Incubo parte
XII
di Alessia
Passione.
Oggi il suo gioco era fatto di pura passione. Nessuno riusciva a bloccarlo, fermarlo, era il re incontrastato del campo.
Come sempre del resto.
Due volte - due volte! - aveva persino passato la palla e il gioco di Akagi e Mitsui si era bloccato per alcuni istanti quando avevano realizzato chi aveva passato loro la palla.
Lui voleva sapere!
Voleva sapere chi era la persona che era riuscita a trasformarlo in questo modo.
Sembrava quasi che fosse...
No! No! No!
Scosse con forza la testa.
La kitsune non poteva essere innamorata di qualcuno che non fosse lui, e piuttosto che lasciarlo a qualcun altro lo avrebbe ucciso.
Uscì di casa abbastanza presto, sotto lo sguardo lievemente preoccupato dei suoi genitori.
Erano diverse notti che stava fuori fino all'alba, ma per il momento non gli avevano ancora detto nulla. Sapevano che il loro era un ragazzo responsabile e che non avrebbe fatto nulla per mettersi nei guai.
Lo seguì a qualche metro di distanza per non farsi notare.
Doveva sapere. Doveva scoprire chi era la persona che l'aveva reso sorridente, come lui mai era riuscito a fare.
Scese dopo un paio di fermate e si diresse verso la spiaggia.
La spiaggia dove aveva conosciuto il vero Rukawa, la spiaggia dove si erano scambiati il loro primo bacio, la spiaggia che lo aveva visto tormentato, la spiaggia dove avevano fatto l'amore...
Chiuse gli occhi e scosse la testa come per schiarirsi le idee. Stava iniziando a confondere la realtà con il suo sogno.
Lo vide entrare in un locale e sedersi all'esterno, nella veranda che dava sul mare, lui preferì restare all'interno scegliendo un tavolo d'angolo da cui poteva tenerlo d'occhio.
Se ne stava lì, la testa poggiata su una mano a contemplare le onde del mare morire sulla spiaggia rischiarata da una falce di Luna che brillava nel cielo, e mandava via le cameriere che andavano al suo tavolo con puntualità cronometrica.
Quanto avrebbe voluto... quanto avrebbe voluto essere lì con lui, perdersi nei suoi occhi, sfiorare i lineamenti del suo volto e baciare quelle morbide labbra...
Vide qualcuno fermarsi al suo tavolo.
Dannazione, levati! Mi blocchi la vista della mia kitsune!
Però... aspetta un secondo!
Lui conosceva quella giacca!
Aveva lavorato come un matto, rinunciando a molti dei loro appuntamenti, persino mentendo per non fargli scoprire cosa stava facendo.
Seiji!
Cosa... cosa ci faceva con il suo Kaede?
Entrò e si fermò alcuni istanti sulla soglia cercandolo e quando vide dove era seduto vi si diresse lentamente, concedendosi quel tempo che non si era dato la prima volta.
Certo, conosceva il suo corpo nudo ma adesso voleva studiare la sua gestualità, il linguaggio del suo volto e del suo corpo.
Ed i suoi occhi erano magnifici nella contemplazione del mare, oltre la linea dell'orizzonte.
Gli si fermò accanto e ancor prima di richiamare la sua attenzione l'altro si voltò verso di lui e le sue labbra si schiusero in un morbido sorriso.
"Ciao..."
Seiji gli sorrise a sua volta e si sedette sulla sedia di fronte "Non pensavo ci avresti messo così tanto..." si era aspettato una telefonata lo stesso giorno che l'aveva lasciato, l'indomani al più tardi, invece aveva dovuto aspettare una settimana.
Rukawa gli sorrise freddamente "Ho avuto da fare" neanche sotto tortura avrebbe mai confessato cosa era successo.
Ohi, ohi... il bimbo si è offeso...
Seiji ridacchiò dentro di se.
Sapeva di essersi comportato da autentico bastardo - specialmente quando aveva visto quell'espressione ferita nei suoi occhi - ma non aveva la minima intenzione di scusarsi. Era stato l'altro a stuzzicarlo tutta la sera con lo sguardo fisso su di lui, mentre beveva, accavallava le gambe, poggiava il viso sul palmo della mano, e poi... il suo abbigliamento era un vero e proprio inno allo stupro.
Ma non dubitava che ora Rukawa gliela volesse far pagare. In fondo sapeva di star giocare col fuoco insieme a lui.
La cameriera - che non credeva il suo lavoro si potesse rivelare così interessante - portò loro le ordinazione e cercò di rimanere più tempo possibile chiedendo se avessero bisogno d'altro, che sarebbe stata lieta d'aiutarli... sino a quando Rukawa non le lanciò uno sguardo talmente torvo che quella si sarebbe voluta scavare una fossa e seppellercisi.
Seiji osservò la ragazza allontanarsi, quasi in lacrime.
"Non credi di essere stato troppo duro?"
Rukawa scosse la testa e gli sorrise "Se non fai subito capire loro chi comanda quelle iniziano ad appiccicartisi come colla" bevve un po' della sua cioccolata calda e ripose la tazza sul piattino con mano leggermente tremante mentre osservava le dita di Seiji avvicinarsi al suo viso e scostargli alcune ciocche di capelli da davanti gli occhi, continuando a sorridergli.
"Ma guarda... lo schiavo che gioca a fare il padrone..." sussurrò lentamente, lasciando scivolare due dita lungo la guancia.
Rukawa arrossì un poco, ma gli afferrò il polso e se lo portò davanti le labbra, mordendo la carne sotto il pollice per poi leccare il segno dei propri denti.
La tazza gli scivolò dalle mani, spargendo il proprio contenuto sul tavolo, bagnandolo, un cameriere si precipitò da lui per ripulire tutto il più in fretta possibile e portargli subito dopo un altro caffè.
Ma lui non si era accorto di nulla.
Seiji che parlava col suo Kaede.
Il suo Kaede che sorrideva a Seiji.
Seiji che accarezzava il viso del suo Kaede.
Il suo Kaede che gli prendeva la mano e gliene baciava il palmo.
Non poteva essere vero!
Ora si sarebbe svegliato nel suo letto e si sarebbe accorto che stava sognando e che nella realtà Seiji non esisteva, che Kaede era suo - totalmente suo - e che si amavano alla follia.
Pagarono il conto ed andarono sulla spiaggia, comminando l'uno accanto all'altro in silenzio, sino a sedersi su una scalinata in penombra.
Tutte le loro idee su come trascorrere quelle ore come svanite nel nulla, sembravano desiderare solo di rimanere così il più a lungo possibile, vicini, in silenzio.
La sciabordio calmo e tranquillo del mare che accompagnava i loro respiri, la luce di una falce di Luna ora nascosta dalle nuvole che consentiva loro di vedersi con sufficienza chiarezza ma senza troppo rivelare.
Le dita della mani che si sfioravano in gesti che stonavano con la natura del rapporto che sarebbe dovuto esserci tra di loro.
Ma il silenzio, per quanto caldo e avvolgente, non può durare per sempre e allo stesso modo anche il loro - che sembrava volersi protrarre all'infinito - fu spezzato dalla voce bassa, quasi baritonale, di Rukawa.
"Com'era stare con Sakuragi?"
Non avrebbe dovuto interessarlo la cosa, ma la situazione che l'altro aveva vissuto lo affascinava. Si chiedeva come potesse essere condividere la propria vita con qualcuno che per conquistarti ti ha minacciato di morte, qualcuno che aveva allontanato da te tutti i tuoi amici e che sarebbe stato pronto a tutto pur di non perderti.
Seiji osservò i suoi lineamenti e senza smettere di guardarlo, poggiandosi contro la ringhiera, iniziò a parlare: "Sarà banale, ma... stare con lui era come andare sulle montagne russe. Un semplice saluto da parte di un compagno da lui ritenuto troppo amichevole scatenava reazioni assurde. Scenate di gelosia, urla, suppliche, minacce... un paio di volte mi ha anche picchiato... nulla di catastrofico: solo degli schiaffi che per due o tre giorni facevano somigliare la mia faccia ad un pallone" il silenzio tornò per aiutare Seiji a riordinare le idee "Eppure... era capace di enormi slanci d'amore. Un abbraccio o un semplice sorriso erano capaci di rendermi la persona più felice del pianeta. Chissà... " si strinse nelle spalle "...forse è perché non ne avevo mai ricevuti che mi sembravano così speciali, ed è probabilmente per lo stesso motivo che mi innamorai di lui. Anzi... la vuoi sapere una cosa assurda?" alzò il viso verso quella Luna ora libera di mostrare tutta la propria argentea bellezza "Credo che una parte di me lo ami ancora, nonostante tutto..."
Li aveva seguiti.
Certo che lo aveva fatto! Non poteva assolutamente andarsene, ignorando ciò che aveva visto. Nessuno ci sarebbe riuscito.
Se avessero prestato un po' più d'attenzione a ciò che li circondava lo avrebbero visto, ma sembravano del tutto persi in un loro mondo personale.
Parlavano con tranquillità e restavano in silenzio con naturalezza.
Ignorandolo.
Vivendo attimi, momenti che con lui non avevano mai avuto.
Perché? Perché lui non era riuscito ad avere quelle cose?
Eppure amava Kaede e aveva amato Seiji, aveva loro donato tutto se stesso.
E allora perché?
Li vide alzarsi, ma non ebbe il coraggio di continuare a seguirli.
Non poteva torturarsi a quel modo. Ora aveva solo voglia di... di piangere, urlare, ferire e distruggere le uniche due persone al mondo che avesse mai amato.
L'ultimo treno era appena partito e l'aveva perso.
Seiji lo aveva accompagnato sino alla stazione e non appena entrati avevano visto i vagoni iniziare a muoversi.
Sospirando si preparò alla scarpinata che lo attendeva per arrivare a casa. Si voltò per salutare l'altro, ma Seiji gli mostrò delle chiavi.
"Sai... se ti va... ho la moto. Se vuoi posso accompagnarti a casa"
Annuì, senza riflettere e nell'arco di pochi minuti erano di nuovo vicino il locale.
Nessuno lo aveva mai accompagnato a casa: a nessuno lo aveva mai permesso e nessuno lo aveva mai desiderato, ma sentiva di poterlo concedere a Seiji.
In fondo lui era ciò che aveva sempre desiderato, no?
Tolse l'allarme alla moto e aprì la sella per prendere due caschi e porgerne uno a Rukawa.
Salì e attese che l'altro sedesse dietro di lui, prima di accendere il moto.
Il fiato gli mancò per un attimo sentendo le braccia di Rukawa cingergli la vita... avrebbe detto
timidamente se non avesse saputo che timido non era, nella maniera più categorica, un aggettivo riconducibile al suo passeggero.
Passarono per strade secondarie, alla ricerca di quella tranquillità che aveva accompagnato tutta la loro serata.
Le case immerse nel buio e Seiji che rallentava dicendosi che era a causa della lieve acquerugiola che bagnava l'asfalto e non perché volesse continuare ad avere le braccia di Kaede introno al suo corpo.
Ma la strada non era infinita, e seppure con più tempo del previsto arrivarono comunque davanti la casa di Rukawa.
Il suo passeggero scese e si tolse il casco, porgendoglielo, ma anziché rientrare - ignorandolo - come sarebbe stato nel suo carattere, rimase lì di fronte, sprofondando le mani nelle tasche dei jeans e dondolandosi piano sui talloni.
Seiji si tolse a sua volta il casco, osservando la pioggia bagnare i vestiti, il volto, i capelli dell'altro.
Stavano in silenzio, senza il coraggio di parlare e di spezzare quella specie d'incantesimo che c'era fra di loro.
Allungò una mano e gli scostò i capelli corvini da davanti gli occhi, sfiorandogli una guancia e scendere sin dietro la nuca, traendolo a
sè.
Vide gli occhi di Rukawa socchiudersi mentre le loro labbra s'incontravano e sentì il sapore della cioccolata mischiarsi con quello della pioggia.
Stuzzicò con la punta della lingua le labbra dell'altro sino ad ottenere l'accesso alla sua bocca, ma proprio in quel momento Kaede si tirò indietro e agli occhi di Seiji sembrava quasi imbarazzato.
"Gra... grazie per il passaggio. Buona notte"
Rientrò in casa quasi di corsa e solo quando si richiuse la porta della sua stanza alle spalle sentì il rombo della moto che si allontanava.
Maya gli stava davanti, scodinzolante e Rukawa cadde in ginocchio, abbracciandola e affondando il volto nel suo morbido pelo mentre sentiva crescere dentro di se un'inspiegabile voglia di piangere.
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