto: questo pensiero è proprio da lui e mi piace
tanto, pure se io non sono così impressionato da questa situazione; anzi,
la vivo come una sfida: il colpevole che si nasconde e io che devo
scoprire le sue menzogne. In effetti, è una sfida tra due intelligenze,
la mia e la sua.
Sorrido
appena all’espressione felice di Hanamichi per la mia carezza (davvero
posso renderlo contento con un gesto così semplice?) e poi torno a
leggere e mi irrigidisco: “Eccolo!” esclamo.
“Fammi
vedere!!” si agita il mio do’aho.
Io
gli mostro il foglio del verbale con la copia dei documenti: “E’ nato
lì…si è trasferito da relativamente poco, da due anni…”.
“Ehi,
aspetta un momento, ma questo…” Hanamichi ora è davvero teso,
concentratissimo.
“Questo?”
lo incito. Voglio sapere tutto quello che ha notato.
“Questo
è il tizio che mi ha urtato ieri al funerale! Avevo scorto il suo profilo
e mi ricordavo di conoscerlo, ma non riuscivo a fare mente locale…certo,
perché l’ho incontrato una volta sola prima…” la sua voce è sempre
più concitata.
“Ha
sentito i nostri discorsi” è la mia conclusione.
Li
ha sentiti e ha capito che avremmo collegato il nome del paese a lui e si
è sentito in pericolo e ha agito…in modo piuttosto disordinato, devo
dire: probabilmente è stato preso dal panico nello scoprire che,
dopotutto, il suo non è stato il delitto perfetto.
“E’
lui!!!- sbotta Hanamichi, alzandosi in piedi di scatto- Brutto bastardo,
ma io lo ammazzo!!!” ringhia, furibondo.
Io
alzo un sopracciglio: “Hn…vuoi ammazzare uno che dovresti arrestare
per omicidio?” ironizzo.
“Voleva
farti del male, voleva ucciderti…Non lo perdonerò mai per questo!”
dichiara, stringendo i pugni.
“Non
devi perdonarlo, devi arrestarlo e possibilmente senza colpirlo o
altrimenti io dovrò arrestare te” gli sorrido appena, per calmarlo e
pare che funzioni.
Lui
ritrova il sorriso: “Bah, comunque non mi farei mai arrestare da una
stupida volpe come te!!!!”.
Io
rimetto a posto nella cartellina tutto l’incartamento e poi mi alzo in
piedi a mia volta; avviandomi alla porta, mi infilo il giubbotto.
“Andiamo,
do’aho? Una gita fuori contea…non ci farà male!”.
“Mft!!!!
Tanto non sei tu a guidare!!!- protesta lui, ma poi mi guarda serio- Ma
come fai ad ironizzare anche sul tentato investimento di ieri sera? A
volte sei davvero una volpe di ghiaccio!!!” esclama.
“Quando
si fa un lavoro come il nostro, si devono mettere in conto simili
incidenti- mi stringo nelle spalle con quell’indifferenza che so che lo
irrita- Però questa notte non credo di essere stato di ghiaccio…”
dico, allusivo.
Il
mio do’aho arrossisce: “No…e mi piacevi tanto!!!”.
Il
viaggio in macchina è più lungo del solito; devo ricordare più volte ad
Hanamichi di guardare la strada, perché stamattina tende a distrarsi, a
voltarsi verso di me, a togliere una mano dal volante per potermi
accarezzare i capelli o il viso. Allora mi tocca reagire male e sgridarlo,
ma mi commuove che lui continui ad avere quel sorriso felice e aperto sul
volto, ancora radioso, e ride, mi dice che tanto lo sa che fa piacere
anche a me il suo comportamento, che un tensai come lui le capisce queste
cose e io ce l’ho con me stesso, perché è dannatamente vero, mi fa
piacere, mi fa piacere più di ogni altra cosa…
E
mi prende anche una strana inquietudine, mai sperimentata: la paura che
possa succedergli qualcosa, un giorno. Quello che gli ho detto prima è
vero: nel nostro lavoro nessuno è al sicuro o al riparo dai pericoli, ma
finché si tratta solo di me posso alzare le spalle e fregarmene…ora,
invece, c’è anche lui e questo cambia tutto. È davvero brutta questa
sensazione di impotenza, specie per me che sono abituato ad avere tutto
sotto controllo. Forse era per evitare di sentirmi così che rifuggivo da
qualsiasi legame, ma lui mi ha travolto con il suo entusiasmo, la sua
esuberanza e la sua passione e io non potrò più tornare indietro…né
lo vorrei.
“A
che pensi, kitsune?” mi chiede lui, che ogni tanto ha bisogno di
spezzare il silenzio.
“Promettimi
di stare sempre attento, Hanamichi” gli dico seriamente, guardando fisso
davanti a me.
“Certo
che te lo prometto…ma con chi credi di parlare? Non sono mica un
principiante che non ha mai sparato in vita sua!!!” protesta
vivacemente.
“Infatti,
sei solo un do’aho impulsivo…”.
“CHECCOSA?!”
grida lui, alterandosi in un batter d’occhio.
“Guarda
la strada, do’aho…”.
Bene
o male, alla fine arriviamo a destinazione: una tipica cittadina della
campagna inglese, ma in realtà non possiamo attardarci a fare i turisti;
non è facile, ma alla fine otteniamo le risposte che vogliamo e ora le
tessere del mosaico combaciano perfettamente. A mezza mattina, io e
Hanamichi ci guardiamo negli occhi comprendendo che ormai il caso è
chiuso: io telefono all’ispettore Hastings e gli dico di raggiungerci
alla villa dei Bantry, ma SENZA avvertire
del nostro arrivo i membri della famiglia.
Io
e il mio do’aho saliamo di nuovo in macchina, ma il tragitto è più
vicino questa volta.
“Non
vedo l’ora di arrestare quel bastardo!!!” esclama Hanamichi, spingendo
l’acceleratore.
“D’accordo,
ma controllati!!! In fondo…la scorsa notte è indirettamente merito suo,
no?” gli faccio notare.
“Sarebbe
bastata una frazione di secondo e sarebbe finita in maniera molto
diversa!!! Kitsune, quando hai visto il corpo accoltellato del signor
Bantry avevi parlato di odio…mi spiace ammetterlo, ma avevi ragione!
Anche se ciò che l’ha causato non ne valeva la pena!” commenta lui,
svoltando per entrare nel paese che ormai ci è diventato familiare.
“Non
ne vale la pena per noi, ma questo è sicuramente un soggetto
disturbato”. Arriviamo alla villa in contemporanea con l’ispettore
Hastings.
“Allora,
cosa succede? Dobbiamo avvertire miss Bantry e…” inizia lui, ma io
intervengo: “Non subito. Le dispiace seguirci nel giardino,
ispettore”.
“Ma…no,
non c’è problema”.
Bene!
Si fida di noi…
Camminiamo
senza fretta, finché non arriviamo alle spalle del giovane
che è tutto preso dalla cura di un aiuola, dei fiori che vi
crescono.
“Quelle
sono le foglie del narciso, vero?” chiedo d’improvviso, facendolo
sussultare. Il giovane volta verso di noi una faccia pallida ed
inespressiva.
“Sì”
si limita a dire.
“Sa,
mi ha sorpreso la scelta di piantare qui questo fiore, visto che non si
accorda bene con quelli che ha intorno…poi però mi sono ricordato del
suo significato: l’egoismo, la fatuità…E’ così che vedevate vostro
padre Henry Bantry, vero?”.
Lui
sostiene il mio sguardo, poi parla con disprezzo: “Era solo un porco, mi
spiace di avere il suo sangue…lo odiavo e lo odio anche ora che è
morto!!!”.
“Non
lo metto in dubbio, Steve Williams! Vostra madre era una dipendente di
vostro padre nella vicina contea, vero? Ma lui non ha mai potuto
riconoscervi e lei questo non lo ha mai accettato, come non accettò il
suo abbandono…”.
“Si è suicidata tre anni fa, dopo aver vissuto nel dolore, senza aver
mai amato nessun altro…e per liberarsi meglio di lei, lui l’aveva pure
licenziata!!! Non mi pento di quello che ho fatto” dice, freddamente.
Non
lo mettevo in dubbio.
Dunque
il colpevole è il giardiniere, figlio illegittimo del signor Bantry, che
voleva vendetta per l’infelicità della madre.
Un
buon piano, direi: si è fatto assumere cambiando il nome di battesimo, ma
noi siamo risaliti a lui dal cognome, che figurava fra i dipendenti di
Bantry; ha saputo attendere e poi ha attuato il suo piano: da esperto
conoscitore di piante e fiori (caratteristica di famiglia) ha saputo
ricavare un veleno vegetale con cui ha stordito la vittima per non farla
gridare al suo arrivo…entrare nella cucina e versare la sostanza nel
caffè da portare al signor Bantry dev’essere stato facile; è salito
dalle scale di servizio, servendosi di quel palazzo nel palazzo che sono
gli alloggi e i passaggi dei domestici, e si è nascosto nella nicchia per
aspettare il tempo necessario a che il veleno facesse effetto. Per questo
c’era terra là dentro…era quella del giardino, portata dalle sue
suole…E poi il trucco delle pinze per manovrare la chiave, molto
facile…Ma l’odio si sa, acceca, e da qui le piccole mancanze che lo
hanno portato in prigione: ha lasciato prove nel capanno degli attrezzi,
non ha cambiato il suo cognome oltre al nome forse per il desiderio
inconscio che fosse qualcuno con il cognome della madre a vendicarla; non
è stato rapido a nascondersi alla vista di Hanamichi quando l’ha urtato
per ascoltare i nostri discorsi…non doveva essere lucido neanche quando
ha tentato di investirmi…Comunque, è stato lui; ho notato un lampo di
soddisfazione negli occhi del mio do’aho quando ha detto “La dichiaro
in arresto!!”, ma si è trattenuto. Certo, devo dire che non è stato
affatto piacevole comunicarlo alla famiglia, cosa a cui ha pensato
l’ispettore Hastings: la vedova non ha preso bene il tradimento del
marito, né i figli di avere un fratello parricida…
Li
guardo distaccato, ma vedo molto dolore in tutti loro e mi chiedo se ne
sapranno venire fuori, assassino compreso visto che è lui il più scosso
di tutti…un po’ matto dev’essere, però, visto che si è fissato su
cose non vere: ad esempio che la madre sia stata licenziata, quando fu lei
a licenziarsi per non dover vedere oltre il suo ex-amante…Osservo la
freddezza di Steve Williams e mi chiedo se sia pazzo o se questa storia
non gli sia servita solo per poter manifestare la sua cattiveria…
Non
lo so ancora e per oggi non voglio chiedermelo, avrò tempo nei prossimi
giorni. Ora, almeno fino a domani, è il momento del riposo, penso
entrando a Scotland Yard.
“Scommetto
che ha risolto tutto Rukawa, da solo!” ghigna Mitsui, di fronte a me.
“Ti
piacerebbe crederlo, vero? Invece il mio intervento è stato fondamentale,
come sempre!!!! Certo, se tu non avessi rallentato tutto con quelle
informazioni date in ritardo…” lo punzecchio io.
“Ma
se è stata tutta colpa tua!!!” salta su lui, come prevedibile.
“Ehm…ehm…-
tossicchia discretamente Kogure, per attirare l’attenzione- Ragazzi,
sono le cinque: che ne dite di prendere un tè come gli inglesi? Così
potremo parlare meglio, solo fra di noi e voi potrete raccontarci
tutto”.
L’intervento
del quattrocchi evita che io e il suo ragazzo ci saltiamo alla gola e ci
trova tutti d’accordo; usciamo dall’edificio per recarci in una Tea
Room qui vicino: un ambiente tranquillo e distensivo per conversare, con
un lungo elenco di tè fra cui scegliere: tè indiani, tè alla
frutta…mi attira il tè ai frutti di bosco, mentre il volpino preferisce
un più classico tè di Ceylon.
A
quest’ora il locale è affollato, complice anche la leggera pioggia che
ha cominciato a cadere su Londra, ma fra i tavoli ci sono dei bei separè,
quindi la nostra conversazione è al sicuro.
“Quand’è
che hai cominciato ad avere i primi sospetti?” chiede Mitsui a Rukawa.
“Quando
l’autopsia ha rivelato la presenza del veleno vegetale…in quella casa
erano tutti appassionati di botanica e floricoltura, ma nessuno dei
parenti aveva un movente…così ho deciso di tenere d’occhio anche il
giardiniere, un estraneo a prima vista, ma noi abbiamo studiato anche la
letteratura criminale e sappiamo che certe sorprese le riservano proprio
gli estranei a volte…” spiega lui, con la sua voce profonda.
“E
poi il particolare psicologico di quel fiore…sei stato davvero bravo a
notarlo!!!” si complimenta Kogure.
Rukawa
non risponde, ma a me viene in mente una cosa: “Megane-kun…forse nei
prossimi giorni dovresti fare quattro chiacchiere con questo tizio…”
medito.
“Lo
avevo già deciso” sorride il nostro previdente psicologo
“Do’aho…ma
non volevi ammazzarlo?” mi prende in giro la volpe.
“Già-
rincara Mitsui- Oltretutto sei arrivato a Scotland Yard bofonchiando
qualcosa tipo ‘chiudete la cella e buttate la chiave’, giusto? O era
un tuo clone a dirlo?”.
Questa
osservazione mi irrita! Guardo male il nostro agente in borghese e mi
degno di spiegargli: “Voleva uccidere Rukawa e poi forse avrebbe provato
a fare secco anche me e di questo non lo perdonerò mai…ma la sua storia
è molto triste. Mi fa pena sua madre, che è vissuta con il peso di un
unico amore irrealizzabile e che alla fine non ha resistito…penso a
quale effetto abbia avuto su di lui veder soffrire così tanto la madre
che amava e che l’aveva cresciuto a fatica…”.
So
di cosa parlo: a volte mi chiedo cosa ne sarebbe stato di me se avessi
ceduto all’odio per quei teppisti che mi avevano impedito di soccorrere
mio padre e avessi deciso di vendicarmi…
“Un
effetto devastante, questo è certo- dice tristemente Kogure- Ma doveva
essere comunque già disturbato…ci sono persone che dopo che uccidono si
pentono e lo rimpiangono per tutta la vita, mentre lui non si è pentito e
ha provato ad investire Rukawa: probabilmente è di quelli che una volta
che l’hanno fatto, possono farlo di nuovo…”.
Per
un po’ restiamo in silenzio, assaporando il nostro tè; io arrossisco
sotto lo sguardo di Rukawa che è rimasto colpito dalla mia affermazione e
mi fissa in modo velatamente affettuoso.
“Ma
non è che dovremmo sapere qualcosa…” butta là Mitsui, spezzando il
silenzio e posando la sua tazza sul piattino dopo aver bevuto.
“Di
che?” tocca rispondere a me, ovviamente, visto che la kitsune se ne
resta zitta. Come se non avesse capito dove vuole andare a parare questo
delinquente mancato, con il suo tono malizioso!!!
“Non
so…tipo che ora voi due state insieme?” prosegue in modo finto
indifferente, con un pizzico di allusione…
Io
per poco non mi strozzo, mentre noto con fastidio che l’unica reazione
del volpino è che comincia a mangiare uno dei pasticcini da tè che ci
hanno portato…
“Che…che
vai dicendo?” balbetto io, tutto rosso.
Insomma,
lo so che questi due stanno insieme e che certo non mi faranno una
predica, però…voglio dire, sono cose private, no?!
“Dai,
Hanamichi!- ride Kogure- Si avverte lontano un miglio che il vostro
rapporto è cambiato…per noi è facile percepirlo. Per me
soprattutto”.
Ecco
le gioie di avere un amico psicologo…
“Be’,
sì…- mi decido ad ammettere, senza il minimo aiuto da parte della
volpe!- E’ cambiato tutto dopo quel tentativo di incidente…”.
“Siete
degli ottimi osservatori” si decide a dire Rukawa, confermando così
anche lui il nostro legame.
“Sai
che sforzo…era da più di un anno che la cosa era lampante!!! – Mitsui
si lancia nella sua spiegazione- Fin dal vostro secondo battibecco, tanto
tempo fa, dissi a Kimi-kun che sareste finiti insieme, che era solo
questione di tempo, bisognava solo vedere quanto ci avreste messo a
capirlo, specie un testone rosso come te!!!”.
Ehi!!!!
“TESTONE
ROSSO A CHI?! E poi guarda che è merito mio se ne siamo venuti a capo!!!!
Fosse stato per l’intuito di questa volpe artica io dormirei ancora sul
divano!!!!” sbotto, alterato. Insomma, voglio riconosciuti i miei
meriti!!!!
“Do’aho!!!”
replica lui, seccamente.
Mitsui
intanto se la ride: “Ma non lo so mica…secondo me era solo questione
di tempo e tu gli saresti saltato addosso…c’è una tensione sessuale
fortissima fra di voi!!!”.
“Non
sono un hentai, io!!!” gli ricordo. Non è soltanto sesso…
“E
dai, Hisashi, non metterli in imbarazzo…Lo sappiamo che non sei un
hentai, Hanamichi, ma certe sensazioni si avvertono, sai? Dico bene,
Rukawa?”.
“Suppongo
di sì”.
“Be’,
spero che ve ne siate accorti solo voi, sarebbe imbarazzante…”
borbotto.
“QUI
sì, ma in Giappone no. Era evidente a tutti, ora possiamo dirvelo…”
sorride Kogure.
“Evidente,
cosa?”.
“Che
stavate insieme senza saperlo…” sorride Mitsui.
Io
e Rukawa ci guardiamo negli occhi, leggermente stupiti; non so perché, ma
in questo momento mi sento tanto tanto stupido e credo che, per una volta,
ci si senta anche lui…
Quando
usciamo dalla Tea Room, le nostre strade si dividono (per oggi, domani mi
toccherà vedere di nuovo la faccia di Mitsui…anche se in fondo mi fa
piacere!): loro due tornano a Scotland Yard e io e Rukawa, invece,
possiamo prenderci il lusso di girovagare un po’ come turisti: il ponte
di Londra, il Big Ben…tutti posti che avevo guardato di striscio finora,
preso com’ero dal recriminare di dover stare qui.
Ora
non piove più, ma è rimasta nell’aria una nebbia soffusa che vela il
panorama della città e che mi fa capire come mai Londra sia la città
prediletta per ambientare storie ‘gialle’ o gotiche o del mistero.
Mi
accorgo che Rukawa…anzi, no…Kaede…ora posso chiamarlo così!!!!…tende
a passeggiare vicino al Tamigi, spesso si sporge dal parapetto e osserva
con cura le acque e il loro lento fluire.
“Ti
piace tanto il Tamigi?” gli chiedo.
“Mi
piace l’acqua…mi piace moltissimo il mare, ma qui mi devo accontentare
del fiume” mormora lui.
“Uhm…forse
una volta dovremmo andare a visitare Buckingham Palace, no? Sarebbe
interessante, anche se qui c’è una regina e non un imperatore”
considero io.
“Hn”.
“E
poi c’è il British Museum…e poi dovremmo andare alla casa di Sherlock
Holmes…- ormai ho preso il via, mi sto divertendo, devo ammetterlo- E
poi potremmo fare un esperimento che hanno già fatto dei criminologi
americani: rileggere tutta la documentazione del caso di Jack lo
Squartatore e in base a quella dire chi fosse il colpevole!!!”.
“Hn…e
se il colpevole non fosse mai stato interrogato dalla polizia?” mi fa
notare Kaede.
“Ce
ne accorgeremmo: nessuna delle testimonianze ci convincerebbe e noi
potremmo dimostrare che il vero Jack non fu mai neanche avvicinato dalla
polizia!!” proclamo. “Hn…do’aho, guarda che da domani ricomincia
il lavoro!!! Parli come se all’improvviso ci fossimo trasformati in
semplici turisti…”.
Ci
rimango un po’ male a dire il vero, ma ha ragione.
“Vabbe’,
ma avremo del tempo libero…non vuoi trascorrerlo con me?” chiedo, con
una punta d’ansia.
Io
ho solo voglia di recuperare il tempo perduto, stando con lui ogni
secondo, ma forse la sua natura solitaria e indipendente si ribella a
questo e la cosa mi agita.
Kaede
si ferma. Si appoggia al bel parapetto da cui si può ammirare il Tamigi e
mi guarda: “Certo che sì, Hana…” mi dice, sollevandomi.
Meno
male!!!!
Si
volta verso di me, ha un lampo negli occhi che mi insospettisce:
“Comunque mi fa piacere vederti così interessato a Londra, do’aho,
considerando che ci resteremo
più del previsto”.
Uh?
Che
diavolo dice? Che ha combinato?!
“Scusa,
kitsune, ma che vai delirando?” gli chiedo, polemico.
“L’ispettore
Hastings è rimasto così favorevolmente colpito da noi e dalla nostra
indagine che mi ha chiesto di prolungare la nostra permanenza in
Inghilterra anche quando sarà finito il tempo dello stage e io ho
accettato a nome di
entrambi” mi spiega lui, con tutta la sua calma.
Io
sbatto le palpebre più volte…
Che
ha fatto? CHE COSA DIAVOLO HA FATTO?!
Ora,
se lui vuole rimanere ancora qui è ovvio che ci rimango anche io, perché
dove sta lui là sto io…in più temo di non essere in grado di negargli
qualcosa…sigh…ma se la kitsune si accorgesse che ormai non so più
dirgli di no, per me sarebbero guai, perché questa stupida, incantevole e
adorabile volpe se ne approfitterebbe subito!!! Quindi, un po’ per darmi
un tono, un po’ perché effettivamente
mi urta che prenda simili iniziative anche a nome mio senza consultarmi,
inizio a strepitare: “KITSUNE, NON OSARE MAI PIU’ DI PARLARE A NOME
DEL TENSAI!!!! E se io non fossi stato d’accordo? Ma capisco che ormai
Scotland Yard andrebbe a rotoli senza la mia preziosissima collaborazione
e quindi non mi tirerò certo indietro!!! Ma sia ben chiaro che il tensai
si degna solo per questo motivo e non perché lo abbia deciso una stupida
volpe come te, chiaro?!” ecco, sono stato abbastanza deciso, vero?
Eheheheheheh…sicuramente la volpe non oserà mai più…
“Quando
si tratta di lavoro, decido io” è il lapidario commento di Kaede.
Appunto…SIIIIIGH!!!!!
La mia autorità su di lui è pari a zero…
Per
un po’ borbotto qualcosa fra i denti, giusto per fargli capire che la
cosa non mi va bene, ma ad un tratto Kaede allunga una mano e intreccia
delicatamente le sue dita alle mie, poi mormora: “Forse dovremmo cercare
una casa più comoda…non credi?”. Eh? Il mio cuore perde un colpo…
“Co…come?”
lo fisso, sperando di non aver capito male, che intenda proprio quello per
cui prego; e poi…la sua voce era decisa come sempre, ma io l’ho
sentita…quella nota di emozione nel suo tono, quasi di timidezza per
quello che stava dicendo…sì, io l’ho avvertita, non l’ho sognata!!!
“Dato
che resteremo più del previsto…potremmo andare a vivere in un
appartamento più comodo, in cui la cucina e il salotto fossero due stanze
separate, oltre alla nostra camera…” mi spiega, fissandomi.
La
nostra camera…la nostra camera…
Lo
sta dicendo davvero!!!! Istintivamente stringo le sue dita lunghe fra le
mie, mi sento le guance bollenti e mi rendo conto che devo sembrare molto
imbambolato…no, sono molto di più, sono in estasi…
“Sei
d’accordo?” mi chiede di nuovo, inclinando il viso.
Posso
quasi sentire il battito del suo cuore che è aumentato, il suo timore a
scoprirsi e a sembrare fragile…ma non lo è…non lo è una persona così
libera che volontariamente decida di dividere la sua vita con qualcuno…
“Sono
d’accordissimo, Kaede!!” gli dico, con un ampio sorriso.
Lo
guardo e continuo a sorridere, perché non sono mai stato più felice in
vita mia e ora lo sono per merito suo…il cuore mi batte così forte da
scoppiarmi nel petto e credo che se accorga anche lui, che mi guarda con
occhi limpidi e addolciti.
“Ti
amo, Kaede…ti amo da sempre, non lo dico per dire…penso che veramente
Mitsui avesse ragione, che noi stiamo insieme da un sacco di tempo e non
lo sapevamo…” gli mormoro, fissandolo.
“Forse
è così…certo, se non avessi perso tempo con quelle tizie!!” esclama
lui, con un moto di stizza che mi rende felice: la volpe è gelosa di
me!!!! Ma io lo sono ancora di più!!!!
“Certo,
se qualcuno non avesse rivolto la parola al drogato della narcotici!!!”
replico io, per controbattere.
“Ma
se ci ho parlato un paio di volte in tutto!!! Mi ricordo a malapena il suo
nome…” mi fa notare Kaede, divertito.
“Be’,
sarebbe meglio se non te lo ricordassi!!!” borbotto io, ma non riesco a
rimanere imbronciato, non di fronte al suo viso luminoso per la solida
stabilità che abbiamo raggiunto in pochi giorni…no, mi correggo…in
tre anni e pochi giorni…
“Andiamo
a casa?” gli chiedo, un po’ impaziente.
“Di
già?”.
“Ti
amo, Kaede, e voglio dimostrartelo…”.
Arriviamo
a casa in poco tempo e, stavolta, sappiamo che
sarà diverso da ieri; ci liberiamo dei giubbotti e dei maglioni e
poi andiamo in camera da letto: ci sbottoniamo le camice reciprocamente,
con calma, guardandoci negli occhi, e le lasciamo scivolare a terra…lo
stesso succede ai pantaloni…ci sediamo sul letto con i soli boxer
indosso…e subito ci abbracciamo, accarezzandoci l’un l’altro la
schiena e il torace, imparando a riconoscere la nostra pelle, il nostro
odore…Kaede strofina il viso contro il mio torace e io lo affondo
nell’incavo del suo collo, mentre continuiamo questa bellissima
reciproca scoperta dei nostri corpi, le nostre mani che vagano delicate e
allo stesso tempo ansiose …qualcosa di languido e sensuale che ieri è
stato dimenticato nella foga della passione…
Ma
la passione torna prepotentemente anche ora e me la procura proprio
stringere il suo corpo fra le braccia: lo faccio distendere, mi chino
sulla sua bocca divorandogliela, gustandone il sapore inebriante,
lasciandomi assaporare da lui…ci separiamo già ansanti e io non posso
fare a meno di mormorare: “Ti amo, Kaede…” anche se glielo ho detto
fino a poco fa…
“Ti
credo, Hana…” lui sta per dire qualcosa di fronte al mio sguardo di
aspettativa, ma poi non parla più e io non me la sento di insistere,
anche se proprio adesso avrei bisogno di sentirmi dire da lui che mi ama,
che mi vuole, che vuole stare sempre e solo con me…Ma ormai ho capito
che ha i suoi tempi e io per amor suo sono disposto pure a diventare
paziente…
Ci
baciamo di nuovo, poi io chino il capo per succhiargli le areole rosate,
baciarle, sfiorarle con la punta della lingua, mordicchiarle…Kaede ha un
sussulto e geme forte, ma tra un po’ griderà ancora di più…lentamente,
a poco a poco, la mia bocca scivola lungo il suo corpo, baciandone ogni
centimetro, assaporando la sua pelle liscia, morbida al tocco, dal profumo
intenso e fresco insieme…mi sento emozionato quando lo libero dei boxer,
le mie mani si muovono lente…lui respira affannosamente e questo mi fa
vincere l’esitazione che provo per un attimo, di fronte alla sua nudità…
di nuovo l’ansia data dall’inesperienza, ma dura poco e la vista di
lui così sexy e abbandonato a me mi fa impazzire e mi eccita da
morire…mi chino e sigillo la mia bocca su di lui…non l’ho mai fatto,
ma anche questa volta, come ieri, è come se il mio fisico sapesse da sé
cosa deve fare…gli circondo i fianchi con le braccia, le sue grida mi
spingono ad un ritmo più concitato, fino a che non sento sulle labbra il
suo sapore…Quando rialzo il volto lo vedo sudato e stravolto, con gli
occhi socchiusi appannati dal piacere e provo un moto di esultanza
sconfinata per essere io l’artefice di queste emozioni che lo
travolgono; mi sdraio al suo fianco, aspettando che si riprenda,
carezzandogli una guancia umida, quando d’un tratto lui si volta verso
di me, con un lampo di malizia e prima che me ne renda conto mi ritrovo
sotto di lui che mi bacia appassionatamente la bocca, poi il collo, le
spalle, il torace e via via più giù…
“Kaede…”
riesco ad ansimare, scosso dalla nuova sensazione delle sue labbra morbide
su di me.
“Sssh…”
sussurra lui, prima di regalarmi il piacere che io gli ho appena dato; la
sua bocca è dolcemente avida, non posso impedirmi di premere la sua nuca
con la mano, per fargli capire che voglio che continui, che non deve
fermarsi, che mi sta mandando in estasi…quando grido, capisco che non
resisterò oltre e infatti il mio piacere esplode violentemente,
lasciandomi stordito…e poi c’è di nuovo la sua bocca sulla mia e lui
mi coinvolge in un altro appassionato e intimo bacio…Le mie mani
scorrono sulla sua schiena: lo voglio, lo voglio subito…mi giro,
invertendo le posizioni e facendolo stendere sotto di me…
Quando
ci separiamo, lo guardo negli occhi e gli accarezzo una guancia come a
chiedere un tacito consenso a poterlo possedere di nuovo e lui
annuisce…mi sembra di scorgere anche un piccolo sorriso sul suo volto
luminoso!!!!
Non
importa che ancora non abbia detto di amarmi…lo capisco da questo: non
mi sfugge che per concedersi a me deve tacitare la sua fierezza, la parte
più orgogliosa e fiera di sé, eppure lo fa…e uno come lui lo farebbe
solo per amore, non vi pare? E per questo dono, sono anche disposto ad
aspettare, a che lui non dica niente… Entro dentro di lui il più
delicatamente possibile, ma lo vedo lo stesso mordersi un labbro…
“Kaede…”
lo chiamo; è difficile per me, ma mi impongo di restare fermo…è
difficile perché questo calore e questa sensazione di essere racchiuso
nel suo corpo mi eccitano tantissimo e d’istinto mi verrebbe di spingere
il più possibile, con tutte le mie forze…ma non posso ancora…Lui mi
stringe una mano in silenzio, per rassicurarmi che va tutto bene e io lo
accarezzo lentamente…accarezzo questo suo corpo stupendo, dalla pelle di
luna, perfetto in ogni sua parte, che mi attira come una calamita…e di
nuovo mi sento allargare il cuore, pensando che lui lo sta dando a ME…
Sento
che a poco a poco si rilassa e allora provo a muovermi
lentamente…sorrido: i suoi gemiti ora non sono certo di dolore…spingo
più forte e Kaede si aggrappa a me: “Più forte, Hana…cos’è, sei
già stanco?” mi chiede, respirando a fatica e guardandomi malizioso,
per incitarmi, per farmi capire che gli piace…
CHECCOSA?!
Stanco io?!
“Stupida
volpe, tra un po’ non dirai più così!!!” lo avverto in tono
scherzoso, aumentando il ritmo delle spinte.
Kaede
inizia a gridare e anche per me è impossibile trattenere gemiti di
piacere…e il mio cuore batte all’impazzata perché lui è mio, è qui
con me e io sono dentro di lui e io lo amo infinitamente…Sono le uniche
cose che riesco a pensare prima di sciogliermi nel suo corpo, venendo
insieme a lui, gridando con lui…
Mi
abbandono sul suo petto sudato, ansante, e avverto le sue braccia che mi
cingono le spalle; tra pochi attimi dovrò spostarmi, ma siamo ancora
uniti…
“Do’aho…”
mi chiama lui, con voce roca.
“Uhm…kitsune,
almeno in questi momenti potresti evitare di darmi dell’idiota, no?”
gli faccio notare, anche se in realtà mi fa piacere poter scherzare con
lui subito dopo averlo amato.
“E
perché? Tu SEI un do’aho…e sei dentro di me…e io ti amo…”
mormora in un soffio.
L’ha
detto? Ha detto che mi ama? L’ha detto davvero?
Sollevo
il volto di scatto e lo fisso negli occhi: “Che cosa?!” .
“Sei
sordo oltre che idiota, do’aho?” mi dice lui, sorridendo scherzoso.
Ma
io sono troppo preso dalla sua dichiarazione per arrabbiarmi:
“Ripetilo!!!” lo prego.
“Ma
neanche per sogno!!!” esclama Kaede, tirandomi i capelli.
“E
dai, ripetimelo!!! Che ti costa…” tra un po’ lo supplicherò, se non
me lo ridirà…
E
la kitsune mi guarda con una bella espressione divertita: “Solo per
questa volta…ti amo, Hana…ma io non sono uno che possa dirlo troppo
spesso…” mi avverte.
“Non
importa, tanto io lo dico per due!!!” proclamo, prima di gettarmi
addosso a lui, felice come non mai, e di abbracciarlo il più stretto
possibile…
Non credevo che gli
avrei detto di amarlo così presto…ma quando l’ho sentito abbandonato
su di me, dentro di me, non ne ho potuto fare a meno e le parole sono
uscite dalle mie labbra con una naturalezza che mi ha sorpreso…ma è la
verità, io lo amo ed era giusto che glielo dicessi, Hanamichi ha bisogno
di sentirlo anche con le parole oltre che con i fatti…ne ha bisogno,
eppure non mi ha fatto domande, non ha cercato di indurmi a dirglielo e
questo mi ha colpito e commosso, perché significa che mi conosce più di
quanto non credessi.
E
allora si meritava che io facessi fare uno sforzo alla mia natura
silenziosa e introversa per dichiarargli i miei sentimenti più veri.
Ora
siamo di nuovo a letto, freschi di doccia, abbracciati; mi diverto a far
scorrere la mia mano bianca sul suo torace dorato e muscoloso,
accarezzandolo.
Ad
un tratto lui mi ferma la mano all’altezza del suo cuore e mi dice:
“Oi kitsune, domani cominciamo a dare un’occhiata alle inserzioni
immobiliari, ok?”.
“Hn?”.
“Per
l’appartamento! Ti sei già scordato, volpe smemorata?” ride il mio
do’aho.
Io
mi giro, appoggiando il capo sulla sua spalla e ricevendo subito la calda
stretta delle sue braccia.
“Hn…non
credevo che avessi fretta…” osservo io, anche se mi fa molto piacere
che ce l’abbia!!!
“Kaede,
ho fretta perché quando ti rendi conto di voler passare il resto della
vita con una persona, vuoi che il resto della vita arrivi il prima
possibile!” sorride Hanamichi, poi mi fa alzare il viso e mi bacia
teneramente le labbra.
“No?”
mi chiede, leggermente ansioso. Che carino quando arrossisce!!!
“E’
vero…” ammetto io.
Perché
aspettare? Abbiamo aspettato fin troppo in questi tre lunghi anni…
Ce
ne restiamo per un po’ in silenzio, stretti l’uno all’altro ed è
bello anche condividere questo riposo; poi noto che Hanamichi si gira a
guardare l’orologio e scatta a sedere.
“Che
ti prende, do’aho?” domando, rimanendo sdraiato.
“Tra
poco inizierà il notiziario della notte, giusto?- mi spiega, afferrando
la sua radio portatile, posata sul comodino- Voglio sentire come daranno
la notizia della soluzione del caso Bantry e voglio anche sentire come
diranno i nostri nomi!!! Credi che sbaglieranno la pronuncia? Ah, kitsune,
ma ci pensi? Il grande tensai nominato in un notiziario inglese!!!! Ed è
solo l’inizio…” ride, tutto soddisfatto.
“Hn”.
Fa
per accendere la radio, ma dall’apparecchio non esce nessun suono;
allora vedo Hanamichi accigliarsi e scuoterla…io non dico niente…
Intervengo
soltanto quando, ormai inferocito, oltre a scuoterla la prende a pugni:
“Do’aho! Così sì che la romperai!!!”.
“E’
già rotta!!! Maledetto coso, proprio stasera! E chissà quanto costerà
ripararla!!!! Ma io la prendo a martellate…” sbraita lui, visibilmente
alterato.
Io
sospiro…perché non pensa mai alle soluzioni più ovvie?!
“Da’
qua, Hana: ci penso io!” esclamo e gliela strappo dalle mani prima di
infilarmi i boxer e di uscire dal letto.
“Ah,
lascia perdere!!! Se non ci sono riuscito io, credi di riuscirci tu,
volpino? Ormai si è rotta, forse mi è caduta…”.
Ma
io non gli presto ascolto e vado nel salotto, con il sottofondo dei suoi
bofonchiamenti: “Kaede, torna a letto, tanto non c’è niente da
fare!!!”.
Apro
uno dei cassetti del mobile in legno che funge anche
da libreria e ne tiro fuori alcune confezioni di batterie;
rapidamente, cambio quelle all’interno della radio, che forse sono state
messe da Hanamichi quando eravamo ancora in Giappone.
Poi
torno in camera e lo trovo ancora seduto sul letto.
“Dai,
Kaede, lascia perdere e sdraiati vicino a me, ho voglia di
abbracciarti…” mi sorride affettuoso.
“Hn…ma
non volevi ascoltare il notiziario?” gli chiedo, sdraiandomi e
porgendogli la radio.
Lui
la guarda perplesso, poi prova ad accenderla e finalmente sentiamo una
nitida voce inglese.
“Eh?
Come hai fatto? Qual era il problema?” mi chiede meravigliato e anche un
po’ irritato sotto sotto.
Io
gli cingo la vita: “Ho cambiato la batteria, era questo il problema”.
“COSA?!”
lui sbarra gli occhi, avvampando: non ci aveva proprio pensato!!!
“Elementare,
do’aho!”.
“KITSUNEEEEEEEE!!!!!!”.
Fine ^^
Alcune
precisazioni: la battuta di Hanamichi che afferma di sapere già chi sia
il colpevole senza sapere niente del caso me l’ha suggerita Greta e così
la definizione del porcospino come del ‘drogato della narcotici’:
thank you, Greta!!!! Invece la frase che dice Hanamichi ‘quando vuoi
trascorrere il resto della vita con una persona, vuoi che il resto della
vita arrivi il prima possibile’ è del film “When Harry meets
Sally”, in Italia “Harry, ti presento Sally”. ^^
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