Incomprensibile ti amo

di Akuma-chan

- Capitolo 4°- Lontananza -

- Louis.- era la terza volta che ripetevo il suo nome in attesa di una spiegazione. Ma non arrivò. Ad un tratto un dubbio orribile si fece largo nei miei pensieri. E se fossi stato io la causa del suo comportamento freddo? No, non lo dovevo nemmeno pensare! Ma quando i dubbi ti si insinuano nel cervello è difficile tirarli fuori con facilità.

- Mi vuoi spiegare si o no cosa ti prende??- esclamai.

- Ascolta, non c’è niente...-

- Non è vero che non c’è niente!!- lo interruppi - Perché sei diventato così scostante??-

- Senti, non ti arrabbiare non...-

- E invece me la prendo, eccome!! Porca miseria, Louis!!- lo interruppi di nuovo - Non puoi trattarmi così! Non sono il tuo pupazzo di peluche!!-

I suoi occhi si aprirono a poco a poco, mi parve anche di vedere una lacrima, ma la penombra mi impedì di distinguere i particolari del suo viso. Vedevo solo i suoi occhi luminosi, il suo naso perfetto, le sue labbra semiaperte e alcune ciocche di capelli cortissimi ricadergli sulla fronte. Si sfregò una guancia con il dorso della mano, fingendo di avere un fastidio.

- Pierre, mi dispiace se ti o trattato così. É da quando sei arrivato che mi sento veramente felice. Però... non dovevamo arrivare a tanto.-

- Cos... che cosa??- domandai incredulo - Stai... stai dicendo che abbiamo sbagliato a metterci insieme?? A... fare quello che abbiamo fatto??-

Annuì.

- Non dovevamo.- ripeté.

- Ma sei impazzito??- in verità quello pazzo ero io in quel momento. Non riuscivo a comprendere il perché del comportamento del mio compagno, non potevo credere che dopo avermi fatto soffrire così tanto ne venisse fuori con un “è stato bello finché è durato”! Sentii un dolore al petto, per la prima volta il mio animo si aprì a qualcuno, proprio in una situazione del genere.

- Perché stai dicendo questo??- proseguii. Ero in preda alla rabbia e al dolore - Dopo esserti divertito, mi vuoi lasciar cadere così?? Sei un cinico bastardo!!- cercai di non piangere, e di mantenere il tono della voce stabile - Ma non ci pensi a me?? Ovviamente no, tu non hai mai visto più in là di te stesso!! Ma non capisci che io ti amo!?? Ti amo davvero!! L’unica cosa che io abbia mai fatto di giusto è stata innamorarmi di te!! Louis...- riuscii a bisbigliare il suo nome e feci per alzarmi. Avevo la testa pesante e una gran voglia di sfogarmi su qualcosa. Gli avevo urlato in faccia tutto quello che provavo. La rabbia, il rancore,... l’amore. E l’amavo davvero così tanto che non riuscivo ad odiarlo.

- Pierre...- cercò di fermarmi. Con un movimento deciso rifiutai la sua mano e mi alzai in fretta, infilandomi pantaloni, maglietta, scarpe e uscii sbattendo la porta, mentre Louis si ributtava sul letto con un braccio sulla fronte e gli occhi fissi al soffitto.

 

Rientrai solo la mattina dopo. Ero stato in giro tutta la notte per schiarirmi le idee, ma tutto quello che ero riuscito a concludere era una catena idiota:

Io amo Louis - Louis ama me - Io e Louis - Louis non mi vuole più - Louis è un ipocrita - Louis è un insensibile - Louis è un egoista - Louis è un individualista - Io amo Louis.

Non lo potevo odiare, mi chiedevo solo il perché del suo comportamento, forse si era solo sentito in colpa quella volta quando era venuta Rose. Se era davvero così non gli avrei mai più rivolto la parola! Usarmi in quel modo! Non poteva avermi fatto una cosa del genere!! Sospirai. Non potevo nemmeno non parlargli più, sarebbe stata intollerabile la lontananza. Eppure lo amavo ancora... forse troppo.

Mi guardai attorno. Lui non c’era. Era uscito. Mi infilai in bagno, sotto la doccia.

 

Era quasi la una del pomeriggio e Louis non era ancora rientrato. Probabilmente sarebbe rimasto fuori a pranzo. Ma quando sarebbe tornato mi avrebbe sentito! Oh, se mi avrebbe sentito!!

Mi avvicinai al cassetto per prendere una maglia pulita, quando notai che quello del mio compagno era semiaperto. Qualcosa non andava, m’incuriosii e lo aprii del tutto. I miei occhi si spalancarono e il mio cervello cominciò ad elaborare ogni sorta di ipotesi quando vidi che al suo interno non c’era più nulla. Vuoto. Poteva significare una sola cosa: Louis se n’era andato.

- Ragazzino immaturo!!- esclamai voltandomi di scatto e frugando nell’armadio alla ricerca del suo borsone. Volevo non credere a ciò che avevo appena visto. Magari se avessi trovato il borsone... ma chi volevo prendere in giro?? Non c’era più nemmeno quello! Mi aveva lasciato. Solo. Non potei sopportarlo. Mi infilai la prima maglia che trovai, mi misi le scarpe e senza nemmeno chiudere a chiave la porta, cominciai a correre a perdifiato giù per le scale. Una volta nella hall mi fermai di scatto appoggiandomi al bancone. La responsabile mi fissò stupita.

- Pierre! Qualche problema?- disse.

- Dov’è Napoleon?!?- esclamai in tutta fretta.

- Come? Non lo sai, credevo che te l’avesse detto.- fece la donna mettendosi una mano sul fianco.

- Detto cosa? Cosa??- ero agitato. Lo sapeva la responsabile! Ora mi sarebbe stato tutto chiaro.

- É partito, è a Dresda.-

- Cos... eh?! A Dresda?! Ma cosa diavolo ci fa in Germania??- la situazione si stava facendo assurda, non solo avevo appena ricevuto una notizia sconvolgente, in più cercavo di capire perché Louis avesse fatto una cosa del genere.

- Ehi, mi sembri un po’ sconvolto...-

- Non ha importanza! Mi dica perché se n’è andato!-

- Ok... ok... calmati... Per motivi di studio.- concluse.

- E... e la squadra??- chiesi di nuovo con timore per paura che la risposta fosse quella che mi aspettavo.

- Non ha rinnovato il contratto. É chiaro che non ne sapevi niente, però è strano... è da mesi che tutto è deciso.- disse quella, pensosa.

- Da... mesi...- ripetei incredulo.

- Sì, ascolta Pierre... se vuoi andare a tirargli qualche sberla sei ancora in tempo.- sorrise - Il treno parte tra un’ora circa.-

Il mio cuore fu come sollevato da una forza nuova. Speranza.

- Allora non... non è ancora partito!- esclamai con sollievo.

- No, però se non ti sbrighi non ti potrai più vendicare!-

- Lo farò, non si preoccupi! E quando lo riporterò qui sarà talmente coperto di lividi che sarà irriconoscibile!!-

Corsi fuori lasciandomi il senso di vuoto alle spalle. C’era ancora una possibilità di rivederlo!! Accidenti ne avrebbe prese talmente tante che nemmeno sua madre l’avrebbe riconosciuto!! Così avrebbe imparato a lasciarmi senza dire niente!!

 

Quando arrivai alla stazione ero trafelato. Mi portai le mani sulle ginocchia e mi chinai, riprendendo fiato. Ripresi finalmente il controllo di me e dei miei sentimenti. L’importante era trovare Louis al più presto possibile. Avevo corso per quasi un’ora senza fermarmi ed ora dovevo riprendere fiato. Alzai la testa e notai che c’erano meno persone di quanto mi aspettassi. Non badai al fatto che non mi ero ancora ripreso del tutto, cominciai a correre alla ricerca del binario giusto. Un minuto ma... io non sapevo qual era il binario per Dresda! Mi guardai intorno alla ricerca di un monitor. Poco più avanti ce n’era uno, così corsi fino a raggiungerlo, scansando le poche persone. La lista non era lunga. Ma non c’era nessun diretto per Dresda. C’era solo un convoglio che arrivava a Francoforte e poi, quasi certamente i passeggeri avrebbero dovuto cambiare treno. Optai per quello, binario 9. Corsi fino a trovare il numero corrispondente e notai, con abbastanza sgomento, che stava fischiando. Accidenti! Dovevo trovare Louis! Ad un tratto lo vidi. Un ragazzo biondo sui diciassette anni, con un borsone nero caricato scompostamente su una spalla e un’espressione scostante. Louis. Decisamente Louis. Stava salendo in tutta fretta su quel treno, prima che le porte si richiudessero alle sue spalle.

Non pensai. Solo corsi finché il mio fiato resse e salii anch’io dall’ultima carrozza. Pochi secondi dopo, anche le porte dietro di me si chiusero e il treno partì.

 

Sospirai a fatica. Beh, se non altro ce l’avevo fatta. E Louis non poteva più scappare da nessuna parte. Ero arrabbiato, quasi furioso! Perché non mi aveva detto nulla, se tutto era programmato da mesi?? Mi sentivo preso in giro.

“Ma certo, lui fa i suoi comodi, mi tratta come vuole e poi sparisce! Ma adesso mi sente!!” i miei pensieri erano questi, mentre attraversavo vagone per vagone, il treno. Erano quasi tutti vuoti. Beh, naturale. Chi vuoi che vada a Dresda alla fine di agosto? Molto bene, così mi sarebbe stato più facile trovarlo! Attraversai un paio di carrozze, poi entrai in un vagone vuoto, passai per il mezzo senza badare al ragazzo che stava seduto da solo su un sedile, verso la fine. Quando lo notai stavo già aprendo la porta del vagone successivo, così tornai indietro immediatamente, lui non si era accorto del mio passaggio, era immerso nei suoi pensieri con un’espressione infelice che fissava fuori dal finestrino, i paesaggi di città che lasciavano il posto al verde. In un certo senso mi dispiaceva scuoterlo dai suoi pensieri, magari stava proprio pensando a me... però non avevo fatto tutta quella strada per niente. Gli avevo detto che lo amavo e lui se n’era andato. Ora mi doveva delle spiegazioni.

- Napoleon!!- esclamai. Lui si voltò verso di me e quando realizzò che ero proprio io che gli stavo di fronte, la sua espressione si fece attonita.

- Pierre...???- la sua voce era spezzata.

- No, sono la fata turchina! Ma certo che sono Pierre!! Chi ti aspettavi, il genio della lampada??-

- N-no... ma...- aggrottò le sopracciglia -...ma che cavolo ci fai qui?!?-

- Vedo che sei tornato in te! Cosa pensi che sia venuto a fare?? A riportarti indietro!-

Anche Louis si alzò.

- Ti avevo detto di lasciar perdere...-

- No, non mi hai affatto detto di lasciar perdere, TU mi hai lasciato perdere!!-

- Pierre...-

- Pierre un cavolo, adesso alla prima fermata scendiamo e torniamo di filata a Parigi!- lo afferrai per un braccio. Louis strattonò la presa e mi fissò con occhi freddi.

- Non capisci niente.-

- Cosa...?- il mio corpo si distese - Beh, allora spiegami ciò che non capisco!!- tornai all’attacco.

- Non fare quella faccia da vittima, ho le mie ragioni.-

- Ragioni che vorrei comprendere anch’io!! Fino a prova contraria sei tu che mi hai mollato a Parigi come un idiota! Cosa credi che non lo sappia che avevi deciso tutto da mesi?? Perché non mi hai detto niente?? Perché??!?-

- Perché... ti amo. Tutto qui.- fu la sua risposta, mentre sprofondava di nuovo nel sedile. Il mio cuore si sentì rassicurato a quelle parole, però non era una spiegazione accettabile. Mi amava e di conseguenza se n’era andato. Non stava in piedi come ragionamento, assolutamente no.

Mi sedetti di fronte a lui e lo fissai finché i suoi occhi non furono di nuovo dentro i miei.

- E piantala di guardarmi così... mi sento già abbastanza in colpa.-

- Ah sì? Beh, c’è di buono almeno questo.- sbuffai.

- Senti credi che sia facile??- scattò stringendo i pugni.

- Facile? Facile cosa?? Ma se non so nemmeno di cosa stai parlando, se non ti degni di farmelo capire!!-

Le dita di Louis si distesero di nuovo e lui sospirò.

- Pierre... mi dispiace. Credimi, ce l’ho anch’io dei sentimenti. Solo... non potevo dirtelo... non ci sono riuscito.-

Rimasi in silenzio. Allora gli dispiaceva, era pentito.

- Non mi aspettavo che tu fossi corso fino qui. Di un po’, l’hai fatto il biglietto?-

Sussultai, poi scossi la testa per levarmi quel pensiero dal cervello.

- Non importa, tanto scendo subito... insieme a te.-

- Mhpf...- sorrise lievemente - Sei sempre stato così sicuro.-

- Eh? Che vuoi dire? Certo che sono sicuro! Sono sicuro che tu scenderai da questo treno alla prossima fermata! Non pensare nemmeno di oltrepassare il confine, sai!-

Lui non disse niente. Il delicato sorriso triste sulle sue labbra mi dava un senso di tranquillità. Strano da pensare, quasi assurdo. Ce ne stavamo lì, seduti uno di fronte all’altro, senza una parola, mentre il tempo e il paesaggio scorrevano rapidi davanti ai nostri occhi.

- Ehi, Louis...?- lo chiamai. Lui alzò gli occhi - Perché non mi hai mai detto niente?-

Lui si morse lievemente il labbro inferiore, come se non fosse certo che parlarmene sarebbe stata la cosa più giusta.

- Perché... vedi la storia è lunga. Mio padre voleva che io studiassi a Dresda. Proprio come lui. Era ciò che desiderava io facessi. Voleva che fossi felice. Poi... poi sei arrivato tu.-

Suo padre. Suo padre era morto qualche anno prima. Chi ero io per impedirgli di fare ciò che desiderava suo padre?... chi ero?

- Non volevo arrivare a tanto perché sapevo che avresti sofferto.- proseguì - Però non sono riuscito a resistere. É la prima volta che mi succede.- mi sorrise. Ad un tratto tutta la mia rabbia svanì, a mano a mano che pronunciava quelle parole. Ecco cosa voleva dire poco prima, quando mi aveva detto che non aveva potuto dirmelo perché mi amava. Non voleva che io soffrissi, anche se in quel momento lui stava provando dolore molto più di me.

- Quando Rosemarie se n’è andata, pensavo che la cosa migliore sarebbe stata aspettarti all’ostello ma... una parte di me mi diceva di venirti a cercare, e così ho fatto. Poi le tue lacrime... hanno deciso tutto.- alzò gli occhi preoccupato - Non dico che è colpa tua! É mia, perché non sono riuscito a rispettare la promessa che avevo fatto a me stesso.-

- Louis... io... ti giuro non volevo piangere... non...- non sapevo più come spiegarmi. Io davvero non volevo piangere come un moccioso! Solo ora mi resi conto del motivo per cui Louis era stato così freddo con me quando eravamo tornati all’ostello, quella sera. Era perché le sue aspettative si erano sgretolate,... per colpa mia.

- Ehi, ti ho detto che non è colpa tua.- sorrise di nuovo.

- Non... non sorridere, ti prego. Sono stato un idiota. Io e basta.- abbassai lo sguardo.

- Solo perché hai seguito l’istinto? Perché hai fatto quello che volevi fare davvero?- quelle domande mi fecero aprire gli occhi. Era vero. Io avevo seguito il mio cuore. Ma anche lui.

- Anche tu l’hai fatto.- replicai guardandolo di nuovo negli occhi - Però tu ora ti senti in colpa, mentre la colpa è mia.-

- Pierre, finiscila di tirarti addosso tutto. É colpa tua se esisti? Eh? Rispondi.-

- N-no.- non capivo l’utilità di quella domanda.

- Allora non hai colpa nemmeno del fatto che tu mi piaci. Di conseguenza nemmeno del mio comportamento. Qui non sei capitano di nessuna squadra, è inutile che ti prenda tutte le responsabilità, anche quelle non tue!- rise. Era la risata più breve e triste che avessi mai udito. Non ressi più, non potevo vederlo così, solo per lo stupido orgoglio del padre doveva soffrire così, e il bello era che anch’io facevo parte della sua sofferenza! Non potevo sopportarlo.

Mi alzai di scatto e più che sedermi accanto a lui, gli saltai al collo.

- Non voglio che te ne vada a Dresda!!-

Accidenti, avevo superato me stesso, ora sembravo proprio uno stupido moccioso piagnone! Ma non m’importava, quello che davvero contava era che io amavo Louis più di qualsiasi altra cosa e nessuno, nemmeno suo padre, me l’avrebbe portato via!

Sentii la sua mano sui miei capelli, accarezzarmi piano, dolcemente; poi mi abbracciò.

- Ti prego... torna a Parigi con me. Louis...- alzai lievemente la testa, incontrando i suoi occhi verdi. Lui non disse niente, solo mi baciò. Le sue labbra morbide di miele si strinsero alle mie, e io che cercavo un contatto più profondo, gli circondai il collo con le mani e portai il mio petto a stretto contatto con il suo, assaggiandolo con tutta la bocca. Era strano quel bacio. Come se fosse l’ultimo. Mi invase un senso di vuoto, di nuovo.

- Torna con me. Tuo padre voleva che fossi felice?... beh, lo sarai a Dresda?- sussurrai sul suo labbro inferiore. Poi le nostre bocche si strinsero ancora, finché Louis non si alzò.

- Che fai?- gli chiesi.

- Torno a Parigi con te.- sorrise. Il mio animo si riempì di gioia tutt’un tratto. Non potevo credere a ciò che aveva appena detto Louis! Tornava indietro con me!

Il treno si fermò per la prima volta a Meaux, poco fuori dalla capitale. Lui si caricò il borsone su una spalla ed uscimmo dalla carrozza deserta, fino a raggiungere le porte del corridoio, anch’esso isolato. Scesi per primo, poi mi voltai e vidi che Louis sorrideva ancora con dolcezza, poi appoggiò il borsone per terra, sul vagone.

- Spero che riuscirai a perdonarmi. Ricordati solo una cosa: ti voglio bene, Pierre.-

- Che...? Louis ma che stai dicendo??-

Le porte si chiusero, sotto i miei occhi. E io rimasi lì a guardare il treno allontanarsi, mentre Louis aveva alzato una mano in segno di saluto. Si stava allontanando da me. Di nuovo. Louis. I suoi occhi teneri e vivaci erano spenti e malinconici mentre mi diceva quelle parole. Ed io lo guardavo mentre se ne andava. Non ebbi nemmeno la forza di correre dietro al treno. La mia anima a pezzi mi implorava di smettere di ripetermi che era un sogno ed io non facevo altro che rimanere lì impalato a guardare il convoglio distanziarsi sempre di più dalla stazione, e Louis sempre di più da me.

 

Strinsi il suo cuscino, mentre ci sfregavo la faccia sopra. Volevo dannatamente che fosse Louis. Stavo piangendo di nuovo, perché non potevo smettere?? L’unica persona che avessi mai amato veramente se n’era andata. Lontano. Eppure nemmeno in questa situazione riuscii ad odiarlo. Non potevo. Non volevo. Sì, perché io amavo quel ragazzo più della mia vita, l’unico che mi avesse mai capito, che mi avesse fatto sentire parte del suo animo. Ed ora non c’era più. Probabilmente non mi amava quanto lo amavo io...

Un’altra lacrima cadde sul cuscino, ed un’altra ancora prese il posto della precedente. Il suo profumo era ancora su quel cuscino e io non riuscivo a separarmene. Mentre fuori la notte avanzava, io pensavo ancora al perché se ne fosse andato. Ma in realtà lo sapevo bene, piangevo solo perché non potevo più essergli vicino.

Ero un vigliacco e basta. Perché non mollavo anch’io il Paris St.Germain, mandando al diavolo tutto e tutti, e mi trasferivo a Dresda?... già, perché?... forse nemmeno io lo amavo quanto dicevo di amarlo. O forse mi mancava il coraggio di mollare tutto, di arrivare da Louis e sentirmi dire: “Torna a casa, Pierre. É una questione tra me e mio padre.” Ed ora ero più solo di quanto non fossi mai stato. Nessuno poteva riempire il vuoto che aveva lasciato Louis.

Potevo benissimo andare a trovarlo, qualche volta... sì, due volte all’anno. Dresda è lontana, quasi in Polonia. E io cosa ci andavo a fare in Polonia? Che idiota, ora cominciavo anche a pormi domande senza senso...

 

Quella mattina mi svegliai tardissimo, non era nemmeno più mattina. Luc, il difensore più in vista della squadra, venne a bussare alla mia porta alle due del pomeriggio.

Mi alzai a fatica, massaggiandomi gli occhi e infilandomi una maglietta bianca sopra i boxer, poi gli aprii.

- Bonjour El Cid!... Ehi, che ti è successo? Stai poco bene?-

“Che mi è successo? Ho pianto tutta la notte, e adesso devo avere una faccia che fa paura! Ecco che mi è successo!!” i miei pensieri erano come un secondo sfogo liberatorio. Prima la tristezza, poi la rabbia.

- Sì... cioè no... ho mal di testa.- dissi.

- Oh. Beh, cominciavo a preoccuparmi!- sorrise passandosi una mano sui capelli neri cortissimi. Non risposi, rimasi in attesa di conoscere il motivo della sua visita, se così si può chiamare.

- Ah, ero venuto per chiamarti! Tra una mezz’ora il mister ci vuole sul campo, incominciano le selezioni.-

- Le selez... Oh, porca miseria!!- scattai spalancando gli occhi. Le selezioni per la squadra! Me n’ero completamente dimenticato, con tutto quello che era successo!

- Sì, ehm... ci metto due minuti!!- dissi di nuovo.

Ma perché agitarsi tanto per delle stupide selezioni, se Louis non c’era?... beh, di certo lui non sarebbe stato contento se le avessi saltate, mi aveva ripetuto mille volte che erano importantissime. Forse... ecco perché continuava ripeterlo, sapeva che quel giorno lui non ci sarebbe stato, e voleva spronarmi a dare del mio meglio! Lo capii mentre mi guardavo allo specchio, asciugandomi la faccia. Louis... aveva pensato a me anche se la cosa non lo riguardava più. Piegai le labbra indentro, poi sospirai. Già... Louis... era sempre nella mia testa...

 

Avevamo corso come dannati, soprattutto io. Volevo dimostrare al mister quanto valevo. Tutto quello che facevo era anche per colui che ora stava in Germania.

Passaggi rapidi e bolidi violenti che sformavano l’intreccio bianco della rete. Non pensavo, agivo soltanto, tutto per dare il meglio di me.

Quando il mister mi lanciò la fascetta con la “C” blu ero incredulo. Incredulo ma felice. La mia rabbia si era sfogata e quella era la prova che eravamo ancora Louis e Pierre, e non Pierre e basta. Ero capitano. Capitano di una delle giovanili più famose del mondo,... ma non servì a farmi riavere Louis.

 

Stavo leggermente meglio. Non mi sarei mai abituato a quella lontananza, però. Erano passate due settimane, le lezioni erano iniziate, ed ogni volta che entravo in quell’edificio mi ricordavo il giorno in cui l’avevo visto per la prima volta, insieme a lui...

Tornai all’ostello per pranzo. Feci per salire ad appoggiare lo zaino in camera, quando la responsabile mi chiamò, da dietro al bancone.

- ...Ehi!! Pierre!!-

Mi voltai con sguardo interrogativo.

- Telefono!-

Mi avvicinai al bancone e presi il ricevitore dalle mani di quella donna, che tornò a riordinare le carte nel retro.

- Pronto?-

- Pierre!-

Per poco non mi venne un infarto.

- Louis!!-

- Ah, ti ricordi ancora!- rise.

- Louis... come cavolo faccio a dimenticarmi di te, eh?!-

- Non lo so...-

- Come sarebbe non lo so?- sorrisi. Ero fuori di me dalla gioia. Non credevo di poterlo risentire!

- Senti, scusami per essermene andato così... e per essermi fatto sentire solo ora...-

- Non importa! Non importa! Non importa!- il mio cuore aveva preso a battere più veloce che mai, mentre le mie labbra erano curvate ancora in un sorriso di pura felicità - Come stai?-

- Stavo malissimo, a Dresda.-

- Stavo?-

- Sì. Ma adesso che ti vedo non riesco a descrivere quanto sono felice.-

- Cosa...? Mi prendi in giro...?- mi vedeva? Non era più a Dresda? Mi guardai intorno con aria sospettosa, finché non lo vidi. Era lì. A Parigi. Se ne stava in piedi, appoggiato all’entrata dell’ostello con in mano un cellulare e mi sorrideva. Mollai il ricevitore senza badare a riattaccare, e gli corsi incontro. Quando gli saltai al collo mi accorsi che non era un’allucinazione. Era davvero Louis! Ed era a Parigi!! Il mio abbraccio era violento, gli stringevo le spalle e la vita senza pensare a non fargli male. Ma a lui non dispiaceva, perché mi stringeva con altrettanta forza.

- Che razza di scherzo idiota...- borbottai tuffandogli la bocca tra il collo e la spalla. Lui ridacchiò.

- Ehi, era la mia entrata trionfale!-

- Ma piantala...!- ero talmente felice che mi misi a litigare come un bambino. Sentivo il cuore uscirmi dal petto, tanto batteva veloce, e la sensazione di esaltazione era al massimo. Louis era tornato. Da me.

- Ma...- quando vidi il suo borsone per terra accanto ai suoi piedi, non riuscii a credere ai mei occhi, lasciai cadere il mio zaino lì accanto -...sei tornato per...-

- Per restare.- concluse la frase - Sai... una volta qualcuno mi ha detto che mio padre voleva che io fossi felice... e a Dresda stavo da schifo perché non c’eri tu, quindi...-

- Louis...- per poco non scoppiai di nuovo a piangere.

- Ehi, non piangerai ancora, vero? Non ti facevo così piagnone!- scherzò. Gli tirai un pugno leggero su una spalla.

- Piantala! E poi ti ci voleva così tanto tempo per capirlo?? Sei uno zuccone!!-

Quando il mio compagno scoppiò a ridere, lo seguii a ruota, ancora incredulo del fatto che Louis fosse tornato di nuovo da me! Ma era una sensazione bellissima, non avevo mai provato nulla di simile, nemmeno quando mi aveva baciato per la prima volta, nemmeno quando stavamo per fare l’amore. Ma c’erano tante cose che avremmo fatto insieme, d’ora in poi, tanti baci, tante volte avremmo fatto l’amore! La cosa più importante era che eravamo di nuovo insieme, e stavolta non l’avrei lasciato scappare più!

- Ehi, Napoleon!- la voce del numero 7 della squadra attirò la nostra attenzione.

- Napoleon? Dove?- aggiunse Luc - Louis! Che ci fai a Parigi?!- concluse, una volta che l’ebbe visto, con un sorriso felice sulle labbra.

- Sono tornato, no?- rispose il diretto interessato con la sua espressione orgogliosa, mettendosi una mano sul fianco, mentre io mi ricomponevo. Accidenti! Proprio ora quegli scocciatori dovevano venire a farsi gli affari nostri??

L’esclamazione di Luc richiamò l’attenzione di altri componenti del Paris St.Germain.

- Ehi, capitano! Volevi tenertelo tutto per te?- sorrise François. Sorrisi maliziosamente.

- Certo!- fu la mia risposta - Ma siete arrivati voi, quindi...-

Il resto della squadra rimase in attesa del seguito della frase. Afferrai un braccio di Louis e sorrisi di nuovo.

- Mi dispiace,- dissi - ma dovrete aspettare a festeggiare il ritorno del numero 20!-

Mi voltai ed uscii di corsa dall’ostello, trascinando Louis per il braccio destro.

- Capitano?? Sei capitano??- fece lui correndo con me.

- Sicuro! Te l’avevo detto che ti avrei battuto!- risposi ridendo.

- Cosa?? Ma non vale!! Io non c’ero!!- ribatté lui, facendo il finto arrabbiato.

- Su, non farne una tragedia, mon petit Louis!-

Il mio compagno alzò gli occhi e si divincolò dalla presa al braccio, afferrandomi la mano.

- Hai ragione, perché ti strapperò quella fascetta a morsi!- rise.

- Sfida accettata!- replicai con lo stesso sorriso. Le nostre dita s’intrecciarono in una stretta, potevo sentire di nuovo il suo calore accanto, dentro di me.

- Ehi, pseudo-capitano, di’ un po’, dove stiamo correndo?- mi chiese senza lasciare la mia mano.

- Andiamo a vedere quanto è bella Paris!- la mia voce allegra risuonò nel viale di fronte all’ostello. Non m’importava degli sguardi perplessi dei miei compagni che ci fissavano mentre ci allontanavamo lungo la strada battuta, non m’importava che era ora di pranzo, niente valeva di più del sorriso che mi stava rivolgendo Louis, il sorriso di cui sarò sempre innamorato perso e del calore che riusciva a trasmettermi la sua stretta di mano.

Ora eravamo di nuovo insieme. Non avrei più sofferto. Non avrei più pianto. Perché l’unica persona, l’unica mia ragione di vita, mi era accanto, e correva insieme a me verso le meraviglie di Parigi.

 

FIN