NOTE: i personaggi sono miei!
In nome del
padre parte
III
di Dhely
La stanza di un collegio, identica a centinaia d'altre. Immanuel la
conosceva, non era diversa dalla propria. Non era diversa di quella di
qualunque altro. Ma Mark non era 'chiunque'.
Mark aveva uno strano modo di .. di esistere. Doveva essere il suo
carattere, il suo semplice essere. Non si atteggiava a persona arrogante,
era sempre e solo se stesso, era forte, deciso. I suoi dubbi se li
sbrogliava da solo, di fronte al mondo pareva sempre saldo e certissimo,
forte, e la sua forza gli era qualcosa di così naturale e incantevole che
il mondo stesso pareva sempre sul punto di perdersi nella contemplazione
delle sue azioni. E ogni cosa che gli appartenesse risplendeva, in qualche
modo, dell'impronta del suo spirito.
Così come quella stanza. Unica, nell'essere identica a tutte le altre.
Immanuel, seduto sul pavimento, sospirò poggiando sul copriletto scuro il
plico di fogli dattiloscritti, fitti fitti, intrecciando le dita sopra il
capo, tirando le gambe lungo il pavimento. Sollevò appena lo sguardo per
vedere Mark sul letto, le gambe incrociate, gli occhi semichiusi e le
labbra che si muovevano piano, a ripetere in silenzio, tra se' e se' chissà
cosa. Quegli occhi verdi scintillarono appena notando lo sguardo
dell'altro, si scosse, regalandogli la sua attenzione.
"Già finito?"
Immanuel si strinse nelle spalle soffocando uno sbadiglio.
"Oggi non riesco a concentrarmi."
Vide le sue mani sottili infilarsi fra i riccioli rossi e un piccolo
sorriso dipingerglisi sulle labbra mentre, con lo sguardo, si cercava
l'orologio sul polso.
Era tardi, quasi mezzanotte. Si stropicciò appena un occhio poi sospirò,
lasciandosi andare sul copriletto.
"Non mi sono reso conto del passare del tempo. - appoggiò i libri
che aveva in grembo giù, sul pavimento - Domattina non voglio pensare che
ho quattro ore di laboratorio .. "
Immanuel sorrise.
"Non dirmelo! - appoggiò il mento sul palmo delle mani - Mi pare di
udire il genio del collegio che si sta lamentando!"
Lo sentì sorridere sottovoce, poi si voltò verso di lui, regalandogli
uno strano sguardo da sotto le lunghe ciglia che scintillò verde. Verde
come l'assenzio, liquido, gelido, in cui era fin troppo facile perdersi e
affogare.
Allungò una mano e gli sfiorò i capelli scuri, neri come ali di corvo,
un nuovo sorriso a strappargli un tremito, poi si ritrasse, coricandosi di
nuovo sulla schiena, le braccia intrecciate dietro la nuca.
"Visto che non riesci a concentrarti, mi piacerebbe sapere a che
pensavi."
Immanuel si sentì come se la gola gli si fosse seccata sul colpo. Si
oscurò aggrottando la fronte.
"Non vedo perché dovrei stare pensando a qualcosa. Sono solo stanco,
si vede."
Mark lo sfiorò con un lungo, silente sguardo, poi sorrise di nuovo.
"Sai invece a cosa pensavo io? - si mise seduto, puntellandosi su un
gomito.- Tu e Jessy sareste proprio belli insieme."
Immanuel sobbalzò come se l'avessero colpito fisicamente. Jessy?! Sempre
Jessy! Sempre lui! Ma come poteva Mark passare la sua giornata a pensare a
quel . .
"Non mi piace, lo sai!"
Mark rise, socchiudendo appena gli occhi. Tese una mano sfiorandogli
leggero le labbra imbronciate. Scivolò sul bordo del letto, chinandosi su
di lui, un bacio appena accennato, leggero, come una promessa non
mantenuta. Immanuel sollevò le braccia per tenerlo vicino, ma non ci
riuscì, l'altro si ritrasse rapidamente, elegante, ritornando al suo
posto con una espressione divertita dipinta sul volto.
"Peccato. - scosse appena il capo posandosi una mano sul ventre. La
camicia della divisa era sgualcita, candida eppur sfregiata dalle pieghe
che gli sfuggiva dai pantaloni, un paio di bottoni aperti che lasciavano
intravedere la pelle sottostante. Immanuel scosse appena il capo -
Continuo a pensare che sarebbe delizioso vedervi insieme."
Immanuel si scosse di nuovo, nervoso, passandosi una mano fra i capelli.
"Non riesco proprio a capire! Se non ti conoscessi come ti conosco
io, direi che sei ossessionato da quel ragazzino! - si morse un labbro di
fronte al divertimento dipinto sul volto del suo compagno. Sbuffò sempre
più contrariato - Come se avesse chissà che!"
"Se non ti conoscessi come ti conosco io - sussurrò Mark in risposta
- direi che sei geloso."
Immanuel fu sul punto di rispondergli a tono quando si accorse. . la mano
di Mark, appoggiata morbida sul ventre si mosse, scivolando tra un bottone
e l'altro. Lo vide sfiorarsi leggero il ventre, movimenti felini,
sensuali, accompagnati da quel suo sguardo scintillante come quello di un
gatto sul punto di saltare su un topolino.
Mark si tese, arcuandosi sulla schiena, di fronte all'espressione
arrossita dall'eccitazione di Immanuel e sorrise di nuovo. Una ciocca di
capelli gli ricade sulla fronte ombreggiandogli appena gli occhi mentre
saettò la lingua sulle labbra.
La mano gli scivolò sotto i pantaloni. Immanuel tremò.
"Mark, ti prego!"
Si mise in ginocchio sul bordo del letto, tendendosi verso di lui, ma lo
sguardo dell'altro bastò a farlo fermare, impedendogli di toccarlo.
"Cosa c'è? - sorrise di nuovo, la sua mano che si muoveva lentamente
avanti e indietro, una danza cadenzata dalla quale Immanuel non riusciva a
distogliere gli occhi - Avevo capito che eri stufo di studiare. E che non
avevi voglia di parlare di Jessy. Io invece.. "
La sua voce si ruppe, lasciandosi sfuggire un sospiro dalle labbra, un
fiato tremante. Immanuel si sedette sul bordo del letto, prendendogli il
capo fra le mani. Si abbassò su di lui, sfiorandogli le labbra con le
proprie, lentamente. Chiuse gli occhi, assaporando il suo aroma e si
ritrovò a gemere come se stesse soffrendo. Come se . .
Non riusciva a comprendere quello sguardo, non riusciva a ritrarsi dal suo
potere, non voleva non cedere a lui.
Mark sollevò una mano, posandogliela su una spalla, spingendolo via da sé.
Lo sentì chiaramente singhiozzare dall'eccitazione.
"Mark, ti prego!"
Chiuse gli occhi, quasi disperato. Il suo sesso gli premeva sulla chiusura
dei pantaloni, il piacere era qualcosa di nascosto e violento che gli
infiammava le vene, che gli confondeva la mente. Avrebbe dato tutto, in
quell'attimo, perché Mark ricambiasse il suo bacio, la sua carezza. Perché
lo stringesse . .
"Cosa? - il tono di Mark rideva. Gli passò le dita fra i capelli,
prima di sfiorargli una guancia - Ho capito male? Vuoi che ti parli di
Jessy? Vuoi che ti parli di come mi immagino lui, e te, *insieme*?"
Le dita di Mark gli scivolarono sul collo, sfiorandogli il petto,
strizzandogli appena un capezzolo, sorridendo a sentirlo gemere. Si piegò
appena su di lui avvolgendo la mano sopra la stoffa che gli imprigionava
l'erezione. Immanuel tirò indietro il capo, gorgogliando un sussurro
quando l'altro vi chinò sopra le labbra, mordendolo lentamente.
Si lasciò scivolare senza forze sul letto, tremando sotto le mani leggere
di Mark. Singhiozzò un 'ti prego', o almeno così gli parve, quando
finalmente riuscì a trovare il coraggio di aprire gli occhi.
Mark era inginocchiato al suo fianco, chino su di lui, mordendogli il
sesso mentre quello sguardo verde non gli lasciava il volto. Aveva ancora
la mano nascosta dai propri pantaloni e da quell'angolazione Immanuel
poteva notare solo il movimento ritmico della sua spalla. Il suo tocco lo
faceva dannare, se non fosse stato bastante il pensiero che l'altro si
stava *masturbando* lì, a un palmo da lui, mentre lo guardava ..
"Mark . . Mein Gott, Mark! Ti prego . . - si morse un labbro - Non
voglio . . non voglio nessun altro . . ti prego . . "
Lo sentì ridere, di nuovo, spostandosi sopra di lui, facendogli premere
la schiena contro il materasso, mettendosi a cavalcioni.
"Guardami, Immanuel."
Gli obbedì, era a un palmo da lui, chino su di lui, il suo fiato che gli
sfiorava il collo, le guance. Sorrideva ancora, e ancora aveva la mano
destra fra le proprie gambe, nei suoi occhi verdi riusciva a intravedere
ombre e scintille.
"Mark . . "
Sospirò scuotendo appena il capo.
"Non lo faresti per me?"
Mark abbassò la voce a un sussurro, gli morse un orecchio facendolo
tremare.
"Co . .cosa?"
Rise di nuovo lasciandosi abbracciare, scivolando in quell'abbraccio un
po' rude, facendo in odo di sfregare il suo bacino con quello di Immanuel.
"Non andresti a letto con Jessy per me? - gli baciò il collo,
pesando su di lui - Sono certo che ti piace quel ragazzino, non è
vero?"
Immanuel gemette stringendolo con forza. Lo sentiva addosso, affondò le
dita in quei capelli di quel colore assurdo e scoprì la gola che Mark
stava mordendo. Si sentì morire. Non voleva nessuno, nessun altro che non
fosse lui. Sollevò le anche circondandogli la vita con le gambe, affondò
il capo nel collo, mordendolo piano, circondandogli le spalle con le
braccia, strusciandosi contro di lui. Le mani di Mark gli esploravano il
corpo, fameliche, slacciandogli la camicia, infilandosi nei calzoni.
"Con ..con te Mark! Oh, ti prego . . - prese un profondo respiro
quando l'altro gli slacciò i calzoni, facendoglieli scivolare lungo le
cosce - Sì . . quel che vuoi . . ti prego . . "
Il bacio fu un divorasi. Denti e lingua e bocca e mani, e una stretta da
cui sarebbe stato difficile scivolare via ..ma nessuno dei due voleva
farlo. Le dita affondavano nei capelli, la gola si tese, i baci divennero
più famelici e insieme più leggeri finché Mark non gli prese il sesso
fra le mani, sfiorandolo col proprio.
Movimenti sempre più rapidi, con i gemiti soffocati nella bocca
dell'altro. Immanuel tremò esplodendogli fra le dita, Mark lo seguì poco
dopo.
Quando Immanuel sollevò lo sguardo su di lui lo vide delizioso,
bellissimo, l'unica cosa che avesse mai davvero voluto. Mark si lasciò
andare al suo fianco, permettendogli di fissarlo senza sentirsi inquisito
da quello sguardo così verde e freddo che sapeva mettere in imbarazzo
chiunque e sorrise nel sentirlo avvolgergli le dita intorno al polso,
sollevandogli la mano.
La lingua di Immanuel gli ripulì lentamente le dita, in silenzio, e
quando si chinò su di lui trovò assurdamente eccitante assaporare i loro
sapori mischiarsi nella sua bocca. Non gli disse nulla si limitò di nuovo
a sorridergli. Quel capo scuro gli si premette su una spalla, sfregandogli
la pelle con delicatezza.
"Perché?"
Mark scosse il capo.
"Scusa?"
"Perché vuoi che ..che vada a letto con Jessy?"
Vide quelle palpebre danzare lentamente nell'aria.
"Voglio che me lo racconti."
Immanuel si scosse. Non c'era nessun altro che desiderasse quanto
desiderava Mark. E non sopportava l'attenzione che lui regalava a quel
ragazzino appena arrivato. Era geloso? Era possibile, ma..
"Non capisco che ti possa servire! - si puntellò su un ginocchio
sollevandosi sul letto sistemandosi alla bell'e meglio la camicia,
scoccandogli uno strano sguardo - Non hai bisogno di me per conquistare
qualcuno!"
Mark scosse il capo, tranquillo.
"Lo so, ma non voglio conquistarlo. Voglio che *tu* . . - sollevò
una mano sfiorandogli una guancia. Gli affondò le dita nei capelli e,
strattonandoglieli, lo fece cadere di nuovo sul letto - voglio che tu ci
vada a letto."
Immanuel aprì la bocca per dire qualcosa, ma non riuscì a farlo. Mark si
limitò a fissarlo per un lungo attimo, poi sospirò, mettendosi in piedi.
Si tolse di dosso gli abiti, gettandoli sul pavimento poi, nudo, si voltò
verso di lui, ancora immobile sul letto.
"E' tardi. E' meglio che ritorni nella tua stanza."
===
Un cuore fragile
Sul punto di frantumarsi
È quello che metto fra le tue mani.
Un cuore scheggiato
Dal tempo
Dalla vita
È quello che ora respira fra le tue dita.
Sentilo, che batte nella notte
Assassinato dalla tua assenza
Non lasciarlo battere da solo
In questo silenzio che sa di eterno.
Eterno dolore?
Dipende da te . .
Jessy appoggiò la penna sulla scrivania, sfregandosi con forza gli occhi
poi rilesse ciò che aveva scritto e, con un gesto di stizza, stracciò il
foglio. Si limitò a far scorrere gli occhi sulle note scritte sul
pentagramma e sorrise tra sé. La musica di Matt, un brivido di dolore e
fatica, nel ritmo poteva sentire tutto quello e lui riusciva a metterci
sopra solo una sfilza di banalità..
Si sentiva vuoto e solo, e non riusciva a pensare ad altro. Le sue braccia
intorno gli mancavano come se fossero state una sua estensione fisica. E
anche le sue bugie gli mancavano, sì, e la sua voce che, da sola,
riusciva a portarlo lontano dallo schifo in cui si ritrovava a vivere. Si
strinse la fronte fra le mani, stringendo le palpebre con rabbia e forza.
Odio.
Odio.
Odiava la sua vita, la schifezza che era senza la presenza di Matt al suo
fianco per darle un senso. Se non fosse stato per lui . . Jessy tremò
leggermente. Cosa gli mancava? Cantare.
Sì, cantare su un palco, la chitarra elettrica, essere sotto i riflettori
in mezzo ad un nulla fatto di luce e dalla sua voce. Null'altro. La
sensazione della presenza di Matt che lo guardava, che lo *ascoltava*
cantare le *sue* canzoni.
Odiava suo padre, che lo teneva lontano da lui. Che lo teneva lontano da
quel palco, dalla luce accecante che vi si infrangeva sopra, dalle
sensazioni che là sopra lo facevano vivere.
Odiava se stesso. Perché non riusciva a scappare, a fuggire da quella
prigione, da quel vuoto senza l'aiuto di qualcuno ..o di qualcosa ..
Il desiderio bussò alle porte della sua volontà con la leggerezza di una
farfalla, ma i suoi colpi, nel nulla che c'era dentro di lui, risuonavano
come campane a morto.
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