Incubo 

parte X

di Alessia


Correre, evitare rivali immaginari, palleggiare, allontanarsi dal canestro e tentare un tiro da tre punti in sospensione.
Erano almeno due ore che giocava, doveva recuperare il tempo perduto quel pomeriggio e gli allenamenti saltati.

Si avvicinò alla panchina e prese la bottiglia d'acqua da cui bevve avidamente sino a svuotarla.
Maya se ne stava lì, silenziosa e immobile quasi avesse capito lo stato di profondo turbamento in cui si trovava il suo padrone.

Aveva tentato ma non era riuscito a non pensare a ciò che gli stava accadendo.
Non era la prima volta che si trovava ad essere oggetto delle fantasie di sciocche ragazzine, ma questa volta era del tutto diverso e non sapeva cosa fare.

Non poteva andare alla polizia, quelli avrebbero iniziato ad indagare - forse - solo se avesse portato loro il proprio cadavere come prova.
Perché aveva la terribile sensazione che Sakuragi sarebbe arrivato a compiere qualcosa d'estremo se non avesse ottenuto ciò che voleva.

Si coprì la testa con un asciugamano e sospirò, chiudendo gli occhi.
Attorno a se sentiva solo il silenzio, a volte il suono del campanello di una bicicletta, il vento leggero che rinfrescava il suo corpo sudato.

E si chiedeva come Iwamoto fosse riuscito a vivere per due anni in quel modo, conoscendo la parte più oscura di Sakuragi e nonostante tutto innamorarsene lo stesso.
Ben inteso... non che lui avesse intenzione di emularlo, ma era dell'opinione che in fondo neanche Iwamoto fosse tanto normale per poter accettare una cosa del genere.

Si sdraiò, allargando le braccia sul prato, osservando il cielo che si vestiva dei colori del tramonto.
Cosa sarebbe accaduto adesso?
Cosa veniva dopo la rosa appassita?
La... la mancanza d'aria e luce?

Si rialzò in fretta e infilò la sua roba nella sacca, salendo in bici e facendo un fischio a Maya perché lo seguisse.
Non voleva pensarci, era stufo di pensare.
Tanto per il momento non avrebbe potuto fare nulla, quindi tanto valeva smettere di lambiccarsi il cervello e tornare a vivere.

Quella sera si usciva!
Avvisò sua madre che non sarebbe rimasto a cena e salì al piano di sopra per farsi una doccia.
Aveva voglia di divertirsi.



Non lo aveva trovato.
Non era a scuola e neanche a casa sua.

Aveva paura.
Chissà cosa poteva avergli già fatto.

Diede un pugno contro il muro, frustrato.
Era tutta colpa sua.
Non avrebbe mai dovuto perderlo di vista, avrebbe dovuto sempre essergli vicino per proteggerlo e lui non lo aveva fatto.

Sarebbe voluto scoppiare a piangere, ma non poteva permetterselo.
Doveva trovare Kaede e proteggerlo da ciò che quel pazzo di Seiji avrebbe potuto fargli.
Lui sapeva di cosa era capace.
Lo aveva sognato.



Aveva pensato di andare in qualche discoteca, o in un club privato, invece alla fine si era ritrovato seduto al tavolo di quel locale in cui suonavano musica jazz.

E di certo non passava inosservato la dentro.
A parte l'evidente giovane età che contrastava con la media di trenta, quarant'anni, degli altri avventori, anche il suo abbigliamento non era dei più adatti.
Mocassini di pelle neri, pantaloni di velluto attillati lucidi dello stesso colore e un maglioncino corto di cotone - nei toni sfumati del viola - che permetteva di intravedere una porzione di pelle all'altezza della vita e lo scollo a barchetta lasciava scoperta una spalla dalla pelle chiarissima e delicata.

Ad ogni modo non si sentiva di certo a disagio. Anzi, si era appositamente seduto ad uno dei tavoli centrali della sala e sentiva su di se gli sguardi di quasi tutti i presenti.

Sperò che qualcuno si facesse avanti.
Aveva voglia di sesso quella sera.
Forse era quel particolare tipo di musica, ma si sentiva languido e voglioso, desiderava mettersi a ballare su quel tavolo, farsi togliere i vestiti di dosso e poi scopare. Venire preso di seguito da più uomini, prenderli in bocca, aveva voglia di soddisfare qualsiasi tipo di richiesta per poi implorare di smettere e venir costretto a continuare, e poi ancora, ancora, ancora...

Un sottile gemito di piacere gli sfuggì dalle labbra e si riscosse dai suoi pensieri riflettendo sul fatto che non si fosse ritrovato col carattere che aveva sarebbe sicuramente arrossito sino alla punta dei capelli rendendosi conto di quanto fosse eccitato.



Rientrò in casa quasi distrutto.
Non ce la faceva più.

Quanto aveva camminato, alla disperata ricerca della kitsune?
Era... era persino andato nell'appartamento del suo sogno, quello in cui Rukawa veniva rinchiuso, ma lì ci abitava una coppia di neo sposi che alla vista di quello sconosciuto, così alto, era quasi svenuta dal terrore.

Trovò un biglietto di sua madre sul ripiano della cucina in cui gli diceva che la ditta l'aveva improvvisamente mandata per un viaggio d'affari a Shangai e che non sarebbe tornata a casa prima di un paio di settimane.
Assieme al biglietto c'erano cinque o sei assegni a vuoto, firmati, che gli aveva lasciato per fare la spesa, divertirsi con i suoi amici e comprarsi tutto ciò che di cui aveva bisogno.

L'urlo di un animale ferito scosse quelle pareti, buttò giù dal ripiano tutte le pentole, i coltelli, gli utensili che gli capitavano sotto le mani.
Si lasciò scivolare sino al pavimento contro un mobile della cucina mentre lacrime salate gli rigavano il volto.
Tutto ciò di cui aveva bisogno era Kaede...



Sorseggiò la sua acqua tonica e poi si mise la fettina di limone tra le labbra, succhiandola piano e continuando a fissare i musicisti.

Uno in particolare.
Iwamoto Seiji.
Che suonava il suo strumento senza l'archetto, pizzicando le corde con le dita e lui avrebbe voluto sentire quelle mani sul suo corpo.
Mani dalle lunghe dita affusolate, delicate ma che avrebbero frugato il suo corpo con urgenza.

Era quasi l'una quando finalmente smise di suonare e venne al suo tavolo sorridendogli.
Jeans blu slavati e camicia bianca di jeans lasciata fuori leggermente sbottonata. Forse era la serata, ma pensò che non aveva mai visto nessuno più sexy di lui.

"Come mai qui?"
Lo vide prendere il suo bicchiere e bere.
La pelle dorata che riluceva leggermente sotto le luci basse del locale.

"Puro caso..." riprese il bicchiere e se lo avvicinò "...e tu?" bevve, facendo attenzione a posare le labbra dove le aveva messe l'altro.
Seiji sorrise "Ogni tanto suono qui per mettermi alla prova. Non posso fossilizzarmi su un solo genere di musica"

Rukawa annuì e poggiò il viso su una mano, allungando l'altra e sfiorando il viso di Seiji con un dito, fermandosi sulle labbra.
Labbra che si dischiusero e catturarono la prima falange del dito che venne imprigionata fra i denti e leccata dolcemente.
Gemette e si lasciò andare per un momento, socchiudendo gli occhi e passandosi la lingua sulle labbra.

All'improvviso vide Iwamoto alzarsi e dirigersi verso l'uscita, dopo aver recuperato la sua giacca.
Agendo d'istinto si alzò a sua volta e lo seguì come un cagnolino desideroso di più coccole di quelle sinora ricevute.



Rannicchiato sotto le coperte, il corpo tremante scosso dai singhiozzi.

Voleva Kaede, aveva bisogno di lui, del suo sorriso, dei suoi occhi, del suo amore e... e del suo corpo.
Voleva sentire nella realtà quelle emozioni che aveva provato solo nel suo sogno facendo l'amore con lui. Voleva quelle labbra sulla sua pelle, quelle mani sul suo corpo che lo sfioravano con dolcezza, il corpo di Rukawa dentro di se che lo possedeva con reverenza, come fosse la cosa più importante della sua vita, mentre gli donava la sua anima...

Venne con un singhiozzo strozzato, riprendendo a piangere e sentendosi tanto, tanto sporco per ciò che aveva fatto...
Si strinse di più in se stesso e si addormentò fra le lacrime.



La chiave della stanza gettata sul mobile appena entrato, si tolse la giacca di pelle scamosciata e la poggiò sulla poltrona.

Si voltò e si avvicinò all'altro, posandogli una mano sul collo per poi lasciarla scivolare lungo la spalla scoperta mentre col pollice premeva sulla clavicola.
Avvicinò le labbra a quelle di Rukawa, ma all'ultimo istante gli negò il bacio e gli sfiorò solo la linea della mascella.
"Cosa vuoi fare..?" un sussurro nell'orecchio e allontanando di poco il viso vide gli occhi dell'altro farsi liquidi.

"Tutto..." un bisbiglio quasi inudibile.
Seiji sorrise "Ti va di giocare..?" la mano che lentamente scendeva sul cotone e attraverso esso gli stringeva un capezzolo fra le dita, facendolo sussultare e annuire gemendo.

Gli sfiorò le labbra con le sue, allontanandosi e dandogli le spalle.
Si sedette sulla poltrona e accavallò le gambe, poggiando le mani sui braccioli. 
"Spogliati" un sussurro imperativo e quando lo vide afferrare i lembi del maglione con foga ridusse gli occhi a due fessure sprigionanti disprezzo "Lentamente" un ordine pronunciato con dolcezza.

Lasciò andare il maglione e rimase lì fermo, le mani abbandonate lungo i fianchi, quasi non sapesse cosa fare.
Si sentiva così sperduto, non aveva mai provato qualcosa del genere e ne sembrava quasi spaventato.

Piano poggiò le mani sui pantaloni, poco sotto il bacino e le fece arrivare sino al nastro che li teneva chiusi, sciogliendolo e aprendo un poco i lembi, quasi volesse fargli notare che non portava alcun tipo di biancheria.
Fece salire le mani lungo il suo corpo, una sopra la stoffa del maglione e l'altra sotto.
Con i polpastrelli, con le unghie stuzzicava i propri capezzoli turgidi e lentamente si aggiunse anche l'altra mano le cui dita bagnate della propria saliva brillavano sotto la fioca luce di una lampada dietro Seiji.
Alzò sempre di più il maglione, scoprendo porzioni sempre maggiori di pelle sino a quando con fluido gesto non se lo sfilò da sopra la testa.
Rimase così, a torso nudo, sotto lo sguardo indagatore dell'altro per alcuni istanti, prima di posare le proprie mani alla base del collo e farle scivolare lentamente verso il bordo dei pantaloni che fece scendere, sino a trovarsi in ginocchio sul pavimento, e sfilarseli.

Guardò Seiji, che osservava quel corpo meravigliosamente nudo ed eccitato in ginocchio di fronte a sé e gli fece cenno con un dito di avvicinarsi.
E Kaede, senza sapere perché, fissando quegli occhi nocciola - quasi dorati - che non lo abbandonavano mai, poggiò le mani sul pavimento, muovendole avanti avvicinandosi al suo amante.
No. Quel termine non era adatto.
Si fermò di fronte a lui, poggiando le mani sulle cosce e guardandolo dal basso verso l'alto.

Seiji gli mise un dito sotto il mento e gli fece alzare ancora di più il viso.
"Ti piace questo gioco..?" il dito che scivolava lungo il collo, premendo leggermente sulla giugulare e poi più giù, sino a graffiare con l'unghia un capezzolo e farlo sussultare.

"Si... padrone..."
Quello era il termine esatto.



Si svegliò nel cuore della notte tremante, aveva fatto un altro sogno, ma non ne ricordava nulla.
Gli avvenimenti delle ore precedenti lo assalirono con una forza devastante ed ebbe di nuovo gli occhi colmi di lacrime.

Si alzò dal letto preda di una frenesia sconosciuta e si strappò i vestiti di dosso, correndo in bagno e aprendo al massimo il rubinetto dell'acqua calda.
Le alte temperature pulivano tutto, uccidevano germi e batteri.
Le pelle che si ustionava, il vapore che riempiva la stanza, rannicchiato sul fondo della doccia, lacrime bollenti e singhiozzi irrefrenabili, lui... lui aveva bisogno di Kaede.



Sdraiato sul letto, i polsi legati alla testiera, gli occhi bendati.
Sentiva il calore avvicinarsi, quasi ustionarlo per pochi istanti e poi allontanarsi lasciando come ricordo di se una goccia di cera sul suo corpo.

Sapeva che Seiji era nudo fra le sue gambe, con in mano un bicchiere di vino rosso e nell'altra una candela nera.
Non era riuscito ad opporsi a quell'ennesimo gioco. Non aveva voluto opporsi.

Immaginava quelle gocce nere sul suo corpo pallido, lo sguardo pieno di lussuria di Seiji.
Mugolò di dolore e di lieve piacere quando altra cera cadde sul suo corpo, sul suo pene.

Avrebbe voluto pregare... implorarlo di farlo venire, quel gioco durava da più di tre ore, non gli aveva permesso di arrivare all'orgasmo e per assicurarsi che non l'avrebbe fatto gli aveva legato un laccio alla base del membro.
Sarebbe voluto venire, se avesse continuato così non avrebbe più resistito, ma lui... lui non avrebbe mai implorato nessuno.
Non si sarebbe mai umiliato sino a quel punto.

"Ora faremo un altro bel giochino e alla fine sarai premiato..." gli succhiò il lobo dell'orecchio mentre strusciava il proprio corpo contro il suo e gli slegava i polsi.
Lo fece voltare sullo stomaco e poi lo legò di nuovo.
Inconsciamente iniziò a sfregare il proprio membro contro la ruvida stoffa delle lenzuola, ma un forte schiaffo lo colpì su una natica.

"Non disobbedirmi..."
Kaede annuì piano e alle sue labbra sfuggì uno scusatemi che lo fece rimanere attonito.

Sentì qualcosa di freddo tentare di penetrarlo e quando si mosse per andargli incontro, per avere ciò che desiderava da tutta la sera, si rese conto che era la candela.
No, quello non lo voleva... però non riusciva ad opporsi perché dentro di sé l'idea di venire preso da un oggetto lo eccitava ancora di più.
La candela veniva mossa lentamente. La sfilava quasi del tutto e poi gliela rimetteva dentro con un unico gesto.

E lui non poteva far altro che contorcersi dal piacere, legato e bendato su quel letto.
All'improvviso la candela venne tolta del tutto e finalmente si sentì riempito dall'unica cosa che aveva voluto, desiderato, bramato, sin dall'inizio.

Seiji si muoveva dentro di lui con urgenza, come fosse anche lui al limite nonostante fosse già venuto due volte nella sua bocca.
Si muoveva assecondando i movimenti dell'altro, sino a quando non sentì il suo seme inondarlo.

Il corpo di Seiji si sdraiò sulla sua schiena e sentì i suoi polsi venire liberati mentre il peso dell'altro si sollevava e dolcemente gli sussurrava di voltarsi.
Lui lo fece e istintivamente portò le mani sul suo pene, ma l'altro glielo impedì prendendogliele e sfiorandogli le labbra.

"Non toglierti la benda e lascia fare a me..."
Le sue labbra tracciarono scie di umide baci sino ad incontrare il suo membro, già liberato dal laccio e lo accolse nella sua bocca.
Non poteva resistere per molto, ed infatti dopo pochi istanti venne con un grido liberatorio, mentre una lacrima sfuggita al suo controllo veniva assorbita dalla stoffa della benda e le sue mani stringevano convulsamente le lenzuola.

Seiji lo baciò dolcemente, sino a lasciare entrambi senza fiato.
Lo liberò dalla benda, rendendogli il dono della vista e poté vedere di nuovo quei meravigliosi occhi blu, liquidi, sorridergli.
"Grazie..." sussurrò prima di baciare nuovamente quelle morbide labbra.




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