Questa fic è la prima in assoluto che io sia riuscita a portare a termine, ed è nata da un’idea che mi ha dato Maddy e su cui abbiamo molto discusso una sera, ovvero l’anima come qualcosa di fisico.

Senza quella serata ed il suo incoraggiamento, probabilmente avrei iniziato a scrivere qualcosa senza finirla, come al solito.

Vorrei quindi dedicarti questa fic, Maddy, per ringraziarti di tutto ^___^

Spoilers se non sapete nulla della serie e dell’episodio 20.

Disclaimers: I personaggi non sono miei, né guadagno qualcosa ad usarli per scrivere fic (a parte gli insulti e le minacce che ricevo appena le faccio leggere ad una certa persona ^___^;;;)

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In cambio di qualcosa di egual valore

di Cloud


Edward stava ricontrollando, per l'ennesima volta, che gli elementi chimici ci fossero tutti e che il loro peso fosse esattamente quello che aveva calcolato. Tutto doveva essere perfetto, non poteva permettersi nessun errore.

Non avrebbe avuto una seconda possibilità, e se avesse fallito, se qualcosa fosse andato storto... Sarebbe bastato un niente ed Al... "CRASH" Il rumore improvviso di qualcosa che s'infrangeva a terra lo fece sobbalzare e si voltò di scatto.

Un contenitore di vetro con del sale in soluzione giaceva sul pavimento, in frantumi.

Alphonse, inginocchiato a terra, stava radunando frammenti e contenuto -Scusami, niisan, mi è scivolato e...-

-Maledizione Al, vuoi stare attento? Se non riesci a fare quel che ti chiedo lascia stare. Lo capisci quanto è importante?- gli disse con rabbia e prese a dirigersi verso il fratello.

Alphonse si interruppe ed alzò gli occhi sul giovane alchimista. Pur senza avere la possibilità di esprimere le sue emozioni con l'espressione, per qualche motivo Ed si fermò sotto quello sguardo.

Il fratello minore parlò, con voce calma -Si, niisan, capisco quanto sia importante tutto questo.- poi terminò in due linee il simbolo che aveva cominciato a tracciare a terra e ricompose in un attimo il contenitore.

La rabbia di Edward era sfumata alle parole del fratello minore, ed era rimasto in piedi, a pochi passi da lui, senza saper cosa dire.

Alphonse prese l'ampolla tra le mani, si alzò e avvicinatosi al giovane alchimista di stato, gli porse l'oggetto intatto

-Mi dispiace di averlo fatto cadere.-

Edward abbassò lo sguardo, incapace in quel momento di guardare negli occhi il fratello.

Si sentiva in imbarazzo per la reazione eccessiva che aveva avuto e, soprattutto, si vergognava profondamente per le parole che aveva rivolto all'unica persona che anche più di lui poteva davvero capire l'importanza di quell'esperimento. La persona che, fidandosi di lui, il giorno dopo gli avrebbe affidato la propria vita.

-Al, mi dispiace. Scusami, non avrei dovuto dire quelle cose. Sono stato uno sciocco-.

La voce metallica parlò di nuovo -Non preoccuparti, niisan, non me la sono presa. Vorrei soltanto che, ora che siamo alla fine, non pretendessi di fare tutto da solo. Fidati di me. Anche se non ho le tue capacità posso aiutarti, almeno un poco.-

Le semplici parole del fratello minore scossero il ragazzo. -Io non pretendo di...- Si interruppe, mentre piccoli episodi degli ultimi giorni gli tornavano alla mente.

Aveva ragione Alphonse; gli appunti trovati mesi prima in quel vecchio libro avevano finalmente dato loro una speranza concreta e si erano messi a studiarli fino a conoscerli a memoria, integrandoli con le conoscenze acquisite fin da bambini, fino a sviluppare una teoria diversa dalle precedenti, ma che sembrava poter portare alla soluzione che stavano cercando da anni.

Avevano fatto delle prove, esperimenti che avevano confermato le loro idee, o che fallendo avevano permesso loro di modificarle ed avanzare nella giusta direzione, fino a quando, sviscerato ogni aspetto nel più piccolo dettaglio, avevano deciso di effettuare il primo esperimento su loro stessi.

Edward allungò le braccia e prese l'ampolla dalle mani di Alphonse, meravigliandosi ancora della sensazione che gli dava poter percepire la consistenza e la temperatura degli oggetti con entrambe le mani; il vetro era freddo e liscio, ed anche appena umido: forse Al aveva rovesciato qualche goccia di liquido nel rialzarsi.

Avevano iniziato insieme, studiato, lavorato sempre insieme, ma, e Edward se ne era reso conto solo allora, negli ultimi giorni aveva iniziato a fare le cose da solo, senza consultarsi col fratello, senza chiamarlo quando iniziava a lavorare, senza ascoltarlo quando provava ad esprimere una sua opinione.

E Alphonse non gli aveva mai detto nulla, non lo aveva mai rimproverato per il suo comportamento. 

Come aveva potuto non rendersene conto prima? Non riusciva a capire perché avesse agito in quel modo.

-Niisan, so che vuoi proteggermi, ma non ha senso escludermi proprio adesso, non credi?-

L'alchimista annuì -Hai ragione Al- gli rispose alzando gli occhi -Ho sbagliato. Perdonami.- sorrise appena mentre la stanchezza e la tensione accumulata negli ultimi giorni trasparivano dalla sua espressione.

-Non ho niente da perdonarti. E so che lo stai facendo per me.-

Poi guardò l'ora sull'orologio al muro -Forse è meglio andare a dormire adesso, visto che dovremo svegliarci tra poche ore.-

Ed rifocalizzò i pensieri su quel che stava facendo prima -Ah si, ma prima voglio ricontrollare se il peso degli elementi è esatto.- e fece per girarsi e tornare al centro della stanza, dove in terra sul grande simbolo tracciato sul pavimento, giacevano in ordine tutte le sostanze necessarie, quando la mano di Al si posò sulla sua spalla, trattenendolo e costringendolo a voltarsi con delicatezza -Per la quinta volta, niisan? Non credi che sia sufficiente aver ripesato tutto per ben quattro volte?-

Ed stava per ribattere, ma si rese conto che il fratello aveva ragione; stava diventando ossessivo. Sorrise scuotendo la testa

-Si, credo che in fondo non sia necessario arrivare a dieci prove per esser certi.- disse scherzando.

La risata metallica di Al dissipò le ultime ombre di tensione tra loro.

-Bene, allora facciamo così Al, tu dai solo una veloce occhiata per vedere se tutto ti sembra a posto, ed io vado a prendere l'acqua.-

-L'acqua?- domandò Al, perplesso.

Edward lo guardò, sorpreso -Beh, è l'ultimo elemento che manca, ho pensato di prenderlo alla fine per non interrompermi.- spiegò al fratello.

-Ma niisan...- obiettò incerto Alphonse -...l'acqua non dovevamo prenderla.- disse infine.

Allo sguardo interrogativo del ragazzo, che sembrava non seguirlo, spiegò, con una certa titubanza -Ecco, forse hai cambiato idea ed hai dimenticato di avvisarmi, ma eravamo d’accordo che l'avremmo presa poco prima di iniziare, per evitare che parte evaporasse.- terminò in tono sommesso.

Un brivido gelido corse lungo la schiena del giovane alchimista, che sbiancò in volto -No, Al. Non ho cambiato idea.- disse lentamente.

Come aveva potuto dimenticare un dettaglio tanto importante? Se Al non fosse stato con lui in quel momento, se ne sarebbe ricordato in tempo? L'esperimento non poteva essere interrotto, una volta cominciato, per nessun motivo, senza mettere in pericolo Al.

-... domani mattina, va bene?-

-Cosa?- si riscosse Edward.

Il fratello minore sospirò -Ho detto che sei troppo stanco ed è normale che tu possa avere delle piccole distrazioni, e che magari, se sei d’accordo, ricontrolleremo tutto prima di iniziare, domani mattina.-

Il ragazzo annuì, ancora scosso per l'errore che aveva fatto, ma rincuorato dalla presenza e dalla tranquillità del fratello minore.

Si avviarono alla porta ed uscirono, ma prima di chiudere il ragazzo gettò un'ultima occhiata alla stanza.

Quello domani sarebbe stato il luogo in cui finalmente avrebbe riabbracciato il suo Al.

 

***

"Guarda mamma, abbiamo fatto queste due statuine; sono per te" dissero due bambini porgendo alla donna sorridente due statuine di armature.

-Siete stati molto bravi, ma ora dovete renderle umane, altrimenti moriranno.-

 

-Niisan, sei sicuro che possiamo farcela?- chiese il bambino più piccolo all'altro, entrambi inginocchiati sul pavimento, davanti un grande simbolo in terra al cui centro giacevano svariati oggetti, tra cui due piccole armature in metallo ed il corpo addormentato della madre.

-Certo che possiamo, abbiamo studiato tutto.-

Posarono le mani contemporaneamente sulle linee esterne mentre una luce intensa prese a sprigionarsi dal disegno.

Gli oggetti iniziarono a sparire, uno ad uno, dissolvendosi.

-Oh, no Al, sta andando male, così la mamma morirà.- disse il bambino più grande voltandosi preoccupato verso il minore. Ma quello era scomparso.

Spaventato decise di ritrarre la mani, quando una voce orribile lo chiamò dal centro del simbolo -Nii... isan-

Tremando, con gli occhi sbarrati, voltò lentamente lo sguardo in direzione di quel suono che non aveva niente di umano.

Un ammasso di carne e metallo dalla forma indefinibile si contorceva nel mezzo, lo stava guardando e con gli occhi implorava il suo aiuto. Era Alphonse!

-Al! Al, torna qui, ti prego!- prese ad urlare il bambino piangendo mentre col braccio cercava di raggiungere quello che era stato suo fratello. Ma il suo braccio non c'era più, la spalla stava sanguinando e provava un dolore atroce.

Si sforzò di voltarsi per guardare la sua gamba sinistra, e non riuscì a trattenere le urla. Anche la sua gamba era stata strappata via, e dai brandelli di carne continuava a colare sangue.

Con gli occhi dilatati dal terrore riportò lo sguardo ancora una volta al centro della stanza, mentre il dolore gli annebbiava la vista.

-Nii... isan. E' tutta colpa tua, non dovevi mettere l'acqua il giorno prima. Adesso è tutta evaporata ed anche la mamma è morta.- Il corpo della donna giaceva immobile mentre si decomponeva e si deformava, quando all'improvviso aprì gli occhi: due enormi occhi gialli che lo fissavano con odio. Anche quel corpo gli si rivolse con voce innaturale -E' colpa tua, hai ucciso me e tuo fratello.-

Il bambino piangeva disperato -Mi dispiace, non volevo farvi del male. Volevo che stessimo di nuovo tutti insieme. Non voglio perdervi ancora. Vi prego, tornate da me.-

-Ormai è tardi, ci hai già uccisi.- dissero insieme le due figure, mentre dal simbolo presero forma delle ombre che si diressero verso il bambino ed iniziarono a strappargli parti di carne dal corpo.

-NOOOO- continuava ad urlare il piccolo Edward, mentre il dolore ed il senso di colpa si sommavano in qualcosa di insopportabile e le ombre iniziavano a trascinarlo al centro del simbolo, verso i due esseri che lo aspettavano, continuando a chiamarlo

-Nii... isan-  -Ed... ward-

 

-----------

 

Il ragazzo scattò a sedere sul letto, sudato e con il cuore che gli batteva furiosamente nel petto. Si passò una mano sulla fronte e si accorse di stare tremando. Aveva gli occhi bagnati di lacrime ed il sapore del sale sulle labbra.

-Niisan...-

Edward sobbalzò.

Alphonse era al suo fianco, inginocchiato accanto al letto e gli teneva una mano tra le sue.

-A… Al- la voce gli tremava.

-Hai avuto un incubo. Volevo svegliarti, ma ho pensato che se ti fosse passato sarebbe stato meglio. Non hai dormito molto negli ultimi giorni.

Quando però ho visto che iniziavi a stare male ho deciso di svegliarti, ma tu mi hai preceduto. Scusami, niisan, ho sbagliato.-

Edward si appoggiò al fratello, lasciando che la paura e la sofferenza che aveva provato nel sogno scivolassero via al contatto freddo, ma familiare del metallo dell'armatura a cui era legata l'anima del suo fratellino.

-No Al, hai fatto bene.- cominciò con voce già più tranquilla.

-Io ero troppo teso. Avevo troppa paura che arrivasse domani e che l'esperimento fallisse. In questi giorni ti ho allontanato da me, perché non volevo affrontare le mie paure, l'idea di perderti o di farti ancora del male. Sono io che ho sbagliato, avrei dovuto parlartene prima.- sospirò -Al, tu hai fiducia in me? Credi che riuscirò davvero a farti riavere il tuo corpo? Non temi che io possa fallire? In fondo...- Le braccia di metallo si strinsero attorno al corpo del ragazzo, abbracciandolo con delicatezza ed interrompendo il fiume di domande. 

-Ora smettila, niisan- disse con fermezza la voce metallica -Non ho paura, perché mi fido degli studi che abbiamo condotto, degli esperimenti che abbiamo fatto, e soprattutto di te e delle tue capacità. Il tempo della paura per me è passato.- si interruppe un attimo stringendo appena di più il ragazzo -Sappi in ogni caso, che se avessi dei dubbi, non mi sottoporrei all'esperimento, per quanto potessi essere tu a chiedermelo. Anche se in queste condizioni, considero la mia vita preziosa-.

Il giovane alchimista ponderò le parole del fratello, poi annuì -Grazie, Al.-

-Bene, allora cerca di dormire ancora un poco, niisan.- disse l’altro mentre adagiava il corpo, ora del tutto umano, del fratello sul letto.

-Al, vuoi dormire con me stanotte?- chiese quello prendendo una mano del fratello; l'armatura annuì e si infilò nel letto mentre il ragazzo si scostava, poi lo avvolse di nuovo tra le braccia.

-Ed?-

-Hmm?- mugugnò il giovane alchimista che stava già scivolando nel sonno.

-Ecco...- riprese la vocina metallica, con una punta d'imbarazzo. -Possiamo dormire insieme anche domani notte? Quando io...-

Il ragazzo aprì gli occhi e guardò il volto di metallo; non era mai riuscito a spiegarselo, ma in quell'armatura riusciva comunque a riconoscere le espressioni di suo fratello.

-Ma certo, Al. E domani sarò io a tenerti tra le braccia tutta la notte.- concluse sorridendo e facendosi più vicino al fratello.

-Grazie, niisan.-

 

***

 

Appena  Al avesse portato l'acqua avrebbero iniziato. Quella mattina avevano ricontrollato tutto e, con sollievo di Edward, ogni cosa era a posto.

Si sentiva davvero meglio, anche se non aveva potuto fare a meno di ripassare mentalmente il procedimento varie volte: Al sarebbe stato disteso al centro del simbolo, con tutto il resto. La prima cosa da fare era avviare il processo di creazione del corpo, poi creare un sottilissimo legame tra l'anima di Al ed il suo nuovo corpo.

Questa era una parte fondamentale, perché l'anima aveva bisogno di una guida, per quanto infinitesimale, per passare da un oggetto ad un altro.

Infine, l'ultimo compito di Ed sarebbe stato scindere il legame dell'anima di Al dall'armatura, e non poteva farlo semplicemente rompendo il sigillo, altrimenti l'anima si sarebbe disgregata; quel che avevano scoperto con i loro studi, e che a quanto ne sapevano, nessuno aveva mai ipotizzato prima, era che, essendo l'anima qualcosa di fisico, anche se in modo leggermente diverso da quello che per "fisico" di solito si intendeva, creava veri e propri legami tra i suoi atomi e quelli dell'oggetto a cui era legata, estremamente forti, che necessitavano di una certa energia per essere spezzati. Edward guardò il mucchio di carbone al margine del simbolo: aveva calcolato la quantità necessaria in vari esperimenti.

Una volta spezzato il legame l'anima avrebbe seguito la guida fino al proto-corpo, al quale si sarebbe legata plasmandolo nel "vero" corpo di Al.

-Niisan?- Edward si voltò, Alphonse era fermo sulla soglia e lo guardava -A cosa stavi pensando, niisan?- chiese la vocina metallica.

-Che questa sera faremo una scorpacciata di tutto quello che ci piace di più per festeggiare!- rispose il fratello maggiore con un gran sorriso.

L'armatura annuì, felice -Oh, si, che bello niisan. Non vedo l'ora di poter di nuovo assaggiare del cibo. E sentire il profumo dei fiori e la consistenza dell'erba. E tutte quelle cose che non ricordo quasi più.-

Al tono entusiasta di Alphonse, Edward sentì il cuore stringerglisi, come faceva sempre quando pensava a cosa doveva aver sopportato il suo fratellino per tutti quegli anni. Gli sorrise -Bene, allora cominciamo, così potremmo fare tutto quello che vuoi al più presto.-

L'armatura annuì e ad Edward sembrò di vedere il volto di Al, come lo ricordava, sorridergli in risposta. Batté le palpebre un paio di volte fissando poi il volto, solido e familiare dell'elmo. Il volto di Al non c'era più, ma lui sapeva che a breve l'avrebbe visto di nuovo, e stavolta sul serio.

Alphonse si distese al centro del simbolo tra gli oggetti che sembravano ingombrare il pavimento.

Edward s’inginocchiò, posando le mani sulle cosce e chiudendo gli occhi per raccogliere i pensieri.

Ripassò ancora mentalmente l'ordine di successione in cui andavano effettuate le varie fasi.

"Nii...isan" la voce ed il volto del sogno gli balenarono alla mente di colpo. Il ragazzo spalancò gli occhi e cercò di controllarsi, prima di alzare lo sguardo sul fratello, mentre una goccia di sudore gli scivolava sul collo.

Gli occhi dell'elmo lo fissavano, tranquilli. Sapeva che il suo fratellino doveva essersi accorto dei suoi timori, ma il fatto che non avesse detto nulla era una riconferma di tutto quel che gli aveva detto la notte precedente. Non aveva nulla da aggiungere.

Si calmò, ripensò a quel che si erano detti e richiuse gli occhi.

Il volto tornò a tormentarlo, ma stavolta non ebbe alcun effetto. Non sarebbe avvenuto niente del genere. Strinse i pugni e lo cancellò dai suoi pensieri. Poi aprì di nuovo gli occhi -Al, sei pronto?- chiese

-Si, niisan. E tu?-

Edward annuì.

Fece un profondo respiro e avvicinò le mani al pavimento.

Appena le avesse posate avrebbe iniziato l'esperimento e non avrebbe più potuto interromperlo.

Non si fermò, e poco dopo sentì il pavimento sotto le mani, alzò lo sguardo, ora fermo e determinato, e diede il via al processo.

Una luce intensa, sprigionandosi dal simbolo, invase la stanza. I due fratelli si guardarono pensando entrambi che era l'ultima volta che i loro occhi si sarebbero incrociati in quel modo.

Edward si concentrò sui vari passaggi, isolandosi dal resto, fondendo la sua mente con quel che doveva fare e visualizzando il tutto. Il suo pensiero si posò su ogni elemento: adenosina, sale, ammoniaca, carboidrati, acqua e via di seguito, guidandolo ad amalgamarsi con altri, poi con un certo sforzo di concentrazione ed energia "accese" la scintilla che li avrebbe portati a comporsi in un corpo umano.

"Bene" pensò ansimando, la prima parte era andata. Ora doveva pensare alla guida.

Si concentrò per visualizzare il sigillo di sangue nell'armatura che era Al; lo individuò e cominciò a tracciare un sottilissimo filo d'argento che partiva dal suo centro. Sentiva che Al era sveglio, e nonostante non percepisse propriamente paura, avvertiva in lui una forte tensione. "Stai tranquillo, fratellino, ora sono certo di farcela".

La tensione si attenuò.

Edward era sorpreso. Possibile che Al avesse percepito i suoi pensieri? Non poteva esserne certo, ma questo lo rendeva, se possibile, ancor più determinato. Non l'avrebbe deluso!

Riprese la creazione del filo, tracciandolo fino al proto-corpo, ancora in formazione, li accanto. Scelse il punto che giudicò appropriato, dove iniziava a formarsi il cervello, e lo fissò usando una piccolissima parte della propria energia. Per questo non si era fidato ad usare una dose precisa di un qualche combustibile, l'energia richiesta era davvero infinitesimale, e legare la guida al cervello era un'operazione delicatissima, non voleva danneggiare i neuroni ancora in formazione.

Il legame era stato stabilito, e la formazione del corpo procedeva alla perfezione.

Tirò un sospiro di sollievo. Ma non aveva tempo da perdere, doveva recidere il legame prima che la formazione fosse stata completata, altrimenti l'anima si sarebbe anche potuta legare a quel corpo, ma non avrebbe potuto plasmarlo in quello di Al, e non voleva sapere cosa sarebbe potuto venirne fuori.

La sua mente tornò al sigillo di sangue, mentre un piccolo lato del suo pensiero si spostava al mucchio di carbone al margine del simbolo. Ne avviò l'accensione e quello cominciò a bruciare istantaneamente. Convogliò l'energia verso il sigillo, dove intanto l'altra parte della sua mente aveva iniziato ad operare.

L'energia avvolse il sigillo fissandosi sulle linee tracciate anni prima, facendole risplendere. La luce diventava sempre più intensa, mentre il mucchio di carbone si consumava velocemente. "Troppo velocemente, maledizione!" pensò Edward sgomento.

La sua mente andava dal carbone, che era quasi a metà, al sigillo, che non aveva neanche iniziato a spezzare i legami.

Si sentì perso, non riusciva a capire. I suoi calcoli erano stati perfetti, precisi fino alla maniacalità, non poteva essersi sbagliato.

NON POTEVA!

Il terrore si avvolse intorno al suo cuore, scorrendogli nelle vene. Cosa poteva fare? Non era possibile in alcun modo interrompere il processo, ma se lasciava le cose così Al si sarebbe trovato...

Quel corpo! Quello che aveva sognato, l'ammasso di carne e metallo, ecco cosa sarebbe accaduto a suo fratello.

No! Non l’avrebbe permesso in alcun modo. Piuttosto l'avrebbe ucciso! Ma appena formulato quel pensiero, si sentì male.

Non poteva farlo, non VOLEVA farlo. Al era la sua famiglia. Era il suo fratellino. Era...

No, non poteva ucciderlo. Ma neppure lasciarlo in quelle condizioni.

Doveva fare qualcosa, trovare l'energia da qualche altra parte. Ma non c'era niente all'interno del simbolo che potesse servire allo scopo.

Chiaramente aveva inserito solo il necessario: il materiale per il corpo, il combustibile per l'energia, ovviamente Al, e... Nient'altro.

Visualizzò il cerchio con la mente, disperato, quando...

Si qualcos'altro c'era. Strinse i pugni.

Lui stesso faceva parte del cerchio, marginalmente, ma poteva entrarci. Ma come fornire l'energia? Un'altra volta il suo braccio? O la gamba? Si sentì male pensando al dolore che avrebbe provato, ma era deciso ad andare avanti. Avrebbe potuto rifarseli più avanti.

Ricontrollò per l'ultima volta le altre cose: il corpo stava procedendo rapidamente, doveva sbrigarsi; il filo guida era ancora lì, ma... Notò che sembrava molto più forte di prima, eppure lui non aveva agito su di esso in alcun modo dopo averlo creato.

Era stata la sua volontà a formarlo, ma ora era incredibilmente più saldo.

Un pensiero agghiacciante lo colpì.

Era stata la sua volontà a creare il legame tra l'anima di Al e l'armatura, anche se l'energia era stata fornita dal suo braccio. Forse i legami dell'anima erano tanto più forti quanto più era forte la volontà che li creava. Anni prima lui avrebbe dato tutto se stesso per far tornare Al, e la sua volontà aveva finito per legare gli atomi in modo quasi indissolubile.

In fondo creare legami di quel tipo richiedeva molta meno energia di quanta ne servisse per spezzarli.

Allora forse non sarebbe bastato l'intero suo corpo...

Per spezzare quei legami occorreva qualcosa che avesse la stessa quantità di energia.

"Per ottenere qualcosa, devi pagare con qualcosa di egual valore" pensò amaramente. Quella maledetta legge continuava a perseguitarli. Cosa poteva offrire stavolta in cambio?

La propria anima.

La risposta gli venne semplice alla mente, senza paura.

Forse era quella l'unica soluzione: spezzare i legami della propria anima, che richiedevano molta meno energia, ma che forse ne avrebbero fornita in quantità sufficiente per Al.

Osservò il mucchietto di carbone: ne rimaneva meno della metà. Rapidamente tracciò sulla propria fronte un simbolo adatto e prese a convogliare l'energia della combustione verso se stesso. Contemporaneamente creò una sorta di canale che avrebbe fornito la sua energia al sigillo di sangue.

Presto cominciò a sentirsi bruciare, ma non era il bruciore fisico che si prova quando ci si scotta, era una sorta di consunzione interna che lo avrebbe consumato in breve.

"In fondo va bene così" pensò "Per me questa è la cosa più importante, Al."  Sentiva le lacrime scorrergli sulle guance "Perdonami per non essere con te quando ti sveglierai. Avrei di nuovo voluto vedere il tuo sorriso, tu non sai quanto. E la tua espressione felice.

Era da tanto che aspettavamo questo momento, invece sarai solo. Spero che riuscirai ad affrontare tutto senza di me. Tu sei più forte, lo sei sempre stato, ma in fondo sei pur sempre il mio piccolo fratellino"

La vista cominciava ad annebbiarglisi -Alphonse...- mormorò.

Con uno sforzo enorme spinse la sua mente ancora una volta verso il sigillo dell'armatura e lo vide brillare, luminoso e splendente: la reazione era cominciata. Ce l'avrebbe fatta!

"Al... Ti voglio bene" poi il corpo del giovane alchimista cadde e nei suoi occhi, prima che le palpebre si abbassassero l'ultima volta, si riflesse l'armatura che aveva contenuto per anni il suo amato fratello.

 

***

 

Sbatté le palpebre, sentendosi confuso da quello che percepiva.

Man mano che riprendeva coscienza, le percezioni del mondo esterno sembravano soffocarlo. Il pavimento era sempre più freddo e duro, gli faceva quasi male, e tutti quegli odori, che non riusciva ancora a distinguere l'uno dall'altro, gli davano la nausea. Gli girava la testa e voleva vomitare.

Tentò di muoversi, puntando il palmo di una mano sul pavimento.

-Niisan- chiamò debolmente, con una strana voce roca che lo stupì molto.

Una mattonella scheggiata gli graffiò la pelle e lui quasi urlò dalla sorpresa e dall'improvviso dolore.

Si guardò il palmo senza riuscire a capire.

Ricordò l'esperimento, suo fratello al margine del simbolo quella mattina e finalmente comprese.

Edward ci era riuscito! Aveva creato il suo nuovo corpo.

Si rese conto di stare ridendo solo perché la sua voce suonava diversa da come ormai era abituato a sentirla.

-Niisan! Niisan!- chiamava, non riuscendo a trovare parole per esprimere la felicità che lo pervadeva.

Aveva di nuovo un corpo umano, un vero corpo, fatto di pelle, muscoli, tendini, ossa. Il suo interno non era più vuoto, ma aveva un cuore che batteva, e del sangue che scorreva. Guardò ancora la mano, poi le braccia, le gambe, più lunghe di quanto le ricordava. Era cresciuto...

Si passò le mani sul viso, poi le osservò ancora, aprendo e chiudendo i pugni. Era meraviglioso!

-Niisan!- ma perché suo fratello non correva da lui?

Si guardò intorno, cercando di non perdere l'equilibrio, ancora molto precario ad ogni movimento.

Edward giaceva al margine del cerchio, a pochi metri da lui.

"Deve essere esausto" pensò Alphonse intenerito. Ma voleva assolutamente che anche lui vedesse cosa era riuscito a fare.

Fece forza per alzarsi, ma ancora non riusciva a coordinare le gambe, e ricadde a terra. Era frustrante, ma lo avevano saputo entrambi che sarebbe servito un certo periodo per abituarsi al nuovo corpo. In fondo non aveva alcuna importanza.

Si mise in ginocchio e prese ad avanzare verso il fratello, cercando di non graffiarsi ancora. Non era più abituato al dolore, e gli dava molto fastidio.

Quando lo raggiunse lo abbracciò, nel tentativo di sollevarlo e rianimarlo, stupendosi della morbidezza del proprio corpo contro quello del fratello.

-Grazie niisan. Grazie. Sapevo che ce l'avresti fatta. Sei davvero il miglior alchimista del mondo.- ma il ragazzo non accennava a svegliarsi.

-Niisan, ti prego riprenditi. Devi essere stanchissimo, ma scommetto che mi picchieresti se non ti svegliassi per farti vedere il risultato. E poi non vedo l'ora di sapere cosa ne pensi. Voglio che sia tu il primo a vedere il mio nuovo corpo.-

Lo scosse con delicatezza, per quanto ancora un po’ goffa, ma il corpo gli si accasciò tra le braccia.

-Niisan?- Alphonse non capiva; forse lo sforzo era stato maggiore di quanto entrambi avevano pensato, ma un'ombra di preoccupazione cominciava a farsi strada in lui.

Voltò il viso del ragazzo con una mano, in modo da vederlo bene, mentre con l'altra lo sosteneva per la schiena.

-Stai... bene, niisan?- gli chiese, sussurrando senza rendersene conto.

Il volto di Edward rimase immobile. Come immobile era il resto del corpo.

-No. Non è possibile.- Disse Alphonse tra sé mentre la paura cominciava a serrargli il cuore.

Osservò meglio il fratello. Un ciuffo gli ricadeva scomposto sulla fronte; glielo scostò con la mano, che aveva iniziato a tremare, e sotto i capelli si rivelò una bruciatura, leggera ma netta. Era un simbolo alchemico.

Sconvolto lasciò quasi ricadere il corpo di Edward, ma serrò in tempo la presa e lo strinse forte a sé.

-Niisan, rispondimi ti prego. Svegliati. Non farmi spaventare.- Continuava a stringerlo, mentre le lacrime presero a scorrergli sulle guance.

All'improvviso rammentò un momento durante l'esperimento, in cui aveva avuto la precisa sensazione che suo fratello gli fosse accanto, ma non fisicamente, non sapeva spiegarsi; lo aveva sentito sicuro di sé, certo che sarebbe andato tutto bene, e la sua certezza lo aveva rassicurato.

Poi rammentò di aver sentito anche lo sgomento, come se un imprevisto avesse colto alla sprovvista suo fratello, ma poco dopo anche una nuova certezza che sarebbe andato tutto a posto, ma unita ad una profonda malinconia e tristezza.

"Al... Ti voglio bene."

Le parole gli si affacciarono alla mente nitide e precise come se Ed gliele avesse appena sussurrate.

-Che cosa hai fatto, niisan?- chiese singhiozzando -Perché?-

Edward aveva fatto una scelta, consapevolmente. Era morto per restituirgli un corpo e la possibilità di una vita normale.

Aveva ottenuto qualcosa pagandola con qualcosa dello stesso valore: gli aveva restituito la vita a costo della propria.

-Non dovevi farlo. Io non voglio un corpo a questo prezzo. Tu sei molto più importante. Non mi importa niente di questo corpo. Rivoglio te!- gridava scuotendo il fratello, disperato.

Ma il volto del giovane alchimista non mutava espressione; i suoi occhi dorati non si aprivano.

Il ragazzo in lacrime lo strinse a sé con tutte le sue forze

-NIISAN!!!- urlò con tutto il fiato.

 

--------------

 

-Al! Al, stai bene? Svegliati, ti prego!-

Alphonse guardò davanti a sé, due occhi dorati che lo fissavano con preoccupazione.

-Niisan!- si slanciò in avanti ed afferrò il ragazzo di fronte a lui, stringendolo con forza.

-Al! Al, smettila per favore, mi fai male... Ahh- gemette il giovane alchimista.

Alphonse lo lasciò andare spaventato e si ritrasse con rumore metallico.

Il ragazzo biondo cadde in ginocchio, ansimando.

-Al, ma che ti succede?-

-Scu... scusami, niisan, io... - La voce metallica si interruppe. L’armatura si guardò le mani e gli arti di metallo. Strinse i pugni. Se solo avesse potuto avrebbe pianto. -Non... volevo farti del male, perdonami. Non mi sono reso conto che... -

Il ragazzo più grande lo interruppe scuotendo la mano con noncuranza

-Guarda che non mi hai fatto poi un gran male, Al. Io sono molto robusto, cosa credi?- Disse rialzandosi e mettendosi in una posa ad imitazione di Armstrong. Sapeva che il fratello non gli avrebbe mai fatto del male volontariamente. Non voleva che si sentisse in colpa per uno stupido incidente.

L'armatura rimase immobile, lo sguardo basso.

Il ragazzo sospirò e gli si avvicinò.

-Al, cosa stavi sognando? Vuoi dirmelo?- Si era avvicinato e gli aveva preso una mano tra le sue.

Al osservò il fratello; gli automail che aveva al posto del braccio e della gamba erano chiaramente visibili dalla maglietta ed i calzoncini che usava per dormire.

Alzò lo sguardo al suo viso; l'espressione ancora preoccupata, ed in attesa di una risposta.

Provò di nuovo il sollievo che aveva sentito quando aveva visto i suoi occhi, poco prima.

Credeva di averlo perduto, invece era ancora con lui. Preferiva di gran lunga che fosse così, piuttosto che come in quel maledetto sogno. Anche se lui aveva un corpo di metallo.

-Ecco, niisan, credo di aver avuto un incubo, ma ora non riesco a ricordarlo.-

Non voleva parlargliene, non voleva che avesse niente a che fare con quel che aveva sognato.

-Comunque mi dispiace di averti svegliato.-

-Non importa, Al. Piuttosto, ora va tutto bene?-

L'armatura annuì.

-Allora se vuoi possiamo tornare a dormire; domattina dobbiamo alzarci presto per prendere il treno.-

-Si, va bene niisan.-

Edward tornò a letto -Al, vuoi dormire con me stanotte?- gli chiese.

-Ah, no. Non importa, grazie lo stesso. E' passato, davvero.-

Edward parve riflettere sulle parole di Alphonse.

-Come vuoi, ma se poi dovessi avere altri incubi vieni pure.-

-D’accordo, grazie niisan- rispose la vocina metallica.

Alphonse sapeva che Edward si era accorto che non andava tutto bene, ma se lui non voleva parlargliene, avrebbe rispettato la sua decisione.

Si mise accanto al letto del fratello, immobile, ascoltando il respiro del ragazzo che si faceva sempre più regolare.

Non riusciva a non pensare al sogno, ogni particolare nitido nella mente.

Quasi non poteva sopportare di ricordare cosa aveva provato con il corpo senza vita di Edward tra le braccia. Ne sentiva ancora la morbidezza, ed il peso che gravava senza resistenze.

La disperazione che aveva provato non voleva in alcun modo sentirla in futuro.

Si alzò in piedi e si chinò sul ragazzo addormentato. Gli scostò un ciuffo dalla fronte, bianca e liscia, senza alcun segno. Per un attimo aveva quasi avuto paura.

La luce della luna entrava dalla finestra, illuminando con i suoi raggi delicati la stanza e scivolando sulla figura addormentata delineandone ed al contempo sfumandone i contorni, facendola apparire più fragile di quanto fosse in realtà.

Mentre osservava quella che per lui era la persona più importante in assoluto, Alphonse prese una decisione.

-No, niisan. Non ti permetterò mai di fare una cosa simile!- sussurrò con fermezza, mentre gli sfiorava una guancia con un dito.

-Non ti permetterò mai di sacrificarti per me. Perché anche io ti voglio bene, niisan-.

 

 

****************

 

ps: La teoria del legami atomici dell’anima può sembrare avere alcune incoerenze, ma a parte che è pura fantasia, ho cercato comunque di renderla plausibile.

Cercherò di spiegarla meglio in breve.

 

In pratica, per spezzare il legame molto forte dell’anima di Alphnose con l’armatura, occorre molta più energia di quanta Edward avesse pensato, perchè anni prima la sua volontà aveva influito sulla forza stessa dei legami, cosa che in genere non avviene quando si nasce.

Spezzare il legame tra l’anima di Edward ed il suo corpo risulta quindi più semplice e necessita di un impiego d’energia minore; al momento della scissione, viene però generata un’energia molto maggiore, perchè si sommano l’energia impiegata per l’innesco del processo e quella che viene liberata dalla scissione stessa.

Capisco che non è un’idea perfetta, ma in fondo chi sà di che tipo di atomi è formata l’anima? ^__-

 

Inoltre, perchè sarebbe servito l’intero mucchio di carbone per separare l’anima di Al dall’armatura e soltanto metà per quella di Edward dal suo corpo?

Semplicemente perchè il legame dell’anima di una persona con il proprio corpo è naturale, si forma spontaneamente, richiede meno energia iniziale e meno anche per spezzare i legami: come due pezzi complementari delle costruzioni (passatemi l’esempio cretino ^^;); mentre legare un’anima ad un oggetto è qualcosa di ovviamente artificiale che richiede maggiore energia iniziale e proporzionalmente sarà maggiore anche quella richiesta per spezzare il legame (come se i due pezzi delle costruzioni non fossero complementeri, ma per unirli si forzasse abbastanza da incastrarli. E’ servita maggiore energia per farlo e ne servirà di più anche per separarli).

Edward aveva calcolato anche questo, ma c’è stato l’inconveniente inaspettato della forza di volontà. In pratica è come se per i pezzi di costruzioni oltre che a incastrarli, avesse usato della colla ^^;;