Allora, i personaggi sono del grande Inoue e io non ci guadagno niente tranne la gioia di poter scrivere di loro…Anticipo subito che il mio preferito è Rukawa^-^ !

Ah, dimenticavo: è una HanaRu…

 


In This World You Are With Me

di Nausicaa


Parte prima.- Like a friend

 Come ho sentito dire in un film, il vantaggio di essere considerato un idiota è che nessuno crede mai che hai un secondo fine.

Bene, lo sfrutterò in pieno! Del resto è così che sono stato chiamato spesso, no? Idiota, buffone, esibizionista, pazzo esaltato…Ma, insomma, la gente cambia e pure io, voglio dire: si deve crescere ad un certo punto e crescendo si migliora, si correggono i difetti. Non che io, Hanamichi Sakuragi, debba correggere chissà che, intendiamoci! Se sono appena appena esibizionista è perché me lo posso permettere!

Ma sono successe un sacco di cose che mi hanno fatto pensare e ho sentito il bisogno di  staccare la spina per un paio di giorni…e diamine! Non sono mica il cretino che pensano tutti, ce l’ho anch’io un cervello, mi sono accorto benissimo che qualcosa è cambiato dentro di me, dopo tutti questi avvenimenti emozionanti che ho vissuto.

Prima di tutto: la mia tanto strombazzata cotta per Haruko si è rivelata essere una bolla di sapone…Che scemo, ero convinto di poterla conquistare, ho passato settimane ad incavolarmi a morte quando mi facevano notare che non mi si filava per niente, ho odiato chi aveva la sua totale attenzione…finché un giorno mi sono accorto che non me ne fregava nulla e che avevo sprecato un sacco di tempo.

No, sprecato no…Ora ho il basket, ho i miei compagni di squadra e, soprattutto, ho lui…Rukawa.

Uhm, detto così posso essere frainteso: tra le mani non ho niente, se non le sue gelide occhiate o la sua indifferenza, alla meno peggio. L’ho giudicato male, per mesi, e il risultato è che lui mi ritiene un deficiente. Ma io una volta sbollita la cotta per Haruko, ho cominciato a guardarlo con occhi diversi; mi sono detto: se metà delle ragazze della scuola sbavano per lui ci sarà un motivo! C’è infatti. Ci sono due occhi stupendi, allungati e sensuali, neri come la notte; ci sono dei lineamenti bellissimi e delicati; ci sono dei capelli morbidi e neri, dai riflessi blu; c’è la sua pelle bianchissima come neve e il suo corpo perfetto. Ehm…sembra che me lo sto mangiando con gli occhi ?! be’, è vero! Ma non è solo questo e io sarei davvero meschino a voler ridurre Rukawa ad un bell’involucro vuoto.

Parliamoci chiaro: ora arriva il disastro…il suo carattere!

E’ arrogante.        E’ vero.

E’ silenzioso.       Ok.

E’ scontroso.        E’ un eufemismo.

E’ imperturbabile. Di sicuro.

E’ insolente.         Sono d’accordo.

Ma non può essere solo questo. L’ho osservato durante gli allenamenti, durante le amichevoli, l’ho fissato fino a rasentare il ridicolo (lui direbbe che ridicolo lo sono sempre): ho visto un fuoco incredibile nei suoi occhi mentre giocava, un ardore mai conosciuto, che si sprigiona dal suo corpo. Dove finisce tutta questa passionalità?

Dimmelo, Rukawa! Vuoi farmi credere che sparisce così, da un momento all’altro, come spegnere un interruttore? Mi dispiace, ma non ci credo più. Ora cammini vicino a me, ti muovi con grazia felina, il fuoco sembra spento, ma io so che è solo sotto la cenere. Perché ho capito che sotto quel ghiaccio sei la persona più appassionata, vitale e sensuale che io abbia mai visto. E ti voglio per me.

Certo, se uno come lui scegliesse me, sarebbe la conferma che io sono il migliore di tutti, no? Oooops …scusate, una ricaduta…

Comunque, ho un piano e sarà una faticaccia: perché lui pensa che io sia un cretino e devo dimostrargli che non è vero; ma devo anche rimanere allegro come sempre, perché lui è già serio per dieci di suo; devo fargli capire che sono sincero, che non pensavo tutte le cattiverie che gli ho detto, cioè, sì, allora le pensavo, ma ora non valgono più e mi taglierei la lingua per avergliele dette. Sì, sarà proprio una faticaccia…e devo anche cominciare subito! Una voce, dentro, mi chiede: sicuro che ne valga la pena? Guardo Rukawa, che si riposa da solo, in disparte, e non ho dubbi: farò di tutto per averlo, perché ormai di lui mi piace tutto e lo voglio tutto per me.

Il suo sguardo imbronciato incrocia il mio. Il suo solito sguardo. Crede ancora che io lo odi…Rukawa, ti dimostrerò che a dispetto di tutti i tuoi sforzi per renderti insopportabile sei adorabile e speciale. E mio.

 

 

Perché quell’idiota mi fissa? E’ tutto il giorno che lo sta facendo, forse cerca qualcosa di nuovo per insultarmi e provocarmi ancora. Non ho la mania di persecuzione, ma Sakuragi non mi fa respirare: o fa il buffone e si comporta da esaltato o mi irrita anche se sta zitto. Non c’è speranza! Chissà, magari crede pure di essere originale, come se non avessi sentito migliaia di volte sempre i soliti insulti, le solite offese, così banali e ripetitive…sei antipatico, sei odioso, chi ti credi di essere?

Cos’è, un delitto, essere introversi? A chi dovrei parlare? A chi dovrei sorridere? Per loro è molto più facile pensare queste cose di me , piuttosto che chiedersi come sto. Troppa fatica scoprire se non parlo perché non ci riesco…

E’ vero che il basket mi dà gioia, sento l’adrenalina a mille, il sangue più veloce nelle vene…ma mi basta uscire dal campo da gioco per sentirmi apatico e vuoto, ci sono abituato e quest’abitudine mi spaventa. Ma nessuno si è mai sforzato di intuirlo e io sono troppo orgoglioso e taciturno per farlo capire.

Ora mi sorride come un deficiente, ma che diavolo vuole?!

“Ciao!” mi saluta. Adesso mi saluta ? gli allenamenti sono iniziati da un’ora…ma io non sono un cafone maleducato, così gli rispondo.

“…ao”. Vuoi andartene adesso? No, non vuole.

“Hai fatto dei bei tiri”.

“Lo so” gli dico.

Mi sento spiazzato, perché sembra sincero. Sakuragi gentile? Non con me, deve esserci sotto qualcosa e io ho altro da fare che dare corda alle scemenze di questo idiota. Così mi allontano senza una parola; guardo per un attimo Mitsui e Kogure che chiacchierano e penso che io non ho mai parlato così con nessuno, ma ad un tratto mi irrigidisco: mi è sembrato di sentire il mio nome appena mormorato e la voce…era la sua…Mi sarò sbagliato. Sakuragi non ha motivi per chiamarmi, così come io non ne ho per ascoltarlo.

 

“Rukawa…”

Sospiro. Che mi aspettavo? In fondo, è stato il mio primo approccio civile con lui e anzi! Ha ricambiato il mio saluto! Quel borbottio detto a mezza bocca era un saluto, ne sono sicuro! Ma avverto la diffidenza in lui e non so dargli torto, considerando che in tutto questo tempo se non lo insultavo lo prendevo a pugni. Chissà, forse pensa che stia elaborando una tecnica geniale per sorprenderlo alle spalle e piantargli un pugno fra le scapole…effettivamente io vorrei sorprenderlo alle spalle, ma per fargli un’altra cosa…Ehm!!!… sto diventando triviale? In effetti mi imbarazzo da solo dei miei pensieri…Ok , mi ricompongo, e sono pronto a far scattare il mio piano geniale!

 

I miei amici e compagni di squadra sono stupiti di me: prendo seriamente gli allenamenti e non faccio più battute troppo cretine…cioè, le faccio ancora, le battute, ma ho scoperto che si può far ridere senza sembrare scemi e in fondo mi piace, mi aiuta ad affinare il mio già grande senso dell’umorismo. Ogni tanto sbircio Rukawa.

La sua espressione fredda non è cambiata, dato che io non lo insulto non mi rivolge quasi la parola, ma quando risponde ai miei saluti mi sembra più disteso. Bene, il piano procede.

Come? Qual è il mio piano? Be’, niente che non farebbe un ragazzo innamorato come lo sono io. INNAMORATO?! Sì, innamorato, con tutto il cuore. E allora? Ho capito solo ora che gli devo un sacco: è per merito suo se sono migliorato come giocatore e come persona, perché volevo sfidarlo, volevo batterlo e dimostrare a tutti che sono un genio del basket…volevo che lui si accorgesse di me…Comunque, ora vorrei sdebitarmi. Visto che non posso farlo migliorare come giocatore (oppure sì? Be’ in fondo perché no?…io sono il tensai!!), voglio riuscire ad arrivare a lui. Al vero Rukawa, voglio dire. Io sono intuitivo, me lo dicono tutti, e voglio arrivare a quel qualcosa che avverto in lui. Intanto, siccome sono comunque un po’ esibizionista, ho deciso di chiedergli se ha notato niente. Insomma, sono ancora meglio di prima e lo sto facendo per lui…Deve capire che ormai mi è indispensabile.

 

 

Fino ad adesso l’allenamento era andato bene. E ora, invece, vedo Sakuragi che mi si avvicina con un sorriso ebete sulla faccia. Si ferma a pochi passi da me tutto orgoglioso.

“E allora?”

“…” allora che?

“Non hai notato niente, Rukawa? Sono stato bravo oggi! Sono stato bravissimo!”

Io mi stringo nelle spalle: “Visto che te lo dici da solo…”. Incredibile la sua capacità di dire scemenze.

“E tu non hai niente da dirmi?” insiste.

“Che sono stato più bravo di te” e lo penso veramente.

Sakuragi, a queste mie parole, diventa serio, io penso che ora si incavolerà e che faremo a pugni e invece lui, per una volta, mi sorprende.

“Kitsune, sto cercando di comportarmi in modo responsabile, a cominciare dagli allenamenti. Sto seguendo il tuo consiglio. Non hai niente da dirmi?”.

E’ vero, gli ho detto tante volte di crescere.

“Bravo. Ma ricordati che non stai facendo un favore a me, lo fai a te stesso”.

“Uhm” sogghigna lui, poi mi saluta e se ne va. Lo avevo notato, quel cambiamento, ma non volevo dargli soddisfazione. E’ bravo. Certo, dice ancora molte scemenze, ma non credo che ci si possa fare qualcosa. E io devo essere un vero cretino, perché mi sento fiero di lui, per lui, pensando all’impegno che ci sta mettendo…

Ora, però, devi capire una cosa, Sakuragi: non lo stai facendo per fare un favore a me o alla squadra, ma per te stesso, perché un giorno giocherai e vivrai senza avere noi intorno, quando finiremo la scuola, e per allora dovrai essere pronto e forte per farcela da solo. Non so perché, ma mi sento incredibilmente triste a questo pensiero…

 

Ci sono persone che nascono introverse. Sì, insomma, non hanno molta voglia di comunicare e non sanno come farlo. Magari provano a chiedere aiuto agli altri, ma dentro di sé non riescono a trovare né la voce, né le parole giuste, quindi continuano ad essere incomprese e alla fine smettono di chiedere aiuto. Credo che a me sia capitato questo, ma è un ricordo lontano nel tempo e io non ci tengo affatto a rivangarlo. Perché dovrei? Sono molto soddisfatto della mia vita: guardo i miei socievoli coetanei che disperdono le loro energie in mille attività diverse, in genere una più scema dell'altra, e mi ritengo fortunato. Loro non sanno che cosa vuol dire incanalare tutta la forza in un’unica grande passione, sentirsi bruciare al solo pensiero di un campo da basket, di una partita, di una nuova sfida…Io sono felice ad ogni corsa, ad ogni canestro, mi lascio trasportare da quel fuoco che mi dice che ce la posso fare, che so vincere, perché quel pallone fra le mie mani  sarà un prolungamento della mia stessa volontà. Quando tiro, il pallone non può mancare il canestro, perché io voglio che finisca lì. Ma per tutti sono la fredda kitsune…

Alla fine meglio così, che devo dire? Almeno non mi rompono più di tanto…

Già, ma lui rompe per venti!! Eccolo di nuovo qui, questo do’ aho con il suo sorriso imbecille! Arriva dagli spogliatoi e ha un bicchiere d’acqua in mano.

“Me lo reggi, volpino?”.

Io lo prendo, ma non posso fare a meno di chiedergli: “Perché?”.

“Voglio vedere quanto tempo impieghi a far congelare l’acqua”.

Idiota!

Non mi degno neanche di dirglielo, non cambio espressione, ma gli butto l’acqua in faccia.

“Ops…ho avuto un crampo al braccio” gli dico. E ora le solite grida.

“Stupida volpe! Il crampo ce l’hai al cervello! Come hai osato…”

Sì, sì…la so a memoria questa solfa…Mi volto e faccio per andarmene, un po’ deluso a dire il vero: e pensare che si stava dando da fare per migliorare…

“Non andartene mentre ti parlo, kitsune!”.

 Non mi stai parlando, mi stai urlando addosso le tue cavolate e io non sono così masochista da ascoltarti. Ma tu mi sorprendi di nuovo. Mi raggiungi, la tua faccia sembra quasi seria e mi dici: “Rukawa, ho comprato una videocassetta su Michael Jordan. Ci sono le riprese delle sue giocate più formidabili, voglio studiarmele: certamente il grande tensai saprà rifarle!!”.

Esaltato.

“Vorrei un tuo parere. Vuoi venire a vederla a casa mia?”.

Ecco, questa proprio non me l’aspettavo…e comunque no, non mi va di venire a casa tua. Resto in silenzio e lui comprende, ma non si dà per vinto e anche questo mi meraviglia.

“Ah…ripensandoci è meglio di no, casa mia è un casino e mia madre mi ammazzerebbe se ti facessi vedere tutto quel disordine. Vengo io da te! Te la porto a casa, va bene?”.

No, che non va bene.

“Perché?” gli chiedo.

“Te l’ho detto, voglio il tuo parere”.

“Portamela agli allenamenti”.

Lui arrossisce e si arrampica penosamente sugli specchi: “Oh, ah…ehm…no, vedi, io volevo darla anche a Yohei…cioè, se te la portassi un  sabato avresti tutta la domenica per guardarla”.

Ma che cavolo dice? Si vede lontano un miglio che è una scusa e che in realtà vuole venire a tutti i costi a casa mia. Sono curioso, ma non mi fido: magari vuole approfittare di una mia distrazione per dare fuoco alla casa e liberarsi di me…resto in silenzio.

Sakuragi sospira stranamente: “Te la porto e poi me ne vado subito, ok?”.

Sembra che ci tenga proprio tanto…

La mia voce esce lenta, ma in realtà sto parlando d’ impulso : “Va bene, vieni pure”.

Che diavolo sto dicendo?! Be’ ormai non posso rimangiarmi la parola…

Sakuragi sorride a trentadue denti: “Ah, bene!! Allora, uno di questi giorni verrò da te. Appena possibile”.

Si allontana quasi saltellando; io scuoto la testa e lo chiamo.

“Do’aho”.

“Eh?” lui si gira senza arrabbiarsi, strano…

“Come farai a venire da me, se non conosci il mio indirizzo?”.

Sakuragi arrossisce, poi borbotta imbarazzato: “Ah, è vero. Vuoi darmelo?”.

Io glielo dico. Non dovrei, ma mi ha incuriosito.

 

Credo di aver fatto una figura da idiota. Sai che ci fa Rukawa con una stupida videocassetta? Lui avrà sicuramente la TV via cavo, via satellite, la parabolica…lui sicuramente si segue l’NBA in diretta, probabilmente si registra le partite più importanti. Ci penso un po’…MASSI’, CHISSENEFREGA!!!

Io gliela porto, questa cassetta, devo riuscire a tutti i costi a vederlo a casa sua, in un ambiente che non sia un campo da basket o uno spogliatoio. E poi saremmo soli…

E’ inutile nasconderlo: io lo amo, ma lo desidero anche. Quando l’allenamento si fa pesante, è una tortura vederlo sudato e ansimante perché me lo immagino sudato e ansimante ma per ben altri motivi e allora sento che potrei perdere la testa. Forse l’ho già persa. Voglio dire, io mi sono beccato 50 rifiuti, no, dico, 50!! 51 contando anche Haruko. Come faccio a sperare che uno bellissimo come Rukawa possa…

Be’ ma in fondo anche con il basket ho iniziato da zero e ora sono un campione!

Finisce che dopo tre giorni, nel primo pomeriggio della domenica, mi ritrovo di fronte a casa sua , a suonare il campanello. Carino il giardino…be’, è sistemato meglio di me, su questo non ci sono dubbi, ma credo che non gliene freghi niente. Se ho imparato a conoscere il modo di ragionare di quella testolina arruffata, penso che se uno fosse anche straricco, ma non sapesse fare un canestro manco avvicinandosi con una scala, Rukawa lo tratterebbe come una pezza da piedi…

Ma quanto cavolo ci mette ad arrivare?! Vuoi vedere che non c’è? No, è più probabile che stia dormendo. Un rumore…la porta che si apre…ed eccolo lì, tutto assonnato, con lo sguardo un po’ vago. Quant’è CARINO!!!

Rukawa mi vede, preme il citofono e il cancello si apre. Io lo raggiungo subito e lo prendo in giro : “Qualcosa mi dice che stavi dormendo”.

“Hn”.

“Dovrebbero studiarti, forse aiuteresti la scienza a trovare un farmaco contro l’insonnia, eh kitsune?”.

“Mpf”.

 

 

E’ proprio cretino!

Non solo mi sveglia, ma spara subito una delle sue idiozie. Io resto in silenzio e forse lui capisce di aver esagerato. Mi chiedo perché l’abbia fatto venire fin qui: Sakuragi è così diverso da me…E’ estroverso, chiassoso, esibizionista, disordinato. E’ una persona solare, mentre a me una volta avevano detto che ero un tipo lunare. Non andremo mai d’accordo. Ora lui nel giro di un secondo ha di nuovo cambiato espressione, non fa più venire i nervi, sembra quasi serio.

“Ecco la cassetta, prendila pure” me la tende e io la prendo. Mi sento i suoi occhi addosso.

“Te la riporterò domani” gli assicuro.

“Ehi, non c’è problema, tienila quanto vuoi…”

Ma come?

C’ è qualcosa di strano in lui, ma non so interpretarlo: io non sono mai stato bravo a capire le persone e lui cambia umore ed espressione con una velocità così incredibile che non riesco a seguirlo.

“Ora me ne vado, come ti avevo detto”.

Si gira davvero, senza aspettare un ringraziamento. Io guardo quella cassetta e mi accorgo che è ancora sigillata…

“Sakuragi!” lo chiamo. Lui si ferma e si volta a guardarmi stranamente ansioso.

“Non l’hai ancora vista, ma mi avevi detto…”

“Non importa- mi interrompe- guardala prima tu e stai tranquillo…non contiene ordigni esplosivi!” sogghigna. Idiota !

Ma anch’ io sono davvero una stupida volpe, perché mi ritrovo a dirgli: “Avanti, entra. . .vuol dire che la vedremo insieme”.

Non so perché l’ho detto, forse perché Sakuragi mi è sembrato gentile. Lui è raggiante in un modo che mi sembra esagerato e che mi insospettisce.

“Dici sul serio, kitsune?”

“Entra, prima che cambi idea!”.

In due secondi è nell’ ingresso e si sta togliendo le scarpe.

“Eh eh, sono nella tana della volpe! Il grande tensai ti ha fatto l’onore di una visita!”.

Neanche ti rispondo, idiota!

 

 

E così alla fine ci sono riuscito. Sono a casa sua e proprio Rukawa mi ha invitato ad entrare… praticamente passeremo tutto il pomeriggio insieme.

Lui non risponde alle mie battute e io lo seguo fino ad arrivare ad una stanza arredata all’occidentale, che dovrebbe essere un salotto. Solo allora mi viene un dubbio.

“Non è che sto disturbando i tuoi genitori ?”

Rukawa mi guarda impassibile: “Mia madre è morta da anni e mio padre non c’è mai”.

“Perché ?”.

“Lavora a Tokio. Torna solo a fine mese e viaggia spesso in Europa…in America…”.

Lo dice in tono strano…no, non strano: so cosa significa. Che vorrebbe andarci lui in America. Non ho tempo di incavolarmi, perché penso a quello che ho appena sentito.

Che è figlio unico lo sapevo già…Trova solo una casa vuota la sera, quando torna qui…Ecco perché è così preciso, ha dovuto imparare ad organizzarsi per cavarsela da solo; almeno mia madre la sera a volte c’è e anche quando ha il turno di notte mi lascia sempre la cena pronta. Rukawa invece…Intendiamoci, deve esserci nato con un carattere difficile ! Certo che poi il destino ci ha aggiunto un carico da mille…Lui sembra fregarsene e mi chiedo quanto sia vero.

“Quello è il divano”.

La sua voce è fredda, come a dire siediti-lì-e-non-scocciare…Ma insomma, che posso pretendere? Sono ancora all’inizio del mio piano!

Io sto per buttarmi sul divano, senza neanche guardarlo, ma lui mi blocca all’improvviso e mi sibila: “Do’aho, non cadere addosso al mio gatto!”.

“Quale gatto ?!” mi giro e scopro, sulla tappezzeria scura del mobile, un bel gatto nero dal pelo lucidissimo che alza la testa di scatto.

“Non lo avevo visto” mi giustifico.

Rukawa lo prende in braccio ed io lì per lì non so rinunciare ad un’altra scemenza: “Eh eh…il gatto e la volpe, proprio come in quel film di Walt Disney!” e rido, compiaciuto per il mio acume, mentre Rukawa non perde la sua espressione glaciale neanche per sbaglio. Intanto il micio gli si strofina addosso, gli lecca la mano…ed io mi ritrovo geloso di un gatto! Stupido animale, smettila di stargli addosso!!! Ma, un momento…IO GELOSO DI UN GATTO?!!! NOOO!! Sto impazzendo…

Rukawa lo fa scendere a terra…meno male!

“Posso offrirti qualcosa?”.

La sua voce è fredda, ma vuole rispettare i doveri dell’ospitalità.

“Hai del mais?”.

Lui mi guarda in modo vacuo: “Mais?”.

“Sì…be’…non è una droga, serve per fare i pop-corn!”.

“Pop-corn…”

“Rukawa! Che ti piglia, stupida volpe! Pop-corn, da mettere in una ciotola bella grande, così li mangiamo mentre guardiamo la cassetta, come si fa quando ci si ritrova a vedere i film con gli amici, sai com’è ?!”.

“No, non lo so com’è”.

Mi ero infervorato, ma la sua fredda risposta prima mi stupisce, poi mi dà una profonda tristezza. Lui lo dice con la sua solita voce, come se fosse una cosa scontata; in lui non ho sentito né amarezza né recriminazione, sono io che le provo, io che voglio capire quale meccanismo si sia inceppato nel suo rapporto con gli altri.

Comunque, il grande tensai prepara dei buonissimi pop-corn. Rukawa ne assaggia pochi, da quando parte la cassetta i suoi occhi e la sua testa si fissano sullo schermo e io vengo ignorato. E così mi ritrovo ad essere geloso anche di un gigante americano a cui basta guardare la palla per infilarla nel canestro. Rukawa è seduto vicino a me, indossa dei calzoncini corti ed io sento sempre più caldo, perché mi basterebbe allungare la mano per toccare la sua pelle bianchissima e non posso farlo…

Provo a chiedergli qualcosa che non capisco di quelle fantastiche giocate che scorrono sotto i nostri occhi, ma lui niente, risponde a monosillabi, mi dice: “Dopo” e continua a fissare il campione americano; intanto il gatto gli è saltato di nuovo in braccio e lui lo accarezza distrattamente. Non so se odio di più Michael Jordan o questo stupido gatto!!! Non credevo di essere così geloso, accidenti…cioè, ero geloso anche di Haruko (e proprio per colpa della volpe!), ma non così tanto. Il video finisce; io mi aspetto che lui ora mi butti fuori di casa, invece si alza, si china a raccogliere un pallone da basket che io non avevo neanche notato nell’angolo della stanza (è capace di avercene uno per camera) e freddamente risponde a tutte le domande che gli avevo fatto prima, facendomi alzare e illustrandomi le azioni con il pallone. Se le ricorda tutte, le mie domande, non ne salta una.

“Kitsune, allora mi ascoltavi!” esclamo.

Lui mi guarda con la coda dell’occhio: “Come faccio a non ascoltarti? Fai un tale casino!”.

Rimaniamo a fissarci per un lungo istante e il mio cuore accelera i suoi colpi, perché Rukawa è bellissimo ed è a pochi passi da me e noi siamo completamente soli…

Ma non posso ancora fare niente, è troppo presto…

Fuori è quasi buio, il pomeriggio è trascorso senza neanche una scazzottata e questo è un trionfo. Prima che me lo dica lui, lo anticipo: “Ok, ora me ne vado! Hai visto, kitsune, che gran prova di sé ha dato il grande tensai? Io sono di ottima compagnia, eh eh eh…Ti ho fatto un grande onore, hai passato un intero pomeriggio con me!”.

“Hn. E pensare che avrei potuto dormire tranquillo…”

“Cooosa? Stupida volpe!” ma lui dice una cosa che mi spiazza.

“Scherzavo. Grazie per avermi portato la cassetta”.

 

Stanotte sono troppo su di giri per dormire: ho passato tutto un pomeriggio con Rukawa. Sìììììì!!!!! Devo fare in modo che la cosa si ripeta: non sarà facile, ma un genio come me troverà la soluzione. 

 

 

 

Non riesco ancora a crederci.

Il do’aho è stato qui e non ci siamo picchiati. Non solo. Mi sono divertito…sì, insomma, la sua compagnia mi è piaciuta…Mi sentivo a mio agio con lui, perché mi sembrava che mi ascoltasse davvero e che mi capisse…Mi butto sul divano e sospiro: che cosa mi sta succedendo?

Lo capisco ancora meno nella settimana seguente: ci punzecchiamo e ci insultiamo come al solito, ma i suoi pugni sono più leggeri, quasi carezzevoli e la sua voce rumorosa non mi dà più così fastidio. Io non capisco perché e mi irrito con me stesso. Che cosa vuole questa testarossa, perché non mi fa più rimpiangere la solitudine? Io ho sempre amato molto la solitudine proprio per appartenere sempre solo a me stesso, perché non ho mai pensato di concedere una qualsiasi parte di me a qualcuno. Mai, fino a che…ma che diavolo sto dicendo ?!

Me lo domando anche sabato pomeriggio, quando mi ritrovo nuovamente Sakuragi davanti  al cancello.

“Che ci fai qui?” gli chiedo, quando arriva alla porta.

“Avevo tempo da perdere…” sogghigna.

“Do’aho”.

“Idiota a chi?”

“A te! Entra, scemo!”.

Non so perché lo sto facendo, ma so che voglio farlo e, in un modo o nell’altro, io faccio sempre quello che voglio. Ma che diavolo mi stai combinando, Sakuragi? Ti sto trovando simpatico…

“Posso? Ormai tuo padre sarà tornato.”

“Questo mese non torna e forse neanche il prossimo” lo interrompo seccamente.

“Oh, mi dispiace.”

“A me no. Vuoi un po’ di thé ? L’ho appena preparato”.

Alla fine siamo seduti sul divano come una settimana fa e beviamo il thè mentre io accarezzo il mio gatto e mi accorgo che lui lo fissa biecamente.

“Sei allergico ai gatti?” gli chiedo.

“No. Perché?”.

“Lo stai guardando malissimo”.

“Non vorrei ritrovarmi i suoi peli nel thè!”.

“Idiota” gli mormoro, ma faccio scendere il gatto dalle mie gambe e lui si rilassa. Chissà perché,  poi!

“Perché sei contento di stare da solo? Sì, insomma…che tuo padre non torni?”.

Io mi irrigidisco, ma non mi sembra la domanda di chi vuole farsi i fatti miei: il suo tono è insolitamente serio, come se le mie parole lo avessero turbato. Forse per le sue vicende personali? In fondo, io non so niente di lui.

“Io e mio padre siamo due estranei. Ormai abbiamo imparato a vivere lontani, le nostre abitudini, i nostri ritmi sono diversissimi: quando ci ritroviamo nella stessa casa ci intralciamo a vicenda…Non è ancora tornato e già non vedo l’ora che riparta!” lo dico con una rabbia che lui non comprende. Forse per la prima volta Sakuragi non sa cosa dire e mi fissa in silenzio.

“Dai, dimmelo! - lo incito – So cosa pensi”.

“E cioè?”.

“Che sono un bastardo egoista!”.

Incredibilmente lui non coglie la mia provocazione, anzi, cambia discorso.

“I libri di questi scaffali sono in inglese, come mai? Al grande tensai non sfugge niente eh eh eh”.

“Devo impararlo benissimo, l’inglese”.

“Perché?”.

Ma come??

“Perché voglio giocare in America. Mi sembra logico voler imparare la lingua che si parla in quel Paese”.

Sakuragi sembra incavolato: “Allora è vero!”

“Ma che ?”.

“Che vuoi andare in America”.

“Certo che sì, non ne ho mai fatto mistero” ora mi sembra di nuovo un po’ tonto…

“Credevo che lo dicessi tanto per dire…”

“Io non dico mai niente tanto per dire” parlo a bassa voce, ma scandisco bene le parole per far capire a questo zuccone che sono vere: proprio perché parlo poco, quando lo faccio non sono mai castelli in aria. Lui ha la faccia di un bambino deluso.

“Ma non ti dispiace? Insomma…non hai proprio nessun motivo per restare?”.

Io mi stringo nelle spalle: “No”.

“Ma…il nostro Paese…”

“Il basket è più importante”.

Sakuragi ha un lampo minaccioso negli occhi: “E i tuoi amici?”.

“E chi sarebbero? Io non ho amici” la mia voce è quasi atona, come al solito, ma qualcosa mi si stringe dentro alle mie stesse parole.

“E noi che siamo?”.

“Compagni di squadra”.

“Stupida volpe, non è la stessa cosa?” si sta scaldando.

“No. Gli amici si conoscono: io non so niente di voi e voi non sapete niente di me”.

“Ehi, stupida volpe!”.

“Hn”.

“Forse non te ne sei accorto, kitsune, ma io sto cercando di essere tuo amico!”.

Sakuragi lo dice d’impulso, è rosso in viso e sembra terribilmente sincero, ma questo è nella sua natura, l’ho capito tanto tempo fa. Dice che vuole essere mio amico. Non so se me ne ero accorto o no, forse sì ma avevo paura di dare un nome a certe nuove sensazioni.

“Perché?” gli chiedo.

“Perché cosa?” mi urla contro Sakuragi.

“Perché vuoi essere mio amico?”.

“Perché sì! Perché mi va, perché…” tace all’improvviso.

“Hn?”.

“Niente, così! Ho deciso così e tu non puoi fare niente contro le decisioni del grande tensai!”.

“Ma non mi odiavi per via di Haruko?”.

Lui diventa ancora più rosso: “N – non mi piace più…lei non mi interessa più…e quindi ora non ho più motivo per odiarti”.

So che sta dicendo la verità, non è capace di mentire. Vorrei chiedergli quale ragazza gli piaccia ora, ma non è mia abitudine farmi i fatti degli altri. Per un po’ stiamo zitti, poi parliamo degli allenamenti finché non gli faccio capire che voglio restare da solo. E lui mi accontenta. Eppure sento che ne è dispiaciuto.

E così non gli piace più Haruko…Be’, volubile il ragazzo, non c’è che dire! O forse no…forse non è volubile, si è solo accorto che era una cotta infantile…

E io?

So che tutti si chiedono perché ignoro le ragazze che mi corrono dietro (Haruko compresa). Pensando al mio futuro mi sono sempre immaginato come giocatore di basket, non come il compagno di qualcuno, uomo o donna…già, uomo o donna? In effetti non mi sono mai neanche posto il problema…uhm…

Meglio un uomo.

Sì, credo che preferirei un compagno, forse un altro ragazzo mi capirebbe meglio…

Ma ho brutti ricordi dalle scuole medie: gente esaltata che lasciava bigliettini negli armadietti, le prese in giro che ricevevano…e io promisi a me stesso che non mi sarei mai reso ridicolo, per nessun motivo, a costo di soffrire, ma nessuno avrebbe potuto ridere di me mai, mai, mai…e che nessuno mi avrebbe mai reso debole…

Ci voleva questo deficiente per farmi venire dei dubbi! No, che sto dicendo?! E’ chiaro che sono nervoso, in più stranamente non ho sonno…E’ buio ormai e la serata è fresca, ma non me ne frega niente: ho bisogno di allenarmi così esco e vado al campetto.

 

Parte seconda.- Walk this earth alone.

 

Bastardo egoista?

Sì, forse Rukawa lo è davvero, ma in fondo io che ne so? Forse con suo padre ci sono state liti, frasi spiacevoli…e io non sono così infantile da pensare che nel mondo tutti debbano andare d’accordo con i loro padri solo perché io ho perso il mio. E poi è un’altra la cosa che mi fa incavolare: questo suo parlare dell’America strafregandosene di tutto il resto! Quello è il suo sogno, il suo più grande desiderio, mentre lo diceva i suoi occhi brillavano…Quanto devo essergli sembrato fesso! Che scemo sono stato, tutto il tempo a giocare e a mettermi in mostra per Haruko, e lui lo sapeva che la nostra rivalità per me aveva come scopo che Haruko si innamorasse di me! E invece Rukawa non poteva pensare a simili scemenze (giustamente), lui pensava al suo futuro, a vincere e non certo per battere me, ma per arrivare all’America…Che scemo!! Mm…be’, ma sì…il tensai rimedierà anche a questo, l’inventiva non mi manca!! Tre giorni scorrono via tranquilli, più o meno. Ci sono le solite schermaglie, le solite battutine a cui non sappiamo e non vogliamo rinunciare, perché, almeno io, è proprio così che mi sono innamorato di lui. Ci scappano pure un paio di ceffoni, ma leggeri eh! Ormai non potrei fargli male. Lui però mi ha fatto un livido…

Il quarto giorno mi accorgo che c’è qualcosa che non va: agli allenamenti Rukawa fa scintille come al solito, io lo osservo incantato e a dire il vero un po’ mi rodo perché sembra che abbia un telecomando nelle mani: ogni tiro, un canestro! Eppure ha una luce negli occhi che non mi piace per niente: il suo sguardo è un po’ troppo lucido, come se avesse la febbre e naturalmente lui è troppo orgoglioso per dire che oggi non si sente bene. Alla fine degli allenamenti Rukawa resta in palestra e io fingo di andarmene con gli altri, ma torno lì pochi minuti dopo (e dopo aver evitato anche Yohei) e non lo vedo più. Ma tanto lo so dov’è… Eccolo qui, infatti, nello spogliatoio, seduto per terra: è tutto accaldato e si vede che sta male.

“Rukawa” lo chiamo.

“Hn”.

“Non stai bene. Dai, ti accompagno a casa”.

“Sto benissimo” borbotta.

“Sì, hai solo bisogno di una flebo! Ma smettila…” mi avvicino e faccio per toccarlo, ma lui si scosta.

“Non ho bisogno d’aiuto”.

Ora, in un altro momento io mi sarei incavolato e me ne sarei andato a grandi passi, ma stavolta non devo essere il solito impulsivo. Ma non so come comportarmi con Rukawa…Diciamo la verità: per queste cose sono inesperto come un bambino, non per niente mi sono beccato 50 rifiuti! E talvolta parlo e agisco prima di riflettere e ora ho paura di perderlo, di perdere anche quel poco della sua attenzione che è disposto a darmi…Ah, ma cosa sto facendo?! Per quanto dica di no, ora Rukawa ha bisogno di me ed io devo aiutarlo.

“Senti, stupida volpe, tu hai la febbre alta e si vede. Vuoi svenire per strada? Vuoi cadere appresso alla tua bici? Ti faresti male e non potresti giocare per un sacco di tempo!” strepito. Non gli do modo di ribattere, lo sollevo e mi faccio passare il suo braccio sulle spalle; Rukawa sta troppo male per opporsi, ma dice qualcosa che mi gela il sangue.

“Dovresti essere contento. Non eri tu che speravi che mi rompessi una gamba?”.

“Co…cosa?” mi sento soffocare.

“Lo hai detto durante una partita. Ti ho sentito…”

Io ho una reazione un po’ convulsa, lo stringo più forte a me perché ho paura di vedermelo scivolare via dalle braccia, ma lui prova a divincolarsi : “Maledizione, Sakuragi! Non ho bisogno del tuo aiuto!”.

E io lo stringo ancora di più…

“Non lo pensavo davvero- gli dico- Ho detto una cattiveria, sono stato una carogna. Ti chiedo scusa, Rukawa”.

“Non ce n’è bisogno, do’aho: è proprio da te una frase simile. Ma ora voglio stare da solo”.

“Sta’ zitto, kitsune, voglio aiutarti e ti aiuterò a costo di trascinarti fino a casa tua!!”.

Non so come, ma riusciamo a raggiungere la sua bici, a montarci sopra in due e ad arrivare a casa sua senza schiantarci contro qualcosa. Rukawa apre il cancello e la porta, arriviamo al solito salotto e lui si butta sul divano; io gli poso la mano sulla fronte: cavolo, come scotta!

“Non c’è bisogno che resti qui, do’aho. Mi è capitato altre volte di stare male e di essere solo in casa” mormora Rukawa.

“Non mi muovo di qui. Ora vado a prepararti una bella zuppa calda”.

“Ma perché?”.

“Ma è ovvio! Per dimostrarti che io sono un grande tensai anche in cucina! Stai là, kitsune, e aspettami”.

Mi devo imporre: un po’ perché sono una persona forte, un po’ perché so che Rukawa ammira solo chi è forte, non gli piacciono i deboli, e come potrebbero? Quando gli tengo testa lui si arrabbia, ma so che allo stesso tempo gli piace…

Bene, sono nella sua cucina. E ora? Devo preparare solo una stupida zuppa (già che ci sono la preparo pure per me), ma ci metto un sacco di tempo per trovare le cose, perché non so dove sono sistemate. Faccio un vero casino…accidenti, ci metterò un’ora per sistemare tutto!! Nooo…ehm…a questo punto faccio anche bollire l’acqua per il thè e su un ripiano trovo l’aspirina. Impiego altre tre ore per trovare un vassoio.

Forse potrei essere più veloce, ma sono anche molto nervoso e quindi tendo a non ragionare; torno nel salotto con il vassoio e Rukawa dorme ( e chi lo dubitava?), così mi ritrovo a fissarlo. Nervoso, eh? Sì…vabbè…sono eccitato oltre che nervoso! Ho solo voglia di abbracciarlo, di baciarlo e di…di…ops…di FARE QUELLO?!?! Ehm, veramente sì. Non sarà mica la fine del mondo, dopotutto conosco Rukawa da mesi, non è uno sconosciuto! Scuoto la mia testa dura per ricordarmi che sta male e che questo viene prima di tutto. Lo tocco appena su una spalla e lui si sveglia: per un istante il suo sguardo offuscato è stranamente dolce e il mio cuore accelera. Poi mi mette a fuoco e si irrigidisce.

“Mangia, kitsune”.

Ho preparato per due, poso il vassoio sul tavolo di fronte al divano e mi siedo per terra. Lui fa altrettanto, fissa il piatto con sospetto.

“Senti, Rukawa, la zuppa è commestibile (la sto mangiando anch’io), quella è aspirina e non arsenico e non ho versato cianuro nel thè. In cucina ho chiuso il gas, così non salti per aria…Rilassati ora”. Lui inizia a mangiare, è molto lento.

“E’ buono. Grazie, Sakuragi”.

E’ sincero, lo so che è sincero…che voglia che ho di baciarlo! Ehi, ma…aspetta un momento…

“Rukawa, per un millesimo di secondo gli angoli della tua bocca si sono alzati di una frazione di millimetro! Attento, rischi di mettere in moto i tuoi muscoli facciali atrofizzati!”.

“Do’aho” dice lui e lo dice sorridendo.

Un sorriso vero che mi toglie il fiato, mi ruba l’anima e mi eccita terribilmente. Lui è così…così…Devo dirglielo! E al diavolo ogni cosa!

“Rukawa, quando sorridi sei bellissimo. Cioè, lo sei sempre, ma quando sorridi…sei ancora più bello…”

Lui continua a sorridere: “Che ti prende da parlarmi così? Hai la febbre anche tu?”.

Forse sì…tu continui a sorridere e io muoio dalla voglia di baciarti e mi sento felice perché so con una certezza assoluta che ora ho davanti il VERO Rukawa.

“Per favore, non tornare di nuovo serio, continua a sorridere…” mi sto scoprendo e sto facendo la figura dell’idiota, ma non me ne frega niente. Lui rimane in silenzio, ma mi accontenta.

“Era da tanto che non sorridevo” mi sussurra poi.

“Perché?”.

“Non avevo molti motivi per farlo”.

“E ora?”.

“Sei stato gentile. Grazie”.

Ci guardiamo negli occhi, poi ricominciamo a mangiare; stiamo zitti, ma non ci sono disagio od ostilità fra di noi e sento che anche lui si rilassa. Alla fine fa per alzarsi. Non sorride più, ma d’altronde non può essere mica come Sendoh che lo fa di continuo.

“Torna a casa ora, Sakuragi”.

“Io dormo qui”.

“Eh?”.

“Penso a tutto io. Avanti, ti porto in camera tua”.

“Ma perché?”.

Oddio che stress…non facciamo che chiederci perché di questo e perché di quello!

“PERCHE’ SI’!!! Perché il grande tensai  ha deciso così, ecco!!”.

“Non dirmi quello che devo fare!”.

“E tu non dirlo a me!” lui si alza, ma si sbilancia subito per la febbre; lo sostengo con un movimento fulmineo e saliamo al piano di sopra senza che la kitsune si opponga ancora. Dio, come adoro anche solo litigare con te, Rukawa…

La sua camera parla solo di basket.

“Com’è che non ti sei fatto montare un canestro qui dentro?” lo prendo in giro.

“Hn”.

“Ci voleva un genio come me per darti l’idea, eh?!”.

Rukawa si cambia e io mi giro dall’altra parte; lo sto facendo anche negli spogliatoi ultimamente, perché voglio rivederlo spogliato quando potrò stringerlo fra le braccia. Lui si sdraia sul futon e io mi siedo per terra.

“Puoi andare, Sakuragi, davvero”.

“No”.

“Do’aho!”.

Restiamo in silenzio per un po’, poi io gli poso la mano sulla fronte: la febbre è ancora alta.

“Non me ne vado, kitsune. Non posso lasciare da solo qualcuno che …che è importante per me e che sta male”.

“E io sarei importante?”.

“Certo! Sei il mio rivale, ti voglio in salute per batterti, così non avrai scuse” rido. Ma la mia risata si spegne subito, i miei occhi incontrano i suoi, che sono così intensi e profondi da farmi fare quel che non vorrei: gli racconto di mio padre e della sua morte. Non ci metto molto, non mi va di dilungarmi sulle mie disgrazie, ma vedo che i suoi bellissimi occhi si spalancano.

“Hai pianto per lui?” mi chiede.

“S…sì…” la sua domanda mi sembra strana.

“Io non ricordo quand’è stata l’ultima volta che ho pianto…penso che tua madre ti voglia molto bene, vero?”.

Non riesco a capire dove voglia arrivare Rukawa, ma gli rispondo: “Certo! E’ naturale”.

“Mio padre…”

Si interrompe. Credo sia penoso per lui.

“Mio padre e mia madre si amavano molto. Dopo la morte della mamma, da dietro ad una porta sentii mio padre dire ad un suo cugino che, dovendo scegliere, avrebbe preferito che morissi io”.

Non dice altro, ha parlato con voce gelida, ma a questo racconto io mi sento morire e allo stesso tempo capisco molte cose. Capisco cosa ha fatto inceppare il meccanismo dei suoi rapporti con gli altri, capisco quale sia il carico da mille che il destino ha aggiunto ad un carattere già difficile di suo. Se avessi davanti suo padre lo ammazzerei, giuro! Mi chiedo che diavolo di persona sia un padre che riesce a dire una cosa simile…E meno male che Rukawa è forte e non si è depresso! Anzi, ora ho capito come ha reagito: concentrandosi su se stesso, sul suo sogno, sulla sua bravura, sulla sua volontà, pensando solo a se stesso, alimentando il suo egocentrismo, tagliando fuori un padre simile e l’universo insieme a lui, aiutato in questo dal suo carattere silenzioso e riservato…Penso alla mia vicenda e alla sua e mi viene da piangere; mi chino su di lui nella penombra e mi accorgo che è profondamente addormentato. Mi batte forte il cuore, vorrei tanto toccarlo, ma non oso…Però prendo finalmente una decisione.

 

 

Oggi non sono andato a scuola, credo di avere ancora qualche linea di febbre. E dev’essere per colpa della febbre che ieri ho avuto l’infelice idea di confidarmi con Sakuragi. Non ci posso credere…gli ho sorriso! E gli ho parlato! Non le mie solite battute sarcastiche che lo mandano in bestia, ma che sono il mio modo di dimostrare il mio interesse e la mia attenzione, anche se lui è tanto do’aho da non capirlo! Io non sopporto di vedere una persona piena di talento non adoperare al massimo tutte le sue qualità. Non sopporto un simile spreco e lui, invece, potrebbe esserne maestro.

Per me a volte è stancante litigare con lui, ma almeno dopo lo vedo buttarsi a capofitto negli allenamenti o nel gioco anche solo per dare addosso a me. Mi verrebbe da ridere, ma io non rido e non piango mai. Eppure…perché ultimamente sto così bene con lui? Perché mi ritrovo a pensare che…

Scuoto la testa e vado in cucina. Sakuragi è già andato via, ma ha messo tutto a posto, non c’è il casino che credevo di trovare…e mi ha lasciato la colazione!

Qualcosa mi si stringe dentro, sento un’incrinatura dentro di me…era da tanto tempo che non ricevevo una vera gentilezza. So bene che è il mio comportamento scostante a far passare agli altri la voglia di essere amichevoli con me, lo so benissimo e non mi sono mai aspettato niente: proprio per questo il suo gesto è così prezioso. Forse vuole davvero diventare mio amico, ma mi sfugge il motivo; eppure sento che è così, altrimenti non mi sarei mai lasciato sfuggire quella confidenza per me dolorosissima.

Ho caldo, ma so che stavolta non è la febbre…

Di pomeriggio, decido di andare agli allenamenti e quando arrivo lo vedo prima sgranare gli occhi, poi incavolarsi di brutto. Viene verso di me a grandi passi.

“Stupida volpe! Che ti prende da uscire di casa? Vuoi ritrovarti con la polmonite?”.

Gli altri si girano e Ayako mi chiede: “Stai male, Rukawa?”.

“Ho avuto la febbre”.

“Sei sicuro di poterti allenare? Se non te la senti, basta che assisti”.

“Sì, ora come stai? Anche ieri stavi male?” si intromette Miyagi.

A me danno fastidio le troppe premure : “Sto bene e voglio giocare!” il mio tono è definitivo e loro si arrendono. Sakuragi no, però. Mi tiene d’occhio per tutto il tempo, con la faccia scura perché non gli ho dato retta (io?! Figuriamoci!), ma non gli bado più di tanto, perché giocando mi sento rinascere, il sudore si porta via la febbre e io mi sento leggero mentre corro e mi sento meglio ad ogni canestro…

Alla fine gli altri ammettono che avevo ragione a volermi allenare. Lo so che avevo ragione. Ayako ride della mia faccia impassibile…bah, dovrebbe ridere della faccia che fa Miyagi quando è vicino a lei…

“Ehi, kitsune!”.

E’ Sakuragi, accidenti, ma perché bisbiglia?

“Se parli davvero bene l’inglese, non avrai problemi a tradurre una canzone, vero?”.

“Hn”.

Una canzone? Ma cosa…Quando siamo nello spogliatoio mi mette in mano un foglio scritto in inglese.

“Che brutta calligrafia hai! Ma già, scrivi male la nostra lingua, figuriamoci i caratteri occidentali!”.

“Vuoi tacere, stupida volpe?- strepita Sakuragi- Visto che parli tanto voglio vedere la tua di grafia occidentale! Traduci quell’affare che stasera passo da casa tua a prenderlo”.

“Eh?”.

“Sì, prima devo vedere Yohei e i miei amici, poi passo da te. E vedi di non fare apposta a tradurla male! Non conviene neanche a te!”.

Se ne va come un tornado, senza neanche cambiarsi e mi pare che abbia molta fretta.

Io torno a casa in bici e una volta in camera mia inizio a fissare quel foglietto ripiegato. Dunque…prima di tutto, nessuno mi dà ordini! Nessuno, neanche l’imperatore, figuriamoci Sakuragi! Fatta questa premessa, potrei tranquillamente aspettarlo, mettergli il biglietto fra le mani senza neanche un rigo di traduzione e sbattergli la porta in faccia…Sì, mi si addice…ma sono curioso, troppo curioso, e inizio a leggere.

E’ una canzone d’amore!

Almeno con me stesso posso ammetterlo: ci rimango malissimo. Credevo…non lo so cosa…o sì, lo so, ma detesto riconoscerlo…bè, me la sono voluta: avevo imparato tanto tempo fa a non fidarmi degli altri, non capisco perché sono stato tanto stupido da abbassare la guardia! Per Sakuragi poi! Questo deficiente dopo essersi preso 50 rifiuti tenta perfino la carta di una canzone pur di conquistare una ragazza! Mi chiedo chi sia…Non ne ho la più pallida idea, stavolta è stato stranamente riservato, mentre prima non faceva che straparlare di Haruko. Bene, vediamo cosa dice questo accidente di testo…

I’ll be your dream,
I’ll be your wish, I’ll be your fantasy,
I’ll be your hope, I’ll be your love

Be everything that you need
I’ll love you more with every breath

I want to stand with you on a mountain
I want to bathe with you in the sea
I want to lay like this forever.

E’ davvero una canzone d’amore e anche piuttosto passionale! Maledizione, dovrei riuscire a trovare mille frasi sarcastiche su quanto sia patetico tutto ciò…lui, lei, la canzone…roba da sdolcinati melensi…Invece mi sento tristissimo, come se stessi perdendo qualcosa, come se qualcuno si stesse allontanando da me, il che non è vero. Non si sta allontanando uno che è venuto solo tre volte a casa mia. E da ora non ci verrà più. Già, perché l’idiota ha fatto una buona scelta e sicuramente questa tipa si farà suggestionare. Se staranno insieme, lui non avrà più tempo per…Ma che mi importa? Perché questa tristezza, perché questo senso di esclusione? Nessuno mi dirà mai simili parole, io non sono un tipo che le ispira per via del mio carattere…E poi, io saprei dirle a qualcuno? Se mi innamorassi davvero, amerei una persona con lo stesso ardore con cui amo il basket, quel fuoco che mi consuma durante le partite sarebbe acceso anche per…per…Ma io non sono bravo a parlare, come ho già detto: non ho voce, non ho parole…

Un fastidioso suono mi distoglie dai miei brutti pensieri: è il campanello!

Sakuragi, non c’è dubbio…E infatti me lo ritrovo alla porta che mi scruta con attenzione: “Stai bene, kitsune?”.

“Questa è la tua traduzione- gli porgo il foglio- Ora vai via”.

“Ehi, non così in fretta! Permesso…grazie” Sakuragi spinge la porta ed entra; io mi arrabbio: “Ma cosa, permesso?! Ti ho detto di andare fuori dai piedi!” non alzo la voce, non è da me. Ma so che il mio tono basso e glaciale può essere peggio di un urlo. Lui legge quello che ho scritto e sorride, poi si avvia verso il solito salotto.

“Do’aho, ti ho detto…”

“Non me ne vado, risparmia il fiato” si siede sul divano e io non posso fare altro che imitarlo, perché ho capito che vuole parlarmi.

“Che c’è?”.

“Come ti sembra?”.

“Bella. Le piacerà” perché tu te ne vada ti direi qualunque cosa.

“COME?!”.

“Sei proprio tonto, do’aho!” ma lui dice una cosa che mi fa tacere.

“E’ per te” e intanto mi tende il foglio.

“Co…cosa…”ora davvero non ho le parole. Non me lo aspettavo, non lo avrei mai creduto, giuro. E infatti non ci credo. Comincio a capire cosa ci sia dietro e mi irrigidisco: “Va bene, ora basta. Di chi è stata l’idea? Tua o di quel tuo amico Yohei?”.

“Che cavolo dici, volpe?”.

“Avevate scommesso che ci sarei caduto? Non è divertente!” ma lui mi interrompe e arriva a posarmi le mani sulle spalle.

“Mi piaci, Rukawa, e ti voglio bene! Non è uno scherzo, non l’ho detto a nessuno…non sapevo come iniziare il discorso e questa canzone mi sembrava adatta a farti capire che …mi piaci tanto…”.

Sakuragi è tutto rosso in faccia e per giunta indossa anche una maglia dello stesso colore: sembra una enorme macchia rossa!!

“Non è vero” ripeto.

“Ti voglio bene” ripete lui.

Lo fisso negli occhi, intensamente: vorrei dirgli di nuovo che non ci credo, ma non ci riesco…In fondo lo conosco quanto basta: so che è schietto, spontaneo, sincero…Fondamentalmente è ingenuo e non è capace di mentire: esprime i suoi veri sentimenti anche quando non gli conviene e farebbe bene a stare zitto.

“Ti voglio bene, Rukawa” ripete Sakuragi.

Ora ti credo. E ti sorrido.

 

 

Se non mi viene un infarto stasera non mi verrà mai più!

Gli sto dicendo che mi piace e che gli voglio bene, ma Rukawa non mi crede. Come faccio a convincerlo? Non gli ho detto neanche la metà di ciò che provo per lui e mi accorgo che non posso farlo: non mi crederebbe, gli sembrerebbe un’esagerazione…

Sostengo il suo sguardo, devo farlo a tutti i costi anche se sono imbarazzato da morire, ma devo provargli che è la verità, non posso sottrarmi al suo sguardo indagatore.

“Ti voglio bene” ripeto. E lui sorride.

Vado in estasi quando lo fa, è così bello!!! E assume un’aria dolce che nessun altro gli ha mai visto. Il cuore mi batte all’impazzata: voglio baciarlo, lo voglio più di qualunque altra cosa, ma non so da dove cominciare! Dunque, non dovrebbe essere difficile: devo avvicinare il mio viso al suo e poi…e poi…L’ombra dei miei 50 rifiuti incombe su di me, ma ad un tratto decido di giocarmi il tutto per tutto e al diavolo il resto! Prendo fra le mani il viso di Rukawa e lo bacio. Sento le sue labbra morbide e calde, il profumo d’incenso che emana da lui, mi eccito ma non so che fare…

Meno male, mi sembra imbranato anche lui…no, come non detto…la pressione della sua bocca aumenta, il bacio si fa sempre più appassionato, io reagisco e lo abbraccio stretto. E’ il momento più bello della mia vita, sono felice, felice, felice…La volpe è qui fra le mia braccia e io giuro a me stesso che ci resterà per sempre.

Quando ci separiamo Rukawa mi scruta con il suo sguardo serio e poi mi dice : “Vorrei saper trovare le parole…”

Ma non mi servono: ha risposto al mio bacio, mi ha sorriso.

“Posso aspettare, kitsune”.

Passiamo le ore successive a baciarci appassionatamente. Rukawa mi bacia in una maniera che mi fa impazzire: mi viene il dubbio se lo abbia fatto anche prima o no, ma non mi va di chiederglielo. Scopro con soddisfazione che il grande tensai aveva visto giusto anche questa volta: Rukawa ora è tutt’altro che gelido, è sensuale e appassionato e con molte meno inibizioni di me! Resto senza fiato quando, con un movimento veloce, si sfila la maglietta e rimane a torso nudo nel mio abbraccio: la sua pelle è stupenda…morbida e liscissima. Fuori ormai è buio, entra una luce strana nella stanza, che illumina la sua carnagione lunare: io posso finalmente toccarlo, inizio a baciarlo sul petto, prima timidamente poi con passione; sento le sue mani fra i miei capelli, poi mi accorgo che scendono per togliermi la maglia. Smetto per un attimo di baciarlo e lo guardo incerto: “Rukawa, io…”.

“Avanti, testarossa…” la sua voce è roca e sensuale.

Allora lo lascio fare (ma in fondo da dove mi viene tutto questo pudore?) ed è bellissimo sentire quelle stesse mani che sembrano accarezzare il pallone da basket, quelle stesse mani su di me. Il suo respiro è accelerato, il suo cuore batte più forte sotto le mie labbra; io strofino il viso sulla sua pelle e mi faccio audace nelle domande: “Oi kitsune, posso dormire qui?”.

Lo sento ansimare leggermente: “Certo…”.

 

 

Ovviamente ci fermiamo ai baci per questa notte: nessuno dei due è in grado di fare altro, la verità è che siamo ancora storditi per quanto ci siamo detti, lui con le parole e io solo con i gesti. Ora è disteso qui , vicino a me: io sto per addormentarmi, lui continua ad accarezzarmi…

E’ una specie di miracolo quello che è successo: per il do’aho non dev’essere stato per niente facile capire di volermi bene, considerando Haruko e tutte le nostre litigate. In termini di orgoglio gli sarà costato molto, e non è poi così do’aho se ha capito che doveva andare per gradi e conoscermi meglio. E io? Io…ecco…è strano, perché qualcosa dentro mi aveva avvertito, sarei stato davvero di ghiaccio per non capire che erano mesi che i nostri corpi si stavano cercando…e i nostri cuori credo che si siano trovati e riconosciuti fin dal nostro primo incontro conclusosi a suon di pugni…E ora sei qui! Baciarti è bellissimo, le tue mani mi fanno rabbrividire quando mi accarezzi…Di nuovo mi accorgo che lentamente, nel profondo, qualcosa si sta sciogliendo. Non so se è un bene, ma sicuramente non è un male. E tutto grazie a te, testa rossa!

 

 Parte terza.- Hear you laughing.

 

I giorni trascorrono lenti e meno male, perché sono i più belli che abbia mai avuto e voglio godermeli. Ormai ogni volta che mia madre ha il turno di notte, vado a dormire da lui. Quanto sono egoisti gli innamorati! Ora mi ritrovo perfino ad essere contento che quel gran bastardo di suo padre non ci sia mai, così nessuno ci rompe le scatole! E poi, no in fondo non sono egoista, Rukawa non sopporta suo padre e per validi motivi! Eh, eh, eh il grande tensai non può essere egoista! Ma fuori di testa sì!

Mi ci sta facendo andare Rukawa: non so come abbia fatto, questa adorabile stupida volpe, ma in pochi giorni si è reso indispensabile. Ormai dopo gli allenamenti i miei amici non mi trovano più: io vado a casa sua ed è incredibile il calore che si prova a condividere i piccoli gesti quotidiani. Io e Rukawa compriamo qualcosa per strada, poi scribacchiamo svogliatamente i nostri compiti (nessuno dei due è una cima, lui è bravo solo in inglese) prima di prepararci la cena. Tutti e due siamo abituati a cavarcela da soli in casa e ora è divertente decidere insieme se cucinare riso al curry o il ramen o qualcosa di straniero…che so…una pizza o un hamburger.

Rukawa non è diventato un chiacchierone, con me parla di più ovviamente (non con gli altri, con loro si esprime ancora a monosillabi), ma ci sono sempre lunghe pause di silenzio che però ora non mi danno più fastidio perché so che non sono date dall’ostilità. Fanno semplicemente parte di lui. E poi Rukawa usa meravigliosamente il linguaggio del corpo per farmi capire che tiene a me.

Il solito divano è comodo e accogliente: noi ci stendiamo lì sopra, semispogliati e ci baciamo fino a perdere il senso del tempo. Rukawa si strofina su di me, morbido come un gatto, io gli mormoro all’orecchio: “Volpe sexy…”.

Lui alza un sopracciglio: “Davvero?”.

“Volpe sexy e sensuale…”

Rukawa mi guarda in modo malizioso, si china a baciarmi  le spalle e il petto e io sospiro, rilassandomi. Lo ha fatto altre volte, ma oggi mi accorgo che è diverso: ehi!…ma…ehm…il suo viso sta scendendo lentamente lungo il mio corpo e in più mi sta sbottonando i pantaloni…ehm…Non ho il tempo di dirgli una mezza parola che vengo travolto dal più intenso piacere che abbia mai provato: posso solo affondare le mani fra i suoi capelli e ansimare sempre più forte. Perdo davvero il senso del tempo, non so quanto duri, ma so che ad un tratto non riesco più a trattenermi e in quel momento conosco il vero piacere come non avrei mai pensato…

Sono in uno stato di semi- incoscienza, quando avverto la testa di Rukawa di nuovo sulla mia spalla, sento il suo respiro veloce sulla mia pelle e allora con un movimento veloce gli alzo il viso e lo bacio con passione: la sua bocca ha un sapore diverso e mi sembra che il mio odore si sia mescolato al suo inebriante profumo di incenso…Quando lo lascio respirare, lui si rilassa addosso a me.

“Come ti è venuto in mente?!” gli chiedo ridendo.

“Così…avevo voglia di farlo e l’ho fatto. Kaede Rukawa fa sempre quello che vuole!” mi dice lui con una voce falsamente solenne, in una indovinata imitazione di se stesso! E così la mia volpe sa essere autoironica, quando vuole!!

Il giorno dopo, la sera dopo mi decido.

Voglio fare l’amore con lui e voglio che succeda oggi. Ormai sono innamoratissimo di Rukawa e questo mi fa superare l’imbarazzo, questo stupido pudore che non dovrebbe esserci: perché dovrei vergognarmi di voler fare l’amore con lui? E’ la persona che amo di più al mondo, quanto di meglio mi abbia dato la vita, è normale che lo desideri…ma nonostante questo mi sento anche molto imbranato: non so come dirglielo e, diciamolo, non so neanche cosa fare, cioè, cosa fare sì (non sono COSI’ imbranato!), ma …mm…Ehi, un momento!! Io sono sempre e comunque il grande tensai, certamente ne uscirò a testa alta! Eh eh eh…No, aspettate: c’è poco da scherzare. Per me sarà importantissimo e voglio che lo sia anche per lui.

 

Questa sera ci scambiamo molte occhiate veloci e intorno a noi si crea un’atmosfera di aspettativa. Spero di cuore che Rukawa abbia la mia stessa idea, in fondo mi ha dimostrato di non avere senso del pudore, non dovrebbe offendersi se gli farò capire cosa vorrei fare. Ad un tratto l’occhiata si trasforma in uno sguardo lungo, intensissimo, e per me è sconvolgente capire quanto siano espressivi i suoi meravigliosi occhi, a dispetto dell’espressione generale del suo viso. Credo che si stabilizzi una perfetta sintonia fra noi due, ne sono quasi certo: i nostri pensieri e i nostri sentimenti sono perfettamente intrecciati. Rukawa capisce cosa voglio e io capisco che lo vuole anche lui e come al solito è lui a prendere l’iniziativa.

“Andiamo in camera mia”.

Non dice altro, la sua voce è bassa e seria.

Mi piace la sua camera, perché ci ritrovo molto di lui: libri e riviste sul basket, i poster di Michael Jordan (Ehi! La sto notando solo ora : quella fascia nera al braccio sinistro del campione mi ricorda qualcosa!!! Volpe megalomane…) e un’inebriante, sensuale profumo d’incenso. A Rukawa piace molto l’incenso, questo posto ne è impregnato; credo che ne bruci ogni giorno molti bastoncini e non me ne meraviglio: l’incenso è sensuale quanto lui.

Questo odore ora mi stordisce, sento crescere la mia eccitazione. Rukawa è rapido a stendere il futon; poi rimane in piedi, fermo nella luce lunare che filtra dalla finestra, e lentamente inizia a spogliarsi, fissandomi negli occhi. Quando resta in boxer tutta la sua pelle bianchissima è esposta a quella luce e lui sembra…non vorrei esagerare, ma è talmente bello che sembra un’apparizione…

“E allora, do’aho? Non ti avvicini?” mormora.

Io deglutisco e mi porto di fronte a lui.

Rukawa inizia a sbottonarmi la camicia, poi mi incita: “Avanti, spogliati…”

Alla fine restiamo tutti e due nudi: io lo abbraccio e faccio fatica a controllarmi, perché la sensazione è incredibile e , sarà banale, ma è meglio di qualsiasi vittoria: a dispetto della sua apparente freddezza, il corpo di Rukawa è caldo e perfetto; lui prima rimane per un po’ con la testa sulla mia spalla, poi si tira indietro per scrutarmi in volto. Dunque…questo è il momento…so cosa voglio e so come fare (spero!)…ma quando guardo il suo viso mi prende la paura…ARGH! Non avevo tenuto conto di un particolare! Io lo voglio a tutti i costi, ma Rukawa…non si lascerà mai fare QUELLA COSA!!! Almeno credo…vabbè, pur di fare l’amore con lui me la lascio fare io, ma il mio vero desiderio è un altro…

Ops, devo aver fatto una faccia strana, perché gli occhi di Rukawa ora mi fissano con una intensità mai conosciuta prima. Restiamo così per degli attimi che mi sembrano interminabili, poi la mia volpe fa qualcosa che mi lascia senza fiato: si sdraia, attirando il mio corpo sul suo e mi dice: “Avanti, fammelo”.

“Ma che ?!” balbetto stordito.

“Lo sai, testa rossa…”.

E’ un sogno…

 

 

Ti ho sorpreso, eh? Davvero credevi che non avessi capito? Stupido do’aho, sono mesi che ti osservo, che ti studio…Tutti i tuoi pensieri ti si leggono in faccia, come potevo non capire? Però comprendo anche il tuo stupore, in fondo anche io sono meravigliato di me stesso. No, è una bugia…So perché lo sto facendo. Mi sono innamorato di te, scemo, in un modo che non avrei mai creduto possibile: hai riempito le mie giornate, ti sei reso indispensabile, ti sei fatto amare quanto il basket e io che pensavo che sarebbe stato l’unica grande passione della mia vita!! Ti trovo meraviglioso perché sei tutto quello che io non sono, sei tutto quello che volevo: mi fai sentire vivo, sensuale, importante come persona e non solo come giocatore. Quando ci baciamo, quando ci abbracciamo, è come se tu mi trasmettessi un po’ della tua esuberanza. Hai risvegliato in me qualcosa che non credevo di avere o che in fondo mi faceva comodo credere di non avere. Mi hai ridato delle emozioni che non fossero legate ad un campo da basket. So che dovrei dirti qualcosa, so che tu lo vorresti, ma continuo a non avere voce, né parole per dimostrarti il mio amore.

Ma ho il mio corpo.

Ho il mio corpo e so che ti piace: so cosa vorresti fare…e ne ho bisogno anch’io…

Ora, qui, con te, vorrei finalmente riuscire a capire cosa significhi amare completamente una persona. E’ come una sfida, a me stesso e a tanti luoghi comuni sulla virilità. Non sarà facile, ma tu sei l’unico al mondo con cui sarà possibile farlo perché mi hai fatto innamorare al punto da concederti questo, da concederti tutto…

Questo stupido mi guarda imbambolato: “Sei sicuro?”.

“Sì”.

“Ci hai pensato bene?”.

“Sì” quante volte glielo devo dire?!

“Giuramelo!”.

“Ma sei sordo?!” è proprio cretino…

“No, è che…”

“Cosa c’è, do’aho? Non ti va?”.

Lui mi bacia all’improvviso, togliendomi il respiro.

“E’ troppo bello per essere vero…” mormora dopo. Io lo stringo forte a me, avvolgo il mio corpo intorno al suo: “Avanti, te lo sto chiedendo io…”

Vi risparmio i preliminari…diciamo subito che è più facile a dirsi che a farsi…Mi fa male, accidenti!, mi fa male da morire! Ma perché diavolo mi è venuta questa idea?!

Ora devo ricorrere a tutta la mia volontà per non tirargli un pugno sul naso che lo allontani da me! E lui  perché diavolo mi ha dato retta?!

Lui è chino su di me, sento il suo respiro sul mio viso, sento benissimo che ormai è dentro di me…il mio corpo è sopraffatto da tutto questo e cerca istintivamente di difendersi.

“Kitsune, è la prima volta che lo fai?” mi chiede ansimando.

“Deficiente!- gli sibilo- Certo che è la prima volta! Con chi vuoi che l’abbia fatto?!”

“Oi volpe, possibile che mi devi parlare così anche mentre stiamo facendo l’amore?”

FARE L’ AMORE…Queste parole sono una folgorazione.

“Non voglio farti male, volpino” si preoccupa lui, cercando di controllarsi.

Io cerco di sorridere: “Passerà…e poi è compito tuo: vedi di farmelo piacere!” lo sfido.

Sakuragi mi accarezza, mi bacia in fronte, poi mi sussurra: “Rilassati. Io ti voglio bene, Rukawa, rilassati…”.

Be’, stavolta ha davvero trovato le parole giuste. Sta solo cercando di amarmi…Cerco di ricordarmi quello che già sapevo prima di provare dolore: che qui non c’entra niente la sopraffazione, che NON è un’ umiliazione, che non smetterò di essere quello che sono per questo…E’ un atto d’amore e basta. Sento il mio corpo che si rilassa, sento il corpo del do’aho spingere ancora  più in profondità e il mio che finalmente lo accoglie. Io lo stringo di più, le mie membra lo attirano di più verso di me e la cosa più incredibile è che è meraviglioso…

A poco a poco il piacere prende il posto del dolore, i sospiri della mia testa rossa mi riempiono l’anima e io mi eccito della sua eccitazione e mi lascio completamente andare…Una parte della mia mente, piccolissima, rimane vigile e mi sente sospirare, ansimare, poi gemere e alla fine gridare; mi sente gridargli di continuare, di prendermi ancora di più, con più forza…E lui lo fa. Mi mormora qualcosa che non capisco, poi si china a baciarmi, le sue braccia mi avvolgono protettive e alla fine arriva il momento…gridiamo insieme e anche la mia parte vigile scompare…

Non so per quanto tempo rimaniamo così: lui è addosso a me, il suo respiro è veloce quanto il mio. Istintivamente gli accarezzo i capelli, lo sento tremare. Poi la sua voce: “Stai bene?” che non sembra neanche la sua.

“Hn”.

Sì, sto bene, ma in questo momento parlare va al di là delle mie forze…

Il mio do’aho si solleva e mi guarda con un’espressione molto tenera: “Non ti ringrazierò mai abbastanza, kitsune! Ma perché l’hai fatto? Sinceramente, non me lo aspettavo”.

Neanche io.

Che dirgli? I motivi sono troppi per riuscire ad elencarli ora con un minimo di coerenza.

“Ne avevo bisogno” mi limito a mormorare. Poi però mi viene un dubbio e allora gli lancio uno sguardo molto serio: “Non credere che io per questo sia diventato un debole!!”.

Forse non ho espresso bene il concetto, ma lui si china a baciarmi dolcemente la fronte, la punta del naso e le labbra.

“Non mi sei mai sembrato così forte, Rukawa” mi sussurra all’orecchio. E io lo bacio.

Dopo un po’ di minuti di silenzio il do’aho torna ad essere se stesso (quasi): “Eh eh…ma lo sai che non ti avevo mai visto così acceso in viso? Hai ancora le gote arrossate!” ridacchia.

“Ma dai?!” ironizzo io.

“E non ti avevo mai visto neanche con un’espressione così bella…Sai, ora che ci penso però non ti ho mai visto ridere!” e si protende verso di me.

“Hn. Vuoi troppe cose tutte insieme”.

“Rukawa, facciamo una scommessa! Io ti farò ridere. Ora”.

“Impossibile. Le tue battute sono penose”.

“Che cooosa?! Ah, non importa…io ti farò ridere…dunque, scommettiamo che se ti faccio ridere…lo faremo di nuovo!”.

Mm…interessante…

“E se non rido? Cosa vinco?”.

“Ci penseremo dopo”.

Sakuragi mi viene vicino e mi abbraccia, pronto a sparare chissà quali scemenze. Be’? Su, io sono pronto alle tue cretinate…non crescerai proprio mai, vero? Lui mi stringe più forte…che aspetta?…ehi!!! No, un momento…questo è…!! NOOO !!! Mi sta facendo il solletico!!

“Stupido do’aho! E’ sleale…”

Mi sto incavolando, ma è sempre più difficile trattenermi. E questo idiota continua imperterrito.

“Hai la pelle sensibile, vero Rukawa?”.

“Idio- No…lì noooo!”.

Troppo tardi.

Scoppio a ridere come non mi era mai capitato nella vita ed è liberatorio come il piacere di prima. Rido davvero e lui con me e mi sembra che ridere insieme ci renda uniti come fare l’ amore…

“Bastardo! Hai barato!!” gli rinfaccio, mentre la mia risata si spegne a poco a poco.

“Il grande tensai ha fregato la stupida volpe! Rukawa, sei stato tu a pensare che avrei provato a fare battute, ma io non lo avevo mica detto! Io avevo detto che ti avrei fatto ridere e così è stato…Non avevo specificato come. Ah ah ah, sono o non sono un genio?!”.

“Hn”.

“Ti rode, eh? Arrenditi all’evidenza!”.

“Stai zitto, do’aho. Va bene…i patti sono patti” mi rilasso e gli tendo le braccia.

Lui ha capito e sembra incerto: “Vuoi farlo proprio ora…di già?”.

Io lo squadro con sfida: “Cosa c’è, imbattibile tensai? Già non ce la fai più?”.

“Che cosa?!?! Aspetta e vedrai, kitsune!”.

Mi viene addosso, mi abbraccia e ci baciamo con passione; io allontano per un attimo il mio viso dal suo: “Non hai bisogno di ricorrere a queste scommesse, do’aho…”.

 

Rukawa dorme.

Ci siamo fatti una bella doccia, poi lui è crollato in un sonno profondo. Io invece sono ben sveglio, probabilmente lo sto osservando dormire da più di un’ora. Il suo viso è bellissimo, il suo corpo mi attrae come una calamita…no…LUI mi attrae come una calamita, lui, anima e corpo. Kitsune, credi che non capisca cosa hai fatto? E’ vero, hai detto che ne avevi bisogno e sicuramente è così, ma sapevi anche che ne avevo bisogno IO! Ho un’indole affettuosa e, anche se mi accendo e grido per la minima irritazione, fondamentalmente ho bisogno degli altri, ho bisogno di amare e di amore e ne ho dato prova fino a rendermi ridicolo, prendendomi rifiuti su rifiuti.

E ora?

Rukawa ha fatto l’amore con me, lui, il ragazzo più bello, forte, fiero, orgoglioso ed egocentrico sulla faccia della terra!! Mi sento felice e sicuro di me come mai prima d’ora e non è la mia solita spavalderia o il mio esibizionismo o la mia propensione per le spacconate. Questa è VERA sicurezza, vera consapevolezza.

Io, Hanamichi Sakuragi, ora sono qui a riposare vicino al mio amante (il- mio- amante , come mi piacciono queste parole!!), dopo aver fatto l’amore con lui, dopo aver ricevuto un piacere immenso dal suo corpo e dopo avergliene dato. Era così esaltante ascoltare i suoi gemiti e le sue grida che avrei voluto che non finisse mai…

E ora sto qui a guardare questo volpacchiotto addormentato e mi sento un adulto, mi sento un uomo nel senso migliore del termine, senza la vanagloria che spesso accompagna simili situazioni. E sento che è un uomo anche lui, perché è stato infinitamente più coraggioso di me: mi ha concesso di prenderlo, ma so bene che è tutt’altro che debole o sottomesso…E del resto un Rukawa così non sarebbe Rukawa e invece a me piace proprio come l’ho descritto prima : bello, forte, fiero e terribilmente sexy…

 

Inutile dire che nei giorni successivi sto in pianta stabile a casa di Rukawa.

Mia madre mi ha annunciato che, per problemi di personale, passerà un sacco di tempo prima che le tolgano il turno di  notte ed io mi sono trattenuto dal sorridere a trentadue denti. Sì, non mi comporto bene con lei, ma non è colpa mia se ho un bisogno assoluto di Rukawa! Non possono certo bastarmi le occhiate di sfuggita per i corridoi o il tempo trascorso in palestra! Troppo poco…io vado con lui a casa sua e sicuramente ne risentirà il nostro già precario rendimento di studio: appena chiudiamo la porta il nostro unico pensiero è fare l’amore, è già tanto se ci ricordiamo di mangiare…

Devo ammettere che le energie di Rukawa sono più di quanto credessi! Forse perché a scuola dorme con un sasso, ma sembra risentire meno di me di questa ulteriore fatica. Una volta glielo ho anche detto. Avevamo appena finito di farlo in camera sua ed eravamo scesi al piano di sotto per finire sul solito divano. Le solite chiacchiere tranquille…io parlo e lui ascolta…finché Rukawa non si mette a cavalcioni in braccio a me, baciandomi.

Io lo abbraccio: “Kitsune, che ti prende?”.

“Avanti, prendimi così…in questa posizione…”

“Rukawa, meno male che sei freddo e distaccato, non oso pensare cosa avresti fatto se fossi stato di carattere più focoso!”.

Lui mi guarda insinuante: “Cosa c’è, tensai? Non reggi i miei ritmi?”.

“Che cooosaa?!”

li reggo eccome, infatti finiamo come sempre per fare l’amore ancora e ancora e ancora…

“Mi piace così, posso abbracciarti più facilmente…” riesco a dirgli. Meno male che domani non ci sono gli allenamenti!

“Piace anche a me, così posso stare sopra” sospira lui.

Be’, è proprio da Rukawa questo ragionamento…

A questo punto dovrei dire l’unico particolare della nostra storia che mi dà ai nervi.

Io sono uno che se sente una cosa deve dirla e invece proprio stavolta non posso farlo: io gli voglio molto più che bene, dire che mi piace è riduttivo, vorrei confessargli il mio vero sentimento, ma sento che non è il momento. Qui viene fuori la differenza fra i nostri caratteri: nonostante la mancanza di inibizioni quando si tratta di sesso, Rukawa ha una sorta di pudore per le parole! Lui non mi ha ancora detto niente, neanche che mi vuole bene ( però quanto sono ingrato!! In fondo me lo ha dimostrato con i fatti…), e non so come reagirebbe se mi decidessi a parlare apertamente. E’ questo che mi dà ai nervi: non poter essere spontaneo come al solito ed è uno sforzo perché vorrei dirglielo, soprattutto in questi momenti, quando sono dentro di lui e il suo corpo è accogliente e caldo e io lo sento mio

Ma forse devo solo imparare ad avere pazienza.          

     

Ogni tanto ci sono lampi di rancore nel tuo sguardo, molto simili a quelli che mi lanciavi quando dicevi di odiarmi. Penso di sapere il motivo: non ti ho ancora detto niente e tu hai paura di fare il primo passo, anche se non lo ammetterai mai.

Lo sai, do’aho, che le parole non fanno per me…Per come sono io, per me è più facile darti il mio corpo che non dirti quelle due semplici parole che vorresti sentire, perché il giorno che te le dirò avrò legato a te anche la mia anima…Per ora, accontentati di ciò che posso dimostrarti…

Non sono mai stato così felice, sai?

E’ bello sentire il suono della tua voce per casa, mi diverto a mangiare insieme a te e soprattutto è stupendo fare l’amore con te…

Già, adoro sentirlo straparlare e ridere, mi scopro ad aver voglia di sorridere anch’io; adoro sentire il suo sguardo su di me, perché sento che mi desidera anche nei momenti più impensati. Ma sono anche spaventato a morte per l’amore che gli porto: l’altra notte, mentre facevo l’amore con lui, ho realizzato come in un lampo che ormai solo quando sento il suo corpo nel mio provo un senso di completezza e di pace…Non ero mai dipeso emotivamente così tanto da qualcun altro, ma non è una brutta sensazione. Questo è un mondo che ci siamo ritagliati per noi, tutto nostro, di cui nessuno sa niente. Io non ho amici con cui confidarmi, ma anche Sakuragi non lo ha detto a nessuno, neanche a Yohei, e non vuole rivelarlo ai nostri compagni di squadra perché non riesce a prevedere le loro reazioni. A me sta bene, che gli altri lo sappiano o meno mi è del tutto indifferente; però diventa incredibilmente facile usarlo come arma contro di lui per vederlo imbarazzato.

Oggi per esempio il do’aho è così distratto agli allenamenti da essere incapace e sembrare scemo. Non sopporto quando non si impegna! Per me è incomprensibile, io vivo come una sfida anche un allenamento di un’ora; del basket mi piace tutto: la corsa verso il canestro, quegli attimi di sospensione nell’aria che precedono la schiacciata, la precisione dei tiri da tre punti, il bisogno di essere insieme perfetti e veloci…E’ una sensazione quasi erotica per me andare a canestro, fare una schiacciata: per anni tutta la mia vita è ruotata intorno a queste emozioni, mentre ora ci si aggiungono quelle che mi provoca il mio do’aho.

Poi lo vedo comportarsi da cretino…

Anche se ora va all’università Kogure non rinuncia a tornare qui ogni tanto, in un posto che ha avuto una parte così importante nella sua vita; Miyagi lo lascia fare come se fosse ancora il vice- capitano. Ma oggi con Sakuragi non c’è verso…

Kogure si sforza di fargli capire uno schema difensivo, ma alla fine io mi avvicino e dico freddamente: “E’ inutile, senpai, non si può cavare sangue da una rapa”.

Il do’aho fa un salto come se lo avessero punto, poi mi agita contro il pugno, ma senza colpirmi.

“Di’ un po’, volpe, chi sarebbe la rapa?”.

Io non mi smuovo: “Tu”.

“Che cooosa?!” grida lui.

“Sei una rapa idiota”.

“Cerchi guai, kitsune?”.

“Solo un idiota non capirebbe uno schema così semplice”.

“Accidenti a te, Rukawa! Quando fai così ho voglia solo di prenderti e sbatterti al muro!” urla.

Io lo fisso negli occhi: “Oh, lo so che hai voglia di sbattermi al muro…non ne dubito…”.

Lui capisce il mio doppio senso e arrossisce miseramente. E’ troppo facile! Ha paura che gli altri scoprano qualcosa (eccoli invece a scuotere la testa intorno a noi, rassegnati) e si imbarazza subito; a me invece non importa di niente e di nessuno, tranne che del basket e di lui, e mi diverto a punzecchiarlo.

Di cosa dovrei preoccuparmi? Del giudizio di Miyagi? Delle opinioni di Ayako? Quanto a Kogure…credo di aver capito un paio di cose su lui e Mitsui!

Comunque il do’aho è arrossito e mi digrigna i denti. Crede di spaventarmi?

“Brutto bastardo…” sibila.

“Sì, sì…ora vedi di impegnarti, perché mi stai irritando!”.

La sua faccia si agita a queste mie parole, ma come sempre ottengo quello che voglio: la testa rossa si impegna per almeno un’ora, così gli allenamenti finiscono senza altri  problemi. Ma per la strada lui ha voglia di polemizzare.

“Stupida volpe, hai rischiato di farlo capire a tutti!”.

“E allora?”.

“Come, allora?! Che accidenti dici?”.

“Sei proprio tonto, do’aho: credi che ci siamo solo noi due così al mondo? Non ti sei mai guardato intorno?”.

Lui si arrabbia: “Stai insinuando che non mi accorgo di niente? Io sono il grande tensai, non dimenticarlo, Rukawa! Non è possibile che mi sfugga qualcosa”.

Io mi limito a sbuffare: “Se il grande tensai invece di fare sempre l’esagitato ogni tanto tacesse e osservasse si accorgerebbe di tanti particolari…”.

Ora sembra confuso: “Per esempio?” mi chiede.

“Non hai mai notato gli sguardi adoranti che si scambiano Mitsui e Kogure? O le occhiate sognanti che Kiyota lancia a Maki?”.

“C…che cosa?!” è arrossito di nuovo.

Io continuo a camminare.

“Rukawa, sei sicuro?”.

“Sicurissimo”.

“E da cosa?”.

“Io sono sempre sicuro”.

“Però…”.

Per un po’ tace, rimuginando sulla novità; intanto siamo arrivati al bivio dove ci dobbiamo salutare e io appoggio per un attimo la bici che finora mi sono trascinato dietro; dopo tre settimane ininterrotte, stasera sua madre è a casa e lui giustamente non può venire a dormire da me.

“Mi dispiace, Rukawa…”.

“Sopravviveremo”.

“Però domani mia madre torna al lavoro: si è presa una sera libera solo perché non ce la faceva più”.

“Ok” ne sono contento. E’ sorprendente quanto ci si abitui in fretta a dormire abbracciati al proprio amante.

“Senti, domani mattina facciamo qualche tiro prima di andare a scuola? Al campetto intendo, non in palestra”.

“Un uno- contro- uno?” lo provoco.

“Kitsune, sei temerario a sfidare il grande tensai! Fatti trovare pronto per le 6.30, così potremo fare con calma”.

“Vediamoci direttamente al campetto, è inutile che tu venga a prendermi”.

“Ma scherzi?!”.

“No”.

“Passo a casa tua alle 6.30”.

“Ti ho detto di no!” mi innervosisco quando qualcuno mi contraddice.

“Senti, Rukawa, già mi vedo la scena…Tu esci presto di casa, tutto intontito dal sonno, monti sulla bici, ti addormenti di nuovo, non vedi una macchina...e io rimango vedovo!”.

Mi viene spontaneo: gli tiro un pugno in piena faccia che per poco non lo fa cadere; lui scatta subito e me lo restituisce di rimando.

“Dannata volpe! Che ti piglia?!”.

“Modera i termini! Non sono mica tua moglie…questo pugno era giusto per ricordartelo”.

“Mai pensata una cosa simile!”.

“E meno male…”.

Sakuragi mi viene vicino e mi bisbiglia all’orecchio: “Non vuoi mai perdere, vero Rukawa…Argh, ma perché devo tornare a casa? Sapessi quanto ti desidero…”.

“Credo di saperlo. A domani” mi volto e monto sulla bici.

“Volpe glaciale! Vengo a prenderti alle 6. 30”.

Mpf.

Lezione numero uno, Sakuragi: non mi si deve contraddire. Lezione numero due: se ho deciso che domani andrò da solo al campetto, così sarà.

 

 

 

Quella dannata volpe ha fatto di testa sua ed è uscito da solo! Maledizione, la giornata inizia bene! E sono pure stato metà della notte a rigirarmi fra le coperte, rimpiangendo Rukawa e il suo calore…un inferno!! Be’, però non sento sirene di ambulanze e questo è già qualcosa…

Faccio una corsa e arrivo al campetto…ed eccolo lì il volpino, che sta facendo dei tiri liberi…

“Rukawa!! Ti odio quando ti comporti così!” lo aggredisco. Ma poi mi calmo subito di fronte ai suoi meravigliosi occhi scuri che rendono invidiosa la notte.

“Te lo avevo detto”.

“ARGH! Non sopporto quella frase!!”.

Se credo di scomporlo mi sbaglio: lui fa abilmente ruotare il pallone sulla punta del dito e mi rivolge quel suo bellissimo sguardo di sfida che mi eccita e mi esalta.

“Allora, do’aho, iniziamo?”.

So che dovrei marcarlo meglio, ma è fantastico l’ardore con cui va a canestro, il suo corpo si muove elegante e con grazia felina e mi incanto stupidamente a guardarlo…

Però poi mi scuoto, perché una delle cosa più belle del nostro rapporto è questo spronarci a vicenda, questo incitarci a migliorare sempre, questo perfezionarci INSIEME, sempre insieme, perché siamo rivali e amanti…Rukawa si irriterebbe e basta se non mi impegnassi. Ma l’impegno non è sufficiente: anche se detesto ammetterlo la kitsune è ancora migliore di me e così vince 20 a 14! Che nervi…E ora è davanti a me e mi guarda ironico e orgoglioso; io lo guardo in cagnesco.

“Do’aho”.

“Stupida volpe”.

Sembrerebbero insulti, ma ormai escono dalle nostre labbra come parole d’amore…le uniche che ci scambiamo: già, c’è ancora questo nodo! Ho una mezza idea di risolvere il problema questa sera stessa…

“Oi kitsune, ti vuoi muovere? O hai deciso di non venire a scuola?”.

La sua risposta mi gela il sangue.

“Devo aspettare Sendoh”.

“C…che…CHE COOOSA?!” non è possibile…

“Sì, mi ha telefonato ieri sera e me ha proposto un uno- contro- uno prima delle lezioni. Dovrebbe essere qui tra pochi minuti, sono già le 7.00”.

Mi sento invadere dalla rabbia e penso che potrei anche ammazzare Sendoh!

“Ma bene! Io mi assento per una sera e tu subito ricevi telefonate e appuntamenti! E come accidenti ha fatto quell’idiota ad avere il tuo numero di telefono? Glielo hai dato tu?” se mi risponde di sì, giuro che lo prendo a schiaffi…

“No, non so come l’ha avuto. Ma tu, do’aho, di che appuntamento parli? E’ solo una sfida”.

Ha la voce particolarmente atona, come se non desse importanza alla cosa e se ne fregasse della mia rabbia.

“Sfida un corno!!! Sendoh ti spoglia con gli occhi ogni volta che ti guarda e io non lo sopporto! Almeno gli hai detto di noi?”.

“No”.

“COME, NO?!?!”.

“Tu non vuoi che lo sappia nessuno…”

“Ah, vuoi dire che hai taciuto per farmi un favore?- sto per mettermi a  gridare- Allora glielo dico io!”.

“No” ribatte lui , impassibile.

“Perché no?” sto urlando infatti.

“Voglio una sfida regolare con lui. Se vuoi dirgli qualcosa, fallo in un altro momento. Ora vai a scuola”.

Bastardo, non darmi ordini…

“Scordatelo, volpe: non ti lascio da solo con quel pervertito”.

Forse non dovrei chiamarlo così, in fondo vorrebbe fare con Rukawa quello che faccio io e io non sono un pervertito.

“Vattene, Sakuragi”.

Non dirmi “vattene”, ti prego. Non sopporto di sentire questa parola detta da te. E detesto che tu mi faccia provare questa paura…questo TERRORE. Ho il terrore che se mi distraggo anche solo per un attimo tu possa sfuggirmi via dalle mani come l’aria, ho il terrore di scoprire che è stato tutto solo una breve parentesi di vita…

“Non mi muovo di qui” ribadisco.

“Buongiorno” la voce fastidiosa di Akira Sendoh.

Rukawa gli fa un cenno col capo, io borbotto: “Lo era prima che arrivassi tu con i tuoi sorrisi cretini”.

“Che ci fai qui, Sakuragi?” e infatti eccolo là che sorride come un idiota!

“Faccio da arbitro” sono un genio! Sì, sono veramente un tensai: voglio vedere come replica…Con la coda dell’occhio noto che Rukawa scuote la testa rassegnato.

“Ma sì, cercati un’altra occupazione per quando non ti faranno più giocare!” ride Sendoh.

“Imbecille! Se vuoi finire all’ospedale ti ci mando senza tanti complimenti!” ringhio. Lui sta per rispondere, ma entrambi sentiamo Rukawa che tossicchia per attirare l’attenzione. Ok, ok…cominciamo a giocare…

Mi dà un fastidio incredibile lo sguardo bramoso che Sendoh lancia continuamente alla mia volpe: credo che se potesse vorrebbe farlo con lui anche qui, in mezzo al campetto, e lo capisco benissimo. Anche troppo…

Mi rendo conto che sono gelosissimo: le uniche parole che mi vengono in mente sono RUKAWA E’ MIO e vorrei gridarle al mondo. Vorrei marchiarlo come mio, perché il pensiero della kitsune con qualcun altro è sufficiente a farmi pensare le cose più folli: che può essere solo mio, che non lo lascerò mai a qualcun altro, che voglio stare con lui per sempre…

Per sempre…

Ma ho solo la mia grande volontà per realizzare questo desiderio, non ho certezze che scaccino i miei dubbi. E se lui…e se il futuro…e se il mondo…troppi “se”. E’ bruttissima la consapevolezza che ci sono cose che non dipendono soltanto da noi…

Però tenere Sendoh lontano da lui posso farlo. Fischio.

“Ehi, cretino, hai fatto un fallo!”.

Sendoh mi guarda confuso: “Ma…non l’ho neanche sfiorato!”.

Vorrei vedere…

“Sei troppo vicino a lui, porcospino. Allontanati”.

Lui sgrana gli occhi e Rukawa sospira. E alla fine vince di nuovo la mia volpe nper 20 a 18: solo un canestro di differenza, ma è sufficiente; so quanto conti per Rukawa battere chiunque, anche me. Per un lungo, fastidiosissimo istante Rukawa e Sendoh si fissano negli occhi, poi la mia kitsune mi rivolge un’ombra di sorriso e inizia ad allontanarsi.

“Ora puoi dirgli quello che vuoi” mi dice.

Sendoh ha le orecchie lunghe e sente le sue parole: “Che cosa mi devi dire?”.

Io mi giro di scatto verso di lui: ho una gran voglia di umiliarlo, di dirgli che la sua battaglia è persa in partenza perché il meraviglioso ragazzo per cui sbava ha già scelto me! Ho voglia di guardarlo negli occhi e dirgli che io ho avuto la soddisfazione che lui non avrà mai, che me lo sono portato a letto, che l’ho preso fino a farlo gridare…Apro la bocca con un sorriso cattivo e sto per dirgli davvero tutte queste cose, ma mi blocco appena in tempo. Non posso farlo…non per il gusto di cedere alla mia impulsività…non posso svilire il mio amore per lui vantandomene in modo volgare…è troppo prezioso, troppo bello, troppo intimo: è qualcosa che merita rispetto e di cui avere cura.

“E allora?” mi incalza Sendoh, sorridendo.

Lo fisso in volto, respiro profondamente e gli dico: “Stai lontano da Rukawa”.

“E perché dovrei?”.

“Perché…” cosa gli dico? Che è il mio ragazzo, il mio amante, il mio amico, il mio mondo?

“Sto aspettando”.

“Perché lui è mio. Io e Rukawa stiamo insieme” mi godo la sua faccia stupita e incredula, poi noto un lampo in quegli occhi sempre sereni.

“Non è possibile…”

“Perché non sarebbe possibile? Eh?! Bastardo, credi che nessuno voglia stare con me? Credi che io non possa innamorarmi?” mi sto incavolando di brutto.

“Sakuragi…-Sendoh è confuso- …mi sembri serio”.

“SONO serio. E non sono il buffone che tutti pensano” cioè, sì, forse mi diverto con le mie spacconate, con le mie battute, ma capisco quando DAVVERO non è il momento.

“State insieme?!”.

“Sei sordo, porcospino?”.

“Ed è una cosa importante?”.

“Più di quanto credi” non gli dirò altro, me lo riprometto. Certo che è importante, grande Sendoh! Così importante che il solo pensiero di lasciartelo mi fa impazzire…

“Mi hai capito?- lo minaccio- Stavolta sono stato civile e ti ho avvertito con le parole: la prossima volta ti riempirò la faccia di pugni” e sorrido.

“Uhm… facciamo così…io per ora mi tirerò indietro: mi limiterò ad aspettare che lui ti lasci, va bene?”.

E sorride di nuovo, questo idiota! E poi come sarebbe che Rukawa mi lascerà?! Ho solo voglia di spaccargli la faccia: “L’attesa sarà lunga” gli dico. Be’ mi sono stufato. Gli volto le spalle e me ne vado verso la scuola. Alle mie spalle, il silenzio.

 

 

Parte quarta.- I ain’t seen nothing like you.

 

Dopo gli allenamenti, rimaniamo io e Rukawa in palestra; io sono seduto per terra e lui ha la testa appoggiata sulle mie gambe. Tanto ormai qui non entrerà più nessuno per oggi…Rukawa sembra addormentato, io passo le mani fra i suoi capelli corvini, che mi scivolano come seta tra le dita, sfioro il suo profilo con un dito, il contorno delle sue labbra, del suo viso…Mi chiedo come faccia un ragazzo ad essere così bello…Adoro vederlo dormire, quando i suoi lineamenti sono così rilassati. Passo un dito sulla sua bocca e lui me lo mordicchia.

“Oi kitsune, allora sei sveglio?”.

“Hn”.

Gli accarezzo la guancia, Rukawa si gira appena a guardarmi.

“Hai parlato con Sendoh poi?”.

“Tu cosa preferiresti?”.

“A me non importa”.

Perché fai così, Rukawa? I miei amici sono espansivi come me, io non sono abituato a dover cavare di bocca le parole a qualcuno e invece con te devo sudare sette camicie…Voglio sapere quello che pensi, a tutti i costi, entro stasera.

“Gli ho detto che stiamo insieme”.

“Hn”.

“Non hai proprio niente da dire? Riguarda anche te, sai?- sbraito- Dimmi se ti va bene o se sei arrabbiato!”.

Rukawa si solleva e mi si stira addosso, puntandomi in volto due occhi scuri e brucianti: “Ti sembro arrabbiato?”.

Sento la sua mano che si infila sotto i miei vestiti e guardo automaticamente verso la porta. E’ chiusa, certo. L’abbiamo chiusa noi. E poi ormai è buio, non verrà più nessuno qui. Rukawa mi bacia appassionatamente e io rispondo con altrettanto ardore, mordendogli le labbra. Dimmi qualcosa, kitsune, ti prego…

Ma lui non ha intenzione di parlare; ormai riconosco le sue intenzioni da quando l’ha fatto per la prima volta sul divano di casa sua: il suo viso scende lungo il mio corpo e con un movimento veloce mi abbassa i calzoncini. Io sono eccitato, ma per un attimo mi agito: “Ehi, volpe, ti sembra il caso…qui, in palestra…”.

“Sì!”.

Riconosco anche l’urgenza nella sua voce e naturalmente non ho nulla da ridire, anzi…ad un certo punto non posso fare a meno di premere il suo viso contro il mio corpo, sforzandomi di non gridare…insomma, sarebbe imbarazzante se in giro qua fuori ci fossero ancora i membri degli altri club…

Quando il suo viso è di nuovo davanti al mio, lo bacio con forza, ma lui si tira indietro quasi subito.

“Andiamo a casa” mi dice.

Il fatto che dica “casa” e non “casa mia” mi piace un sacco, ma non ho capito se è stata una cosa volontaria o no. Per strada Rukawa pedala lentamente, con uno sguardo fisso davanti a sé e terribilmente inespressivo, senza muovere un muscolo del volto. Io ogni tanto lo guardo di sfuggita e sento che la rabbia mi fa rivoltare lo stomaco. So che non c’è il vuoto dietro il ghiaccio scuro dei suoi occhi, ormai lo so fin troppo bene; se solo sapessi andare oltre il suo sguardo, nella sua mente, nel suo cuore…Non riesco ancora a credere che possa darmi il suo corpo, ma non voglia dividere i suoi pensieri, i suoi sentimenti. La conversazione avuta con Sendoh mi ha turbato molto più di quanto credessi.

MI LIMITERO’ AD ASPETTARE CHE LUI TI LASCI.

Quella dannata frase mi è rimasta nella testa e non mi dà pace: perché diavolo Rukawa dovrebbe lasciarmi? Per lui? O perché io non sono abbastanza e lui merita qualcosa di meglio? Era questo che cercava di dirmi Sendoh? Be’ che vada all’inferno e ci resti! Il porcospino si sente il migliore, eh? Forse non ha ancora capito che qui c’è uno solo che può permettersi un atteggiamento di superiorità e quello non è lui e, mio malgrado, non sono neanche io…è Rukawa.

Perché Rukawa è davvero il migliore.

Mi chiedo se sarà sempre così…se, dopo essermi liberato di Sendoh, dovrò avere a che fare con altri imbecilli così temerari da pensare di portarmelo via…senza contare le donne! No, vabbe’…a Rukawa non frega niente delle donne, almeno spero…

Torno a sfiorare con lo sguardo il suo profilo perfetto e penso che sì, ci sarà sempre qualcuno che ci proverà e questo mi manda in bestia, ma mi sento anche molto orgoglioso, perché LUI ha scelto ME. Però sono anche tormentato dai dubbi: cosa sarebbe successo se Sendoh mi avesse preceduto nella dichiarazione? Rukawa ci sarebbe stato? Anche se non me lo dice apertamente, so che lo trova simpatico e lo stima come giocatore. Maledizione a me! Devo essere in pieno delirio masochistico, visto che non riesco a levarmi dalla testa l’immagine di Rukawa tra le braccia di Sendoh! Dubbio atroce…non avrebbe mica permesso a quel porcospino…?! No, no…sicuramente no! Non è possibile…Oh, alla fine siamo arrivati a casa sua. Meno male, ora potrò iniziare un bel discorso con la kitsune: non vorrei che a furia di tacere gli si atrofizzassero anche le corde vocali! Lui chiude la porta e io inizio.

“Senti, Rukawa-“.

“Un attimo. Devo controllare che abbia funzionato il timer del videoregistratore”.

Lo seguo fino al salotto e, mentre lui traffica con l’apparecchio, l’occhio mi cade sul suo walkman con cuffiette…su una cassetta di inglese là vicino…Già, l’inglese, l’America…

MI LIMITERO’ AD ASPETTARE CHE LUI TI LASCI.

Scemo io che mi preoccupo per Sendoh, eccolo il vero problema! L’America.

Già, è il suo sogno e come posso io competere con un desiderio così radicato? Torno a guardarlo, mentre programma altre registrazioni.

“Cosa c’è di così interessante?” chiedo per distrarmi.

“E’ ricominciato l’NBA”.

Come non detto…

“Ah, non lo sapevo” non ne so niente, a dire il vero: per me è già tanto seguire il campionato scolastico giapponese!

“Non hai una tua squadra preferita? O un campione preferito?”.

Ma guarda quanto chiacchiera sull’argomento…

“Non so neanche come funziona l’NBA” gli spiego.

“Non è difficile. Riassumendo, le squadre sono divise tra la Eastern Conference e la Western Conference; la Eastern è composta da Atlantic Division e Central Division, mentre la Western da Pacific Division e Midwest Division e in ognuno di questi raggruppamenti giocano sette squadre”.

“E tu per chi tifi?” meglio approfondire.

“Il migliore è senz’altro Michael Jordan e anche la sua squadra, i Chicago Bulls, è forte, ma parlando per me, voglio giocare in una delle squadre della Pacific Division. Per esempio nel LA LAKERS, la squadra di Los Angeles.”

Lo dice così, tranquillamente…lui VUOLE giocare! Non VORREBBE o GLI PIACEREBBE, no! Rukawa VUOLE!

Mi sto inca….ando di brutto!!

Non può veramente pensare di farmi questo! Che significato avrebbero tutte queste meravigliose settimane, tutte le promesse silenziose che credevo ci fossimo fatti? Inizio a tremare leggermente. Sono arrabbiatissimo con lui, ma lo desidero anche da morire e se non do sfogo alle mie emozioni potrei anche impazzire del tutto; Rukawa mi scruta in silenzio e comprende, mi fa un mezzo sorriso, mi dice: “Andiamo di sopra…” sì, andiamo…Ed eccoci qua. Ci spogliamo a vicenda ed io rimango incantato da lui come la prima volta…Ma questo non è soltanto sesso, Rukawa, e io devo farti capire cosa sia per noi.

Siamo distesi sul futon, io inizio a carezzarlo, a coprirgli il corpo di baci. Devo fargli capire che non possiamo rinunciare a tutto questo, perderlo per la strada…Noi siamo fatti per stare insieme. Quando entro dentro di lui mi colgono sempre le stesse sensazioni di euforia e di calore e penso che potrei impazzire…Ti guardo in viso, Rukawa, e vedo le tue gote sempre bianchissime diventare rosse, i tuoi occhi socchiusi, sento i tuoi gemiti all’unisono con i miei…Davvero, Rukawa, non me ne frega niente del tuo sogno, non ti permetterò di partire solo perché da anni, da prima di conoscermi, ti sei fissato con l’America…

Non puoi farmi conoscere una felicità così grande come quella di stare con te e poi togliermela, non capisci che è più di quanto possa sopportare?

Se perderemo tutto questo non ci sarà più niente per noi, me lo dice il mio istinto e io sono una persona che vive di istinto. Non so che farmene delle solite frasi fatte, che siamo giovani, che abbiamo tutta la vita davanti, che ci saranno altri amori, altre esperienze…Non è vero, perché QUESTO è l’amore. Sei tu. E’ il tuo viso, il tuo corpo. Il tuo sorriso così raro.

E l’istinto mi dice che noi due siamo stati di quei fortunati che si sono trovati subito.

Se ti perdo, kitsune, non amerò così mai più nessuno ed è una consapevolezza assoluta e tremenda. Sento molta rabbia nel mio desiderio e una disperazione che non mi appartiene, ma non mi appartenevano un sacco di cose prima di avere te. Forse sto davvero perdendo la testa…

Il mio corpo è più veloce, spingo più profondamente dentro di lui e i suoi gemiti diventano grida. Forse gli sto facendo male…no, mi sta chiedendo di continuare…

Ora siamo davvero una cosa sola. Non potremmo provarlo con nessun altro che noi, Rukawa, te ne rendi conto?

Alla fine il piacere arriva al limite: sotto di me, Rukawa grida davvero con tutto il suo fiato e grido anche io, prima di crollargli addosso. Accidenti…non era mai stato così…assoluto…

Ho la testa nell’incavo della sua spalla, la sua pelle è umida ma non perde mai quel profumo seducente; poi sento le sue mani che mi accarezzano i capelli e la sua voce, lenta e affannata: “Prima o poi i miei vicini chiameranno la polizia”.

In un altro momento riderei, ma ora sono sfinito. Lo stringo forte a me, il cuore mi sta scoppiando d’amore…Devo dirglielo, ma c’è quest’altro problema…

“Do’aho, che hai?”.

Si è accorto anche lui, bene! Coraggio, Hanamichi, ora o mai più! Posso farcela! Rotolo al suo fianco e respiro profondamente, poi con uno sforzo mi metto a sedere.

“Ricordi quella conversazione che abbiamo avuto la seconda volta che ti sono piombato qui in casa?”.

“Su mio padre?” Rukawa tira la coperta su di noi, poi si sdraia.

“No, sull’America”.

“Hn”.

“Allora, ti ricordi?” insisto. Stavolta non te la caverai con il silenzio.

“Sì”.

“Continui a dire di non avere motivi per restare?”.

“E tu?”.

Questa non me l’aspettavo…

“Come, scusa?” gli chiedo.

Rukawa si mette a sedere e risponde con una tale prontezza che capisco che deve averci già pensato a questo discorso, anche prima di affrontarlo con me.

“Tu hai dei motivi per restare?”.

“Be’ io ho te!” mi sto inca….ando di nuovo.

“Parti con me”.

Rukawa lo dice con una voce pacata ma ferma e mi lascia senza fiato. Io, lui, l’America…

“Che dici, volpe?!” credo di avere una faccia molto cretina.

Lo sguardo di Rukawa si fa intenso: “Non siamo più bambini, testa rossa. Siamo al secondo anno, ci sono decisioni che non si possono prendere all’ultimo minuto, vanno preparate e programmate. E comunque la mia partenza non è imminente…”.

“Ah, no?”.

“Devo diventare il numero uno del Giappone entro la fine delle superiori: poi partirò. In America è pieno di campetti da basket, lì è molto più facile arrivare al professionismo. Sto dicendo che avrò molti più avversari e rivali, ma io voglio riuscire a giocare nel Madison Square Garden e devo arrivare in America essendo già il numero uno QUI.”

“Già, e io che c’entro in tutto questo?” gli chiedo con rabbia.

“Tu puoi farcela. Se venissi con me, potresti giocare anche tu in America. E’ vero che non sei ancora al mio livello, ma puoi farcela”.

“COME NON SONO AL TUO…eh? Hai…hai detto che posso…farcela?”.

Non lo sopporto quando parla così, ma è anche la prima volta che mi incoraggia apertamente. Rukawa rimane serissimo: “Certo. Hai delle potenzialità incredibili…Te lo ripeto, non siamo più bambini: dobbiamo pensare a costruire il nostro futuro e tu devi decidere quale ruolo vuoi che abbia il basket nella tua vita una volta finite le superiori. Vuoi finirla qui? Vuoi che entri nell’album dei ricordi? Io non credo. So che non te l’ho mai detto, ma sei un bravo giocatore: perché non vuoi puntare in alto? Perché non vuoi mirare al massimo? Nel basket, a livello mondiale, il massimo è l’NBA, è giocare almeno una volta al Madison Square Garden. Vieni a studiare con me in America, quando sarà il momento, e riusciremo insieme!”.

Rukawa tace e io ho il cuore in gola. E’ la prima volta che mi parla così! Mi sta spronando, mi sta dicendo che ce la posso fare ad arrivare al vertice! Certo, lui è fatto così, lui punta sempre al vertice, per natura: è un vincente e naturalmente ha riconosciuto nel grande tensai un altro vincente! Ma non ho mai pensato seriamente al mio futuro, mi ci sta costringendo Rukawa. In America…con lui…che idea  meravigliosa ! Io e lui nella terra della libertà…E ha ragione: posso farcela! Nessuno se lo aspettava, ma sono diventato un campione; nessuno lo avrebbe creduto possibile, ma ora sto con la volpe di ghiaccio…Posso fare tutto quello che voglio, io sono il tensai! Ma ho dei dubbi…

“C’è un problema” dico. Uno solo?!

“Sarebbe?”.

“Kitsune, forse tuo padre ti darà ai nervi, ma non c’è dubbio che quando vorrai partire ti metterà in mano un biglietto aereo di prima classe e ti staccherà un bell’assegno in bianco. E io con quali soldi dovrei cavarmela?”.

Rukawa non batte ciglio: “Esistono le borse di studio”.

E’ proprio una stupida volpe, l’ho sempre detto…

“Ah, ecco! Ora è tutto risolto…anzi, sai che ne stanno istituendo una a mio nome? E’ per gli studenti che non arrivano quasi alla sufficienza…Andiamo, kitsune, li conosci i miei voti!” sbotto.

“Puoi migliorarli tutti. Studieremo insieme”.

“Ehi, mi prendi in giro? I tuoi voti sono simili ai miei!”.

“Io non vado male a scuola perché non sono intelligente, ma perché non mi interessa”.

Quando la sua voce diventa così atona mi vengono i nervi!

“Forse dovrei preoccuparmi, Rukawa: non è normale questa tua fissazione ossessiva per le poche cosa che ti piacciono e questo tuo menefreghismo assoluto verso tutto il resto…”.

La mia volpe si protende e  mi bacia sulle labbra con delicatezza, poi mormora: “Io metto passione solo nelle cose che amo, dovresti saperlo…”.

Che AMA?! Ha…usato QUEL verbo?! Ma prima che possa chiedergli qualcosa, lui continua: “Cos’è ? Il grande tensai crede di non poter migliorare il suo rendimento scolastico?”.

“COOOOSA?! Con chi credi di parlare, stupida volpe, se mi ci metto posso diventare il più bravo della scuola!!”.

“Dimostramelo”.

“Ma certo che te lo dimostrerò! Però…”.

“Cosa c’è ancora?” sembra irritato.

“Io non parlo inglese…”.

“Te lo insegnerò io. O credi di non esserne capace?”.

“Non sottovalutarmi, kitsune! Se la metti così, oltre all’inglese, imparerò anche il francese e lo spagnolo!” proclamo.

“Vacci piano! Che credi di fare? Non parli bene neanche la nostra lingua…”.

“Vai al diavolo, Rukawa!”.

“Dimostrami tutte queste cose. Promettimelo”.

Rukawa è serissimo. Aveva una risposta per ogni mia obiezione, deve averci pensato a lungo e questo mi fa capire una cosa: che andare in America è il suo sogno e che ora ne faccio parte anch’io…Sembra che ci tenga tantissimo.

“Prometti che farai di tutto per partire con me” ripete, con il suo bellissimo viso serio.

Come faccio a dirti di no, volpacchiotto?

“Te lo prometto” e ne sono sicuro.

E Rukawa sorride. Sorride in quel modo che mi dà i brividi e mi dona pace e serenità, perché quando lo vedo sorridere so che tutto andrà bene. Ok, ho deciso. Ora.

“Devo dirti una cosa, Rukawa” inizio.

Lui mi lancia uno sguardo interrogativo.

“E’ il motivo per cui mi impegnerò per il nostro futuro e anche perché oggi ero così arrabbiato e geloso…- prendo fiato e mi faccio forza- Rukawa, io non potrei passare un giorno lontano da te, figuriamoci mesi e mesi! Stanotte, da solo, è stato un inferno. Non faccio che pensarti, che volerti vicino, anche solo per allenarci…Io non potrei mai lasciarti a qualcun altro o farti partire così…senza provare a tutti i costi a seguirti”.

Mi fermo un attimo, poi lo guardo dritto negli occhi: “Ti amo da impazzire, Kaede”.

Lui sgrana gli occhi: “Eh?”.

“Sì. Ora prendimi pure in giro, chiamami do’aho, forse hai ragione…Ma sei la cosa più bella della mia vita e io dovevo dirtelo. Ti amo, Kaede”.

 

 

 

Non mi sono mai pentito di aver fatto l’amore con te, sai Hanamichi?

I dubbi che potevo avere li hai spazzati via . E non mi sono neanche mai pentito di averti offerto tutto me stesso. Era una sfida anche quella e io l’ho vinta: prima mi piaceva sentirmi solo e forte, credevo che concedere QUELLO fosse da persone deboli e sottomesse, che non si vergognavano di farsi umiliare. Ma non conoscevo né te né l’amore e ora invece so cosa si prova ad amare ed essere amati.

Te ne sei accorto, vero, la prima volta?

All’inizio non è stato facile sentirti dentro di me, non lo è stato per niente…ti avrei tirato un pugno!  Non mi piace il dolore, non piace a nessuno; ma poi ho avvertito tutto l’amore che riversavi su di me, la tenerezza con cui ti preoccupavi di non farmi male, ed erano tutte novità per me…E quando mi sono lasciato andare ho provato tutto quel piacere…

Ora sono veramente forte.

Lo sono perché ho capito che l’amore non mi avrebbe indebolito, lo sono perché ora so  che posso darti il mio corpo senza per questo essere sottomesso, perché fra chi si ama non c’è sottomissione. Ora non ho davvero paura di niente ed è questo che mi rende più forte di prima. TU mi hai reso ancora più forte.

Mi sono innamorato di te, lo sai testa rossa? Solo che le parole non mi escono di bocca…Vorrei riuscire a fartelo comprendere in un altro modo, dovresti capirlo quando facciamo l’amore e io ti grido di farlo con più forza, perché ormai ho bisogno di te nel mio corpo, ho bisogno di sentirti dentro di me in profondità, per questo ti chiedo di spingere fino a farmi gridare…Non ho più paura di quel dolore, perché so che porta il piacere con sé; non posso aver paura di un atto d’amore; non ho paura perché so che non può farmi veramente male qualcosa che mi viene da te. E tu infatti mi senti gemere, vedi tutto il mio piacere e il mio appagamento…In quei momenti, quando siamo uniti anima e corpo, so che il mondo non potrà mai mettersi in mezzo. Credevi davvero che sarei partito così? Senza pensare a te, magari di punto in bianco? Sei un ingenuo, Hanamichi. Io sono tuo, è vero, ma anche TU sei MIO. Non hai ancora visto la mia possessività, ma prima o poi capirai quanto possa essere grande. In questo sono proprio come una volpe: con ciò che amo, con ciò a cui tengo ho il rapporto che ha una volpe con la sua tana…guai a chi prova ad entrare! Quindi non sperare di sfuggirmi…Ovunque io vada, tu verrai con me, te lo assicuro. Forse sto sbagliando a non dirti tutto questo, in effetti potrei anche sprecarmi a farmi uscire un po’ di parole, ma non è da me…Finché…

 

“Ti amo da impazzire, Kaede”.

“Eh?” è tutto quello che mi viene in mente.

“Sì, ora prendimi pure in giro, chiamami do’aho, forse hai ragione…Ma sei la cosa più bella della mia vita e io dovevo dirtelo. Ti amo, Kaede”.

Tre semplici parole, eppure mi sconvolgono.

Non avevo mai pensato che qualcuno potesse dirmele, so di non avere un gran carattere…e non me ne importava niente! Certe cose patetiche le lasciavo agli altri. Sono sempre stato chiuso a tutto questo, ma ora, alle tue parole semplici e innocenti, sento che finalmente il nodo che avevo dentro si sta sciogliendo del tutto…lentamente il mio cuore si sta aprendo…

Avverto un bruciore fastidioso agli occhi. Ma che cos’è?! Questa è una sensazione che mi è estranea, fatico a ricordarla…

Lacrime.

Non è possibile, io non ho pianto neanche per la morte di mia madre, l’ultima volta che l’ho fatto andavo all’asilo, poi mio padre con la sua solita gentilezza mi sgridò, dicendo che i maschi non devono piangere mai e io l’ho preso in parola. Finora.

La dolcezza di Hanamichi mi ha commosso, ma io non voglio che nessuno mi veda mai piangere; respiro profondamente e mi calmo, ma sento che una lacrima sta scivolando ugualmente sulla mia guancia. Alzo una mano per asciugarmela, ma lui è velocissimo nell’afferrarmi il polso per impedirmelo.

“Aspetta, kitsune”.

“Cosa c’è?”.

Hanamichi si protende e mi bacia sulla guancia, lì dove c’era la lacrima; vedo le sue labbra diventare appena umide.

“Mi hai detto che non piangevi da anni e anni”.

“Dall’asilo, da un’altra vita” rispondo.

“Allora questa lacrima era troppo importante perché tu la asciugassi in fretta con la mano…adesso invece è sulla mia bocca” e si lecca le labbra, come a voler sentire quel sapore salato. Io lo guardo: mi sono innamorato di un tenero teppista, attaccabrighe, aggressivo ed impulsivo, di un do’aho che ha in sé una dolcezza profonda e una sensibilità incredibile quando vuole…forse ci siamo trovati anche perché abbiamo capito che nessuno dei due è proprio come mostra al mondo.

Qualche tempo fa avevo pensato che dirti quelle tre parole sarebbe stato come legare a te la mia anima oltre che il mio corpo, ma ora il nodo si è sciolto ed io sono felice.

Ti abbraccio in silenzio, poi, mentre sento le tue mani calde su di me, ti mormoro:

“Ti amo, Hanamichi”.

Lui si muove di scatto, vuole guardarmi in viso, mi mette una mano sotto il mento quasi avesse paura di perdere il contatto con i miei occhi.

“Dimmelo di nuovo”.

“Ti amo, Hanamichi”.

E lui mi abbraccia forte forte.

Tenerezza e desiderio si fondono nella nostra stretta, le mani di Hanamichi mi accarezzano con passione e io provo di nuovo quel bisogno intenso di averlo dentro di me, voglio dirgli che lo amo in quel momento di unione totale…Sento il cuore che mi batte all’impazzata: non avevo mai provato tante emozioni in vita mia…mi sdraio, tirandolo giù con me, e glielo sussurro: “Prendimi ora, di nuovo…”.

“Non hai neanche bisogno di chiedermelo…”.

Lo so, so che stai bene nel mio corpo, che sembra fatto apposta per accoglierti. Fallo ora…dammi quella forza che mi viene dal tuo amore…

“Fammi gridare…” ti chiedo.

Sembro un’altra persona rispetto a poche settimane fa, vero? Ma non è così, sono sempre io, ero così anche prima, ma capisco ora che solo una persona sincera e vera come te poteva arrivare a capirlo. Socchiudo gli occhi e ti vedo mentre mi guardi. Fai l’amore con me e mi guardi. E io provo un senso di forza e di esultanza, perché vedo quanto desiderio, quanto bisogno di me c’è nel tuo sguardo…

Non ne hai mai abbastanza di me, lo capisco da come mi tocchi; ogni carezza mi dice che ti ho in mio potere, perché ormai non puoi più fare a meno di me…e di nuovo mi sento così forte…

“Ti amo, Hanamichi”.

Ecco, te l’ho detto mentre i nostri corpi sono uniti, perché lo siano anche le nostre anime. Anima e corpo. Per sempre.

“Ti amo, Kaede”.

Adoro come pronunci il mio nome…

Sono le ultime parole che sento prima che il piacere diventi così grande da non poterlo controllare…

Riposiamo abbracciati, la pelle ancora umida per la doccia che ci siamo fatti. Vorrei addormentarmi, ma Hanamichi non ne vuole proprio sapere di lasciarmi dormire!

Appena chiudo gli occhi mi bacia o mi accarezza una guancia o mi stringe così forte da soffocarmi. Lo so…non vuole lasciar andare via le ore di questa notte importantissima…

“Oi kitsune, quasi non riesco a crederci!”.

“Hn”.

“Hai visto, hai visto…ci siamo rivelati i nostri sentimenti!” Hanamichi è raggiante.

“Lo so”.

“E abbiamo anche preso decisioni per il nostro futuro!”.

“Già”.

“Eh eh, lo vedi? Questo vuol dire che sto crescendo, no?” e ride.

E’ vero, il mio solito rimprovero: che ha dispetto della sua età e della sua forza non si decideva mai a crescere e a comportarsi in modo maturo.

“Sto crescendo, no?” chiede di nuovo, di fronte al mio silenzio.

“No” dico io.

“Ma come no?!?!” Hanamichi ci rimane malissimo, vedo che sta per imbronciarsi. Io gli poso un dito sulla bocca per farlo tacere e sorrido fra le sue braccia, gli regalo uno di quei sorrisi che lo fanno arrossire.

Poi gli mormoro: “Vuol dire che stiamo crescendo insieme”.

 

Fine (per ora? ^^).  






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