Tempo. ^^'''=Questa fic è dedicata a Choko che mi ha
fatto da supervisore e mi ha sopportato nei momenti di crisi. Un'altra dedica
particolare a Fujimaru Kanoh, autrice di douji molto brava, che mi ha dato
l'idea di scrivere 'sta ficcie. Ringrazio anche Ranchan, che abbraccio forte
forte, e Kei, che mi ha sostenuto.
Disclaimers: I personaggi appartengono tutti a papà Inoue, cui, semmai dovesse
leggere questa cosina, domando di prendermi come amante! Costo poco, sono
servizievole e non sporco, please, pensaci! ^u
Islanda
parte II
di Hana-chan
Piove.
Gocce grosse e fredde che s'infrangono, sul vetro della mia finestra, per
poi scivolare via lievi.
Mi è sempre piaciuta la pioggia. Mi piace il rumore, quel delicato
picchettare, il cui monotono ritmo ha sempre avuto il potere di
rilassarmi.
Come un vecchio jazz degli anni '30. Una musica capace d'essere
malinconica pur possedendo al contempo una melodia leggera e allegra. Una
contraddizione. Come la vita.
Il quadrante della radiosveglia Sony, regalo dei miei genitori per lo
scorso Natale, segna le 6.15. E io sono qui, sdraiato sul letto, a
pensare.
Pensieri tinti di rosso dal quadrante della radiosveglia.
Sono sveglio da almeno un'ora. O forse di più, non so. Il tempo, al
solito, si dilata per poi scivolare via veloce. Come la pioggia.
Stanotte ho sognato. Il sogno era vivido e mi ha procurato una sensazione
quasi liquida al cuore.
Non sognavo da almeno tre anni.
Ho sognato la luna.ma, con lei, anche qualcun altro.
Ero in un bosco. Di notte. Tutt'intorno a me non si scorgevano che abeti
neri e le mie narici erano invase da profumo di resina, funghi, muschio e
bruma appena dissolta. Ero solo. Non una civetta o una lucciola a farmi
compagnia. Privo di un punto di riferimento.
Deciso ad uscire da quella macchia, avevo preso a camminare in linea
retta, lentamente, contando i passi per mantenere un'idea circa la
distanza percorsa. Ma, nonostante questo, sembrava che la selva non
dovesse finire mai.
Il buio della notte era diventato ancor più impenetrabile, tanto che
stavo per cadere vittima dello sconforto. Sfinito, m'ero seduto su un
tronco abbattuto, vittima anch'esso di qualche passata tempesta. Poi, ad
un tratto, voltai la testa, come per seguire il vento, e lo vidi..
La figura, minuta e con il volto abbassato, si stagliava luminosa
nell'oscurità. Indossava una camicia di lino candido come la neve, che ne
metteva ancor più in evidenza il colorito diafano, e dei bermuda caki, la
cui linea seguiva quella bella delle gambe, snelle ed armoniose.
Un raggio di luna che, delicato, illuminava le fattezze dello sconosciuto,
postomi dinanzi, rendendole ancor più eteree, ne faceva risplendere i
capelli castani di riflessi dorati. Era una delle cose più belle che
avessi mai visto in vita mia.
Lo riconobbi soltanto quando levò il capo. A causa di due meravigliosi
occhi nocciola. E di un sorriso indefinibile.
Mi levai in piedi.
"Ken.ji. Cosa. ci fai qui?" - ero inebetito. Perché era lì
e mi sorrideva? Cosa l'aveva condotto in quella selva ricolma di misteri e
pathos? E perché, nonostante la situazione non ne desse motivo, mi
sentivo inebriato?.no! Non è la parola adatta.EBBRO!Sì, questo è il
termine più consono per indicare ciò che provavo.
Fujima, o l'essere che ne aveva assunto le fattezze, non rispose. Si limitò
a continuare a sorridere e, lentamente, si avvicinò a me.
Ero come paralizzato.
Non riuscii a fare nulla, se non attendere. Cosa, non lo so.
Fujima mi era ormai accanto. Ne distinguevo chiaramente i lineamenti
delicati, che tanto mi avevano colpito la prima volta che l'avevo visto.
Mi tese la mano. La presi. Piano. Come per paura che, se l'avessi stretta
troppo, lui sarebbe sparito.
Non sparì e, anzi, mi attirò a sé, con una forza sorprendentemente
grande per un corpo tanto minuto.
L'abbraccio che seguì mi confonde ancora adesso che il sogno è finito.
Kenji si era levato in punta di piedi, le sue braccia sottili e le mani
affusolate, da pianista, mi cingevano le spalle, il volto sollevato che
indugiava sul mio. E quegli occhi..fissi sui miei, come per condividere un
tacito segreto. Non saprei dire quanto a lungo rimanemmo così, forse il
tempo di un battito veloce di ciglia, forse un'eternità. Poi tutto tornò
come prima.
Kenji mi teneva per mano, il viso rivolto verso di me come a farmi capire
che dovevo assecondarlo. Assentii con la testa. Sempre tenendoci per
mano, iniziammo a camminare.
Man mano ci inoltravamo nella foresta il paesaggio attorno a noi si
modificava tanto radicalmente che avevo quasi l'impressione di aver
percorso mille leghe con un passo. Abeti neri, salici piangenti, conifere
si alternavano veloci sotto i miei occhi. Mi trovavo all'interno di una di
quelle favole celtiche che avevo letto quand'ero bambino. E il mio
playmaker era la mia guida in quel mondo dove non esiste Impossibile.
Questi ed altri pensieri mi frullavano, lievi come passeri, nella mente,
quando mi accorsi, giacché il mio cicerone s'era fermato, ch'eravamo in
fine giunti in una radura.
Inspirai profondamente, per assaporare l'aria stessa, come se la
sensazione di essere vivo mi fosse portata dal vento. Le mie nari furono
inondate da una moltitudine d'aromi: erba, caprifoglio, miele.
Il fragore in lontananza di una cascata si univa al dolce soffio della
brezza. Mi voltai verso Kenji e vidi che mi guardava dolcemente. I suoi
occhi ridevano quando mi esortò tacitamente a guardare ciò che
m'indicava col dito.
Alzai la testa, incuriosito. E allora vidi!
La Luna.
Piena e gigantesca, la più grande che avessi mai visto. Il tenue color
perla ancora più brillante del solito. Non credo potrà mai esistere
oratore tanto abile da descriverne appieno la bellezza. La mia gemella era
incoronata in tutto il suo fulgore da miriadi di stelle, il tutto in un
cielo nero come pece. Per la prima volta nella mia vita mi sentivo.
Commosso. Commosso e grato al mio capitano di avermi reso partecipe di uno
spettacolo tanto bello. Mi voltai, per tentare di esprimergli a parole
tutte le emozioni che si dibattevano nel mio cuore, ma lui era svanito,
senza lasciare traccia alcuna della sua presenza, se non una lieve
sfumatura dell'aroma dei suoi capelli. Muschio bianco.
Sollevai di nuovo il capo, per assaporare un'ultima volta quelle
sensazioni, per me così sconosciute, che avevo appena provato. I miei
occhi, come quelli dell'innamorato che guarda l'amante addormentata,
brillarono di una luce nuova quando, per un istante, videro nella mia metà
un viso sorridente, padrone di due indimenticabili occhi nocciola.
Kenji.
Mi svegliai con quest'immagine negli occhi. E un profondo senso di
nostalgia dentro il cuore.
Fujima..
La Luna.
E' strano come due esseri tanto diversi possano essere tanto simili. O,
almeno, lo sono per me.
Hanno entrambi un lato indefinibile, da cui non si può fare ameno di
essere attratti. Sembrano così puri e fragili che se solo uno provasse a
sfiorarli, finirebbe col lordarli irrimediabilmente. Eppure. esercitano un
tale magnetismo sulle persone che, se solo lo desiderassero, potrebbero
far loro fare ciò che vorrebbero. E' questa la loro forza e ne sono
consapevoli.
Senza considerare che sono così.BELLI.
E questa loro caratteristica può anche far diventare. pazzi.
Sono entrato da ormai due anni e mezzo a far parte dello Shoyo Basket
Club.
Due anni passati ad allenarmi duramente senza sosta, all'inseguimento di
un sogno.
Non è stato facile.
A parte i problemi relativi alla mia inesperienza, alla mancanza di vero
talento da parte dei vecchi senpai, quest'anno abbiamo anche dovuto
affrontare l'improvvisa morte del nostro allenatore.
E' stato uno shock per tutti, nessuno aveva mai sospettato che Souryo
sensei potesse essere affetto da una neoplasia ai reni.
Ero attonito.
Come avremmo fatto ora?
Con l'aiuto di chi saremmo riusciti ad arrivare al campionato nazionale?
Chi ci avrebbe consigliato, spronato, portati a dare il meglio di noi
stessi?
Come avremmo potuto realizzare il nostro sogno, ora, senza il sensei?
Ero davvero in ansia.
Ma, poi ho capito.
Non abbiamo bisogno di un allenatore, noi abbiamo Fujima!
A lui basta guardarci negli occhi per indurci a fare del nostro meglio.
Di questo sono stato sicuro quando ho visto i risultati che ha avuto con
Hasegawa.
Kazushi Hasegawa era senz'altro la persona più timida e complessata che
abbia mai conosciuto.
Veniva dalle medie Umezawa, dove giocava nel ruolo di ala piccola come
titolare, ma, nonostante questo, non ha mai goduto di fiducia in se
stesso.
Tutti, a sentirlo parlare, erano più bravi e in gamba di lui. Eppure è
un giocatore di tutto rispetto, certo all'inizio era un po' acerbo,
secondo Fujima, ma promettente.
Anche fuori dal campo era così: parlava poco, stava sempre solo e teneva
sempre la testa bassa, come se non fosse degno di guardare negli occhi gli
altri.
Ma è cambiato. O meglio, Kenji lo ha cambiato.
Gli è stato accanto, l' ha osservato mentre si allenava e, quando era
triste, gli ha dispensato uno di quei suoi meravigliosi sorrisi.
Ho notato quanto Kazushi tenga in considerazione Kenji giusto ieri; si
stava allenando con scarsi risultati nei tiri liberi. Potevo distinguere
chiaramente lo sconforto e il sudore deformargli i lineamenti, tanto da
renderlo una maschera grottesca. Ad un tratto Fujima gli si è avvicinato
e gli ha posato una mano sulla spalla. Hasegawa si è lentamente voltato
verso di lui, umiliato, già attendendosi un qualche tipo di rimprovero.
Invece Kenji si è limitato a sorridere e a dirgli " Non
preoccuparti, Kazushi. Io ho fiducia in te. Sono sicuro che ce la
farai."
Nient'altro.
Ma è bastato perché Hasegawa mettesse poi a segno un canestro dopo
l'altro.
Non è stato solo Hasegawa a subire l'influenza di Fujima. Anche Takano e
Nagano sembrano pronti a qualsiasi sacrificio per lui. Seguono
fedelmente il nostro condottiero, certi che ci porterà alla tanto
agognata meta finale: Vincere Il Campionato Nazionale.
Il campionato nazionale è sempre stato il sogno di Kenji. Il fine ultimo
per cui - mi ha detto - si è allenato strenuamente fin dalle elementari.
E per realizzare questo suo sogno, è andato alla ricerca dei migliori
atleti di questa scuola, per far in modo che si iscrivessero al club.
Promettendo le cose più disparate e favori di ogni genere.
Mi chiedo se per me sia stato diverso. Ormai non ne sono più tanto
sicuro.
L'unica cosa di cui sono certo è che VOGLIO aiutarlo a realizzare il suo
sogno. Non per puro altruismo, ma perché ormai anch'io non posso fare a
meno di seguirlo. L' ho giurato, quel giorno di quasi tre anni fa, quando,
per la prima volta, sorrisi.
Da quanto tempo sono qui steso al buio a pensare?
Volgo il capo verso il comodino.
La sveglia segna le 6.30.
Lentamente mi alzo dal letto e mi dirigo verso la finestra. Sta ancora
piovendo. Sarei dovuto andare ad allenarmi stamani.
Sento freddo con solo i pantaloni del pigiama indosso; decido di vestirmi:
una maglietta degli N.Y. Yankees e un'anonima tuta blu notte. Mi siedo per
infilarmi i tubolari di spugna, talmente vecchi da essere ormai logori su
punte e talloni, e le Nike Jordan che mia madre mi ha regalato quando sono
entrato a far parte del club. Perfetto. Ora mi manca solo la palla.
Penso a Fujima, quando, incurante della pioggia, esco per andare ad
allenarmi al campo.
________________________________________________________________________________
La palla sibila piano mentre, incurante di vento e pioggia, penetra a
canestro. L'orbita che descrive è una parabola perfetta, priva di
sbavature. Non ha nemmeno dovuto sbattere sul tabellone per entrare, come
fosse in possesso di una volontà propria e non volesse altro che esaudire
i miei desideri.
Che sia per questo che la palla, ora, rotola pigramente verso di me, senza
che io mi debba muovere per andare a recuperarla?
Sorrido a questo mio sciocco pensiero, che, per un attimo, sembrava
essersi impadronito di me.
Sono esausto.
Sento il sudore mescolarsi alla pioggia, che, imperiosa, non accenna a
diminuire. Vorrei fermarmi. Vorrei che il mio corpo fosse abbastanza forte
da non urlare alla mia mente di smetterla, di porre fine a questa lenta
agonia.
Ma, non posso.
Devo arrivare al più presto al traguardo che mi sono imposto: Diventare
il miglior centro della prefettura di Kanagawa.
Sono due settimane, ormai, che mi alleno ogni mattina in questo parco. E'
un posto tranquillo e l'aria qui è sempre satura di profumi freschi e
buoni: i peschi sono nel pieno della fioritura, le bancarelle dei
commercianti più mattinieri diffondono le invitanti fragranze di taiyaki
e manchiu e le peonie regalano una nota sofisticata all'insieme.
Oggi non sono, però, in grado di godere appieno di tutta questa bellezza.
Ho 38.7 gradi di febbre. Non sono molti, ma mi affaticano comunque
parecchio. Sono uscito lo stesso però ad allenarmi.
Per Fujima
Questa è la sua ultima occasione di vincere il campionato.
Gli avversari che incontreremo sono temibili: il Toyotama, che con noi ha
ben più di un conto in sospeso, specie quel Minami. Il Sannoh, la squadra
che ormai da anni detiene il titolo. Ma, soprattutto. Loro. Il Kainan. La
squadra di Maki.
Per questo non posso permettermi nemmeno un attimo di riposo.
Devo essere in grado di rendere al 200%.
Glie l' ho promesso.
Ho nuovamente la palla in mano. Gli occhi, fissi sul canestro, intenti a
calibrare la distanza e, di conseguenza, la forza da imprimere alla palla.
Tiro.
Un alley hoop perfetto.
Sono felice.
Questo il mio ultimo pensiero, prima di crollare in terra svenuto.
~ * ~
Non so quanto tempo sia passato, quando finalmente rinvengo. Mi sento
smarrito. E questa sensazione permane quando mi rendo conto di non
trovarmi più nel parco. Sono sdraiato al coperto, in un luogo caldo e
asciutto.
Mi ci vuole un po' per realizzare, infine, di trovarmi negli spogliatoi
della palestra del liceo.
Come sono arrivato qui? Chi mi ci ha portato?
Mi alzo a sedere, voltando attorno il capo, in cerca di risposte. E le
trovo quando, finalmente, lo vedo.
Fujima.
E' ritto davanti a me. Ha i capelli madidi di pioggia. no, non è pioggia.
Indossa un accappatoio. Ma, allora cosa.
"Ho fatto una doccia per riscaldarmi." - mi dice lui, leggendo
lo smarrimento nei miei occhi. E continua - "Dovresti fare lo stesso,
a meno che tu non voglia che la febbre ti aumenti."
Sorride.
E' ancora più bello del solito con le ciocche bagnate che gli cadono sul
viso, incorniciandolo. E' rosso ora quel viso solitamente pallido e mette
ancor più in risalto la dolce sfumatura nocciola degli occhi, rendendoli
ancor più luminosi ed espressivi.
"Forse hai ragione." - dico - "E' meglio che mi faccia una
doccia!"
Faccio per rialzarmi.
"Aspetta! Ti aiuto io."
Vedo Kenji chinarsi verso di me e tendermi la mano.
Alzo lo sguardo verso di lui e vedo che sta sorridendo. E' il suo solito
indefinibile sorriso, ma, questa volta vi leggo anche qualcosa di diverso,
una nota. maliziosa?!
No, non può essere. deve essere stata solo una mia impressione.
Però, non so perché, ma neanch' io riesco a trovare questa spiegazione
del tutto convincente.
Cerco di distogliere la mia mente da questi inutili pensieri e mi soffermo
ad osservare con più attenzione la figura dell'adolescente ritto di
fronte a me. Il nodo, che gli teneva fermo l'accappatoio, si deve essere
allentato perché ora i lembi del collo gli cadono inerti lungo le spalle.
Sono belle, le sue spalle, come tutto di lui del resto. Sono abbastanza
larghe e coperte da una muscolatura fine e flessuosa, ma armoniose come
quelle di una ragazza. Seguendo la linea morbida delle spalle, arrivo alla
clavicola, piccola e non troppo prominente, che forma un delizioso
"Bosforo di Olvanshi", come veniva chiamata l'incisura giugulare
nel film "The English Patient".
L'accappatoio lascia intravedere anche parte del torace. Il suo petto è
modellato come quello di un efebico giovinetto, ancora in attesa di
sbocciare come uomo, nelle statue greche. E' roseo, ora, quel petto e reso
luccicante da nugoli di minuscole goccioline d'acqua.
Mi viene istintivamente la voglia di toccare con la punta delle dita
quella pelle morbida e umida, che riveste forme tanto delicate.
Arrossisco a questo pensiero.
Ma sento il viso andarmi letteralmente in fiamme, quando scorgo il
capezzolo sinistro di Kenji. Il calore della doccia l' ha tinto d'una
tenue sfumatura porpora, che ne esalta le dimensioni minute. E' turgido a
causa del contatto con l'aria fredda della palestra. Sembra proprio una
succosa fragolina di bosco ed è così. invitante.
Cosa diavolo mi sta succedendo, mi sento tutto accaldato e i miei battiti
cardiaci sembrano i rintocchi di una grossa campana. Forse mi è salita
ulteriormente la febbre.
Prendo la mano di Fujima.
"Grazie." - dico - mentre l'altro mi aiuta lentamente ad
alzarmi.
Sono finalmente in piedi, ma non ho riacquistato ancora del tutto la
stabilità. Sento girarmi vorticosamente la testa, tanto che devo
aggrapparmi al capitano per non finire di nuovo riverso sul pavimento.
Sento anche distintamente la febbre salirmi, perché il calore che provo a
contatto con quel corpo umido è infinitamente superiore a prima. E sale
ulteriormente quando lo sento muoversi sotto di me.
Si sta. strusciando. Come per riscaldare le mie miserabili membra.
Sento chiaramente le sue mani andare su e giù lungo la mia schiena. Devo
essere veramente intirizzito perché, quando sento le sue dita affusolate
scivolarmi sotto la maglietta, per ricominciare poi a muoversi,
rabbrividisco. E avvampo. In viso.
E finalmente capisco che tutto quello che sto provando non é a causa
della febbre, ma SUA.
E' LUI, con i suoi occhi, il suo sorriso e il suo corpo, a farmi provare
questo tumulto di emozioni di cui non immaginavo nemmeno l'esistenza.
Quest'essere androgino mi ha rubato l'anima e ora gli appartengo.
Sento il bisogno di guardarlo negli occhi, di farmi pervadere da quelle
pozze nocciola. Ma, nell'istante in cui il mio sguardo si sofferma sulle
sue labbra, morbide e ben disegnate, è un altro bisogno a prendere il
sopravvento. Ed io, per la prima volta nella mia vita, decido di cedervi.
Lo sto baciando. Sto baciando Fujima. E non mi interessa il fatto che sia
il mio capitano, o che sia un ragazzo. Niente di tutto ciò ha importanza.
Ciò che conta è che sto baciando la persona più bella che io abbia mai
conosciuto in vita mia, l'unica che mi abbia mai fatto capire il
significato delle parole sentimenti ed emozioni.
La sua bocca è morbida, invitante come un lampone maturo, tanto che la
voglia di assaporare più in profondità il gusto di questa piccola
meraviglia. Non ho idea di come fare per spingerlo a schiudere le labbra,
così intanto decido di leccarle con la punta della lingua; quest'aroma
rimarrà indelebilmente impresso nella mia mente.
Voglio imprimere nelle mie stesse cellule tutto ciò che ti riguarda, Ken.
La tua intera essenza dentro di me.
Cosa sta accadendo?
Sento che le sue mani spostarsi dalla mia schiena. Ora sono sui fianchi,
ora sul mio addome. Ma cosa.?!
"Cosa diamine ti è pigliato, Tooru? Sei per caso impazzito?"
Mi ha spinto via da sé.
E' un capitano furente quello che mi sta davanti. I suoi occhi mandano
lampi di collera, così come credevo che solo nei manga si potesse fare.
Ha il viso paonazzo e l'accappatoio completamente slacciato. Il suo petto,
i suoi capezzoli, i suoi addominali, il suo vero - sesso -
essere è posto dinnanzi a me, totalmente esposto ai miei occhi. E'.
- Sensuale. -
Una visione.
A cosa diavolo sto pensando. E' inutile che mi metta a fantasticare in
questo momento.
Ho baciato un ragazzo!
Il capitano della mia squadra di basket per di più!
Come posso pensare di uscire indenne dal disprezzo che sicuramente lui ora
proverà verso di me?
Questo pensiero mi pietrifica.
Che ho combinato...
"Non azzardarti mai più a rifare una cosa simile!!!! Mai più, a
meno che non sia io a dirtelo, hai capito!!!"
Aspetta, aspetta, aspetta un attimo..
Cos'è che ha appena detto.
Ma allora non ti è dispiaciuto poi così tanto quello che ti ho fatto..
" Non mi sono mai sentito tanto oltraggiato in vita mia! "
Si volta verso la porta della locker room, come per andarsene.
Ad un tratto sembra ripensarci.
Forse.
" Un ultima cosa, Hanagata Tooru, sai la doccia che ti avevo
consigliato di fare.?! "
" Si? " - rispondo disorientato. - Non mi
aspettavo mi rivolgesse una simile domanda.
" Vedi di fartela. Ma, fredda! " continua lui stizzito. E se ne
và.
Mi sento avvilito, ma decido ugualmente di seguire entrambi i suoi
consigli: andrò a farmi una doccia fredda, perché il mio fisico ha
risentito troppo di questi ultimi avvenimenti, e. aspetterò.
Aspetterò finché lui non sarà finalmente mio.
Owari
Fine del 2° capitolo.
Hanachan: Ahhh. Finito!
Hanagata: Come finito?
Hanachan: Si, ho finito il secondo capitolo, ma continua col terzo.
Fujima: Ahh, meno male. Per un attimo avevo avuto paura di rimanere a
bocca asciutta come in tutte le fic con Maki.
Choco: MA SENTILO!!!! Sfacciato!!!
Fujima: Beh, che vuoi? Non sei contenta? Almeno, non sei la sola a non
battere chiodo!!!
Choco: Io. Io. ----- #faint#
Hanachan --- tentando di rianimare Choco: Sei patologico!!! Nemmeno
la vera Lolita era sesso-dipendente quanto te.
Fujima - facendo finta di non aver capito- : Grazie.
Hanachan: ^__^??'' Comunque ragazzi che ve ne pare?
Hanamichi: T __ T . sigh .. Povero Megane-san, ora ti è rimasto
solo il basket e il triste fai-da-te!! Snif!
Hanagata: .....
Choco-- Aprendo un occhio: Che finesse, eh, Hanamichi?
Hanachan&Hanamichi: Beh?! Che vvoi?
Rukawa: Douaho. Comunque.
Hanachan: Si..
Rukawa: .interessante.
Hanachan: YATTAAA!!! Grazie Kits.. ehm.. Kaede.
Hanamichi: Però non ti scordare di noi. .snif, sob.
Choco: - Scattando in piedi come una molla: MA A VOI CI PENSO
IOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOO!!!!!
Hanamichi: Si. Però. Lei è la mia sorellina gemella.. Volevo che la
ficcie me la scrivesse lei.
Choco: Adesso basta!!!! Mi trattate tutti male!!! Me ne vado a fare un po'
di shopping!
Fujima--- Con aria indifferente: Oh, guarda. Ma che ci fa questa American
Express Platinum nella tasca dei miei pantaloni?
Choco: Ma. Ma. #re-faint#
Hanachan: Kenji FINISCILA! O Giuro che nei prossimi capitoli te ne farò
pentire!!!
Choco---- Rianimata da Hanagata che è sempre un gran gentiluomo: TANTO è
inutile che lo minacci, Hana. Quello cade sempre in piedi!!!!!
Fujima: Tsk!
Hanachan: --____________________________--
Certo che quando siete assieme diventate davvero puerili.
Choco&Fujima: Certo!!!! E ne siamo anche fieri!!!!! >________<
Hanachan: O____________________________________o . E poi gli immaturi
saremmo noi.( ad Hanamichi)
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