Impossibile dimenticare
Parte III - ultima
di Sonia
Amava Kyoto.
Amava quella città che un tempo era stata la capitale
imperiale, e che ancora adesso era adornata da
giardini e templi.
Aveva finito di lavorare da poco meno di mezz'ora, ma
anche se era tardi non aveva voglia di tornare in
albergo
Takaba sorrise, mentre camminava per le vie di Kyoto.
Quelle foto sarebbero divenute un vero capolavoro. Era
difficile vedere spose in Kimono, ormai sembrava che
quasi tutte le ragazze giapponesi amassero sposarsi
con abiti occidentali.
Aveva deciso di fermarsi ancora un paio di giorni, voleva fotografare il palazzo e i giardini imperiali.
Doveva trovare il tempo per passare nel quartiere Higashiyama, dove c'erano parecchi intrattenimenti
notturni. Anche perchè una volta tornato a Tokyo, avrebbe dovuto incominciare a sviluppare le fotografie
e preparare gli album.
Era incredibile come il suo lavoro riuscisse a fargli dimenticare tutti i problemi, pensò soffermandosi
dinanzi alla vetrina di un negozio di prodotti tecnologici. Se solo si fosse soffermato ancora
qualche istante a guardare il riflesso del vetro, avrebbe notato due uomini che lo osservavano
dall'altra parte della strada.
Rientrò in albergo che era mezzanotte passata.
Aprì la porta della camera accendendo la luce di servizio.
Poi si infilò nel bagno, e si lasciò avvolgere nei fumi caldi della doccia, tra i profumi di legno
indiano e tabacco del suo olio per bagno.
Quando uscì, avvolto nel suo accappatoio, si diresse verso il frigobar per prendere una bottiglia
di te verde, ma non fece in tempo a raggiungere il piccolo elettrodomestico, che si sentì strattonato
da
dietro, avvolto da un abbraccio di acciaio che lo fece rabbrividire. Spalancò gli occhi cercando di staccarsi
da quella presa: non era possibile! Asami era lì!!
La bocca rapita da un bacio che non lasciava arbitrio su chi comandava il gioco.
Asami si staccò da lui, sul viso il sorriso divertito di chi sa di avere le redini in mano.
-Non mi saluti?
Takaba sentì un brivido lungo la schiena.
-Cosa ci fai qui!? 'ringhiò indietreggiando di qualche passo' questa è la mia stanza..
-Tsk... tsk... tu sai che sei mio. 'incominciò Asami avanzando verso di lui, obbligando l'altro a
indietreggiare fino a quando le gambe di Takaba si scontrarono contro il letto, cadendo con la schiena
sul materasso morbido.
Takaba indietreggiò sul letto a carponi, guardando in viso il suo nemico fino a toccare con la schiena la
tastiera del letto.
-Vattene via!
Con il peso del suo corpo, Asami lo schiacciò contro il materasso.
-Non vuoi? eppure il tuo corpo si è già risvegliato, quando incomincerai ad accettare che il
tuo corpo ha bisogno delle mie carezze? 'gli bisbigliò nell'orecchio, provocando l'ennesimo brivido.
-Non... non è vero... 'disse cercando di spingere via Asami da lui, facendo forza con le mani sulle spalle
di lui, nell'inutile tentativo di allontanarlo Asami gli portò le braccia sopra la testa, bloccandogli le mani. Con la mano libera sciolse il nodo alla cravatta di seta, che pochi istanti dopo era legata tra i polsi di Takaba e la tastiera del letto.
-Dannazione! non puoi piombare qui e farmi questo! 'disse, nell'inutile tentativo di liberare i polsi.
Asami si allontanò dal letto, e con la coda dell'occhio seguì l'inutile sforzo che Takaba faceva con le mani
per liberarsi. Sorrise soddisfatto, con calma si tolse la giacca, aprendo la camicia, mostrando un
petto duro e muscoloso.
-Vuoi che torniamo a giocare come il primo giorno? chiese tornando da lui.
-Vai all'inferno.
Asami tornò su di lui con tutto il peso del corpo.
La mano scese sul suo membro, accarezzandolo con violenza.
-Takaba. Sei ancora un bambino. Te l'ho già detto una volta 'bisbigliò, interrompendosi di tanto
in tanto per baciarlo sul corpo' se vuoi sopravvivere in questo mondo, devi imparare a guardarti le
spalle. 'continuò, lo sguardo adesso era fisso sul viso della sua preda pronto a rubare ogni minima reazione, il viso arrossato dal desiderio, il respiro affannoso, i denti che mordevano l'interno delle labbra per non gemere dal piacere.
Se solo Takaba si fosse reso conto quanto lo eccitavano quei gesti, pensò apprestandosi ad entrare
in lui senza prepararlo, senza dargli la possibilità di far si che il suo corpo accettasse quell'invasione
che ogni volta risultava devastante.
-Ah... aah.. 'Takaba inarcò la schiena, trattenendo a fatica un gemito di dolore. Per un attimo chiuse gli
occhi, respirando a fatica. Le spinte di Asami erano sempre più decise, lentamente il dolore lasciò il
posto a gemiti di piacere, fino a quando il suo seme si sparse sul suo stomaco in piccole gocce perlacee.
Poco dopo, sentì il calore di Asami sciogliersi dentro di lui, portandogli altri brividi di piacere, brividi
che nel giro di pochi istanti sarebbero diventate schegge di dolore, che lo avrebbero perseguitato per
diverse ore.
L'orologio sul comodino, segnava le 04:50 a.m.
Takaba chiuse gli occhi per l'ennesima volta riaprendoli pochi istanti dopo. Da quando Asami era
andato via, quel dormiveglia lo stava perseguitando.
Per un attimo la mente tornò alle violenze subite da Feilon, sia lui che Asami avevano lo stesso spietato
potere di possesso, incuranti del dolore che potevano infliggere, un sapore aspro che aveva il gusto della
vendetta.
Era sicuro che la violenza di Feilon era collegata ad Asami da un filo di amore-odio che arrivava dal
passato. Quando sarebbe tornato a Tokyo era deciso ad indagare su Feilon, dal passato si potevano avere
molte risposte, e molte cose potevano essere comprese.
Una volta aveva letto che l'amore e l'odio sono tagliati da un filo invisibile, in cui a volte è
difficile comprendere se sì è allineati da una parte o dall'altra; quel filo collegava Asami e Feilon, non
era amore, non era odio, o erano entrambe le cose.
A volte quel filo legava indissolubilmente per tutta la vita, per ciò che era stato o per il rimpianto di ciò
che poteva essere... Takaba si voltò dall'altra parte del letto, dando la schiena all'orologio.
L'unica cosa certa, il fatto che ora lui non era in grado di spezzare quel filo, e forse non lo sarebbe mai stato.
E questo gli faceva più male del dolore che ancora invadeva il suo corpo.
-fine-
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