Ringrazio come sempre la mia beta e la mia gamma, che sono le due persone più mitiche che esistano. Ultimamente mi sopportano più che mai, soprattutto in questo periodo di non-scrittura che mi ha colta. Fidanzarsi è bello, ma per queste cose è come una pugnalata, perciò sono soddisfatta quando riesco a mandare qualcosa a questo splendido sito! Grazie a tutti!

 

 


 

 

In a Week

 

Day 2

 

di Bads

 

 

Quando quella mattina Kaede Rukawa si svegliò, il suo primo pensiero fu inerente ai suoi vestiti, e si accorse di essere andato a dormire senza cambiarsi, subito dopo essere tornato dagli allenamenti; poi guardò la sveglia, e infine sbadigliando si alzò dal letto, ancora intontito, per andare a farsi una doccia.

Mezz’ora dopo uscì di casa, sazio e ancora addormentato (sebbene avesse lasciato i capelli bagnati per svegliarsi), e si diresse a piedi verso la scuola.

Non era mai uscito di casa tanto presto, le altre mattine aveva la bici e arrivava a scuola più in fretta, ma dato che non aveva voglia di farsela di corsa come il giorno prima doveva per forza uscire un po’ prima, e dopo gli allenamenti sarebbe andato a prendere la bici dal meccanico.

Dopo un paio di isolati, però, si ritrovò ad inveire contro tutte le catene delle biciclette del mondo, accorgendosi solo in quel momento che odiava con tutto il cuore camminare o, in senso lato, passeggiare. Come gli mancava la sua bici!

Raggiunse la scuola con molta fatica, e vide tutti i ragazzi nel cortile, aspettando che suonasse la campanella di inizio lezioni.

Subito sentì delle urla estasiate, e affrettò il passo per allontanarsi dalle oche pazze del suo fan club, capeggiate da Ru, Ka e Wa che lo inseguivano urlando il suo nome.

Nel folle tentativo di fuga Rukawa andò a sbattere contro una persona che non aveva visto, una ragazza probabilmente, con lunghi capelli crespi.

“Rukawa! Diamine, vuoi stare attento?” gli urlò questa, che Kaede scoprì essere Ayako, mentre gli porgeva un braccio volendo aiuto per alzarsi.

“Scusa” mormorò scocciato Kaede, porgendole un braccio e guardandosi indietro, per scoprire che le ragazze che lo inseguivano erano scoppiate a piangere.

“A cosa stavi pensando per venirmi addosso così?” disse una volta in piedi, ripulendosi la gonna e incamminandosi a fianco del ragazzo, guardandolo dal basso.

“A scappare da quelle” ripose sinceramente il ragazzo, senza smettere di guardarsi alle spalle.

Anche Ayako guardò dietro di lui, poi scoppiò a ridere e lo prese a braccetto.

“Allora ti proteggo io” disse divertita: “Come mai sei appiedato?”

“Nh… la bici è rotta”

Si era già stufato di parlare per quel giorno, e sperava che Ayako lo capisse e smettesse di fargli domande, ma probabilmente non ne aveva intenzione, perché dopo un lungo sguardo riprese come se niente fosse, anche se Kaede era sicuro che sapesse che non aveva voglia di parlare.

“Allora… raccontami un po’…” disse infatti, senza smettere di guardarlo, mentre alle sue spalle un’orda di ragazze piangenti stava facendo harakiri in massa: “Cos’è successo ieri con Sakuragi?”

-Sakuragi?- pensò solo Rukawa fermandosi.

Come se fosse stato colpito da un fulmine, Kaede Rukawa ricordò in un attimo tutta la giornata precedente, tornando ad essere conscio di ogni suo singolo pensiero, e si ricordò degli allenamenti, delle parole, dei biscotti.

“In che senso?” chiese, quasi sembrando ad Ayako un’altra persona.

“Beh, ieri non vi siete accapigliati neanche una volta, e poi mi sembrava che vi foste parlati”

Parlava come se non fosse stata per tutto il tempo lì vicino cercando di sentirli parlare per sapere cosa stava succedendo, cercando prove di un qualunque fattaccio anche nella scatola che si erano scambiati con tanto ardore.

“Pensavo vi foste chiariti…”

“Chiariti?” chiese Rukawa corrugando la fronte: “Chiariti per cosa?”

La moretta sbuffò, mettendo subito il broncio e incrociando le braccia, scocciata come non mai, dato che il ragazzo stava chiaramente eludendo le sue domande, ed anche in un modo poco originale; ormai la curiosità la stava divorando, voleva assolutamente sapere cos’era successo, e l’avrebbe saputo.

“Allora mi vuoi dire cosa vi siete detti?”

Sperando che Rukawa non rispondesse che erano affari suoi.

“Non ci siamo detti nulla… cosa dovevamo dirci?” disse il ragazzo fermandosi, dato che Ayako cominciava a non dargli pace.

Lei sbuffò di nuovo, piazzandosi di fronte a lui, per nulla intimorita dall’altezza di lui, anzi, incutendo terrore a sua volta.

“Per esempio, cos’era quella scatola?”

Rukawa la guardò un attimo, chiedendosi come mai fosse così importante, poi rispose.

“Era sua, me l’aveva data ieri mattina, gliel’ho solo restituita…” disse alzando le spalle, ma era già sicuro che alla ragazza non sarebbe bastato.

Infatti lei cominciò a battere ritmicamente un piede a terra, con le braccia conserte, guardandolo male.

“E poi?!” sbottò alla fine, facendo sobbalzare il ragazzo: “Non puoi dirmi solo questo, devi raccontarmi tutta la storia!”

E Kaede Rukawa sbuffò, seccato, e raccontò tutta la storia ad Ayako, cercando di essere il più oggettivo possibile, anche se ora che ci ripensava mentre la raccontava, si accorgeva di imbarazzarsi sempre di più ad ogni singola cosa, senza che fosse neanche così dubbia.

Non ci aveva ripensato più da quando aveva restituito la scatola dei biscotti a Sakuragi, prima per gli allenamenti, che lo prendevano sempre troppo per pensare a qualsiasi altra cosa, poi perché si era addormentato subito tornando a casa e non ci aveva più fatto caso.

Quando finì di raccontare alzò le spalle, come per accentuare ad Ayako che tutto quello era un nulla, che non aveva bisogno neanche di essere raccontato, ma la sua espressione probabilmente non diceva questo, oppure Ayako sapeva che non era vero, perché lei lo guardava con occhi spalancati, stentando a credere a tutto quello che aveva appena sentito.

Si sistemò  capelli per scoprire le orecchie, quasi come se volesse essere sicura di aver capito bene, e Rukawa alzò di nuovo le spalle.

“Non capisco perché sei così sorpresa…” provò a dire guardando da un’altra parte.

“Sorpresa? Sono stupefatta!” urlò quella, in preda a crisi di panico: “E’ successo tutto questo e tu ne parli così come se niente fosse?”

“Beh, cosa dovrei fare?” disse stavolta Rukawa aprendo un po’ le braccia: “Probabilmente… vuole solo…”

Già, probabilmente voleva solo… solamente…

Ma la verità era che più ci pensava, più Kaede Rukawa non riusciva a trovare una risposta, forse perché non aveva mai avuto veri amici, forse perché il giorno prima ne aveva pensate di tutti i colori, o forse non si era mai avvicinato a nessuno con una scatola di biscotti.

“Qualunque cosa voglia fare è assolutamente fuori dal comune” disse, il suo volto si era ormai trasfigurato in una maschera di pura gioia, il comportamento strano di quei due era sospetto, ma non poteva farci niente, se non dirigere le cose ancora più in là, e ancora più a fondo, solo perché era un’irrecuperabile impicciona: “Soprattutto se questa cosa la vuole fare con te!”

E Rukawa arrossì, guardando la ragazza con occhi spalancati.

“Cos’è che… vorrebbe fare con me?”

“Vuole diventare tuo amico!”

“Questo lo pensi tu!” disse Rukawa dando più voce ai suoi pensieri che rivolgendosi direttamente ad Ayako, e si incamminò verso l’edificio, da dove ancora si sentiva l’eco della campanella che suonava.

“E che altro vorrebbe fare se non avvicinarsi a te?” rise Ayako inseguendolo.

Ma subito Kaede si voltò a fronteggiarla, con uno sguardo assassino che la fece letteralmente rabbrividire, e anche lei si fermò, deglutendo, di colpo spaventata  da quel ragazzo che sembrava volesse mangiarla.

“Io non lo so” sibilò risoluto, cercando in ogni modo di farla desistere dal continuare a parlarne, perché quel discorso non gli piaceva, e perché poteva tornare a fare congetture da solo, imbarazzandosi per quel che pensava con la stessa facilità: “E non mi interessa saperlo, e non dovrebbe interessare neanche a te, quindi dimentica questa storia!”

Detto questo si girò di nuovo, pronto ad affrontare un nuovo giorno di scuola, e un nuovo attacco del dohao se fosse avvenuto, ed entrò a scuola, dove si diresse verso il suo armadietto, senza smettere di pensare a tutto quello che era successo il giorno prima.

Ayako intanto era rimasta impietrita al di fuori della scuola; se era vero che si era intimorita, non pensò neanche per un momento di arrendersi e di dimenticare quella storia, né di rinunciare a scoprire qualcosa di più su quella storia, perché era troppo curiosa, e se Rukawa non aveva intenzione di aiutarla, sarebbe andata dall’altro diretto interessato, Hanamichi Sakuragi!

 

Alla campanella del pranzo, Ayako si alzò dal banco decisa, già spianato in mente il piano d’azione per saperne di più sul nuovo rapporto tra le due matricole dello Shohoku, sicura che sarebbe andato tutto bene dato che ci aveva pensato tutta la mattina.

Uscì dall’aula chiacchierando con una sua compagna, dirigendosi verso le classi di quelli di prima, mentre per tutto il tempo continuava a pensare al suo piano.

Per sapere qualcosa di Sakuragi, o di Rukawa, non avrebbe dovuto chiedere al diretto interessato, come aveva creduto, ma bensì ad una persona più oggettiva e meno coinvolta, ma che sapesse comunque ogni fatto e ogni dettaglio. Perciò aveva pensato che parlare con Yohei Mito, l’amico simpatico di Sakuragi, fosse la cosa migliore, e probabilmente lui le avrebbe anche risposto con sincerità, dato che era un ragazzo tranquillo.

O almeno, qualche volta lo era.

Salutò la ragazza davanti ad un’altra classe e si diresse in quella di Sakuragi a passo veloce, sapendo bene che doveva trovare il modo di far confessare qualcosa almeno ad uno dei due, se non voleva tornare nella sua classe a pensare alla scuola fino alla fine delle lezioni.

Quando arrivò finalmente a qualche metro di distanza dalla classe, la porta si aprì di scatto e Yohei Mito uscì dall’aula, senza Sakuragi.

Ayako non avrebbe saputo neanche immaginare situazione migliore. Per parlare di Sakuragi, era meglio se lui non fosse stato presente.

Quando lo vide richiudere la porta dietro di sé e incamminarsi dalla parte opposta la sua, Ayako gli corse appresso, chiamandolo e toccandogli una spalla quando fu abbastanza vicina.

“Mito!” disse quando questo si girò, con uno sguardo spaventoso sul volto, e la moretta sentì di doversi presentare, perché probabilmente non si ricordava di lei, da come la guardava.

“Sono Ayako, la manager del club di basket…” disse sorridendogli.

Subito la sua espressione cambiò, Mito si rilassò, poi aprì la bocca e gli occhi, riconoscendola, e sorrise, forse un po’ imbarazzato, dicendo: “Ah Ayako! Non ti avevo riconosciuta con i capelli sciolti”

Anche lei sorrise e lo seguì, dato che aveva ricominciato a camminare.

“Cercavi Hanamichi?” le chiese dopo poco, mentre si chiedeva perché lei lo stesse ancora seguendo.

“No, in realtà” disse lei tornando seria: “Volevo parlare con te”

Andarono insieme in terrazza, rimanendo in silenzio e con un po’ di distanza l’una dall’altro, e lì Mito si accese una sigaretta, guardando finalmente Ayako di nuovo.

Non aveva davvero idea di cosa potesse parlargli, infondo la conosceva molto poco, e di lei sapeva solo che faceva la manager per conto del club di basket e che Miyagi ne era innamorato pazzo.

Sospirò sperando che non fosse successo nulla di spiacevole che l’avrebbe portato a picchiarsi con lui, di certo non era una delle persone con cui avrebbe voluto accapigliarsi.

“Allora, cosa volevi dirmi?”

Lei si guardò intorno, cercando di vedere se ci fosse per caso Rukawa, ma non era in terrazza.

“Volevo chiederti qualcosa a proposito di Sakuragi” disse lei, incrociando le braccia: “O meglio, se sapevi qualcosa a proposito di cos’è successo ieri tra lui e Rukawa”

A quel punto Mito rise, facendo uscire dalla bocca tutto il fumo della sigaretta, un po’ per allentare la tensione che aveva accumulato fino a lì, un po’ perché non se l’aspettava, anche se era un argomento per nulla noioso.

“Anche tu hai notato qualcosa, eh?” disse grattandosi la testa, diventando subito pensieroso.

In effetti poteva informarla di tutto quello che sapeva, ma sarebbe stato giusto? D’altronde erano questioni di Hanamichi, che già si era arrabbiato a sentire lui così interessato, e si sarebbe arrabbiato ancora di più a sapere che ne parlava in giro.

Ma d’altra parte era curioso, e non c’era nessun bisogno che Hanamichi lo sapesse…

“Immagino che anche tu sappia qualcosa” disse Mito continuando a pensare: “E prometto di dirti tutto quello che so solo se tu farai lo stesso…”

Ayako lo guardò alzando le spalle, non le costava proprio nulla, e infondo era solo uno scambio equo di informazioni. Sempre che lui non sapesse molto più di lei…

Così promise, e si mise in ascolto per ciò che le avrebbe raccontato.

“Non so perché lo vuoi sapere e non mi interessa, però devo dire che anche io sono curioso, il comportamento di Rukawa è molto sospetto infatti…”

E qui la ragazza inarcò un sopracciglio, stupita, anche se non disse nulla e continuò ad ascoltare. Da quel che sapeva lei, era Sakuragi ad essere sospetto.

Così Mito le raccontò tutta la storia, esattamente com’era andata, dalla porta aperta per sbaglio ai biglietti delle fan di Rukawa buttati per interesse personale, fino alla scatola di biscotti dimenticata.

La moretta era rimasta immobile, senza smettere di ascoltare, continuando a pensare alle parole di Rukawa, che assumevano pian piano un altro significato, del tutto diverso, incastrandosi perfettamente con le parole di Mito, che sembrava dare a tutto un aspetto molto meno romantico e gentile.

Non sapeva più cosa pensare: uno dei due poteva mentire, ma perché avrebbe dovuto? E se avesse voluto farlo, l’avrebbe fatto omettendo un qualsiasi contatto dell’uno verso l’altro, non dicendo quelle cose.

“Non capisco più nulla” ammise alla fine, dato che Mito l’aveva chiamata chiedendole se andava tutto bene.

 

“Ehi Hanamichi!”

Sakuragi si voltò e vide Mito che gli correva incontro, così agito un braccio salutandolo.

Stava per chiedergli dove fosse finito dalla fine delle lezioni, ma lui lo precedette.

“Vai agli allenamenti?”

“Si, e devo pure muovermi, non voglio tornare a fare i fondamentali…”

Mito gli sorrise, ma non stava per nulla pensando a quello che stava dicendo il rosso, ma ad un modo rapido e indolore per tornare al suo argomento preferito senza far insospettire Hanamichi.

Insomma un’impresa impossibile.

“Credi ancora che con Rukawa sia ancora tutto normale?”

Perciò non c’era motivo di girarci tanto intorno.

Come previsto Sakuragi si fermò e guardò Mito malissimo.

“Credevo di averti detto di dimenticare quella storia”

“L’avrei fatto… davvero” aggiunse il ragazzo allo sguardo scettico del compagno, e in effetti forse non gliene avrebbe parlato più: “Ma questo prima di ieri agli allenamenti…”

E il rosso avvampò, ricominciando a camminare a passo sostenuto verso la palestra.

“Non posso arrivare tardi!” disse deciso e, quando Mito tentò di nuovo di parlargli corse via, dato che non sapeva cosa rispondere al ragazzo, e dato che aveva ragione.

Qualcosa era cambiato con la kitsune, e lui non era riuscito a farci a botte per far tornare tutto normale, per questo avvampava, perciò non sapeva neanche cosa rispondere al suo amico quando gli faceva certe domande.

Entrò nello spogliatoio trafelato, lanciando la borsa e togliendosi le scarpe, deciso a muoversi, quando vide Rukawa seduto su una sedia che si metteva le scarpe.

Decise di non fare caso a lui, ma ormai l’aveva guardato troppo a lungo, così quando si tolse la giacca della divisa e la maglietta in un colpo solo, sentì un flebile “ciao” venire dal suo compagno di squadra.

Hanamichi fermò le braccia a mezz’aria, e tornò a guardarlo.

Perché diavolo doveva succedere tutto a lui? Perché Kaede Rukawa si era messo a parlargli? E perché diamine non riusciva più a rispondergli a tono?

Voleva urlargli qualcosa, voleva chiedergli cosa diavolo gli stesse succedendo, ma gli parve esagerato, anche se agiva così forse c’era una spiegazione molto più semplice, forse era malato, e anche lui non si sentiva granché bene.

Non sapeva cosa fare, e optò per la scelta migliore.

“Ciao?!” disse fuori da denti dopo ogni sua elucubrazione.

Il problema stavolta fu di semplice incomprensione, o forse fu solo che Rukawa, oltre che non saper ragionare più, non sapeva neanche più usare le orecchie. Infatti il tono di Sakuragi non era stato molto alto, tra la gola secca e lo stupore, e Kaede semplicemente non sentì la domanda, e prese la sua come una riposta al saluto, così uscì, anche lui interdetto, ma non quanto Hanamichi, che però si risvegliò presto, dopo una rapida occhiata all’ora.

Arrivò in palestra e gli allenamenti incominciarono, anche se un po’ in ritardo, dato che Sakuragi non era l’unico in ritardo quel giorno, e Akagi si era presentato molto dopo.

Dopo i soliti riscaldamenti fecero una partita di allenamento, e dato che erano rimasti in pochi per una misteriosa quanto tragica ondata di influenza, fu una partita tranquilla.

Akagi si prese Rukawa e Sakuragi e si mise da una parte del campo, dove c’era già Kakuta.

Kogure si mise dall’altra parte chiamando Mitsui, Miyagi e Yasuda, così cominciarono la partita.

Fu subito uno scontro acceso, ma la superiorità della squadra di Kogure, sebbene non scontata, si vide subito. Forse, ma non sicuramente, gran parte della colpa era da attribuirsi a Sakuragi, che ignorava del tutto un certo lato della palestra dove, guarda caso, c’era sempre Kaede.

A venti minuti dall’inizio, con un punteggio totale di 25 a 17 per la squadra del vice capitano, Akagi guardava i suoi due compagni del primo anno, desiderando quasi ucciderli, ma non poteva pretendere nulla. Solo l’allenatore poteva farli ragionare, e non sempre, e quel giorno non sarebbe venuto. Non aveva proprio voglia di fermare la partita per fare un predicozzo.

Dopo due minuti di gioco Rukawa correva dirigendosi dall’altra parte del campo, dove stava il loro canestro. Akagi era appena andato a rimbalzo e gli aveva lanciato la palla, Mitsui lo marcava troppo stretto, intralciando il suo palleggio ogni volta che poteva, e il dohao era appena poco più in là…

E lo fece, in un attimo prese la palla con due mani e la passò al di là della testa di Mitsui, dove stava Sakuragi smarcato, dato che nessuno si prendeva la briga di stargli troppo addosso se la palla ce l’aveva Rukawa.

Quando Hanamichi si vide arrivare la palla, per un attimo distratto, non si chiese nulla, e tranquillo la prese muovendo due o tre passi di corsa.

Un attimo dopo si era voltato per veder come avesse fatto Kakuta a correre così in fretta da sotto canestro e a passargli la palla, ma incontrò solo lo sguardo di Rukawa, di nuovo.

E inciampò; prima perse la palla, poi cercò di recuperarla a due mani lanciandosi in avanti, ma quello che ottenne fu solo una perdita di equilibrio che gli fece fare un incontro ravvicinato con il parquet della palestra.

E subito urlò, dato che aveva battuto il naso contro una lastra non proprio in asse, che gli aveva provocato una lieve ferita tra lo zigomo destro e il naso, e si prese il volto tra le mani, mettendosi subito a sedere.

Subito Akagi e Kogure furono su di lui, chiedendogli come stesse e controllando la ferita.

Il resto della squadra stette da parte, allungando lo stesso il collo per vedere le sue condizioni, mentre Miyagi andava a recuperare la palla.

“Accidenti, quando stavamo per vincere…” disse solo il playmaker cominciando a palleggiare.

Anche Rukawa era rimasto in disparte, ma quando Kogure prese il volto del dohao in mano e vide tutto quel sangue non si trattenne e si avvicinò di un passo.

“Tutto bene, dohao?”

Le sue parole ebbero l’effetto di una frustata nell’aria.

Nessuno disse nulla, ma tutti lo guardarono stupiti, con la bocca semi spalancata e gli occhi aperti oltre misura.

Lo stesso Sakuragi si ricordò del perché fosse caduto, e nonostante le condizioni in cui si trovava riuscì ad alzarsi in piedi, e si voltò verso Rukawa, che lo guardava chiedendosi cosa stesse per fare.

Sul volto aveva un’espressione del tutto terrorizzata, e mentre con una mano si teneva il naso, con l’altra lo indicò e inspirò forte.

“Adesso però cominci a farmi PAURA!” gli urlò guardandolo spaventato.

Tutti si voltarono verso il moro, poi di nuovo verso il rosso, non sapendo bene chi guardare, ma sentendosi lo stesso partecipi.

Nessuno dei due tuttavia faceva caso a nessuno, tranne Sakuragi, che ogni tanto cercava sostegno nel suo capitano, che comunque era nella situazione di tutti gli altri, anche se doveva ammettere che il ragazzo non aveva tutti i torti a parlare così.

“Cosa diavolo dici, dohao?” chiese Rukawa senza la solita ostinazione, quasi senza accorgersene, dato che tutti stavano zitti e Sakuragi sembrava non avere intenzione di aggiungere nulla.

“Mi hai passato la palla!” urlò isterico e del tutto sconvolto: “In partita!” aggiunse come se a questo equivalesse un aggravarsi della pena.

Kogure e Mitsui lo guardarono, poi tornarono a guardare Rukawa, dato che anche loro avevano pensato la stessa cosa e non avevano avuto il coraggio di metterla a parole.

“E quindi?” chiese Kaede, cominciando a scocciarsi da tutti quegli occhi che lo guardavano, comportandosi come se non avesse nessuna importanza, o come se fosse normale: “Continuate a dire che devo passare la palla in partita”

“Si che la devi passare, ma non a me!” urlò il rosso, ormai non sapeva più dove girarsi.

“E fosse solo quello! Ieri mi hai ringraziato, e oggi mi hai salutato negli spogliatoi!”

“Si chiama buona educazione, dohao!”

Sakuragi rimase in silenzio guardando Akagi come per chiedergli un aiuto verbale a sostegno delle sue considerazioni, ma non c’erano parole che poteva usare di contro. Ma forse Hanamichi voleva solo una conferma che Rukawa stava davvero dicendo quelle parole sensate che in quella situazione non avevano senso.

Akagi sospirò, guardando il pavimento insanguinato, i suoi compagni di squadra, e ammise a sé stesso che non capiva davvero più nulla.

Anche lui si era fatto le stesse domande di tutti gli altri, e avrebbe chiesto le stesse cose a Rukawa se non l’avesse fatto Sakuragi, ma cosa poteva fare? Il ragionamento del moro filava.

Il problema era che erano Sakuragi e Rukawa, quelli che si picchiavano per decidere se erano le cinque e un quarto o le cinque e quindici.

“Vatti a sistemare quel naso…” disse alla fine delle sue elucubrazioni, indicandogli il posto di Ayako, che era già andata a prendere qualcosa per disinfettarlo.

Dato che il ragazzo non si muoveva, ancora sconvolto, lo spronò con un docile pugno sulla testa.

“E non credere che non abbia visto che hai mancato quel passaggio!” aggiunse minaccioso, e Hanamichi sembrò recuperare quel poco di senno che aveva perso.

“Cosa?! Ma… gori tu…” balbettò guardandolo senza capire.

Però Akagi lo scrutò minaccioso, come se stesse per saltargli addosso e gonfiarlo di pugni, così Sakuragi desistette e corse via da Ayako, passando di fianco ad un Rukawa sorridente e soddisfatto.

“E tu” continuò il gorilla incontrando il sorrisetto soddisfatto del ragazzo: “Pulisci il pavimento”

Rukawa aprì gli occhi di scatto e lo guardò senza capire.

“Dato che questo casino è stata colpa tua” concluse, prima di battere le mani: “Avanti continuiamo…”

Ma tra sé e sé pensò che forse sarebbe stato meglio se fosse tornato a casa a prendere un migliaio di aspirine.

 

Hanamichi si era intanto seduto su una delle sedie a bordo campo, guardando il soffitto in modo che Ayako potesse pulirgli il viso e il naso.. Ancora Sakuragi non riusciva a capacitarsi di quello che era successo, e non solo riguardo Rukawa: era stranito anche per il comportamento di Akagi e della squadra, che era addirittura più sospetto di quello della kitsune. Diamine, non capiva! Rukawa gli aveva appena passato la palla e nessuno aveva detto niente! Il gorilla poteva anche avere la testa bacata, ma queste cose doveva capirle. E oltretutto aveva anche avuto il coraggio di mandarlo via con un pugno sulla testa.

Così guardò Ayako, sperando che potesse dargli una mano, inconscio di quanto aiuto effettivo poteva dargli.

“Ayako” la chiamò mentre tamponava la ferita con il cotone; sentendo un suo mugugno disse: “Non capisco più nulla”

Lei rise e prese il disinfettante.

“Non se l’aspettava nessuno” disse, comunque contenta di poter parlare con Sakuragi per saperne di più senza insospettirlo.

Entrambi guardarono per un attimo in campo, cercando con gli occhi Rukawa.

“Non sembrava” disse lui, tornando a guardare il soffitto: “Credevo che non si fossero stupiti”

“Sicuramente non sapevano cosa dirgli” rispose lei: “Forse perché era solo un passaggio utile”

E gli spruzzò il disinfettante direttamente sulla ferita aperta, facendolo sobbalzare, urlare e gemere.

Poi lo fece sedere di nuovo e gli sorrise, cercando di tranquillizzarlo, tirando fuori finalmente dei cerotti e del cotone pulito.

“Però non credo l’abbia fatto solo perché doveva in partita”

“Beh, questo lo so pure io!” sbottò Hanamichi seccato, ancora con il viso indolenzito e scosso dal comportamento di Kaede: “E’ da ieri che è strano, e la partita non c’entra niente”

“E per cosa credi che si comporti così?” chiese lei fissandogli un batuffolo di cotone con i cerotti.

“Non lo so!” rispose sinceramente, e allo stesso tempo cercando di non fare smorfie o espressioni che gli avrebbero provocato scosse immonde di dolore.

Ayako rise di nuovo, non sapendo cosa rispondergli, dato che non lo sapeva neanche lei perché faceva così. Dopo aver parlato con Mito non aveva fatto altro se non confondersi ancora di più le idee, perché da quel che gli aveva raccontato, Sakuragi non si era neanche accorto di aver mosso delle gentilezze verso Rukawa, e forse questo spiegava meglio le cose, ma non come Kaede avesse potuto mal interpretare tutto quello.

“Beh, cerca di comportarti bene con lui” disse solo lei, mettendo l’ultimo cerotto: “Infondo forse vuole solo avvicinarsi a te, e non ha nessun amico, e tu sei quello a lui più vicino, anche se sembra una stupidaggine”

“Infatti lo è” disse solo Sakuragi, scioccato da tanti eventi strani in una sola giornata: “Lui non vuole diventare mio amico, e dovreste tutti smetterla di dirmi cosa fare e di farmi sentire in colpa! Io con Rukawa non ho nulla da spartire, e non saremo mai amici!”