I personaggi di Gensomaden Saiyuki sono © di Kazuya Minekura! Per chiunque volesse commentare la fic, esprimere critiche oppure lasciare qualche messaggio all’autrice di questa fic, che ricordo è AKASHA, contatti me, Vitani (la traduttrice) a quest’indirizzo: vitani_chan@yahoo.it

NOTE DELL’AUTRICE

Bene, qui c’è la mia prima estremamente lunga storia su Saiyuki.

Un paio di avvertimenti prima di tutto: questa storia si guadagnerà il suo  rating NC-17. Conterrà yaoi ABBASTANZA GRAFICO (se non sapete cosa significa: sesso fra omosessuali) tra Gojyo e Hakkai, SANZO e GOKU, e alcuni TEMI MOLTO FORTI. Depressione, amore non ricambiato, auto-mutilazioni, sado-masochismo sessuale, e tentato suicidio (ma solo se volete guardarlo in quel modo).

Questo è probabilmente il mio lavoro più cupo, ma è inconfutabilmente ROMANTICO. Tutti quelli che hanno letto le mie altre storie avranno capito che sono incapace di non inserire un finale felice. Sì, avete letto bene: CI SARA’ UN LIETO FINE. Amo Goku; non posso essere per sempre orribile con lui.

Questa storia è focalizzata più di tutti su Goku, con giusto un po’ di Sanzo, e un pochino su Hakkai e Gojyo. Come precedentemente fissato, la coppia principale è SanzoxGoku. Se questo non fa stare a galla la vostra barca, perché siete qui? (Non chiedete riguardo al dotto eufemismo, vengo da Brisbane e sono terribilmente a corto di sonno…mai una buona combinazione.)

I commenti saranno graditi, ideati, e un tempietto verrà eretto in loro onore. Le offese verranno usate per riscaldarmi la camera. Si congela lì dentro.
~Akasha.

Note: << ricordi di cose dette >>
*** scene in flashback ***
le frasi in corsivo rappresentano i pensieri!

E ora, avanti con la storia!!!

 


Innocente distrutto

di Akasha traduzione di Vitani


"Sanzo, ho fame."
"Sta zitto."
"Ma ho fame."
"Taci."
"Ma Sanzo, ho davveeero fame!"
"TACI!!"

THWAP!

"Owww…borbottare, borbottare…pensare…fame…"
"Cos’era quello?"
"Niente, Sanzo."

Broncio.

Con questo iniziava un tipico pomeriggio durante il Sacro Viaggio Verso Ovest; un tipico pomeriggio, seguendo lo strascico di una tipica mattinata: si alzavano, Hakkai gli preparava la colazione, guidavano verso Ovest per un po’ (Goku e Gojyo accapigliandosi tutto il tempo, queste liti intervallate da brevi periodi di silenzio enfatizzati da un irritato monaco con un grande ventaglio di carta); si fermavano, uccidevano all’incirca una dozzina di youkai (demoni), ritornavano alla macchina e guidavano. E guidavano.

Stavano guidando da circa cinque ore ormai, e per quattro Goku aveva bisbigliato la stessa lamentela ogni quindici minuti. Tutti erano stanchi, doloranti e nervosi, e ben lontani dal preoccuparsi che Goku fosse o meno affamato. Stavano raggiungendo il limite della loro sopportazione collettiva; se Goku continuava a lamentarsi, non erano in grado di dire cosa gli avrebbero fatto.

Le manifestazioni fisiche della loro ira erano facilmente visibili da chiunque vi avesse fatto attenzione: Hakkai stava fremendo, i suoi pugni stretti attorno alla leva del cambio; Gojyo sedeva con le mani intrecciate nei suoi capelli e davanti al suo viso, la sua testa era in tilt per il riposo nei sedili posteriori e un espressione di dolore e irritazione era scarabocchiata attraverso quel poco che era visibile della sua faccia. Stesso per Sanzo, i suoi occhi erano stretti, la vena sulla sua tempia destra era pulsante, e stava sbattendo in maniera incoerente il suo ventaglio sulla sua mano sinistra.

Goku, essendo Goku, era insensibile a tutti i segnali di pericolo imminente. Alla sua  contrastante, semplice e complessa mente inumana, il pensiero di togliere deliberatamente di mezzo uno dei suoi era completamente alieno, così come lo era l’idea di combattere al di fuori dello scherzo. Il combattimento è per i nemici; la famiglia possiede la tua lealtà. E dato che il gruppo di Sanzo era la sola famiglia che avesse mai conosciuto, loro avevano la sua fedeltà e con quella il suo cuore e la sua anima.

Conseguentemente, stava bene con loro, sicuro nella consapevolezza di potersi affidare a loro per guardarsi le spalle, per tenere la sua forma demoniaca sotto controllo se mai avesse avuto bisogno di rimuovere il suo dispositivo di controllo. (Stava cercando con tutte le sue forze di dimenticare l’orribile incidente di quando si era rivoltato contro Gojyo nella sua insana, sanguinosa furia distruttiva, ma la colpevolezza è nota per la sua tenacia, così Goku si era sforzato di accontentarsi soltanto di reprimerlo finché non avesse avuto la liberta di confrontarvisi decentemente.) Più importante, si fidava del fatto che gli altri lo liberassero quando aveva fame.

E dannazione, aveva fame! Dopo cinquecento anni intrappolato in una caverna senza cibo, chi non ne avrebbe avuta? Tutto quello che chiedeva era un po’ di considerazione per sé stesso e il suo povero maltrattato, stomaco.

Avrebbe fatto un altro tentativo: senz’altro gli altri avrebbero avuto pietà di lui presto o tardi…

"Sanzo, I--"

Il biondo si girò immediatamente, puntò la pistola e sparò così velocemente che Goku non registrò cos’era successo finché non sentì un dolore bruciante attraverso la sua guancia. Sanzo gli aveva sparato. SANZO gli aveva SPARATO. Goku pensò per un momento che si sarebbe ammalato. Il dolore alla guancia impallidì comparato con il dilagante, insanguinato buco dove una volta era stato il suo cuore. Il sangue colava dal suo viso mentre Gojyo parlava stancamente dal suo fianco.

"Oi, bonzo, guarda quando punti quell’affare. Non vorrai colpire me invece della stupida scimmia."

"Non farebbe molta differenza," arrivò la brontolata risposta.

Hakkai intervenne. "Naa naa, non iniziamo a litigare. Limitiamoci a goderci il silenzio finché dura."

La nausea di Goku gli si sollevò in gola. Quello era veramente ciò che gli altri pensavano di lui? Un’irritazione? Una distrazione? Una seccatura animale? Si curvò su sé stesso sul sedile posteriore strappato, portando le ginocchia al petto in un’inconsapevole imitazione di una posizione fetale. Perché non l’aveva capito?

Si sarebbe applicato maggiormente in futuro. Sarebbe stato silenzioso, immobile; sarebbe diventato come la pietra dove era stato imprigionato così a lungo. Forse quello avrebbe fatto piacere a Sanzo. Lui voleva soltanto far felice Sanzo; voleva che Sanzo lo amasse. Il rozzo monaco era tutto, tutto quello che importava nel suo mondo. Avrebbe sofferto come se lo avessero smembrato se avesse perso Gojyo o Hakkai, e avrebbe passato il resto della sua vita come se fosse rimasto privo di qualcosa che avrebbe dovuto sempre essere stato lì, proprio come una parte di sé stesso e delle sue membra. Ma se Sanzo l’avesse lasciato, non gli sarebbe importato di passare il resto dell’eternità rinchiuso nella sua prigione sulle montagne, il mondo sarebbe morto con lui.

Nessuno degli altri membri del gruppo di Sanzo notò l’improvviso ritirarsi in sé stesso di Goku, erano tutti troppo occupati a godersi il raro e benedetto silenzio per meravigliarsi della sua causa.

 

~Due~

L’inesorabile scorrere del tempo non fece nulla per migliorare la situazione di Goku. Piogge torrenziali potevano tutto tranne che arrestare il viaggio verso Ovest, e ogni piccolo progresso che facevano era seguito da pioggia, freddo e scarsità di cibo. Perfino Hakuryuu si era ribellato, ritornando alla sua forma di drago con un hiss disgustato e rifiutandosi di trasformarsi nella jeep a dispetto di tutte le minacce di Sanzo e delle lusinghe di Hakkai. Goku aveva cominciato a scomparire per lunghi periodi di tempo; dove andasse, Hakkai non poteva dirlo. Sanzo era in perpetuo cattivo umore e chiunque attraversasse il suo sentiero doveva stare attento alla sua lingua tagliente. Anche Hakkai stava perdendo la pazienza con lui. Gojyo si era arreso molto tempo prima e ora risiedeva quasi permanentemente in uno o in un altro bar, circondato da una nube di fumo e una moltitudine di bottiglie di birra vuote, giocando d’azzardo. Stranamente, le sue notti non erano passate in compagnia delle molte donne che si affollavano da lui. Più che spesso, veniva trovato a tarda notte nella stanza che lui e Hakkai scambiavano, cercando ancora una volta di battere l’uomo a carte.

Goku avrebbe dovuto dare nell’occhio con la sua assenza. Spendeva la maggior parte del suo tempo in una piccola caverna alla periferia della città, sferzato dal vento e dalla pioggia, ma grato del piccolo riparo che gli offriva. Dopo qualche giorno, Hakuryuu l’aveva visto – per ragioni che Goku non poteva determinare – e così aveva iniziato a passare il più del suo tempo con il caldo corpo del drago arricciato sul suo collo mentre la sua mente turbinava con conflittuali, confusi pensieri.

In maggioranza, pensava a Sanzo. Il suo salvatore. Il suo universo.

Era stato incatenato in una caverna per cinquecento anni – imprigionato per un crimine che non ricordava -- perso, solo e lentamente morente dentro, la sua anima sbattuta urlante verso colui che era stato il suo sole, un’essenza il cui viso e nome non ricordava, con la sola consapevolezza che quest’essenza era stata la sua casa. Allora Sanzo era giunto. Giovane, arrabbiato, arrogante, astuto e tutto quello che avrebbe dovuto farlo disperare, ma in quel momento la sua anima aveva urlato in giubilo senza possibilità d’errore, e lui seppe di aver trovato la sua casa.

Una casa era meno di quello che avrebbe sperato. Aveva dato al monaco la sua speranza, il suo amore, la sua fiducia, la sua incondizionata devozione, e Sanzo gliela sputava senza pietà in faccia.

<<Stupida scimmia.>>

<<Idiota…>>

<<Inutile, stupida scimmia!>>

<<Taci.>>

<<Avrei dovuto lasciarti in quella dannata caverna…>>

<<Buono a nulla.>>

<<STA ZITTO GOKU!!>>


E lui ci stava ancora. All’inizio, quando aveva cinquecent’anni ma era un bambino per la prima volta nella sua memoria – traendo delizia dal mondo attorno a lui, infinitamente dannoso – c’era stato perché Sanzo era suo padre, suo fratello, il suo maestro, il suo padrone. Poi c’era stato semplicemente perché non poteva immaginare la vita senza Sanzo. Aveva trovato il suo sole, e niente avrebbe potuto strapparlo via da lui.

Quando era cresciuto da ragazzino ad adulto, ancora traendo gioia dalla vita che lo circondava – eternamente parlando, mangiando e combattendo perché troppo silenzio ed immobilità gli ricordavano la sua lunga, solitaria prigionia – i suoi sentimenti erano cambiati assieme al suo corpo. Approfonditi. Rinforzati. Forse peggiorati.

C’era voluto molto tempo prima  che comprendesse che cosa desiderava veramente da Sanzo. Aveva denigrato, represso, evitato quella consapevolezza in un disperato tentativo di preservare la sua innocenza che stava rapidamente appassendo, di essere l’innocente stupida scimmia che Gojyo rimproverava aspramente per la sua ingenuità, a dispetto del fatto che lui era almeno cinquecento anni più vecchio del kappa pervertito. Crescere non era stata un’esperienza così piacevole per lui: era stato avvolto dalla prigionia, solitudine, maltrattamento verbale e fisico, assassini, un’insana rabbia omicida durante la quale aveva quasi ucciso due uomini che amava come fratelli, e un’insaziabile fame di qualcosa a cui non poteva – non voleva – dare un nome.

Un unico istante di una umida sera in una foresta aveva distrutto tutti i suoi sforzi di volontà.

* * * * * * * *

Goku si era svegliato nell’oppressiva umidità della foresta, sentendo il disperato bisogno di una bevuta e un bagno, anche pensando che l’acqua non avrebbe comunque potuto nulla per risolvere il suo problema. Si era alzato dal suo lieve giaciglio, improvvisamente preoccupato notando che Gojyo e Hakkai erano assenti, ma si era rilassato quando aveva visto Hakuryuu dormire pacificamente sul sacco a pelo deserto del padrone. Se fosse successo qualcosa, il draghetto li avrebbe allertati. Si era fatto largo lungo lo stretto sentiero che conduceva al vicino laghetto.

Come aveva raggiunto la sua destinazione, si era fermato come morto sulle sue orme, la mascella scardinata per lo stupore. Era completamente impreparato per la vista che l’aveva accolto, ma aveva mantenuto abbastanza presenza di spirito per togliersi dal sentiero in modo da potervi riflettere inosservato.

Hakkai e Gojyo erano nel lago, nudi, l’acqua oscurava tutto al di sotto della vita, ma senza dubbio erano intrecciati in un appassionato abbraccio. Mentre Goku si nascondeva per osservare le due figure avviluppate, le mani di Hakkai si scavavano la via nei capelli rosso sangue di Gojyo, avvicinandolo e lanciando indietro la testa in estasi mentre Gojyo correva con la sua lingua lungo il collo del suo amante. Hakkai aveva emesso un basso gemito mentre le mani del mezzosangue scivolavano lungo la sua schiena e fuori di vista sotto l’acqua. Aveva portato via con forza la testa di Gojyo dal suo collo e aveva posato un bacio feroce sulle labbra del suo amante. Gojyo aveva emesso un gemito e aveva appoggiato le sue anche sul terreno, su quelle di Hakkai.

Goku osservava dal suo posto nascosto fra gli alberi ed era colmo di due contrastanti tipi di calore. L’impetuoso, liquido calore dell’eccitazione si stava riunendo con forza nel suo stomaco mentre guardava l’erotico spettacolo nell’acqua, mentre un’amara, feroce gelosia consumava il suo cuore. Non era geloso della coppia nell’acqua; era felicissimo che Hakkai avesse trovato il conforto e la felicità che desiderava fra le braccia di Gojyo, e lui aveva capito da tempo che Gojyo praticamente adorava il terreno su cui Hakkai camminava. Sembravano così giusti insieme, ed era deliziato per loro.

La sua gelosia era per sé stesso. Goku voleva quello che loro avevano, e lo voleva con Sanzo.

* * * * * * * *

Niente era cambiato da allora. Sanzo era ancora il centro del suo universo, e Goku lo desiderava con una fame disperata. Sanzo lo trattava ancora come spazzatura.

Si era rassegnato al fatto che Sanzo non l’avrebbe mai desiderato nel modo in cui lui voleva il monaco. Era troppo giovane, troppo rumoroso e uno youkai prima di tutto; Sanzo non aveva mai cercato di nascondere il fatto che pensava a tutti i demoni come sporcizia. Hakkai e Gojyo erano in qualche modo riscattati dalle loro origini umane, ma Goku non aveva un simile vanto. Lui era non solo uno youkai, ma completamente innaturale; uno scherzo della natura.

Avrebbe potuto vivere con quella consapevolezza, l’aveva fatto per qualche tempo, se avesse avuto la consolazione di essere importante per il monaco; anche soltanto per il comando della divina Bosatsu. Era l’idea che Sanzo non si preoccupasse per lui, che lui fosse un mero inconveniente da tollerare alla meglio, che era stata la sua rovina. Non poteva evitare il pensiero che l’uomo per cui combatteva, sanguinava, rideva e semplicemente si alzava ogni mattina non provasse niente per lui in cambio.

C’erano stati segni che Sanzo in verità si preoccupava profondamente per il suo protetto, ma nelle profondità della sua depressione Goku non poteva vederli, o se lo faceva questi scomparivano se comparati al carico giornaliero di maltrattamenti che riceveva.

Alla fine, l’infantile stupida scimmia  stava crescendo. Ma non stava solamente crescendo: stava invecchiando. Il suo incessante essere deliziato del mondo attorno a lui stava appassendo, e lui stava lentamente ritornando la creatura morente che era stata lunghi anni prima durante la sua prigionia, solo e disperato, urlando disperatamente a qualcuno che potesse sentirlo.

E le vere persone che avrebbero dovuto sentirlo, avrebbero dovuto capirlo, avrebbero dovuto lasciar perdere tutto e correre a salvarlo, erano troppo preoccupati delle loro proprie vite  e dei loro problemi per vedere il pericolo che si profilava davanti a loro:

Son Goku stava distruggendo sé stesso nel nome dell’amore.

 

~Tre~

La prima volta che successe fu puramente un incidente: era rimasto troppo a lungo nella sua isolata caverna, ed era in ritardo per la cena; mentre correva freneticamente verso la città era scivolato sul terreno fangoso e si era squarciato il braccio aperto su un cespuglio spinoso, frustandosi nel tentativo di trovare l’equilibrio. Dopo quello, non aveva più potuto smettere. Il dolore lo faceva stare bene. Immediato, reale, una distrazione dalla soffocante sofferenza nel suo cuore; era tutto quello che voleva.

Un coltello da cucina rubacchiato divenne il suo tesoro più prezioso, anche più del suo Nyoui-boh. Lo teneva meticolosamente pulito; per quanto gratificante fosse stata la sempre più dolorosa agonia dell’infezione, non poteva permettersi di farla diventare fatale e farsi portar via da Sanzo. Il dolore era tutto quello che implorava. Parlava meno che mai, mangiava meno di prima, ed aveva iniziato ad indossare perennemente vestiti a maniche lunghe per coprire le bende e le nude ferite sulle sue braccia.

Non fu finché non iniziarono a viaggiare di nuovo che il gruppo di Sanzo iniziò a sospettare qualcosa. Anche allora, era soltanto Gojyo ad essere turbato. Sentiva la mancanza delle sue lotte con la scimmia, ma gli altri erano troppo compiaciuti dal silenzio per interessarsene. Gojyo, ad ogni modo, era turbato, e lo divenne sempre di più man mano che i giorni passavano.

Goku era sempre silenzioso ora, sempre stanco, e sembrava rinchiudersi in sé stesso in un modo che era alieno alla natura della vitale scimmia. Ogni notte, si allontanava dal gruppo per un po’ di tempo, tornando indietro stanco ma più sollevato di quanto non sembrasse il resto del tempo. Quando Gojyo accennò questo ad Hakkai, il suo amante gli suggerì ciò che era ovvio: Goku era un giovane uomo, forse aveva certi bisogni che non potevano essere soddisfatti in presenza del resto del gruppo.

Gojyo divenne scarlatto all’insinuazione del suo amante, non volendo pensare a Goku -- un ragazzo che in privato considerava come suo onorato fratello minore -- impegnato in azioni così intime. Il suo imbarazzato rossore si guadagnò una risatina deliziata di Hakkai. Ma quella possibilità sembrava qualcosa di sbagliato a Gojyo. Non attaccava, e lui sospettava qualcosa di più sinistro. Risolse che avrebbe seguito Goku in una delle sue escursioni notturne.

Notò con un certo risentimento che Sanzo era, come al solito, dimentico di tutto tranne che di sé stesso e dei suoi problemi. Quel tipo di cose avrebbero dovuto essere sotto la responsabilità del monaco. Ad ogni modo, dubitava che Sanzo se ne sarebbe preoccupato, anche se l’avesse saputo.

Quella notte, Gojyo seguì Goku attraverso il sabbioso deserto, grato alle dune che gli procuravano una sorta di scudo dai penetranti occhi di Goku. La scimmia percorse una lunga distanza dall’accampamento, poi si sedette su una duna illuminata dalla luna. Rimosse la sua maglia e si guardò improvvisamente intorno; Gojyo si tuffò rapidamente giù dietro la duna dove si era nascosto, mentre il cuore gli palpitava per lo shock. Il suono di un gemito soffocato percorse l’aria e lui arrossì di nuovo, ricordando la teoria di Hakkai. Mentre si voltava e catturava un fugace bagliore di luce lunare, un sospetto malato lo attraversò. E se il gemito fosse stato di dolore?

Lo udì ancora, ma un nome questa volta, un morbido sospiro di piacere: "Sanzo…". Gojyo guardò sopra la cresta della duna e quasi scivolò. Goku era nudo, sangue correva liberamente giù da entrambe le braccia mentre si accarezzava la sua erezione, gemendo il nome del suo guardiano. Gojyo batté una mano sopra la sua bocca e scappò, lacrime gli corsero lungo le guance mentre tornava all’accampamento.

Inciampò su Hakkai, tremando con singhiozzi mal celati. I suoi gesti svegliarono Hakuryuu, che iniziò a stridere girando in tondo e sollevando il suo padrone. Hakkai si alzò in piedi, la preoccupazione disegnata attraverso ogni linea del suo corpo. Strinse il suo amante tremante in un abbraccio, chiedendogli con voce turbata cosa non andava. Vedere Hakkai senza la sua usuale maschera gioiosa distrusse ciò che era rimasto della padronanza di sé di Gojyo. Cadde sul petto del suo amante, tremando per la forza dei suoi singhiozzi silenziosi. "E’ Goku…lui…oh Dio, Hakkai…Io non so cosa fare…"

Hakkai non fu in grado di avere una risposta coerente da lui quella notte, soltanto la ripetuta frase di non dire niente a Goku, almeno finché non avesse avuto il tempo di riordinare le cose nella sua mente. Hakkai diede la sua parola, e non disse nulla quando Goku tornò al campo, esausto e apparentemente sereno. Per la prima volta, capì i sospetti del suo amante nei giorni precedenti. Goku sembrava stesse bene, ma se fosse veramente andato tutto bene, Gojyo non sarebbe stato a mormorare frasi incoerenti per lo shock e la paura, e non avrebbe disperatamente finto di dormire.

Dopo che Goku fu caduto in stanchi e preoccupanti sogni, il mezzosangue si alzò e passò il resto della notte isolato e un po’ distante dal campo, immerso nei suoi pensieri. Quando gli altri si svegliarono la mattina dopo, raggiunse una conclusione: Sanzo doveva sapere. Lui era l’unico che aveva la possibilità di aiutarlo.

 Goku non avrebbe avuto la minima intenzione di spiegare la responsabilità di quei tagli, ma l’evidenza della sua auto-mutilazione sarebbe stata sufficiente ad allarmare il monaco. Gojyo non avrebbe tradito a Goku la sua conoscenza del resto dei fatti, e non poteva dire agli altri dei tagli senza esporre la sua consapevolezza di ogni cosa. Andava tutto bene. Sapeva cosa fare.

Gojyo ritornò al centro del campo, determinato, e Hakkai lanciò un silenzioso sospirò di sollievo. Le cose ritornarono a quella che era stata la normalità per le ultime settimane: la colazione venne mangiata in silenzio; Goku accettò ciò che gli veniva messo davanti, senza dire nulla, e non chiese di più. Sanzo bevve il suo caffè in silenzio. Né Gojyo né Hakkai avevano molto appetito quella mattina.

Gojyo, Hakkai e Goku tolsero il campo mentre Sanzo beveva una seconda tazza di caffè. Come Goku si voltò dopo aver sistemato il suo bagaglio nel retro della Jeep, Gojyo – che aveva atteso un’opportunità del genere – chiamò il suo nome, lo raggiunse, e chiuse la sua mano attorno al braccio di Goku. Forte. Goku diede un unico, agonizzante urlo e svenne.

Il caffè di Sanzo dalla tazza sobbalzò nell’aria una volta…due volte…tre…finché non arrivò al suolo versando un arco di liquido marrone cioccolata nella sua scia. Sanzo scattò verso di loro così velocemente che si trovò alle loro spalle, curvo sulle sue ginocchia, prima ancora che il corpo di Goku terminasse la caduta. Gojyo abbaiò ad Hakkai l’ordine di portargli il bagaglio di Goku. Con volto spaventato, Hakkai obbedì. Gojyo tolse al ragazzo la maglietta mentre Sanzo guardava, stupefatto e protettivo.

Strappò le bende che coprivano gli avambracci di Goku e sbiancò dall’orrore nel vedere la pura e semplice estensione del danno. Non c’era un solo centimetro di pelle che non fosse attraversato con cicatrici guarite, nuove croste, o tagli ancora sanguinanti dove Gojyo li aveva strizzati. Mentre Hakkai e Sanzo osservavano Goku in sconcertato spavento, lui frugò nel bagaglio e – come si aspettava – trovò un coltello scintillante e parecchie lunghezze di stoffa insanguinata.

Quando li mostrò agli altri due, Sanzo gli sembrò malato come lui stesso era stato la notte precedente, e Hakkai camminò verso i margini del loro accampamento a rigurgitare la sua magra colazione.

Sanzo era ancora pallido mentre iniziava a pulire e ribendare i tagli. Guardò pericolosamente Gojyo e gli chiese, "Eri a conoscenza di questo?"

Gojyo fu in grado di rispondere in completa onestà. "Sospettavo da un pezzo che qualcosa non andasse, ma non avevo idea che fosse così grave, o che andasse avanti da così tanto."

Sanzo riassunse la situazione in una parola: "’Fanculo."

Il monaco si mosse con inaspettata cura nel raccogliere il debole corpo del ragazzo e lo posizionò nel retro della jeep.

"Io siederò con lui. Forza Hakkai: abbiamo bisogno di portare Goku da qualche parte in cui potremo prenderci cura di lui decentemente. Se ci sbrighiamo, possiamo raggiungere la città più vicina entro il tramonto."

Gojyo annuì e si sedette. Non era abituato a vedere quel lato di Sanzo; forse c’era speranza per Goku dopotutto.

 

~Quattro~

Hakkai fissò lo specchietto retrovisore, guardando il duo che vi veniva riflesso con emozioni contrastanti. Era scioccato ed indicibilmente turbato dall’evidenza dei chiari problemi mentali di Goku, la pura e semplice entità delle sue ferite auto-inflitte era terrificante. Era dispiaciuto per non avere colto i molti segnali e la persistente preoccupazione di Gojyo finché le cose erano andate troppo lontano per poter essere risolte facilmente, ed era stupito del cambiamento che la scoperta aveva causato in Sanzo.

Il biondo era seduto incastrato in un angolo del vano posteriore dell’auto, cullando il torace di Goku sul proprio mentre il giovane, ancora in stato d’incoscienza, giaceva attraverso il resto dei sedili, con la testa poggiata sulla spalla di Sanzo. L’espressione del monaco variava tra la tenerezza e la furibonda preoccupazione, e le sue mani tremavano leggermente là dove erano appoggiate, sul petto del ragazzo.

Il sottile strato congelato era stato infine distrutto.

Hakkai era allo stesso modo preoccupato dalla silenziosa presenza del suo amante nel sedile a fianco al suo. Aveva la sensazione che in quella situazione ci fosse più di quello che Gojyo aveva fatto capire, e lui aveva intenzione di scoprire di che si trattava. Una cosa era certa: doveva essere terribile. Peggiore anche dell’auto-mutilazione, forse. La scorsa notte era stata la prima volta che aveva visto il suo amante veramente non in grado di far fronte a una situazione. Era un’esperienza che sperava di non dover mai ripetere.

Mentre guidava verso il sole al tramonto, si sforzò di pensare a cosa avesse potuto indurre il suo giovane compagno a compiere certi gesti disperati. Goku era sempre sembrato così pieno di gioia di vivere e vitalità che vederlo in quel modo era completamente disgustoso. A dire la verità, comunque, era passato parecchio tempo da quando quella descrizione era stata un’accurata rappresentazione del ragazzo. Era tranquillo, chiuso in sé stesso, e sembrava in qualche modo vecchio, come se l’intero peso dei suoi cinquecento anni di solitudine e disperazione si fosse irrevocabilmente depositato sulle sue spalle sottili.

Se non fosse stato così preoccupato per la sua propria vita e per le pressioni di un irritabile Sanzo che cercava di costringerli a continuare il viaggio quando viaggiare era chiaramente impossibile, forse l’avrebbe notato. Forse avrebbe potuto prevenirlo. Forse Goku non avrebbe dovuto sostenere i suoi fardelli da solo.

Hakkai aveva sperato di essere qualcuno su cui Goku avesse potuto fare affidamento quando avesse avuto bisogno di conforto o consigli. Si sbagliava. Aveva fallito.

Loro avevano tutti fallito.

Non lo sapeva, ma sospettava che i pensieri dei suoi compagni fossero ugualmente leggeri. Gojyo sembrava ancora leggermente malato, ed incredibilmente turbato. Hakkai sospettava ancora che lui sapesse più dei problemi di Goku di quello che aveva detto. Il brunetto guardò nello specchietto retrovisore in tempo per vedere Sanzo dare un colpo arrabbiato ad una lacrima vagante, che stava tracciando un elaborato sentiero lungo la guancia di porcellana. Sul volto del monaco c’era la prova che quella non era stata l’unica a sfuggirgli. Le sue mani ritornarono a cullare il corpo di Goku, e posò la guancia sulla testa del ragazzo privo di sensi in una maniera stranamente possessiva. La prima, minuta ombra di sospetto iniziò a scavarsi la via nella mente di Hakkai.

La tensione sulla jeep era così intensa da essere quasi visibile, non voluta quinta presenza. Quando finalmente raggiunsero la città appena prima del tramonto, fu un incredibile sollievo soltanto domandare delle stanze in un albergo, come se gli procurassero una momentanea distrazione dalla tensione. Avevano solo due stanze, scelta basata su un non espresso, comune desiderio di avere tutto il tempo qualcuno con il problematico giovane.

Hakkai curò i suoi tagli e rimosse tutte le tracce delle serie di cicatrici, incapace di sostenere la loro vista a marchiare la delicata pelle bronzea.

Lui e Gojyo presero i loro bagagli dalla jeep, che ritornò immediatamente alla sua forma di drago, affrettandosi verso la stanza di Goku. I due uomini arrivarono più lentamente al secondo piano dell’albergo, depositando i loro bagagli nella stanza che avevano progettato di dividere.

Prima che potesse portare le cose di Sanzo e Goku nella stanza adiacente, Hakkai fermò Gojyo con l’intento di scoprire cosa il rosso stava nascondendo. Come era stato per la maggioranza delle passate ventiquattrore, Hakkai non indossava il suo ingannevole sorrisetto quando parlò. "C’è molto più di quello che tu ci hai detto, Gojyo. Dimmi che cos’è, amore. Per favore."

Il mezzosangue inghiottì visibilmente prima di rispondere. La sua risposta lasciò ad Hakkai un sembiante malaticcio esattamente come quello di Gojyo.

"Goku non si stava solo tagliando la scorsa notte. Quello che ho visto…oh Dio!…Era nudo, c’era sangue dappertutto; sulle sue braccia, sul suo petto, sul suo membro, sulla sabbia…si stava alzando, ed era il nome di Sanzo che stava chiamando."

Tutto ciò che Hakkai poté pensare era che ringraziava tutti gli dei che Sanzo non sapesse.

 

~Cinque~

Sanzo lo sapeva. Non riguardo le attività di Goku nel deserto la notte precedente, ma sapeva qual’era la causa del problema di Goku. O meglio chi. Chi. Lui. Sè stesso. Genjo Sanzo. Nessun altro.

Lo sapeva, perché aveva condiviso il problema. Nessuno gli aveva mai fatto provare le stesse cose che Goku gli aveva fatto. Nemmeno il suo maestro era stato in grado di infondere in lui un così intenso amore e devozione. Nessuno sarebbe mai stato in grado di arrivare sotto la sua pelle così rapidamente e profondamente come aveva fatto Goku, o in una così immensa varietà di modi. Goku lo faceva diventare così arrabbiato da non vederci più correttamente, così protettivo da non poter più pensare correttamente. Gli faceva venire voglia di ridere, qualcosa che odiava. Lo esasperava in continuazione. L’aveva fatto sentire vivo per la prima volta dopo troppi anni. Ma quando Goku guardava Sanzo col suo cuore e tutto il suo feroce ed incondizionato amore negli occhi, tutto ciò che Sanzo avrebbe voluto fare era afferrarlo, sbatterlo a terra e fotterselo lì, poi prenderlo tra le braccia e non lasciarlo mai più andare.

Goku lo rendeva vulnerabile. Comprometteva la sua obbiettività. E queste erano le due cose che Genjo Sanzo non poteva assolutamente permettere.

E così Sanzo lo spingeva via. Lo insultava. Lo maltrattava. Faceva tutto ciò che era in suo potere per far girare a Goku i suoi bellissimi, luminosi occhi dorati da un’altra parte, non importava quanto male facesse ad entrambi. Colpisci soltanto le persone che ami? Genjo Sanzo non amava. Non voleva amare. Non doveva amare. Amava comunque, a dispetto di sé stesso.

Fu soltanto quando sedette vicino al letto del giovane svenuto che fu in grado di accettarlo pienamente. Amava Goku, Goku amava lui, lui non poteva avere Goku, e uno o entrambi loro avrebbero preferito essere morti una volta che la missione fosse stata terminata. Sanzo aveva sperato di limitare le fatalità il più possibile, e se doveva far quello non poteva permettersi una complicazione che avrebbe compromesso la sua serenità più di quanto già non fosse. Andassero a farsi fottere gli insegnamenti del Buddha, Sanzo stava facendo quello solo per preservare la sua vita e il suo equilibrio.

Sapeva cosa avrebbe dovuto fare. Si odiava per questo, ma Genjo Sanzo odiava sé stesso per un sacco di cose. Una in più non avrebbe fatto alcuna differenza.

L’amata figura sul letto si stiracchiò, iniziando a risvegliarsi, e lui si alzò per avvertire Gojyo e Hakkai.

Gli altri due si accucciarono vicino al letto, ma Sanzo prese posizione vicino al muro più lontano – mettendo più distanza possibile tra lui e Goku – lottando per il suo infame distacco. Confusi occhi dorati si aprirono e il suo cuore gli sobbalzò dolorosamente nel petto. Sembrava che la freddezza non arrivasse. Forse si meritava di soffrire per ciò che aveva intenzione di fare . La sofferenza avrebbe portato con sé una spiegazione, e Sanzo, ora come ora, ne era privo in maniera straziante.

L’oro incontrò il viola e il mondo si fermò, fremette in raccapriccio, sobbalzò sui suoi assi e iniziò a ruotare nella direzione sbagliata. Spiegazione. Freddezza. Obbiettività.

"Cosa diavolo pensavi di fare, stupida scimmia?"

Sofferenza.

"I…"

Hakkai intervenne. "Eravamo preoccupati per te, Goku. Che cosa ha potuto essere così terribile da farti preferire mutilarti piuttosto che parlarcene?"

La sua voce era soffice, rotta. "Aiuta. Fa andare via il dolore per un po’ di tempo…"

Gojyo questa volta: "Che dolore, Goku?"

Dolorante oro sull’indurito violetto. "Perché non mi ami, Sanzo? Tutto quello che ho sempre voluto era che tu mi amassi."

"Come potrei io amare te?"

Distrutto, frammentato oro, annegava nelle lacrime. "Io…mi dispiace, Sanzo…" Goku si alzò e camminò con calma via dalla stanza, infilandosi la maglia mentre se ne andava. Hakkai lo seguì, agitato.

Gojyo si girò verso di lui, ringhiando con rabbia animalesca. "Tu patetico, egocentrico bastardo. Avresti potuto almeno dargli qualcosa. Tu non meriti il suo amore."

Diede un pugno a Sanzo così forte che il biondo volò attraverso la stanza prima di crollare  sgraziatamente sul pavimento. Gojyo era così arrabbiato che ogni cosa era consumata dal ruggire del sangue nelle sue orecchie e dal velo rosso davanti ai suoi occhi; non udì la sussurrata risposta di Sanzo e uscì dalla stanza con passo pesante.

"Lo so."

Solo nella stanza, le parole del biondo riecheggiarono ancora e ancora nella sua testa, con la stessa perversione di un mantra.

Come potrei io amare te? Come potrei io amare te? Come potrei io amare te?
Come potrei io…amare te? …amare te? …amare te …amare te …io ti amo… Goku, io ti amo…

Come non potrei?

 

~Sette~

Kanzeon Bosatsu osservò l’allargarsi del dramma dal suo trono nel mondo celeste; era dispiaciuta. Questo non era il modo in cui la divinità ermafrodita aveva intenzione che le cose procedessero. Si era aspettata una cosa del tipo: viaggio ad Ovest, messa del Generale Gyumaoh permanentemente fuori dei piedi, e fine dei problemi che l’insuccesso aveva causato cinquecento anni prima, il tutto in modo efficiente e privo di dolore.

Quello che non si sarebbe mai aspettata era che suo nipote avrebbe iniziato a comportarsi nuovamente come un completo idiota. Era stato un idiota insofferente come Konzen, e lo era ancora una volta come Sanzo. È bello vedere che certe cose non cambiano mai! Kanzeon aveva sperato che condurlo ancora da Goku avrebbe sbattuto via un po’ del suo egocentrismo, procurando a sua zia un po’ di divertimento, e dando a sé stesso la felicità che sembrava così intento a negarsi. Era così tanto chiederne uno dei tre? Sanzo era introverso come sempre, se la stava cavando ammirevolmente nel rendere sé stesso e la scimmia completamente miserabili, e tutto ciò che Kanzeon ci aveva guadagnato era un mal di testa.

Se le cose fossero continuate in quella maniera, sarebbe stato necessario un intervento divino. E benché il pensiero di – figurativamente parlando – masticare  via una delle orecchie del nipote attraesse Kanzeon, non sarebbe probabilmente stata la mossa più saggia a quel punto. Particolarmente se la Dea della Misericordia non si sentiva molto misericordiosa.

Avrebbe dato al giovane monaco un paio di giorni per riordinare le idee, e allora lei sarebbe andata da lui e gli avrebbe strappato la pelle a strisce.

~ ~ ~ ~ ~ ~ ~ ~ ~ ~ ~ ~

Sanzo tremò. Era tranquillamente seduto nel bar con la sua bottiglia di birra non aperta quando era stato scosso da un’intensa sensazione di presagio, e poi da un irremovibile bisogno di andare a controllare Goku. Lo spinse da parte e aprì la sua birra. Prima che avesse avuto il tempo di prendere un sorso l’impulso ritornò, forte più di prima. Sembrava quasi che una volontà esterna alla propria si stesse esercitando su di lui, forzandolo a fare il passo che sarebbe altrimenti stato troppo testardo o troppo codardo per fare. Sanzo scartò la ridicola ipotesi. Anche se fosse stata possibile, chi sarebbe mai stato tanto interessato di quella faccenda?

Nondimeno, c’era una strana sorta di familiarità nella presenza intrusa, come se provenisse da qualcuno che conosceva bene; conosceva lui bene ed era estremamente esasperata, frustrata dalla sua testardaggine, dal suo inutile sacrificio. Quando si concentrò sulla presenza, altri suoi attributi furono rivelati: confidenza, quella stessa esasperazione, un senso di superiorità tinta di divertimento, e una strana affezione – come se lui fosse un amato, anche se sciocco, nipote.

Conosceva un solo essere che avesse tutti quegli attributi, e avesse un’espressa predilezione nell’immischiarsi nei loro affari: Kanzeon Bosatsu. La sensazione di altezzoso divertimento crebbe come lui raggiunse quella convinzione, e percepì l’impulso di visitare la sua stupida scimmia crescere un’unica volta. Poi la presenza scomparve. Sembrava che la decisione finale dovesse essere sua, dopotutto.

Di certo, sapere di avere l’approvazione di Kanzeon – benché tacitamente – riguardo una relazione con Goku diffuse un’intera nuova luce sulla situazione. Forse non sarebbe stato necessario per lui soggiogare i suoi desideri finché non avesse finito il lavoro che era stato stabilito. Se quello era il caso, l’unica cosa di cui doveva aver paura era sé stesso. Genjo Sanzo non era un codardo. Avrebbe fronteggiato la scimmia; e pensarlo lo riempiva di trepidazione, delle sue proprie paure. Forse questa volta avrebbe avuto una ricompensa per aver aperto il suo cuore ad un altro, invece di perdite e dolore.

Sanzo mise via la sua birra con un sospiro rassegnato, poi si avviò verso il piano superiore dell’albergo, mentre la sua ombra scura lo seguiva come una scia.

Come era la sua natura, una volta che la sua mente era pronta e determinata, andava avanti con la piena forza della sua volontà e tutta la sua sicurezza a guardargli le spalle. Comunque , non appena raggiunse la porta della nuova stanza di Goku, sentì – per la prima volta nella sua memoria – tutto il suo autocontrollo e la sua abituale sicurezza abbandonarlo. Anche la sua rabbia era sparita. Per un minuto, non volle altro che girare i tacchi e scappare; osservò la porta per un istante, poi quel familiare senso di urgenza discese su di lui, che spinse e aprì la porta.

Sanzo diede un’occhiata alla distrutta, innocente figura sul letto e sentì il suo cuore andare in pezzi.

Non sentì Hakkai entrare, non sentì le invettive di Gojyo, non vide Hakkai piazzare una mano sul braccio del rosso e portarlo fuori dalla stanza. Tutta la sua attenzione, il suo vero sé stesso, era focalizzato sul fragile, afflitto ragazzo davanti a lui. Come lo vide, per la prima volta in tre giorni Goku mostrò segni di vita. Una singola lacrima tracciò un cristallino sentiero lungo la sua delicata, eccessivamente pallida guancia. Sanzo non realizzò nemmeno di essersi mosso finché non l’ebbe raggiunto e gli ebbe asciugato via la lacrima.

Sedette dietro Goku sul letto e guidò la curva figura fra le sue braccia, la loro posizione ricordava quella che avevano assunto mentre Sanzo cullava il giovane svenuto stringendolo a lui mentre viaggiavano verso la città. Senza sembrare cosciente di ciò che stava facendo, Goku si voltò nell’abbraccio di Sanzo e strinse le braccia attorno alla vita del suo protettore, accoccolandoglisi più vicino. Una delle mani del biondo si sollevò posizionandosi fra i capelli del suo giovane amore. Per la prima volta quel giorno, parlò.

"Dormi, amore. Sono qui."

 

~Otto~

N.d.A. : Morfeo è il dio Romano dei Sogni.

Goku si svegliò ben riposato e bizzarramente contento, debolmente consapevole della non familiare sensazione di essere cullato da braccia forti mentre una mano giocava pigramente coi suoi capelli. Riluttante a lasciare il confortevole abbraccio di Morfeo, si strofinò mezzo addormentato sul pallido collo della persona che lo sosteneva, fremendo irritato quando dei biondi capelli gli solleticarono il naso. ASPETTAUNMINUTO! Sobbalzò svegliandosi del tutto; Gojyo e Hakkai potevano essere descritti tramite molte cose, ma il biondo non era una di quelle. L’unica persona di sua conoscenza che rientrava in quella particolare descrizione era…

Goku alzò timidamente lo sguardo, le sue rabbiose speranze si compirono quando incontrò il viso dell’uomo che era il centro del suo universo, un viso dipinto con un alquanto insolito mosaico di emozioni: affetto, preoccupazione e un pochino di ansia al posto della sua abituale irritata superiorità. Goku era così meravigliato che non poté emettere nulla più di un insensato gemito soffocato.

"Buongiorno, Sanzo."

La mano non smise di pettinargli i capelli mentre Sanzo replicava. "Buongiorno, scimmia…dormito bene?"

"Uhn."

Qualche istante di silenzio; in parte contenti, in parte divertiti. La tensione salì dentro di lui, e alla fine Goku fu costretto a chiedergli la domanda che lo affliggeva.

"Sanzo, perché sei qui? Perché stai facendo questo?"

"Io non dovrei esserci. Sei irritante, sei rumoroso, sei la più grande fottuta distrazione che io abbia mai incontrato e mi fai diventare matto, ma mi fai felice. Dovevo premettere la nostra missione, non avrei neanche dovuto pensare ad iniziare qualcosa con te ora, ma sono venuto qui la scorsa notte ed è stato come se qualcuno mi avesse dato un pugno allo stomaco: non posso sopportare di vederti star male. Voglio che tu sia felice. Voglio farti felice. Io…ti amo…"

C’era uno scuro, etico rossore sulle pallide guance di Sanzo mentre finiva di parlare e sembrava sulla difensiva, quasi sul punto di attaccare, come se avesse voluto parlare di tutto tranne che di quello. Goku era immensamente sollevato; quello era l’uomo di cui si era innamorato: quello che provava cose profondissime ma avrebbe preferito tagliarsi la lingua piuttosto che ammetterlo, e che sarebbe stato maggiormente a suo agio fronteggiando Kougaiji e la sua squadra da solo e disarmato invece che ammettendo come si sentiva di fronte a qualcuno che lo adorava.

Anche l’invertita dichiarazione d’amore era confortante.

Goku sorrise. "Ti amo, Sanzo. Grazie mille. Grazie per avermi dato una possibilità." Gli di avvicinò e fece ciò che da tempo desiderava fare: aggrovigliò le mani fra i capelli del suo monaco e unì assieme le loro labbra.

Lavorava soltanto con l’istinto, non avendo mai baciato un uomo prima, ma sembrava che l’istinto lo stesse servendo bene – Sanzo gemette morbidamente nella sua bocca e portò le loro teste più vicine. Permise con piacere al maggiore e ovviamente più esperto (pensando che preferiva non indagare su come un monaco supposto celibe avesse guadagnato così tanta esperienza) uomo di prendere il controllo del bacio.

Sembrava strano che un semplice contatto di labbra, privo addirittura della lingua, potesse trasformare la spina dorsale di Goku in gelatina e il suo cervello in un soffice mucchio di ormoni setacciati. Nondimeno, era stupendo. Aveva deciso, dopo non più di qualche secondo, che il viaggio ad occidente sarebbe stato posposto a tempo indeterminato, perché non voleva andarsene senza la pressione del peso di Sanzo su di sé; senza le mani di Sanzo nei suoi capelli o mentre gli accarezzavano la schiena; senza le labbra di Sanzo esitanti sulle sue. Quando la lingua di Sanzo penetrò la sua bocca, il cervello di Goku esplose, e tutto il sangue che non vi era necessario corse immediatamente al suo inguine.

A giudicare dal modo in cui Sanzo gemeva nella bocca del suo amante e dalla feroce natura dei suoi baci, stava sperimentando un problema simile.

~ ~ ~ ~ ~ ~ ~ ~ ~ ~ ~ ~

Il morale di Kanzeon era infinitamente sollevato dall’improvviso cambiamento nel cuore del nipote; anche più per il fatto che era successo quasi interamente senza bisogno della sua assistenza. Tutto quello che aveva fatto era stato dargli la spinta iniziale, e sei ore – e una maldestra confessione – più tardi si stava rotolando su un letto con Goku in gloriosa, estatica, sgualcita scostumatezza. La Dea della Misericordia era così deliziata da essere addirittura preparata a chiudere un occhio sul fatto che il suo caro nipote era tecnicamente tenuto a mantenere il celibato. Ad ogni modo, non era mai stato tanto bravo a seguire le regole.

Anche quando era un annoiato, immortale nobiluomo timbracarte odiava seguire le regole; era semplicemente troppo appesantito dall’apatia per far qualcosa in proposito. Avere Goku – che doveva ancora trovare una regola da non rompere – intorno gli aveva sempre fatto bene, non importava quanto pretendesse di odiarlo. Il fatto che erano finalmente diventati amanti era ancora più piacevole per Kanzeon. Era così contenta che aveva quasi intenzione di essere carina col loro. Quasi. Almeno per un po’...

Nondimeno, era un sollievo sapere che fra quei due le cose ora erano a posto. Aveva dei piani per quella bizzarra piccola famiglia, e non includevano l’auto-distruzione perché la scimmia era innamorata di un egocentrico buono solo a rimproverare che non riconosceva una cosa buona nemmeno se gliela mettevi sotto il naso. Erano state lanciate abbastanza chiavi durante gli avvenimenti di cinquecento anni prima. Altre disavventure sarebbero state semplicemente ridicole. Kanzeon Bosatsu aveva in programma di non permettere a nient’altro di andare storto.

 

~Nove~

Avrebbe dovuto sembrare sbagliato, forse, avere Goku steso, scarmigliato e desideroso sotto di lui; non sbagliato in quel modo che conduceva a pensieri di dolore e vergogna e dannazione, ma in quell’oscura sensazione che aveva sempre accompagnato certi svaghi prima: che il suo amato maestro avrebbe scosso la testa di fronte alla corruzione del dharma del suo apprendista per qualcosa di così frivolo. Per una volta, la sensazione non arrivò; Sanzo avrebbe potuto sforzarsi maggiormente nel considerare quello strano nuovo fenomeno ma a quel punto Goku avrebbe smesso di tentare di succhiargli la lingua. E non si sarebbe più divertito così tanto…

Abbandonando il pensiero per l’azione, come ultimamente preferiva, Sanzo si assicurò che Goku non prendesse mai nemmeno in considerazione  l’idea di lasciarlo ancora. Le risposte di Goku alle sue stimolazioni e alle sue carezze erano belle nella loro esitazione. Sanzo trovava che l’inesperienza e l’arrendevolezza del ragazzo fossero incredibilmente eccitanti, e la sensazione di controllarlo lo portava ad un livello molto primitivo. Per la prima volta, Sanzo comprese la differenza tra il prendere un amante a caso e prendere un compagno, e il perché la seconda fosse infinitamente preferibile.

Voleva possedere Goku; lasciare il suo marchio sopra e sotto la delicata pelle bronzea così che il demone non dimenticasse mai a chi apparteneva. Lo voleva.

Sanzo strappò via i vestiti del ragazzo con una forza che quasi lo spaventò, e si abbassò, tenendo separate le gambe di Goku con le sue ginocchia per coprire quanto più gli era possibile quello snello corpo col proprio. L’assenza dei suoi vestiti cerimoniali – dimenticati da qualche parte nella sua stanza – era una benedizione: l’attillato vestito che portava sotto gli permetteva il vicino contatto che voleva; ma non era abbastanza. Non era abbastanza vicino.

Catturò le labbra di Goku in un bacio feroce, infilando la sua lingua nell’aperta, ansimante bocca. Goku non sembrava neanche cosciente dei suoi stessi gemiti. Questo incitò Sanzo, colmandolo con l’improvviso bisogno di vedere se avesse potuto far gridare Goku. La scimmia era così rumorosa tutte le altre volte che il suo quasi silenzio ora sembrava sbagliato. Era un tentativo a cui guardava con ansia, e con piacere. Ma Sanzo aveva ancora bisogno di essere sicuro che Goku capisse.

Il dissoluto monaco si spostò dalle labbra tremanti del suo amante, e diresse i suoi denti nella curva dove il collo bronzeo incontrava la spalla, mordendo con forza. Leccò la ferita e si ritrasse; una carezza prolungata che lasciò Goku tremante sotto di lui con indifesa sensualità. Sanzo circondò con le mani il volto del giovane con atipica tenerezza.

La sua voce, per quanto morbida, era decisa. "Tu sei mio. Mi hai capito? Mio."

"Sììììì." La replica di Goku fu quasi un sospiro mentre inconsciamente avvicinava le anche a quelle del suo salvatore.

I vestiti di Sanzo colpirono il pavimento quasi altrettanto velocemente di quelli del suo amante.

Da quel momento in poi, ogni cosa venne offuscata da un’irresistibile marea di piacere; soltanto le manifestazioni più sfuggenti venivano percepite. Mani morbide che esploravano pelle di porcellana…folti capelli marroni intrecciati attraverso le sue dita…quieti, affamati gemiti e sospiri versati da labbra ormai gonfie…l’ampia, perfetta curva di un torace bronzeo inarcato sotto di lui…violente, esigenti mani sul suo membro pulsante… gambe muscolose e sorprendentemente forti allacciate attorno alla sua vita…

Il tempo sembrò fermarsi con lui mentre guardava Goku inarcarsi, urlando in un soffocante piacere mentre Sanzo lo penetrava; stava ascoltando il grido raggiungere nuove tonalità – alcune che soltanto Goku avrebbe potuto inventare – quando la desiderante mano di Sanzo incontrò la sua eccitazione e iniziò a pomparla. Sanzo aveva avuto ragione: sentire Goku gridare era soddisfacente. Specialmente quando quell’urlo era un’incoerente ripetizione del suo nome.

Ogni cosa che seguì fu incredibilmente confusa – piacere, bisogno, un grido, inondante appagamento, baciando via le lacrime di Goku, cadendo nel reame di Morfeo col suo compagno stretto con sicurezza sul suo petto. Non aveva intenzione di lasciarlo più andare…

Si svegliò con la mano di Goku che si muoveva pigramente attraverso il suo petto; un fatto che non faceva nulla per smorzare il desiderio grazie al quale si era svegliato, ed era anzi la sua più probabile causa.

Goku lo guardò timidamente. "Senti, Sanzo…"

"Cosa?"

"La scorsa notte…hai detto che ero tuo… questo rende te mio?"

Sanzo fremette – non arrabbiato, solamente immerso nei suoi pensieri. Improvvisamente, si ruppe in basse, assurde risatine soffocate.

"Sì. Posso sopravvivere così."

Abbassò Goku per incontrare labbra avide, e non più tempo fu perso con le parole.

 

~Dieci – o possibilmente l’Epilogo~

Gojyo, nella stanza adiacente, si alzò in piedi scioccato, sloggiando il suo amore addormentato e svegliandolo con le sue manovre. Sembrava che un rinviato shock e un imbarazzo cronico avessero cospirato contro di lui e gli avessero finalmente fatto perdere la testa. O era quello, o stava avendo delle allucinazioni uditive. Possibilmente entrambe.

"Oh, mamma… Pensavo che ascoltare la scimmia fare sesso fosse dannoso, ma Sanzo ridere? Sanzo? RIDERE? Non è possibile! O alla fine sono diventato pazzo oppure l’apocalisse sta arrivando…"

La stessa risata di Gojyo era più che leggermente isterica.

Hakkai sospirò. Non voleva schiaffeggiare Gojyo per riportarlo in sé, perché probabilmente ciò avrebbe portato ad una battaglia, che avrebbe fatto accorrere Sanzo e Goku – e dubitava che a qualcuno dei due avrebbe fatto piacere essere disturbato. Morire non era fra le opzioni più alte nella sua agenda, quel giorno. Cosa che lo fece desistere dal proseguire oltre…interessanti…vie di distrazione. Hakkai sorrise a se stesso: era certo che in qualche modo avrebbe trovato nel suo cuore il coraggio di diventare un martire per la causa…

Ancora sorridendo, si alzò e riportò l’andato mezzosangue sul letto, stendendolo sulla schiena. Portandosi sopra il suo amante, Hakkai baciò rumorosamente il rosso. L’isterismo di Gojyo gli sembrò meno importante quando sentì la lingua di Hakkai nella sua bocca. Avrebbe rimandato a più tardi la sua preoccupazione per la pelle della scimmia – preferibilmente a quando il bonzo corrotto si fosse sentito un tantino meno possessivo – ma per il momento Gojyo aveva cose più urgenti a cui pensare.

~*~ FINE!! ~*~

Finalmente!

E possiamo per favore ignorare quanto orribilmente OOC fosse Sanzo verso la fine? Per favore? È stato terribilmente difficile farlo rientrare nel personaggio  date le circostanze in cui la storia prende posto. Non è come se è terribilmente buono con le emozioni al primo posto. Sono certa che le prova, ha soltanto…ha delle difficoltà ad ammetterlo… Povero Goku. Ha veramente toccato il tasto dolente della situazione. Arrgh. MalvagioscostumatoegocentricocorrottobuonoapensaresolooscenitàMONACO!

Ad ogni modo…datemi un colpo e fatemi sapere cosa ne pensate.
Aspetterò col fiato sospeso!
~Akasha,
La Regina dei Dannati.

 



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