NOTE: i personaggi sono tutti miei, questo
collegio non esiste nella realtà o, se esiste, non ne sono a conoscenza!
In nome del
padre parte
IV
di Dhely
Jessy si passò una mano leggera fra i capelli chiari modulando sulle
labbra un lieve sorriso, in una specie di silente risposta al piegarsi
delle labbra di Mark, un'espressione bella e luminosa, ma fredda come il
marmo.
Lo aveva osservato a lungo, da lontano, quel suo collega di studi
che all'inizio gli era parso un insegnante, e la cosa non aveva stupito
nessuno. Quel ragazzo pareva vivere circondato dallo sguardo di tutti,
senza che la cosa gli desse un particolare piacere, o fastidio. Jessy non
era certo di comprenderlo. Sapeva come ci si sentiva al centro
dell'attenzione, sapeva cos'era essere sotto gli occhi di tutti, sempre
giudicato, e guardato e scrutato, e non era certo che fosse una cosa
positiva. Mark invece..
"Un artista! Ma dai! - un ragazzo che rideva insieme a un gruppo di
altri suoi coetanei, indicando Jessy in disparte, a voce ben alta in modo
che tutti quelli che erano nella sala lo udissero - Un finocchietto direi!
L'hai guardato bene?!"
Risate, Jessy arricciò appena il naso in un gesto di fastidio mascherato
e li fissò, schernendoli con uno sguardo così acido che di solito
bastava per far tacere chiunque. Di solito.
"Ehi, frocetto? Cos'hai da guardare? Non avrai qualcosa da dirmi e ti
vergogni, vero?"
Altre risate. Jessy digrignò i denti mettendosi lentamente in piedi,
infilandosi le mani, pesantemente, nelle tasche. Ma si stupì tanto quanto
gli altri della sottile ma salda presenza che improvvisamente si parò tra
di loro.
Mark gli dava le spalle, ora, i suoi capelli color rame poggiavano sulle
sue spalle dritte, non intimorito da nulla e da nessuno, eppure senza una
sola ombra di aggressività nei confronti degli altri, come se non
sentisse necessario preoccuparsi eccessivamente in quel caso. Ma la sua
voce non dava adito a dubbi.
"Fred? Dì ai tuoi amici di lasciare in pace gli altri studenti. E
ricordati di mantenere un linguaggio adeguato al luogo in cui sei."
Lieve irritazione. Talmente sottile da essere quasi impalpabile, ma
assolutamente presente. Tutti tacquero come se avesse urlato, come se
avesse detto chissà che. Se l'avesse detto chiunque altro non ci
avrebbero neppure fatto caso, ma Mark ..Jessy aggrottò appena la fronte.
Aveva un modo così strano e .. *imperioso* di rivolgersi agli altri .. in
quel momento gli ricordò assolutamente suo padre. La cosa non gli fece
piacere ma non riuscì a dir nulla.
Mark si voltò senza un'altra parola, allontanandosi lentamente,
continuando a fare quello che, probabilmente stava facendo prima che lo
interrompessero. Anche Jessy si stupì dal riprendere a respirare. Il
gruppo di ragazzi si guadavano l'un l'altro scuotendo piano il capo,
bisbigliando qualcosa. Qualunque cosa fosse, non gli piaceva.
Affatto.
Ma sobbalzò a sentire una mano posarglisi su una spalla, un volto
sottile, uno sguardo scintillante dietro gli occhiali leggeri.
"Lasciali perdere. Andiamo."
Titubò indeciso se scagliarsi contro quell'arrogante che aveva osato
rivolgersi a lui in quel modo oppure seguire la calma promessa del ragazzo
che nessuno gli aveva ancora presentato.
Scosse il capo, pensando a Matt: se lui fosse stato lì gli avrebbe
chiesto di andarsene, che quel Fred non avrebbe dovuto interessarlo, che
non doveva mettersi nei guai. Se lo avessero cacciato fuori da quel
collegio, suo padre l'avrebbe sbattuto in capo al mondo e avrebbe davvero
fatto in modo che non lo potesse più incontrare.
Un sorriso amaro. Suo padre l'aveva giurato, ergo: l'avrebbe fatto.
Scosse di nuovo il capo seguendo in silenzio il ragazzo che lo osservava
non proprio convinto, ma quello sguardo gli scivolò addosso come fa
l'acqua sul dorso di un'anatra.
===
Matt socchiuse appena un occhio, colpito in pieno da un raggio di sole che
filtrava dalla finestra socchiusa. Mugolò qualcosa, una frase smozzicata
e infastidita, prima di infilare il capo sotto il lenzuolo. Al suo fianco
un corpo tiepido si tese, cercandolo con una mano tesa.
Aprì appena un occhio, velato da una ciocca bionda. Chi diavolo era
quello?
Ah sì .. ricordò indistintamente la sera precedente, lui con la band che
erano a suonare in un locale dove non erano mai andati, e dove si era
trovato di fronte a quella meraviglia, quel ragazzino dai capelli scuri
che aveva un qualcosa di simile a uno zingaro, o per lo meno, all'idea
romantica che aveva lui di uno zingaro. Nervoso, scuro, abbronzato,
flessuoso e duro. Gli zigomi risaltavano nel volto sottile che lo stava
fissando con gli occhi affamati, pieni di vita.
Matt sbuffò.
Che palle.
Si tirò a sedere passandosi una mano fra i capelli.
"Vuoi un caffè?"
Non si ricordava neppure come si chiamava, non che la cosa fosse un gran
problema.
Il giovano sconosciuto scosse il capo tirandosi le braccia sul capo, poi
sbadigliò.
"No grazie. E' tardi, mi sa che devo andare. - si vestì a tempo di
record poi gli scoccò un sorriso che sembrava quasi timido. Matt sapeva
bene cosa quel ragazzino stava aspettando: un suo cenno, una mossa, una
parola, una richiesta, qualcosa, qualsiasi cosa che gli permettesse di
rimanere legato a lui. - Se mi ..se ci scambiamo il cellulare, magari
.."
Matt lo fissò sollevando un sopracciglio poi sorrise stringendosi nelle
spalle.
"Sì, lasciami il tuo, ti chiamerò."
Mai, ovvio.
Lui non era scemo e anche il ragazzino pareva averlo capito. Una ombra di
tristezza gli passò sugli occhi poi sospirò non aggiungendo un'altra
parola.
Matt attese in silenzio di udirlo uscire dall'appartamento, chiudendo la
porta dietro di sé e si permise di sospirare crollando sul materasso.
Non era nato per fare il santo, no. Quando Jessy se ne era andato, uscendo
in quella maniera spettacolare dalla sua vita, con le lacrime agli occhi e
strappandogli la promessa di rimanere in contatto lui ci era rimasto un
po' male, poi si era stretto nelle spalle. Sì, come no! Jessy era solo un
altro ragazzino, uno dei tanti. Era bello, e aveva altre meravigliose
buone qualità ma non era nulla di speciale, no?
A quanto pareva no.
Gli aveva distrutto la vita.
Gli aveva sconvolto la mente.
Allungò la mano, le sue dita sfiorarono il pacchetto di sigarette, ne
estrasse una ma, prima di portarsela alle labbra la fissò come se fosse
stupito da vedere quel cilindro bianco e aromatico.
Scosse di nuovo il capo gettandola di lato, sul pavimento.
Solo perché aveva bisogno di scopare con una certa frequenza, solo
perché sentiva la necessità di tenere un corpo sottile fra le braccia
non significava che non avesse una sola persona fissa in mente. Della cosa
non ne era particolarmente orgoglioso ma aveva anche scoperto di non
poterci fare proprio nulla.
SI alzò sbuffando.
Una doccia, poi un caffè, ecco di cosa aveva bisogno. E poi si sarebbe
messo a scrivere. Come sempre dopo una notte di sesso si sentiva ispirato.
E come sempre avrebbe scritto canzoni che nella sua mente avrebbero potuto
essere cantate da una sola persona. .
===
"Ha un ragazzo ed è innamorato come uno scemo."
Mark sorrise mettendosi più comodo alla sedia della propria scrivania.
"Interessante. E chi sarebbe il fortunato?"
Immanuel sospirò ridendo sornione.
"Non ne ho idea, non lo so, non me l'ha propriamente detto."
"No?"
Immanuel rise di nuovo.
"Diciamo che è tutta questione d'intuito."
"Interessante, un pomeriggio di conversazione con un perfetto
sconosciuto e di lui hai già intuizioni così definite? - lo schernì con
uno strano sorriso sghembo sulle labbra - Te l'ho detto fin dall'inizio
che vi vedevo bene insieme, no?"
Immanuel scosse il capo con forza.
"Dì piuttosto che lo sapevi di averlo già colpito in questo modo,
mi ha chiesto tutto di te! - gli puntò contro un dito inquisitorio -
Sapevo che facevi questo effetto sui nuovi arrivati, ma temo che con lui
sia premeditato! Confessalo!"
Gli si avvicinò d'un passo e poi, come un cucciolo ammaestrato sospirò,
sedendosi sul pavimento ai suoi piedi. Mark preferiva utilizzare il
termine 'accucciarsi'. Immanuel arcuò il collo, appoggiandogli la fronte
a un ginocchio, pregando in silenzio per una carezza, o un tocco purché
fosse. No lo guardava, non teneva neppure il volto sollevato, aspettava in
silenzio come un cagnolino che pregasse per la sua dose di coccole
meritate dopo un addestramento.
Sapeva che non avrebbe dovuto vedere Immanuel sotto quella luce, forse
nutriva una sorta di rimorso per certi suoi pensieri ma . . sorrise
posandogli una mano fra i capelli, lisciandoglieli leggermente, con
dolcezza. Lo sentiva tendersi e tremare appena, quasi vergognoso di quella
sua reazione e il fatto che non fosse una reazione inaspettata non
significava che non fosse deliziosa.
"Ti piace?"
Immanuel si strinse le spalle, gli occhi strettamente chiusi. Non gli
piaceva pensare a qualcun altro quando era con Mark, quando gli era così
vicino, neppure quando era lui stesso a chiederglielo.
"Mhm . . l'hai visto. E' carino."
Si stupì nel sentire Mark ridere.
"L'ho visto Immanuel! - si chinò su di lui passandogli una mano
sotto il mento, obbligandolo a sollevare il capo, fissando gli occhi in
quelli di lui - L'ho visto e non direi che è carino. Credo che sia
..bello. Uno dei ragazzi più belli che io abbia mai visto. Tu sei stato
forse più fortunato?"
Immanuel sbatté le palpebre, lentamente, con una dolcezza estenuante.
Trattenne il fiato quando vide le dita sottili dell'altro sfiorargli una
guancia per poi sfilargli gli occhiali per appoggiarli sulla scrivania lì
accanto. Gli sorrise, incantevole e incantato.
"Sono stato decisamente fortunato, Mark."
Non aggiunse altro, non gli permise di fare altro perché in quel momento
non voleva.
Aveva ragione Mark, Jessy era bello ..ma forse era più che bello. Aveva
qualcosa . . qualcosa di affascinante ed eccitante, di stranamente
impalpabile. Era difficile, stancante stargli accanto, anche semplicemente
a cercare di parlare in maniera amichevole, le sue mani, i suoi occhi che
lampeggiavano, il suo corpo sottile era qualcosa che difficilmente si
poteva non notare. Jessy era un attentato vivente a. . a.. bhè. .
Immanuel non aveva mai provato tanta eccitazione sessuale stando al fianco
di una persona che non fosse quella che amava, e ora che aveva Mark sotto
le mani. .
Si mise in ginocchio sciogliendosi dal suo tocco e fece correre le dita
alla zip dei calzoni. Non sollevò lo guardo, anche se avrebbe voluto
perdersi in quelle iridi che si stavano di certo sciogliendo nel piacere.
Non gli importava di nulla né di nessuno che non fosse Mark. E in quel
momento voleva solo ..berlo.
Non indossava nullo sotto i calzoni, come il suo solito ..era il loro
gioco, lo era da anni. Quando uno dei due desiderava l'altro semplicemente
non indossava la biancheria. Succedeva molto spesso, a dire il vero, ma
Immanuel si stupiva sempre di trovare nell'altro uno specchio del suo
proprio desiderio.
Dischiuse le labbra facendole scivolare su quel sesso già lucido di
eccitazione, prese un lungo respiro prima di iniziare a muoversi avanti e
indietro, su e giù con un ritmo lento, spezzato, per tormentarlo, per
sentirlo gemere e chiamare il suo nome. Bastava quell'immagine perché il
proprio sesso gli si gonfiasse nei calzoni, bastava l'idea di quel suono
che avrebbe potuto avere un orgasmo lì, immediatamente.
Le dita di Mark si strinsero intorno ai suoi capelli, tirandoglieli,
dandogli il ritmo. La lingua di Immanuel, leggera e scivolosa, lo
tormentava in continuazione e in continuazione mutava ritmo per
torturarlo.
Mark si morse un labbro lasciandosi andare contro lo schienale della
sedia. Quel capo fra le gambe che lo accarezzava sempre più rapido, le
labbra, la lingua . . oh dio, quella lingua!
" . . Manuel . . piano .."
Lo sentì sorridere sollevandosi da lui, lasciandolo libero, facendolo
sentire nudo come mai s'era sentito prima. Vide il suo volto appena sporto
per coprire il proprio sesso, le sue dita che lo stringevano, una mano
infilata, lieve sotto la camicia, a sfiorargli l'addome, leggere carezze
circolari, eccitanti.
"Perché dovrei andare piano?"
Sorrise, adorava quando quegli occhi verdi diventavano le polle verdi e
tenere, piene di passione e desiderio. Non gli lasciò rispondere,
abbassò di nuovo il capo ritornando al proprio compito.
Piccoli colpi di lingua, poi una serie di baci e carezze sfuggitegli dalla
punta delle dita. E riprese a succhiare lentamente.
E altrettanto lentamente il corpo sotto il suo si tese, tremando e si
rilasciò tentando di soffocare un gemito sussurrato. La bocca di Immanuel
si riempì del seme salmastro di Mark. Non gli piaceva quel sapore, quella
consistenza, l'altro lo sapeva, ma in quel momento non gli importava.
Deglutì tutto e succhiò di nuovo e di nuovo, quasi con furia, finché
l'altro non l'allontanò delicatamente, con un sospiro.
Immanuel osò sollevare appena la fronte e lo vide con il capo reclinato
di lato, un sorriso trasparente sulle labbra, mentre lo fissava da sotto
le ciglia.
Una mano gli sfiorò le guance, facendolo arrossire come se fosse un
ragazzino colto a fare una marachella.
"E questo che significa? - Mark si umettò le labbra -- E' forse un
invito?"
Immanuel sorrise di nuovo, seguendo lo sguardo di Mark scivolare sul
copriletto ancora immacolato che copriva il materasso a pochi palmi da
loro.
"Guarda tu."
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