Quanto tempo fa era
successo?
Ormai era diventata una
sorta di routine saltarsi addosso, litigare per qualunque sciocchezza e
riempirsi di botte. Nessun colpo raggiungeva mai l’altro. Nessun pugno era
tirato con forza.
I centodue chili
di Edward non potevano rivaleggiare con la sua
rapidità. Era più esile, più giovane e infinitamente meno esperto del
Comico, ma finiva immancabilmente per vincere.
Finchè la realtà della
situazione non lo aveva investito come un treno in corsa.
Non si
ricordava precisamente il motivo della lite, solo,
questa volta, avevano fatto sul serio.
Si erano insultati e
urlati contro, almeno fino a quando Edward, incapace
di averla vinta a parole, era passato ai pugni.
L’impatto sulla spalla
era stato devastante, la sua replica non altrettanto.
Il secondo colpo gli
aveva fatto mancare l’aria dai polmoni.
Per un attimo la sua
mente era diventata una stanza bianca. Gli aveva urlato di andarsene.
Ed il Comico se
ne era andato.
Quanto tempo fa era
successo?
Quella volta sulle rive
del porto non aveva fatto così male. Era stato in ospedale per un paio di
giorni con due costole incrinate, ma non aveva fatto così male.
Non come un orgoglio
ferito.
Si domandava perché
avessero litigato e come avrebbero fatto pace. Perché
avrebbero fatto pace.
Di
questo ne era sicuro. Ci sarebbero stati silenzi imbarazzanti e
avrebbero ripreso il filo delle loro vite come se niente fosse accaduto.
Era così che funzionava tra loro..
Era così l’unico modo
in cui avrebbe potuto funzionare.
Così quando la porta di
casa si era riaperta Adrian era rimasto sorpreso, stupidamente raggiante e
atterrito allo stesso tempo.
Sei tornato per
uccidermi? Era un pensiero talmente stupido che si
era impedito di formularlo.
Edward era entrato e si
era messo a parlare. Aveva sminuito i motivi
della lite e la loro stupidità.
L’aveva abbracciato.
Adrian stava piangendo.
Non si ricordava
esattamente quando aveva iniziato a piangere,
qualcosa come tra quando Edward era entrato e quando si era messo a
parlare.
Si stava scusando di
averlo colpito.
Adrian aveva sorriso.
Si sentiva ridicolo.
A colpirlo non era
stato Edward che si chinava a baciarlo
goffamente sulla fronte, ma la sua impotenza.
Non si era accorto fino
a quel momento quanto l’altro fosse effettivamente pericoloso.
La
realizzazione della sua impotenza nei confronti del Comico lo
lasciava paralizzato sul posto.
L’ignoranza è una
grazia. Non avrebbe voluto saperlo.
Soprattutto ora, quando
tutto iniziava a delinearsi nella sua mente con
terrificante chiarezza, non avrebbe voluto sapere cosa sarebbe stato
inevitabile.
Voleva fare finta di niente,
andare nell’altra stanza e fare l’amore.
E crogiolarsi ancora per
qualche istante nella sua debolezza.
☺
Quando parlo
di impotenza nei confronti di un’altra persona
(specialmente se si parla di Ozymandias) non intendo quella fisica (e il
mio cervello parte per la battuta facile con tanto di canzoncina) bensì
quella spirituale.
Se si lascia entrare qualcuno
nella propria sfera privata si finisce per
diventarne dipendenti.
Succubi in un certo senso.
Realizzare di non poter
effettivamente costringersi ad odiare o ferire l’altro, porta a
comprendere di essere in una posizione di svantaggio. Effettivamente
ad essere impotenti nei suoi confronti.
Nella storia Adrian si rende
conto dell’inconciliabilità tra la sua sfera affettiva personale ed il
piano che sta per intraprendere e ne rimane atterrito.
La consapevolezza di essere
condannati alla solitudine era ciò che volevo
descrivere ^^ Spero di esserci riuscita. W le OzyCom.
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