Quasi mi dispiace essere arrivata già a questo punto, alla mia prima serie mancano due giorni di vita, e poi è conclusa. Bah. L'inizio è dedicato alla mia Beta... che muore dietro i quattrocchi e che è innamorata di Mitsui. Ma io le voglio bene anche per questo!
In a Week
Day 5
di Bads
Kogure si svegliò quella mattina di domenica sentendosi sereno. Sicuramente, constatò mentre si stiracchiava, molto più sereno di come si era sentito il giorno precedente. Al ricordo di quel sabato dannato sbuffò, mentre nella sua mente si materializzava l'immagine del volto di Akagi, solo per dargli un ulteriore tormento. Ripensando a quanto si era svegliato bene il giorno prima, conscio che il sabato era il migliore dei giorni, a quanto aveva organizzato bene quella giornata, quanti progetti aveva in mente, gli venne subito una voglia malsana di picchiarsi. “Buongiorno” disse una voce accanto a sé. “Buongiorno” rispose Kogure, andando a cercare gli occhiali sul comodino. Il ragazzo di fianco, ancora mezzo addormentato, lo guardò con occhi impastati, poi sbadigliò copiosamente. “Sei ancora arrabbiato?” chiese strofinandosi gli occhi. “No” rispose Kogure tranquillo, pulendo gli occhiali con un lembo del lenzuolo, per quanto (ci pensò dopo) non dovesse essere molto pulito. “Peccato” sussurrò Hisashi Mitsui tirandosi a sedere e mordendogli un orecchio: “Mi piacevi parecchio ieri sera, così imbronciato e fuori di te dalla rabbia, eri molto sexy” Kogure arrossì, ma fece finta di niente e continuò a pulire gli occhiali. “Ignoravo questo lato di te che mi fa eccitare così tanto” continuò imperterrito Mitsui, sapendo che all'altro piaceva sentirlo parlare impudicamente. “Credevo che la giornata fosse rovinata” disse finalmente il quattr'occhi, inforcandosi gli occhiali e guardando il compagno: “Quando Akagi ha cominciato a impazzire”. “Si anche io, ma mi sono divertito a guardarti ucciderlo con gli occhi” sorrise Mitsui, che non aveva la minima intenzione di lasciar perdere l'orecchio dell'altro. “Se solo ci ripenso mi viene di nuovo voglia di sbatterti...” gli sussurrò facendolo rabbrividire, prima di tirarlo per un braccio e farlo sdraiare sotto di sé. “Sei un maiale...” sussurrò solo Kogure, togliendosi di nuovo gli occhiali prima che si sporcassero di nuovo con la saliva dell'altro.
Intanto, dall'altra parte di Kanagawa, Kaede Rukawa, giocatore di spicco del club di basket del liceo Shohoku, si alzava sconfitto dal suo letto, inveendo contro tutto quello che gli veniva in mente. Si era svegliato turbato quella mattina, o per meglio dire non aveva dormito molto quella notte, e per uno come lui era a dir poco sorprendente. Fin dal pomeriggio precedente non era riuscito a chiudere occhio e aveva passato tutta la notte a rotolarsi tra le lenzuola cercando la posizione più comoda, che potesse al meglio conciliare il suo sonno, ma non l'aveva trovata; così all'alba delle otto, con due occhiaie da brivido, aveva aperto gli occhi e si era finalmente alzato. Non riusciva proprio a credere come quei trascurabili eventi avvenuti in pochi giorni potessero avere conseguenze così tragiche, come riuscire a privargli il sonno. Sakuragi non poteva avere un simile ascendente, non poteva riuscire a controllarlo anche a distanza. Più ci pensava, più non ci voleva pensare, e si era ritrovato a girare per la camera con passo pesante, cercando di dimenticare tutto quello che era successo il giorno prima. Ma com'era possibile se era stata la più bella giornata che avesse mai passato? E perché se era stata così speciale ora si sentiva così stupido e non voleva più pensarci? La ragione in realtà la conosceva molto bene, era perché aveva rovinato tutto. Era così convinto che Sakuragi volesse solo passare del tempo con lui che non si era reso nemmeno conto di aver esagerato con le sue proposte sempre più audaci. Non aveva avuto senso della decenza, accecato solo dal fatto che si era sentito molto bene in compagnia del compagno, e non voleva tornare a rimpiangere un’occasione sfuggita. Ma se solo ci ripensava si sentiva male dall'imbarazzo. Con un moto di stizza calciò via il groviglio di lenzuola ai suoi piedi e si diresse in bagno. Non aveva intenzione di rovinarsi la vita solo per lui, solo perché non riusciva in nessun modo a non pensarlo. Sconfitto da quei pensieri si era lavato stizzito, essendo giunto alla conclusione che voleva la compagnia di Sakuragi più di ogni altra cosa, e si era vestito di fretta per poi uscire, con la sua palla da basket. Così aveva preso la bicicletta e si era diretto a tutta velocità verso la spiaggia, mettendosi la musica a palla nelle orecchie, cercando di concentrarsi su qualsiasi cosa, sulle parole, sul suo respiro, sulla gente incontrata per strada. Un po' di fatica l'avrebbe fatto stancare a sufficienza e probabilmente sarebbe anche riuscito a pensare a qualcos'altro. Scese dalla bici e cominciò a correre sulla spiaggia, sentendosi sempre più affaticato ad ogni passo, appesantito dalla sabbia che rallentava i suoi movimenti, cercando di trovare il ritmo giusto che non lo sfiancasse. Continuò a correre finché non si rese conto di essersi allontanato troppo da casa, così si fermò a guardare il mare, cercando di stabilizzare il respiro, tenendo le mani lungo i fianchi. Se fosse stato un ragazzo espressivo avrebbe sicuramente urlato, perché sentiva che ne aveva bisogno, poichè neanche impegnandosi riusciva a dimenticare per un solo istante quel dannato ragazzo con cui aveva trascorso il pomeriggio precedente. Si sedette sulla spiaggia e guardò il mare. Era ancora molto presto, non c'era nessuno in giro a quell'ora della domenica, e lui non aveva più voglia di correre. Era uscito solo per dimenticare, perché non riusciva a stare chiuso in quella casa, dato che continuava a guardarsi intorno, immaginando le facce del dohao dentro la sua camera, a guardare i suoi manga, a sfogliare le sue riviste di basket e ad ascoltare i suoi cd. Ormai quella sensazione di fastidio provata quella mattina non era più andata via, e si era messa comoda nel suo stomaco, ricordandogli quanto si sentisse imbecille. Si rialzò stizzito, e si voltò, deciso di continuare l'allenamento, ma subito si dovette fermare, quando un cane bavoso e scodinzolante gli corse incontro abbaiando. Rukawa abbassò lo sguardo al botolo di pelo che gli si era avvicinato e che gli stava annusando la felpa, e subito si accucciò, cercando di capire se fosse pericoloso o meno accarezzargli la testa. Quando capì che gli intenti del cane non erano per nulla bellicosi, lo accarezzò, procurandosi parecchia bava sulla mano e molti peli ovunque, dato che non la smetteva di strusciarsi tra le sue gambe. Stufo di tutte quelle attenzioni, Rukawa si alzò e ricominciò a correre, sperando che prima o poi il proprietario venisse a riprenderselo, ma subito si sentì inseguito e fu costretto a fermarsi, poichè quel cagnone aveva male interpretato la sua corsa e pensava di aver finalmente trovato un compagno di giochi. “No” disse Rukawa, stupendosi di sprecare il fiato con un cane: “Non voglio giocare” Ma la bestia non sembrò recepire, o forse lo ignorò bellamente, e continuava a inseguirlo saltellando, aspettando che lo rincorresse e si inseguissero, o che gli lanciasse qualcosa da riportare indietro, giusto per dimostrargli che gli piaceva e che sarebbe stato un compagno di giochi perfetto. “Non ci penso neanche” gli disse ancora, però non si mosse, aspettando che chissà chi venisse a riprendersi la belva: “Sparisci” E l'altro abbaiò, saltellando ancora, cercando sul terreno sabbioso se fosse nascosto qualche bastone per giocare, dato che l'altro ancora non aveva provveduto. Quando ne trovò uno di suo gradimento lo posò ai piedi dell'altro, poi poggiò il muso a terra e aspettò, continuando a scodinzolare con il sedere per aria, non distogliendo neanche per un attimo gli occhi da quel bastone. Rukawa sbuffò, si guardò in giro e poi prese in mano il bastone: “Solo una volta” si ritrovò a dire al cane prima di tirarlo lontano, vedendo la bestia travolgere una decina di persone prima di tornare indietro, più veloce di una scheggia. Aveva cercato di allontanarsi ma l'aveva trovato lo stesso, e adesso aspettava seduto, il bastone in bocca, che l'altro si muovesse. “Nh...” mormorò solo Rukawa. Ormai si era arreso al fatto che quel cane non aveva intenzione di lasciarlo perdere, ed era ormai destinato a capitolare contro un certo tipo di bestie testone e caparbie. Prese il bastone e tirò verso di sé. Un ringhio, e il cane non mollava la presa. Rukawa si intimorì un po', non voleva proprio essere morso dal cane di uno sconosciuto. Provò di nuovo ma niente,
il bastone non si muoveva di un millimetro. Vedendo che il cane comunque
scodinzolava continuò a provare, con maggiore forza, ma l'altro evidentemente
aveva voglia di giocare anche così. alla fine mollò la presa, ma solo perché si sentì in vena di abbaiare e Rukawa, spaventato, era finito steso sulla sabbia, con la bestia che si rotolava sul suo petto. “Sei davvero un impiastro” disse tentando di scrollarselo di dosso, quando qualcuno venne in suo soccorso, continuando a scusarsi e prendendo il cane di peso, spostandoglielo di dosso. “Buster, diamine calmati... mi scusi non so proprio co-” Ma si era interrotto. Perché finalmente aveva guardato chi era lo sconosciuto contro cui si era strusciato il suo cane. Hanamichi Sakuragi si trovò a meno di mezzo metro da Kaede Rukawa, mentre il suo cane riusciva a divincolarsi dalla sua stretta e tornava a leccare la faccia dello sconosciuto. “Ru...” balbettò Sakuragi. “Nh...” sbuffò Rukawa: “Questa bestia pulciosa poteva solo essere tua, dohao” Al rosso invece servì qualche altro istante per riprendersi, ma lo fece solo perché il suo cane non la smetteva di abbaiare contento, e molte persone stavano cominciando a guardarlo male. “Che ci fai qui kitsune?” disse il rosso, prima di alzarsi e prendere Buster per il collare, togliendolo finalmente di dosso a Rukawa. “Jogging” rispose solo l'altro, alzandosi a sua volta: “E tu?” “Il cane...” Si, era stata una domanda stupida, pensò Rukawa, ma anche quella di Sakuragi non aveva nulla di sensato, così si rincuorò e rimase un po' in silenzio, cercando di pulirsi come meglio poteva, ma quel dannato cane sembrava aver voglia solo di saltargli addosso. “Sembri stargli simpatico” disse Hanamichi, rivolto più a sé stesso, mentre la sua presa sul cane cominciava ad essere meno ferrea. Rukawa sbuffò: “Devo ammetterlo, è l'unica cosa che vi distingue, Sakuragi” Perché stava dicendo quelle cose? Il giorno prima voleva invitarlo a casa e adesso aveva ricominciato a prenderlo in giro, sperando che l'altro rispondesse. In realtà era deluso, perché aveva impiegato tutto il giorno precedente e quella mattina per cercare di non pensare a Sakuragi, aveva finalmente trovato in quel cane una distrazione, e alla fine di chi era quella bestia? Di Sakuragi, ovvio! “Non osare insultare il tensai, o il cane del tensai!” disse il rosso, gonfiandosi un po', ma sempre meno del solito perché non sapeva proprio cosa dire. Avrebbe voluto sapere se veniva lì tutte le domeniche, perché non l'aveva mai visto, ma non sarebbe stata una domanda da porre a Rukawa, oppure come mai aveva giocato col suo cane, dato che sembrava sempre così intrattabile, ma anche quello non poteva certo chiederglielo; alla fine pensò di dirgli che durante la notte si era inacidito, perché il pomeriggio precedente era stato molto più gentile, ma si sentì ancora meno sicuro che fosse una buona idea, dato che aveva sperato tutta la notte che il loro rapporto tornasse come prima. E finalmente era successo, ma come mai non si sentiva poi così bene? “Povero cane, dev'essere impazzito” disse ad un certo punto Sakuragi, svegliandosi un po' dal suo torpore: “Cominciare a giocare con Rukawa non è proprio una cosa intelligente” “Deve aver preso dal padrone, dohao” “Zitto, baka kitsune, non ho bisogno della tua opinione” “Bene” “Bene!” Sakuragi sbuffò, cos'aveva fatto la settimana prima per far adirare in questo modo gli dei, che gli facevano incontrare Rukawa anche la domenica mattina? Legò di nuovo il cane, che mugugnò sconfitto qualche istante, poi si voltò a guardare il compagno, cercando di infondergli un po' dell'odio che provava, e si decise a congedarsi il più velocemente possibile. Se gli dei non avevano intenzione di aiutarlo, si sarebbe tirato fuori da quella situazione da solo. “Facciamo una partita al campetto, dohao?” “D'accordo” Cos'aveva detto?! Chi diavolo si era preso possesso del suo corpo e ora parlava con la sua bocca? “No” disse dopo un attimo, mentre Rukawa lo guardava con una strana luce negli occhi: “Cioè... ho da fare” “Mi hai appena detto di si, scemo” “Ma poi ho detto di no, cretino!” “Vuol dire che il grande tensai ha paura di un'innocua partitella al campetto?” lo stuzzicò il moro, incrociando le braccia, un po' stizzito: “Cos'hai? Hai paura che ti vedano perdere miseramente?” Sakuragi s'infervorò. Una piccola e trascurabile parte del suo cervello tentò di dissuaderlo, sussurrandogli che Rukawa aveva detto quelle parole apposta per farlo accettare, ma l'orgoglio del rosso era molto più sviluppato della sua intelligenza. “Cosa stai blaterando?!” sbraitò, facendo pure abbaiare il cane: “Io non ho affatto paura di te, kitsune! E riuscirei a batterti anche ad occhi chiusi!” “Bene” sbottò Rukawa, superandolo: “Allora ci troviamo lì” Sakuragi sbuffò, riprese il
cane e ricominciò a camminare, dicendo solo: “Ci sarà anche il mio stupido
cane, quindi pensaci due volte” “E fai bene a preoccuparti” “Ci vediamo tra mezz'ora al massimo, dohao” “Sempre se non ti addormenti per la strada” L'altro aspettò giusto il tempo di sorridere alle spalle dell'altro, poi corse via da dove era venuto, sentendosi dieci volte più leggero. Non l'avrebbe mai ammesso con nessuno, ma era felicissimo.
Si trovarono al campetto, precisi come orologi. Sakuragi non aveva fatto altro che dannarsi per tutta la strada, mentre il suo cane tirava insistente nella direzione dove era sparito Rukawa, triste di aver perso il suo nuovo compagno di giochi, ma quando lo vide arrivare con la bicicletta si liberò dalla presa del padrone e andò a fargli le feste. “Ciao” disse Rukawa legando la bicicletta e lanciando il pallone al dohao, che guardava quel fedifrago del suo cane, soppesando nella mente l'ipotesi di castrarlo dopo quella dimostrazione d'affetto non dovuta al suo acerrimo rivale. Poi sbuffò ed entrò nel campetto, richiamando il cane e legandolo alla porta, in modo che non cominciasse a rincorrerli vedendoli giocare. “Ai 20” disse solo Kaede, togliendosi la felpa e posizionandosi di fronte ad Hanamichi, notando che la cicatrice vicino al naso di qualche giorno prima stava lentamente sparendo. Il suo viso era leggermente sudato, dato che il sole aveva cominciato a scaldare, e il suo sguardo più risoluto del solito. Non aveva mai notato che i suoi occhi fossero così belli, così brillanti. E le sue guance così rosse, e le sue labbra così invitanti mentre si muovevano... “Cos'hai da guardare? Ti sei addormentato?!” Rukawa scosse un po' la testa e si svegliò, cercando di capire perché avesse associato l'aggettivo invitante alle labbra di quello scimmione spelacchiato. “Cominciamo” E cominciarono a giocare. Si rincorrevano per il piccolo campetto, si marcavano, si fermavano cercando di tirare, poi si allontanavano. Sakuragi ogni tanto si dimenticava contro chi stava giocando, e metteva tutto sé stesso solo per poter segnare, poi un ansito, un movimento improvviso al suo fianco, o una mano che stoppava il suo palleggio gli ricordavano che era lì proprio con Rukawa, il ragazzo che odiava con più convinzione, e che negli ultimi giorni stava scendendo sempre più nel baratro della follia, dato che voleva passare il suo tempo proprio con lui, ma la cosa che non riusciva a capire era semplice: perché gli permetteva di farlo? Perché non gli sbraitava contro e la smetteva di vederlo tutti i santi giorni? La distrazione di Sakuragi dal basket gli costò cara più di una volta, e come era ovvio non ci fu partita per il rosso, tuttavia non era l'unico a non concentrarsi a sufficienza. Anche il moro, con il volto paonazzo e sudato, non riusciva a pensare completamente alla sfida, dato che ogni tanto si perdeva in sensazioni strane ogni volta che marcava il ragazzo, dimenticandosi addirittura di provare a prendere la palla, anzi stando ben attento a stargli vicino il più possibile. E grazie a questi strani pensieri vide Sakuragi incassare parecchi canestri, perdendosi nell'osservare le sue gambe o le sue parti basse. “Quanto... siamo?” si sentì chiedere da un ansimante Sakuragi, che recuperava la palla dopo aver fatto canestro. “12 a... 18...” mormorò Rukawa, distogliendo finalmente lo sguardo dal rosso, e respirando forte. “Non è ancora finita, posso ancora batterti...” disse Sakuragi riprendendo fiato, poi si voltò a guardare il suo cane, che stava tentando di togliersi il collare e raggiungere il suo padrone. “Buster piantala!” urlò il rosso, mentre anche l'altro si voltava a guardare il cane. “Slegalo, poverino” “Si, così puoi usare la scusa per non finire la partita” Rukawa sospirò e scosse la testa, poi si mosse verso il cane e lo sganciò dal guinzaglio, senza ascoltare i gentili epiteti che gli rivolgeva Sakuragi. Buster lo salutò festoso e abbaiò contento, per poi andare dal suo padrone e inseguire la palla colorata che faceva rimbalzare davanti al suo muso. “Ti piace?” rise Hanamichi, guardando divertito il cane sollevare le zampe per intercettare i suoi movimenti, poi lanciò via la palla e prese a fare la lotta col il botolo, sotto lo sguardo stupito e divertito del compagno. “Ehi, cretini! Cosa diavolo combinate?!” Entrambi i ragazzi si voltarono, e videro i due fratelli Akagi entrare nel campetto, con una palla da basket in mano. “Ciao Sakuragi! Ciao.. Rukawa!” disse Haruko salutando i due ragazzi e arrossendo un po'. “Haruko!” In un attimo il rosso era di nuovo in piedi, tenendo con una mano il muso del suo cane che ringhiava cercando di liberarsi. “Che bella sorpresa! Sei venuta ad allenarti?” Il capitano sbuffò e si
fece avanti, rispondendo a Rukawa che nel frattempo l'aveva salutato, e guardò
dall'alto il rosso con uno sguardo che avrebbe fatto rabbrividire il più
coraggioso degli uomini. Non aveva ancora dimenticato cos'era successo il giorno prima, anzi, non aveva dormito tutta la notte per pensarci, conscio del fatto che quei due l'avrebbero fatto morire un giorno o l'altro. E quel giorno non era lontano, le sue coronarie non avrebbero retto ancora a lungo. “Voi due piuttosto...” sentenziò dopo qualche istante, mentre Haruko era andata ad accarezzare Buster: “Cosa diavolo ci fate qui?” “Giochiamo” rispose Rukawa alzando le spalle e indicando la palla. Akagi seguì il suo gesto, guardando verso la direzione che gli stava indicando, ma invece della palla, nascosta dietro ad una Haruko accucciata, vide il cane di Sakuragi, perché le incomprensioni erano lontane dall'avere una risoluzione, e capì ovviamente tutto ciò che di sbagliato si poteva capire. “Stavate giocando... insieme...” si trovò a dire guardandoli stralunato, mentre ormai pensava che doveva prenotare una visita dal cardiologo il prima possibile: “...col cane?” “No!” disse Hanamichi, che evidentemente non vedeva l'ora di complicare ulteriormente la faccenda: “Il cane l'ha liberato lui poco fa!” Akagi tornò a guardare Rukawa, che intanto gli aveva preso la palla ed era andato a tirare un po' a canestro. Prima stavano giocando assieme e dopo avevano liberato il cane? Non capendo assolutamente nulla di quel discorso, ad un tratto si ricordò del suo povero cuore, e inspirò a fondo. “Non voglio sapere niente” disse solo, poi si tirò su le maniche: “Su, partita” Quasi un'ora dopo stavano tutti e tre seduti con la schiena contro la recinzione, respirando a fondo e asciugandosi il sudore dalla fronte, guardando Haruko che faceva contento Buster, tenuto legato fino a quel momento. Akagi non aveva la forza di parlare, e guardava dritto di fronte a sé cercando di non pensare troppo ai due che gli sedevano di fianco, mentre reprimeva la voglia di picchiarli senza un motivo apparente. Non gli piaceva non avere il controllo della situazione, anche se pensandoci bene scoprì di essere solo contento di non essere coinvolto in quella faccenda, che di normale aveva ben poco, e che forse andava peggiorando man mano che passava il tempo. Rukawa intanto continuava a sbuffare a intervalli regolari, anche se gli altri due non ci facevano molto caso, interpretando quei rumori come respiri. Era arrabbiato e indispettito, e anche parecchio stupito, dato che non si era mai sentito così strano. Non vedeva l'ora che quei due scocciatori se ne andassero e li lasciassero soli, anche se non sapeva poi bene per fare cosa. Sapeva solo che aveva invitato Sakuragi al campetto per stare un po' in sua compagnia, perché infondo si divertiva molto insieme a lui, allora perché la presenza degli Akagi gli dava così fastidio? Il rosso era ancora lì, e ogni tanto sproloquiava come suo solito, era ancora in sua compagnia. “Vi siete ripresi?” chiese Haruko sedendosi di fronte al fratello e guardando sottecchi Rukawa, che non vedeva l'ora di ammazzarla di botte, anche se non sapeva spiegarsi il perché. “Oh Haruko!” sospirò Sakuragi mieloso: “Stiamo benissimo, infondo siamo atleti!” “Almeno qualcuno di noi” sbottò di colpo Rukawa, attirando su di sé l'odio di Sakuragi, che gli lanciava mille improperi ma non osava avvicinarsi, visto che tra lui e il compagno c'era Akagi. Poi Rukawa sbuffò di nuovo, cercando di capire perché non vedeva l'ora che se ne andassero, e incrociò le braccia mettendo su il broncio. Sentì sulla nuca la fastidiosa sensazione che qualcuno lo stesse guardando, ma il rosso stava parlando con Haruko, così si voltò e incrociò lo sguardo del capitano, che lo squadrava dubbioso, quasi sondandolo. “Beh?!” gli sbottò, forse con voce un po' troppo acuta, ma Akagi non si scompose e continuò a guardarlo, quasi cominciando ad avere il sentore di cosa turbasse così profondamente il compagno di squadra. Infondo erano tutti a conoscenza della cotta di Sakuragi per sua sorella Haruko, e in un attimo gli balenò l'idea che forse al moro avevano cominciato a dare fastidio tutte quelle attenzioni per la ragazza. “Niente” disse dopo un po' distogliendo lo sguardo e chiamando la sorella: “Su andiamo a casa, la mamma comincerà a preoccuparsi” Alzandosi sentì un lieve sospirò di sollievo da ragazzo alla sua sinistra, ma non ci fece troppo caso. Contro le loro aspettative si alzò anche Sakuragi. “Si, meglio che vada anche io...” disse stiracchiandosi e recuperando il guinzaglio: “Comincio ad avere fame” Akagi guardò Rukawa, che aveva rimesso su il broncio e si alzava per recuperare le sue cose, e non seppe se l'istinto che sentiva fosse quello di ridere a crepapelle. Nel dubbio non rise e continuò a guardare i due. Presa la palla e slegata la bicicletta, Kaede guardò gli altri tre e li salutò poco convinto, per poi salire sul suo mezzo e sfrecciare via, mentre Buster strattonava per tentare di inseguirlo. “Che strana Kitsune...” disse solo Sakuragi raccattando la sua felpa: “Ultimamente deve avere la febbre” aggiunse guardando il suo capitano, sperando che almeno lui avesse notato gli strani comportamenti del loro compagno quegli ultimi giorni. “Sarà una tua impressione” gli rispose invece l'altro, che non aveva la minima intenzione di alimentare la paranoia di quel pazzo, anche se doveva ammettere che non aveva tutti i torti. Ma come poteva dirgli che aveva ragione e che secondo lui Rukawa stava cominciando a innamorarsi? Sakuragi l'avrebbe ucciso solo a sentirlo. “Aspettate, guardate qui” disse Haruko, richiamando i due ragazzi che avevano cominciato ad incamminarsi lontano dal campetto.
Sakuragi bestemmiò, molto pesantemente. Ma non si fermò e continuò a camminare lungo il viale, tenendo le mani in tasca e guardando la strada, mentre il sole si tingeva di rosso e si immergeva poco per volta nell'orizzonte. Si fermò e tirò fuori dalla tasca l'indirizzo che gli aveva dato Akagi, controllando nuovamente la strada, poi mosse un passo e si tuffò nella via giusta. E bestemmiava, solo perché ultimamente le cose stavano prendendo una strana piega, una sfumatura che non riusciva a comprendere appieno, ma che gli altri probabilmente riuscivano a capire meglio di lui, dato che si destreggiavano in quelle situazioni come se fossero normali. Ma che di normale non avevano proprio nulla. Si fermò davanti ad una villetta e sospirò. Sapeva esattamente cosa dire. Da quando si era congedato da Akagi e da Haruko quella mattina ci aveva pensato in continuazione, così quando suonò il campanello era deciso e risoluto, anche se non gli sfuggì un lieve brivido che gli attraversò la schiena. “Sakuragi!” Kaede Rukawa guardava di fronte a sé il dohao fermo davanti al cancello di casa, e sentì lo stomaco muoversi in modo convulso. Gli aprì il cancello e lo guardò dirigersi con passo felpato verso di lui, mentre i jeans piuttosto slabbrati che calzava si muovevano in modo sinuoso, e la sua maglietta bianca fasciava il suo torace, mostrando i suoi muscoli ben sviluppati. “Hai dimenticato questo, oggi al campetto” disse solo il ragazzo, lanciandogli qualcosa addosso e fermandosi a un passo dal compagno. “Oh” disse solo Rukawa, saggiando la consistenza del suo portafoglio, che aveva disperatamente cercato tutto il pomeriggio. “Se ci fossero stati dei soldi dentro te li avrei di sicuro presi, quindi non ringraziarmi” sbottò il rosso, fermando il compagno prima che potesse parlare. Ma l'altro ormai lo guardava con gli occhi persi, pensando chissà cosa, e non parlava, ma si limitava a guardarlo in modo strano, in un modo che gli stava facendo venire una grande pelle d’oca. Dato che l’altro non parlava, Hanamichi si arrogò il diritto di farlo per lui, cercando di ricordarsi il discorso che aveva provato quel pomeriggio, quando cercava di decidersi se andare o no dalla kitsune. “Guarda che non sono venuto da solo…” provò a dire Hanamichi: “Il gorilla mi ha detto di venire, e mi ha dato il tuo indirizzo, dato che io non lo sapevo, ma ecco... non sarei mai venuto altrimenti” Ancora continuava a fissarlo, a volte andando a lisciarsi la maglietta, o i pantaloni, oppure torturandosi le labbra, e annuiva, senza dire nulla, e lasciando Sakuragi del tutto spiazzato, dato che sembrava volesse dirgli qualcosa da un momento all’altro. Provò a prendere un altro po' di tempo, sperando che stavolta si decidesse a dirgli qualcosa, ma non successe nulla, così parlò di nuovo: “Beh io vado.. ci vediamo dom-” E accadde in un attimo, senza che potesse accorgersene, se non quando fu troppo tardi, e senza che potesse fare nulla in proposito, ma successe e basta. In un attimo, Kaede Rukawa fu su di lui, e lo baciò. Gli prese il volto tra le mani e se lo portò vicino al viso, e dopo una rapida occhiata a quei meravigliosi occhi, occhi del colore dei biscotti al cioccolato che aveva assaggiato pochi giorni prima, poggiò con forza le sue labbra su quelle del rosso, avvicinando il corpo al suo, sicuro in questo modo di alleviare le pene del dohao. Era convintissimo che tutto quello che gli aveva detto era stata solo una scusa inutile e poco elaborata per venire a casa sua, e a questo pensiero aveva perso la testa, sentendosi smuovere le viscere da qualcosa che aveva catalogato come piacere. Un piacere così intenso che l’aveva portato a gettarsi così rudemente su Sakuragi, e che l’aveva spinto a baciarlo, e che ancora non lo abbandonava. Mosse le labbra solo una volta, perché poi, finalmente conscio di quello che stava facendo, si staccò di scatto da Hanamichi, allibito da quello che era appena successo, e andò a coprirsi la bocca con una mano, soffocando un gemito. Sakuragi dal canto suo era rimasto del tutto impietrito, fermo immobile come Rukawa l’aveva lasciato, col corpo un po’ inarcato in avanti, le braccia leggermente aperte e le labbra arricciate. E inorridito. Senza esitazione Rukawa si inchinò, e disse: “Perdonami Sakuragi” Poi chiuse la porta, sbattendola in faccia al suo compagno di squadra, che finalmente si svegliò dal coma e si degnò di cadere per terra, non meno inorridito e confuso di prima.
|