Allora,
i personaggi sono del grande Inoue e io non ci guadagno niente tranne la
gioia di poter scrivere di loro…Anticipo subito che il mio preferito è
Rukawa^-^ !
Ah,
dimenticavo: è una HanaRu…
In This
World You Are With Me
di Nausicaa
Parte
prima.- Like a friend
Come ho sentito
dire in un film, il vantaggio di essere considerato un idiota è che
nessuno crede mai che hai un secondo fine.
Bene,
lo sfrutterò in pieno! Del resto è così che sono stato chiamato spesso,
no? Idiota, buffone, esibizionista, pazzo esaltato…Ma, insomma, la gente
cambia e pure io, voglio dire: si deve crescere ad un certo punto e
crescendo si migliora, si correggono i difetti. Non che io, Hanamichi
Sakuragi, debba correggere chissà che, intendiamoci! Se sono appena
appena esibizionista è perché me lo posso permettere!
Ma
sono successe un sacco di cose che mi hanno fatto pensare e ho sentito il
bisogno di staccare la spina
per un paio di giorni…e diamine! Non sono mica il cretino che pensano
tutti, ce l’ho anch’io un cervello, mi sono accorto benissimo che
qualcosa è cambiato dentro di me, dopo tutti questi avvenimenti
emozionanti che ho vissuto.
Prima
di tutto: la mia tanto strombazzata cotta per Haruko si è rivelata essere
una bolla di sapone…Che scemo, ero convinto di poterla conquistare, ho
passato settimane ad incavolarmi a morte quando mi facevano notare che non
mi si filava per niente, ho odiato chi aveva la sua totale
attenzione…finché un giorno mi sono accorto che non me ne fregava nulla
e che avevo sprecato un sacco di tempo.
No,
sprecato no…Ora ho il basket, ho i miei compagni di squadra e,
soprattutto, ho lui…Rukawa.
Uhm,
detto così posso essere frainteso: tra le mani non ho niente, se non le
sue gelide occhiate o la sua indifferenza, alla meno peggio. L’ho
giudicato male, per mesi, e il risultato è che lui mi ritiene un
deficiente. Ma io una volta sbollita la cotta per Haruko, ho cominciato a
guardarlo con occhi diversi; mi sono detto: se metà delle ragazze della
scuola sbavano per lui ci sarà un motivo! C’è infatti. Ci sono due
occhi stupendi, allungati e sensuali, neri come la notte; ci sono dei
lineamenti bellissimi e delicati; ci sono dei capelli morbidi e neri, dai
riflessi blu; c’è la sua pelle bianchissima come neve e il suo corpo
perfetto. Ehm…sembra che me lo sto mangiando con gli occhi ?! be’, è
vero! Ma non è solo questo e io sarei davvero meschino a voler ridurre
Rukawa ad un bell’involucro vuoto.
Parliamoci
chiaro: ora arriva il disastro…il suo carattere!
E’
arrogante.
E’ vero.
E’
silenzioso.
Ok.
E’
scontroso.
E’ un eufemismo.
E’
imperturbabile. Di sicuro.
E’
insolente. Sono d’accordo.
Ma
non può essere solo questo. L’ho osservato durante gli allenamenti,
durante le amichevoli, l’ho fissato fino a rasentare il ridicolo (lui
direbbe che ridicolo lo sono sempre): ho visto un fuoco incredibile nei
suoi occhi mentre giocava, un ardore mai conosciuto, che si sprigiona dal
suo corpo. Dove finisce tutta questa passionalità?
Dimmelo,
Rukawa! Vuoi farmi credere che sparisce così, da un momento all’altro,
come spegnere un interruttore? Mi dispiace, ma non ci credo più. Ora
cammini vicino a me, ti muovi con grazia felina, il fuoco sembra spento,
ma io so che è solo sotto la cenere. Perché ho capito che sotto quel
ghiaccio sei la persona più appassionata, vitale e sensuale che io abbia
mai visto. E ti voglio per me.
Certo,
se uno come lui scegliesse me, sarebbe la conferma che io sono il migliore
di tutti, no? Oooops …scusate, una ricaduta…
Comunque,
ho un piano e sarà una faticaccia: perché lui pensa che io sia un
cretino e devo dimostrargli che non è vero; ma devo anche rimanere
allegro come sempre, perché lui è già serio per dieci di suo; devo
fargli capire che sono sincero, che non pensavo tutte le cattiverie che
gli ho detto, cioè, sì, allora le pensavo, ma ora non valgono più e mi
taglierei la lingua per avergliele dette. Sì, sarà proprio una
faticaccia…e devo anche cominciare subito! Una voce, dentro, mi chiede:
sicuro che ne valga la pena? Guardo Rukawa, che si riposa da solo, in
disparte, e non ho dubbi: farò di tutto per averlo, perché ormai di lui
mi piace tutto e lo voglio tutto per me.
Il
suo sguardo imbronciato incrocia il mio. Il suo solito sguardo. Crede
ancora che io lo odi…Rukawa, ti dimostrerò che a dispetto di tutti i
tuoi sforzi per renderti insopportabile sei adorabile e speciale. E mio.
Perché quell’idiota mi
fissa? E’ tutto il giorno che lo sta facendo, forse cerca qualcosa di
nuovo per insultarmi e provocarmi ancora. Non ho la mania di persecuzione,
ma Sakuragi non mi fa respirare: o fa il buffone e si comporta da esaltato
o mi irrita anche se sta zitto. Non c’è speranza! Chissà, magari crede
pure di essere originale, come se non avessi sentito migliaia di volte
sempre i soliti insulti, le solite offese, così banali e ripetitive…sei
antipatico, sei odioso, chi ti credi di essere?
Cos’è,
un delitto, essere introversi? A chi dovrei parlare? A chi dovrei
sorridere? Per loro è molto più facile pensare queste cose di me ,
piuttosto che chiedersi come sto. Troppa fatica scoprire se non parlo
perché non ci riesco…
E’
vero che il basket mi dà gioia, sento l’adrenalina a mille, il sangue
più veloce nelle vene…ma mi basta uscire dal campo da gioco per
sentirmi apatico e vuoto, ci sono abituato e quest’abitudine mi
spaventa. Ma nessuno si è mai sforzato di intuirlo e io sono troppo
orgoglioso e taciturno per farlo capire.
Ora
mi sorride come un deficiente, ma che diavolo vuole?!
“Ciao!”
mi saluta. Adesso mi saluta ? gli allenamenti sono iniziati da
un’ora…ma io non sono un cafone maleducato, così gli rispondo.
“…ao”.
Vuoi andartene adesso? No, non vuole.
“Hai
fatto dei bei tiri”.
“Lo
so” gli dico.
Mi sento
spiazzato, perché sembra sincero. Sakuragi gentile? Non con me, deve
esserci sotto qualcosa e io ho altro da fare che dare corda alle scemenze
di questo idiota. Così mi allontano senza una parola; guardo per un
attimo Mitsui e Kogure che chiacchierano e penso che io non ho mai parlato
così con nessuno, ma ad un tratto mi irrigidisco: mi è sembrato di
sentire il mio nome appena mormorato e la voce…era la sua…Mi sarò
sbagliato. Sakuragi non ha motivi per chiamarmi, così come io non ne ho
per ascoltarlo.
“Rukawa…”
Sospiro.
Che mi aspettavo? In fondo, è stato il mio primo approccio civile con lui
e anzi! Ha ricambiato il mio saluto! Quel borbottio detto a mezza bocca
era un saluto, ne sono sicuro! Ma avverto la diffidenza in lui e non so
dargli torto, considerando che in tutto questo tempo se non lo insultavo
lo prendevo a pugni. Chissà, forse pensa che stia elaborando una tecnica
geniale per sorprenderlo alle spalle e piantargli un pugno fra le
scapole…effettivamente io vorrei sorprenderlo alle spalle, ma per fargli
un’altra cosa…Ehm!!!… sto diventando triviale? In effetti mi
imbarazzo da solo dei miei pensieri…Ok , mi ricompongo, e sono pronto a
far scattare il mio piano geniale!
I
miei amici e compagni di squadra sono stupiti di me: prendo seriamente gli
allenamenti e non faccio più battute troppo cretine…cioè, le faccio
ancora, le battute, ma ho scoperto che si può far ridere senza sembrare
scemi e in fondo mi piace, mi aiuta ad affinare il mio già grande senso
dell’umorismo. Ogni tanto sbircio Rukawa.
La
sua espressione fredda non è cambiata, dato che io non lo insulto non mi
rivolge quasi la parola, ma quando risponde ai miei saluti mi sembra più
disteso. Bene, il piano procede.
Come?
Qual è il mio piano? Be’, niente che non farebbe un ragazzo innamorato
come lo sono io. INNAMORATO?! Sì, innamorato, con tutto il cuore. E
allora? Ho capito solo ora che gli devo un sacco: è per merito suo se
sono migliorato come giocatore e come persona, perché volevo sfidarlo,
volevo batterlo e dimostrare a tutti che sono un genio del basket…volevo
che lui si accorgesse di me…Comunque, ora vorrei sdebitarmi. Visto che
non posso farlo migliorare come giocatore (oppure sì? Be’ in fondo
perché no?…io sono il tensai!!), voglio riuscire ad arrivare a lui. Al
vero Rukawa, voglio dire. Io sono intuitivo, me lo dicono tutti, e voglio
arrivare a quel qualcosa che avverto in lui. Intanto, siccome sono
comunque un po’ esibizionista, ho deciso di chiedergli se ha notato
niente. Insomma, sono ancora meglio di prima e lo sto facendo per
lui…Deve capire che ormai mi è indispensabile.
Fino ad adesso
l’allenamento era andato bene. E ora, invece, vedo Sakuragi che mi si
avvicina con un sorriso ebete sulla faccia. Si ferma a pochi passi da me
tutto orgoglioso.
“E allora?”
“…” allora
che?
“Non hai notato
niente, Rukawa? Sono stato bravo oggi! Sono stato bravissimo!”
Io mi stringo
nelle spalle: “Visto che te lo dici da solo…”. Incredibile la sua
capacità di dire scemenze.
“E tu non hai
niente da dirmi?” insiste.
“Che sono stato
più bravo di te” e lo penso veramente.
Sakuragi, a
queste mie parole, diventa serio, io penso che ora si incavolerà e che
faremo a pugni e invece lui, per una volta, mi sorprende.
“Kitsune, sto
cercando di comportarmi in modo responsabile, a cominciare dagli
allenamenti. Sto seguendo il tuo consiglio. Non hai niente da dirmi?”.
E’ vero, gli ho
detto tante volte di crescere.
“Bravo. Ma
ricordati che non stai facendo un favore a me, lo fai a te stesso”.
“Uhm”
sogghigna lui, poi mi saluta e se ne va. Lo avevo notato, quel
cambiamento, ma non volevo dargli soddisfazione. E’ bravo. Certo, dice
ancora molte scemenze, ma non credo che ci si possa fare qualcosa. E io
devo essere un vero cretino, perché mi sento fiero di lui, per lui,
pensando all’impegno che ci sta mettendo…
Ora, però, devi
capire una cosa, Sakuragi: non lo stai facendo per fare un favore a me o
alla squadra, ma per te stesso, perché un giorno giocherai e vivrai senza
avere noi intorno, quando finiremo la scuola, e per allora dovrai essere
pronto e forte per farcela da solo. Non so perché, ma mi sento
incredibilmente triste a questo pensiero…
Ci sono persone
che nascono introverse. Sì, insomma, non hanno molta voglia di comunicare
e non sanno come farlo. Magari provano a chiedere aiuto agli altri, ma
dentro di sé non riescono a trovare né la voce, né le parole giuste,
quindi continuano ad essere incomprese e alla fine smettono di chiedere
aiuto. Credo che a me sia capitato questo, ma è un ricordo lontano nel
tempo e io non ci tengo affatto a rivangarlo. Perché dovrei? Sono molto
soddisfatto della mia vita: guardo i miei socievoli coetanei che
disperdono le loro energie in mille attività diverse, in genere una più
scema dell'altra, e mi ritengo fortunato. Loro non sanno che cosa vuol
dire incanalare tutta la forza in un’unica grande passione, sentirsi
bruciare al solo pensiero di un campo da basket, di una partita, di una
nuova sfida…Io sono felice ad ogni corsa, ad ogni canestro, mi lascio
trasportare da quel fuoco che mi dice che ce la posso fare, che so
vincere, perché quel pallone fra le mie mani
sarà un prolungamento della mia stessa volontà. Quando tiro, il
pallone non può mancare il canestro, perché io voglio che finisca lì.
Ma per tutti sono la fredda kitsune…
Alla fine meglio
così, che devo dire? Almeno non mi rompono più di tanto…
Già, ma lui
rompe per venti!! Eccolo di nuovo qui, questo do’ aho con il suo sorriso
imbecille! Arriva dagli spogliatoi e ha un bicchiere d’acqua in mano.
“Me lo reggi,
volpino?”.
Io lo prendo, ma
non posso fare a meno di chiedergli: “Perché?”.
“Voglio vedere
quanto tempo impieghi a far congelare l’acqua”.
Idiota!
Non mi degno
neanche di dirglielo, non cambio espressione, ma gli butto l’acqua in
faccia.
“Ops…ho avuto
un crampo al braccio” gli dico. E ora le solite grida.
“Stupida volpe!
Il crampo ce l’hai al cervello! Come hai osato…”
Sì, sì…la so
a memoria questa solfa…Mi volto e faccio per andarmene, un po’ deluso
a dire il vero: e pensare che si stava dando da fare per migliorare…
“Non andartene
mentre ti parlo, kitsune!”.
Non
mi stai parlando, mi stai urlando addosso le tue cavolate e io non sono
così masochista da ascoltarti. Ma tu mi sorprendi di nuovo. Mi raggiungi,
la tua faccia sembra quasi seria e mi dici: “Rukawa, ho comprato una
videocassetta su Michael Jordan. Ci sono le riprese delle sue giocate più
formidabili, voglio studiarmele: certamente il grande tensai saprà
rifarle!!”.
Esaltato.
“Vorrei un tuo
parere. Vuoi venire a vederla a casa mia?”.
Ecco, questa
proprio non me l’aspettavo…e comunque no, non mi va di venire a casa
tua. Resto in silenzio e lui comprende, ma non si dà per vinto e anche
questo mi meraviglia.
“Ah…ripensandoci
è meglio di no, casa mia è un casino e mia madre mi ammazzerebbe se ti
facessi vedere tutto quel disordine. Vengo io da te! Te la porto a casa,
va bene?”.
No, che non va
bene.
“Perché?”
gli chiedo.
“Te l’ho
detto, voglio il tuo parere”.
“Portamela agli
allenamenti”.
Lui arrossisce e
si arrampica penosamente sugli specchi: “Oh, ah…ehm…no, vedi, io
volevo darla anche a Yohei…cioè, se te la portassi un
sabato avresti tutta la domenica per guardarla”.
Ma che cavolo
dice? Si vede lontano un miglio che è una scusa e che in realtà vuole
venire a tutti i costi a casa mia. Sono curioso, ma non mi fido: magari
vuole approfittare di una mia distrazione per dare fuoco alla casa e
liberarsi di me…resto in silenzio.
Sakuragi sospira
stranamente: “Te la porto e poi me ne vado subito, ok?”.
Sembra che ci
tenga proprio tanto…
La mia voce esce
lenta, ma in realtà sto parlando d’ impulso : “Va bene, vieni
pure”.
Che diavolo sto
dicendo?! Be’ ormai non posso rimangiarmi la parola…
Sakuragi sorride
a trentadue denti: “Ah, bene!! Allora, uno di questi giorni verrò da
te. Appena possibile”.
Si allontana
quasi saltellando; io scuoto la testa e lo chiamo.
“Do’aho”.
“Eh?” lui si
gira senza arrabbiarsi, strano…
“Come farai a
venire da me, se non conosci il mio indirizzo?”.
Sakuragi
arrossisce, poi borbotta imbarazzato: “Ah, è vero. Vuoi darmelo?”.
Io glielo dico.
Non dovrei, ma mi ha incuriosito.
Credo
di aver fatto una figura da idiota. Sai che ci fa Rukawa con una stupida
videocassetta? Lui avrà sicuramente la TV via cavo, via satellite, la
parabolica…lui sicuramente si segue l’NBA in diretta, probabilmente si
registra le partite più importanti. Ci penso un po’…MASSI’,
CHISSENEFREGA!!!
Io
gliela porto, questa cassetta, devo riuscire a tutti i costi a vederlo a
casa sua, in un ambiente che non sia un campo da basket o uno spogliatoio.
E poi saremmo soli…
E’
inutile nasconderlo: io lo amo, ma lo desidero anche. Quando
l’allenamento si fa pesante, è una tortura vederlo sudato e ansimante
perché me lo immagino sudato e ansimante ma per ben altri motivi e allora
sento che potrei perdere la testa. Forse l’ho già persa. Voglio dire,
io mi sono beccato 50 rifiuti, no, dico, 50!! 51 contando anche Haruko.
Come faccio a sperare che uno bellissimo come Rukawa possa…
Be’
ma in fondo anche con il basket ho iniziato da zero e ora sono un
campione!
Finisce
che dopo tre giorni, nel primo pomeriggio della domenica, mi ritrovo di
fronte a casa sua , a suonare il campanello. Carino il giardino…be’,
è sistemato meglio di me, su questo non ci sono dubbi, ma credo che non
gliene freghi niente. Se ho imparato a conoscere il modo di ragionare di
quella testolina arruffata, penso che se uno fosse anche straricco, ma non
sapesse fare un canestro manco avvicinandosi con una scala, Rukawa lo
tratterebbe come una pezza da piedi…
Ma
quanto cavolo ci mette ad arrivare?! Vuoi vedere che non c’è? No, è più
probabile che stia dormendo. Un rumore…la porta che si apre…ed eccolo
lì, tutto assonnato, con lo sguardo un po’ vago. Quant’è CARINO!!!
Rukawa
mi vede, preme il citofono e il cancello si apre. Io lo raggiungo subito e
lo prendo in giro : “Qualcosa mi dice che stavi dormendo”.
“Hn”.
“Dovrebbero
studiarti, forse aiuteresti la scienza a trovare un farmaco contro
l’insonnia, eh kitsune?”.
“Mpf”.
E’
proprio cretino!
Non
solo mi sveglia, ma spara subito una delle sue idiozie. Io resto in
silenzio e forse lui capisce di aver esagerato. Mi chiedo perché
l’abbia fatto venire fin qui: Sakuragi è così diverso da me…E’
estroverso, chiassoso, esibizionista, disordinato. E’ una persona
solare, mentre a me una volta avevano detto che ero un tipo lunare. Non
andremo mai d’accordo. Ora lui nel giro di un secondo ha di nuovo
cambiato espressione, non fa più venire i nervi, sembra quasi serio.
“Ecco
la cassetta, prendila pure” me la tende e io la prendo. Mi sento i suoi
occhi addosso.
“Te
la riporterò domani” gli assicuro.
“Ehi,
non c’è problema, tienila quanto vuoi…”
Ma
come?
C’
è qualcosa di strano in lui, ma non so interpretarlo: io non sono mai
stato bravo a capire le persone e lui cambia umore ed espressione con una
velocità così incredibile che non riesco a seguirlo.
“Ora
me ne vado, come ti avevo detto”.
Si
gira davvero, senza aspettare un ringraziamento. Io guardo quella cassetta
e mi accorgo che è ancora sigillata…
“Sakuragi!”
lo chiamo. Lui si ferma e si volta a guardarmi stranamente ansioso.
“Non
l’hai ancora vista, ma mi avevi detto…”
“Non
importa- mi interrompe- guardala prima tu e stai tranquillo…non contiene
ordigni esplosivi!” sogghigna. Idiota !
Ma
anch’ io sono davvero una stupida volpe, perché mi ritrovo a dirgli:
“Avanti, entra. . .vuol dire che la vedremo insieme”.
Non
so perché l’ho detto, forse perché Sakuragi mi è sembrato gentile.
Lui è raggiante in un modo che mi sembra esagerato e che mi
insospettisce.
“Dici
sul serio, kitsune?”
“Entra,
prima che cambi idea!”.
In
due secondi è nell’ ingresso e si sta togliendo le scarpe.
“Eh
eh, sono nella tana della volpe! Il grande tensai ti ha fatto l’onore di
una visita!”.
Neanche
ti rispondo, idiota!
E così alla fine ci
sono riuscito. Sono a casa sua e proprio Rukawa mi ha invitato ad
entrare… praticamente passeremo tutto il pomeriggio insieme.
Lui
non risponde alle mie battute e io lo seguo fino ad arrivare ad una stanza
arredata all’occidentale, che dovrebbe essere un salotto. Solo allora mi
viene un dubbio.
“Non
è che sto disturbando i tuoi genitori ?”
Rukawa
mi guarda impassibile: “Mia madre è morta da anni e mio padre non c’è
mai”.
“Perché
?”.
“Lavora
a Tokio. Torna solo a fine mese e viaggia spesso in Europa…in
America…”.
Lo
dice in tono strano…no, non strano: so cosa significa. Che vorrebbe
andarci lui in America. Non ho tempo di incavolarmi, perché penso a
quello che ho appena sentito.
Che
è figlio unico lo sapevo già…Trova solo una casa vuota la sera, quando
torna qui…Ecco perché è così preciso, ha dovuto imparare ad
organizzarsi per cavarsela da solo; almeno mia madre la sera a volte c’è
e anche quando ha il turno di notte mi lascia sempre la cena pronta.
Rukawa invece…Intendiamoci, deve esserci nato con un carattere difficile
! Certo che poi il destino ci ha aggiunto un carico da mille…Lui sembra
fregarsene e mi chiedo quanto sia vero.
“Quello
è il divano”.
La
sua voce è fredda, come a dire siediti-lì-e-non-scocciare…Ma insomma,
che posso pretendere? Sono ancora all’inizio del mio piano!
Io
sto per buttarmi sul divano, senza neanche guardarlo, ma lui mi blocca
all’improvviso e mi sibila: “Do’aho, non cadere addosso al mio
gatto!”.
“Quale
gatto ?!” mi giro e scopro, sulla tappezzeria scura del mobile, un bel
gatto nero dal pelo lucidissimo che alza la testa di scatto.
“Non
lo avevo visto” mi giustifico.
Rukawa
lo prende in braccio ed io lì per lì non so rinunciare ad un’altra
scemenza: “Eh eh…il gatto e la volpe, proprio come in quel film di
Walt Disney!” e rido, compiaciuto per il mio acume, mentre Rukawa non
perde la sua espressione glaciale neanche per sbaglio. Intanto il micio
gli si strofina addosso, gli lecca la mano…ed io mi ritrovo geloso di un
gatto! Stupido animale, smettila di stargli addosso!!! Ma, un momento…IO
GELOSO DI UN GATTO?!!! NOOO!! Sto impazzendo…
Rukawa
lo fa scendere a terra…meno male!
“Posso
offrirti qualcosa?”.
La
sua voce è fredda, ma vuole rispettare i doveri dell’ospitalità.
“Hai
del mais?”.
Lui
mi guarda in modo vacuo: “Mais?”.
“Sì…be’…non
è una droga, serve per fare i pop-corn!”.
“Pop-corn…”
“Rukawa!
Che ti piglia, stupida volpe! Pop-corn, da mettere in una ciotola bella
grande, così li mangiamo mentre guardiamo la cassetta, come si fa quando
ci si ritrova a vedere i film con gli amici, sai com’è ?!”.
“No,
non lo so com’è”.
Mi
ero infervorato, ma la sua fredda risposta prima mi stupisce, poi mi dà
una profonda tristezza. Lui lo dice con la sua solita voce, come se fosse
una cosa scontata; in lui non ho sentito né amarezza né recriminazione,
sono io che le provo, io che voglio capire quale meccanismo si sia
inceppato nel suo rapporto con gli altri.
Comunque,
il grande tensai prepara dei buonissimi pop-corn. Rukawa ne assaggia
pochi, da quando parte la cassetta i suoi occhi e la sua testa si fissano
sullo schermo e io vengo ignorato. E così mi ritrovo ad essere geloso
anche di un gigante americano a cui basta guardare la palla per infilarla
nel canestro. Rukawa è seduto vicino a me, indossa dei calzoncini corti
ed io sento sempre più caldo, perché mi basterebbe allungare la mano per
toccare la sua pelle bianchissima e non posso farlo…
Provo
a chiedergli qualcosa che non capisco di quelle fantastiche giocate che
scorrono sotto i nostri occhi, ma lui niente, risponde a monosillabi, mi
dice: “Dopo” e continua a fissare il campione americano; intanto il
gatto gli è saltato di nuovo in braccio e lui lo accarezza
distrattamente. Non so se odio di più Michael Jordan o questo stupido
gatto!!! Non credevo di essere così geloso, accidenti…cioè, ero geloso
anche di Haruko (e proprio per colpa della volpe!), ma non così tanto. Il
video finisce; io mi aspetto che lui ora mi butti fuori di casa, invece si
alza, si china a raccogliere un pallone da basket che io non avevo neanche
notato nell’angolo della stanza (è capace di avercene uno per camera) e
freddamente risponde a tutte le domande che gli avevo fatto prima,
facendomi alzare e illustrandomi le azioni con il pallone. Se le ricorda
tutte, le mie domande, non ne salta una.
“Kitsune,
allora mi ascoltavi!” esclamo.
Lui
mi guarda con la coda dell’occhio: “Come faccio a non ascoltarti? Fai
un tale casino!”.
Rimaniamo
a fissarci per un lungo istante e il mio cuore accelera i suoi colpi,
perché Rukawa è bellissimo ed è a pochi passi da me e noi siamo
completamente soli…
Ma
non posso ancora fare niente, è troppo presto…
Fuori
è quasi buio, il pomeriggio è trascorso senza neanche una scazzottata e
questo è un trionfo. Prima che me lo dica lui, lo anticipo: “Ok, ora me
ne vado! Hai visto, kitsune, che gran prova di sé ha dato il grande
tensai? Io sono di ottima compagnia, eh eh eh…Ti ho fatto un grande
onore, hai passato un intero pomeriggio con me!”.
“Hn.
E pensare che avrei potuto dormire tranquillo…”
“Cooosa?
Stupida volpe!” ma lui dice una cosa che mi spiazza.
“Scherzavo.
Grazie per avermi portato la cassetta”.
Stanotte
sono troppo su di giri per dormire: ho passato tutto un pomeriggio con
Rukawa. Sìììììì!!!!! Devo fare in modo che la cosa si ripeta: non
sarà facile, ma un genio come me troverà la soluzione.
Non riesco ancora
a crederci.
Il
do’aho è stato qui e non ci siamo picchiati. Non solo. Mi sono
divertito…sì, insomma, la sua compagnia mi è piaciuta…Mi sentivo a
mio agio con lui, perché mi sembrava che mi ascoltasse davvero e che mi
capisse…Mi butto sul divano e sospiro: che cosa mi sta succedendo?
Lo
capisco ancora meno nella settimana seguente: ci punzecchiamo e ci
insultiamo come al solito, ma i suoi pugni sono più leggeri, quasi
carezzevoli e la sua voce rumorosa non mi dà più così fastidio. Io non
capisco perché e mi irrito con me stesso. Che cosa vuole questa
testarossa, perché non mi fa più rimpiangere la solitudine? Io ho sempre
amato molto la solitudine proprio per appartenere sempre solo a me stesso,
perché non ho mai pensato di concedere una qualsiasi parte di me a
qualcuno. Mai, fino a che…ma che diavolo sto dicendo ?!
Me
lo domando anche sabato pomeriggio, quando mi ritrovo nuovamente Sakuragi
davanti al cancello.
“Che
ci fai qui?” gli chiedo, quando arriva alla porta.
“Avevo
tempo da perdere…” sogghigna.
“Do’aho”.
“Idiota
a chi?”
“A
te! Entra, scemo!”.
Non
so perché lo sto facendo, ma so che voglio farlo e, in un modo o
nell’altro, io faccio sempre quello che voglio. Ma che diavolo mi stai
combinando, Sakuragi? Ti sto trovando simpatico…
“Posso?
Ormai tuo padre sarà tornato.”
“Questo
mese non torna e forse neanche il prossimo” lo interrompo seccamente.
“Oh,
mi dispiace.”
“A
me no. Vuoi un po’ di thé ? L’ho appena preparato”.
Alla
fine siamo seduti sul divano come una settimana fa e beviamo il thè
mentre io accarezzo il mio gatto e mi accorgo che lui lo fissa biecamente.
“Sei
allergico ai gatti?” gli chiedo.
“No.
Perché?”.
“Lo
stai guardando malissimo”.
“Non
vorrei ritrovarmi i suoi peli nel thè!”.
“Idiota”
gli mormoro, ma faccio scendere il gatto dalle mie gambe e lui si rilassa.
Chissà perché, poi!
“Perché
sei contento di stare da solo? Sì, insomma…che tuo padre non torni?”.
Io
mi irrigidisco, ma non mi sembra la domanda di chi vuole farsi i fatti
miei: il suo tono è insolitamente serio, come se le mie parole lo
avessero turbato. Forse per le sue vicende personali? In fondo, io non so
niente di lui.
“Io
e mio padre siamo due estranei. Ormai abbiamo imparato a vivere lontani,
le nostre abitudini, i nostri ritmi sono diversissimi: quando ci
ritroviamo nella stessa casa ci intralciamo a vicenda…Non è ancora
tornato e già non vedo l’ora che riparta!” lo dico con una rabbia che
lui non comprende. Forse per la prima volta Sakuragi non sa cosa dire e mi
fissa in silenzio.
“Dai,
dimmelo! - lo incito – So cosa pensi”.
“E
cioè?”.
“Che
sono un bastardo egoista!”.
Incredibilmente
lui non coglie la mia provocazione, anzi, cambia discorso.
“I
libri di questi scaffali sono in inglese, come mai? Al grande tensai non
sfugge niente eh eh eh”.
“Devo
impararlo benissimo, l’inglese”.
“Perché?”.
Ma
come??
“Perché
voglio giocare in America. Mi sembra logico voler imparare la lingua che
si parla in quel Paese”.
Sakuragi
sembra incavolato: “Allora è vero!”
“Ma
che ?”.
“Che
vuoi andare in America”.
“Certo
che sì, non ne ho mai fatto mistero” ora mi sembra di nuovo un po’
tonto…
“Credevo
che lo dicessi tanto per dire…”
“Io
non dico mai niente tanto per dire” parlo a bassa voce, ma scandisco
bene le parole per far capire a questo zuccone che sono vere: proprio
perché parlo poco, quando lo faccio non sono mai castelli in aria. Lui ha
la faccia di un bambino deluso.
“Ma
non ti dispiace? Insomma…non hai proprio nessun motivo per restare?”.
Io
mi stringo nelle spalle: “No”.
“Ma…il
nostro Paese…”
“Il
basket è più importante”.
Sakuragi
ha un lampo minaccioso negli occhi: “E i tuoi amici?”.
“E
chi sarebbero? Io non ho amici” la mia voce è quasi atona, come al
solito, ma qualcosa mi si stringe dentro alle mie stesse parole.
“E
noi che siamo?”.
“Compagni
di squadra”.
“Stupida
volpe, non è la stessa cosa?” si sta scaldando.
“No.
Gli amici si conoscono: io non so niente di voi e voi non sapete niente di
me”.
“Ehi,
stupida volpe!”.
“Hn”.
“Forse
non te ne sei accorto, kitsune, ma io sto cercando di essere tuo
amico!”.
Sakuragi
lo dice d’impulso, è rosso in viso e sembra terribilmente sincero, ma
questo è nella sua natura, l’ho capito tanto tempo fa. Dice che vuole
essere mio amico. Non so se me ne ero accorto o no, forse sì ma avevo
paura di dare un nome a certe nuove sensazioni.
“Perché?”
gli chiedo.
“Perché
cosa?” mi urla contro Sakuragi.
“Perché
vuoi essere mio amico?”.
“Perché
sì! Perché mi va, perché…” tace all’improvviso.
“Hn?”.
“Niente,
così! Ho deciso così e tu non puoi fare niente contro le decisioni del
grande tensai!”.
“Ma
non mi odiavi per via di Haruko?”.
Lui
diventa ancora più rosso: “N – non mi piace più…lei non mi
interessa più…e quindi ora non ho più motivo per odiarti”.
So
che sta dicendo la verità, non è capace di mentire. Vorrei chiedergli
quale ragazza gli piaccia ora, ma non è mia abitudine farmi i fatti degli
altri. Per un po’ stiamo zitti, poi parliamo degli allenamenti finché
non gli faccio capire che voglio restare da solo. E lui mi accontenta.
Eppure sento che ne è dispiaciuto.
E
così non gli piace più Haruko…Be’, volubile il ragazzo, non c’è
che dire! O forse no…forse non è volubile, si è solo accorto che era
una cotta infantile…
E
io?
So
che tutti si chiedono perché ignoro le ragazze che mi corrono dietro (Haruko
compresa). Pensando al mio futuro mi sono sempre immaginato come giocatore
di basket, non come il compagno di qualcuno, uomo o donna…già, uomo o
donna? In effetti non mi sono mai neanche posto il problema…uhm…
Meglio
un uomo.
Sì,
credo che preferirei un compagno, forse un altro ragazzo mi capirebbe
meglio…
Ma
ho brutti ricordi dalle scuole medie: gente esaltata che lasciava
bigliettini negli armadietti, le prese in giro che ricevevano…e io
promisi a me stesso che non mi sarei mai reso ridicolo, per nessun motivo,
a costo di soffrire, ma nessuno avrebbe potuto ridere di me mai, mai,
mai…e che nessuno mi avrebbe mai reso debole…
Ci voleva questo
deficiente per farmi venire dei dubbi! No, che sto dicendo?! E’ chiaro
che sono nervoso, in più stranamente non ho sonno…E’ buio ormai e la
serata è fresca, ma non me ne frega niente: ho bisogno di allenarmi così
esco e vado al campetto.
Parte
seconda.- Walk this earth alone.
Bastardo
egoista?
Sì,
forse Rukawa lo è davvero, ma in fondo io che ne so? Forse con suo padre
ci sono state liti, frasi spiacevoli…e io non sono così infantile da
pensare che nel mondo tutti debbano andare d’accordo con i loro padri
solo perché io ho perso il mio. E poi è un’altra la cosa che mi fa
incavolare: questo suo parlare dell’America strafregandosene di tutto il
resto! Quello è il suo sogno, il suo più grande desiderio, mentre lo
diceva i suoi occhi brillavano…Quanto devo essergli sembrato fesso! Che
scemo sono stato, tutto il tempo a giocare e a mettermi in mostra per
Haruko, e lui lo sapeva che la nostra rivalità per me aveva come scopo
che Haruko si innamorasse di me! E invece Rukawa non poteva pensare a
simili scemenze (giustamente), lui pensava al suo futuro, a vincere e non
certo per battere me, ma per arrivare all’America…Che scemo!! Mm…be’,
ma sì…il tensai rimedierà anche a questo, l’inventiva non mi manca!!
Tre giorni scorrono via tranquilli, più o meno. Ci sono le solite
schermaglie, le solite battutine a cui non sappiamo e non vogliamo
rinunciare, perché, almeno io, è proprio così che mi sono innamorato di
lui. Ci scappano pure un paio di ceffoni, ma leggeri eh! Ormai non potrei
fargli male. Lui però mi ha fatto un livido…
Il
quarto giorno mi accorgo che c’è qualcosa che non va: agli allenamenti
Rukawa fa scintille come al solito, io lo osservo incantato e a dire il
vero un po’ mi rodo perché sembra che abbia un telecomando nelle mani:
ogni tiro, un canestro! Eppure ha una luce negli occhi che non mi piace
per niente: il suo sguardo è un po’ troppo lucido, come se avesse la
febbre e naturalmente lui è troppo orgoglioso per dire che oggi non si
sente bene. Alla fine degli allenamenti Rukawa resta in palestra e io
fingo di andarmene con gli altri, ma torno lì pochi minuti dopo (e dopo
aver evitato anche Yohei) e non lo vedo più. Ma tanto lo so dov’è…
Eccolo qui, infatti, nello spogliatoio, seduto per terra: è tutto
accaldato e si vede che sta male.
“Rukawa”
lo chiamo.
“Hn”.
“Non
stai bene. Dai, ti accompagno a casa”.
“Sto
benissimo” borbotta.
“Sì,
hai solo bisogno di una flebo! Ma smettila…” mi avvicino e faccio per
toccarlo, ma lui si scosta.
“Non
ho bisogno d’aiuto”.
Ora,
in un altro momento io mi sarei incavolato e me ne sarei andato a grandi
passi, ma stavolta non devo essere il solito impulsivo. Ma non so come
comportarmi con Rukawa…Diciamo la verità: per queste cose sono
inesperto come un bambino, non per niente mi sono beccato 50 rifiuti! E
talvolta parlo e agisco prima di riflettere e ora ho paura di perderlo, di
perdere anche quel poco della sua attenzione che è disposto a darmi…Ah,
ma cosa sto facendo?! Per quanto dica di no, ora Rukawa ha bisogno di me
ed io devo aiutarlo.
“Senti,
stupida volpe, tu hai la febbre alta e si vede. Vuoi svenire per strada?
Vuoi cadere appresso alla tua bici? Ti faresti male e non potresti giocare
per un sacco di tempo!” strepito. Non gli do modo di ribattere, lo
sollevo e mi faccio passare il suo braccio sulle spalle; Rukawa sta troppo
male per opporsi, ma dice qualcosa che mi gela il sangue.
“Dovresti
essere contento. Non eri tu che speravi che mi rompessi una gamba?”.
“Co…cosa?”
mi sento soffocare.
“Lo
hai detto durante una partita. Ti ho sentito…”
Io
ho una reazione un po’ convulsa, lo stringo più forte a me perché ho
paura di vedermelo scivolare via dalle braccia, ma lui prova a
divincolarsi : “Maledizione, Sakuragi! Non ho bisogno del tuo aiuto!”.
E
io lo stringo ancora di più…
“Non
lo pensavo davvero- gli dico- Ho detto una cattiveria, sono stato una
carogna. Ti chiedo scusa, Rukawa”.
“Non
ce n’è bisogno, do’aho: è proprio da te una frase simile. Ma ora
voglio stare da solo”.
“Sta’
zitto, kitsune, voglio aiutarti e ti aiuterò a costo di trascinarti fino
a casa tua!!”.
Non
so come, ma riusciamo a raggiungere la sua bici, a montarci sopra in due e
ad arrivare a casa sua senza schiantarci contro qualcosa. Rukawa apre il
cancello e la porta, arriviamo al solito salotto e lui si butta sul
divano; io gli poso la mano sulla fronte: cavolo, come scotta!
“Non
c’è bisogno che resti qui, do’aho. Mi è capitato altre volte di
stare male e di essere solo in casa” mormora Rukawa.
“Non
mi muovo di qui. Ora vado a prepararti una bella zuppa calda”.
“Ma
perché?”.
“Ma
è ovvio! Per dimostrarti che io sono un grande tensai anche in cucina!
Stai là, kitsune, e aspettami”.
Mi
devo imporre: un po’ perché sono una persona forte, un po’ perché so
che Rukawa ammira solo chi è forte, non gli piacciono i deboli, e come
potrebbero? Quando gli tengo testa lui si arrabbia, ma so che allo stesso
tempo gli piace…
Bene,
sono nella sua cucina. E ora? Devo preparare solo una stupida zuppa (già
che ci sono la preparo pure per me), ma ci metto un sacco di tempo per
trovare le cose, perché non so dove sono sistemate. Faccio un vero
casino…accidenti, ci metterò un’ora per sistemare tutto!! Nooo…ehm…a
questo punto faccio anche bollire l’acqua per il thè e su un ripiano
trovo l’aspirina. Impiego altre tre ore per trovare un vassoio.
Forse
potrei essere più veloce, ma sono anche molto nervoso e quindi tendo a
non ragionare; torno nel salotto con il vassoio e Rukawa dorme ( e chi lo
dubitava?), così mi ritrovo a fissarlo. Nervoso, eh? Sì…vabbè…sono
eccitato oltre che nervoso! Ho solo voglia di abbracciarlo, di baciarlo e
di…di…ops…di FARE QUELLO?!?! Ehm, veramente sì. Non sarà mica la
fine del mondo, dopotutto conosco Rukawa da mesi, non è uno sconosciuto!
Scuoto la mia testa dura per ricordarmi che sta male e che questo viene
prima di tutto. Lo tocco appena su una spalla e lui si sveglia: per un
istante il suo sguardo offuscato è stranamente dolce e il mio cuore
accelera. Poi mi mette a fuoco e si irrigidisce.
“Mangia,
kitsune”.
Ho
preparato per due, poso il vassoio sul tavolo di fronte al divano e mi
siedo per terra. Lui fa altrettanto, fissa il piatto con sospetto.
“Senti,
Rukawa, la zuppa è commestibile (la sto mangiando anch’io), quella è
aspirina e non arsenico e non ho versato cianuro nel thè. In cucina ho
chiuso il gas, così non salti per aria…Rilassati ora”. Lui inizia a
mangiare, è molto lento.
“E’
buono. Grazie, Sakuragi”.
E’
sincero, lo so che è sincero…che voglia che ho di baciarlo! Ehi,
ma…aspetta un momento…
“Rukawa,
per un millesimo di secondo gli angoli della tua bocca si sono alzati di
una frazione di millimetro! Attento, rischi di mettere in moto i tuoi
muscoli facciali atrofizzati!”.
“Do’aho”
dice lui e lo dice sorridendo.
Un
sorriso vero che mi toglie il fiato, mi ruba l’anima e mi eccita
terribilmente. Lui è così…così…Devo dirglielo! E al diavolo ogni
cosa!
“Rukawa,
quando sorridi sei bellissimo. Cioè, lo sei sempre, ma quando
sorridi…sei ancora più bello…”
Lui
continua a sorridere: “Che ti prende da parlarmi così? Hai la febbre
anche tu?”.
Forse
sì…tu continui a sorridere e io muoio dalla voglia di baciarti e mi
sento felice perché so con una certezza assoluta che ora ho davanti il
VERO Rukawa.
“Per
favore, non tornare di nuovo serio, continua a sorridere…” mi sto
scoprendo e sto facendo la figura dell’idiota, ma non me ne frega
niente. Lui rimane in silenzio, ma mi accontenta.
“Era
da tanto che non sorridevo” mi sussurra poi.
“Perché?”.
“Non
avevo molti motivi per farlo”.
“E
ora?”.
“Sei
stato gentile. Grazie”.
Ci
guardiamo negli occhi, poi ricominciamo a mangiare; stiamo zitti, ma non
ci sono disagio od ostilità fra di noi e sento che anche lui si rilassa.
Alla fine fa per alzarsi. Non sorride più, ma d’altronde non può
essere mica come Sendoh che lo fa di continuo.
“Torna
a casa ora, Sakuragi”.
“Io
dormo qui”.
“Eh?”.
“Penso
a tutto io. Avanti, ti porto in camera tua”.
“Ma
perché?”.
Oddio
che stress…non facciamo che chiederci perché di questo e perché di
quello!
“PERCHE’
SI’!!! Perché il grande tensai ha
deciso così, ecco!!”.
“Non
dirmi quello che devo fare!”.
“E
tu non dirlo a me!” lui si alza, ma si sbilancia subito per la febbre;
lo sostengo con un movimento fulmineo e saliamo al piano di sopra senza
che la kitsune si opponga ancora. Dio, come adoro anche solo litigare con
te, Rukawa…
La
sua camera parla solo di basket.
“Com’è
che non ti sei fatto montare un canestro qui dentro?” lo prendo in giro.
“Hn”.
“Ci
voleva un genio come me per darti l’idea, eh?!”.
Rukawa
si cambia e io mi giro dall’altra parte; lo sto facendo anche negli
spogliatoi ultimamente, perché voglio rivederlo spogliato quando potrò
stringerlo fra le braccia. Lui si sdraia sul futon e io mi siedo per
terra.
“Puoi
andare, Sakuragi, davvero”.
“No”.
“Do’aho!”.
Restiamo
in silenzio per un po’, poi io gli poso la mano sulla fronte: la febbre
è ancora alta.
“Non
me ne vado, kitsune. Non posso lasciare da solo qualcuno che …che è
importante per me e che sta male”.
“E
io sarei importante?”.
“Certo!
Sei il mio rivale, ti voglio in salute per batterti, così non avrai
scuse” rido. Ma la mia risata si spegne subito, i miei occhi incontrano
i suoi, che sono così intensi e profondi da farmi fare quel che non
vorrei: gli racconto di mio padre e della sua morte. Non ci metto molto,
non mi va di dilungarmi sulle mie disgrazie, ma vedo che i suoi bellissimi
occhi si spalancano.
“Hai
pianto per lui?” mi chiede.
“S…sì…”
la sua domanda mi sembra strana.
“Io
non ricordo quand’è stata l’ultima volta che ho pianto…penso che
tua madre ti voglia molto bene, vero?”.
Non
riesco a capire dove voglia arrivare Rukawa, ma gli rispondo: “Certo!
E’ naturale”.
“Mio
padre…”
Si
interrompe. Credo sia penoso per lui.
“Mio
padre e mia madre si amavano molto. Dopo la morte della mamma, da dietro
ad una porta sentii mio padre dire ad un suo cugino che, dovendo
scegliere, avrebbe preferito che morissi io”.
Non
dice altro, ha parlato con voce gelida, ma a questo racconto io mi sento
morire e allo stesso tempo capisco molte cose. Capisco cosa ha fatto
inceppare il meccanismo dei suoi rapporti con gli altri, capisco quale sia
il carico da mille che il destino ha aggiunto ad un carattere già
difficile di suo. Se avessi davanti suo padre lo ammazzerei, giuro! Mi
chiedo che diavolo di persona sia un padre che riesce a dire una cosa
simile…E meno male che Rukawa è forte e non si è depresso! Anzi, ora
ho capito come ha reagito: concentrandosi su se stesso, sul suo sogno,
sulla sua bravura, sulla sua volontà, pensando solo a se stesso,
alimentando il suo egocentrismo, tagliando fuori un padre simile e
l’universo insieme a lui, aiutato in questo dal suo carattere silenzioso
e riservato…Penso alla mia vicenda e alla sua e mi viene da piangere; mi
chino su di lui nella penombra e mi accorgo che è profondamente
addormentato. Mi batte forte il cuore, vorrei tanto toccarlo, ma non
oso…Però prendo finalmente una decisione.
Oggi non sono
andato a scuola, credo di avere ancora qualche linea di febbre. E dev’essere
per colpa della febbre che ieri ho avuto l’infelice idea di confidarmi
con Sakuragi. Non ci posso credere…gli ho sorriso! E gli ho parlato! Non
le mie solite battute sarcastiche che lo mandano in bestia, ma che sono il
mio modo di dimostrare il mio interesse e la mia attenzione, anche se lui
è tanto do’aho da non capirlo! Io non sopporto di vedere una persona
piena di talento non adoperare al massimo tutte le sue qualità. Non
sopporto un simile spreco e lui, invece, potrebbe esserne maestro.
Per
me a volte è stancante litigare con lui, ma almeno dopo lo vedo buttarsi
a capofitto negli allenamenti o nel gioco anche solo per dare addosso a
me. Mi verrebbe da ridere, ma io non rido e non piango mai. Eppure…perché
ultimamente sto così bene con lui? Perché mi ritrovo a pensare che…
Scuoto la testa e vado in
cucina. Sakuragi è già andato via, ma ha messo tutto a posto, non c’è
il casino che credevo di trovare…e mi ha lasciato la colazione!
Qualcosa
mi si stringe dentro, sento un’incrinatura dentro di me…era da tanto
tempo che non ricevevo una vera gentilezza. So bene che è il mio
comportamento scostante a far passare agli altri la voglia di essere
amichevoli con me, lo so benissimo e non mi sono mai aspettato niente:
proprio per questo il suo gesto è così prezioso. Forse vuole davvero
diventare mio amico, ma mi sfugge il motivo; eppure sento che è così,
altrimenti non mi sarei mai lasciato sfuggire quella confidenza per me
dolorosissima.
Ho
caldo, ma so che stavolta non è la febbre…
Di
pomeriggio, decido di andare agli allenamenti e quando arrivo lo vedo
prima sgranare gli occhi, poi incavolarsi di brutto. Viene verso di me a
grandi passi.
“Stupida
volpe! Che ti prende da uscire di casa? Vuoi ritrovarti con la
polmonite?”.
Gli
altri si girano e Ayako mi chiede: “Stai male, Rukawa?”.
“Ho
avuto la febbre”.
“Sei
sicuro di poterti allenare? Se non te la senti, basta che assisti”.
“Sì,
ora come stai? Anche ieri stavi male?” si intromette Miyagi.
A
me danno fastidio le troppe premure : “Sto bene e voglio giocare!” il
mio tono è definitivo e loro si arrendono. Sakuragi no, però. Mi tiene
d’occhio per tutto il tempo, con la faccia scura perché non gli ho dato
retta (io?! Figuriamoci!), ma non gli bado più di tanto, perché giocando
mi sento rinascere, il sudore si porta via la febbre e io mi sento leggero
mentre corro e mi sento meglio ad ogni canestro…
Alla
fine gli altri ammettono che avevo ragione a volermi allenare. Lo so che
avevo ragione. Ayako ride della mia faccia impassibile…bah, dovrebbe
ridere della faccia che fa Miyagi quando è vicino a lei…
“Ehi,
kitsune!”.
E’
Sakuragi, accidenti, ma perché bisbiglia?
“Se
parli davvero bene l’inglese, non avrai problemi a tradurre una canzone,
vero?”.
“Hn”.
Una
canzone? Ma cosa…Quando siamo nello spogliatoio mi mette in mano un
foglio scritto in inglese.
“Che
brutta calligrafia hai! Ma già, scrivi male la nostra lingua, figuriamoci
i caratteri occidentali!”.
“Vuoi
tacere, stupida volpe?- strepita Sakuragi- Visto che parli tanto voglio
vedere la tua di grafia occidentale! Traduci quell’affare che stasera
passo da casa tua a prenderlo”.
“Eh?”.
“Sì,
prima devo vedere Yohei e i miei amici, poi passo da te. E vedi di non
fare apposta a tradurla male! Non conviene neanche a te!”.
Se
ne va come un tornado, senza neanche cambiarsi e mi pare che abbia molta
fretta.
Io
torno a casa in bici e una volta in camera mia inizio a fissare quel
foglietto ripiegato. Dunque…prima di tutto, nessuno mi dà ordini!
Nessuno, neanche l’imperatore, figuriamoci Sakuragi! Fatta questa
premessa, potrei tranquillamente aspettarlo, mettergli il biglietto fra le
mani senza neanche un rigo di traduzione e sbattergli la porta in
faccia…Sì, mi si addice…ma sono curioso, troppo curioso, e inizio a
leggere.
E’
una canzone d’amore!
Almeno
con me stesso posso ammetterlo: ci rimango malissimo. Credevo…non lo so
cosa…o sì, lo so, ma detesto riconoscerlo…bè, me la sono voluta:
avevo imparato tanto tempo fa a non fidarmi degli altri, non capisco perché
sono stato tanto stupido da abbassare la guardia! Per Sakuragi poi! Questo
deficiente dopo essersi preso 50 rifiuti tenta perfino la carta di una
canzone pur di conquistare una ragazza! Mi chiedo chi sia…Non ne ho la
più pallida idea, stavolta è stato stranamente riservato, mentre prima
non faceva che straparlare di Haruko. Bene, vediamo cosa dice questo
accidente di testo…
I’ll
be your dream,
I’ll
be your wish, I’ll be your fantasy,
I’ll
be your hope, I’ll be your love
Be
everything that you need
I’ll
love you more with every breath
I
want to stand with you on a mountain
I
want to bathe with you in the sea
I
want to lay like this forever.
E’ davvero una
canzone d’amore e anche piuttosto passionale! Maledizione, dovrei
riuscire a trovare mille frasi sarcastiche su quanto sia patetico tutto ciò…lui,
lei, la canzone…roba da sdolcinati melensi…Invece mi sento
tristissimo, come se stessi perdendo qualcosa, come se qualcuno si stesse
allontanando da me, il che non è vero. Non si sta allontanando uno che è
venuto solo tre volte a casa mia. E da ora non ci verrà più. Già, perché
l’idiota ha fatto una buona scelta e sicuramente questa tipa si farà
suggestionare. Se staranno insieme, lui non avrà più tempo per…Ma che
mi importa? Perché questa tristezza, perché questo senso di esclusione?
Nessuno mi dirà mai simili parole, io non sono un tipo che le ispira per
via del mio carattere…E poi, io saprei dirle a qualcuno? Se mi
innamorassi davvero, amerei una persona con lo stesso ardore con cui amo
il basket, quel fuoco che mi consuma durante le partite sarebbe acceso
anche per…per…Ma io non sono bravo a parlare, come ho già detto: non
ho voce, non ho parole…
Un fastidioso suono
mi distoglie dai miei brutti pensieri: è il campanello!
Sakuragi, non c’è
dubbio…E infatti me lo ritrovo alla porta che mi scruta con attenzione:
“Stai bene, kitsune?”.
“Questa è la tua
traduzione- gli porgo il foglio- Ora vai via”.
“Ehi, non così in
fretta! Permesso…grazie” Sakuragi spinge la porta ed entra; io mi
arrabbio: “Ma cosa, permesso?! Ti ho detto di andare fuori dai piedi!”
non alzo la voce, non è da me. Ma so che il mio tono basso e glaciale può
essere peggio di un urlo. Lui legge quello che ho scritto e sorride, poi
si avvia verso il solito salotto.
“Do’aho, ti ho
detto…”
“Non me ne vado,
risparmia il fiato” si siede sul divano e io non posso fare altro che
imitarlo, perché ho capito che vuole parlarmi.
“Che c’è?”.
“Come ti
sembra?”.
“Bella. Le piacerà”
perché tu te ne vada ti direi qualunque cosa.
“COME?!”.
“Sei proprio
tonto, do’aho!” ma lui dice una cosa che mi fa tacere.
“E’ per te” e
intanto mi tende il foglio.
“Co…cosa…”ora
davvero non ho le parole. Non me lo aspettavo, non lo avrei mai creduto,
giuro. E infatti non ci credo. Comincio a capire cosa ci sia dietro e mi
irrigidisco: “Va bene, ora basta. Di chi è stata l’idea? Tua o di
quel tuo amico Yohei?”.
“Che cavolo dici,
volpe?”.
“Avevate scommesso
che ci sarei caduto? Non è divertente!” ma lui mi interrompe e arriva a
posarmi le mani sulle spalle.
“Mi piaci, Rukawa,
e ti voglio bene! Non è uno scherzo, non l’ho detto a nessuno…non
sapevo come iniziare il discorso e questa canzone mi sembrava adatta a
farti capire che …mi piaci tanto…”.
Sakuragi è tutto
rosso in faccia e per giunta indossa anche una maglia dello stesso colore:
sembra una enorme macchia rossa!!
“Non è vero”
ripeto.
“Ti voglio bene”
ripete lui.
Lo fisso negli
occhi, intensamente: vorrei dirgli di nuovo che non ci credo, ma non ci
riesco…In fondo lo conosco quanto basta: so che è schietto, spontaneo,
sincero…Fondamentalmente è ingenuo e non è capace di mentire: esprime
i suoi veri sentimenti anche quando non gli conviene e farebbe bene a
stare zitto.
“Ti voglio bene,
Rukawa” ripete Sakuragi.
Ora ti credo. E ti
sorrido.
Se
non mi viene un infarto stasera non mi verrà mai più!
Gli
sto dicendo che mi piace e che gli voglio bene, ma Rukawa non mi crede.
Come faccio a convincerlo? Non gli ho detto neanche la metà di ciò che
provo per lui e mi accorgo che non posso farlo: non mi crederebbe, gli
sembrerebbe un’esagerazione…
Sostengo
il suo sguardo, devo farlo a tutti i costi anche se sono imbarazzato da
morire, ma devo provargli che è la verità, non posso sottrarmi al suo
sguardo indagatore.
“Ti
voglio bene” ripeto. E lui sorride.
Vado
in estasi quando lo fa, è così bello!!! E assume un’aria dolce che
nessun altro gli ha mai visto. Il cuore mi batte all’impazzata: voglio
baciarlo, lo voglio più di qualunque altra cosa, ma non so da dove
cominciare! Dunque, non dovrebbe essere difficile: devo avvicinare il mio
viso al suo e poi…e poi…L’ombra dei miei 50 rifiuti incombe su di
me, ma ad un tratto decido di giocarmi il tutto per tutto e al diavolo il
resto! Prendo fra le mani il viso di Rukawa e lo bacio. Sento le sue
labbra morbide e calde, il profumo d’incenso che emana da lui, mi eccito
ma non so che fare…
Meno
male, mi sembra imbranato anche lui…no, come non detto…la pressione
della sua bocca aumenta, il bacio si fa sempre più appassionato, io
reagisco e lo abbraccio stretto. E’ il momento più bello della mia
vita, sono felice, felice, felice…La volpe è qui fra le mia braccia e
io giuro a me stesso che ci resterà per sempre.
Quando
ci separiamo Rukawa mi scruta con il suo sguardo serio e poi mi dice :
“Vorrei saper trovare le parole…”
Ma
non mi servono: ha risposto al mio bacio, mi ha sorriso.
“Posso
aspettare, kitsune”.
Passiamo
le ore successive a baciarci appassionatamente. Rukawa mi bacia in una
maniera che mi fa impazzire: mi viene il dubbio se lo abbia fatto anche
prima o no, ma non mi va di chiederglielo. Scopro con soddisfazione che il
grande tensai aveva visto giusto anche questa volta: Rukawa ora è
tutt’altro che gelido, è sensuale e appassionato e con molte meno
inibizioni di me! Resto senza fiato quando, con un movimento veloce, si
sfila la maglietta e rimane a torso nudo nel mio abbraccio: la sua pelle
è stupenda…morbida e liscissima. Fuori ormai è buio, entra una luce
strana nella stanza, che illumina la sua carnagione lunare: io posso
finalmente toccarlo, inizio a baciarlo sul petto, prima timidamente poi
con passione; sento le sue mani fra i miei capelli, poi mi accorgo che
scendono per togliermi la maglia. Smetto per un attimo di baciarlo e lo
guardo incerto: “Rukawa, io…”.
“Avanti,
testarossa…” la sua voce è roca e sensuale.
Allora
lo lascio fare (ma in fondo da dove mi viene tutto questo pudore?) ed è
bellissimo sentire quelle stesse mani che sembrano accarezzare il pallone
da basket, quelle stesse mani su di me. Il suo respiro è accelerato, il
suo cuore batte più forte sotto le mie labbra; io strofino il viso sulla
sua pelle e mi faccio audace nelle domande: “Oi kitsune, posso dormire
qui?”.
Lo
sento ansimare leggermente: “Certo…”.
Ovviamente ci
fermiamo ai baci per questa notte: nessuno dei due è in grado di fare
altro, la verità è che siamo ancora storditi per quanto ci siamo detti,
lui con le parole e io solo con i gesti. Ora è disteso qui , vicino a me:
io sto per addormentarmi, lui continua ad accarezzarmi…
E’ una specie di
miracolo quello che è successo: per il do’aho non dev’essere stato
per niente facile capire di volermi bene, considerando Haruko e tutte le
nostre litigate. In termini di orgoglio gli sarà costato molto, e non è
poi così do’aho se ha capito che doveva andare per gradi e conoscermi
meglio. E io? Io…ecco…è strano, perché qualcosa dentro mi aveva
avvertito, sarei stato davvero di ghiaccio per non capire che erano mesi
che i nostri corpi si stavano cercando…e i nostri cuori credo che si
siano trovati e riconosciuti fin dal nostro primo incontro conclusosi a
suon di pugni…E ora sei qui! Baciarti è bellissimo, le tue mani mi
fanno rabbrividire quando mi accarezzi…Di nuovo mi accorgo che
lentamente, nel profondo, qualcosa si sta sciogliendo. Non so se è un
bene, ma sicuramente non è un male. E tutto grazie a te, testa rossa!
Parte
terza.- Hear you laughing.
I
giorni trascorrono lenti e meno male, perché sono i più belli che abbia
mai avuto e voglio godermeli. Ormai ogni volta che mia madre ha il turno
di notte, vado a dormire da lui. Quanto sono egoisti gli innamorati! Ora
mi ritrovo perfino ad essere contento che quel gran bastardo di suo padre
non ci sia mai, così nessuno ci rompe le scatole! E poi, no in fondo non
sono egoista, Rukawa non sopporta suo padre e per validi motivi! Eh, eh,
eh il grande tensai non può essere egoista! Ma fuori di testa sì!
Mi
ci sta facendo andare Rukawa: non so come abbia fatto, questa adorabile
stupida volpe, ma in pochi giorni si è reso indispensabile. Ormai dopo
gli allenamenti i miei amici non mi trovano più: io vado a casa sua ed è
incredibile il calore che si prova a condividere i piccoli gesti
quotidiani. Io e Rukawa compriamo qualcosa per strada, poi scribacchiamo
svogliatamente i nostri compiti (nessuno dei due è una cima, lui è bravo
solo in inglese) prima di prepararci la cena. Tutti e due siamo abituati a
cavarcela da soli in casa e ora è divertente decidere insieme se cucinare
riso al curry o il ramen o qualcosa di straniero…che so…una pizza o un
hamburger.
Rukawa
non è diventato un chiacchierone, con me parla di più ovviamente (non
con gli altri, con loro si esprime ancora a monosillabi), ma ci sono
sempre lunghe pause di silenzio che però ora non mi danno più fastidio
perché so che non sono date dall’ostilità. Fanno semplicemente parte
di lui. E poi Rukawa usa meravigliosamente il linguaggio del corpo per
farmi capire che tiene a me.
Il
solito divano è comodo e accogliente: noi ci stendiamo lì sopra,
semispogliati e ci baciamo fino a perdere il senso del tempo. Rukawa si
strofina su di me, morbido come un gatto, io gli mormoro all’orecchio:
“Volpe sexy…”.
Lui
alza un sopracciglio: “Davvero?”.
“Volpe
sexy e sensuale…”
Rukawa
mi guarda in modo malizioso, si china a baciarmi
le spalle e il petto e io sospiro, rilassandomi. Lo ha fatto altre
volte, ma oggi mi accorgo che è diverso: ehi!…ma…ehm…il suo viso
sta scendendo lentamente lungo il mio corpo e in più mi sta sbottonando i
pantaloni…ehm…Non ho il tempo di dirgli una mezza parola che vengo
travolto dal più intenso piacere che abbia mai provato: posso solo
affondare le mani fra i suoi capelli e ansimare sempre più forte. Perdo
davvero il senso del tempo, non so quanto duri, ma so che ad un tratto non
riesco più a trattenermi e in quel momento conosco il vero piacere come
non avrei mai pensato…
Sono
in uno stato di semi- incoscienza, quando avverto la testa di Rukawa di
nuovo sulla mia spalla, sento il suo respiro veloce sulla mia pelle e
allora con un movimento veloce gli alzo il viso e lo bacio con passione:
la sua bocca ha un sapore diverso e mi sembra che il mio odore si sia
mescolato al suo inebriante profumo di incenso…Quando lo lascio
respirare, lui si rilassa addosso a me.
“Come
ti è venuto in mente?!” gli chiedo ridendo.
“Così…avevo
voglia di farlo e l’ho fatto. Kaede Rukawa fa sempre quello che
vuole!” mi dice lui con una voce falsamente solenne, in una indovinata
imitazione di se stesso! E così la mia volpe sa essere autoironica,
quando vuole!!
Il
giorno dopo, la sera dopo mi decido.
Voglio
fare l’amore con lui e voglio che succeda oggi. Ormai sono
innamoratissimo di Rukawa e questo mi fa superare l’imbarazzo, questo
stupido pudore che non dovrebbe esserci: perché dovrei vergognarmi di
voler fare l’amore con lui? E’ la persona che amo di più al mondo,
quanto di meglio mi abbia dato la vita, è normale che lo desideri…ma
nonostante questo mi sento anche molto imbranato: non so come dirglielo e,
diciamolo, non so neanche cosa fare, cioè, cosa fare sì (non sono
COSI’ imbranato!), ma …mm…Ehi, un momento!! Io sono sempre e
comunque il grande tensai, certamente ne uscirò a testa alta! Eh eh
eh…No, aspettate: c’è poco da scherzare. Per me sarà importantissimo
e voglio che lo sia anche per lui.
Questa
sera ci scambiamo molte occhiate veloci e intorno a noi si crea
un’atmosfera di aspettativa. Spero di cuore che Rukawa abbia la mia
stessa idea, in fondo mi ha dimostrato di non avere senso del pudore, non
dovrebbe offendersi se gli farò capire cosa vorrei fare. Ad un tratto
l’occhiata si trasforma in uno sguardo lungo, intensissimo, e per me è
sconvolgente capire quanto siano espressivi i suoi meravigliosi occhi, a
dispetto dell’espressione generale del suo viso. Credo che si stabilizzi
una perfetta sintonia fra noi due, ne sono quasi certo: i nostri pensieri
e i nostri sentimenti sono perfettamente intrecciati. Rukawa capisce cosa
voglio e io capisco che lo vuole anche lui e come al solito è lui a
prendere l’iniziativa.
“Andiamo
in camera mia”.
Non
dice altro, la sua voce è bassa e seria.
Mi
piace la sua camera, perché ci ritrovo molto di lui: libri e riviste sul
basket, i poster di Michael Jordan (Ehi! La sto notando solo ora : quella
fascia nera al braccio sinistro del campione mi ricorda qualcosa!!! Volpe
megalomane…) e un’inebriante, sensuale profumo d’incenso. A Rukawa
piace molto l’incenso, questo posto ne è impregnato; credo che ne bruci
ogni giorno molti bastoncini e non me ne meraviglio: l’incenso è
sensuale quanto lui.
Questo
odore ora mi stordisce, sento crescere la mia eccitazione. Rukawa è
rapido a stendere il futon; poi rimane in piedi, fermo nella luce lunare
che filtra dalla finestra, e lentamente inizia a spogliarsi, fissandomi
negli occhi. Quando resta in boxer tutta la sua pelle bianchissima è
esposta a quella luce e lui sembra…non vorrei esagerare, ma è talmente
bello che sembra un’apparizione…
“E
allora, do’aho? Non ti avvicini?” mormora.
Io
deglutisco e mi porto di fronte a lui.
Rukawa
inizia a sbottonarmi la camicia, poi mi incita: “Avanti, spogliati…”
Alla
fine restiamo tutti e due nudi: io lo abbraccio e faccio fatica a
controllarmi, perché la sensazione è incredibile e , sarà banale, ma è
meglio di qualsiasi vittoria: a dispetto della sua apparente freddezza, il
corpo di Rukawa è caldo e perfetto; lui prima rimane per un po’ con la
testa sulla mia spalla, poi si tira indietro per scrutarmi in volto.
Dunque…questo è il momento…so cosa voglio e so come fare
(spero!)…ma quando guardo il suo viso mi prende la paura…ARGH! Non
avevo tenuto conto di un particolare! Io lo voglio a tutti i costi, ma
Rukawa…non si lascerà mai fare QUELLA COSA!!! Almeno credo…vabbè,
pur di fare l’amore con lui me la lascio fare io, ma il mio vero
desiderio è un altro…
Ops,
devo aver fatto una faccia strana, perché gli occhi di Rukawa ora mi
fissano con una intensità mai conosciuta prima. Restiamo così per degli
attimi che mi sembrano interminabili, poi la mia volpe fa qualcosa che mi
lascia senza fiato: si sdraia, attirando il mio corpo sul suo e mi dice:
“Avanti, fammelo”.
“Ma
che ?!” balbetto stordito.
“Lo
sai, testa rossa…”.
E’
un sogno…
Ti ho sorpreso, eh?
Davvero credevi che non avessi capito? Stupido do’aho, sono mesi che ti
osservo, che ti studio…Tutti i tuoi pensieri ti si leggono in faccia,
come potevo non capire? Però comprendo anche il tuo stupore, in fondo
anche io sono meravigliato di me stesso. No, è una bugia…So perché lo
sto facendo. Mi sono innamorato di te, scemo, in un modo che non avrei mai
creduto possibile: hai riempito le mie giornate, ti sei reso
indispensabile, ti sei fatto amare quanto il basket e io che pensavo che
sarebbe stato l’unica grande passione della mia vita!! Ti trovo
meraviglioso perché sei tutto quello che io non sono, sei tutto quello
che volevo: mi fai sentire vivo, sensuale, importante come persona e non
solo come giocatore. Quando ci baciamo, quando ci abbracciamo, è come se
tu mi trasmettessi un po’ della tua esuberanza. Hai risvegliato in me
qualcosa che non credevo di avere o che in fondo mi faceva comodo credere
di non avere. Mi hai ridato delle emozioni che non fossero legate ad un
campo da basket. So che dovrei dirti qualcosa, so che tu lo vorresti, ma
continuo a non avere voce, né parole per dimostrarti il mio amore.
Ma ho il mio corpo.
Ho il mio corpo e so
che ti piace: so cosa vorresti fare…e ne ho bisogno anch’io…
Ora, qui, con te,
vorrei finalmente riuscire a capire cosa significhi amare completamente
una persona. E’ come una sfida, a me stesso e a tanti luoghi comuni
sulla virilità. Non sarà facile, ma tu sei l’unico al mondo con cui
sarà possibile farlo perché mi hai fatto innamorare al punto da
concederti questo, da concederti tutto…
Questo stupido mi
guarda imbambolato: “Sei sicuro?”.
“Sì”.
“Ci hai pensato
bene?”.
“Sì” quante
volte glielo devo dire?!
“Giuramelo!”.
“Ma sei sordo?!”
è proprio cretino…
“No, è che…”
“Cosa c’è,
do’aho? Non ti va?”.
Lui mi bacia
all’improvviso, togliendomi il respiro.
“E’ troppo bello
per essere vero…” mormora dopo. Io lo stringo forte a me, avvolgo il
mio corpo intorno al suo: “Avanti, te lo sto chiedendo io…”
Vi risparmio i
preliminari…diciamo subito che è più facile a dirsi che a farsi…Mi
fa male, accidenti!, mi fa male da morire! Ma perché diavolo mi è venuta
questa idea?!
Ora devo ricorrere a
tutta la mia volontà per non tirargli un pugno sul naso che lo allontani
da me! E lui perché diavolo
mi ha dato retta?!
Lui è chino su di
me, sento il suo respiro sul mio viso, sento benissimo che ormai è dentro
di me…il mio corpo è sopraffatto da tutto questo e cerca istintivamente
di difendersi.
“Kitsune, è la
prima volta che lo fai?” mi chiede ansimando.
“Deficiente!- gli
sibilo- Certo che è la prima volta! Con chi vuoi che l’abbia fatto?!”
“Oi volpe,
possibile che mi devi parlare così anche mentre stiamo facendo
l’amore?”
FARE L’
AMORE…Queste parole sono una folgorazione.
“Non voglio farti
male, volpino” si preoccupa lui, cercando di controllarsi.
Io cerco di
sorridere: “Passerà…e poi è compito tuo: vedi di farmelo piacere!”
lo sfido.
Sakuragi mi
accarezza, mi bacia in fronte, poi mi sussurra: “Rilassati. Io ti voglio
bene, Rukawa, rilassati…”.
Be’, stavolta ha
davvero trovato le parole giuste. Sta solo cercando di amarmi…Cerco di
ricordarmi quello che già sapevo prima di provare dolore: che qui non
c’entra niente la sopraffazione, che NON è un’ umiliazione, che non
smetterò di essere quello che sono per questo…E’ un atto d’amore e
basta. Sento il mio corpo che si rilassa, sento il corpo del do’aho
spingere ancora più in
profondità e il mio che finalmente lo accoglie. Io lo stringo di più, le
mie membra lo attirano di più verso di me e la cosa più incredibile è
che è meraviglioso…
A poco a poco il
piacere prende il posto del dolore, i sospiri della mia testa rossa mi
riempiono l’anima e io mi eccito della sua eccitazione e mi lascio
completamente andare…Una parte della mia mente, piccolissima, rimane
vigile e mi sente sospirare, ansimare, poi gemere e alla fine gridare; mi
sente gridargli di continuare, di prendermi ancora di più, con più
forza…E lui lo fa. Mi mormora qualcosa che non capisco, poi si china a
baciarmi, le sue braccia mi avvolgono protettive e alla fine arriva il
momento…gridiamo insieme e anche la mia parte vigile scompare…
Non so per quanto
tempo rimaniamo così: lui è addosso a me, il suo respiro è veloce
quanto il mio. Istintivamente gli accarezzo i capelli, lo sento tremare.
Poi la sua voce: “Stai bene?” che non sembra neanche la sua.
“Hn”.
Sì, sto bene, ma in
questo momento parlare va al di là delle mie forze…
Il mio do’aho si
solleva e mi guarda con un’espressione molto tenera: “Non ti
ringrazierò mai abbastanza, kitsune! Ma perché l’hai fatto?
Sinceramente, non me lo aspettavo”.
Neanche io.
Che dirgli? I motivi
sono troppi per riuscire ad elencarli ora con un minimo di coerenza.
“Ne avevo
bisogno” mi limito a mormorare. Poi però mi viene un dubbio e allora
gli lancio uno sguardo molto serio: “Non credere che io per questo sia
diventato un debole!!”.
Forse non ho
espresso bene il concetto, ma lui si china a baciarmi dolcemente la
fronte, la punta del naso e le labbra.
“Non mi sei mai
sembrato così forte, Rukawa” mi sussurra all’orecchio. E io lo bacio.
Dopo un po’ di
minuti di silenzio il do’aho torna ad essere se stesso (quasi): “Eh
eh…ma lo sai che non ti avevo mai visto così acceso in viso? Hai ancora
le gote arrossate!” ridacchia.
“Ma dai?!”
ironizzo io.
“E non ti avevo
mai visto neanche con un’espressione così bella…Sai, ora che ci penso
però non ti ho mai visto ridere!” e si protende verso di me.
“Hn. Vuoi troppe
cose tutte insieme”.
“Rukawa, facciamo
una scommessa! Io ti farò ridere. Ora”.
“Impossibile. Le
tue battute sono penose”.
“Che cooosa?! Ah,
non importa…io ti farò ridere…dunque, scommettiamo che se ti faccio
ridere…lo faremo di nuovo!”.
Mm…interessante…
“E se non rido?
Cosa vinco?”.
“Ci penseremo
dopo”.
Sakuragi mi viene
vicino e mi abbraccia, pronto a sparare chissà quali scemenze. Be’? Su,
io sono pronto alle tue cretinate…non crescerai proprio mai, vero? Lui
mi stringe più forte…che aspetta?…ehi!!! No, un momento…questo è…!!
NOOO !!! Mi sta facendo il solletico!!
“Stupido do’aho!
E’ sleale…”
Mi sto incavolando,
ma è sempre più difficile trattenermi. E questo idiota continua
imperterrito.
“Hai la pelle
sensibile, vero Rukawa?”.
“Idio- No…lì
noooo!”.
Troppo tardi.
Scoppio a ridere
come non mi era mai capitato nella vita ed è liberatorio come il piacere
di prima. Rido davvero e lui con me e mi sembra che ridere insieme ci
renda uniti come fare l’ amore…
“Bastardo! Hai
barato!!” gli rinfaccio, mentre la mia risata si spegne a poco a poco.
“Il grande tensai
ha fregato la stupida volpe! Rukawa, sei stato tu a pensare che avrei
provato a fare battute, ma io non lo avevo mica detto! Io avevo detto che
ti avrei fatto ridere e così è stato…Non avevo specificato come. Ah ah
ah, sono o non sono un genio?!”.
“Hn”.
“Ti rode, eh?
Arrenditi all’evidenza!”.
“Stai zitto, do’aho.
Va bene…i patti sono patti” mi rilasso e gli tendo le braccia.
Lui ha capito e
sembra incerto: “Vuoi farlo proprio ora…di già?”.
Io lo squadro con
sfida: “Cosa c’è, imbattibile tensai? Già non ce la fai più?”.
“Che cosa?!?!
Aspetta e vedrai, kitsune!”.
Mi viene addosso, mi
abbraccia e ci baciamo con passione; io allontano per un attimo il mio
viso dal suo: “Non hai bisogno di ricorrere a queste scommesse, do’aho…”.
Rukawa
dorme.
Ci
siamo fatti una bella doccia, poi lui è crollato in un sonno profondo. Io
invece sono ben sveglio, probabilmente lo sto osservando dormire da più
di un’ora. Il suo viso è bellissimo, il suo corpo mi attrae come una
calamita…no…LUI mi attrae come una calamita, lui, anima e corpo.
Kitsune, credi che non capisca cosa hai fatto? E’ vero, hai detto che ne
avevi bisogno e sicuramente è così, ma sapevi anche che ne avevo bisogno
IO! Ho un’indole affettuosa e, anche se mi accendo e grido per la minima
irritazione, fondamentalmente ho bisogno degli altri, ho bisogno di amare
e di amore e ne ho dato prova fino a rendermi ridicolo, prendendomi
rifiuti su rifiuti.
E
ora?
Rukawa
ha fatto l’amore con me, lui, il ragazzo più bello, forte, fiero,
orgoglioso ed egocentrico sulla faccia della terra!! Mi sento felice e
sicuro di me come mai prima d’ora e non è la mia solita spavalderia o
il mio esibizionismo o la mia propensione per le spacconate. Questa è
VERA sicurezza, vera consapevolezza.
Io,
Hanamichi Sakuragi, ora sono qui a riposare vicino al mio amante (il- mio-
amante , come mi piacciono queste parole!!), dopo aver fatto l’amore con
lui, dopo aver ricevuto un piacere immenso dal suo corpo e dopo avergliene
dato. Era così esaltante ascoltare i suoi gemiti e le sue grida che avrei
voluto che non finisse mai…
E
ora sto qui a guardare questo volpacchiotto addormentato e mi sento un
adulto, mi sento un uomo nel senso migliore del termine, senza la
vanagloria che spesso accompagna simili situazioni. E sento che è un uomo
anche lui, perché è stato infinitamente più coraggioso di me: mi ha
concesso di prenderlo, ma so bene che è tutt’altro che debole o
sottomesso…E del resto un Rukawa così non sarebbe Rukawa e invece a me
piace proprio come l’ho descritto prima : bello, forte, fiero e
terribilmente sexy…
Inutile
dire che nei giorni successivi sto in pianta stabile a casa di Rukawa.
Mia
madre mi ha annunciato che, per problemi di personale, passerà un sacco
di tempo prima che le tolgano il turno di
notte ed io mi sono trattenuto dal sorridere a trentadue denti. Sì,
non mi comporto bene con lei, ma non è colpa mia se ho un bisogno
assoluto di Rukawa! Non possono certo bastarmi le occhiate di sfuggita per
i corridoi o il tempo trascorso in palestra! Troppo poco…io vado con lui
a casa sua e sicuramente ne risentirà il nostro già precario rendimento
di studio: appena chiudiamo la porta il nostro unico pensiero è fare
l’amore, è già tanto se ci ricordiamo di mangiare…
Devo
ammettere che le energie di Rukawa sono più di quanto credessi! Forse
perché a scuola dorme con un sasso, ma sembra risentire meno di me di
questa ulteriore fatica. Una volta glielo ho anche detto. Avevamo appena
finito di farlo in camera sua ed eravamo scesi al piano di sotto per
finire sul solito divano. Le solite chiacchiere tranquille…io parlo e
lui ascolta…finché Rukawa non si mette a cavalcioni in braccio a me,
baciandomi.
Io
lo abbraccio: “Kitsune, che ti prende?”.
“Avanti,
prendimi così…in questa posizione…”
“Rukawa,
meno male che sei freddo e distaccato, non oso pensare cosa avresti fatto
se fossi stato di carattere più focoso!”.
Lui
mi guarda insinuante: “Cosa c’è, tensai? Non reggi i miei ritmi?”.
“Che
cooosaa?!”
li
reggo eccome, infatti finiamo come sempre per fare l’amore ancora e
ancora e ancora…
“Mi
piace così, posso abbracciarti più facilmente…” riesco a dirgli.
Meno male che domani non ci sono gli allenamenti!
“Piace
anche a me, così posso stare sopra” sospira lui.
Be’,
è proprio da Rukawa questo ragionamento…
A
questo punto dovrei dire l’unico particolare della nostra storia che mi
dà ai nervi.
Io
sono uno che se sente una cosa deve dirla e invece proprio stavolta non
posso farlo: io gli voglio molto più che bene, dire che mi piace è
riduttivo, vorrei confessargli il mio vero sentimento, ma sento che non è
il momento. Qui viene fuori la differenza fra i nostri caratteri:
nonostante la mancanza di inibizioni quando si tratta di sesso, Rukawa ha
una sorta di pudore per le parole! Lui non mi ha ancora detto niente,
neanche che mi vuole bene ( però quanto sono ingrato!! In fondo me lo ha
dimostrato con i fatti…), e non so come reagirebbe se mi decidessi a
parlare apertamente. E’ questo che mi dà ai nervi: non poter essere
spontaneo come al solito ed è uno sforzo perché vorrei dirglielo,
soprattutto in questi momenti, quando sono dentro di lui e il suo corpo è
accogliente e caldo e io lo sento mio
Ma
forse devo solo imparare ad avere pazienza.
Ogni
tanto ci sono lampi di rancore nel tuo sguardo, molto simili a quelli che
mi lanciavi quando dicevi di odiarmi. Penso di sapere il motivo: non ti ho
ancora detto niente e tu hai paura di fare il primo passo, anche se non lo
ammetterai mai.
Lo
sai, do’aho, che le parole non fanno per me…Per come sono io, per me
è più facile darti il mio corpo che non dirti quelle due semplici parole
che vorresti sentire, perché il giorno che te le dirò avrò legato a te
anche la mia anima…Per ora, accontentati di ciò che posso
dimostrarti…
Non
sono mai stato così felice, sai?
E’
bello sentire il suono della tua voce per casa, mi diverto a mangiare
insieme a te e soprattutto è stupendo fare l’amore con te…
Già,
adoro sentirlo straparlare e ridere, mi scopro ad aver voglia di sorridere
anch’io; adoro sentire il suo sguardo su di me, perché sento che mi
desidera anche nei momenti più impensati. Ma sono anche spaventato a
morte per l’amore che gli porto: l’altra notte, mentre facevo
l’amore con lui, ho realizzato come in un lampo che ormai solo quando
sento il suo corpo nel mio provo un senso di completezza e di pace…Non
ero mai dipeso emotivamente così tanto da qualcun altro, ma non è una
brutta sensazione. Questo è un mondo che ci siamo ritagliati per noi,
tutto nostro, di cui nessuno sa niente. Io non ho amici con cui
confidarmi, ma anche Sakuragi non lo ha detto a nessuno, neanche a Yohei,
e non vuole rivelarlo ai nostri compagni di squadra perché non riesce a
prevedere le loro reazioni. A me sta bene, che gli altri lo sappiano o
meno mi è del tutto indifferente; però diventa incredibilmente facile
usarlo come arma contro di lui per vederlo imbarazzato.
Oggi
per esempio il do’aho è così distratto agli allenamenti da essere
incapace e sembrare scemo. Non sopporto quando non si impegna! Per me è
incomprensibile, io vivo come una sfida anche un allenamento di un’ora;
del basket mi piace tutto: la corsa verso il canestro, quegli attimi di
sospensione nell’aria che precedono la schiacciata, la precisione dei
tiri da tre punti, il bisogno di essere insieme perfetti e veloci…E’
una sensazione quasi erotica per me andare a canestro, fare una
schiacciata: per anni tutta la mia vita è ruotata intorno a queste
emozioni, mentre ora ci si aggiungono quelle che mi provoca il mio do’aho.
Poi
lo vedo comportarsi da cretino…
Anche
se ora va all’università Kogure non rinuncia a tornare qui ogni tanto,
in un posto che ha avuto una parte così importante nella sua vita; Miyagi
lo lascia fare come se fosse ancora il vice- capitano. Ma oggi con
Sakuragi non c’è verso…
Kogure
si sforza di fargli capire uno schema difensivo, ma alla fine io mi
avvicino e dico freddamente: “E’ inutile, senpai, non si può cavare
sangue da una rapa”.
Il
do’aho fa un salto come se lo avessero punto, poi mi agita contro il
pugno, ma senza colpirmi.
“Di’
un po’, volpe, chi sarebbe la rapa?”.
Io
non mi smuovo: “Tu”.
“Che
cooosa?!” grida lui.
“Sei
una rapa idiota”.
“Cerchi
guai, kitsune?”.
“Solo
un idiota non capirebbe uno schema così semplice”.
“Accidenti
a te, Rukawa! Quando fai così ho voglia solo di prenderti e sbatterti al
muro!” urla.
Io
lo fisso negli occhi: “Oh, lo so che hai voglia di sbattermi al
muro…non ne dubito…”.
Lui
capisce il mio doppio senso e arrossisce miseramente. E’ troppo facile!
Ha paura che gli altri scoprano qualcosa (eccoli invece a scuotere la
testa intorno a noi, rassegnati) e si imbarazza subito; a me invece non
importa di niente e di nessuno, tranne che del basket e di lui, e mi
diverto a punzecchiarlo.
Di
cosa dovrei preoccuparmi? Del giudizio di Miyagi? Delle opinioni di Ayako?
Quanto a Kogure…credo di aver capito un paio di cose su lui e Mitsui!
Comunque
il do’aho è arrossito e mi digrigna i denti. Crede di spaventarmi?
“Brutto
bastardo…” sibila.
“Sì,
sì…ora vedi di impegnarti, perché mi stai irritando!”.
La
sua faccia si agita a queste mie parole, ma come sempre ottengo quello che
voglio: la testa rossa si impegna per almeno un’ora, così gli
allenamenti finiscono senza altri problemi.
Ma per la strada lui ha voglia di polemizzare.
“Stupida
volpe, hai rischiato di farlo capire a tutti!”.
“E
allora?”.
“Come,
allora?! Che accidenti dici?”.
“Sei
proprio tonto, do’aho: credi che ci siamo solo noi due così al mondo?
Non ti sei mai guardato intorno?”.
Lui
si arrabbia: “Stai insinuando che non mi accorgo di niente? Io sono il
grande tensai, non dimenticarlo, Rukawa! Non è possibile che mi sfugga
qualcosa”.
Io
mi limito a sbuffare: “Se il grande tensai invece di fare sempre
l’esagitato ogni tanto tacesse e osservasse si accorgerebbe di tanti
particolari…”.
Ora
sembra confuso: “Per esempio?” mi chiede.
“Non
hai mai notato gli sguardi adoranti che si scambiano Mitsui e Kogure? O le
occhiate sognanti che Kiyota lancia a Maki?”.
“C…che
cosa?!” è arrossito di nuovo.
Io
continuo a camminare.
“Rukawa,
sei sicuro?”.
“Sicurissimo”.
“E
da cosa?”.
“Io
sono sempre sicuro”.
“Però…”.
Per
un po’ tace, rimuginando sulla novità; intanto siamo arrivati al bivio
dove ci dobbiamo salutare e io appoggio per un attimo la bici che finora
mi sono trascinato dietro; dopo tre settimane ininterrotte, stasera sua
madre è a casa e lui giustamente non può venire a dormire da me.
“Mi
dispiace, Rukawa…”.
“Sopravviveremo”.
“Però
domani mia madre torna al lavoro: si è presa una sera libera solo perché
non ce la faceva più”.
“Ok”
ne sono contento. E’ sorprendente quanto ci si abitui in fretta a
dormire abbracciati al proprio amante.
“Senti,
domani mattina facciamo qualche tiro prima di andare a scuola? Al campetto
intendo, non in palestra”.
“Un
uno- contro- uno?” lo provoco.
“Kitsune,
sei temerario a sfidare il grande tensai! Fatti trovare pronto per le
6.30, così potremo fare con calma”.
“Vediamoci
direttamente al campetto, è inutile che tu venga a prendermi”.
“Ma
scherzi?!”.
“No”.
“Passo
a casa tua alle 6.30”.
“Ti
ho detto di no!” mi innervosisco quando qualcuno mi contraddice.
“Senti,
Rukawa, già mi vedo la scena…Tu esci presto di casa, tutto intontito
dal sonno, monti sulla bici, ti addormenti di nuovo, non vedi una
macchina...e io rimango vedovo!”.
Mi
viene spontaneo: gli tiro un pugno in piena faccia che per poco non lo fa
cadere; lui scatta subito e me lo restituisce di rimando.
“Dannata
volpe! Che ti piglia?!”.
“Modera
i termini! Non sono mica tua moglie…questo pugno era giusto per
ricordartelo”.
“Mai
pensata una cosa simile!”.
“E
meno male…”.
Sakuragi
mi viene vicino e mi bisbiglia all’orecchio: “Non vuoi mai perdere,
vero Rukawa…Argh, ma perché devo tornare a casa? Sapessi quanto ti
desidero…”.
“Credo
di saperlo. A domani” mi volto e monto sulla bici.
“Volpe
glaciale! Vengo a prenderti alle 6. 30”.
Mpf.
Lezione numero uno,
Sakuragi: non mi si deve contraddire. Lezione numero due: se ho deciso che
domani andrò da solo al campetto, così sarà.
Quella
dannata volpe ha fatto di testa sua ed è uscito da solo! Maledizione, la
giornata inizia bene! E sono pure stato metà della notte a rigirarmi fra
le coperte, rimpiangendo Rukawa e il suo calore…un inferno!! Be’, però
non sento sirene di ambulanze e questo è già qualcosa…
Faccio
una corsa e arrivo al campetto…ed eccolo lì il volpino, che sta facendo
dei tiri liberi…
“Rukawa!!
Ti odio quando ti comporti così!” lo aggredisco. Ma poi mi calmo subito
di fronte ai suoi meravigliosi occhi scuri che rendono invidiosa la notte.
“Te
lo avevo detto”.
“ARGH!
Non sopporto quella frase!!”.
Se
credo di scomporlo mi sbaglio: lui fa abilmente ruotare il pallone sulla
punta del dito e mi rivolge quel suo bellissimo sguardo di sfida che mi
eccita e mi esalta.
“Allora,
do’aho, iniziamo?”.
So
che dovrei marcarlo meglio, ma è fantastico l’ardore con cui va a
canestro, il suo corpo si muove elegante e con grazia felina e mi incanto
stupidamente a guardarlo…
Però
poi mi scuoto, perché una delle cosa più belle del nostro rapporto è
questo spronarci a vicenda, questo incitarci a migliorare sempre, questo
perfezionarci INSIEME, sempre insieme, perché siamo rivali e
amanti…Rukawa si irriterebbe e basta se non mi impegnassi. Ma
l’impegno non è sufficiente: anche se detesto ammetterlo la kitsune è
ancora migliore di me e così vince 20 a 14! Che nervi…E ora è davanti
a me e mi guarda ironico e orgoglioso; io lo guardo in cagnesco.
“Do’aho”.
“Stupida
volpe”.
Sembrerebbero
insulti, ma ormai escono dalle nostre labbra come parole d’amore…le
uniche che ci scambiamo: già, c’è ancora questo nodo! Ho una mezza
idea di risolvere il problema questa sera stessa…
“Oi
kitsune, ti vuoi muovere? O hai deciso di non venire a scuola?”.
La
sua risposta mi gela il sangue.
“Devo
aspettare Sendoh”.
“C…che…CHE
COOOSA?!” non è possibile…
“Sì,
mi ha telefonato ieri sera e me ha proposto un uno- contro- uno prima
delle lezioni. Dovrebbe essere qui tra pochi minuti, sono già le 7.00”.
Mi
sento invadere dalla rabbia e penso che potrei anche ammazzare Sendoh!
“Ma
bene! Io mi assento per una sera e tu subito ricevi telefonate e
appuntamenti! E come accidenti ha fatto quell’idiota ad avere il tuo
numero di telefono? Glielo hai dato tu?” se mi risponde di sì, giuro
che lo prendo a schiaffi…
“No,
non so come l’ha avuto. Ma tu, do’aho, di che appuntamento parli? E’
solo una sfida”.
Ha
la voce particolarmente atona, come se non desse importanza alla cosa e se
ne fregasse della mia rabbia.
“Sfida
un corno!!! Sendoh ti spoglia con gli occhi ogni volta che ti guarda e io
non lo sopporto! Almeno gli hai detto di noi?”.
“No”.
“COME,
NO?!?!”.
“Tu
non vuoi che lo sappia nessuno…”
“Ah,
vuoi dire che hai taciuto per farmi un favore?- sto per mettermi a gridare- Allora glielo dico io!”.
“No”
ribatte lui , impassibile.
“Perché
no?” sto urlando infatti.
“Voglio
una sfida regolare con lui. Se vuoi dirgli qualcosa, fallo in un altro
momento. Ora vai a scuola”.
Bastardo,
non darmi ordini…
“Scordatelo,
volpe: non ti lascio da solo con quel pervertito”.
Forse
non dovrei chiamarlo così, in fondo vorrebbe fare con Rukawa quello che
faccio io e io non sono un pervertito.
“Vattene,
Sakuragi”.
Non
dirmi “vattene”, ti prego. Non sopporto di sentire questa parola detta
da te. E detesto che tu mi faccia provare questa paura…questo TERRORE.
Ho il terrore che se mi distraggo anche solo per un attimo tu possa
sfuggirmi via dalle mani come l’aria, ho il terrore di scoprire che è
stato tutto solo una breve parentesi di vita…
“Non
mi muovo di qui” ribadisco.
“Buongiorno”
la voce fastidiosa di Akira Sendoh.
Rukawa
gli fa un cenno col capo, io borbotto: “Lo era prima che arrivassi tu
con i tuoi sorrisi cretini”.
“Che
ci fai qui, Sakuragi?” e infatti eccolo là che sorride come un idiota!
“Faccio
da arbitro” sono un genio! Sì, sono veramente un tensai: voglio vedere
come replica…Con la coda dell’occhio noto che Rukawa scuote la testa
rassegnato.
“Ma
sì, cercati un’altra occupazione per quando non ti faranno più
giocare!” ride Sendoh.
“Imbecille!
Se vuoi finire all’ospedale ti ci mando senza tanti complimenti!”
ringhio. Lui sta per rispondere, ma entrambi sentiamo Rukawa che
tossicchia per attirare l’attenzione. Ok, ok…cominciamo a giocare…
Mi
dà un fastidio incredibile lo sguardo bramoso che Sendoh lancia
continuamente alla mia volpe: credo che se potesse vorrebbe farlo con lui
anche qui, in mezzo al campetto, e lo capisco benissimo. Anche troppo…
Mi
rendo conto che sono gelosissimo: le uniche parole che mi vengono in mente
sono RUKAWA E’ MIO e vorrei gridarle al mondo. Vorrei marchiarlo come
mio, perché il pensiero della kitsune con qualcun altro è sufficiente a
farmi pensare le cose più folli: che può essere solo mio, che non lo
lascerò mai a qualcun altro, che voglio stare con lui per sempre…
Per
sempre…
Ma
ho solo la mia grande volontà per realizzare questo desiderio, non ho
certezze che scaccino i miei dubbi. E se lui…e se il futuro…e se il
mondo…troppi “se”. E’ bruttissima la consapevolezza che ci sono
cose che non dipendono soltanto da noi…
Però
tenere Sendoh lontano da lui posso farlo. Fischio.
“Ehi,
cretino, hai fatto un fallo!”.
Sendoh
mi guarda confuso: “Ma…non l’ho neanche sfiorato!”.
Vorrei
vedere…
“Sei
troppo vicino a lui, porcospino. Allontanati”.
Lui
sgrana gli occhi e Rukawa sospira. E alla fine vince di nuovo la mia volpe
nper 20 a 18: solo un canestro di differenza, ma è sufficiente; so quanto
conti per Rukawa battere chiunque, anche me. Per un lungo, fastidiosissimo
istante Rukawa e Sendoh si fissano negli occhi, poi la mia kitsune mi
rivolge un’ombra di sorriso e inizia ad allontanarsi.
“Ora
puoi dirgli quello che vuoi” mi dice.
Sendoh
ha le orecchie lunghe e sente le sue parole: “Che cosa mi devi dire?”.
Io
mi giro di scatto verso di lui: ho una gran voglia di umiliarlo, di dirgli
che la sua battaglia è persa in partenza perché il meraviglioso ragazzo
per cui sbava ha già scelto me! Ho voglia di guardarlo negli occhi e
dirgli che io ho avuto la soddisfazione che lui non avrà mai, che me lo
sono portato a letto, che l’ho preso fino a farlo gridare…Apro la
bocca con un sorriso cattivo e sto per dirgli davvero tutte queste cose,
ma mi blocco appena in tempo. Non posso farlo…non per il gusto di cedere
alla mia impulsività…non posso svilire il mio amore per lui
vantandomene in modo volgare…è troppo prezioso, troppo bello, troppo
intimo: è qualcosa che merita rispetto e di cui avere cura.
“E
allora?” mi incalza Sendoh, sorridendo.
Lo
fisso in volto, respiro profondamente e gli dico: “Stai lontano da
Rukawa”.
“E
perché dovrei?”.
“Perché…”
cosa gli dico? Che è il mio ragazzo, il mio amante, il mio amico, il mio
mondo?
“Sto
aspettando”.
“Perché
lui è mio. Io e Rukawa stiamo insieme” mi godo la sua faccia stupita e
incredula, poi noto un lampo in quegli occhi sempre sereni.
“Non
è possibile…”
“Perché
non sarebbe possibile? Eh?! Bastardo, credi che nessuno voglia stare con
me? Credi che io non possa innamorarmi?” mi sto incavolando di brutto.
“Sakuragi…-Sendoh
è confuso- …mi sembri serio”.
“SONO
serio. E non sono il buffone che tutti pensano” cioè, sì, forse mi
diverto con le mie spacconate, con le mie battute, ma capisco quando
DAVVERO non è il momento.
“State
insieme?!”.
“Sei
sordo, porcospino?”.
“Ed
è una cosa importante?”.
“Più
di quanto credi” non gli dirò altro, me lo riprometto. Certo che è
importante, grande Sendoh! Così importante che il solo pensiero di
lasciartelo mi fa impazzire…
“Mi
hai capito?- lo minaccio- Stavolta sono stato civile e ti ho avvertito con
le parole: la prossima volta ti riempirò la faccia di pugni” e sorrido.
“Uhm…
facciamo così…io per ora mi tirerò indietro: mi limiterò ad aspettare
che lui ti lasci, va bene?”.
E
sorride di nuovo, questo idiota! E poi come sarebbe che Rukawa mi lascerà?!
Ho solo voglia di spaccargli la faccia: “L’attesa sarà lunga” gli
dico. Be’ mi sono stufato. Gli volto le spalle e me ne vado verso la
scuola. Alle mie spalle, il silenzio.
Parte
quarta.- I ain’t seen nothing like you.
Dopo
gli allenamenti, rimaniamo io e Rukawa in palestra; io sono seduto per
terra e lui ha la testa appoggiata sulle mie gambe. Tanto ormai qui non
entrerà più nessuno per oggi…Rukawa sembra addormentato, io passo le
mani fra i suoi capelli corvini, che mi scivolano come seta tra le dita,
sfioro il suo profilo con un dito, il contorno delle sue labbra, del suo
viso…Mi chiedo come faccia un ragazzo ad essere così bello…Adoro
vederlo dormire, quando i suoi lineamenti sono così rilassati. Passo un
dito sulla sua bocca e lui me lo mordicchia.
“Oi
kitsune, allora sei sveglio?”.
“Hn”.
Gli
accarezzo la guancia, Rukawa si gira appena a guardarmi.
“Hai
parlato con Sendoh poi?”.
“Tu
cosa preferiresti?”.
“A
me non importa”.
Perché
fai così, Rukawa? I miei amici sono espansivi come me, io non sono
abituato a dover cavare di bocca le parole a qualcuno e invece con te devo
sudare sette camicie…Voglio sapere quello che pensi, a tutti i costi,
entro stasera.
“Gli
ho detto che stiamo insieme”.
“Hn”.
“Non
hai proprio niente da dire? Riguarda anche te, sai?- sbraito- Dimmi se ti
va bene o se sei arrabbiato!”.
Rukawa
si solleva e mi si stira addosso, puntandomi in volto due occhi scuri e
brucianti: “Ti sembro arrabbiato?”.
Sento
la sua mano che si infila sotto i miei vestiti e guardo automaticamente
verso la porta. E’ chiusa, certo. L’abbiamo chiusa noi. E poi ormai è
buio, non verrà più nessuno qui. Rukawa mi bacia appassionatamente e io
rispondo con altrettanto ardore, mordendogli le labbra. Dimmi qualcosa,
kitsune, ti prego…
Ma
lui non ha intenzione di parlare; ormai riconosco le sue intenzioni da
quando l’ha fatto per la prima volta sul divano di casa sua: il suo viso
scende lungo il mio corpo e con un movimento veloce mi abbassa i
calzoncini. Io sono eccitato, ma per un attimo mi agito: “Ehi, volpe, ti
sembra il caso…qui, in palestra…”.
“Sì!”.
Riconosco
anche l’urgenza nella sua voce e naturalmente non ho nulla da ridire,
anzi…ad un certo punto non posso fare a meno di premere il suo viso
contro il mio corpo, sforzandomi di non gridare…insomma, sarebbe
imbarazzante se in giro qua fuori ci fossero ancora i membri degli altri
club…
Quando
il suo viso è di nuovo davanti al mio, lo bacio con forza, ma lui si tira
indietro quasi subito.
“Andiamo
a casa” mi dice.
Il
fatto che dica “casa” e non “casa mia” mi piace un sacco, ma non
ho capito se è stata una cosa volontaria o no. Per strada Rukawa pedala
lentamente, con uno sguardo fisso davanti a sé e terribilmente
inespressivo, senza muovere un muscolo del volto. Io ogni tanto lo guardo
di sfuggita e sento che la rabbia mi fa rivoltare lo stomaco. So che non
c’è il vuoto dietro il ghiaccio scuro dei suoi occhi, ormai lo so fin
troppo bene; se solo sapessi andare oltre il suo sguardo, nella sua mente,
nel suo cuore…Non riesco ancora a credere che possa darmi il suo corpo,
ma non voglia dividere i suoi pensieri, i suoi sentimenti. La
conversazione avuta con Sendoh mi ha turbato molto più di quanto
credessi.
MI
LIMITERO’ AD ASPETTARE CHE LUI TI LASCI.
Quella
dannata frase mi è rimasta nella testa e non mi dà pace: perché diavolo
Rukawa dovrebbe lasciarmi? Per lui? O perché io non sono abbastanza e lui
merita qualcosa di meglio? Era questo che cercava di dirmi Sendoh? Be’
che vada all’inferno e ci resti! Il porcospino si sente il migliore, eh?
Forse non ha ancora capito che qui c’è uno solo che può permettersi un
atteggiamento di superiorità e quello non è lui e, mio malgrado, non
sono neanche io…è Rukawa.
Perché
Rukawa è davvero il migliore.
Mi
chiedo se sarà sempre così…se, dopo essermi liberato di Sendoh, dovrò
avere a che fare con altri imbecilli così temerari da pensare di
portarmelo via…senza contare le donne! No, vabbe’…a Rukawa non frega
niente delle donne, almeno spero…
Torno
a sfiorare con lo sguardo il suo profilo perfetto e penso che sì, ci sarà
sempre qualcuno che ci proverà e questo mi manda in bestia, ma mi sento
anche molto orgoglioso, perché LUI ha scelto ME. Però sono anche
tormentato dai dubbi: cosa sarebbe successo se Sendoh mi avesse preceduto
nella dichiarazione? Rukawa ci sarebbe stato? Anche se non me lo dice
apertamente, so che lo trova simpatico e lo stima come giocatore.
Maledizione a me! Devo essere in pieno delirio masochistico, visto che non
riesco a levarmi dalla testa l’immagine di Rukawa tra le braccia di
Sendoh! Dubbio atroce…non avrebbe mica permesso a quel porcospino…?!
No, no…sicuramente no! Non è possibile…Oh, alla fine siamo arrivati a
casa sua. Meno male, ora potrò iniziare un bel discorso con la kitsune:
non vorrei che a furia di tacere gli si atrofizzassero anche le corde
vocali! Lui chiude la porta e io inizio.
“Senti,
Rukawa-“.
“Un
attimo. Devo controllare che abbia funzionato il timer del
videoregistratore”.
Lo
seguo fino al salotto e, mentre lui traffica con l’apparecchio,
l’occhio mi cade sul suo walkman con cuffiette…su una cassetta di
inglese là vicino…Già, l’inglese, l’America…
MI
LIMITERO’ AD ASPETTARE CHE LUI TI LASCI.
Scemo
io che mi preoccupo per Sendoh, eccolo il vero problema! L’America.
Già,
è il suo sogno e come posso io competere con un desiderio così radicato?
Torno a guardarlo, mentre programma altre registrazioni.
“Cosa
c’è di così interessante?” chiedo per distrarmi.
“E’
ricominciato l’NBA”.
Come
non detto…
“Ah,
non lo sapevo” non ne so niente, a dire il vero: per me è già tanto
seguire il campionato scolastico giapponese!
“Non
hai una tua squadra preferita? O un campione preferito?”.
Ma
guarda quanto chiacchiera sull’argomento…
“Non
so neanche come funziona l’NBA” gli spiego.
“Non
è difficile. Riassumendo, le squadre sono divise tra la Eastern
Conference e la Western Conference; la Eastern è composta da Atlantic
Division e Central Division, mentre la Western da Pacific Division e
Midwest Division e in ognuno di questi raggruppamenti giocano sette
squadre”.
“E
tu per chi tifi?” meglio approfondire.
“Il
migliore è senz’altro Michael Jordan e anche la sua squadra, i Chicago
Bulls, è forte, ma parlando per me, voglio giocare in una delle squadre
della Pacific Division. Per esempio nel LA LAKERS, la squadra di Los
Angeles.”
Lo
dice così, tranquillamente…lui VUOLE giocare! Non VORREBBE o GLI
PIACEREBBE, no! Rukawa VUOLE!
Mi
sto inca….ando di brutto!!
Non
può veramente pensare di farmi questo! Che significato avrebbero tutte
queste meravigliose settimane, tutte le promesse silenziose che credevo ci
fossimo fatti? Inizio a tremare leggermente. Sono arrabbiatissimo con lui,
ma lo desidero anche da morire e se non do sfogo alle mie emozioni potrei
anche impazzire del tutto; Rukawa mi scruta in silenzio e comprende, mi fa
un mezzo sorriso, mi dice: “Andiamo di sopra…” sì, andiamo…Ed
eccoci qua. Ci spogliamo a vicenda ed io rimango incantato da lui come la
prima volta…Ma questo non è soltanto sesso, Rukawa, e io devo farti
capire cosa sia per noi.
Siamo
distesi sul futon, io inizio a carezzarlo, a coprirgli il corpo di baci.
Devo fargli capire che non possiamo rinunciare a tutto questo, perderlo
per la strada…Noi siamo fatti per stare insieme. Quando entro dentro di
lui mi colgono sempre le stesse sensazioni di euforia e di calore e penso
che potrei impazzire…Ti guardo in viso, Rukawa, e vedo le tue gote
sempre bianchissime diventare rosse, i tuoi occhi socchiusi, sento i tuoi
gemiti all’unisono con i miei…Davvero, Rukawa, non me ne frega niente
del tuo sogno, non ti permetterò di partire solo perché da anni, da
prima di conoscermi, ti sei fissato con l’America…
Non
puoi farmi conoscere una felicità così grande come quella di stare con
te e poi togliermela, non capisci che è più di quanto possa sopportare?
Se
perderemo tutto questo non ci sarà più niente per noi, me lo dice il mio
istinto e io sono una persona che vive di istinto. Non so che farmene
delle solite frasi fatte, che siamo giovani, che abbiamo tutta la vita
davanti, che ci saranno altri amori, altre esperienze…Non è vero, perché
QUESTO è l’amore. Sei tu. E’ il tuo viso, il tuo corpo. Il tuo
sorriso così raro.
E
l’istinto mi dice che noi due siamo stati di quei fortunati che si sono
trovati subito.
Se
ti perdo, kitsune, non amerò così mai più nessuno ed è una
consapevolezza assoluta e tremenda. Sento molta rabbia nel mio desiderio e
una disperazione che non mi appartiene, ma non mi appartenevano un sacco
di cose prima di avere te. Forse sto davvero perdendo la testa…
Il
mio corpo è più veloce, spingo più profondamente dentro di lui e i suoi
gemiti diventano grida. Forse gli sto facendo male…no, mi sta chiedendo
di continuare…
Ora
siamo davvero una cosa sola. Non potremmo provarlo con nessun altro che
noi, Rukawa, te ne rendi conto?
Alla
fine il piacere arriva al limite: sotto di me, Rukawa grida davvero con
tutto il suo fiato e grido anche io, prima di crollargli addosso.
Accidenti…non era mai stato così…assoluto…
Ho
la testa nell’incavo della sua spalla, la sua pelle è umida ma non
perde mai quel profumo seducente; poi sento le sue mani che mi accarezzano
i capelli e la sua voce, lenta e affannata: “Prima o poi i miei vicini
chiameranno la polizia”.
In
un altro momento riderei, ma ora sono sfinito. Lo stringo forte a me, il
cuore mi sta scoppiando d’amore…Devo dirglielo, ma c’è
quest’altro problema…
“Do’aho,
che hai?”.
Si
è accorto anche lui, bene! Coraggio, Hanamichi, ora o mai più! Posso
farcela! Rotolo al suo fianco e respiro profondamente, poi con uno sforzo
mi metto a sedere.
“Ricordi
quella conversazione che abbiamo avuto la seconda volta che ti sono
piombato qui in casa?”.
“Su
mio padre?” Rukawa tira la coperta su di noi, poi si sdraia.
“No,
sull’America”.
“Hn”.
“Allora,
ti ricordi?” insisto. Stavolta non te la caverai con il silenzio.
“Sì”.
“Continui
a dire di non avere motivi per restare?”.
“E
tu?”.
Questa
non me l’aspettavo…
“Come,
scusa?” gli chiedo.
Rukawa
si mette a sedere e risponde con una tale prontezza che capisco che deve
averci già pensato a questo discorso, anche prima di affrontarlo con me.
“Tu
hai dei motivi per restare?”.
“Be’
io ho te!” mi sto inca….ando di nuovo.
“Parti
con me”.
Rukawa
lo dice con una voce pacata ma ferma e mi lascia senza fiato. Io, lui,
l’America…
“Che
dici, volpe?!” credo di avere una faccia molto cretina.
Lo
sguardo di Rukawa si fa intenso: “Non siamo più bambini, testa rossa.
Siamo al secondo anno, ci sono decisioni che non si possono prendere
all’ultimo minuto, vanno preparate e programmate. E comunque la mia
partenza non è imminente…”.
“Ah,
no?”.
“Devo
diventare il numero uno del Giappone entro la fine delle superiori: poi
partirò. In America è pieno di campetti da basket, lì è molto più
facile arrivare al professionismo. Sto dicendo che avrò molti più
avversari e rivali, ma io voglio riuscire a giocare nel Madison Square
Garden e devo arrivare in America essendo già il numero uno QUI.”
“Già,
e io che c’entro in tutto questo?” gli chiedo con rabbia.
“Tu
puoi farcela. Se venissi con me, potresti giocare anche tu in America.
E’ vero che non sei ancora al mio livello, ma puoi farcela”.
“COME
NON SONO AL TUO…eh? Hai…hai detto che posso…farcela?”.
Non
lo sopporto quando parla così, ma è anche la prima volta che mi
incoraggia apertamente. Rukawa rimane serissimo: “Certo. Hai delle
potenzialità incredibili…Te lo ripeto, non siamo più bambini: dobbiamo
pensare a costruire il nostro futuro e tu devi decidere quale ruolo vuoi
che abbia il basket nella tua vita una volta finite le superiori. Vuoi
finirla qui? Vuoi che entri nell’album dei ricordi? Io non credo. So che
non te l’ho mai detto, ma sei un bravo giocatore: perché non vuoi
puntare in alto? Perché non vuoi mirare al massimo? Nel basket, a livello
mondiale, il massimo è l’NBA, è giocare almeno una volta al Madison
Square Garden. Vieni a studiare con me in America, quando sarà il
momento, e riusciremo insieme!”.
Rukawa
tace e io ho il cuore in gola. E’ la prima volta che mi parla così! Mi
sta spronando, mi sta dicendo che ce la posso fare ad arrivare al vertice!
Certo, lui è fatto così, lui punta sempre al vertice, per natura: è un
vincente e naturalmente ha riconosciuto nel grande tensai un altro
vincente! Ma non ho mai pensato seriamente al mio futuro, mi ci sta
costringendo Rukawa. In America…con lui…che idea
meravigliosa ! Io e lui nella terra della libertà…E ha ragione:
posso farcela! Nessuno se lo aspettava, ma sono diventato un campione;
nessuno lo avrebbe creduto possibile, ma ora sto con la volpe di
ghiaccio…Posso fare tutto quello che voglio, io sono il tensai! Ma ho
dei dubbi…
“C’è
un problema” dico. Uno solo?!
“Sarebbe?”.
“Kitsune,
forse tuo padre ti darà ai nervi, ma non c’è dubbio che quando vorrai
partire ti metterà in mano un biglietto aereo di prima classe e ti
staccherà un bell’assegno in bianco. E io con quali soldi dovrei
cavarmela?”.
Rukawa
non batte ciglio: “Esistono le borse di studio”.
E’
proprio una stupida volpe, l’ho sempre detto…
“Ah,
ecco! Ora è tutto risolto…anzi, sai che ne stanno istituendo una a mio
nome? E’ per gli studenti che non arrivano quasi alla
sufficienza…Andiamo, kitsune, li conosci i miei voti!” sbotto.
“Puoi
migliorarli tutti. Studieremo insieme”.
“Ehi,
mi prendi in giro? I tuoi voti sono simili ai miei!”.
“Io
non vado male a scuola perché non sono intelligente, ma perché non mi
interessa”.
Quando
la sua voce diventa così atona mi vengono i nervi!
“Forse
dovrei preoccuparmi, Rukawa: non è normale questa tua fissazione
ossessiva per le poche cosa che ti piacciono e questo tuo menefreghismo
assoluto verso tutto il resto…”.
La
mia volpe si protende e mi
bacia sulle labbra con delicatezza, poi mormora: “Io metto passione solo
nelle cose che amo, dovresti saperlo…”.
Che
AMA?! Ha…usato QUEL verbo?! Ma prima che possa chiedergli qualcosa, lui
continua: “Cos’è ? Il grande tensai crede di non poter migliorare il
suo rendimento scolastico?”.
“COOOOSA?!
Con chi credi di parlare, stupida volpe, se mi ci metto posso diventare il
più bravo della scuola!!”.
“Dimostramelo”.
“Ma
certo che te lo dimostrerò! Però…”.
“Cosa
c’è ancora?” sembra irritato.
“Io
non parlo inglese…”.
“Te
lo insegnerò io. O credi di non esserne capace?”.
“Non
sottovalutarmi, kitsune! Se la metti così, oltre all’inglese, imparerò
anche il francese e lo spagnolo!” proclamo.
“Vacci
piano! Che credi di fare? Non parli bene neanche la nostra lingua…”.
“Vai
al diavolo, Rukawa!”.
“Dimostrami
tutte queste cose. Promettimelo”.
Rukawa
è serissimo. Aveva una risposta per ogni mia obiezione, deve averci
pensato a lungo e questo mi fa capire una cosa: che andare in America è
il suo sogno e che ora ne faccio parte anch’io…Sembra che ci tenga
tantissimo.
“Prometti
che farai di tutto per partire con me” ripete, con il suo bellissimo
viso serio.
Come
faccio a dirti di no, volpacchiotto?
“Te
lo prometto” e ne sono sicuro.
E
Rukawa sorride. Sorride in quel modo che mi dà i brividi e mi dona pace e
serenità, perché quando lo vedo sorridere so che tutto andrà bene. Ok,
ho deciso. Ora.
“Devo
dirti una cosa, Rukawa” inizio.
Lui
mi lancia uno sguardo interrogativo.
“E’
il motivo per cui mi impegnerò per il nostro futuro e anche perché oggi
ero così arrabbiato e geloso…- prendo fiato e mi faccio forza- Rukawa,
io non potrei passare un giorno lontano da te, figuriamoci mesi e mesi!
Stanotte, da solo, è stato un inferno. Non faccio che pensarti, che
volerti vicino, anche solo per allenarci…Io non potrei mai lasciarti a
qualcun altro o farti partire così…senza provare a tutti i costi a
seguirti”.
Mi
fermo un attimo, poi lo guardo dritto negli occhi: “Ti amo da impazzire,
Kaede”.
Lui
sgrana gli occhi: “Eh?”.
“Sì.
Ora prendimi pure in giro, chiamami do’aho, forse hai ragione…Ma sei
la cosa più bella della mia vita e io dovevo dirtelo. Ti amo, Kaede”.
Non mi sono mai
pentito di aver fatto l’amore con te, sai Hanamichi?
I dubbi che potevo
avere li hai spazzati via . E non mi sono neanche mai pentito di averti
offerto tutto me stesso. Era una sfida anche quella e io l’ho vinta:
prima mi piaceva sentirmi solo e forte, credevo che concedere QUELLO fosse
da persone deboli e sottomesse, che non si vergognavano di farsi umiliare.
Ma non conoscevo né te né l’amore e ora invece so cosa si prova ad
amare ed essere amati.
Te ne sei accorto,
vero, la prima volta?
All’inizio non è
stato facile sentirti dentro di me, non lo è stato per niente…ti avrei
tirato un pugno! Non mi piace il dolore, non piace a nessuno; ma poi ho
avvertito tutto l’amore che riversavi su di me, la tenerezza con cui ti
preoccupavi di non farmi male, ed erano tutte novità per me…E quando mi
sono lasciato andare ho provato tutto quel piacere…
Ora sono veramente
forte.
Lo sono perché ho
capito che l’amore non mi avrebbe indebolito, lo sono perché ora so
che posso darti il mio corpo senza per questo essere sottomesso,
perché fra chi si ama non c’è sottomissione. Ora non ho davvero paura
di niente ed è questo che mi rende più forte di prima. TU mi hai reso
ancora più forte.
Mi sono innamorato
di te, lo sai testa rossa? Solo che le parole non mi escono di
bocca…Vorrei riuscire a fartelo comprendere in un altro modo, dovresti
capirlo quando facciamo l’amore e io ti grido di farlo con più forza,
perché ormai ho bisogno di te nel mio corpo, ho bisogno di sentirti
dentro di me in profondità, per questo ti chiedo di spingere fino a farmi
gridare…Non ho più paura di quel dolore, perché so che porta il
piacere con sé; non posso aver paura di un atto d’amore; non ho paura
perché so che non può farmi veramente male qualcosa che mi viene da te.
E tu infatti mi senti gemere, vedi tutto il mio piacere e il mio
appagamento…In quei momenti, quando siamo uniti anima e corpo, so che il
mondo non potrà mai mettersi in mezzo. Credevi davvero che sarei partito
così? Senza pensare a te, magari di punto in bianco? Sei un ingenuo,
Hanamichi. Io sono tuo, è vero, ma anche TU sei MIO. Non hai ancora visto
la mia possessività, ma prima o poi capirai quanto possa essere grande.
In questo sono proprio come una volpe: con ciò che amo, con ciò a cui
tengo ho il rapporto che ha una volpe con la sua tana…guai a chi prova
ad entrare! Quindi non sperare di sfuggirmi…Ovunque io vada, tu verrai
con me, te lo assicuro. Forse sto sbagliando a non dirti tutto questo, in
effetti potrei anche sprecarmi a farmi uscire un po’ di parole, ma non
è da me…Finché…
“Ti amo da
impazzire, Kaede”.
“Eh?” è tutto
quello che mi viene in mente.
“Sì, ora prendimi
pure in giro, chiamami do’aho, forse hai ragione…Ma sei la cosa più
bella della mia vita e io dovevo dirtelo. Ti amo, Kaede”.
Tre semplici parole,
eppure mi sconvolgono.
Non avevo mai
pensato che qualcuno potesse dirmele, so di non avere un gran
carattere…e non me ne importava niente! Certe cose patetiche le lasciavo
agli altri. Sono sempre stato chiuso a tutto questo, ma ora, alle tue
parole semplici e innocenti, sento che finalmente il nodo che avevo dentro
si sta sciogliendo del tutto…lentamente il mio cuore si sta aprendo…
Avverto un bruciore
fastidioso agli occhi. Ma che cos’è?! Questa è una sensazione che mi
è estranea, fatico a ricordarla…
Lacrime.
Non è possibile, io
non ho pianto neanche per la morte di mia madre, l’ultima volta che
l’ho fatto andavo all’asilo, poi mio padre con la sua solita
gentilezza mi sgridò, dicendo che i maschi non devono piangere mai e io
l’ho preso in parola. Finora.
La dolcezza di
Hanamichi mi ha commosso, ma io non voglio che nessuno mi veda mai
piangere; respiro profondamente e mi calmo, ma sento che una lacrima sta
scivolando ugualmente sulla mia guancia. Alzo una mano per asciugarmela,
ma lui è velocissimo nell’afferrarmi il polso per impedirmelo.
“Aspetta, kitsune”.
“Cosa c’è?”.
Hanamichi si
protende e mi bacia sulla guancia, lì dove c’era la lacrima; vedo le
sue labbra diventare appena umide.
“Mi hai detto che
non piangevi da anni e anni”.
“Dall’asilo, da
un’altra vita” rispondo.
“Allora questa
lacrima era troppo importante perché tu la asciugassi in fretta con la
mano…adesso invece è sulla mia bocca” e si lecca le labbra, come a
voler sentire quel sapore salato. Io lo guardo: mi sono innamorato di un
tenero teppista, attaccabrighe, aggressivo ed impulsivo, di un do’aho
che ha in sé una dolcezza profonda e una sensibilità incredibile quando
vuole…forse ci siamo trovati anche perché abbiamo capito che nessuno
dei due è proprio come mostra al mondo.
Qualche tempo fa
avevo pensato che dirti quelle tre parole sarebbe stato come legare a te
la mia anima oltre che il mio corpo, ma ora il nodo si è sciolto ed io
sono felice.
Ti abbraccio in
silenzio, poi, mentre sento le tue mani calde su di me, ti mormoro:
“Ti amo,
Hanamichi”.
Lui si muove di
scatto, vuole guardarmi in viso, mi mette una mano sotto il mento quasi
avesse paura di perdere il contatto con i miei occhi.
“Dimmelo di
nuovo”.
“Ti amo,
Hanamichi”.
E lui mi abbraccia
forte forte.
Tenerezza e
desiderio si fondono nella nostra stretta, le mani di Hanamichi mi
accarezzano con passione e io provo di nuovo quel bisogno intenso di
averlo dentro di me, voglio dirgli che lo amo in quel momento di unione
totale…Sento il cuore che mi batte all’impazzata: non avevo mai
provato tante emozioni in vita mia…mi sdraio, tirandolo giù con me, e
glielo sussurro: “Prendimi ora, di nuovo…”.
“Non hai neanche
bisogno di chiedermelo…”.
Lo so, so che stai
bene nel mio corpo, che sembra fatto apposta per accoglierti. Fallo
ora…dammi quella forza che mi viene dal tuo amore…
“Fammi
gridare…” ti chiedo.
Sembro un’altra
persona rispetto a poche settimane fa, vero? Ma non è così, sono sempre
io, ero così anche prima, ma capisco ora che solo una persona sincera e
vera come te poteva arrivare a capirlo. Socchiudo gli occhi e ti vedo
mentre mi guardi. Fai l’amore con me e mi guardi. E io provo un senso di
forza e di esultanza, perché vedo quanto desiderio, quanto bisogno di me
c’è nel tuo sguardo…
Non ne hai mai
abbastanza di me, lo capisco da come mi tocchi; ogni carezza mi dice che
ti ho in mio potere, perché ormai non puoi più fare a meno di me…e di
nuovo mi sento così forte…
“Ti amo,
Hanamichi”.
Ecco, te l’ho
detto mentre i nostri corpi sono uniti, perché lo siano anche le nostre
anime. Anima e corpo. Per sempre.
“Ti amo, Kaede”.
Adoro come pronunci
il mio nome…
Sono le ultime
parole che sento prima che il piacere diventi così grande da non poterlo
controllare…
Riposiamo
abbracciati, la pelle ancora umida per la doccia che ci siamo fatti.
Vorrei addormentarmi, ma Hanamichi non ne vuole proprio sapere di
lasciarmi dormire!
Appena chiudo gli
occhi mi bacia o mi accarezza una guancia o mi stringe così forte da
soffocarmi. Lo so…non vuole lasciar andare via le ore di questa notte
importantissima…
“Oi kitsune, quasi
non riesco a crederci!”.
“Hn”.
“Hai visto, hai
visto…ci siamo rivelati i nostri sentimenti!” Hanamichi è raggiante.
“Lo so”.
“E abbiamo anche
preso decisioni per il nostro futuro!”.
“Già”.
“Eh eh, lo vedi?
Questo vuol dire che sto crescendo, no?” e ride.
E’ vero, il mio
solito rimprovero: che ha dispetto della sua età e della sua forza non si
decideva mai a crescere e a comportarsi in modo maturo.
“Sto crescendo,
no?” chiede di nuovo, di fronte al mio silenzio.
“No” dico io.
“Ma come no?!?!”
Hanamichi ci rimane malissimo, vedo che sta per imbronciarsi. Io gli poso
un dito sulla bocca per farlo tacere e sorrido fra le sue braccia, gli
regalo uno di quei sorrisi che lo fanno arrossire.
Poi gli mormoro:
“Vuol dire che stiamo crescendo insieme”.
Fine
(per ora? ^^).
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