Imprevisti
d’amore -Goodnight,
Moony- By elyxyz
So goodnight moon Goodnight Moon, Shivaree
Il vapore saliva in calde volute verso il soffitto, mentre solo lo sciabordio dell’acqua smossa rompeva l’idilliaco incanto del silenzio, nel bagno dei Prefetti. “Hai fatto arrossire Mirtilla Malcontenta..” constatò Remus, reprimendo un sorriso soddisfatto, mentre la quiete da poco era tornata sovrana. “Se l’è andata a cercare, quella pettegola guardona!!” ghignò Sirius, accoccolandosi meglio contro la schiena dell’altro. Il giovane Lupin allungò un braccio oltre il bordo della grande vasca, alla ricerca di un flacone abbandonato. “Posso?” chiese, quasi per dovere. “Ti serve un permesso scritto?” replicò invece il moro, reclinando la testa sulla spalla dell’altro. Remus si versò un’abbondante dose di bagnoschiuma sul palmo della mano, prima di cospargere il corpo davanti a sé con lenti, lunghi, sensuali massaggi ristoratori. “Potresti spiegarmi perché insisti a farti spedire
questo detergente babbano? “Perché…” mi ricorda te. Ma sarebbe stata troppo sdolcinata una confessione così, da un tipo tutto d’un pezzo come lui, che aveva altri ruoli da portare avanti.. “..Nh, mi piace. Ha un buon profumo.. e mi calma, e poi oggi l’allenamento di Quidditch è stato infinito.. James sa essere un negriero..” protestò Felpato, lamentoso. “Ci sono qui io, per rimetterti a nuovo..” -s’offrì, suadente.- “Rilassati..” E così fece, accomodandosi
meglio in quel caldo abbraccio. “Shhhh..” la replica sussurrata direttamente nell’orecchio, e un gemito roco in risposta. No. Decisamente non era il momento delle chiacchiere, quello. Sirius inclinò il capo di lato, alla ricerca ansiosa delle labbra del compagno, mentre un desiderio nuovo e ancestrale gli ringhiava nelle vene, facendosi impellente. Remus smise di accarezzarlo, rispondendo al suo
invito.
****
L’enorme portale del Castello s’aprì e si richiuse,
cigolando sinistro sui pesanti cardini. Nella quiete della sera neonata, il nulla calpestava l’erba del prato di Hogwarts, che remissiva si fletteva al suo passaggio. “Tutta colpa di Mocciosus!” –sibilò tra i denti il giovane Black, avvolgendoli meglio nel Mantello dell’Invisibilità- “Dovevi bere la pozione prima del tramonto! Invece, per colpa sua, siamo finiti in punizione e a quest’ora dovremmo essere, già da un pezzo!, dentro alla Stamberga Strillante e tu dovresti essere di già legato al letto..” “Ti piacerebbe, eh?” la provocazione di Remus, pur con tono di scherzo, mentre fissava pensieroso la luna nascosta da una fragile nube. “Vedere il tuo corpo che si contorce tra le lenzuola? Oh, sì… ma preferisco esserci anch’io a godere..” lo punzecchiò, malizioso. “Pervertito.” ghignò eloquente, ma le sue iridi ambrate tenevano d’occhio il cielo. Una roca risata che sembrava un guaito uscì dalle
labbra del moro. Rem annuì, più per tranquillizzarlo, anche se non ci
credeva fino in fondo. Ma doveva tenere la paura
e la mente occupate. Pensare, pensare e pensare. E, per un attimo appena, si sentì quasi –assurdamente, di nuovo- in colpa. E il pensiero corse a James e a Lily, che coprivano –complici- la sua assenza, mentre Peter era rinchiuso in infermeria, per un uno scherzo forse un tantino troppo pesante, che Sir gli aveva rifilato, per vendicarsi dell’ultima fetta imburrata che Codaliscia gli aveva sgraffignato dal piatto, a colazione. E sorrise, malgrado tutto. Un Black non perdona. Mai. E dentro di sé divenne consapevole –con matematica
certezza- che Paddy, il suo watchdog, avrebbe trovato il modo di
farla pagare cara a Severus Piton, con la pacata
discrezione tipica dei Malandrini. No. Non era giusto sentirsi ancora in colpa, non con
gli amici che si ritrovava. “Manca poco, Moony, resisti..”
e gli cercò una mano con la sua, per stringerla
forte. “Moony?” Sirius si volse di scatto. “No, cazzo!!” Un ringhio basso e disumano fu la replica. “No –maledizione- no!!”
erano ancora troppo lontani dalla Stamberga e troppo vicini
al Castello. Mentre il cuore gli batteva all’impazzata per la
paura, per l’imprevisto, Sir -come tutti gli sciocchi innamorati-
temeva più per la sorte del compagno, che per
la propria incolumità. Lanciò lontano da sé il mantello e si trasformò nel cane che aveva scelto di diventare, per stare accanto all’uomo che amava. Con i sensi vigili da animale, assistette impotente
alla conclusione della metamorfosi: il corpo che si arcuava in preda a
dolorose convulsioni, e che poi si ingobbiva,
stazionando semieretto, traballante; gli arti che s’allungavano,
assottigliandosi; gli artigli sguainati delle zampe, che risucchiavano i
raggi della luna come fossero un magnete perverso. Da lì non poteva scorgerli, ma l’aveva visto trasformarsi troppe volte, per non ricordare ogni millesimo secondo di dolore, di frustrazione. D’impotenza. Distolse lo sguardo un attimo appena prima della
fine. Come se fosse troppo da sopportare. Il candore del cielo era bagnato
dal lucore sovrannaturale della sfera gravida, rendendo il
paesaggio surreale. Quasi onirico. Un sogno. Le stelle erano scomparse, pallide figuranti sfumate
dalla Primadonna che reclamava il suo palco. Sirio, sopra le loro teste, aveva smesso di brillare.
Il grosso cane nero, stimando sufficientemente
vantaggiosa la distanza che li separava, si mise a ringhiare contro il
compagno, per attirare la sua attenzione. Sirius abbaiò piano, per provocarlo, iniziando poi a
correre verso la Foresta Proibita. E lui aveva un imperativo.
A larghe falcate oltrepassò la cascina di Hagrid, tenendo d’occhio, di tanto in tanto, che il licantropo lo rincorresse. Ogni tanto rallentava per
stimolare l’altro, poi di colpo si fermò, a riprendere fiato. Si rimise a correre, ché di ragioni per farlo ne aveva fin troppe: doveva stancare Rem, o non avrebbe retto uno scontro corpo a corpo con lui per più di 5 minuti; doveva farlo allontanare dalla Scuola, dai loro compagni, dagli umani; doveva condurlo, con l’inganno, verso quella dannata bettola, e farcelo rimanere almeno fino all’alba.. che Merlino l’assistesse!..
Oltrepassò senza remore l’orto del custode delle chiavi e dei luoghi di Hogwarts, per giungere nei pressi del Platano Picchiatore: la porta verso la salvezza. Ma lui doveva prima
neutralizzare la pericolosa pianta, per avere libero accesso. Nel farlo,
però, stava perdendo il tempo e il prezioso vantaggio che aveva sul lupo
mannaro. ..Non gli rimase altro che attendere l’impatto.
Alla base del grande albero, incuneato tra le sue
radici, la belva scaraventò a terra il cane, con una zampata poderosa che
lo fece guaire di dolore. Sirius si maledisse. Grande e grosso com’era, non era neppure riuscito a contrastare Remus, e si era ritrovato in trappola da solo. Imbrattando il pelo nero di bave, il licantropo
s’avvicinò alla gola della sua preda, con l’intento di azzannarla per
assaporare il caldo sangue che vi scorreva, il basso ronzio nelle
orecchie, il richiamo sensuale della morte che reclama la sua vittima. Quegl’occhi neri come la notte gli stavano parlando, come nessuna lingua avrebbe mai saputo fare. Lupin rimase impietrito. Sotto le zampe ancora il
battito furioso del cuore dell’altro. In quello stesso momento, un ramo del Platano Picchiatore si abbatté su di loro, sbalzandoli lontano, perché il tempo a loro disposizione era scaduto.
Esalando un gemito, il giovane Black riemerse al
presente. Sirius richiuse gli occhi,
lasciandosi scivolare nuovamente verso il suolo, reprimendo una smorfia. Sarebbe arrivato il colpo di grazia? Rabbrividì a quel pensiero. Non poté esimersi dal
farlo. Ma questa riflessione lo
portò immediatamente ad altro.
Racimolando ogni granello di volontà, s’impose di
sollevare almeno il busto. Cercò di regolarizzare il respiro e di riorganizzare
le idee. Ma che alternative aveva? In entrambi i casi, conosceva i rischi e le lacune di
un piano rattoppato in fretta e furia.
In quel momento, la luna scomparve e calò la notte
improvvisa. Scotendo la testa, come a snebbiarsi la mente, Sirius
riaprì gli occhi.
Tramortito e ferito, lasciò cadere il bastone con cui
aveva riaperto il passaggio; e con un ultimo, immane sacrificio, trascinò
Lupin dentro il buco. E poi il mondo si fece nero attorno a lui.
Quando l’alba giunse,
colse i due amanti abbracciati, premuti uno contro l’altro, come a
proteggersi a vicenda dalle brutture del mondo.
Remus mugolò piano, facendo scricchiolare il collo rattrappito, e poi si risollevò dal giaciglio di fortuna, guardandosi intorno spaesato. Come sempre, dopo ogni plenilunio, non conservava
alcun preciso ricordo di quanto era accaduto, o di cosa poteva aver fatto..
solo qualche flash confuso, qualche immagine dai contorni sbiaditi, che si
affacciava alla sua mente nei momenti più impensabili. L’ultima memoria in suo possesso risaliva a quando erano sgattaiolati fuori da Hogwarts, parecchio più in ritardo del solito, di Felpato che brontolava improperi verso Snivellus, e non molto di più. Si volse a controllare lo stato del suo compagno e
sussultò, impreparato. Con mano tremante, Rem cercò di scostare una ciocca corvina dalla fronte del suo ragazzo, e quando lo fece, svelò un brutto livido vicino alla tempia destra. Remus si morse le labbra, mentre il senso di colpa gli stringeva lo stomaco, in una morsa dolorosa. In momenti come quello, ritornava a chiedersi con che coraggio Sirius si ostinava ancora a stare con lui, che era un pericolo per sé, e per gli altri. Anche –e soprattutto- per chi amava. E riaffiorarono in lui le
mille discussioni, i litigi che vertevano su quell’argomento. E poi quel giorno in riva al lago, quando quel testone gli aveva urlato che, se proprio dovevano soffrire, era meglio farlo in due, insieme, piuttosto che ognuno per conto proprio. E lui aveva ceduto, perché
era troppo stanco di portare da solo quel fardello troppo pesante.
Una lacrima solitaria sfuggì al suo controllo. Remus
si stropicciò frettolosamente le palpebre, tirando su col naso. ..La luna piena gli scombussolava gli ormoni in tutti i sensi..
Un lieve movimento lo riscosse dai propri pensieri. Due occhi chiari incontrarono i suoi. “Ciao, amore.” Fu il lieve sussurro del moro, che sembrava sfinito persino per parlare. Lupin mandò giù a forza un groppo in gola. “Ciao, Paddy.” Sirius richiuse gli occhi, come se tenerli aperti gli costasse uno sforzo enorme. “Come stai?” s’interessò il biondo, incurante della propria situazione. “Ho passato momenti migliori.” Le palpebre di Sir fremettero, mentre posava lo
sguardo sul compagno malandato. “Mi dispiace.” Esalò. Come se fosse l’unica cosa in suo potere. Remus scosse la testa per smentirlo, anche se sapeva
che era inutile, perché l’altro aveva già richiuso gli occhi. “Ti amo, stupido cane idiota.” Gli confessò brusco, arrossendo. Un sorriso stiracchiato emerse sulle labbra del moro. “..Ma se non la smetti di fare l’eroe…” Sirius s’allungò con uno scatto di reni e gli chiuse la bocca, in un lento, dolcissimo bacio. Quando si separarono, a malincuore, Lunastorta aveva raggiunto una calda tonalità vermiglia, mentre un ghigno di vittoria si stampava sul volto del moro. “Andiamo da madama Chips a farci medicare, prima che
il Castello si svegli.”
- Continua -
Disclaimers: Né la storia né i personaggi di Harry Potter sono miei; appartengono agli aventi diritto e, nel fruire di essi, non vi è alcuna forma di lucro, da parte mia.
Sirius è Felpato = Padfoot e Paddy ne è il diminutivo (intraducibile in italiano). Remus è Lunastorta = Moony, e Honeymoon. Severus Piton è chiamato anche Snivellus e Mocciosus.
Curiosità: - La Rowling scrive nei suoi libri che, quando i nostri Malandrini erano giovani, non esisteva un preparato decente per contrastare l’‘Effetto Plenilunio’ su Lupin. Quello che distilla Piton è di recente invenzione, per sua stessa ammissione. - Sirius fa parte della Costellazione del Canis Majoris, di cui è la stella più luminosa; è di colore bianco. - Caia: bella farfalla notturna; il colore del corpo è rossastro, le ali superiori sono bianche, a chiazze marroni e quelle inferiori sono giallastre a macchie nere.
Si ringrazia: La Hennè Production per le
correzioni e la pazienza. Come sempre, sono graditi commenti, consigli e critiche. Chiunque desideri, può contattarmi al solito divano blue navy Grazie (_ _) elyxyz
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