Incubo parte
VII di
Alessia
La campana per il pranzo diede finalmente termine alla tortura.
Beh... non che lui avesse seguito molto. Aveva dormito tutto il tempo per recuperare il sonno perso quella notte.
Aveva pianto sino a sfinirsi e addormentarsi, per poi risvegliarsi, ricordare e scoppiare nuovamente in lacrime.
Seiji piangeva quando se n'era andato.
Seiji non aveva mai pianto in tutta la sua vita...
Si sentiva un essere viscido, crudele... perché nonostante tutto lui era felice.
Era felice perché adesso si sarebbe potuto dedicare alla conquista del cuore della kitsune; anche se non sarebbe stato facile.
Non lo sarebbe stato per niente, ma lui era deciso nel riuscirci.
Lo avrebbe conquistato a qualsiasi costo.
Lo avrebbe sfiancato, perseguitato, gli sarebbe sempre stato alle costole, lo avrebbe persino immobilizzato se necessario, sino a quando non avrebbe capito che anche lui lo amava.
Sorrise triste.
Era lo stesso piano che aveva utilizzato con Seiji.
Sospirò e insieme ai suoi amici tornò in classe.
Seiji sarebbe per sempre stato il suo primo amore, sarebbe rimasto nel suo cuore come uno dei suoi ricordi più preziosi.
Ma ora era finita.
Ora voleva Rukawa.
Ora voleva il suo sogno.
Gli allenamenti erano quasi finiti.
Akagi quel giorno li aveva spremuti fino alla fine.
Si passò un braccio sulla fronte, asciugandosi il sudore.
Il do'hao non aveva fatto altro che stargli appiccicato tutto il tempo, cercando di farlo reagire ma senza mai arrivare alla rissa.
Tira e molla.
Probabilmente voleva sfiancarlo, chissà per quale motivo poi?
Beh... non che gli idioti avessero bisogni di motivi per comportarsi da tali...
"Ricordati di spegnere le luci e chiudere tutto a chiave quando esci" gli ricordò Kogure mentre usciva al fianco di Mitsui.
Per un attimo si chiese se lui avrebbe mai desiderato avere qualcuno al proprio fianco.
Prese la palla ed iniziò a palleggiare correndo verso il canestro.
Qualcuno con cui stare insieme...
Qualcuno da pensare...
Qualcuno da baciare...
Qualcuno da abbracciare...
Qualcuno cui essere fedele...
Slam Dunk!
Atterrò e aveva preso una decisione.
No, non lo voleva.
Sarebbe stato bello, certo, ma... non gli andava di rinunciare a tutte le sue avventure di una notte e aveva troppo rispetto di se per abbassarsi ad inventare patetiche scuse ad un ipotetico ragazzo o ragazza.
"Ehi, kitsune!" si voltò sorpreso. Pensava di essere rimasto da solo.
Raccolse la palla e gli si avvicinò.
Si aspettava che Sakuragi facesse qualche passo indietro ma rimase dov'era.
L'uno davanti all'altro, nessuno dei due che parlava.
"Ho lasciato Seiji" esordì Hanamichi, ma all'altro sembrava non importargliene nulla "L'ho lasciato perché io amo te e voglio il tuo amore"
L'aveva detto.
Aveva pensato che sarebbe stato molto più difficile, invece era stato facilissimo.
Aveva rischiato, aveva rischiato molto, ma ora Kaede non avrebbe potuto fare altro che sorridergli felice e dirgli che anche lui lo amava.
Ne era certo.
Invece Rukawa sorrise sprezzante.
Aveva deciso che con Sakuragi avrebbe potuto dimostrarsi arrogante, superbo, cinico, bastardo... esattamente ciò che lui adorava essere.
"Ti consiglio di tornare da lui finché sei in tempo. Non sono molti quelli disposti a scoparsi degli idioti, ed io non sono fra quelli" si voltò per riprendere i suoi allenamenti solitari quando sentì la voce di Hanamichi urlargli dietro.
"Però ieri non la pensavi così!!"
Rukawa girò un poco la testa, sorridendogli malizioso "La carne è debole, ed io era una settimana che non facevo sesso" tornò a palleggiare e prese la mira per un tiro da tre punti.
Il pallone rimbalzò sul tabellone e uscì fuori dal campo.
Due braccia si erano strette intorno alla sua vita con forza e poi l'aveva voltato chiudendogli la bocca con la sua.
Iniziando un bacio violento mentre cercava di infilargli la sua schifosissima lingua in bocca.
Con forza riuscì a staccarsi da quell'abbraccio e lo colpì con un pugno.
Si mise in posizione di difesa, pronto al contrattacco di Sakuragi, ma questi lo sorprese fissandolo negli occhi, implorante "Io... voglio... voglio solo... il tuo amore..."
Rukawa si rilassò e sorrise.
"D'accordo do'hao, ti concedo una possibilità" prese un pallone dal contenitore e glielo lanciò "Se riuscirai a battermi in un one-o-one diventerai il mio ragazzo"
Hanamichi lo guardò perplesso, ma si tolse la giacca della divisa scolastica e si portò nell'area dei tiri liberi seguito da un Rukawa divertito.
Aveva perso.
Il grande Tensai aveva perso.
Neanche per un istante aveva contemplato questa possibilità, e non perché si ritenesse superiore a Rukawa - aveva capito da un bel pezzo che era l'altro ad essere il migliore fra i due - ma era convinto che la forza del suo amore, la sua voglia di essere felice accanto alla kitsune, lo avrebbero fatto giocare meglio e vincere.
E invece... aveva perso...
Erano passati alcuni mesi.
Natale, Capodanno, ora era quasi primavera.
Arrivò a scuola e lasciò la bici nella rastrelliera, seguito da sguardi languidi e sospiri sognanti.
Entrò nell'atrio e si diresse al suo armadietto, aprendolo rassegnato.
La solita lettera.
Da quando aveva sconfitto - ma umiliato sarebbe stato più corretto - Sakuragi nella loro piccola sfida non veniva più sommerso dalla solita valanga di lettere e regalini da parte delle sue ammiratrici.
All'inizio aveva pensato che fossero state quelle tre invasate del suo fan club a farlo, poi - una mattina in cui era arrivato prima per allenarsi - aveva visto il do'hao togliere le lettere che venivano messe nel suo armadietto e cestinarle dopo averle ridotte in coriandoli.
Aveva sorriso di quel comportamento infantile, ma doveva ammettere che Sakuragi gli faceva un favore fungendogli da spazzino, quindi l'aveva lasciato fare.
Poi era iniziato il tormento.
La prima l'aveva sorpreso e, essendo in ritardo, l'aveva messa in tasca.
La sera a casa l'aveva ritrovata e non avendo nulla di meglio da fare l'aveva letta.
Aveva riso come un matto per tutte le due pagine manoscritte.
Il do'hao si era superato.
In quella lettera non faceva altro che dirgli quanto l'amasse, diceva di quanto loro due avrebbero formato una bellissima coppia. Aveva persino scritto che lui non doveva di cercare di nascondere il suo amore per - testuali parole -
il suo do'hao.
Aveva seriamente temuto di morire dalle risate. Aveva le lacrime agli occhi e gli faceva male lo stomaco.
Sua madre era persino venuta a rassicurarsi che stesse bene, non lo aveva mai sentito ridere così tanto.
Comunque, alla fine l'aveva tenuta per andare a farsi quattro risate ogni tanto.
Poi aveva iniziato ad esagerare.
Aveva cominciato a scrivergli una o due lettere alla settimana, ripetendo sempre le solite stronzate, e ogni tanto c'era solo un fiore. A volte una rosa, o un ***non ti scordar di me***, ma oggi c'era solo un pacchetto abbastanza voluminoso.
Lo prese e l'aprì, non era riuscito a trattenere la curiosità.
Una tuta sportiva firmata, nera e viola.
Doveva ammettere che il do'hao aveva buon gusto e occhio per le misure, ma fece comunque quello che faceva sempre: gettò tutto nel secchio e si diresse verso la sua classe.
Quel gioco continuava da due mesi e oramai cominciava a stancarsi.
I primi tempi era stato divertente, ora era solo noioso.
Sakuragi lo vide buttare il suo regalo e il piccolo biglietto nel cestino.
Se non fosse stato così sicuro di ciò che la kitsune provava nei suoi confronti ma che non aveva ancora il coraggio di ammettere, si sarebbe messo a piangere.
Suonò la campanella e, dopo aver recuperato in fretta e furia il suo regalo, si precipitò in classe.
Quel pomeriggio gli allenamenti erano stati particolarmente intensi ed ora erano tutti sotto le docce, sfiniti.
Il do'hao si era comportato come suo solito: da pazzo demente.
E inoltre non aveva fatto altro che stargli appiccicato con la scusa che doveva osservare ogni mossa del suo nemico - prima - e poi - durante la partita d'allenamento - ripetendo che essendo il suo marcatore era giusto in quel modo.
Come no! Un altro po' e mi si faceva direttamente sul parquet!
Chiudendo l'acqua si rese conto di essere l'ultimo.
Avvolgendosi l'asciugamano in vita tornò negli spogliatoi e sulla panca, davanti il suo armadietto, ritrovò la tuta con sopra un biglietto.
Lo prese in mano: Ti prego, accetta il mio dono. Ti amo, Hanamichi.
Accartocciò il biglietto e lo lanciò nel cestino.
Si vestì con calma, strofinandosi i capelli per farli asciugare un po' e uscì lasciando la tuta lì, sulla panca.
Hanamichi lo osservò allontanarsi alle ultime luci del tramonto, poi furtivo, entrò di nuovo negli spogliatoi.
Il suo... il suo regalo era ancora lì.
Sentì gli occhi riempirglisi di lacrime.
Come poteva Kaede non riuscire ad accettare il proprio amore per lui?
Come poteva ostinarsi ad ignorare il sentimento che cresceva dentro di lui e che gli permetteva di vivere?
Aveva pensato che il suo sogno fosse orribile, ma non aveva considerato l'incubo che sarebbe diventata la sua vita cercando di combattere la folle paura che Rukawa provava nei confronti dell'amore.
Vai all'Archivio Fan Fictions |
Vai all'Archivio Original
Fictions |
|