Allora, alla fine ho deciso di cimentarmi anche io in una AU e in questo sono stata condizionata dalle mie letture estive…Agatha Christie  e  Arthur Conan Doyle!!!! Per correttezza devo dire che la soluzione del caso è quasi uguale a quella del libro della Christie “Il Natale di Poirot”, anche se in questa fic non è Natale. Preciso anche che io non sono mai stata a Londra, quindi l’ambientazione è un po’ così…oltretutto la trama ‘gialla’ credo sia molto campata per aria, ma tanto questa è una soprattutto una fic yaoi, no? ^^;;; Ovviamente è una HanaRu ^^ e ovviamente i personaggi sono di Inoue, anche se ancora per poco!!!! Per Ria, a cui è piaciuta la mia idea quando a me sembrava una follia…per Calipso, con cui ho stabilito chi dovesse essere il colpevole…per Greta, che mi ha incoraggiata e che quest’estate mi ha consigliato dei bei libri della Christie da leggere!!!!! E un bacione anche ad Angie, a Dream e ad Hanako

 


It's elementary, do'aho!

di Nausicaa 


Non mi sono ancora abituato al cielo plumbeo di Londra e non credo che lo farò mai. Non io, che sono nato e cresciuto sul mare, anzi sull’oceano Pacifico, a Kanagawa, in Giappone. Mi chiedo ancora come diavolo abbia fatto a finire qui, ma è una domanda retorica, perché so benissimo che la colpa è SUA e mia anche, perché sono stato talmente cretino da non impormi.

Mi chiamo Hanamichi Sakuragi, conosciuto anche come il Tensai visto che sono un genio, e sono un investigatore della polizia. Sto ancora studiando, a dire il vero, e infatti sono qui per uno stage. Io non ci avevo neanche pensato, chiariamo, è stato il mio compagno di lavoro e di corso…Kaede Rukawa, un arrogante, presuntuoso, megalomane!!! Uno che non ho mai sopportato, fin dalla prima volta che ci siamo ritrovati allo stesso corso di criminologia, che è la nostra materia di specializzazione. Lui è uno che pretende di sapere tutto lo scibile sulla mente umana, ci scommetto, ma poi ha la simpatica abitudine di non parlare mai, di non sorridere mai, neanche per sbaglio…Come diavolo pensi di poter capire la psiche umana e criminale senza contatti con i propri simili è per me un mistero ed è per questo che lo ritengo un arrogante. Tra l’altro i nostri superiori hanno avuto la bella pensata, un anno fa, di farci formare una squadra, ossia di farci studiare e lavorare sul campo in coppia…Mi sembra superfluo aggiungere che io e lui abbiamo metodi e criteri completamente diversi, vero? L’unico motivo per cui non gli sono ancora saltato alla gola è che sarebbe deprimente vedere un futuro brillante detective (io) arrestato per omicidio proprio come i criminali a cui doveva dare la caccia!!! Così mi prendo la mia rivincita stuzzicandolo e dandogli addosso…lo vedo bene che anche lui non mi sopporta proprio…eheheheheheh…ben gli sta!!!! Inoltre ho preso a chiamarlo kitsune, questo perché nel mio Paese le volpi sono considerate animali infidi e da evitare; particolare abbastanza irritante, Rukawa ha comunque trovato la voce  per chiamarmi do’aho!!! Per darmi dell’idiota il fiato non gli manca mai…

Ma l’omicidio è davvero quasi scattato quando ho saputo che saremmo dovuti venire qui, a Londra, per uno stage di alcuni mesi. E’ stato lui a compilare il modulo con la richiesta di partecipazione anche a nome mio e senza chiedermi il parere o il permesso, poi si è limitato ad annunciarmi che  saremmo partiti…quando mi ha visto leggermente alterato, si è  limitato a dirmi che sarebbe stata una grande occasione, che avremmo studiato e fatto esperienza a Scotland Yard e che comunque lui ci teneva: fine del discorso.

Che avrei dovuto fare? Fare la figura del vigliacco che non vuole andare all’estero di fronte ai miei superiori e a quel gelido arrogante? Ma neanche morto avrei sopportato una cosa simile!!!!

E così eccomi qui, in una città nebbiosa e piovosa, con un fiume dalle acque opache , a bere birra in uno degli innumerevoli pub nei momenti di svago. Svago…Non mi pare che gli inglesi sappiano bene il significato di questa parola!!!! Ho incontrato, anche a Scotland Yard, molte persone gentilissime ma distaccate e intenzionate a mantenere le distanze; chi non sembra risentire di tutto questo è proprio quella gelida e algida kitsune, che anzi batte anche il più rigido britannico ‘ old style’.  Io, invece, spesso la sera mi incontro con gli altri due miei colleghi giapponesi che sono partiti con noi per questo dannatissimo stage: Hisashi Mitsui e Kiminobu Kogure.

Il primo andrà benissimo per fare il classico poliziotto in borghese, tanto ha la faccia da delinquente e saprà mimetizzarsi più che bene in mezzo ai teppisti; l’altro è più uno psicologo, di quelli che chiamano quando ci sono casi un po’ penosi e si ha bisogno di aiuto per far parlare persone in evidente stato di shock…è molto dolce e rassicurante, proprio l’uomo giusto per un simile incarico.

Ora sono con loro in un pub.

“Pioggia, pioggia e sempre pioggia!!! Non ne posso più!!!” ribadisco, guardandoli torvo.

“Abituati, perché staremo qui per altri tre mesi” è la confortante osservazione di Mitsui.

“E poi anche la pioggia ha il suo fascino, vero?” mormora Kogure, osservando i vetri del locale rigati dall’acqua battente.

“Certo, come no?! Voi due tendete a dimenticarvi che io qui non ci volevo venire!!! E come se non bastasse devo pure dividere quel bilocale con il ghiacciolo umano!!!” bevo nervosamente un lungo sorso di birra, poi alzo gli occhi sperando di trovare comprensione nei loro, ma con scarso successo.

“Senti, mi hai rotto con questa storia!” sbotta Mitsui.

“Penso che dovresti provare a parlare con Rukawa, a chiedergli perché ci tenesse tanto a venire qui…magari se vi capiste, tu non ce l’avresti più così tanto con lui e anche questo soggiorno londinese non ti sembrerebbe una punizione” propone Kogure.

Io sbuffo. PARLARE CON RUKAWA? CAPIRE RUKAWA? Se fosse una persona normale sì, ma … lui mi ignora, mantiene sempre le distanze, perché dovrei sforzarmi di capirlo?

“Dov’è adesso Rukawa?” mi chiede Kogure.

Io lo guardo di traverso: “E io che ne so? È uscito, ma non mi ha detto dove andava e io non gliel’ho chiesto!!! Mica sono la sua balia…”.

“No, ma voi lavorerete in coppia. Ci si deve fidare del proprio compagno d’indagine” mi fa notare Mitsui, severamente.

Fidarmi di Rukawa…Ma perchè questi due stasera devono parlare di lui?! Non ne so il motivo, ma è da un po’ di tempo che mi innervosisco se penso a lui, sento qualcosa alla bocca dello stomaco e mi viene una rabbia tale da volerlo prendere a pugni!!! Così evito che il mio cervello si soffermi sul pensiero di lui, di qualsiasi tipo…

Un po’ difficile, considerando che abitiamo insieme…

Prima ancora di aprire la porta di casa, al mio rientro, so già che è tornato anche lui; infatti lo trovo vicino al nostro angolo-cottura che beve una tazza di tè.

“Dove sei stato?” chiedo, senza riflettere.

Che cavolo ho fatto?! Mi sono tornate in mente le parole di Kogure e ho parlato di getto, spontaneamente!!! E ora lui mi lancerà il suo sguardo più freddo e mi dirà di farmi i fatti miei!!!

“Ai docks”.

Invece no, mi ha risposto.

“A far che?” che diavolo doveva fare ai docks…

“Niente…ho camminato…” continua a rispondere, è incredibile!!

“E dovevi camminare proprio in uno dei posti più malfamati di Londra?” gli chiedo nervosamente. Non mi piace per niente questa sensazione di preoccupazione che ha risvegliato in me la sua risposta…

“Hn”.

“Non dovresti andare lì da solo, è pericoloso. E tu sei uno straniero qui, un facile bersaglio per i malintenzionati” maledizione, mi taglierei la lingua per queste assurdità, ma ormai le ho dette!!! Rimediando, tra l’altro, una sua occhiataccia.

“So badare a me stesso, do’aho”.

“Come no…” quanto non la sopporto la sua voce distaccata e atona!!

“E non accetto che mi si dica che cosa devo fare”.

E io esplodo: “Ma certo, ok, che mi frega?! Vai nei posti più pericolosi a cercare guai…” mi trattengo dal dire una grossa cattiveria mentre lo guardo e per evitare che la situazione degeneri mi dirigo nel bagno e mi sciacquo  energicamente il viso; poi respiro profondamente. Riapro la porta e do una lunga occhiata all’unica stanzetta da letto di questo cavolo di bilocale…neanche a dirlo, se l’è presa lui e io devo dormire sul divano-letto…Il ripensarci mi fa venire di nuovo una rabbia tale da farmi precipitare da lui per urlargli in faccia tutto quello che penso!!! Forse non gli farà male, scoprire che non sono tutti in perpetua ammirazione della speranza degli studi di criminologia!!!

“Però tu agli altri vuoi sempre dire quello che devono fare, vero?” gli grido contro, ripiombando nell’altra stanza.

Rukawa volta appena il viso verso di me: “Io mi limito a dirlo, sei tu che decidi di obbedirmi…questo è molto interessante psicologicamente”.

Le sue parole mi rendono furioso, sento le mie guance che diventano rosse, ma il mio respiro si fa ancora più affannoso quando i nostri occhi si incontrano.

Una cosa non vi ho detto di Kaede Rukawa: è bello. Bellissimo. Non ho mai visto nessuno come lui. Pelle bianca come neve e capelli nerissimi…labbra rosee e occhi blu…un corpo meraviglioso…E me ne accorgo ogni giorno di più ora che dobbiamo coabitare in questo buco di appartamento e la nostra intimità è ridotta a zero.

Mi rendo conto che io sono rimasto zitto e che lui aspetta una risposta, così gli dico: “Io non sono una persona con cui fare esperimenti di psicologia, dannata kitsune!”.

“Hn” è l’unico suono che emette, poi mi volta le spalle.

D’accordo…qui non stiamo facendo progressi, anzi ci stiamo alterando come non avveniva da settimane…mi tornano in mente le frasi di Kogure sulla necessità di parlare e decido di giocare quest’ultima carta per calmarmi i nervi, ma se non funzionerà qui scorrerà il sangue!!!

“Perché fai così? Perché sei voluto venire qui a Londra? Hai trascinato anche me e ora pretendo una spiegazione…”.

“Non ti ha costretto nessuno” osserva lui, dandomi le spalle.

“KITSUNE, HAI UNA GRAN FACCIA TOSTA!!! LO SAI BENISSIMO CHE SE MI FOSSI RIFIUTATO DI PARTIRE SAREI STATO PENALIZZATO E IO INVECE VOGLIO ARRIVARE AD OTTENERE QUEL MALEDETTO DISTINTIVO!!!” bene, ho urlato con tutto il mio fiato e ormai anche i nostri vicini sapranno della mia incavolatura…

Ma lui non risponde.

“Cosa credevi di trovare qui a Londra? Jack lo Squartatore? Pensi di essere il nuovo Sherlock Holmes?” lo incalzo io; prima o poi mi risponderà, se non altro per farmi tacere!

“Voglio diventare il numero uno nel mio campo e voglio arrivare al distintivo con tutto il bagaglio di esperienza possibile: mi si era offerta la possibilità di un periodo di studio e di pratica sul campo a Londra, con gli investigatori di Scotland Yard e io l’ho colto al volo…e ora mi spieghi perché sei sempre così fastidioso? Dopotutto ti ho trascinato a Londra, non nell’ultimo paesello del mondo!!!”.

Non l’ho mai sentito parlare tanto e questa novità mi lascia talmente stupito che non gli rispondo subito. Vuole diventare il numero uno. Dovevo aspettarmelo…

“Perché ci tenevi così tanto a non allontanarti da Kanagawa? Per quella ragazza?”.

Io alzo gli occhi su di lui, stupefatto. Chi diavolo gliene ha parlato?! Di certo non io…

“No, non per…ma che ne sai di lei?”.

“E’ la tua fidanzata?”.

“No. È stato un abbaglio…ma tu come facevi a saperlo?” è stato solo uno stupido sbaglio, credevo di tenere a lei e invece non era così…

“Quando chiedevi di lei a suo fratello, avevi una voce diversa” lo dice tranquillamente, ma io mi gelo sul posto: avevo sempre creduto che non gliene fregasse niente di me, che mi ignorasse costantemente e invece ora scopro che si è accorto anche delle sfumature della mia voce!!!

Istintivamente scuoto la testa e ribadisco: “Lei non c’entra niente, non significa nulla per me…ma non volevo lasciare mia madre da sola”. Ed è la verità.

“Oh! –sbaglio o l’accenno a mia madre lo ha colpito? Comunque, dopo un attimo di silenzio, mi chiede a bassa voce- Tuo padre è morto?”.

“Sì” è la mia semplice risposta.

Ancora silenzio, poi lui mi fissa con quegli occhi blu capaci di incatenare lo sguardo, mi fissa come non hai mai fatto nessun altro.

“Perché hai deciso di studiare criminologia?” e mi rendo conto che non deve averlo chiesto a molti, che se me lo sta domandando è per valutare la mia risposta in tutte le sue sfaccettature…Siamo a un bivio, io e lui: forse, dopo un anno abbondante di insulti, sgarbi e anche qualche pugno, siamo vicini a comunicare e la mia risposta alla sua domanda è ora fondamentale.

Mi siedo sul divano, su quel divano che è anche il mio letto, e gli faccio cenno di sedersi al mio fianco. Respiro profondamente e decido: tanto vale essere sinceri!!!

“Mio padre è morto d’infarto…capita a molte persone, ogni giorno, ma a me rimarrà sempre il dubbio che forse avrei potuto salvarlo. Ero all’ultimo anno delle medie ed ero appena tornato a casa e l’avevo trovato a terra, sofferente; io ero subito corso fuori per chiamare aiuto, per raggiungere un ambulatorio medico lì vicino, ma mi si erano parati davanti otto teppisti che volevano farmela pagare per un mio presunto sgarbo…Erano otto e io ero da solo e non ce l’ho fatta. Mio padre è morto e io ho deciso di studiare il comportamento della mente umana…volevo capire perché…mentre mi difendevo dai loro pugni, avevo gridato che mio padre aveva bisogno di aiuto, che stava male, ma loro avevano riso…non gliene fregava niente!!! E poi, anni dopo, mi sono chiesto il perché…perché si possa essere così…e me lo chiedo ancora”.

Mi fermo; ho appena raccontato il più doloroso ricordo della mia vita al mio peggior nemico. E ora lui che se ne farà? Mi dirà che sono un debole, mi guarderà con scherno? Ma mi accorgo che Rukawa non ha intenzione di fare nulla di tutto questo. Mi volto verso di lui e lo vedo con la testa china, come se studiasse il pavimento; poi, all’improvviso, parla.

“Mia madre è morta. È stata uccisa. Per strada, da un uomo che neanche la conosceva, ma che aveva voglia di ammazzare qualcuno…Io facevo le elementari, mi dissero che era stato uno squilibrato, ma non ci ho mai creduto. Pensavo solo che era una persona cattiva e che la cattiveria non è pazzia, ma che la gente ha troppa paura di guardare in faccia la cattiveria e allora preferisce rifugiarsi nella scusa che qualcuno sia pazzo…”.

“Ma la pazzia esiste!” obietto io.

“Sì, è ovvio, ma esiste anche la cattiveria. Volevo studiarla, volevo studiare la criminologia e impedire che qualcun altro soffrisse come me…capire la mente umana, capire come possano gli essere umani fare le giù grandi opere di bene, ma anche le più grandi efferatezze…E poi ho scoperto che anche la letteratura criminale mi interessava moltissimo” e, detto questo, tace.

Una madre uccisa per strada.

La prima cosa che penso è che l’ho giudicato male! Come ho potuto io, PROPRIO IO, non capire che dietro al suo studio ossessivo doveva esserci un motivo personale? Come è stato per me.

La consapevolezza che abbiamo qualcosa in comune mi sferza come una frustata e me lo fa guardare con occhi diversi.

“Così pare che non siamo proprio agli opposti, eh do’aho?” dice lui, leggermente ironico.

“Come osi, kitsune?! io sono un grande genio…però…pare che non siamo agli opposti, hai ragione” borbotto io, ancora stordito per l’andamento preso dal nostro rapporto negli ultimi, incredibili minuti.

Forse aveva ragione Kogure.

Mi sento già meglio, meno oppresso da questa città e meno arrabbiato con lui. Anzi, mi sento pieno di energie!!! Il mitico tensai è un uomo dalla rapida ripresa…ehehehehe….E poi io sono un tipo allegro, un ottimista: ero stanco di sentirmi arrabbiato con il mondo e di tenere il muso, ora invece sono di nuovo me stesso!!! E questo anche grazie alla sua sincerità.

Mi ha parlato del suo passato. Per pochi minuti, ma lo ha fatto.

Mi ha chiamato do’aho, ma non mi ha trattato come se pensasse veramente che io lo sia. Mi ritrovo a sorridere, poi mi giro verso di lui e gli dico: “Sai, kitsune, pensavo…potremmo siglare un armistizio, io e te…voglio dire, potremmo cercare di non darci addosso a vicenda per i prossimi tre mesi, ok?”.

“Per me va bene; gioverà allo studio”.

“Ma non sai pensare ad altro?” ho un moto di delusione alle sue parole! Ma come, pensa allo studio? Vabbe’, ma del resto cosa mi aspettavo da uno come lui?! Per certi versi mi dà ancora ai nervi, lui e questa sua capacità di estraniarsi dal resto del mondo, di sembrare irraggiungibile…

“Dovresti pensarci anche tu, do’aho” continua a dire le sue poche parole in tono calmo e distaccato, come se non lo riguardassero.

“Non chiamarmi ‘do’aho’!” reagisco subito. Ma come? Non era d’accordo sull’armistizio?!

“Ti chiamo ‘do’aho’ come e quanto mi pare!” ribadisce lui, fermissimo.

Però…sbaglio o c’è una sfumatura ironica e di sfida, ora, nei suoi occhi blu?

“Grr…e allora io continuerò a chiamarti ‘kitsune’!!” devo pur controbattere in qualche modo, vi pare?

Ma lui non mi dà neanche la soddisfazione di arrabbiarsi! Si limita ad alzare le spalle e a dire: “Fai pure…”.

Borbotto qualche insulto fra i denti, eppure sento benissimo che non c’è più tensione fra noi, o meglio c’è ancora, ma è diversa; non avverto più odio o rancore, ma una sana rivalità, stimolata dalla diversità caratteriale, dal gusto per la provocazione e poi qualcosa di indefinibile…

Rukawa, d’un tratto, si alza e lo vedo avviarsi verso la sua stanza, quella che si è preso senza neanche fingere di volerla lasciare a me!!!

“Oi kitsune, visto che ora siamo in armistizio, non è che mi cederesti la stanza per qualche notte?” faccio un tentativo. Sono stufo del divano-letto…

Lui si gira a guardarmi e alza un sopracciglio: “Certo che no, do’aho!”.

“Ma è da due mesi che mi tocca dormire su questo affare, non ce la faccio più!!!” insomma, voglio un letto normale!!!!

“Però la notte dormi, vero?” mi chiede. Che c’entra??!!

“Sì…”.

“Significa che ti sei abituato alla scomodità: è un traguardo importante e sarebbe un peccato se ora ti disabituassi. Buona notte, do’aho” e, detto questo, si chiude la porta alle spalle.

Ha davvero detto quello che le mie orecchie hanno sentito?!

Mi ripeto mentalmente la frase e poi grido di fronte alla sua porta chiusa: “STUPIDA VOLPEEEEEEEEEEEE!!!!!!”.

 

 

Mi piace Londra.

Mi piace la nebbia che la rende opaca, mi piace il colore delle acque del Tamigi, mi piace l’atmosfera dei pub vecchio stile; ci tenevo davvero tantissimo a poter vivere qui per un po’, è stato come dar corpo ad una realtà che avevo solo immaginato… Certo, all’inizio, ero un po’ irritato all’idea di dover condividere questa esperienza con il do’aho Sakuragi, ma poi l’irritazione è svanita. I nostri rapporti sono sempre stati tesi, è vero, ma allo stesso tempo ho iniziato a  percepire una forte curiosità nei suoi confronti e la nostra conversazione di stasera mi ha confermato che ancora una volta avevo ragione.

Sono rimasto colpito dal suo racconto, dalla sua voce nel rievocare la morte di suo padre, dalle sue motivazioni personali così simili alle mie…Tutte queste cose, anche contro la mia volontà, me lo hanno fatto sentire più vicino. Ripenso al termine da lui usato: armistizio.

Hn.

Io credevo che mi odiasse; ero quasi affascinato da questo odio immotivato a mio parere, mi sembrava adatto ad essere studiato con occhio clinico…però mentirei, se dicessi che mi  sia dispiaciuto il suo discorso o l’atmosfera creatasi poco fa fra di noi… Forse perché ne trarrà giovamento il nostro stage. O forse soltanto perché era molto tempo che nessuno mi sorrideva in quel modo…

Mi avvolgo ancora di più nel piumone, mentre iniziano a chiudermisi gli occhi, e mi lascio cullare dal suono ritmico della pioggia…

Dall’altra stanza mi arrivano i rumori del divano-letto che si apre e del do’aho che si prepara per la notte, bofonchiando.

Armistizio, mi ripeto. Chissà se durerà…

Quando mi sveglio, la mattina seguente, il colore del cielo non è mutato di molto rispetto alla notte appena trascorsa: è cupo e minaccia pioggia; esco dalla mia stanza e vedo subito Sakuragi che prepara il tè.

“Buongiorno” mi dice, sfiorandomi con lo sguardo.

“’giorno…” borbotto, con la voce che fatica ad uscirmi di prima mattina.

Noto che lui è già vestito; sto per andare a lavarmi, quando squilla il telefono ed io sono il più vicino per rispondere. La conversazione che segue mi sveglia del tutto, anzi ora ho molta fretta e deve sbrigarsi anche lui.

“Prepara solo il tè, do’aho! Dobbiamo uscire subito” lo avviso.

“Ma io ho fame!!!” protesta subito lui.

“Dobbiamo uscire al più presto, non c’è tempo per mangiare. Era l’ispettore Hastings, mi ha detto che dobbiamo raggiungerlo subito”.

“Dove?” si acciglia Sakuragi.

Io glielo dico: è qui vicino Londra.

“E perché?”.

“Per il motivo più ovvio del mondo, do’aho: c’è stato un omicidio” dico, chiudendomi in bagno per lavarmi e prepararmi.

Pochi minuti dopo, Sakuragi è già alla guida della nostra macchina e naturalmente ha da ridire.

“Odio guidare a stomaco vuoto!!! E per fortuna che anche in Inghilterra si tiene la sinistra…vabbè che avrei saputo comunque padroneggiare la situazione…” dice, in tono infastidito.

“Sicuramente ci saremmo schiantati o avremmo fatto un frontale” lo correggo io.

“Vuoi di nuovo la guerra, stupida volpe? E allora non mettere mai in dubbio che io sappia fare qualcosa!” lui usa un tono polemico, ma io non gli bado.

Ho altro a cui pensare.

“Questo indirizzo è di fuori Londra, eppure la polizia di contea ha preferito rivolgersi a Scotland Yard…dev’essere un caso molto complesso…” mormoro più a me stesso che al mio collega, ma il do’aho a quanto pare ha un buon udito, perché sente tutto e replica.

“Ma figurati! Ce la sbrigheremo in mezza giornata: io so già chi è il colpevole!!”. La sua affermazione mi lascia perplesso: “Ma se non sai neanche chi è il morto!” obietto, seccato per la sua  megalomania.

“Il colpevole, qui in Inghilterra, è sempre il maggiordomo, dovresti saperlo…e scommetto che questo delitto non sarà un’eccezione!” proclama, tutto fiero.

Mi volto verso di lui e scorgo il suo profilo sorridente, poi sbuffo: “Non scherzare, do’aho! Questo non è un romanzo!!!”.

Lui ricambia la mia occhiata, ma solo per un attimo, per non distrarsi dalla guida; per un po’ resta zitto, poi scuote la testa: “Proprio non si riesce a farti sorridere, eh?!” e noto una velata delusione nella sua voce.

Io torno a osservare il panorama che scorre veloce dal finestrino: “Hn…fino a ieri avresti voluto affogarmi nel Tamigi e ora ti dispiace che io non rida di una tua battuta…non è molto credibile il tuo comportamento”.

Sakuragi emette uno sbuffo divertito: “Già…ma chi meglio di noi sa quanto sia complicata la mente umana? E comunque, non è normale non ridere delle battute del tensai! Sul serio, kitsune, dovresti essere tu oggetto di studio!” dice, in tono più leggero.

Scommetto che è abituato ad avere intorno gente che ride con lui, che si diverte…quel suo amico Yohei Mito, che lavorava nella scientifica…e anche la sorella del tenente Akagi, la sua ex-ragazza. Ma per me non ci sono mai stati amici o ragazze, non li ho voluti: non avrei avuto tempo o attenzione da dedicare loro, forse sarei finito a osservarli come tanti casi scientifici…Perché ora, all’improvviso, dovrei ridere di una sua battuta? Gli ho già accordato la mia attenzione, più di quanto non si sia accorto, e non lo avevo mai fatto prima. Perché l’ho fatto con lui? Non lo so…forse perché quando l’ho conosciuto mi sembrava un po’ borderline, esagitato com’è…

Dopo altri lunghi minuti di silenzio, arriviamo a destinazione: è una tipica villa della campagna inglese, con un giardino molto ben curato…l’ultimo posto al mondo dove si possa immaginare un delitto. Un delitto stona in questa atmosfera. Scendiamo dalla macchina e arriviamo al grande portone, bussando; ci viene aperto da un maggiordomo, appunto, e Sakuragi lo nota subito.

“Spero che lei abbia un alibi!” gli dice, prima ancora di presentarsi.

“Prego?” l’uomo, un distinto signore di mezza età, prototipo del maggiordomo inglese, dilata gli occhi per un attimo per poi squadrarci con disapprovazione.

“Siamo stati chiamati dall’ispettore Hastings, siamo Kaede Rukawa e Hanamichi Sakuragi e l’ispettore ci sta aspettando” intervengo io, con voce fredda.

“Oh…da questa parte, signori, accomodatevi” dice impeccabilmente l’uomo.

Anche l’interno è come lo immaginavo: molto sobrio, molto…british, ecco, ma qui siamo in Inghilterra appunto; tutto è ordinato e preciso come deve essere in simili abitazioni; il maggiordomo ci conduce al piano superiore, così abbiamo modo di salire per una ampia scala…scorgo di sfuggita Sakuragi che si guarda intorno con molto interesse, con gli occhi di un turista più che di un investigatore…spero solo che non dica altre scemenze!!!

Di fronte ad una porta c’è un gruppo di gente e non è difficile ricavarne che quello deve essere il luogo del delitto; li osservo uno ad uno rapidamente, in modo che non se ne accorgano: è facile cogliere tante sfumature per chi è pratico…il viso tirato di chi stia soffrendo realmente, come l’espressione vagamente infastidita di chi vive un omicidio come una seccatura capitatagli tra capo e collo…c’è sempre chi si dimostra poco pietoso verso il morto, anche se innocente…

Proprio adesso esce dalla stanza l’ispettore Hastings, che ci vede subito: “Oh, bene…vi aspettavo con ansia! Ora avrete modo di ammirare un caso che non si verifica molto spesso…per fortuna!!!”.

E’ un uomo vicino alla pensione ed è lui che deve occuparsi del nostro stage; in poche parole, dobbiamo fare pratica di investigazione con lui: mi sembra una persona buona, che dopo tanti anni non ha ancora accettato il lato ingrato del suo lavoro…ha preso molto a ben volere me e Sakuragi, forse perché i suoi figli vivono lontano, in Scozia, come ci ha raccontato. Anche ora lo sguardo che ci rivolge è benevolo, ma quello degli altri molto meno.

“Ispettore Hastings, le avevamo detto che vogliamo il massimo riserbo! Chi sono queste persone?!” dice un giovane corrucciato, a bassa voce crede lui, ma non abbastanza bassa.

“Siamo detective, va bene?!” scatta Sakuragi, che ha un udito fino, a quanto pare. L’ispettore gli fa cenno di tacere e spiega lui le nostre generalità, chi siamo e perché ci troviamo in Inghilterra.

“Lavoreranno con me per tutto il periodo del loro stage, signor Bantry” lasciando intendere che dovrà accettare la nostra presenza.

“Oh…ma…vengono dal Continente?” chiede una ragazza bionda dall’aria stupida e vacua.

“Dal Giappone” preciso io.

“Oh! Da un ALTRO continente!!!” continua lei, sempre più stupita.

Già…il famoso isolazionismo della Gran Bretagna!!! Ma chi sono io per criticare? Anche il Giappone è un arcipelago e ha conosciuto momenti di isolamento.

“Guardi, miss Bantry, che capiamo e parliamo benissimo l’inglese!!” puntualizza il do’aho, con fare polemico, e io penso che non avrebbe dovuto dirlo; forse, se avessero dubitato della nostra comprensione, si sarebbero lasciati sfuggire qualcosa davanti a noi…probabilità remota, è vero, ma gli errori li commettono tutti!!!

A questo punto apprendiamo che ci troviamo in casa della famiglia Bantry, nota e rispettata in tutta la contea; Christopher Bantry è il figlio maggiore del defunto, la ragazza bionda è sua sorella Alexia e poi ci sono le persone che finora non avevano parlato: Josephine Bantry, la moglie del defunto, sua figlia Jane e la governante Miss Wimborne. Oltre a loro erano presenti in casa al momento del delitto il maggiordomo, il giardiniere e due cameriere. Sono tutte le persone che tra poco dovremo interrogare.

Alla fine vengono fatti allontanare, per permetterci di esaminare il luogo del delitto; entriamo nella stanza, seguendo l’ispettore Hastings: è una camera-studio, il morto è seduto su una poltrona…diverse coltellate ci fanno capire subito quale sia stata la causa del decesso.

Noto una smorfia sul volto di Sakuragi.

“Non ti sei ancora abituato?” gli chiedo, a bassa voce.

Lui respira profondamente e dice: “Non credo che mi abituerò mai a vedere un uomo ammazzato in questo modo”.

Quasi mi viene da sorridere alla sua risposta: è proprio da lui!

“Comunque, lo hanno accoltellato, è lampante!!! Che cos’ha di particolare questo omicidio?” chiede poi Sakuragi all’ispettore.

“La modalità” è la breve risposta.

“L’arma del delitto?”.

“Non è ancora stata trovata, ma dovrebbe essere un comunissimo coltello…no, non è questo. Vedete, la stanza è stata trovata in perfetto ordine, le finestre non rilevano nessuna forzatura e neanche la porta…eppure era chiusa a chiave dall’interno”. 

A queste parole, alzo gli occhi di scatto.

“Ora la porta è forzata” osservo.

“L’hanno forzata il figlio e il maggiordomo per entrare, quando si sono preoccupati di non trovare più il signor Bantry” è l’ovvia risposta

“E naturalmente qui dentro non c’era nessuno…a parte il defunto” concludo io.

“Già”.

Il delitto nella stanza chiusa dall’interno!!!

Ogni maestro della letteratura gialla si è cimentato con questa prova!!! E se io ora risolvessi questo caso, darei prova a tutti di essere il numero uno!!! Mi sentirei quasi euforico, se non fosse per questo povero corpo martoriato…Per un attimo ho un flash, ripenso a mia madre, al suo sangue…no, c’è decisamente poco da essere euforici!!! L’ispettore Hastings parlava del signor Bantry come di una brava persona…ragione in più per voler scovare il suo assassino.

“Una porta chiusa dall’interno?!” la voce sgomenta di Sakuragi mi riporta alla realtà.

“Proprio così…” conferma l’ispettore.

“E non c’è possibilità che si stato il maggiordomo, vero?” insiste Sakuragi.

“Do’aho!” gli sibilo. Ancora con questa cretinata!!!!

Restiamo per un po’ ad osservare il defunto, prima che lo portino via, poi Hastings si allontana per controllare come procede il rilevamento delle impronte e il do’aho ne approfitta per avvicinarsi a me.

“Be’, kitsune, almeno il movente dovrebbe essere facile da capire!” afferma.

“Hn?”.

“Ti sei guardato intorno? Questa villa è molto bella, è chiaro che il poveretto era un uomo ricco…deve essere stato ucciso per motivi di eredità! O comunque legati ai soldi…” dice lui, in tono estremamente sicuro.

“Non credo” replico, tranquillamente.

“Maledetta kitsune!!! Ma perché diavolo non vuoi mai darmi ragione? Sei sempre il solito presuntuoso!!” si altera subito Sakuragi. Che buffo…il volto gli diventa rosso quanto i capelli!!! 

“Hn”.

“E rispondimi!!! Bastardo, appena usciamo di qui ti prendo a pugni!!! Io DETESTO quando mi ignori!!!” si sta alterando sempre di più e sta attirando l’attenzione dei presenti e questo non mi piace.

“Abbassa la voce!- gli sibilo, e poi con più calma- Guarda queste ferite…”.

“Le ho viste, e allora?” .

“Se si dovesse uccidere qualcuno per soldi, tu saresti così plateale? Non sarebbe meglio un efficace veleno…arsenico magari, incolore, inodore e insapore? La vittima lo assimilerebbe senza rendersene conto, sembrerebbe una morte naturale, solo più tardi si capirebbe la verità e questo permetterebbe al colpevole di accumulare tempo e vantaggio sulla polizia. Giusto?” lo guardo negli occhi nel chiederglielo.

“Giusto” ammette a malincuore Sakuragi.

“Questi colpi di coltello hanno prodotto ferite profonde e violente…sono colpi dati dall’odio, ma non un odio generato dai soldi” concludo.

Sakuragi resta pensieroso per un po’, poi mi dice: “Dovremo ottenere più dati possibili sulle persone presenti in questa villa. Dati personali”.

Ha capito a cosa mi riferivo; io annuisco, poi mi rivolgo al nostro superiore: “Ispettore Hastings, permetta che siamo io e Sakuragi a svolgere gli interrogatori”. Tutti e due gli interessati si voltano di scatto verso di me.

Il permesso ci viene accordato, in segno di fiducia.

Poco dopo io e il do’aho stiamo scendendo le scale con un elenco delle persone da interrogare.

Nell’atrio, storditi e mi pare anche disturbati dalla confusione, troviamo alcuni dei domestici; decido mentalmente che per sicurezza è meglio che il maggiordomo lo interroghi io…

“Io ho fame, mi hai fatto saltare la colazione!!” recrimina ancora Sakuragi.

“E’ quasi ora di pranzo…mangeremo alla taverna del paese” può aspettare, no? No, a quanto pare no. Lo vedo che si dirige subito verso una delle cameriere.

“Ooooh…nell’aria si sente ancora il profumo delle uova con il bacon…” e la fissa con aria affamata.

“Sissignore, ma…” tenta lei.

“Guardi che io non mi formalizzo: è vero che sono uno straniero, ma mangio la cucina di qualsiasi posto, mi basta che sia commestibile…Senta, andiamo in cucina…” e ci si dirige davvero!!!

Io lo seguo per un po’ con lo sguardo, disapprovando, poi mi volto verso il maggiordomo, il giardiniere e il cameriere personale del signor Bantry.

Sarà per come sono stati educati, ma i loro occhi sono freddi quanto i miei.

 

 

La locanda del paese non è male, è uno di quei posti tipici con la cucina tradizionale e birra in abbondanza.

Io e la volpe ci ritroviamo qui per il pranzo, dopo aver interrogato i domestici; poi torneremo alla villa per l’interrogatorio della famiglia del defunto che è ancora un po’ stravolta.

“Spero che le porzioni siano abbondanti” dico, tanto per iniziare una conversazione. Sono un po’ nervoso a dire il vero: non è la prima volta che investigo con Rukawa ovviamente, ma è il nostro primo caso serio e mi irrita molto accorgermi che ci tengo a non sfigurare…no, non solo a non sfigurare in confronto a lui: voglio che LUI mi apprezzi, ecco!!!! Certo, per fargli perdere quella dannata aria di superiorità che fa concorrenza a quella di un lord inglese, ecco perché!!!! E’ sicuramente così…

“Ti sei pure rimpinzato di uova e bacon, possibile che tu abbia ancora fame?!” mi chiede la kitsune, con il viso quasi disgustato dal cibo.

“Avevo fame, e allora?!- scatto io- E poi era anche una tattica…sai, eravamo in cucina, io stavo mangiando e ho anche fatto i complimenti alla cuoca: si è creato un clima più disteso; secondo me ad un certo punto si erano dimenticate che io sono un detective, mi hanno risposto con molta naturalezza, come se fosse una chiacchierata, proprio perché le avevo messe a loro agio” spiego, con un certo orgoglio.

“Meno male che abbiamo un esperto di psicologia femminile!” ironizza Rukawa.

“Neanche tanto, visto che mi hanno sempre lasciato…” come diavolo mi sia venuto in mente di dire una cosa simile proprio alla kitsune non lo so, ma mi maledico un attimo dopo aver pronunciato questa frase!!!!!

“Come mai?” mi chiede Rukawa, ma senza lo scherno che temevo di sentire nella sua voce. Io scuoto la testa.

“Non lo so…non erano degne del tensai probabilmente!!!”.

Lui sembra capire che voglio cambiare discorso e lo fa.

“E quindi sei tutto soddisfatto del tuo interrogatorio…” mormora.

“Perché hai quel tono, kitsune? non mi piace per niente!!!” lo aggredisco io.

“Perché mi sembri troppo ingenuo, do’aho! Credi a quello che ti si dice. Non hai motivo di esserne tanto entusiasta: dopotutto sono solo parole…”.

Questa sua osservazione mi manda in bestia!!!

“Ah, capisco che per Mr. Io-non-parlo siano poca cosa, ma le parole sono la forma in cui si manifesta il pensiero umano, stupida volpe!!!” gli faccio notare. Altrimenti come potremmo esternare pensieri e sentimenti? Ma lui…lui li ha dei sentimenti?

“No, Sakuragi: le parole sono il mezzo con cui l’uomo CELA il suo pensiero!” ribatte Rukawa e io mi ritrovo a fissarlo…perché è così diffidente? Con chi ha avuto a che fare, finora, per credere davvero questo?

“Quando parlo con te, io ti dico quello che penso davvero” ribatto con urgenza, perché non voglio che lui pensi che io sono come gli altri, che sono un bugiardo!!! Io non riesco ad essere bugiardo neanche quando mi farebbe comodo!!!

“Lo so, do’aho. Sentivo che eri sincero quando mi gridavi contro che volevi strozzarmi…” mormora lui in un soffio.

Ehi!!!

Sbaglio…sbaglio o i suoi occhi erano allegri nel dirmelo?! Non ha sorriso, questo no, ma i suoi occhi…

“Allora raccontami tutto” mi esorta lui.

“Eh? Ah, sì…” e prendo il block-notes che mi porto sempre dietro e su cui ho appuntato le notizie più importanti.

Gli racconto per filo e per segno della ricostruzione che mi hanno fatto le domestiche, ognuna dotata di un albi confermato dalle altre oltretutto, e lo vedo pensieroso, che mescola il cibo nel suo piatto ma senza mangiarlo.

“Il medico legale ha detto che l’omicidio è avvenuto in tarda serata, dopo che si erano tutti ritirati nelle loro stanze…il signor Bantry aveva l’abitudine di trattenersi a lungo nel suo studio, quindi nessuno l’ha più disturbato ieri sera…si sono preoccupati solo stamattina, quando è stato trovato il letto intatto. E lo sapevano tutti che lui spesso restava in quella stanza fino a notte fonda…comunque la governante, la cuoca e le cameriere erano nelle loro stanze, che sono in una zona lontana da quella padronale della villa…oddio, sembra di vivere ancora in epoca vittoriana!!! Per farla breve, si sono confermate l’alibi a vicenda: dopo aver finito di riordinare si sono ritirate nelle loro stanze e lì sono rimaste fino a stamattina…e tu?” chiedo finalmente a Rukawa, dopo aver terminato il mio resoconto.

“Stesso discorso per il cameriere personale, per il giardiniere e, mi spiace per te, anche per il maggiordomo…veramente il giardiniere non aveva un alibi, mi ha detto di essere stato da solo, in casa sua, per tutta la notte. Bisognerà tenerlo d’occhio” spiega concisamente Rukawa.

“Perché? Il non avere un alibi può significare innocenza…non ce l’ha perché, essendo innocente, non aveva bisogno di procurarsene uno” gli faccio notare.

“Spesso alcuni criminali usano questo trucco proprio per sembrare innocenti. Ma avremo tempo per riparlarne” taglia netto lui.

 Confrontiamo alcuni altri dati che abbiamo raccolto e poi lui mi chiede: “Hai notato niente?”.

Grr…spera di cogliermi in errore, ma rimarrà deluso!!! Certe cose non sfuggono ad un genio dell’investigazione come me!!!

“Certo che sì! Nessuno di loro ha sentito delle grida ed è un po’ difficile non gridare mentre ti stanno accoltellando…e poi era strana anche la posa del corpo, ora che ci penso…come se non avesse provato a difendersi!” vedo con un lampo di soddisfazione che Rukawa annuisce. Visto?! Sono un genio, vero?

“Forse era già morto…- ma mi correggo subito, dopo la sua occhiataccia- …ok, lo so che i morti non sanguinano!!! Ma allora…” ho formulato un’ipotesi e credo che sia la stessa fatta da Rukawa, anche se lui scuote il capo.

“So a cosa stai pensando, ma dobbiamo aspettare il risultato dell’autopsia per esserne sicuri!”.

Purtroppo ha ragione anche stavolta. Ma perché non sbaglia mai??!!

“E non dimentichiamoci della cosa più importante!” dico io, per fargli vedere che non sottovaluto niente.

“Ossia?”.

“La porta chiusa dall’interno! Non c’erano infrazioni alle finestre, non c’erano segni sulla porta e non c’era nessuno dentro!” enumero io. Ma lui non si scompone.

“Già!” è la sua replica.

Tutto qui? Sono stati versati fiumi d’inchiostro sul delitto con la porta chiusa dall’interno e lui non sa dire altro?

“Oi kitsune, sei tanto sicuro di poter risolvere il delitto perfetto?” gli chiedo in tono ringhioso; mi sto alterando!!!

“Questo non è un delitto perfetto. Il delitto perfetto è quello che non viene neanche scoperto, do’aho…quello su cui non si investiga perché nessuno si è accorto che c’è stato un delitto” parla con voce pacata, atona e io provo una gran voglia di scuoterlo, di sentirgli alzare la voce, di sentir cambiare il suo tono.

“Massì massì, di’ pure quello che ti pare!!! Il tensai sarebbe in grado di scoprire qualsiasi crimine!” gli ribadisco. Te lo dimostrerò, Rukawa…

“Ok…credo che sia ora di tornare alla villa…” mormora Rukawa, alzandosi e avviandosi al bancone per pagare il pranzo.

Alla fine, è stata una giornata pesante, che per noi non è ancora finita.

Siamo tornati al nostro bilocale e, buttati sul divano, confrontiamo ancora una volta gli appunti presi.

Anche dai familiari non abbiamo cavato molto: la moglie dormiva sotto l’effetto di un sonnifero prescrittole dal medico, le sorelle dormono nella stessa camera e si sono date un alibi a vicenda e il figlio all’ora del delitto era impegnato in una lunghissima telefonata che la società telefonica ha confermato controllando i tabulati; e, a parte questo, tutti loro hanno giurato e spergiurato che non avevano motivo di uccidere il signor Bantry.

“Kitsune, mentre eri sotto la doccia ho telefonato a Mitsui, che è ancora a Scotland Yard” gli annuncio. Se ora mi rimprovera, giuro che qui scorrerà più sangue che alla villa dei Bantry!!!!

“Hn” è l’unico suono che emette Rukawa, aspettando che io mi spieghi meglio.

“Ho pensato che lui da lì ha a disposizione i computer della polizia, con tutti i dati…gli ho fornito i nomi da controllare, anche quelli dei domestici, così non potrai dire che sono un ingenuo fiducioso!!! Gli ho detto di controllare soprattutto Christopher Bantry…magari ha dei debiti e gli serviva l’eredità” sono un genio, eh?! “Buona idea, do’aho! Ma ti ripeto che non è un delitto fatto per soldi!” insiste lui, poi si appoggia più comodamente al divano, sbadigliando.

Rukawa dev’essere molto stanco: ha mangiato pochissimo e ad un certo punto del pomeriggio, da una finestra della villa, l’ho notato che camminava per il giardino, osservandolo nei minimi particolari…ha camminato per molto tempo…

“Cosa aveva di tanto interessante quel giardino?” gli chiedo a bruciapelo.

“E’ ben tenuto e ben curato…un lavoro di pazienza e precisione…Ho saputo che tutti nella famiglia Bantry sono appassionati di botanica e di fiori e che tutti curano quel giardino, oltre al giardiniere. Strano, vero? Chi ama i fiori e il giardinaggio dovrebbe avere uno spirito poco propenso alla violenza” dice a bassa voce.

“Invece che al giardino potevi occuparti della porta chiusa…”.

“…dall’interno! Sì, do’aho…ma ti sei fissato con questo particolare!” sbuffa lui, annoiato.

Non lo sopporto!!! Non sopporto di vederlo così indifferente alle mie osservazioni!!! “Non sarai tu a sottovalutarlo? Credi davvero di poter capire tutto, Rukawa?!” ribatto, alzando la voce.

“Sì”.

“Bastardo presuntuoso!!” gli ringhio, ma lui mi fa cenno di tacere.

“Sakuragi, il delitto con la porta chiusa dall’interno non è impossibile… semplicemente ci viene fatto credere che le cose siano andate così, per attirare la nostra attenzione sul ‘come’ e quindi distoglierla dal ‘perché’ e dal ‘chi’…non cadere nella trappola dell’assassino!” mi ammonisce lui.

Io rimango zitto e mi sento frustrato: ha di nuovo ragione!!! A volte detesto questo mio essere così impulsivo, questo mio fidarmi dell’intuito più di ogni altra cosa…ma non capisco bene neanche questa sua freddezza, questo porsi continuamente al di fuori di tutto…o forse sì, forse lo capisco: è stata la morte della madre a spingerlo a questo…la conosco anche io questa voglia di non provare più dolore…Ma io ho un carattere aperto, non sono riuscito a chiudermi in un mondo di ghiaccio, mi piace stare con gli altri e mi fa piacere vivere intensamente! 

Torno a guardarlo e sbarro gli occhi quando mi accorgo che si è addormentato!!! Si è rannicchiato sul divano e si è addormentato, con il viso inclinato, in totale abbandono…ora che sono rilassati i suoi lineamenti sono dolcissimi…E ora che faccio? 

Questo divano tra un po’ diventerà il mio letto, non posso lasciarlo qui! Be’ potrei andare io di là e dormire di nuovo, dopo due mesi, su un letto normale, lasciando a lui il piacere del divano una volta tanto…ma non mi va. Rukawa è più stanco di me, me ne sono accorto…

Delicatamente, per non svegliarlo, lo prendo in braccio e lo sollevo, trasportandolo nell’altra stanza…è incredibilmente leggero…Lo poso piano sul letto; resto un po’ a guardarlo, ma non oso spogliarlo della tuta che ha indossato non appena tornati qui a casa, così mi limito a prendere un piumino dall’armadio e a stenderlo sopra di lui… Ma anche io mi sento stanco: questo caso difficile, tutto il tempo che ho guidato… Provo l’impulso di sdraiarmi anche io per un po’ su un letto vero e lo assecondo, con il cuore che mi batte all’impazzata…Perché? Perché diavolo devo reagire così?! E’ un collega, mi ripeto, solo un collega…e io non lo sopporto, gli salterei alla gola!!! Lui mi ignora e nega che io sia un genio, perché allora io devo dargli tutta questa importanza e sentirmi così scombussolato solo perché ce l’ho vicino?!

Ho freddo, mi ritaglio un po’ di piumino per me e mi ci copro; solo pochi minuti, mi ripeto, poi tornerò su quel dannato divano-letto.

E mentre lo sto pensando, Rukawa si gira e si accoccola contro di me, cercando tepore!!!! Mi sento le guance in fiamme e il cuore che sta per scoppiare!!! La sua bella testa mora è sulla mia spalla, il suo braccio mi cinge il torace…che devo fare? Oddio, che devo fare??!! Dovrei andarmene, certo! Dovrei  scuoterlo, scrollarmelo di dosso e andarmene…E invece resto qui, calamitato da lui, pregando che lui non si sposti…Kaede Rukawa che dorme fra le mie braccia…Istintivamente lo stringo a me, la mia mano è sulla sua schiena, lo cingo alla vita…una parte di me è atterrita da quello che sto facendo, ma non posso impedirmelo, non VOGLIO impedirmelo, perché è una della cose che io abbia fatto con più naturalezza nella mia vita. Stringerlo a me.

Perché?

Perché sono giorni che non riesco a liberarmi dal pensiero di lui, nel bene e nel male? Perché sento il suo profumo dolce che mi riempie i polmoni?

Perché quando battibecco con lui mi sento così spronato che potrei fare l’impossibile?

Ah, mi sta venendo mal di testa!!! Sono stanco…eh, già! Perfino il tensai si stanca e non posso permettermelo: domani dovrò lavorare al massimo, non voglio che Rukawa   possa farmi anche solo la più piccola osservazione!!! Devo dormire. Se dormirò, non avrò il tempo di pensare…

Passo di sfuggita una mano fra i suoi capelli e li sento morbidissimi fra le mie dita; chiudo gli occhi, con la ferma intenzione di non pensare a lui, ma prima di addormentarmi non posso fare a meno di stringerlo a me…

Il mio sonno è ancora profondo, quando viene disturbato da un suono fastidiosissimo…ma che diavolo è?! Cerco di metterlo a fuoco e mi rendo conto che è il campanello! A quest’ora?! Mm…in effetti…ma che ora è? Con lo sguardo ancora annebbiato, do un’occhiata al mio orologio e scopro che sono le 8.00 di mattina!!!! E’ tardissimo!!!! E questo dannato campanello che continua a suonare…

“Mmm…” vicino a me, stretto a me, Rukawa si lamenta debolmente: è chiaro che ora anche lui avverte questo suono.

All’ennesima scampanellata mi inca** o!!!

“Ma che diavolo volete??!!” grido e mi alzo di scatto dal letto, con il risultato che Rukawa, al mio grido, apre gli occhi all’improvviso e li punta su di me. Perfetto! E io che non volevo che se ne accorgesse!!!!

Cerco di ignorarlo, di darmi un contegno, e mi reco subito nell’altra stanza per aprire la porta di casa. Inutile dire che sono furibondo. In più scopro che sono Mitsui e Kogure!

“Ma chi ca**o ti ha invitato a quest’ora della mattina!!!” continuo a urlare, neanche fosse  l’alba.

“Ma sarai cretino?! Me lo hai detto tu di venire qui da te di prima mattina con tutte le informazioni raccolte!!” si scalda subito il nostro poliziotto in borghese.

“Io?!” possibile che gli abbia detto una cosa simile?

“Ehm…effettivamente sì, Hanamichi, sei stato proprio tu a dirglielo” interviene Kogure, confermando il mio dubbio di aver scordato tutto.

Sto per rispondere, ma in questo momento una voce gelida mi paralizza.

“Do’aho, chi ti ha dato il permesso di dormire con me?”.

Perché? Questa stupidissima kitsune sta sempre zitto…Perché ha deciso di diventare loquace proprio su un simile argomento e di fronte a Mitsui, per giunta, che ora ci si butterà a pesce per prendermi in giro?!

E infatti eccolo che lancia un fischio, con l’aria di chi la sa lunga, mentre Kogure si acciglia, non capendo bene la situazione…Non la capisco neanche io, veramente, ma se non è chiara neanche a lui che è uno psicologo allora sono proprio messo male… “E bravo il nostro Sakuragi! Avrei dovuto capirlo che saresti finito a dormire con lui dal fatto che ne parli in continuazione!” ridacchia Mitsui.

“Ma che cavolo dici?! E anche tu, idiotissimo volpino, cosa ti sei messo in testa? Ero stanco, ecco tutto…ed ero stufo di dormire sul divano!!! Non è stata una cosa voluta” ma arrossisco mentre lo ringhio fra i denti e mi ripeto mentalmente che sì, è stata una cosa voluta…

“Ah, già…tu devi dormire sul divano!” ironizza Mitsui. Vedo che si è svegliato in vena di rissa questo imbecille, oggi.

“Perché, tu come dormi? Il vostro bilocale è grande quanto questo, lo so bene” replico io.

“Noi dormiamo insieme, nello stesso letto” risponde lui, tranquillo, sotto lo sguardo divertito di Kogure.

“Eh?” mi stupisco io. Perfino Rukawa li guarda sorpreso.

“E’ così che succede, fra compagni ed amanti” sorride Mitsui.

“CHECCOSA?!” grido, senza volerlo…cioè, una volta o due mi era venuto il sospetto, ma…

“Era da un po’ che pensavamo di dirvelo- sorride Kogure- Almeno a voi due…ma non avevo capito che tu avessi scelto questa mattina per le rivelazioni, Hisashi” scherza il nostro psicologo di fiducia.

Lui sbuffa e mi fissa con un’aria di sufficienza che non mi piace per niente: “Non lo avevo programmato! Ma volevo scuotere questo cretino che dice di odiare Rukawa e poi ci dorme insieme!!!”.

“CHI SAREBBE IL CRETINO?” urlo, fuori di me. Bene, a quest’ora tutta Londra saprà che mi hanno dato del cretino…

“TU SEI UN CRETINO! NON TI RICORDAVI NEANCHE DI AVERMI DETTO DI VENIRE QUI CON LE INFORMAZIONI!!!” Mitsui grida più forte di me.

“Mi hai stancato con queste informazioni del cavolo, dammele e andatevene fuori di qui!!” gli ingiungo.

“Siete quasi come i delinquenti che dovreste arrestare!” è la gentile sentenza di Rukawa.

Kogure ride, ma io e Mitsui ci voltiamo offesissimi verso di lui.

“E comunque non se vanno- prosegue Rukawa- Voglio il resoconto delle indagini dalla loro voce. E un’ultima cosa, Mitsui: è vero che Sakuragi era stanco del divano…per questo deve essersi addormentato vicino a me: non voglio più sentire scherzi sull’argomento” se queste parole le avesse dette qualcun altro, Mitsui sarebbe scattato sicuramente con un pugno, ma Rukawa ha parlato con una voce di ghiaccio così autorevole che nemmeno lui replica.

Ma a me brucia.

Perché sta liquidando tutto così? Io dormo con lui e a lui non frega niente?

“Oi do’aho, ci sei?” di nuovo la sua voce fredda.

Mi volto e vedo che si sono tutti seduti sul famoso e odiato divano e che aspettano solo me per iniziare.

Io sospiro: “Cosa avete scoperto sul maggiordomo?” chiedo, meritandomi un’occhiata gelida dalla kitsune.

 

 

Spero che Sakuragi si decida a smetterla di fare il do’aho!!! O forse è solo un modo per vincere l’imbarazzo.

Già, perfino io mi sento in imbarazzo e ritengo provvidenziale l’arrivo di Mitsui e Kogure; non mi ero accorto di essere fra la sue braccia fino a che non è iniziata la fase del dormiveglia…sentivo un tepore sconosciuto, che non era dato dalle coperte, e delle braccia protettive…mi è andato un colpo quando ho sentito la sua voce gridarmi quasi nell’orecchio!!!!

Possibile che questo do’aho, questo casinista, questo…insomma, LUI! , possibile che lui abbia saputo trasmettermi quelle sensazioni piacevoli, quel calore e quella affettuosità che non assaporavo più da non so quanti anni?

Lui è stato capace di farmi sentire così bene con un semplice abbraccio?! Questo do’aho che ora continua a vaneggiare su quel povero maggiordomo?!

Ma alla fine, di fronte all’evidenza, deve arrendersi anche lui.

“Ok, ok, ho capito…non è stato il maggiordomo! Mm…-medita fra sé- In questi casi, se non è il maggiordomo è il marito…”.

Di male in peggio!!!

“E’ appunto il marito che è morto, do’aho!” gli faccio notare, gelidamente.

“Ora dirà che in questo caso si tratta di suicidio!” ridacchia Mitsui.

Hn…lui ci scherza, ma Sakuragi sarebbe capace di farlo!!!

“No, dico che è stata la moglie!” proclama lui, guardandoci con sfida.

Hn.

Io sbatto la mano sul tavolino di fronte a noi in un modo che fa sobbalzare Kogure. “Ti vuoi concentrare, do’aho?! Ci stai solo facendo perdere tempo con le tue trovate cretine…” gli sibilo, palesemente seccato; lui arrossisce dalla rabbia, i suoi occhi nocciola si incrinano e io vorrei dire qualcosa di tagliente, ma poi ripenso a questa notte…al suo calore…e le parole mi muoiono sulle labbra.

“D’accordo, allora pensiamo a chi scartare definitivamente…” borbotta fra i denti. Dopo una rapida indagine veniamo a scoprire che Christopher Bantry non aveva nessun problema finanziario, che i suoi conti sono a posto e, considerato il suo alibi, dobbiamo escluderlo dai sospetti. Stesso discorso per le sorelle.

A dire il vero in una cosa il do’aho non sbaglia e cioè che l’unica della famiglia a non avere un alibi confermato è la moglie…ma in questo modo sarà tutto più complesso, dovremo fare domande personali, perché le informazioni necessarie non potrà fornircele Scotland Yard…

“E’ credibile, vero, che una moglie tradita uccida il marito?” chiedo al nostro psicologo Kogure.

Lui ci pensa un po’, poi mi dice: “Sì, però…questo mi sembra un delitto maschile…Ho visto le foto del cadavere e le coltellate erano date con una violenza e una forza fisica di cui dubito sia capace un’esile signora inglese di mezza età…e poi le donne spesso preferiscono il veleno per uccidere: niente forza, niente sangue…la fa sembrare una cosa più pulita”.

“Ah! Noi sospettiamo appunto che la vittima sia stata stordita con un veleno prima di essere colpita, per non farla gridare!!!! Potrebbero essere stati due complici!” propone Sakuragi.

“No. Una persona sola può anche non lasciare indizi, ma due colpevoli che non facciano errori sono troppi” intervengo io.

“Ha ragione” annuisce Mitsui.

Dopo un po’ ci troviamo tutti d’accordo che l’assassino è un uomo.

“E le informazioni sulla vita del signor Bantry?” chiedo io, cercando fra i fogli. “Eccole” Mitsui mi indica un paio di fogli, ma io scuoto il capo.

“No, questi sono su Christopher Bantry…io mi riferisco al morto: Henry Bantry…non so, i suoi affari, cose simili…”.

“Hanamichi non mi ha dato anche quel nome da cercare!” salta su Mitsui, come a dire che non è colpa sua; e infatti non lo è.

Io mi giro a guardare freddamente quel do’aho, che di nuovo diventa rosso e aggredisce Mitsui: “Ma come fai a non dare per scontato di dover fare ricerche anche sulla vittima?!” gli grida contro.

“Ma se neanche sapevo il nome!!! Dovevi dirmelo tu!!!” grida lui.

“Hisashi, non litigare per così poco…” lo incita Kogure.

“E’ colpa tua, do’aho, è stata una tua mancanza” gli dico, e mi accorgo subito che forse non avrei dovuto…

Sakuragi scatta in piedi come se lo avessero sferzato e grida ancora, ma contro di me stavolta: “E’ sempre colpa mia, vero?! Secondo te io sarei un incapace buono a nulla, vero? E allora lavora da solo, investiga da solo!!!! Hai il caso tutto per te, idiota di un volpino!!! E NON CHIAMARMI DO’AHO!!!!”.

Detto questo, si gira ed esce di casa, sbattendo la porta.

Io per due minuti non mi muovo, troppo allibito per reagire, fin quando non mi riporta alla realtà la voce dispiaciuta di Kogure: “Rukawa, si è solo dimenticato…sii comprensivo con lui…sai, non fa che parlare di te…”.

“Per criticarmi e darmi addosso, lo so” faccio una smorfia.

“Può darsi…ma comunque parla SEMPRE  di TE…” insiste Kogure, con una sfumatura nel suo tono che mi fa capire ciò che intende realmente.

“Ti sbagli…forse…ma stavolta ho esagerato, è vero. Potete aspettarmi qui solo per un attimo?” chiedo ai miei colleghi, alzandomi dal divano.

Vorrei cercare Sakuragi, ma chissà dov’è andato quel do’aho permaloso!!!

Già mi aspetto di dover camminare a lungo e, invece, quando apro la porta di casa lo vedo affacciato alla finestra del pianerottolo; sente il rumore e si volta a guardarmi. Per un po’ rimaniamo zitti.

Io non sono capace di scusarmi, sono pur sempre Kaede Rukawa, no? Però mi avvicino a lui e gli dico a bassa voce: “Io voglio lavorare con te  a questo caso”. Lo vedo spalancare leggermente gli occhi, poi abbassarli: “Perché ti comporti come se mi odiassi? È per quello che è successo stanotte? Ti ha offeso che abbia dormito con te?” mi chiede con voce triste.

Ma non è così e non voglio che lo pensi.

“No!- mi affretto a rispondere- Non sono affatto offeso…prima me la sono presa perché non mi piace che per fare o sapere qualcosa ci si impieghi più tempo del dovuto, tutto qui”.

Lui non dice niente, torna a guardarmi il viso.

“Torniamo in casa?” chiedo in un soffio, notando che lui non si muove.

Sakuragi annuisce e mi sorride, poi rientra dentro con me.

Mezz’ora dopo io e il do’aho siamo in macchina  e lui sta guidando alla volta della villa dei Bantry; in serata Mitsui ci farà avere le informazioni che ci servono sul defunto e nel frattempo cercheremo di saperne di più anche noi, interrogando la famiglia e i domestici per la seconda volta.

Siamo appena arrivati e io sono appena sceso dalla macchina, quando squilla il mio cellulare; rispondo subito e ricevo proprio la notizia che aspettavo: la conferma che io e Sakuragi avevamo visto giusto.

“Chi era?” mi chiede lui, quando io interrompo la chiamata.

“Nel corpo del defunto sono state trovate tracce di un veleno…qualcosa ricavato da erbe e piante, che agisce dopo diversi minuti dall’ingestione” gli spiego, rapidamente. Lui si acciglia.

“Voleva essere sicuro di ucciderlo senza problemi, facendolo soffrire anche per il veleno…” medita a bassa voce.

“Pare di sì…bene, abbiamo un punto di partenza: ora dovremo capire dove sia stato versato questo veleno e chi abbia avuto la possibilità di farlo” e nel dirlo mi avvio verso il grande portone della villa.

Ci ritroviamo a parlare con Jane Bantry, che si scusa per l’impossibilità della madre di riceverci, ma pare che la signora sia troppo affranta per poter sostenere un qualsiasi interrogatorio.

“Non importa, chiederemo a lei” si affretta a precisare Sakuragi.

Da tutte queste domande ricaviamo che la famiglia Bantry aveva cenato unita poche ore prima del delitto e che, prima di ritirarsi nel suo studio, la vittima si era fatta portare come d’abitudine un caffè nella biblioteca.

“E’ facile accedere alla cucina?” chiedo.

“Facilissimo, temo. Anche dall’esterno, da una delle porte…” risponde freddamente Jane Bantry.

“Certamente quella tazza di caffè sarà stata lavata quella sera stessa, ma…”.

“Di sicuro il veleno era lì!!!” conclude il do’aho, trionfante.

“Veleno?”.

“Sì, suo padre è stato stordito prima di essere accoltellato”.

“Che orrore!!” esclama lei. 

La notizia sembra sconvolgerla e questo ci induce a lasciarla andare; poi, io mi avvio di nuovo fuori…

“Oi kitsune, dove te ne vai?” mi chiama il do’aho, raggiungendomi.

“A camminare per il giardino…sono sicuro che c’entri qualcosa…” mormoro, più a me stesso che a lui.

“L’ho pensato anche io- mi dice tutto serio Sakuragi- Quel veleno possono benissimo averlo ricavato in modo artigianale!!! Hai detto che sono tutti appassionati di fiori e piante, no?”.

“Giusto” siamo arrivati alla stessa conclusione, ma allora…

“Probabilmente la signora Bantry non voleva vederci per paura di tradirsi!!! Sicuramente è lei la colpevole!!!”.

“Do’aho!!!” gli sibilo, seccato; e pensare che stava andando così bene…

Lui borbotta qualcosa, mentre ci inoltriamo per il giardino, attraverso le siepi curate; ci sono molti fiori, di molte varietà, si nota la comune passione di questa famiglia.

“Quelle costruzioni laggiù cosa sono, kitsune?” mi chiede Sakuragi, indicandole.

“Sono l’abitazione del giardiniere e il capanno degli attrezzi”.

Lui si entusiasma a questa notizia: “Dovremmo andare a dare un’occhiata, non credi kitsune? Talvolta gli assassini usano i posti più impensati per sbarazzarsi delle prove che potrebbero inchiodarli!” dice, agitato.

“Per una volta, hai avuto una buona idea, do’aho…” annuisco io.

“Cosa significa ‘per una volta’, eh kitsune?! Io sono il più geniale investigatore del Giappone e ora della Gran Bretagna, per tua norma e regola!!! E non darmi più dell’idiota o ti spacco la faccia!!!!” strepita Sakuragi, accalorandosi tutto.

Devo dire che trovo fantastiche queste sue esplosioni improvvise, questa sua capacità di cambiare umore così facilmente, questa esuberanza che traspare da ogni sua reazione…ma non glielo farò mai capire o si monterà la testa ancora di più!!!

Lui continua a lamentarsi della mia mancanza di reazione fino a che non arriviamo alle due piccole costruzioni; il giardiniere non c’è e il fatto che non fosse neanche in giardino ci fa capire che questo dev’essere il suo giorno di riposo. Ovviamente la porta della sua casa è chiusa, ma non è lì che credo di poter trovare qualcosa: mi attira di più il capanno degli attrezzi. Troviamo chiuso anche quello.

“Be’, ma noi abbiamo un mandato, no?- si impunta Sakuragi- Non dovrebbe volerci molto per aprire questa porta…”.

“Torniamo alla villa per chiedere le chiavi?” propongo; ma la testa rossa mi guarda con un sorriso soddisfatto e un po’ megalomane e mi dice: “Non serve, visto che il tensai è un uomo previdente e si porta dietro il materiale adatto!!!” e, in effetti, dalla tasca interna del suo giaccone spunta una custodietta che contiene un piccolo coltello, delle pinze e una piccola lente d’ingrandimento; lui prende le pinze e si china, armeggiando con la serratura.

All’inizio lo guardo distrattamente, poi ho la folgorazione: ma certo!!! Ecco svelato il mistero della porta chiusa dall’interno!!!! Il colpevole ha chiuso dall’esterno, con l’aiuto delle pinze, una chiave situata all’interno…un trucco semplice, ma abile per stupire e far concentrare l’attenzione su quel particolare piuttosto che su altri!!!

“Fatto!” esulta Sakuragi, sentendo scattare la serratura e aprendo la porta del capanno.

Entriamo con circospezione e adattiamo gli occhi alla penombra; in realtà sembra che non ci sia molto da vedere o da cercare: i soliti attrezzi da giardino di tutte le ville di campagna inglesi… ma alla fine siamo ricompensati e, in un angolo particolarmente buio, sotto un tavolaccio di legno, scorgiamo delle fiale e altri oggetti rudimentali che hanno tutta l’aria di essere serviti per preparare un distillato…mortale in questo caso.

“Con questo l’abbiamo fregato, kitsune!!!” esclama Sakuragi, con sguardo brillante.

“Hn…perché? Credi davvero che troveremo impronte digitali su questi oggetti?” mi limito a fargli notare.

Lui si zittisce, nervoso per non saper replicare, poi sbotta: “Sì, vabbe’, ma intanto devono essere analizzati!” e poi prende un panno posato sul tavolo e con quello raccoglie da terra le nostre ulteriori prove…sperando che non siano state lavate tanto bene da non lasciare nessuna traccia, o non ce ne faremo nulla!!!

Il do’aho mi fissa con lo sguardo di sfida che ha quando si autoproclama tensai, ma stavolta non dice niente, soltanto mantiene quel suo atteggiamento fiero che mi dà ai nervi, ma allo stesso tempo mi fa stare bene…mi sembra di essere io a spronarlo, come se per lui la competizione con me fosse fondamentale. E in effetti fin dal primo anno di accademia , fin dal primo corso di criminologia che abbiamo seguito insieme è sempre stato così: io ho dato il massimo perché il mio scopo è diventare il numero uno nel mio campo e lui lì a gridarmi dietro che me l’avrebbe fatta vedere, che stavo facendo i conti senza di lui…e si impegnava!!! Si è sempre impegnato, di questo gliene do atto…mi piacciono le persone così. Mi piace questo suo modo di fare. Non ho mai capito perché creda che io lo ignoro, visto che non è così: forse perché il mio silenzio è ingannatore, il mio viso indifferente tradisce la curiosità che provo nei suoi confronti…

Io gli restituisco questa occhiata di sfida, perché comunque non si illuda di poter raggiungere il mio livello, poi usciamo dal capanno.

“Bah, questa porta dovremo lasciarla aperta…” borbotta, osservandola.

“Affatto, do’aho: la chiuderemo come ha fatto l’assassino…”.

“E come avrebbe fatto? Stupida volpe, vuoi forse farmi credere di aver risolto il mistero della porta chiusa dall’interno? Ma non ci credo neanche se lo vedo!!!” si impunta lui, che tiene in mano le prove appena scoperte.

“Scommettiamo?” senza dire altro, tolgo la custodietta dal suo giaccone e ne prendo nuovamente le pinze; mi chino e, semplicemente, faccio scattare la serratura al contrario. La porta si chiude e a dimostrazione premo la maniglia.

“Ma…- Sakuragi è a bocca aperta- Ma cosa…”.

“Elementare, do’aho! Questo gioco si può fare anche con una chiave inserita nella serratura…quella famosa porta non era chiusa dall’interno, ma dall’esterno, con questo trucco”.

“Ma è stata esaminata anche la chiave dello studio e non presentava segni…rigature o che so io!!!” osserva lui e a ragione, ma la risposta è facile anche in questo caso: “Per evitare che le pinze lasciassero segni sulla chiave dev’essere bastato avvolgerle in una stoffa sottile”.

Lui apre la bocca, ma non sa replicare oltre e così ci avviamo verso la villa: nello studio stanno facendo ancora accertamenti e io ne approfitterò per dimostrare al do’aho che la mia teoria è quella giusta. Intanto, non so rinunciare ad una provocazione: “Allora, do’aho! Non ti solleva che la questione della porta sia stata risolta?”.

“Grrr…stupida e presuntuosa volpe!!! Mi sentirei sollevato, se non fossi stato TU  a risolverla!!!” mi ringhia minacciosamente, guardandomi torvo.

“Ti concedo che mi hai aiutato…l’ho capito quando ti ho visto aprire quella serratura…” ammetto, anche se non so perché lo sto facendo.

“Ehehehehehe… visto? L’aiuto del tensai è sempre determinante!!! Non ho mai messo in dubbio che lo sarebbe stato anche questa volta!!” e ride, passando dal volto rabbuiato di prima ad un’espressione solare e calorosa…come la sua stretta di stanotte…

quando arriviamo al piano superiore della villa, io ho modo di constatare la fattibilità della mia ipotesi, meritandomi i complimenti dei colleghi (cosa che non fa piacere a Sakuragi…) e poi noto che questa stanza è vicino ad una nicchia nella parete, decorata con una statua classicheggiante…un posto adatto per nascondersi nel buio della sera e attendere il momento di colpire…ma adatto anche come rifugio una volta usciti dalla stanza, per essere sicuri che sia tutto tranquillo…

Salutiamo i nostri colleghi inglesi  e torniamo alla macchina, per riprendere la strada di Londra e andare a Scotland Yard; oggi è una giornata nuvolosa e umida…poco dopo inizia a piovere e il do’aho sbuffa: “Di nuovo!!!”.

Arriviamo a Londra tra i suoi mugugni e, dato che è l’ora di pranzo, decidiamo di mangiare qualcosa in un ristorante cinese prima di andare a consegnare i reperti. Sakuragi mi lancia un’occhiata, mentre mangiamo e mi chiede: “Come mai quella faccia seria? Abbiamo finalmente capito come è avvenuto il tutto…”.

Io alzo le spalle: “Abbiamo capito il come, certo, ma senza un movente non capiremo chi sia stato”.

Finiamo il nostro pranzo piuttosto rapidamente, per poi recarci subito a Scotland Yard; restiamo lì buona parte del pomeriggio, per scoprire che su quegli oggetti non ci sono impronte digitali, come sospettavo, ma che quasi sicuramente hanno contenuto il veleno. Il che non ci porta da nessuna parte, secondo me.

Per finire in bellezza, ad un certo punto ci raggiunge Mitsui per dirci che il computer con i dati che doveva recuperare per noi ha subito un guasto e che potrà fornirci le informazioni non prima di uno o due giorni…

“Perfetto!!!” sbotta Sakuragi.

“Quando ci saranno i funerali?” chiede Kogure, comparso accanto al suo compagno.

“Domani, perché?” si stupisce il do’aho.

“Dovreste andare…sai, per osservare i presenti! Spessissimo gli assassini vanno ai funerali delle loro vittime…” spiega il nostro psicologo.

“Ah, è vero!” Sakuragi si passa una mano fra i capelli rossi; è chiaro che non è entusiasta all’idea…neanche io lo sono, a dire il vero…

In serata ce ne andiamo, ceniamo in un fast-food per fare prima e poi torniamo a casa; ho sonno, vorrei tanto dormire, ma non posso: certo, mi infilo sotto la doccia e poi mi vesto con la mia comoda tuta e questo mi rilassa, ma devo di nuovo leggere gli incartamenti del caso…sono sicuro che ci sia qualcosa di sfuggente proprio sotto i miei occhi!!! E non solo qualcosa di scritto, ma qualcosa che ho visto…

Mi siedo sul mio letto, con un lieve sospiro, quando sento bussare lievemente alla porta ed appare Sakuragi, anche lui con i capelli umidi e con una specie di pigiama. “Sai, kitsune, ci stavo pensando prima e c’è qualcosa che mi sfugge in questo caso…” mi dice, sedendosi sul bordo del mio letto.

“Anche io ho questa sensazione…” mormoro.

“Forse le informazioni sugli affari del signor Bantry ci aiuteranno! Se solo quel dannato computer non si fosse guastato!!! Scommetto che è stato quell’incapace di Mitsui a romperlo!!” borbotta lui.

“Quel giardino…” dico io, in un soffio…In realtà stavo parlando a me stesso, invece mi sono uscite di bocca le parole.

“Cosa?” Sakuragi mi fissa.

“E’ come se mi mancasse un anello della catena!” dico, spazientito.

“Mpft!!! Certo, stupida volpe!!!! Sarò io a risolvere questo caso, cosa credi?! E ora passami un po’ quei fogli…mica vorrai tenere il tensai all’oscuro degli incartamenti?!” e mi tende la mano; ha parlato con il suo tono megalomane, ma lo so che in realtà è la sua maniera per dirmi che vuole continuare a lavorare…

Tra una sua dichiarazione di genialità, una discussione se in questo Paese il tè debba prendersi con il latte o con il limone (e non vuole capire che si prende con il latte!!!) e il suo rammarico per l’innocenza del maggiordomo, si fa notte fonda.

Al mio ennesimo sbadiglio soffocato, lui mi guarda con un mezzo sorriso: “Mi sa che per te è tardi…però abbiamo risolto qualcosa, no?”.

“Hn” abbiamo escluso le cameriere dall’elenco dei sospetti, sai che sforzo!!!! Ma non potevamo fare di più, senza tutti i dati, lo so; lui si è mezzo sdraiato sul mio letto, io alzo lo sguardo e ci guardiamo negli occhi, in silenzio, poi Sakuragi mi sembra un po’ imbarazzato e fa per andarsene: “Ora me ne vado…ho capito che hai sonno…”. Lo dice con una voce un po’ strana e io devo essere un cretino, una stupida volpe come dice lui, perché ripenso alla scorsa notte e mi rendo conto che sono due mesi che lui dorme su quello scomodo divano-letto praticamente per colpa mia…

“Non c’è bisogno che tu vada via…” mormoro, d’impulso.

“Eh?” mi fissa stupito, con i suoi grandi occhi nocciola spalancati.

“Puoi dormire con me…il letto è abbastanza grande per tutti e due…starai più comodo, ti riposerai meglio…” e questo è vero, ma è DAVVERO il motivo principale per cui gliel’ho detto? O non è perché la scorsa notte mi sentivo così bene fra le sue braccia che mi stringevano… certo, stanotte non potremo stringerci, ma ci sarebbe lo stesso quel tepore vicino a me…

“Allora grazie, kitsune!!!” esclama lui con slancio…forse un po’ troppo…

Il do’aho è già in pigiama; io vado in bagno a cambiarmi, poi ci infiliamo sotto il piumino e spegniamo la luce, dopo esserci dati la buonanotte.

È strano…sento che anche lui è sveglio e mi rendo conto che facciamo di tutto per non muoverci, per non sfiorarci nemmeno, come se ne avessimo timore…ma io pian piano mi rilasso, il sonno si fa sentire…mi muovo appena, girandomi su un fianco, per stare più comodo…Poco dopo, sento le braccia di Hanamichi che mi avvolgono…Hanamichi?! Non lo avevo mai chiamato per nome, neanche nel pensiero...Ma ora sento che mi sta stringendo e che mi sta accarezzando i capelli con molta dolcezza…lui è ben sveglio e a me dispiace di stare scivolando nel sonno…mi attira a sé e io lascio che lui mi faccia appoggiare al suo torace…

“Kaede…” mormora il mio nome, in tono dolce ed incerto…neanche lui mi aveva mai chiamato così…e il mio nome non mi è mai sembrato così bello…

 

 

Come faccio a dormire?!

So già che non riuscirò a chiudere occhio e, del resto, come potrei con lui di nuovo fra la braccia? Sono emozionatissimo, mi sembra ancora incredibile e ancor di più perché è stato lui a dirmi di dormire nel suo letto…

Certo, non mi aveva detto di abbracciarlo, ma questo ora è solo un dettaglio, non vi pare? E poi non ho saputo resistere, non ho POTUTO resistere…

Poco fa, stavo lì a fingere di dormire quando ho sentito che lui si girava e io ho reagito come attirato da una calamita…mentre allungavo le braccia per attirarlo a me mi ripetevo che ero un pazzo, che se la volpe se ne fosse accorta sarebbe finita a pugni e a testate, che mi stavo rendendo ridicolo, ma poi non me ne è fregato assolutamente  niente di tutto questo!!!! Ho seguito l’istinto, come sono abituato a fare, e ora lui è stretto a me e poggia il suo bel viso sul mio torace e  io mi sento così bene…così appagato, completo…

Perché? Perché proprio ora, qui, a Londra? Lui non mi è mai stato indifferente, gridavo ai quattro venti di odiarlo, lo  studiavo, mi sentivo rimescolare il sangue solo ad averlo vicino, con la sua bella faccia da schiaffi e la sua aria di algida superiorità…ora che ci penso, una delle ragazze che mi ha scaricato mi aveva detto ridendo che le parlavo un po’ troppo di lui…Vabbe’, insomma, è inutile stare qui a girarci intorno: Kaede Rukawa ha sempre riempito i miei pensieri!!!!

Ma mai come ora.

Non avevo mai provato questo impulso di abbracciarlo, di toccarlo, di voler essere più importante per lui…Cosa diavolo è successo? Quando è successo? Cavolo, io studio la mente umana, vogliamo dire che non conosco proprio la mia?!

Ci penso un po’, assaporando nel frattempo il tepore e la morbidezza che mi comunica il suo corpo, e poi sorrido: è stato due o tre giorni fa, quando abbiamo parlato veramente di là, sul divano (sto cominciando a rivalutarlo!!), e abbiamo parlato con sincerità, a cuore aperto, del nostro passato…

Ho cominciato a sentirlo vicino, a pensare che al di là di ogni differenza caratteriale qualcosa ci unisce e questo è vero, perché se non ci fosse qualcosa tra di noi credo che ci saremmo già saltati alla gola e ammazzati, visto quello che ci siamo detti in tutto questo tempo!!!!

Per ora mi basta questo, per stanotte non farò altra autoanalisi…questo stupido volpino è importante per me e io mi sono arreso all’evidenza, ma adesso non mi chiederò altro…non voglio rovinare tutto con la fretta e l’impazienza, come mio solito, non questa volta…

Lo stringo più forte a me, lo chiamo per nome…è la prima volta che lo faccio…la prossima volta che lo farò, spero che lui potrà sentirmi…

La notte passa in fretta quando si ha un sonno profondo e senza sogni; io mi sveglio prima di Rukawa e mi alzo per andare a preparare la colazione…tra l’altro è meglio che io non mi metta ad indugiare in sua contemplazione, molto meglio!!!! Ma non resto da solo a lungo, lui mi raggiunge e poi prende il via un’altra giornata di investigazione.

Un po’ noiosa a dire il vero: da Scotland Yard non ci sono buone notizie: l’ispettore Hastings ha l’impressione di essere in un vicolo cieco, il computer è ancora rotto e dovremo ripassare domattina; torniamo alla villa non ho capito per fare che cosa, visto che di impronte non ce n’è traccia!!!

Comincio ad odiare questa strada, anche se è scorrevole e comoda per la macchina!!! “Oi kitsune, perché non chiediamo direttamente ai familiari dove avesse le sue attività il signor Bantry? Così risparmieremmo tempo” gli faccio notare, mentre guido. Tra parentesi, ho deciso di restare calmo…devo chiarirmi le idee ed essere naturale come sempre con lui o non ne verrò mai a capo!!!

“Non mi fido” è la sua laconica risposta.

“Ma perché?” quanto non lo sopporto quando gli devo cavare le parole di bocca!!!! Lui mi guarda di sfuggita: “Perché quando c’è di mezzo un caso di omicidio, irrisolto bada bene, le persone più sono innocenti più tendono a diventare stupide…dicono bugie, se sembra che qualcosa possa collegarli al delitto anche indirettamente e questo rallenta le indagini…gli affari sono una cosa molto impersonale e io voglio servirmi di fonti impersonali…tra l’altro questo non è il caso di un giro miliardario, quindi…” e detto questo, si rinchiude nel silenzio.

Io stringo con forza il volante della macchina; lo detesto quando è così perfetto, impeccabile nel ragionamento, così razionale!!! Lo detesto perché mi fa sentire come se  non fossi degno di lui, io che ogni tanto sono distratto, impulsivo e un po’ pasticcione diciamocelo!!! Mi sembra di vederlo irraggiungibile, su una torre d’avorio e allo stesso tempo la mia stima per lui aumenta sempre più e io non riesco a liberarmi del pensiero di lui, riempie ogni spazio della mia mente…

Arriviamo a questa cavolo di villa: in realtà sono pochi giorni che lavoriamo a questo caso, ma già non ne posso più di questo posto!!! Veniamo a scoprire così che il funerale si terrà questo pomeriggio nella chiesa del vicino paese e la rapida occhiata d’intesa che ci scambiamo io e la kitsune mi conferma che ci dovremo essere anche noi; poi Rukawa dice alla governante che noi due dobbiamo salire al piano di sopra. “Odio anche questa scala!!!- non posso fare a meno di dire, anzi di borbottare- Perché dobbiamo salire anche oggi? Non ci sono neanche i nostri colleghi!!!”.

“Devo controllare un particolare” è la sua loquace spiegazione.

Mi fa fermare di fronte ad una nicchia nel muro, ornata con una statua che potrebbe sembrare greca, e poi mi dice: “Dai un’occhiata qua…” come se si aspettasse di trovarci qualcosa.

Non mi va di assecondarlo, ma faccio come mi dice e ho un sussulto: ci sono lievi tracce di terra!!!! Proprio dietro la statua, dove a rigor di logica dovrebbe esserci soltanto polvere al massimo…

“Qualcuno si è nascosto qui!” affermo, fissandolo.

“Già, qualcuno…” anche lui finge di rimanere nel vago, ma tanto parliamo della stessa persona.

“Questo significa che il colpevole aveva camminato da poco fuori dalla villa, per avere le suole un po’ sporche di terra!” bene, bene…la mia genialità è all’opera… Eppure, con mio grande fastidio, la kitsune non rimane colpita dalla mia osservazione; torniamo al piano di sotto, poi lui si reca nella biblioteca e inizia a scorrere con lo sguardo i titoli dei volumi, soffermandosi sui numerosi libri di piante…ne prende uno, lo sfoglia, legge per un po’ qualcosa e poi lo rimette a posto…

“Credi di trovare indizi qui dentro?” gli chiedo, un po’ polemico.

“Il puzzle comincia prendere forma, mi manca solo qualche tassello per avere la conferma…” mormora lui, più a se stesso che a me.

Poco dopo ce ne andiamo: dobbiamo mangiare e poi partecipare al funerale; sorvolo su questo racconto che non è dei più piacevoli (oddio, non è che in tutto questo fatto in sé ci sia qualcosa di piacevole!!!), ma vi rendo noto soltanto che abbiamo trovato in chiesa anche l’ispettore Hastings, Mitsui e Kogure.

Alla fine della cerimonia, i nostri amici ci sia avvicinano.

“Notato niente?” chiede l’ispettore a Kogure, per un parere professionale.

“No, nessuno ha avuto un comportamento fuori luogo…questo significa che il colpevole è ancora fermamente convinto di aver fatto bene ad uccidere…non ha sensi di colpa che possano portarlo a tradirsi…almeno per ora” spiega lui, triste, osservando con partecipazione i familiari.

“Di bene in meglio…” si lamenta lui.

“La soluzione è vicina” dice Rukawa, in tono deciso, e io vedo un lampo di curiosità nello sguardo dell’ispettore.

“Cosa avete scoperto?” chiede, facendosi ancora più attento.

“Ci dia ancora due giorni” replica lui, senza scoprirsi, ma molto fermo e deciso.

“Ah, a proposito Rukawa!!! Tieni le informazioni che vi servivano…il funerale me le stava facendo dimenticare!!! Il computer è stato pronto per essere usato a mezza mattina, poi: non ho dato tregua al tecnico!!!” interviene Mitsui, porgendo alla volpe una busta piena zeppa di fogli.

“Cos’hai fatto? Lo hai minacciato?” chiedo io, un po’ seccato dalla sua espressione fiera per aver risolto la faccenda.

“No, quello lo avresti fatto tu!!” mi rimbrotta lui, accigliato.

Con la coda dell’occhio noto, seccato, che Rukawa ignora il nostro battibecco, troppo impegnato  a scorrere le fitte righe che ricoprono i fogli portati da Mitsui; attorno a noi si disperde lentamente la folla che aveva assistito al funerale di Henry Bantry. Proprio mentre sto per rimbeccare nuovamente Mitsui, però, Rukawa si rivolge all’ispettore: “Questo posto dov’è?” chiede, indicando un nome su uno dei fogli.

“Nella contea confinante…come sta scritto qui, il signor Bantry vi aveva delle proprietà che visitava spesso… ce lo hanno detto anche la moglie e i figli, quando chiedemmo degli spostamenti del morto. Perché?” si informa subito Hastings.

“L’ho già letto da qualche parte…forse in una delle carte che sono a casa…” mormora la volpe.

“A che riguardo?” mi intrometto io, stanco di non intervenire.

“Nei dati personali di qualcuno, ma non mi ricordo di chi…- spiega Rukawa, con evidente irritazione per quella che giudica una mancanza da parte sua- Non importa: stasera controllerò e domani ci recheremo in questo posto…credo che ne varrà la pena…” conclude lui, mentre io mi sento urtare la spalla da qualcuno che mi è passato troppo vicino.

Istintivamente reagisco male, mi volto: “Ehi! Un po’ di attenzione!!!” esclamo; questo maleducato neanche si volta, lo vedo solo di spalle, ma la sua corporatura ha qualcosa di vagamente familiare…come di qualcuno che abbia visto in questi giorni…

Intanto gli altri quattro si stanno avviando verso le macchine parcheggiate.

“Andiamo?” mi chiama Rukawa.

Il viaggio di ritorno verso Londra è silenzioso, perché anche io mi sento inquieto e turbato; cerco di non pensarci, convincendomi che è stato il funerale a farmi questo effetto…o forse questa sensazione di essere seguiti…guardo nello specchietto retrovisore…dietro di me ci sono due o tre macchine di gente che dalla campagna deve andare a Londra…o meglio, tornare, visto che ormai è sera e non è più ora di gite…Decido di non pensarci più, sarà stata una mia impressione!!!

Arrivati in città, io e Rukawa ceniamo ad un ristorante indiano; siamo tutti e due un po’ urtati da queste indagini lente, ma speriamo che domani ci sia una svolta.

“Come prima cosa, una volta a casa, dovremo controllare quel nome di paese, do’aho” mi dice lui e io sono così contento del fatto che mi renda più partecipe delle sue decisioni che non mi importa neanche di essere chiamato do’aho!!! Oddio, se non lo facesse sarebbe meglio, ma non si può avere tutto!!!

Saliamo di nuovo in macchina e torniamo a casa; lui scende per primo e io impiego un po’ di tempo per parcheggiare bene, con questa strada male illuminata.

“Io intanto apro il portone, do’aho” mi avverte Rukawa, iniziando ad attraversare. Esco dalla vettura e la chiudo: “Aspettami, qui ho finito…” dico, ma poi la mia attenzione è catturata  da una violenta luce di fanali che si avvicina a tutta velocità…e lui sta attraversando…non farà in tempo…

“KAEDEEEEE!!!” grido, gettandomi addosso a lui, rotolando con lui dall’altra parte della strada, ringraziando finalmente per tutte quelle ore di addestramento che adesso mi tornano utili…L’impatto con l’asfalto è attutito dai giacconi pesanti, rotoliamo un po’ per terra e per qualche secondo rimaniamo fermi, storditi, ansanti…non so neanche se lui si sia reso conto di cosa è successo, visto che è avvenuto tanto in fretta…Ma io sì: ho rischiato di perderlo…quell’auto voleva investirlo ed ucciderlo, non ci sono dubbi…e io ho rischiato di perderlo…

Lo guardo mentre si solleva a sedere e fa una smorfia: “Pare che le indagini procedano bene, Sakuragi, altrimenti non avrebbero cercato di mettermi a tacere…- poi mi fissa negli occhi con quel suo sguardo così blu, così profondo, così…meraviglioso, sì, meraviglioso- …mi hai salvato la vita…grazie…” mormora in un soffio.

Io lo fisso a mia volta e non capisco più niente, anzi, non è vero: ora capisco tutto.

IDIOTA IDIOTA IDIOTA IDIOTA!!!!

Me lo dico da solo, mille volte idiota!!! Come ho fatto a non capirlo? Eppure è più di un anno che guardo solo lui, che penso solo a lui, per studiarlo, per insultarlo anche, ma comunque sempre e solo lui…Eppure, ho capito tutto solo quando ho realizzato che stavo per perderlo, prima ancora di averlo avuto…

Sono pazzo di lui.

Sono totalmente, perdutamente e irrimediabilmente innamorato di Rukawa. Di Kaede…

Prendo il suo viso fra le mie mani tremanti, con delicatezza: “Stai bene?” anche la mia voce trema…

Rukawa annuisce, poi mi chiede: “E tu?” e alza la sua mano pallida per sfiorarmi il volto e la spalla con le sue dita sottili. Io ho un brivido.

“Ho rischiato di perderti…” riesco a mormorare, ancora stordito.

“Eh?” .

“Ho rischiato di perderti e non l’avrei sopportato…non lo sopporterei…Kaede, io…” e non so dire altro; siamo ancora seduti per terra, all’aperto, ma non me ne frega niente e poi questa strada è deserta a quest’ora: continuo a tenere il suo viso bellissimo fra le mani, avvicino lentamente il mio…

“Non voglio mai più rischiare di perderti…” gli soffio sulle labbra, prima di baciarlo. Un bacio dolce e leggero, quasi timido; allontano di poco il volto e lo osservo con apprensione, preparandomi anche a ricevere un sonoro ceffone, ma non avviene questo: lui mi guarda stupito, poi mi sorride…mi sorride, capite, non l’ho mai visto sorridere, ma ora sta sorridendo dopo un mio bacio!!!!

Di nuovo appoggio le mie labbra alle sue e sento che  Rukawa ricambia il bacio…tanti baci piccoli e dolci, che sanno di tenerezza, ma che risvegliano qualcosa di più passionale dentro di me. Lo voglio. Lo voglio più di ogni altra cosa al mondo. L’ho sempre voluto. Sempre e solo lui.

“Andiamo a casa…” mi dice gentilmente, tra un bacio e l’altro.

Ci alziamo a fatica, percorsi da brividi, sia per il pericolo che abbiamo appena corso sia per ciò che è appena divampato fra di noi…apriamo il portone…saliamo le scale…Ma perché abitiamo all’ultimo piano??!!

È più forte di me, ricomincio a baciarlo che stiamo ancora sul pianerottolo, ora che ho conosciuto il sapore delle sue labbra so che non potrò più farne a meno…Non è facile aprire la porta di casa in queste condizioni, ma ci riesco; nel chiuderla, una volta dentro, ce lo faccio appoggiare contro e lo bacio sempre più appassionatamente e non potete capire la mia sorpresa, la mia gioia, quando questa volpe che si è sempre dimostrata fredda e distante mi abbraccia, si stringe a me, dischiude la bocca per permettere alla mia lingua di introdurvisi, ricambia il mio bacio…Le sue braccia mi circondano il collo…nello stesso momento iniziamo a spogliarci, i giacconi finiscono a terra, ci separiamo un attimo per poterci sfilare i maglioni e abbiamo tutti e due il respiro affannato e io tocco il cielo con un dito…Perché io lo voglio, voglio poterlo amare, voglio fare l’amore con lui e leggo nei suoi occhi che lui è d’accordo; lo capisco dall’impazienza del suo sguardo, dalla sollecitudine con cui le sue dita abili mi sbottonano la camicia…io gli strappo letteralmente la sua di dosso; sta per arrivare il momento e io vengo colto dal panico: che ne so, io, di com’è far l’amore con un ragazzo? Ossia, teoricamente lo so, non sono così cretino!!! Ma trasformare quella teoria in pratica è un’altra cosa: in un secondo mi vengono mille ansie, mille paure, ma poi lascio scorrere lo sguardo sul suo corpo bellissimo e seminudo e allora prevale l’eccitazione e penso che io lo amo. L’adrenalina scorre più veloce in me e se la mia mente è titubante, il mio corpo non lo è, mi guida verso di lui, come se sapesse perfettamente cosa fare…forse lo sa: forse lo sa, perché quando si incontra il vero amore si sa sempre cosa fare e questo spazza via ogni timore e l’istinto torna ad avere il sopravvento…ci guardiamo negli occhi e riprendiamo a baciarci…io lo stringo e lo guido nella sua camera, verso il letto…cadiamo sul letto e Rukawa è sotto di me, che mi guarda con le guance arrossate…finora non abbiamo parlato, ma lui mi chiede con desiderio: “Che aspetti?” e io non so più controllarmi…

 

 

Da quando Hanamichi mi ha baciato, per strada, è cambiato tutto!

Il suo bacio ha liberato qualcosa che era nascosto, soffocato dentro di me e che ora posso lasciar andare; lui…la mia curiosità per lui, la mia rabbia quando non lo vedevo impegnarsi al massimo, il mio gusto di provocarlo solo per sentirlo gridarmi contro, la mia decisione di partire per Londra con lui…lui, da sempre.

E ora non riesco più a controllarmi, né voglio farlo…le sue braccia mi stingono e mi comunicano passione e dolcezza insieme…i suoi baci mi divorano le labbra…

Quando cadiamo sul letto non posso fare a meno di chiedergli: “Che aspetti?”.

E lui non vuole più aspettare, per fortuna: mentre le sue mani mi accarezzano incessantemente la pelle messa a nudo, il suo volto si china, la sua bocca si chiude sulla mia areola sinistra e comincia a succhiare avidamente…e io mi ritrovo a gemere…per un suo tocco, per un suo bacio…i miei gemiti sommessi lo fanno eccitare ancora di più, perché si solleva da me e mi sbottona i jeans, per poi sfilarmeli di colpo insieme ai boxer…

Sono nudo davanti a lui; nessuno mi ha mai visto così e sono felice che sia lui il primo a farlo…nessuno mi aveva attirato fino a farmi pensare di impazzire se non saremo uniti al più presto…

Senza staccare lo sguardo dal mio, Hanamichi rimane in piedi per disfarsi anche lui dei pantaloni e della biancheria, poi lentamente, sensualmente, si porta due dita alla bocca e le inumidisce; io tendo una mano verso di lui, per fargli capire che lo voglio di nuovo sopra di me e lui lo fa, mi bacia di nuovo, mentre io gemo sulle sue labbra per il piacere della strana sensazione di sentire le sue dita nella mia intimità; continuiamo a perderci nel nostro bacio ipnotico, assoluto, totalizzante…io sento che Hanamichi si sposta e anche io muovo il mio corpo perché lui possa sistemarsi fra le mie gambe… è il momento…lui spinge e io lo sento di colpo dentro di me…

Emetto un gemito, di dolore questa volta, ma non voglio che capisca quanto mi sta facendo male…lui spinge dentro di me e io mi concentro sui suoi ansimi, sul suo volto estasiato, stravolto, eccitato…riesco a trattenermi e faccio bene, perché poco dopo succede qualcosa di meraviglioso: Hanamichi mi penetra più a fondo e sfiora qualcosa nel mio corpo…e io vengo sommerso dal piacere…

Un piacere fisico, che si espande per tutte le membra rendendole più calde che mai, e un piacere del cuore, della consapevolezza che era lui quello che aspettavo, che ormai questa testa rossa è parte di me e mi sta riempiendo il corpo e l’anima allo stesso tempo…lui, che non riuscivo ad ignorare…lui, verso cui c’era questa continua, sfibrante tensione che entrambi cercavamo di ignorare…lui, che mi ha fatto sorridere…

Ad una sua spinta più vigorosa, io grido di piacere, grido come non ho mai fatto nella vita…non sapevo neanche di poter gridare così…

“Kaede…” la sua voce mi accarezza come le sue mani.

Ma non riesco a rispondergli, i miei gemiti me lo impediscono, riesco solo ad attirarlo di più a me, stringendolo forte.

“Kaede, io ti amo” me lo mormora all’orecchio, emozionato, prima di irrigidirsi, mordersi le labbra e sciogliersi dentro di me con un grido liberatorio.

E mi sciolgo anche io, con lui, pieno del suo calore, della sua passione, con il mio grido più alto…

Per un po’ siamo incapaci di muoverci, storditi ed esausti, poi Hanamichi si sposta da sopra di me e scivola fuori dal mio corpo; mi dispiace, ma non posso trattenere un lamento per il dolore. Lui se ne accorge subito, mi guarda ansioso.

“Ti ho fatto male? Scusa, non volevo…” e lo vedo nervoso all’idea e voglio subito rassicurarlo: “Non ti preoccupare…è normale che faccia male la prima volta, credo”.

Hanamichi mi guarda con gli occhi più sgranati che abbia mai visto: “La prima volta?” mi chiede in un mormorio.

Io mi limito ad annuire, con un lieve sorriso.

Con chi avrei dovuto farlo? Sono vissuto per anni isolato da tutti e poi, dopo, al corso, ero sempre con te, do’aho!!! Già, sei proprio un do’aho a non averlo capito subito!!! Ma il mio pensiero è scherzoso…

“Avrei voluto saperlo…- sussurra lui, con uno sguardo dolce; esita un attimo, poi aggiunge- Sai, anche per me era la prima volta…”.

Ora è il mio turno di guardarlo stupefatto: “Ma…tu hai avuto delle ragazze!!” esclamo. Ecco, in questo momento questo fatto mi secca non poco!!! Che abbia avuto delle ragazze, intendo.

Hanamichi sembra un po’ imbarazzato nel rispondere: “Sì, ma hanno avuto tutte lo stesso formidabile tempismo di lasciarmi prima di farlo…”.

Stupendo!!!

Forse è un po’ egoista da dire, perché allora lui ci sarà stato male, ma io sono proprio contento!!! Il mio do’aho è solo mio!!!

“Avrei voluto saperlo…” mormoro io, come ha fatto prima lui.

“Ah, avevo paura che se te ne fossi accorto mi avresti considerato un imbranato incapace!!” ride lui, palesemente più a suo agio.

“Incapace non direi!” sorrido io, sfiorandogli la spalla con un dito: mi basta pensare al piacere che mi ha dato prima per dirlo; il suo corpo è forte e muscoloso…la sua pelle è ambrata, fa un bel contrasto con la mia…

Io sono sdraiato, lui è disteso su un fianco accanto a me; mi accarezza lentamente, contento per la mia affermazione, ma ripete: “Avrei voluto saperlo…sarei stato più delicato, ti avrei riempito di baci e carezze” e si china a baciarmi con gratitudine e dolcezza.

“Hn…quello era il momento della passione, Hanamichi” ed è stato giusto così, dopo che per più di un anno avevamo tenuto repressa questa forza che ci spinge di continuo uno verso l’altro.

Lui sorride, si sdraia e mi attira a sé: “Sai Kaede, devo ammettere di essere rimasto molto male ogni volta che venivo scaricato…ma ora capisco che era perché dovevo trovare te, perché noi siamo l’uno per l’altro…”.

Qualcosa si risveglia, in me, a queste parole…E’ così bello, Hanamichi, che tu sappia parlare…parlare veramente, intendo…mi piacerebbe saper dire la stessa cosa con la tua stessa semplicità e spontaneità, come hai fatto tu, ma ho ancora bisogno di tempo.

Hai detto di amarmi ed eri sincero, lo so, e io ti ammiro: ti ammiro perché è eroico saper dire ‘ti amo’ ad una persona…e quella persona sono io; mi stringo di più a lui, abbracciandolo.

“Sei stanco?” mi chiede con gentilezza.

“Un po’…” ammetto io.

“Un po’ lo sono anche io…”.

Ci alziamo dopo qualche minuto, facciamo la doccia insieme ed è straordinario come questo semplice cambiamento renda tutto così diverso…

Quando torniamo in camera e ci sdraiamo sul letto, Hanamichi tira il piumino su di noi, mentre io mi rilasso contro di lui; poi mi bacia in fronte e mi bisbiglia: “Buonanotte, Kaede”.

Mi lascio avvolgere dal suo abbraccio, che so non mi lascerà per tutta la notte, e gli rispondo: “Buonanotte, Hana…”.

Sarà un sonno completamente sereno, lo so: il primo dopo tanto tempo.

Ed è sereno anche il mio risveglio, perché avverto i suoi baci leggeri sul mio viso, le sue labbra gentili che mi accarezzano la guancia.

“Mm…” mi lamento un po’, ma allo stesso tempo mi sforzo di aprire gli occhi; quando lo faccio, incontrano i suoi che sono radiosi.

“Buon giorno, kitsune!!” mi sorride, allegro, poi mi fa alzare il mento con la mano e mi bacia sulla bocca; un bacio che ricambio, assaporando il suo gusto e il suo profumo.

“Buon giorno” gli mormoro poi, quando ci separiamo.

“Hai fame, vero?” mi chiede, speranzoso. Uhm…in effetti dall’angolo-cottura viene un buon odore!!!

“Sì” gli rispondo io.

“Io sono sveglio già da un po’…ho preparato la colazione, spero che ti piaccia…” e nel dirlo mi accarezza i capelli.

Andiamo nell’altra stanza e scopro che ha preparato proprio tutto! Succo di frutta, uova e bacon, cereali, pane tostato…fa venire fame perfino a me , che di solito bevo solo il tè di prima mattina!!!!

“Do’aho! Ma allora sai accendere il gas!!!” recito la parte dello stupito soltanto per il gusto di vederlo strepitare contro di me e autoproclamarsi tensai assoluto del Giappone e ora della Gran Bretagna.

“Grrrr…volpino stupido e indisponente!!! Ti piacerebbe farmi arrabbiare, vero? Ma stamattina non ci riuscirai, kitsune, sono troppo di buon umore…” mi sorride apertamente, mentre divora con gusto le uova col bacon.

“Hn…e perché?” decido di fare il vago.

“Lo sai perché…- arrossisce il do’aho- Fare l’amore con te ha cambiato tutto…” dice, tutto emozionato.

“Fare l’amore…” ripeto io, ma non a lui; lo ripeto per me stesso e ripenso a questa notte, al suo calore, all’amore che davvero percepivo, a questa sensazione indescrivibile che provo a fare colazione insieme, come una coppia.

Ma lui mi fraintende e si agita: “Sì!! Per me era amore…e per te?” è un po’ ansioso e questo mi fa sorridere; mi protendo verso di lui e lo bacio sulla bocca senza dire niente: il mio bacio è la mia risposta, lui lo capisce e mi guarda felice.

“Stai sorridendo di nuovo, kitsune!!!” si entusiasma.

“Hn”.

“E di nuovo per merito mio!!!” continua Hanamichi.

“Hn”.

C’è un momento di silenzio, complice e pieno di sottintesi, poi il mio do’aho (sì, perché ora è MIO!!!!) se ne esce in modo strano: “Pensa che una volta mi ero preoccupato quando ti avevo visto parlare con il drogato della narcotici!!” dice, con evidente antipatia per la persona nominata. Ma di chi sta parlando?

“Il drogato della narcotici?” chiedo, perplesso.

“Massì, Akira Sendoh!!!! Quando ci sono i sequestri di ‘roba’ e c’è lui nei paraggi, sparisce sempre qualche bustina…” rincara lui, con disprezzo.

“Davvero?” non ne sapevo niente…

“Anche la sua pettinatura è indicativa: a forza di canne, gli sono venuti i capelli dritti!!! Mi aveva dato un tale fastidio vederti parlare con lui!!! Ma non capivo il perché…ora, invece, lo so” mi mormora, fissandomi negli occhi.

“Gelosia retrospettiva, do’aho?” lo provoco.

Hanamichi beve il suo succo di frutta e alza le spalle: “Non dovrei? Ormai sono convinto che io e te fossimo destinati, kitsune, e quello è uno dei segnali che me lo fanno capire: ero geloso, anche se non lo avrei ammesso neanche sotto tortura!”.

È la prima volta che qualcuno è geloso di me ed è una sensazione strana, che al primo impatto dovrebbe irritarmi, ferire la mia indole indipendente, ma invece non è così…è come se percepissi che appartenere a lui non è assolutamente in contrasto con la mia libertà! Prima stavo quasi per chiedermi se non fossimo stati due stupidi a perdere tutti questi mesi in cui ci siamo dati addosso, senza voler esaminare più in profondità ciò che ci legava e ci lega, ma ora ho cambiato idea: quel tempo è stato sicuramente di preparazione all’affiatamento che abbiamo ora…

Finiamo la colazione, sistemiamo tutto e andiamo a prepararci; devo dire che oggi mi risulta difficile vestirmi, con Hanamichi che non fa che baciarmi e abbracciarmi, accarezzandomi la pelle messa a nudo…e io non sono da meno con lui!!!! Ma, insomma, bene o male alla fine siamo pronti.

Tornando nel piccolo salotto, mi cade l’occhio sull’incartamento del caso e solo adesso mi ricordo! Be’, stanotte ero preso da altri pensieri…

“Devo controllare quella località, do’aho” gli dico, sedendomi sul divano e iniziando a scorrere le deposizioni e le generalità forniteci dai presenti a villa Bantry la notte del delitto.

Lui torna improvvisamente serio, con la faccia cupa: “Ieri sera hanno cercato di ucciderti, Kaede”.

“Lo so…e poi forse avrebbero tentato lo stesso con te”.

Lui si siede vicino a me: “Credi che ci riproveranno?”.

“Penso di sì…se si è ucciso una volta, lo si può fare di nuovo: per questo dobbiamo sbrigarci a risolvere il caso…e non manca molto ormai” mormoro, continuando a sfogliare questi documenti.

“Già…il colpevole voleva investirti perché si sente in pericolo! Maledetto!!!! Ma aspetta solo che riesca a mettergli le mani al collo…”ringhia il mio do’aho.

“La domanda che dobbiamo farci è: perché proprio ora?” gli faccio notare.

“Come?”.

“Perché si è sentito in pericolo proprio ora? Cosa abbiamo notato di così fondamentale per farci arrivare a scoprirlo? E, soprattutto, come lo ha saputo? Io dico che la chiave di tutto è il nome di questo paese…e poi nel giardino…” considero.

“Lo ha saputo perché l’abbiamo avuto vicino, il bastardo!!! Deve averci sentito…Sai, kitsune, non credo che mi abituerò facilmente a sapere che in realtà spesso noi parliamo con degli assassini anche se ancora non abbiamo capito che lo sono e che loro riescano a fingere così bene…” medita Hanamichi.

Istintivamente gli accarezzo il volto: questo pensiero è proprio da lui e mi piace tanto, pure se io non sono così impressionato da questa situazione; anzi, la vivo come una sfida: il colpevole che si nasconde e io che devo scoprire le sue menzogne. In effetti, è una sfida tra due intelligenze, la mia e la sua.

Sorrido appena all’espressione felice di Hanamichi per la mia carezza (davvero posso renderlo contento con un gesto così semplice?) e poi torno a leggere e mi irrigidisco: “Eccolo!” esclamo.

“Fammi vedere!!” si agita il mio do’aho.

Io gli mostro il foglio del verbale con la copia dei documenti: “E’ nato lì…si è trasferito da relativamente poco, da due anni…”.

“Ehi, aspetta un momento, ma questo…” Hanamichi ora è davvero teso, concentratissimo.

“Questo?” lo incito. Voglio sapere tutto quello che ha notato.

“Questo è il tizio che mi ha urtato ieri al funerale! Avevo scorto il suo profilo e mi ricordavo di conoscerlo, ma non riuscivo a fare mente locale…certo, perché l’ho incontrato una volta sola prima…” la sua voce è sempre più concitata.

“Ha sentito i nostri discorsi” è la mia conclusione.

Li ha sentiti e ha capito che avremmo collegato il nome del paese a lui e si è sentito in pericolo e ha agito…in modo piuttosto disordinato, devo dire: probabilmente è stato preso dal panico nello scoprire che, dopotutto, il suo non è stato il delitto perfetto.

“E’ lui!!!- sbotta Hanamichi, alzandosi in piedi di scatto- Brutto bastardo, ma io lo ammazzo!!!” ringhia, furibondo.

Io alzo un sopracciglio: “Hn…vuoi ammazzare uno che dovresti arrestare per omicidio?” ironizzo.

“Voleva farti del male, voleva ucciderti…Non lo perdonerò mai per questo!” dichiara, stringendo i pugni.

“Non devi perdonarlo, devi arrestarlo e possibilmente senza colpirlo o altrimenti io dovrò arrestare te” gli sorrido appena, per calmarlo e pare che funzioni.

Lui ritrova il sorriso: “Bah, comunque non mi farei mai arrestare da una stupida volpe come te!!!!”.

Io rimetto a posto nella cartellina tutto l’incartamento e poi mi alzo in piedi a mia volta; avviandomi alla porta, mi infilo il giubbotto.

“Andiamo, do’aho? Una gita fuori contea…non ci farà male!”.

“Mft!!!! Tanto non sei tu a guidare!!!- protesta lui, ma poi mi guarda serio- Ma come fai ad ironizzare anche sul tentato investimento di ieri sera? A volte sei davvero una volpe di ghiaccio!!!” esclama.

“Quando si fa un lavoro come il nostro, si devono mettere in conto simili incidenti- mi stringo nelle spalle con quell’indifferenza che so che lo irrita- Però questa notte non credo di essere stato di ghiaccio…” dico, allusivo.

Il mio do’aho arrossisce: “No…e mi piacevi tanto!!!”.

Il viaggio in macchina è più lungo del solito; devo ricordare più volte ad Hanamichi di guardare la strada, perché stamattina tende a distrarsi, a voltarsi verso di me, a togliere una mano dal volante per potermi accarezzare i capelli o il viso. Allora mi tocca reagire male e sgridarlo, ma mi commuove che lui continui ad avere quel sorriso felice e aperto sul volto, ancora radioso, e ride, mi dice che tanto lo sa che fa piacere anche a me il suo comportamento, che un tensai come lui le capisce queste cose e io ce l’ho con me stesso, perché è dannatamente vero, mi fa piacere, mi fa piacere più di ogni altra cosa…

E mi prende anche una strana inquietudine, mai sperimentata: la paura che possa succedergli qualcosa, un giorno. Quello che gli ho detto prima è vero: nel nostro lavoro nessuno è al sicuro o al riparo dai pericoli, ma finché si tratta solo di me posso alzare le spalle e fregarmene…ora, invece, c’è anche lui e questo cambia tutto. È davvero brutta questa sensazione di impotenza, specie per me che sono abituato ad avere tutto sotto controllo. Forse era per evitare di sentirmi così che rifuggivo da qualsiasi legame, ma lui mi ha travolto con il suo entusiasmo, la sua esuberanza e la sua passione e io non potrò più tornare indietro…né lo vorrei.

“A che pensi, kitsune?” mi chiede lui, che ogni tanto ha bisogno di spezzare il silenzio.

“Promettimi di stare sempre attento, Hanamichi” gli dico seriamente, guardando fisso davanti a me.

“Certo che te lo prometto…ma con chi credi di parlare? Non sono mica un principiante che non ha mai sparato in vita sua!!!” protesta vivacemente.

“Infatti, sei solo un do’aho impulsivo…”.

“CHECCOSA?!” grida lui, alterandosi in un batter d’occhio.

“Guarda la strada, do’aho…”.

Bene o male, alla fine arriviamo a destinazione: una tipica cittadina della campagna inglese, ma in realtà non possiamo attardarci a fare i turisti; non è facile, ma alla fine otteniamo le risposte che vogliamo e ora le tessere del mosaico combaciano perfettamente. A mezza mattina, io e Hanamichi ci guardiamo negli occhi comprendendo che ormai il caso è chiuso: io telefono all’ispettore Hastings e gli dico di raggiungerci alla villa dei Bantry, ma SENZA  avvertire del nostro arrivo i membri della famiglia.

Io e il mio do’aho saliamo di nuovo in macchina, ma il tragitto è più vicino questa volta.

“Non vedo l’ora di arrestare quel bastardo!!!” esclama Hanamichi, spingendo l’acceleratore.

“D’accordo, ma controllati!!! In fondo…la scorsa notte è indirettamente merito suo, no?” gli faccio notare.

“Sarebbe bastata una frazione di secondo e sarebbe finita in maniera molto diversa!!! Kitsune, quando hai visto il corpo accoltellato del signor Bantry avevi parlato di odio…mi spiace ammetterlo, ma avevi ragione! Anche se ciò che l’ha causato non ne valeva la pena!” commenta lui, svoltando per entrare nel paese che ormai ci è diventato familiare.

“Non ne vale la pena per noi, ma questo è sicuramente un soggetto disturbato”. Arriviamo alla villa in contemporanea con l’ispettore Hastings.

“Allora, cosa succede? Dobbiamo avvertire miss Bantry e…” inizia lui, ma io intervengo: “Non subito. Le dispiace seguirci nel giardino, ispettore”.

“Ma…no, non c’è problema”.

Bene! Si fida di noi…

Camminiamo senza fretta, finché non arriviamo alle spalle del giovane  che è tutto preso dalla cura di un aiuola, dei fiori che vi crescono.

“Quelle sono le foglie del narciso, vero?” chiedo d’improvviso, facendolo sussultare. Il giovane volta verso di noi una faccia pallida ed inespressiva.

“Sì” si limita a dire.

“Sa, mi ha sorpreso la scelta di piantare qui questo fiore, visto che non si accorda bene con quelli che ha intorno…poi però mi sono ricordato del suo significato: l’egoismo, la fatuità…E’ così che vedevate vostro padre Henry Bantry, vero?”.

Lui sostiene il mio sguardo, poi parla con disprezzo: “Era solo un porco, mi spiace di avere il suo sangue…lo odiavo e lo odio anche ora che è morto!!!”.

“Non lo metto in dubbio, Steve Williams! Vostra madre era una dipendente di vostro padre nella vicina contea, vero? Ma lui non ha mai potuto riconoscervi e lei questo non lo ha mai accettato, come non accettò il suo abbandono…”.

“Si è suicidata tre anni fa, dopo aver vissuto nel dolore, senza aver mai amato nessun altro…e per liberarsi meglio di lei, lui l’aveva pure licenziata!!! Non mi pento di quello che ho fatto” dice, freddamente.

Non lo mettevo in dubbio.

Dunque il colpevole è il giardiniere, figlio illegittimo del signor Bantry, che voleva vendetta per l’infelicità della madre.

Un buon piano, direi: si è fatto assumere cambiando il nome di battesimo, ma noi siamo risaliti a lui dal cognome, che figurava fra i dipendenti di Bantry; ha saputo attendere e poi ha attuato il suo piano: da esperto conoscitore di piante e fiori (caratteristica di famiglia) ha saputo ricavare un veleno vegetale con cui ha stordito la vittima per non farla gridare al suo arrivo…entrare nella cucina e versare la sostanza nel caffè da portare al signor Bantry dev’essere stato facile; è salito dalle scale di servizio, servendosi di quel palazzo nel palazzo che sono gli alloggi e i passaggi dei domestici, e si è nascosto nella nicchia per aspettare il tempo necessario a che il veleno facesse effetto. Per questo c’era terra là dentro…era quella del giardino, portata dalle sue suole…E poi il trucco delle pinze per manovrare la chiave, molto facile…Ma l’odio si sa, acceca, e da qui le piccole mancanze che lo hanno portato in prigione: ha lasciato prove nel capanno degli attrezzi, non ha cambiato il suo cognome oltre al nome forse per il desiderio inconscio che fosse qualcuno con il cognome della madre a vendicarla; non è stato rapido a nascondersi alla vista di Hanamichi quando l’ha urtato per ascoltare i nostri discorsi…non doveva essere lucido neanche quando ha tentato di investirmi…Comunque, è stato lui; ho notato un lampo di soddisfazione negli occhi del mio do’aho quando ha detto “La dichiaro in arresto!!”, ma si è trattenuto. Certo, devo dire che non è stato affatto piacevole comunicarlo alla famiglia, cosa a cui ha pensato l’ispettore Hastings: la vedova non ha preso bene il tradimento del marito, né i figli di avere un fratello parricida…

Li guardo distaccato, ma vedo molto dolore in tutti loro e mi chiedo se ne sapranno venire fuori, assassino compreso visto che è lui il più scosso di tutti…un po’ matto dev’essere, però, visto che si è fissato su cose non vere: ad esempio che la madre sia stata licenziata, quando fu lei a licenziarsi per non dover vedere oltre il suo ex-amante…Osservo la freddezza di Steve Williams e mi chiedo se sia pazzo o se questa storia non gli sia servita solo per poter manifestare la sua cattiveria…

Non lo so ancora e per oggi non voglio chiedermelo, avrò tempo nei prossimi giorni. Ora, almeno fino a domani, è il momento del riposo, penso entrando a Scotland Yard.

“Scommetto che ha risolto tutto Rukawa, da solo!” ghigna Mitsui, di fronte a me.

“Ti piacerebbe crederlo, vero? Invece il mio intervento è stato fondamentale, come sempre!!!! Certo, se tu non avessi rallentato tutto con quelle informazioni date in ritardo…” lo punzecchio io.

“Ma se è stata tutta colpa tua!!!” salta su lui, come prevedibile.

“Ehm…ehm…- tossicchia discretamente Kogure, per attirare l’attenzione- Ragazzi, sono le cinque: che ne dite di prendere un tè come gli inglesi? Così potremo parlare meglio, solo fra di noi e voi potrete raccontarci tutto”.

L’intervento del quattrocchi evita che io e il suo ragazzo ci saltiamo alla gola e ci trova tutti d’accordo; usciamo dall’edificio per recarci in una Tea Room qui vicino: un ambiente tranquillo e distensivo per conversare, con un lungo elenco di tè fra cui scegliere: tè indiani, tè alla frutta…mi attira il tè ai frutti di bosco, mentre il volpino preferisce un più classico tè di Ceylon.

A quest’ora il locale è affollato, complice anche la leggera pioggia che ha cominciato a cadere su Londra, ma fra i tavoli ci sono dei bei separè, quindi la nostra conversazione è al sicuro.

“Quand’è che hai cominciato ad avere i primi sospetti?” chiede Mitsui a Rukawa.

“Quando l’autopsia ha rivelato la presenza del veleno vegetale…in quella casa erano tutti appassionati di botanica e floricoltura, ma nessuno dei parenti aveva un movente…così ho deciso di tenere d’occhio anche il giardiniere, un estraneo a prima vista, ma noi abbiamo studiato anche la letteratura criminale e sappiamo che certe sorprese le riservano proprio gli estranei a volte…” spiega lui, con la sua voce profonda.

“E poi il particolare psicologico di quel fiore…sei stato davvero bravo a notarlo!!!” si complimenta Kogure.

Rukawa non risponde, ma a me viene in mente una cosa: “Megane-kun…forse nei prossimi giorni dovresti fare quattro chiacchiere con questo tizio…” medito.

“Lo avevo già deciso” sorride il nostro previdente psicologo

“Do’aho…ma non volevi ammazzarlo?” mi prende in giro la volpe.

“Già- rincara Mitsui- Oltretutto sei arrivato a Scotland Yard bofonchiando qualcosa tipo ‘chiudete la cella e buttate la chiave’, giusto? O era un tuo clone a dirlo?”.

Questa osservazione mi irrita! Guardo male il nostro agente in borghese e mi degno di spiegargli: “Voleva uccidere Rukawa e poi forse avrebbe provato a fare secco anche me e di questo non lo perdonerò mai…ma la sua storia è molto triste. Mi fa pena sua madre, che è vissuta con il peso di un unico amore irrealizzabile e che alla fine non ha resistito…penso a quale effetto abbia avuto su di lui veder soffrire così tanto la madre che amava e che l’aveva cresciuto a fatica…”.

So di cosa parlo: a volte mi chiedo cosa ne sarebbe stato di me se avessi ceduto all’odio per quei teppisti che mi avevano impedito di soccorrere mio padre e avessi deciso di vendicarmi…

“Un effetto devastante, questo è certo- dice tristemente Kogure- Ma doveva essere comunque già disturbato…ci sono persone che dopo che uccidono si pentono e lo rimpiangono per tutta la vita, mentre lui non si è pentito e ha provato ad investire Rukawa: probabilmente è di quelli che una volta che l’hanno fatto, possono farlo di nuovo…”.

Per un po’ restiamo in silenzio, assaporando il nostro tè; io arrossisco sotto lo sguardo di Rukawa che è rimasto colpito dalla mia affermazione e mi fissa in modo velatamente affettuoso.

“Ma non è che dovremmo sapere qualcosa…” butta là Mitsui, spezzando il silenzio e posando la sua tazza sul piattino dopo aver bevuto.

“Di che?” tocca rispondere a me, ovviamente, visto che la kitsune se ne resta zitta. Come se non avesse capito dove vuole andare a parare questo delinquente mancato, con il suo tono malizioso!!!

“Non so…tipo che ora voi due state insieme?” prosegue in modo finto indifferente, con un pizzico di allusione…

Io per poco non mi strozzo, mentre noto con fastidio che l’unica reazione del volpino è che comincia a mangiare uno dei pasticcini da tè che ci hanno portato…

“Che…che vai dicendo?” balbetto io, tutto rosso.

Insomma, lo so che questi due stanno insieme e che certo non mi faranno una predica, però…voglio dire, sono cose private, no?!

“Dai, Hanamichi!- ride Kogure- Si avverte lontano un miglio che il vostro rapporto è cambiato…per noi è facile percepirlo. Per me soprattutto”.

Ecco le gioie di avere un amico psicologo…

“Be’, sì…- mi decido ad ammettere, senza il minimo aiuto da parte della volpe!- E’ cambiato tutto dopo quel tentativo di incidente…”.

“Siete degli ottimi osservatori” si decide a dire Rukawa, confermando così anche lui il nostro legame.

“Sai che sforzo…era da più di un anno che la cosa era lampante!!! – Mitsui si lancia nella sua spiegazione- Fin dal vostro secondo battibecco, tanto tempo fa, dissi a Kimi-kun che sareste finiti insieme, che era solo questione di tempo, bisognava solo vedere quanto ci avreste messo a capirlo, specie un testone rosso come te!!!”.

Ehi!!!!

“TESTONE ROSSO A CHI?! E poi guarda che è merito mio se ne siamo venuti a capo!!!! Fosse stato per l’intuito di questa volpe artica io dormirei ancora sul divano!!!!” sbotto, alterato. Insomma, voglio riconosciuti i miei meriti!!!!

“Do’aho!!!” replica lui, seccamente.

Mitsui intanto se la ride: “Ma non lo so mica…secondo me era solo questione di tempo e tu gli saresti saltato addosso…c’è una tensione sessuale fortissima fra di voi!!!”.

“Non sono un hentai, io!!!” gli ricordo. Non è soltanto sesso…

“E dai, Hisashi, non metterli in imbarazzo…Lo sappiamo che non sei un hentai, Hanamichi, ma certe sensazioni si avvertono, sai? Dico bene, Rukawa?”.

“Suppongo di sì”.

“Be’, spero che ve ne siate accorti solo voi, sarebbe imbarazzante…” borbotto.

“QUI sì, ma in Giappone no. Era evidente a tutti, ora possiamo dirvelo…” sorride Kogure.

“Evidente, cosa?”.

“Che stavate insieme senza saperlo…” sorride Mitsui.

Io e Rukawa ci guardiamo negli occhi, leggermente stupiti; non so perché, ma in questo momento mi sento tanto tanto stupido e credo che, per una volta, ci si senta anche lui…

Quando usciamo dalla Tea Room, le nostre strade si dividono (per oggi, domani mi toccherà vedere di nuovo la faccia di Mitsui…anche se in fondo mi fa piacere!): loro due tornano a Scotland Yard e io e Rukawa, invece, possiamo prenderci il lusso di girovagare un po’ come turisti: il ponte di Londra, il Big Ben…tutti posti che avevo guardato di striscio finora, preso com’ero dal recriminare di dover stare qui.

Ora non piove più, ma è rimasta nell’aria una nebbia soffusa che vela il panorama della città e che mi fa capire come mai Londra sia la città prediletta per ambientare storie ‘gialle’ o gotiche o del mistero.

Mi accorgo che Rukawa…anzi, no…Kaede…ora posso chiamarlo così!!!!…tende a passeggiare vicino al Tamigi, spesso si sporge dal parapetto e osserva con cura le acque e il loro lento fluire.

“Ti piace tanto il Tamigi?” gli chiedo.

“Mi piace l’acqua…mi piace moltissimo il mare, ma qui mi devo accontentare del fiume” mormora lui.

“Uhm…forse una volta dovremmo andare a visitare Buckingham Palace, no? Sarebbe interessante, anche se qui c’è una regina e non un imperatore” considero io.

“Hn”.

“E poi c’è il British Museum…e poi dovremmo andare alla casa di Sherlock Holmes…- ormai ho preso il via, mi sto divertendo, devo ammetterlo- E poi potremmo fare un esperimento che hanno già fatto dei criminologi americani: rileggere tutta la documentazione del caso di Jack lo Squartatore e in base a quella dire chi fosse il colpevole!!!”.

“Hn…e se il colpevole non fosse mai stato interrogato dalla polizia?” mi fa notare Kaede.

“Ce ne accorgeremmo: nessuna delle testimonianze ci convincerebbe e noi potremmo dimostrare che il vero Jack non fu mai neanche avvicinato dalla polizia!!” proclamo. “Hn…do’aho, guarda che da domani ricomincia il lavoro!!! Parli come se all’improvviso ci fossimo trasformati in semplici turisti…”.

Ci rimango un po’ male a dire il vero, ma ha ragione.

“Vabbe’, ma avremo del tempo libero…non vuoi trascorrerlo con me?” chiedo, con una punta d’ansia.

Io ho solo voglia di recuperare il tempo perduto, stando con lui ogni secondo, ma forse la sua natura solitaria e indipendente si ribella a questo e la cosa mi agita.

Kaede si ferma. Si appoggia al bel parapetto da cui si può ammirare il Tamigi e mi guarda: “Certo che sì, Hana…” mi dice, sollevandomi.

Meno male!!!! 

Si volta verso di me, ha un lampo negli occhi che mi insospettisce: “Comunque mi fa piacere vederti così interessato a Londra, do’aho, considerando che  ci resteremo più del previsto”.

Uh?

Che diavolo dice? Che ha combinato?!

“Scusa, kitsune, ma che vai delirando?” gli chiedo, polemico. 

“L’ispettore Hastings è rimasto così favorevolmente colpito da noi e dalla nostra indagine che mi ha chiesto di prolungare la nostra permanenza in Inghilterra anche quando sarà finito il tempo dello stage e io ho accettato a  nome di entrambi” mi spiega lui, con tutta la sua calma.

Io sbatto le palpebre più volte…

Che ha fatto? CHE COSA DIAVOLO HA FATTO?!

Ora, se lui vuole rimanere ancora qui è ovvio che ci rimango anche io, perché dove sta lui là sto io…in più temo di non essere in grado di negargli qualcosa…sigh…ma se la kitsune si accorgesse che ormai non so più dirgli di no, per me sarebbero guai, perché questa stupida, incantevole e adorabile volpe se ne approfitterebbe subito!!! Quindi, un po’ per darmi un tono, un po’ perché  effettivamente mi urta che prenda simili iniziative anche a nome mio senza consultarmi, inizio a strepitare: “KITSUNE, NON OSARE MAI PIU’ DI PARLARE A NOME DEL TENSAI!!!! E se io non fossi stato d’accordo? Ma capisco che ormai Scotland Yard andrebbe a rotoli senza la mia preziosissima collaborazione e quindi non mi tirerò certo indietro!!! Ma sia ben chiaro che il tensai si degna solo per questo motivo e non perché lo abbia deciso una stupida volpe come te, chiaro?!” ecco, sono stato abbastanza deciso, vero? Eheheheheheh…sicuramente la volpe non oserà mai più…

“Quando si tratta di lavoro, decido io” è il lapidario commento di Kaede.

Appunto…SIIIIIGH!!!!! La mia autorità su di lui è pari a zero…

Per un po’ borbotto qualcosa fra i denti, giusto per fargli capire che la cosa non mi va bene, ma ad un tratto Kaede allunga una mano e intreccia delicatamente le sue dita alle mie, poi mormora: “Forse dovremmo cercare una casa più comoda…non credi?”. Eh? Il mio cuore perde un colpo…

“Co…come?” lo fisso, sperando di non aver capito male, che intenda proprio quello per cui prego; e poi…la sua voce era decisa come sempre, ma io l’ho sentita…quella nota di emozione nel suo tono, quasi di timidezza per quello che stava dicendo…sì, io l’ho avvertita, non l’ho sognata!!!

“Dato che resteremo più del previsto…potremmo andare a vivere in un appartamento più comodo, in cui la cucina e il salotto fossero due stanze separate, oltre alla nostra camera…” mi spiega, fissandomi.

La nostra camera…la nostra camera…

Lo sta dicendo davvero!!!! Istintivamente stringo le sue dita lunghe fra le mie, mi sento le guance bollenti e mi rendo conto che devo sembrare molto imbambolato…no, sono molto di più, sono in estasi…

“Sei d’accordo?” mi chiede di nuovo, inclinando il viso.

Posso quasi sentire il battito del suo cuore che è aumentato, il suo timore a scoprirsi e a sembrare fragile…ma non lo è…non lo è una persona così libera che volontariamente decida di dividere la sua vita con qualcuno…

“Sono d’accordissimo, Kaede!!” gli dico, con un ampio sorriso.

Lo guardo e continuo a sorridere, perché non sono mai stato più felice in vita mia e ora lo sono per merito suo…il cuore mi batte così forte da scoppiarmi nel petto e credo che se accorga anche lui, che mi guarda con occhi limpidi e addolciti.

“Ti amo, Kaede…ti amo da sempre, non lo dico per dire…penso che veramente Mitsui avesse ragione, che noi stiamo insieme da un sacco di tempo e non lo sapevamo…” gli mormoro, fissandolo.

“Forse è così…certo, se non avessi perso tempo con quelle tizie!!” esclama lui, con un moto di stizza che mi rende felice: la volpe è gelosa di me!!!! Ma io lo sono ancora di più!!!!

“Certo, se qualcuno non avesse rivolto la parola al drogato della narcotici!!!” replico io, per controbattere.

“Ma se ci ho parlato un paio di volte in tutto!!! Mi ricordo a malapena il suo nome…” mi fa notare Kaede, divertito.

“Be’, sarebbe meglio se non te lo ricordassi!!!” borbotto io, ma non riesco a rimanere imbronciato, non di fronte al suo viso luminoso per la solida stabilità che abbiamo raggiunto in pochi giorni…no, mi correggo…in tre anni e pochi giorni…

“Andiamo a casa?” gli chiedo, un po’ impaziente.

“Di già?”.

“Ti amo, Kaede, e voglio dimostrartelo…”.

Arriviamo a casa in poco tempo e, stavolta, sappiamo che  sarà diverso da ieri; ci liberiamo dei giubbotti e dei maglioni e poi andiamo in camera da letto: ci sbottoniamo le camice reciprocamente, con calma, guardandoci negli occhi, e le lasciamo scivolare a terra…lo stesso succede ai pantaloni…ci sediamo sul letto con i soli boxer indosso…e subito ci abbracciamo, accarezzandoci l’un l’altro la schiena e il torace, imparando a riconoscere la nostra pelle, il nostro odore…Kaede strofina il viso contro il mio torace e io lo affondo nell’incavo del suo collo, mentre continuiamo questa bellissima reciproca scoperta dei nostri corpi, le nostre mani che vagano delicate e allo stesso tempo ansiose …qualcosa di languido e sensuale che ieri è stato dimenticato nella foga della passione…

Ma la passione torna prepotentemente anche ora e me la procura proprio stringere il suo corpo fra le braccia: lo faccio distendere, mi chino sulla sua bocca divorandogliela, gustandone il sapore inebriante, lasciandomi assaporare da lui…ci separiamo già ansanti e io non posso fare a meno di mormorare: “Ti amo, Kaede…” anche se glielo ho detto fino a poco fa…

“Ti credo, Hana…” lui sta per dire qualcosa di fronte al mio sguardo di aspettativa, ma poi non parla più e io non me la sento di insistere, anche se proprio adesso avrei bisogno di sentirmi dire da lui che mi ama, che mi vuole, che vuole stare sempre e solo con me…Ma ormai ho capito che ha i suoi tempi e io per amor suo sono disposto pure a diventare paziente…

Ci baciamo di nuovo, poi io chino il capo per succhiargli le areole rosate, baciarle, sfiorarle con la punta della lingua, mordicchiarle…Kaede ha un sussulto e geme forte, ma tra un po’ griderà ancora di più…lentamente, a poco a poco, la mia bocca scivola lungo il suo corpo, baciandone ogni centimetro, assaporando la sua pelle liscia, morbida al tocco, dal profumo intenso e fresco insieme…mi sento emozionato quando lo libero dei boxer, le mie mani si muovono lente…lui respira affannosamente e questo mi fa vincere l’esitazione che provo per un attimo, di fronte alla sua nudità… di nuovo l’ansia data dall’inesperienza, ma dura poco e la vista di lui così sexy e abbandonato a me mi fa impazzire e mi eccita da morire…mi chino e sigillo la mia bocca su di lui…non l’ho mai fatto, ma anche questa volta, come ieri, è come se il mio fisico sapesse da sé cosa deve fare…gli circondo i fianchi con le braccia, le sue grida mi spingono ad un ritmo più concitato, fino a che non sento sulle labbra il suo sapore…Quando rialzo il volto lo vedo sudato e stravolto, con gli occhi socchiusi appannati dal piacere e provo un moto di esultanza sconfinata per essere io l’artefice di queste emozioni che lo travolgono; mi sdraio al suo fianco, aspettando che si riprenda, carezzandogli una guancia umida, quando d’un tratto lui si volta verso di me, con un lampo di malizia e prima che me ne renda conto mi ritrovo sotto di lui che mi bacia appassionatamente la bocca, poi il collo, le spalle, il torace e via via più giù…

“Kaede…” riesco ad ansimare, scosso dalla nuova sensazione delle sue labbra morbide su di me.

“Sssh…” sussurra lui, prima di regalarmi il piacere che io gli ho appena dato; la sua bocca è dolcemente avida, non posso impedirmi di premere la sua nuca con la mano, per fargli capire che voglio che continui, che non deve fermarsi, che mi sta mandando in estasi…quando grido, capisco che non resisterò oltre e infatti il mio piacere esplode violentemente, lasciandomi stordito…e poi c’è di nuovo la sua bocca sulla mia e lui mi coinvolge in un altro appassionato e intimo bacio…Le mie mani scorrono sulla sua schiena: lo voglio, lo voglio subito…mi giro, invertendo le posizioni e facendolo stendere sotto di me…

Quando ci separiamo, lo guardo negli occhi e gli accarezzo una guancia come a chiedere un tacito consenso a poterlo possedere di nuovo e lui annuisce…mi sembra di scorgere anche un piccolo sorriso sul suo volto luminoso!!!!

Non importa che ancora non abbia detto di amarmi…lo capisco da questo: non mi sfugge che per concedersi a me deve tacitare la sua fierezza, la parte più orgogliosa e fiera di sé, eppure lo fa…e uno come lui lo farebbe solo per amore, non vi pare? E per questo dono, sono anche disposto ad aspettare, a che lui non dica niente… Entro dentro di lui il più delicatamente possibile, ma lo vedo lo stesso mordersi un labbro…

“Kaede…” lo chiamo; è difficile per me, ma mi impongo di restare fermo…è difficile perché questo calore e questa sensazione di essere racchiuso nel suo corpo mi eccitano tantissimo e d’istinto mi verrebbe di spingere il più possibile, con tutte le mie forze…ma non posso ancora…Lui mi stringe una mano in silenzio, per rassicurarmi che va tutto bene e io lo accarezzo lentamente…accarezzo questo suo corpo stupendo, dalla pelle di luna, perfetto in ogni sua parte, che mi attira come una calamita…e di nuovo mi sento allargare il cuore, pensando che lui lo sta dando a ME…

Sento che a poco a poco si rilassa e allora provo a muovermi lentamente…sorrido: i suoi gemiti ora non sono certo di dolore…spingo più forte e Kaede si aggrappa a me: “Più forte, Hana…cos’è, sei già stanco?” mi chiede, respirando a fatica e guardandomi malizioso, per incitarmi, per farmi capire che gli piace…

CHECCOSA?! Stanco io?!

“Stupida volpe, tra un po’ non dirai più così!!!” lo avverto in tono scherzoso, aumentando il ritmo delle spinte.

Kaede inizia a gridare e anche per me è impossibile trattenere gemiti di piacere…e il mio cuore batte all’impazzata perché lui è mio, è qui con me e io sono dentro di lui e io lo amo infinitamente…Sono le uniche cose che riesco a pensare prima di sciogliermi nel suo corpo, venendo insieme a lui, gridando con lui…

Mi abbandono sul suo petto sudato, ansante, e avverto le sue braccia che mi cingono le spalle; tra pochi attimi dovrò spostarmi, ma siamo ancora uniti…

“Do’aho…” mi chiama lui, con voce roca.

“Uhm…kitsune, almeno in questi momenti potresti evitare di darmi dell’idiota, no?” gli faccio notare, anche se in realtà mi fa piacere poter scherzare con lui subito dopo averlo amato.

“E perché? Tu SEI un do’aho…e sei dentro di me…e io ti amo…” mormora in un soffio.

L’ha detto? Ha detto che mi ama? L’ha detto davvero?

Sollevo il volto di scatto e lo fisso negli occhi: “Che cosa?!” .

“Sei sordo oltre che idiota, do’aho?” mi dice lui, sorridendo scherzoso.

Ma io sono troppo preso dalla sua dichiarazione per arrabbiarmi: “Ripetilo!!!” lo prego.

“Ma neanche per sogno!!!” esclama Kaede, tirandomi i capelli.

“E dai, ripetimelo!!! Che ti costa…” tra un po’ lo supplicherò, se non me lo ridirà…

E la kitsune mi guarda con una bella espressione divertita: “Solo per questa volta…ti amo, Hana…ma io non sono uno che possa dirlo troppo spesso…” mi avverte.

“Non importa, tanto io lo dico per due!!!” proclamo, prima di gettarmi addosso a lui, felice come non mai, e di abbracciarlo il più stretto possibile…

 

 

Non credevo che gli avrei detto di amarlo così presto…ma quando l’ho sentito abbandonato su di me, dentro di me, non ne ho potuto fare a meno e le parole sono uscite dalle mie labbra con una naturalezza che mi ha sorpreso…ma è la verità, io lo amo ed era giusto che glielo dicessi, Hanamichi ha bisogno di sentirlo anche con le parole oltre che con i fatti…ne ha bisogno, eppure non mi ha fatto domande, non ha cercato di indurmi a dirglielo e questo mi ha colpito e commosso, perché significa che mi conosce più di quanto non credessi.

E allora si meritava che io facessi fare uno sforzo alla mia natura silenziosa e introversa per dichiarargli i miei sentimenti più veri.

Ora siamo di nuovo a letto, freschi di doccia, abbracciati; mi diverto a far scorrere la mia mano bianca sul suo torace dorato e muscoloso, accarezzandolo.

Ad un tratto lui mi ferma la mano all’altezza del suo cuore e mi dice: “Oi kitsune, domani cominciamo a dare un’occhiata alle inserzioni immobiliari, ok?”.

“Hn?”.

“Per l’appartamento! Ti sei già scordato, volpe smemorata?” ride il mio do’aho.

Io mi giro, appoggiando il capo sulla sua spalla e ricevendo subito la calda stretta delle sue braccia.

“Hn…non credevo che avessi fretta…” osservo io, anche se mi fa molto piacere che ce l’abbia!!!

“Kaede, ho fretta perché quando ti rendi conto di voler passare il resto della vita con una persona, vuoi che il resto della vita arrivi il prima possibile!” sorride Hanamichi, poi mi fa alzare il viso e mi bacia teneramente le labbra.

“No?” mi chiede, leggermente ansioso. Che carino quando arrossisce!!!

“E’ vero…” ammetto io.

Perché aspettare? Abbiamo aspettato fin troppo in questi tre lunghi anni…

Ce ne restiamo per un po’ in silenzio, stretti l’uno all’altro ed è bello anche condividere questo riposo; poi noto che Hanamichi si gira a guardare l’orologio e scatta a sedere.

“Che ti prende, do’aho?” domando, rimanendo sdraiato.

“Tra poco inizierà il notiziario della notte, giusto?- mi spiega, afferrando la sua radio portatile, posata sul comodino- Voglio sentire come daranno la notizia della soluzione del caso Bantry e voglio anche sentire come diranno i nostri nomi!!! Credi che sbaglieranno la pronuncia? Ah, kitsune, ma ci pensi? Il grande tensai nominato in un notiziario inglese!!!! Ed è solo l’inizio…” ride, tutto soddisfatto.

“Hn”.

Fa per accendere la radio, ma dall’apparecchio non esce nessun suono; allora vedo Hanamichi accigliarsi e scuoterla…io non dico niente…

Intervengo soltanto quando, ormai inferocito, oltre a scuoterla la prende a pugni: “Do’aho! Così sì che la romperai!!!”.

“E’ già rotta!!! Maledetto coso, proprio stasera! E chissà quanto costerà ripararla!!!! Ma io la prendo a martellate…” sbraita lui, visibilmente alterato.

Io sospiro…perché non pensa mai alle soluzioni più ovvie?!

“Da’ qua, Hana: ci penso io!” esclamo e gliela strappo dalle mani prima di infilarmi i boxer e di uscire dal letto.

“Ah, lascia perdere!!! Se non ci sono riuscito io, credi di riuscirci tu, volpino? Ormai si è rotta, forse mi è caduta…”.

Ma io non gli presto ascolto e vado nel salotto, con il sottofondo dei suoi bofonchiamenti: “Kaede, torna a letto, tanto non c’è niente da fare!!!”.

Apro uno dei cassetti del mobile in legno che funge anche  da libreria e ne tiro fuori alcune confezioni di batterie; rapidamente, cambio quelle all’interno della radio, che forse sono state messe da Hanamichi quando eravamo ancora in Giappone.

Poi torno in camera e lo trovo ancora seduto sul letto.

“Dai, Kaede, lascia perdere e sdraiati vicino a me, ho voglia di abbracciarti…” mi sorride affettuoso.

“Hn…ma non volevi ascoltare il notiziario?” gli chiedo, sdraiandomi e porgendogli la radio.

Lui la guarda perplesso, poi prova ad accenderla e finalmente sentiamo una nitida voce inglese.

“Eh? Come hai fatto? Qual era il problema?” mi chiede meravigliato e anche un po’ irritato sotto sotto.

Io gli cingo la vita: “Ho cambiato la batteria, era questo il problema”.

“COSA?!” lui sbarra gli occhi, avvampando: non ci aveva proprio pensato!!!

“Elementare, do’aho!”.

“KITSUNEEEEEEEE!!!!!!”.

 

 

Fine ^^

 

Alcune precisazioni: la battuta di Hanamichi che afferma di sapere già chi sia il colpevole senza sapere niente del caso me l’ha suggerita Greta e così la definizione del porcospino come del ‘drogato della narcotici’: thank you, Greta!!!! Invece la frase che dice Hanamichi ‘quando vuoi trascorrere il resto della vita con una persona, vuoi che il resto della vita arrivi il prima possibile’ è del film “When Harry meets Sally”, in Italia “Harry, ti presento Sally”. ^^           

                


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