Dato che sappiamo tutti che i personaggi sono di Inoue io direi di passare avanti, ok?
Il seguito di 'Sogno', se quella non vi è piaciuta vi consiglio di stare ad almeno un paio di continenti da questa perchè ciò che leggerete sarà molto peggio (anche se qui non c'è alcun spargimento di sangue ^^).
Anche 'Incubo' ha subito il vaglio di Antares, che non finirò mai di ringraziare ^*^
Grazie anche a Ria che sopporta la mie manie e le mie infinite idiosincrasie ^*^


Incubo

parte I

di Alessia


La campana della scuola aveva appena battuto gli ultimi rintocchi di quella fredda mattina di fine gennaio ed Hanamichi Sakuragi, per la prima volta nella sua vita, si trovava già in classe.

Da quando si era svegliato, all'alba, non faceva che pensare al suo sogno.
Raccapricciante, angosciante, ma sopra ogni cosa ciò che più lo sconvolgeva era l'aver sognato di amare Rukawa.
Solo questo particolare avrebbe reso qualsiasi sogno a dir poco agghiacciante.

Eppure... eppure non riusciva a dimenticare nulla. Come fossero stati marchiati a fuoco nel suo cervello continuava a rivedere l'espressione di dolore e amore sul volto di Rukawa, ricordava la sua voce bassa piena di dolcezza mentre pronunciava il suo nome e come le sue ultime parole - il suo ultimo pensiero - fosse stato per lui.

E poi... il fatto che Seiji fosse il carnefice era una cosa a dir poco assurda!
Il suo Seiji non avrebbe potuto fare del male a nessuno.

Perché... perché quel sogno?
Non riusciva a capire, e più tentava di farlo più lontana si faceva la soluzione.

Sospirò e quando vide entrare Haruko si precipitò da lei sfoderando il suo miglior sorriso da ebete.
Quello fra loro era un gioco per entrambi, ed era al momento l'unica cosa che gli venisse in mente da fare per non pensare.



Se c'era una cosa che non avrebbe voluto fare quel giorno era allenarsi, ma le sue solite scenate non sarebbero servite a nulla, così si era arreso al programma di Akagi sotto lo sguardo sconvolto di tutta la palestra.

Cercava di evitare il più possibile di volgere lo sguardo verso Rukawa.
Non capiva.

Perché quell'espressione così... fredda, distaccata e indifferente gli dava fastidio sul volto della kitsune?
Perché pensava che un'espressione più dolce sarebbe stata meglio su quei lineamenti delicati?

Delicati?!?

Ok, era ufficiale, oramai era completamente rincoglionito.
Ancora un po' e lo avrebbe trovato affascinante.

All'improvviso un pugno sulla testa lo riscosse dai suoi pensieri.
"Muoviti Sakuragi! Sei qui per allenarti, non per fare la statua di sale, deficiente!" 
Hanamichi si voltò infuriato verso il suo capitano "Chi hai chiamato deficiente, gorilla!?! Guarda che io sono il grande Tensai, il genio del basket, io..." e da qui iniziò la sua solita scenetta che ebbe il grande pregio di distrarlo dai suoi pensieri sconclusionati.



Al termine degli allenamenti, dopo la doccia, uscendo dalla palestra trovò Seiji ad aspettarlo.

Gli camminò incontro, cercando di sorridergli come poté.
Il suo ragazzo sgranò gli occhi alla vista del suo labbro spaccato.

"Divergenze d'opinione..." spiegò prevenendo la domanda.

Seiji gli sfiorò le labbra con tocco leggero e gli sorrise dubbioso.
"Come no! Andiamo, tensai, mia madre ha deciso che ti vuole a cena e sta già preparando il tuo piatto preferito!"

Hanamichi sorrise e intrecciò le sue dita con quelle di una mano di Seiji.

Quando Rukawa li superò in sella alla sua bicicletta Hanamichi si perse per alcuni minuti ancora nei meandri più remoti dei suoi pensieri, mentre Seiji lo fissava preoccupato.

Era così strano il suo Hanamichi quel giorno.
Non aveva voluto dirgli nulla del suo sogno, dicendogli che non si ricordava niente, ma lui era pronto a scommettere che non fosse così e che Rukawa c'entrasse in qualche maniera.

Hanamichi ne era stato colpito profondamente sin dalla prima volta che l'aveva visto. Certo, proclamava ogni giorno il suo odio per la kitsune, ma Seiji non poteva fare a meno di pensare che prima d'incontrare Hanamichi anche lui era come Rukawa: freddo, scostante, indifferente a tutto e a tutti tranne che alla sua musica.
E non poteva fare a meno di pensare che più che un nemico Hanamichi considerasse Rukawa una sfida.
Una sfida a cambiarlo, a renderlo più umano. Come aveva fatto con lui.

"Sei-chan?"
La voce di Hanamichi lo riportò al presente e lui si voltò ritrovandosi specchiato in uno sguardo indagatore.

"Sto bene, Hana-chan, non preoccuparti" diede una veloce occhiata all'orologio "Andiamo o mia madre ci spellerà vivi, sai che odia i ritardatari" e sorridendo iniziò a correre avanti.



Basta!

Non era possibile allenarsi in quelle condizioni!
Il vento muoveva la palla in tutte le direzioni e lui non riusciva a fare un solo canestro.

Rimise il pallone nella sacca e si allontanò dal campo iniziando a vagare senza meta.
Guardò l'ora e vide che mancavano ancora due ore prima che Seiji finisse i suoi esercizi quotidiani al violoncello e lui potesse tornare a casa senza paura di disturbarlo.

Molte volte si era fermato ad ascoltarlo suonare, sdraiandosi sul pavimento e chiudendo gli occhi, ma altrettante erano state le volte in cui si era alzato e portandosi alle sue spalle aveva iniziato a toccarlo con carezze lievi, posando piccoli baci sul suo collo e dietro l'orecchio.
Ed inevitabilmente i suoi esercizi si interrompevano.

Guardò davanti a se e notò che era arrivato sino alla spiaggia.
Il vento si era un poco placato e Hanamichi decise di arrivare vicino il bagnasciuga.
Posò la borsa sulla sabbia, poi fece qualche passo avanti e si sedette a gambe incrociate.

Senza pensare prese una manciata di sabbia, facendosela scorrere tra le dita, che il vento portò via, lontano.
Affondò la prima falange dell'indice nella sabbia con l'intenzione di scrivere il nome di Seiji, ma quando allontanò la mano si rese conto di ciò che aveva effettivamente scritto: Kaede.
Prima che potesse fare qualsiasi cosa una folata di vento più forte cancellò il suo errore.

"Come il mio sogno..." mormorò non sapendo più cosa fare.

"Avanti, vallo a prendere!"

Voltò la testa di scatto e a qualche centinaio di metri da se notò un cane, forse un setter irlandese, correre per raccogliere un bastone che il suo padrone aveva lanciato.

Quella figura... gli era stranamente famigliare.

Rukawa?
No, non poteva essere!

Rukawa non avrebbe mai riso a quel modo, non avrebbe mai corso in mezzo ad acque gelide, non avrebbe mai giocato con un cane. Sarebbe stato pronto a scommetterci.

O almeno lo era stato fino a un minuto fa.

Lo aveva notato.

Aveva leggermente rallentato il passo, smettendo di sorridere, ma quando il cane tornò da lui Rukawa gli rivolse un sorriso a dir poco meraviglioso.

Un sorriso di cui non l'aveva mai creduto capace.
Un sorriso che trasformava il suo volto in quello di una creatura angelica.

Rimase a fissarlo, con chissà quale stupida espressione stampata in faccia, sino a quando l'altro lo superò ignorandolo completamente.

"Ehi, kitsune!" si alzò afferrando la borsa e correndogli dietro.

Perché lo stava facendo?

"Ehi, non si salutano gli amici?" ancora pochi passi e l'avrebbe raggiunto.

Perché voleva il suo saluto?

Ma Rukawa continuava ad ignorarlo e alla fine Hanamichi lo afferrò per un braccio costringendolo a voltarsi verso di se.
"Baka, guarda che ti ho rivolto una domanda!"

Perché si comportava così?

Rukawa gli lanciò un'occhiata talmente gelida ed indiffe... no. Non era indifferente, era di superiorità.
Lasciò la presa, impedendosi con tutte le sue forze di non fare un passo indietro.

Il cane si era seduto a fianco del suo padrone osservando ora l'uno ora l'altro col suo muso appuntito.
Rukawa sollevò un sopracciglio osservandolo come fosse un fenomeno da circo.

"Tu non sei mio amico" disse con la stessa naturalezza con cui lo appellava do'hao "Andiamo Maya!" e voltandosi tornò a correre sulla spiaggia, ridendo e giocando col suo cane.

Perché il cuore gli stava facendo così male?





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