Oltre alle storie yaoi, adoro le poesie di Rimbaud e l’atmosfera dell’autunno. Quasi tutte le storie di Guglielmo e Riccardo (inventati da me:non esistono) si svolgono in autunno.

Dedicata a Silvia, Dodi e Niki

 

 



Il vento dell'autunno

di Puma


Al seguito di un’estate non particolarmente calda è arrivato in anticipo l’autunno con le sue nebbie,i suoi colori accesi che sembrano l’addio delle piante alla vita prima del sonno dell’inverno e il suo vento gelido che nei parchi cittadini fa volare le foglie secche e nei vicoli solleva vortici di polvere e cartacce.

VENTO DI RICORDI

Nelle notti autunnali si dorme profondamente e al risveglio è piacevole starsene sotto le coperte nella casa fredda.

Guglielmo si sveglia presto e non si decide ad alzarsi.

Resta a lungo sotto il piumone coperto fino al naso a guardare Riccardo addormentato e attraverso il lucernario osserva le nuvole rincorrersi in un cielo ora livido,ora azzurro.

Riccardo dorme profondamente.

Guglielmo scivola fuori dal letto e apre la finestra di cucina per respirare l’aria frizzante della mattina che oggi porta delle voci su dal vicolo,da quel vicolo strettissimo,umido e perennemente buio.

Stanno passando due studenti del vicino liceo classico che,credendo di non essere visti,si fermano sotto un volto,si abbracciano e si baciano.

Guglielmo li sbircia nascosto dietro le poche foglie rimaste all’uva spina del suo poggiolo e si ricorda di quando anche lui e Riccardo erano studenti…

Il vento gelido dell’autunno gli fa venire un brivido e anche questi ricordi,accompagnati dalla sensazione del tempo che passa,gli fanno sentire quel brivido di freddo anche in fondo al cuore.

Accompagnato dal ricordo dolce e malinconico del passato che non torna va ad aprire il suo negozio di vestiti usati in un vicolo lì vicino.

Alzando gli occhi osserva ancora le nuvole che si rincorrono nel cielo lasciando passare ogni tanto un timido raggio di sole che illumina le finestre alte dei palazzi del centro storico per un attimo.

IL VENTO DELL’AUTUNNO PORTA VIA SOLO LE FOGLIE

Riccardo dorme ancora.

Alla mattina non riesce più a svegliarsi presto.

Molto più tardi apre gli occhi.

Guglielmo gli ha lasciato la colazione sul comodino e sotto la coppetta del budino c’è un biglietto scritto con la calligrafia disordinata di Guglielmo che dice:-Ho visto nel vicolo due studenti che si volevano bene come noi, ti ricordi? Sembra impossibile che siano passati così tanti anni!

Ti amo Riki, sei il mio topino!-

Questa frase ridicola del “topino” gliel’aveva scritta sul diario in prima liceo ed è rimasta negli anni come una parola segreta tra di loro, si potrebbe dire che è la loro password!

Riccardo si siede sul letto,si accende una sigaretta e mangia quel budino al cioccolato lentamente, mentre con le dita magre si disfa la lunghissima treccia nera che Guglielmo gli ha fatto prima di andare a dormire.

Guarda nel lucernario le nuvole che passano e si rincorrono spinte dal vento e sembra che gli portino alla mente l’immagine sbiadita di lui e Guglielmo quando avevano sedici anni e si erano dati il primo bacio nell’aula magna del liceo privato che frequentavano.

…si sente completamente senza volontà…

Mentre si veste sbircia ancora il lucernario e gli torna in mente quando avevano diciotto anni e abbandonata la scuola e le loro famiglie erano andati a vivere insieme.

…sente come una stretta dolorosa nella testa…

E si ricorda quando si sono scambiati un anello giurando di amarsi per sempre, ce l’ha ancora al dito.

… più male di così non potrebbe sentirsi…

Quando esce nel vicolo con il suo berretto di lana calcato sugli occhi, il vento gelido che gli scompiglia la coda di cavallo e gli fischia nelle orecchie, gli fa tornare alla mente un passato da dimenticare che gli opprime il cuore come un peso tremendo: gli sembra che le raffiche di vento gli facciano ballare davanti i fantasmi che gli urlavano nella testa giorno e notte, quando con la mente sconvolta da droghe sempre più pesanti era scivolato negli abissi della follia e una notte d’autunno ventosa e gelida, per non sentirli più si era tagliato le vene.

Riccardo si stringe la testa con le mani.

Anche quella notte un cerchio gli stringeva la testa… era corso fuori nell’oscurità illudendosi di non sentire più quelle voci che gli facevano scoppiare il cervello… vicino a un cassonetto c’era una bottiglia… senza capire cosa faceva l’aveva rotta contro un muro e con i cocci di vetro si era procurato un taglio su un polso… una riga rossa… la sensazione del sangue caldo sulla pelle gelata… aveva tagliato ancora, ancora, ancora… si era incantato a guardare il sangue rosso sulla sua mano bianca… poi il buio… il silenzio… la fine…

Quando aveva riaperto gli occhi, Guglielmo piangeva.

All’ospedale c’erano anche sua mamma e i suoi vecchi zii.

Tutti premurosi e protettivi con lui: nessuno lo accusava, nessuno lo aveva mai accusato, ma Riccardo non era più riuscito a perdonarsi  per non vedere i segni di quella ”colpa” tiene un nastro di seta verde avvolto attorno al polso sinistro.

Un nastro che ha tolto da un vecchio cappello di paglia che gli sembrava più ”rotto” di lui.

Non se lo toglie mai, neanche quando si lava.

Si sente cattivo, spregevole e inutile come una cosa rotta.

Vorrebbe che il vento cancellasse e dissolvesse tutti questi brutti ricordi, invece quelli sono impressi nella sua mente, non foglie che il vento porta via e neanche la pioggerellina fina che ha cominciato a cadere li può cancellare.

Tristemente Riccardo entra nel loro negozio e sprofonda su quel vecchio divano rosso, spellato a forma di bocca senza neanche levarsi il cappotto e senza parlare.

Guglielmo lo guarda mentre fa provare un piumino dorato a due ragazze e intuisce il suo stato d’animo.

Quando quelle due clienti escono  dal negozio con i loro acquisti in un sacco, dalla porta a vetri entra una ventata gelida che solleva delle carte e porta odore di umido e freddo.

In quel negozio c’è odore di muffa, di vecchio, di disinfettante e di sigarette.

Ci sono scatoloni di vestiti usati accatastati dappertutto, abiti da sera luccicanti degli anni ‘70 appesi, giacche di renna lise, scarpe con la zeppa esposte disordinatamente sulle mensole, c’è un box per bambini riempito di vecchi cappelli e sciarpe, passeggini e seggioloni.

Ci si può aspettare che tra quei vestiti spunti un fantasma o che una strega entri a provarsi quei cappellacci sghignazzando.

Rimasti soli, anche Guglielmo si siede sul divano e accarezza Riccardo dicendo qualcosa così per distrarlo.

Una signora entra chiedendo delle scarpe per bambini.

Guglielmo si alza e gliene mostra gentilmente diverse paia.

Mentre serve quella signora sente la porta aprirsi,odore di pioggia e dell’aria fredda nella schiena: Riccardo è andato via.

Il vento di autunno si è fermato e piove a dirotto.

Guglielmo pensa che deve seguire Riccardo, ma nel negozio entra sempre gente a comprare e non riesce a liberarsi fino alla sera.

Quando chiude il negozio e va a casa di corsa, alza gli occhi a guardare il cielo stellato che il vento sta scoprendo. C’è la luna piena bianchissima che si specchia in tutte le pozzanghere.

UNA VENTATA CHE DISPERDE I PENSIERI COME LE FOGLIE

Nella casa fredda e buia Riccardo è rannicchiato vicino alla stufa spenta, davanti a lui tre bottiglie vuote, gli occhi spenti persi nel nulla, la bocca incurvata da un sorriso triste: è come quelle vecchie bambole buttate via, che sono rotte e ridono lo stesso.

Addosso ha solo quel nastro di seta verde legato attorno al polso che lo fa sembrare ancora più fragile e indifeso.

Il vento ha spazzato via tutte le nuvole e la luna piena diffonde dal lucernario la sua luce fredda e bianca.

Anche la pelle di Riccardo è chiarissima e la luce argentata della luna brilla sui suoi piercing.

È magro da fare impressione.

Con i lunghissimi capelli corvini spettinati che gli coprono in parte il viso sembra quasi uno spettro, un angelo caduto.

Guglielmo si inginocchia sul tappeto di fronte a lui e lo accarezza dicendo delle parole che Riccardo non capisce e continua a fissare il nulla con quegli occhi vuoti e quel sorriso triste.

Guglielmo gli prende la mano sinistra sussurrando:_Riki, ora perdona te stesso, basta sentirti in colpa… io sono qui con te, smettila, fatti un po’ di forza…_

Guglielmo slega quel nastro verde scoprendo le cicatrici rosse sul braccio senza colore di Riccardo che lo guarda con quegli occhi inespressivi e quel sorriso che fa male al cuore.

Mentre Guglielmo bacia quei tagli rossi, Riccardo rabbrividisce, ritrae la mano e si allontana:_No, non merito il tuo affetto…

I suoi occhi diventano lucidi e la sua bocca si contrae in una smorfia di pianto.

Guglielmo ha in mano il nastro di seta

Con le mani che gli tremano lo avvicina agli occhi di Riccardo come una benda, dopo averlo girato due volte glielo lega dietro alla testa.

Riccardo trema tutto e cerca ancora di allontanare Guglielmo che esita qualche secondo a guardarlo così bendato, illuminato dalla luce della luna piena, con la pelle bianca e i piercing che brillano.

Le sue mani lo sfiorano delicatamente: vorrebbe poter cancellare la sofferenza di Riccardo, vorrebbe dargli la sua anima.

La luce chiara della luna in un cielo senza nuvole sembra ancora più intensa.

Riccardo non riesce più a trattenere le lacrime.

Guglielmo, che di solito si perde in preliminari infiniti, entra con forza dentro di lui e anche le sue carezze si fanno più vigorose.

Riccardo,scosso dai singhiozzi, si contorce sotto le spinte di Guglielmo che non si ferma e lo accarezza sempre più in fretta.

Riccardo comincia a non capire più se è sul tappeto o sul letto, se ha la testa verso la porta, dov’è la stufa, dov’è il lucernario… dov’è… e il peso tremendo che gli opprime il cuore, il senso di colpa per aver cercato di procurarsi la morte, per aver desiderato di non esistere più, per aver fatto piangere Guglielmo, si fa via via più leggero.

E mentre Guglielmo lo ama questo fardello doloroso esce dalla sua anima leggero come un volo di foglie nel vento.

E la sua mente segue il piacere del suo corpo come una foglia che segue la ventata che la solleva e la fa volare.

Come un’infinità di foglie alzate da un’ultima fortissima ventata i pensieri tristi di Riccardo si disperdono nell’estasi dell’amore.

Lui e Guglielmo si sciolgono insieme.

Poi viene la pace, il silenzio.

Quando il suo cuore rallenta, Guglielmo slega quel nastro inzuppato di lacrime dagli occhi di Riccardo, che dopo quel pianto liberatore hanno ritrovato la loro espressione e stanno diventando sempre più pesanti per il sonno.

Guglielmo asciuga le ultime lacrime dalle sue guance sussurrando:_Riki, non devi piangere più… io ti amo e ti amerò per sempre!

Riccardo si rannicchia contro Guglielmo che lo copre col piumone e si addormenta.

Guglielmo lo accarezza a lungo e guarda il lucernario: il vento ha portato altre nuvole spesse, cariche di pioggia a coprire la luna.

Ora nella loro casa è buio pesto.