Incubo

parte IV

di Alessia


Il cielo coperto, la Luna assente, il vento che entrava nelle ossa, facendo sentire freddo dentro. La testa incassata nelle spalle, lo sguardo basso, tirava calci ai sassi che si trovavano sul suo cammino.

Si fermò davanti il campo vuoto, illuminato da fioche luci.
Alle sue spalle i ruggiti del mare.
Vedeva le ombre dei giocatori correre, passarsi la palla, ridere, scherzare...

Sospirò e si sedette su una panchina.
Piegò la testa all'indietro, chiudendo gli occhi, ascoltando l'ululato del vento e l'eco del rombo del mare.

Quella era pace.
Quella era tranquillità.

Se ci fosse potuta essere la stessa calma anche nella sua testa sarebbe stato tutto perfetto. Ma non era così.
La sua mente continuava a lavorare incessante, riflettendo, sfiancandolo.

Aveva pensato che uscire di casa, nonostante il freddo, lo avrebbe aiutato a distrarsi, ma era stato tutto inutile.
Prima, nella sua stanza... si sarebbe masturbato al pensiero di Rukawa - il suo nemico - se sua madre non l'avesse interrotto.

Sentì vagamente dei passi e si guardò intorno, ma non vedendo nessuno pensò ad un'illusione acustica.
Tornò sui suoi pensieri, sospirando quando sentì un cane abbaiare, si voltò e li vide.

Rukawa e Maya.
Il cane si bloccò, fissandolo, costringendo Rukawa a fermarsi a sua volta, ma lui si volse dall'altra parte osservando - o per meglio dire - immaginando le onde infrangersi sugli scogli.

Hanamichi invece era rimasto sulla panchina, continuando a guardarlo mentre nella sua mente nascevano decine, centinaia di nuove domande.

Si era alzato e stava per andarsene quando, approfittando di un solo istante di distrazione del suo padrone, Maya riuscì a corrergli incontro facendolo cadere a terra mentre iniziava a leccarlo, facendogli le feste.

Ma subito l'altro ragazzo gli tolse di dosso l'animale, senza degnarlo di uno sguardo.
Prese il guinzaglio e lo assicurò al collare.

"No!" Hanamichi gli bloccò una mano che si era alzata e che, era sicuro, avrebbe fato del male al cane "Non picchiarla!" perché quell'intonazione implorante?

Rukawa per un momento - un solo istante - strabuzzò gli occhi, sconvolto da ciò che aveva sentito, ma ben presto la solita espressione indifferente tornò a solcargli il viso.
Si liberò della stretta di Hanamichi e con la mano libera carezzò Maya.

Perché si stava comportando in questo modo?

L'altro se ne stava andando.
Aveva fatto pochi passi nella direzione da cui era arrivato, ma Hanamichi non voleva che se ne andasse.
E voleva delle risposte alle sue domande.
"Fermati kitsune!"

Rukawa continuò a camminare, ignorandolo nonostante Maya si fosse voltata a fissarlo.
Gli corse dietro e lo superò bloccandogli la strada.
"Ti ho detto di fermarti!"

Il suo compagno di squadra lo fissò "Hn... cosa vuoi do'hao?"

Ed ora..?
Cosa gli chiedeva..?
Ma poi, in fondo, a lui cosa importava dell'avere o meno delle risposte. Sarebbe vissuto benissimo anche senza.
O no?

"Voglio sapere perché ti comporti come se ci disprezzassi tutti. Voglio sapere perché fai finta di essere un iceberg quando anche tu in realtà sei capace di ridere, scherzare e... sorridere..."

Rukawa sollevò un sopracciglio, leggermente incuriosito, ma la sua voce era gelida quando parlò "Non sono affari che ti riguardino" e lo superò dirigendosi verso casa.

Hanamichi si voltò osservando la figura indistinta dell'altro allontanarsi nell'oscurità.
"Voglio che tu mi dica che mi ami..." sussurrò, ma le sue parole furono sovrastate dal fragore di un tuono in lontananza e forse neanche lui si rese conto di averle pronunciate.


Le mani intrecciate dietro la nuca, la stanza avvolta nell'oscurità, le poche macchine che passavano che coi loro fari la illuminavano per pochi istanti, il respiro leggero di Maya acciambellata ai piedi del suo letto.

Rukawa se ne stava lì, sdraiato, a riflettere, a pensare al perché dello strano atteggiamento di Sakuragi.
Le sue domande così strane, la voce tremante, lo sguardo implorante.

Girandosi su un fianco sorrise al pensiero che le prossime settimane sarebbero state molto interessanti.


Seduto a gambe incrociate sul letto, un album di fotografie davanti e una debole luce ad illuminare la sua camera.

Seiji...

Il suo Seiji... gli mancava.

Voleva che tornasse il più presto possibile, che lo baciasse con foga, che lo trascinasse da qualche parte per fare l'amore sino a fargli dimenticare tutti i suoi pensieri.

Voleva che gli impedisse di pensare a Rukawa ogni singolo istante, che gli cancellasse dalla testa anche il più piccolo ricordo del suo sogno.

Voleva dimenticare ciò che aveva visto, sentito, provato.
Voleva dimenticare lo sguardo da pazzo di Seiji.

Voleva dimenticare la voce di Rukawa che lo invocava, pregandolo di aiutarlo e che sussurrava il suo nome con dolcezza.

Voleva dimenticare che forse, da qualche parte nel suo cuore, aveva davvero sofferto per quella morte onirica; ma sopra ogni altra cosa voleva dimenticare il fatto che stesse iniziando a provare qualcosa per l'odiata kitsune.

Si prese il volto tra le mani, piangendo silenziose, salate lacrime.
"Seiji... ti prego... aiutami..."






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