Alexiel: Ciao a tutti! Questa è la mia prima fan fiction e song fiction: vi prego di essere clementi!!!!!Dr.T: Non dimentichi nulla?Alexiel: Ah già! Allora, tutti i personaggi di Slam Dunk appartengono al grande tensai Inoue… tutti tranne Mitchi! ^^ Dr. T: Ripetilo e ti ammazzo! Alexiel: AAAAHHHHHHH!!!!!!!!!! Mitchi, aiutami tu!!!!!! Mitchi: Caliamo un penoso sipario su questi 2 mentecatti ed iniziamo la storia. --_--“
Imbranato di AlexielKira
Era alba a Kanagawa e il sole stava inaugurando un nuovo giorno. Una leggera brezza proveniente dal mare e dall’odore salmastro aleggiava sulla cittadina, scuotendo i rami degli alberi e producendo così un fruscio, simile alla voce del vento stesso, che accompagnava il cinguettio degli uccelli che si perdevano all’orizzonte. Non erano solo rumori naturali i suoni che accompagnavano quel nuovo giorno. Dal campetto di basket nei pressi del parco, proveniva il suono sordo del palleggiare di un pallone sul cemento freddo. C’ era un ragazzo dai capelli rossi che stava giocando: palleggiava e, ogni tanto, andava in attacco, cercando di fare canestro da un punto lontano o talvolta con un’azione in salto. “Così non va ancora bene” pensava Hanamichi. “È inutile, lui è più… come dire… è più sciolto nei movimenti, quando tira, sembra quasi che voli ”. L’immagine di quel ragazzo che tirava a canestro non abbandonava i pensieri del rossino: il suo sguardo concentrato, le sue braccia candide, le mani affusolate e le sue gambe lunghe, il suo corpo muscoloso… rendevano i suoi tiri unici. “Come un angelo che ascende al cielo…” continuava a pensare Hanamichi. Da un po’ di tempo, si era imposto di migliorare la sua tecnica di gioco ed in particolare, quella di tiro. “Devo batterlo” pensava “devo dimostrargli che non sono un idiota… io non sono un imbranato!” Era diventato il suo pensiero fisso: si svegliava all’alba ogni mattina per andare ad esercitarsi nel campetto al parco, lo stesso in cui si trovava in quel momento, poi andava a scuola e nella pausa pranzo si andava ad esercitare ancora; terminate le lezioni, seguivano gli allenamenti con la squadra: l’unico momento in cui poteva mettere in mostra i suoi progressi agli altri e, in particolare, a lui. “Certo che mi sono preso una bella cotta!” Questa volta era veramente sicuro di provare qualcosa di profondo dentro di sé: non poteva fare a meno di pensare a lui. A scuola, a casa, mentre si allenava… solo lui, sempre lui, nei suoi occhi, nella sua mente. La continua ricerca di quell’immagine, troppo bella per essere umana, intoccabile, ammagliante nella grazia dei suoi movimenti felini quanto nell’aspetto: i suoi capelli di seta, la sua pelle di porcellana, i suoi occhi di alabastro, la sua bocca rosea, dalle labbra un po’ sporte in avanti come l’invito di un frutto estivo, dall’aspetto dissetante e maturo, ad essere assaggiato e gustato in tutto il suo sapore. Hanamichi lo desiderava con tutto il suo cuore, la sua anima ed il suo corpo. Con tutto sé stesso. Ma non si sentiva pronto o meglio “degno”. Lui era un essere perfetto, quasi irraggiungibile e al suo fianco sarebbe apparso come uno scarto, pieno di errori, imperfetto. Doveva diventare perfetto come lui: era questo il suo obiettivo. E anche se lo fosse diventato, sarebbe poi stato veramente degno di lui? Se gli avesse anche dimostrato di essere migliorato, cosa avrebbe ricevuto in cambio? Parole o odio? Silenzi o amore? Pensieri di questo genere gli attorcigliavano la mente come le spire di un serpente intente a stringere la sua vittima in una morsa mortale dalla quale non si sarebbe liberata. Hanamichi si portò le mani alla testa, stringendo gli occhi, come per liberarsi da quel serpente invisibile e non si accorse della presenza alle sue spalle. - Do ’ ahu - disse l’ospite come se avesse impartito un ordine. Hanamichi si girò di scatto e rimase sorpreso nel vederlo; immediatamente, il serpente nella sua mente sparì per lasciare posto a quell’immagine serafica. - Ah, sei tu kitsune spelacchiata? - esclamò Hanamichi con voce seccata. “No! Non così!”. Ogni volta che doveva offenderlo, era come se decidesse da solo la sua morte: come se si infilzasse da solo, con le proprie mani e cosciente di quel gesto, un ago appuntito e grosso nel suo cuore. Lo stesso gli capitava quando riceveva un’offesa da lui. - Lasciami il campo! - gli impose il nuovo arrivato. - Scordatelo - È iniziato tutto per un tuo capriccio… - Idiota… - aggiunse Rukawa. … Io non mi fidavo, era solo sesso… - Ah si? Hai voglia di fare a pugni di prima mattina? Avanti fatti sotto!!! – esclamò Hanamichi. I due ragazzi iniziarono a picchiarsi: era qualcosa di cui non potevano fare a meno. Ogni volta che si incontravano, recitavano quel rito, ripetendo tutte le volte gli stessi gesti e le stesse parole. … Ma il sesso è un’attitudine, come l’arte in genere… Era un rito in cui i pugni divenivano carezze e le parole, mescolate ai loro respiri affannati dalla fatica dei gesti, rappresentavano baci passionali. Era un rito a loro sacro e, come 2 amanti, lo stavano consumando come fosse un atto d’amore. Quell’atto d’amore era diventato per loro un’attitudine, il loro passatempo, una scusa tra le tante per sfiorarsi e rimanere da soli, ognuno in balia dell’altro. … E forse l’ho capito e sono qui… Si buttavano a terra, si rialzavano, si stringevano. Poi Rukawa colpì Hanamichi in pieno volto, con un pugno violento, facendolo cadere a terra; il moro non esitò a fermarsi: si mise a cavalcioni su di lui, in modo da immobilizzargli le gambe, continuando a picchiarlo in viso, con pugni che lasciavano trasparire la fatica accumulata fino in quel momento e pertanto non molto forti. “Dio, devo tirarmi fuori di qui!” Pensava Hanamichi, arrossendo per l’imbarazzo creata da quella strana situazione in cui si era venuto a trovare “Quanto ti vorrei… così, in altre circostanze… ma che sto a pensare?”. - Aspetta! - esclamò il rossino, cercando così di frenare i propri pensieri– che ne dici di giocarci il campo in una partitella one - o - one? Il primo che arriva a 20 punti, si aggiudica il campo! -. - Hn! - esclamò il volpino - se hai voglia di umiliarti… - continuò, indifferente a quella posizione alquanto equivoca. Si alzò e iniziò a palleggiare in mezzo al campetto con il pallone che Hanamichi aveva fatto precedentemente cadere a terra. - Vincerò e ti dimostrerò che non sono un imbranato! Io sono il Tensai Sakuragi! - esclamò alzandosi in piedi. … Scusa sai se provo ad insistere… - Mentecatto! - esclamò Rukawa seccato di quelle insinuazioni false. … Divento insopportabile lo so… La partita iniziò: Rukawa andò subito a canestro con un magnifico dunk; la medesima scena si ripeté per altre due volte. Hanamichi stava perdendo: nella sua mente il pensiero della vittoria era avvolto dalle nebbie del suo orgoglio e ciò lo rendeva immobile; non riusciva a reagire perché incantato dalle azioni vincenti dell’avversario ma anche dal desiderio di dimostrare ciò che valeva. Doveva mostrargli di essere migliorato. … ma ti amo, ti mo, ti amo. Ci siamo, va beh è antico ma ti amo… Rukawa andò ancora a canestro ma questa volta, sbaglio il tiro e la parabola disegnata dal pallone incrociò il cerchio i metallo arancio. - Rimbalzo! Sarà mio! - urlò Hanamichi, prendendo la palla tra le mani e portandosela al petto. - Ora tocca a me! Vedrai kitsune! - Hanamichi riuscì ad eludere miracolosamente la difesa di Rukawa e andò a canestro con una magnifica schiacciata, si accorse solo dopo di aver fatto un fallo sul volpino, urtandolo e facendolo cadere a terra. - Ah ah! Il grande tensai ce l’ ha fatta! Visto kitsune? - esclamò Hanamichi mentre Rukawa continuava a rimanere disteso a terra con gli occhi chiusi. - Ehi kitsune! Svegliati! - Hanamichi si inginocchiò accanto a lui, lo prese per le spalle e lo scosse lentamente; solo allora si accorse di quella piccola macchia rosso scuro sul cemento. Nell’urto subito, il volpino era caduto sbattendo la testa. Hanamichi sgranò gli occhi all’ istante; continuava a ripetersi nella mente di non averlo fatto di proposito. D’un tratto un dolore sconosciuto lo invase: si sentiva il cuore in una morsa, come se una mano maligna e scheletrica lo stringesse e cercasse, nello stesso momento, di strapparglielo. Hanamichi continuava a fissare Rukawa con fare preoccupato: l’ espressione dipinta sul viso dell’ amato non lasciava trasparire alcun dolore. Sembrava un bimbo serenamente addormentato tra le braccia della madre. - Rukawa svegliati! Rukawa! … Kaede…! - implorò Come per miracolo, al suono del proprio nome il ragazzo aprì lentamente gli occhi portandosi una mano alla testa nella zona dolorante. Appena vide le iridi blu cobalto luccicare mentre le pupille enormi si ritiravano velocemente, infastidite dalla luce, Hanamichi sorrise leggermente. Il volpino si portò una mano davanti al viso e solo allora si accorse di perdere sangue. … Ciao, come stai… - Come va? Ti fa molto male? - chiese Hanamichi preoccupato. … Domanda inutile… - Stavo meglio prima - rispose seccato Rukawa, mentre cercava di rialzarsi. - Ti chiedo scusa! Credimi, non ho fatto apposta! Aspetta… ho qui con me qualcosa per medicarti la ferita, nell’ attesa di andare al pronto soccorso… sai, c’è lo sempre con me nel caso in cui faccia a botte e rimanga ferito… - disse il rossino sorridendogli amichevolmente. … A me l’amore mi rende imprevedibile… - Non ho bisogno di nulla, idiota - si alzò dondolando in qua e in là. “un ago… un altro ancora… la mia agonia si sta facendo sempre più lunga…” - Ah si? Guardati! Pretendi in quelle condizioni di andare da qualche parte?!? - lo rimproverò Hanamichi. - Hn! - - Vieni qui e fatti medicare! - Hanamichi si alzò e lo prese per un braccio nel tentativo di fermarlo. Rukawa si girò e lo guardò arrabbiato. - Lasciami - tuonò il volpino “mi fa male il cuore… non riesco a resistere…” - No, finché non farai quello che ti dico io! - esclamò Hanamichi - Non sei nemmeno capace di giocare e pensi di essere capace a curarmi? E poi, di che t’impicci? Sono affari miei! - - Ma io… - tentò di replicare il rossino - Sei solo un imbranato!!! - lo interruppe Rukawa. Quella parola suonò alle orecchie di Hanamichi come l’ultimo ago infilzatogli durante quella sua lunga tortura interna, l’ago che avrebbe lacerato il suo cuore e la sua anima e che avrebbe messo fine alla sua agonia nascosta: il suo cuore si sarebbe trovato imprigionato in una gabbia d’aghi intrisi del suo sangue. Hanamichi perse la pazienza. … E scusa se ti amo… - Idiota… imbranato… sono solo queste le parole che sai dirmi? – disse Hanamichi. Rukawa non si aspettava una reazione del genere ma continuò a fissarlo con la stessa maschera fredda di sempre. - Non capisci? Tutte le mattine mi alleno per migliorare, per diventare bravo come te, per diventare degno di te… perché io… IO TI AMO! … e se ci conosciamo da due mesi o poco più… - Mi sono innamorato di te dal primo momento che ti ho visto giocare… i tuoi movimenti fluidi, i tuoi slanci verso l’alto, nel tentativo di effettuare tiri che andavano sempre dentro… mi ero innamorato del tuo modo di giocare, ma sopratutto di te… . Da allora nacque dentro di me il desiderio di imparare e migliorare e di poter raggiungere il tuo stesso livello, un giorno o l’altro… credevo che tu potesti accorgerti di me ma in realtà mi sono solo illuso - il rossino aveva aumentato il tono della voce e sembrava quasi urlare. … E scusa se non parlo piano, ma se non urlo muoio. Non so se sai che t’amo… - In fondo, qualcosa me lo hai detto… - continuava sorridendo ed abbassando il tono di voce … E scusami se rido dall’imbarazzo, cielo… - ….quando litighiamo, quando ci incontriamo o quando giochiamo… - … All’idea di averti accanto… - … tu sei il solo che mi chiama con quel nomignolo dal suono così strano e particolare… Do ’ ahu - disse in un sorriso. … Di sentirmi tuo soltanto… Hanamichi non staccava lo sguardo dagli occhi di Rukawa il quale, a sua volta, continuava a guardarlo con aria di disprezzo. … Ti guardo fisso e tremo… - In fondo hai ragione… - proseguì … Sono qui che parlo emozionato. E sono un imbranato. - Sono un idiota… sono un imbranato. Ma ti prego. Ricorda che ti amo… - Ah ma ti amo. - …non mi importa di ciò che continuerai a dirmi, di ciò che penserai dopo la mia confessione… ma permettimi di continuare ad amarti - Hanamichi concluse la sua confessione ed abbassò lo sguardo verso terra, lasciando la presa dal braccio di Rukawa. Era finalmente riuscito a far esplodere quella bomba chiamata “cuore” prima che la dinamite contenuta al suo interno perdesse il suo effetto; la bomba era esplosa e aveva fatto molto rumore ma non se ne conoscevano ancora i danni… forse ce ne sarebbero stati… o forse no. Rukawa si girò e si diresse verso la bici, parcheggiata fuori dal campetto. Hanamichi alzò lo sguardo: lo stava abbandonando in mezzo a quel campo, solo in mezzo a tutto. Ma non provava alcun rimpianto: gli aveva confessato ciò che provava e ora, qualunque fosse stata la risposta, l’avrebbe accettata. Rukawa, nel frattempo, si stava allontanando sempre di più dal campetto. “Ecco la sua risposta: non gli importa nulla di me”. A quel pensiero, una lacrima solitaria uscì dal l’occhio destro di Hanamichi e scese sulla sua guancia, percorrendo il solco lasciato dalle lacrime precedenti. Di colpo Rukawa si fermò, come se fosse stato punto dalla tristezza e dalla freddezza di quella goccia sul proprio viso. Si girò e tornò verso Hanamichi. Il rossino lo guardò sorpreso: lo vide avvicinarsi, sfiorargli la guancia e con il pollice asciugargli la lacrima. Parlo poco, lo so è strano, guido piano… - Do ‘ ahu… - sussurrò Rukawa – da un po’ di tempo la mia voce non esce più dalla mia bocca con quella frequenza di prima… e quando cammino o quando vado in bici, sono più lento del solito. Questo perché nella mia testa aleggia sempre un pensiero… - … Sarà il vento, sarò il tempo, sarà fuoco. - … quel pensiero sei tu. Non piangere più, ti prego. Anch’ io ti amo - e al ritmo di queste ultime parole, le labbra di Rukawa si unirono a quelle di Hanamichi, in un bacio dapprima casto ma poi sempre più passionale. Le loro lingue giocavano a rincorrersi e toccarsi come amanti mentre le loro braccia accarezzavano dolcemente il corpo dell’amato, per non perdere il minimo sussulto, calore o altro di quel momento tanto atteso e inaspettato. Era alba a Kanagawa e il sole stava inaugurando un nuovo amore.
OWARI
Alexiel: Ho finito! Ho finito! Trallalalà!!!!! ^____________^ Mitchi: Grrrr Alexiel: Trallall… Mitchi caro, ma che hai da essere arrabbiato? Mitchi: Prima mi hai chiamato e io sono arrivato subito… pensavo volessi scrivere una fanfiction su di me ed invece era solo per aiutarti a uscire dal guaio in cui ti eri cacciata… Alexiel: Scusa!!!!! ^o^” Ti prometto che nella mia prossima ff sarai tu il protagonista!!! Anzi, a dir la verità la stò già scrivendo… Mitchi: E di cosa parla? Alexiel: Ecco… diciamo che… non posso dirtelo! Altrimenti che sorpresa è? Ma passiamo ai ringraziamenti: innanzitutto, ringrazio voi “lettori” ma in particolare una mia amica, senza la quale, non avrei potuto scrivere questa ff… Ila-chan! Ila-chan: Mi hai chiamata? Alexiel: Ti volevo ringraziare! Io ho avuto l’idea e tu mi hai dato una mano a stendere la trama… Ila-chan: Dov’ è Ru-Ru ©_©? Alexiel: Ma mi stai ascoltando ? ??? --_-- Ila-chan: Si ma dov’è Ru-Ru ©_©? Rukawa: Chi è che mi chiama con quel nomignolo così idiota? Ila-chan: AAAAHHHH ©o©!!!!!! *sviene* Rukawa: Scusa autrice, ma chi è quella mentecatta? Alexiel: Sarebbe una mia amica che ha contribuito alla stesura della ff… ^-^” Rukawa: Chi se ne importa! Alexiel: ... guarda che senza di lei, tu e Hanamichi non avreste combinato un bel niente!!! Ila –chan: Ru-Ru!!!! ^/////^ Che figo! Alexiel: Cavoli, si è già ripresa… 0-O Rukawa: Ok, grazie e arrivederci. Ila-chan: Ma dove vai? Rukawa: Torno dal mio Hana-chan!!! Ila-chan: ASPETTAMI!!!!! Alexiel: Finalmente se ne sono andati! MITCHI! Sei sparito anche tu? Mitchi: No, sto aspettando che scrivi la mia ff. Ti starò appiccicato finché non l’ hai finita! Alexiel: Guarda che potrei metterci giorni, mesi, anni o millenni (forse ho un tantino esagerato)… Riuscirai a starmi avvingh… vicino per tutto questo tempo? Mitchi: …farò uno sforzo! Alexiel: Grazie!!! © SMACK © !!! Mitchi: …aspet… non iniziamo subito con queste cose!!!! ^////^
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