Incubo parte
XI
di Alessia
Una settimana dopo si trovava sulla terrazza della scuola, il vento spazzava via tutto e il cielo sembrava promettere un'imminente tempesta.
Rigirava fra le mani il bigliettino che l'altro gli aveva lasciato.
Era la mattina successiva e si era svegliato al suono di qualcosa che cadeva. Si era rigirato nel letto, all'inconsapevole ricerca di quel corpo caldo con cui aveva passato la notte, ma le lenzuola erano fredde.
Sedendosi si era spostato i capelli dal viso e, ancora insonnolito, lo aveva visto che stava finendo di vestirsi.
Quello era il suo ruolo!
Era lui quello che se ne andava di soppiatto all'alba, o anche prima.
"Dove... dove stai andando?" perché la sua voce aveva assunto quella nota stucchevolmente implorante?
Seiji si era voltato e sorridendogli si era seduto sulla sponda del letto.
Gli aveva preso un polso e attirandolo a se lo aveva baciato con lentezza, precisione, totale concentrazione, come se quello fosse l'ultimo bacio della sua vita e lui fosse la persona più importante dell'intero Universo.
Quando si era staccato dalle sue labbra gli aveva porto un biglietto dicendogli di chiamarlo nel caso avesse avuto voglia di divertirsi ancora, poi si era alzato e se ne era andato, lasciandolo lì: nudo sotto le coperte.
E lui, non sapeva il perché, ma si era tirato le lenzuola sin sotto il mento per coprirsi, fissando la porta chiusa.
Lo aveva fatto sentire - o forse era lui che si era sentito così - nulla di più di una puttana.
Ora sapeva cosa avevano provato gli altri quando era stato lui ad averli lasciati il giorno dopo, molte volte senza un saluto o un biglietto.
Cosa ti succede?
La kitsune giova meravigliosamente, come suo solito, ma senza il cuore.
Nei suoi occhi non c'era passione, gioia, per ciò che stava facendo; i suoi occhi erano spenti, e lui non riusciva a riconoscerla.
Cosa gli era successo?
Cosa gli era successo per renderlo così apatico?
O meglio... più apatico del solito.
E poi... anche più crudele.
Poco fa Akagi lo aveva rimproverato per le sue manie di protagonismo, nulla di strano, ma questa volta Rukawa aveva reagito.
Aveva risposto dicendo che non avrebbe mai fatto gioco di squadra con degli inetti come loro e che se lo poteva scordare che lui passasse la palla quando stava compiendo un'azione che sarebbe terminata in un sicuro canestro.
Kogure era subentrato nella discussione per sedare gli animi - a sua geniale opinione il quattr'occhi aveva un futuro assicurato nella carriera diplomatica - e avevano ripreso a giocare, seppure in un'atmosfera pesante in cui la tensione la si sarebbe potuta tagliare con un coltello.
Cosa ti succede amore mio?
Seduto sul davanzale della finestra, una mano protesa all'esterno per raccogliere le lacrime che il cielo stava piangendo. La musica ad alto volume, era il momento di uno dei passaggi più importanti della
Carmina Burana.
Perché?
Perché si sentiva così da schifo, frustrato, umiliato?
Non poteva essere per ciò che aveva fatto con Iwamoto; non era la prima volta che faceva del sadomaso soft, anche se non aveva mai
interpretato la parte dello schiavo, ma doveva ammettere che aveva goduto molto più così che non giocando a fare il padrone.
Sospirando ritirò dentro la mano, continuando a fissare la pioggia cadere e donare nuove tonalità di colore alla natura.
Ok, doveva far chiarezza dentro di sé. Cosa non sempre facile ma di fronte cui non si era mai tirato indietro.
Andiamo per gradi...
E cominciò col farsi la domanda che gli aveva fatto la madre non appena rientrato in casa:
sono innamorato?
Oddio, sperava proprio di no, andarsene in giro con espressione imbecille a decantare le gioie dell'amore non corrispondeva esattamente alla sua idea di futuro felice.
Cosa sentiva pensando a Iwamoto?
Eccitazione, voglia di rivederlo...
Cos'altro?
Umiliazione, desiderio di vendetta... per come era stato trattato quella mattina. Si era rivolto a lui come fosse l'ultima delle puttane.
In verità... in verità non aveva fatto altro se non comportarsi come aveva sempre fatto lui stesso con i suoi amanti occasionali.
E doveva ammettere che la cosa gli piaceva.
Non il fatto di essere umiliato, quella gliela avrebbe fatta pagare cara, ma il fatto che se n'era totalmente fregato della sua bellezza se non per ottenerne ciò che desiderava.
Sorrise.
Tutti coloro che l'avevano preceduto non avevano fatto altro che riverirlo, metterlo su un piedistallo, Iwamoto invece l'aveva usato solo per il sesso.
Osservò il cielo nero, felice di non essere innamorato ma di aver - forse - trovato ciò che aveva sempre cercato: qualcuno con cui avere una relazione basata sul sesso.
Prese il telefono e compose un numero che si era impresso a fuoco nel suo cervello.
Gli rispose dopo il terzo squillo.
"Ho voglia di divertirmi"
Dall'altra parte sentì un silenzio perplesso e alla fine la voce del ragazzo "D'accordo..."
Rukawa annuì impercettibilmente "Questa volta però si gioca con le mie regole"
"Quando vuoi..." un sussurro sensuale che gli fece correre un brivido lungo la schiena.
Gli diede appuntamento per la sera successiva in un caffè di fronte la spiaggia. Chiuse la conversazione e svegliò Maya tempestandola di coccole e poi corse giù lungo le scale, seguito dal suo cane, uscendo sotto la pioggia, reclinando la testa, aprendo la bocca, chiudendo gli occhi e spalancando la braccia.
Girava su se stesso senza sosta.
Si sentiva euforico.
Sembrava un cadavere ambulante.
Era tornato subito a casa, senza neanche fare l'allenamento supplementare che faceva sempre.
Non era un esuberante, ma oggi era peggio del solito.
La sua kitsune sembrava... triste.
Lo vedeva osservare la pioggia da dietro un angolo da cui sapeva non l'avrebbe visto.
Se ne stava lì, fermo, seduto sul davanzale pensando a chissà cosa.
Forse... che stesse pensando a lui?
Che si stesse rendendo conto che anche lui lo amava?
Si, era così!
Era sicuramente così.
Sorrise pensando che probabilmente già dal giorno successivo la sua vita sarebbe cambiata.
Lo vide prendere il telefono e con terrore pensò che se lo stava chiamando non avrebbe trovato nessuno. Neanche quella maledettissima segreteria telefonica che si dimenticava sempre di inserire.
Invece iniziò a parlare con qualcuno.
Qualcuno che lo rendeva... felice.
Contrasse i pugni con forza. Chi osava riportare il sorriso sul volto della kitsune?
Nessuno poteva osare farlo!
Solo lui ne era degno!
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