Disclaimers:purtroppo i personaggi di questa
fic non sono miei ma di papà inoue ç__ç Note:A Seimei,per il suo
compleanno!!La posto ora perchè poi ho paura di
dimenticarmela!
Il veleno
degli Hargreaves
di
Nuel
TITOLO: Il veleno degli Hargreaves
AUTORE: Nuel
SERIE: Conte Cain
PARTE: 1/1
RATING: death fic
PAIRING: Riff-Cain
DECLAMER: I Pg sono della grande Kaori Yuki che li maltratta un sacco
già da sola, quindi posso farlo pure io!^^
NOTE: Non so come finirà la storia del Conte Cain, questa è solo la mia
personale visione della conclusione di tale splendido manga.
ARCHIVIO: Ysal
IL VELENO DEGLI HARGREAVES
Di Nuel
Riff riordinava silenziosamente il salotto estivo, rimasto chiuso per
tutta la brutta stagione, in cui era stato prediletto quello invernale,
più interno e più caldo. Il conte Hargreaves, impegnato nella lettura di
alcune importanti lettere, era una muta presenza che gli teneva
compagnia.
Il sole era alto, il cielo limpido, dalle vetrate penetravano la
primavera inoltrata con la sua esplosione di colori e profumi ed una
luce calda che metteva di buon umore. I temporali tipici della stagione
avevano reso morbida la terra e le piante erano rigogliose e splendevano
delle più straordinarie sfumature di verde. La metà di maggio si
avvicinava accompagnata dal cinguettio degli uccelli che avevano fatto
il nido tra quei rami robusti degli alberi della villa.
Passi leggeri e frettolosi si avvicinarono lungo il corridoio dai
pavimenti di marmo e la signorina Maryweather, un sorriso raggiante
sulle belle labbra, entrò spalancando la doppia porta di legno chiaro e
piroettando davanti al fratello che le sorrise calorosamente.
-Guarda, Cain! Non è meraviglioso?!- Cinguettò continuando a volteggiare
nell’elegante abito bianco con cui avrebbe presenziato alla festa del
suo debutto in società.
-E’ splendido Mary!- Approvò Cain senza staccarle gli occhi di dosso un
istante.
-Se mi consente, signorina, è davvero stupendo e le sta d’incanto!-
-Grazie, Riff!-
-Ora, però, toglilo Mary, altrimenti, per il ballo, sarà tutto
sgualcito-
-Si, fratellino!- Mari fece un piccolo inchino, poi si lanciò tra le
braccia del fratello, per baciargli una guancia, con la spontaneità
tipica dei bambini, sembrava dire "Anche se ora sono adulta, sono sempre
la tua piccola Mary", poi se ne andò come era venuta.
-Servimi il the, Riff-
-Si, signore-
Riff tornò qualche minuto dopo con un vassoio d’argento cesellato in
mano. Appoggiò sul tavolino dagli intarsi in ciliegio la tazza di fine
porcellana cinese, versò il the bollente dalla teiera che poi appoggiò
con il vassoio sul tavolino, versò il latte dal bricchetto coordinato e,
con una pinzetta d’argento, mise nella tazza una zolletta di zucchero,
quindi rimase, impettito, accanto al conte, in attesa di nuovi ordini.
-Sir William Jefferson chiede la mano di Mary.... ma ha quasi trent’anni,
è troppo vecchio per lei- Mischiò il the e lo sorseggiò. -Anche Lord
Henry Stewart non è accettabile: è uno sciocco col vizio del gioco, non
gli darei mai la mia piccola Mary. Lord Gables è fuori discussione: è un
donnaiolo e finirebbe per farla soffrire, ma c’è anche un soggetto
interessante: Theodor Smith- Prese un altro sorso, con calma.
-Smith?-
-Si, ho fatto raccogliere informazioni su di lui: è di famiglia
borghese, studia giurisprudenza e fa praticantato in uno studio legale a
Canterbury, dove è nato. Ha vent’anni... quattro anni di differenza
vanno bene... Senti Riff, scrive di aver conosciuto Mary la primavera
scorsa, ad un party di Lady Carter-Bone, il cui figlio è un suo compagno
di corso. Lui e Mary hanno discusso... dice che non credeva che una
gentildonna potesse essere tanto sfacciata, e di averla subito trovata
antipatica, ma poi di averla pensata continuamente....-
-Una persona schietta, a quanto pare-
-E onesta.... Ho chiesto a Mary, ha detto che è un giovanotto simpatico
e mi ha chiesto di invitarlo- Cain terminò il the e rimase pensieroso
per un po’.
-Credo sia l’uomo giusto, Riff. Tuttavia, vorrei che il fidanzamento
fosse abbastanza lungo, Mary deve conoscerlo ed essere libera di
scegliere.... in fondo, l’uomo che sposerà Mary, diventerà il padrone
dell’intero patrimonio degli Hargreaves-
-Signor conte?-
-Tu hai un desiderio, Riff?-
Riff, colto di sorpresa, pensò qualche momento, poi rispose, con un
sussurro gentile.
-Desidero che lei e la signorina Mary siate felici-
-Quest’uomo piacerà a Mary- Cain sembrava soprappensiero. -Se ne
innamorerà e sarà felice, Riff, come tu desideri...Per questo lo
ucciderò. Non lascerò mai Mary a nessuno, Riff.... e lei non sarà più
felice, per colpa mia....-
Riff lo guardò pensieroso ed addolorato, ma non sorpreso: l’eco di una
maledizione si riaffacciava alla sua mente: la voce di Alexis, il padre
di Cain, un folle che gli aveva predetto che avrebbe amato solo una sua
consanguinea... Aveva sperato si trattasse solo del delirio di una mente
malata, ma già da tempo aveva visto sorgere qualcosa di nuovo nel suo
padrone.
-Ti sei mai innamorato, Riff?- Cain lo distolse dai suoi pensieri.
-Si, signor conte-
-E lei? Ti ricambiava?-
-Non si tratta di una donna, signor conte-
Cain sorrise compiaciuto, inclinando la testa. I capelli gli scivolarono
un po’ davanti agli occhi, mentre scrutava l’espressione sempre gentile
del suo maggiordomo.
-E di chi si tratta, allora?- Gli chiese in un sussurro.
-Di lei, milord-
Riff non aveva abbassato lo sguardo, non era arrossito.
Cain lo conosceva da quasi tutta la vita, conosceva le luci e le ombre
del suo cuore, come Riff conosceva le sue.
Riff non considerava quell’amore contro natura, non era un’ombra del suo
cuore.
Quell’amore era puro. Infinitamente più puro della sua ossessione per
Maryweather.
-Voglio esaudire il tuo desiderio, Riff-
Cain si alzò, raccogliendo le lettere dei pretendenti di Mary e si
diresse alla porta dell’ampia sala.
-Più tardi raggiungimi, sarò in camera mia-
Riff si inchinò educatamente, dietro le spalle del suo giovane signore,
mentre una ruga di preoccupazione gli increspava la fronte, tra le
sopracciglia.
Una volta, molto tempo prima, la signorina gli aveva predetto il futuro
tramite i tarocchi, ma, gli aveva detto, le sue facoltà erano già venute
meno.... erano usciti "Gli Amanti", il sesto arcano maggiore: ambiguità
d’affetti, relazioni difficili, separazione, perdita di se stessi.
Riff aveva taciuto. La signorina non aveva perso i suoi poteri, era solo
troppo giovane ed ingenua per capire cosa legasse il suo adorato
fratello maggiore al loro maggiordomo.
Riff temporeggiò, tenendosi occupato: la sua esperienza gli diceva che
Cain non l’avrebbe cercato e nemmeno l’avrebbe rimproverato per la sua
assenza.
A cena, la signorina continuò a parlare della festa che si sarebbe
tenuta di li a due settimane nella loro villa. Tutto il personale era
indaffarato da giorni per i preparativi: il palazzo era stato lucidato
come uno specchio, dai battiscopa dei corridoi di servizio, ai grandi
lampadari dei saloni, ogni stanza era stata arieggiata lasciando
penetrare il sole e l’aria frizzante, le tende pesanti erano state
sostituite con quelle più chiare e leggere, le tovaglie inamidate dalla
prima all’ultima, i fioristi andavano e venivano mostrando fiori e
composizioni, un’orchestra era stata assunta con largo anticipo.....
Cain voleva solo il meglio per sua sorella.
Qualche ora più tardi, Riff seguì Cain in camera da letto, ligio al suo
dovere lo aiutò a spogliarsi, piegando gli abiti sul braccio per poi
deporli sulla poltrona adibita. Le cicatrici sulla schiena del suo
padrone attirarono il suo sguardo: lunghe strade più chiare, che si
intersecavano disegnando una nefanda mappa sulla pelle lattea di un
bambino dai meravigliosi occhi d’oro, colmi di pianto ed orgoglio....
Cain cercò il suo sguardo, girando la testa da sopra una spalla candida
e gli tese una mano aperta.
Riff la prese e gli si avvicinò.
Cain si girò, stringendosi a lui e sollevandosi in punta di piedi per
deporre un casto bacio sulle sue labbra.
-Insegnami cos’è un amore puro, Riff- Non era un ordine, bensì una
supplica, forse la richiesta di indicargli la luce, per salvare la sua
anima.
-Signor conte...?-
Cain gli circondò il collo con le braccia, poteva sentire il profumo
delicato della colonia sulla sua pelle, sotto la camicia, le sue labbra
erano morbide. Ora Riff gli cingeva i fianchi, senza riuscire a togliere
gli occhi dai suoi.
Riff sospirò, abbassando le palpebre fino a privare Cain del suo cielo:
c’era stato un tempo in cui aveva potuto scegliere, ed aveva fatto la
sua scelta: mai, mai avrebbe abbandonato quel bambino coraggioso e
disperato, mai avrebbe lasciato solo l’uomo che sarebbe diventato,
sarebbe rimasto con Cain per sempre, nel bene e nel male, qualunque
scelta avrebbe fatto, anche se avesse perso il suo nome e le sue
ricchezze, anche se fosse impazzito o morto, rabbrividì a quel pensiero,
poi un altro lo fece sorridere: sembrava un voto matrimoniale.
Si lasciò andare ed adagiò piano il suo amore sul letto, cercando ad
occhi chiusi le sue labbra.
Per quell’atto d’amore, se qualcuno li avesse scoperti, lui sarebbe
finito in galera ed il suo padrone sarebbe stato, disonorato, sulle
bocche di tutti, emarginato, disprezzato... eppure, sapeva che, per Cain,
sarebbe stato meglio il disonore presso una società per cui non provava
alcun rispetto, che rinunciare a quel loro momento. Dal canto suo, Riff
sentiva di averlo desiderato da sempre, anche se non aveva mai avuto il
coraggio di ammetterlo.
Le mani di Cain, con qualche difficoltà, lo liberarono della giacca e
della camicia. Non c’era fretta nei loro gesti. Una strana luce liquida
brillava negli occhi del conte Hargreaves: sembrava incredulo e, per una
volta, spaventato, ma anche desideroso di andare avanti.
-Signor conte, siete sicuro...?-
In risposta Cain lo baciò, stringendolo forte a sè.
-E’ tanto tempo, Riff, che lo desideravo... solo che non lo sapevo
neanch’io-
Riff fece scendere una pioggia di piccoli baci sulle sue spalle, sul
torace sottile, sui due piccoli boccioli di rosa che risplendevano su
quel pallore, scese sull’ombelico, piccolo e profondo, e morse
delicatamente la carne morbida intorno, iniziando a slacciare i calzoni
del conte, come aveva fatto infinite volte nel corso degli anni.
E Cain fu nudo ed eccitato sotto la premurosa carezza di Riff.
-Prendimi, Riff !-
Riff trattenne il respiro per qualche secondo. Cain fissava gli occhi
nei suoi, carichi di aspettativa.
Riff si tolse gli ultimi indumenti, titubante.
-Le farò male....-
Cain gli prese una mano, portandosi le dita alla bocca e succhiandole
accuratamente.
Poco dopo, fusi in un solo corpo, credettero di stare vivendo un
miracolo, un miracolo per cui nessun tribunale celeste li avrebbe potuti
condannare, un miracolo chiamato "amore".
Cain stava sognando. Sognava la risata malvagia di suo padre, il fuoco
di un rogo di tanti anni prima, in cui era arso chi s’era macchiato del
suo stesso peccato.... Mary.... Mary non doveva pagare per le sue colpe!
Si svegliò di soprassalto, sudato ed ansimante. Riff era al suo fianco,
sveglio e sollevato su un gomito.
-Hai avuto un incubo, Cain?-
Cain sorrise per quel tono caldo, per quella familiarità con cui lo
aveva chiamato e si rifugiò nel suo abbraccio protettivo.
-C’è un veleno che mi scorre nelle vene, Riff e non potrò mai metterlo
in nessuna boccetta.... è il sangue di mio padre, è la sua ossessione
per la propria sorella, che ha trasmesso a me....-
Cain artigliò la schiena di Riff, nascondendo il viso contro il suo
petto, mentre Riff gli accarezzava dolcemente i capelli.
Il giorno dopo Cain ordinò uno spettacolo pirotecnico. L’idea gli era
venuta nel corso della notte.... avrebbero coperto lo sparo.
Nessun cambiamento c’era stato tra Riff e Cain e nessuno poté immaginare
nulla. Quella sera, Cain, mentre Riff lo aiutava a spogliarsi, trattenne
una sua mano sul cuore e lo baciò dolcemente.
-Non ti tratterrò più nella mia camera, Riff, o non avrei il coraggio di
fare quel che devo-
Riff accettò senza fiatare la volontà del suo padrone, anche se non era
sicuro di poter impedire che le sue mani non incedessero in carezze che,
prima, era riuscito a trattenere, ogni qual volta l’avrebbe aiutato a
spogliarsi ed a vestirsi.
Ormai la metà di maggio era prossima e nella villa c’era sempre più
fermento.
Il giorno della festa, all’ alba, cominciarono gli ultimi preparativi: i
fioristi portarono le loro composizioni con fiori dal profumo delicato e
dai colori gentili perché il fiore più bello fosse Mary, i pasticceri
portarono, verso mezzodì, i loro vassoi colmi di squisiti pasticcini, i
cuochi prepararono pietanze raffinate e prelibate, un nugolo di
cameriere con la cuffietta si affaccendava intorno ai tavoli, i
musicisti giunsero a metà pomeriggio, iniziando ad accordare i propri
strumenti. In giardino si piazzarono gli esperti dei fuochi d’artificio,
poco dopo le sei, iniziarono ad arrivare gli ospiti.
Il salone presto si riempì di dame e gentiluomini. L’orchestra suonava
un piacevole sottofondo, prima di iniziare i valzer e Mary aveva già il
carnet pieno.
Cain e Mary facevano gli onori di casa, si intrattenevano conversando
amabilmente con tutti. Qualcuno si chiedeva da quando quel giovane
spregiudicato fosse diventato un vero nobile.
I pretendenti di Mary facevano a gara nel farle complimenti, ma vennero
avvisati che la scelta del conte era già stata comunicata, mediante
lettera, al prescelto.
Mary, nel suo abito bianco, era splendida come una sposa, Cain non
riusciva a staccarle gli occhi di dosso. Un giovane poco appariscente,
dalla fronte ampia, gli occhi limpidi ed intelligenti e il sorriso
gentile, si avvicinò loro. Mary sorrise, arrossendo appena. Un’ombra
passo sul volto del conte Hargreaves
Come aveva previsto, era l’uomo adatto a Mary.... Cain si rigirò tra le
dita la fialetta di veleno che teneva in tasca.
-Signor Smith, le farà piacere sapere che, alla fine della serata,
annuncerò il suo fidanzamento con mia sorella Maryweather.
Il giovanotto lo ringrazio compitamente per averlo onorato di tanta
fiducia, accordandogli la mano della contessina.
Cain gli sorrise e, dicendo che aveva altri ospiti da salutare, si
allontanò da loro.
La festa procedeva bene, i valzer si susseguivano, le dame, riunite in
crocchi chiacchieravano e capannelli di uomini discutevano. Ad un segno
della mano di Cain, l’orchestra si zittì.
Gli sguardi di tutti si focalizzarono sul padrone di casa che, accanto
ad un tavolo, attendeva di avere su di sè la loro attenzione.
-Signore e Signori - Iniziò. -Innanzi tutto, voglio ringraziarvi per
essere qui stasera, per festeggiare mia sorella, la contessina
Maryweather Hargreaves. -Uno scroscio di applausi lo interruppe e Mary
gli si fece accanto, ringraziando tutti con un grazioso inchino.
-Come sapete, ormai Maryweather ha sedici anni, siamo stati lusingati
dal numero e dal rango di quanti hanno espresso il proprio intaresse per
lei, ma... Mary aveva già scelto, ed io sono stato felice di poter
approvare la sua scelta: una scelta oculata e saggia.... Signor Smith,
la prego, si faccia avanti-
Gli invitati spostarono la loro attenzione sul giovane sconosciuto che
si era avvicinato agli Hargreaves. Cain stava finendo il suo discorso e
congiungeva le mani dei due fidanzati. Un nuovo scroscio di applausi
riempì la sala.
Teso, Riff fissava tutta la scena.
-Un’ultima cosa, amati ospiti: a mezza notte, nel parco, ci sarà uno
spettacolo pirotecnico, siete tutti invitati a parteciparvi-
Mentre l’orchestra riprendeva a suonare e la gente commentava, chi
favorevolmente, chi, criticamente, la scelta del giovane, Cain prese dal
tavolo che aveva accanto due coppe e le offrì alla sorella ad al
giovane, prendendo poi l’ultima per sè.
-Brindiamo alla vostra felicità- Propose.
In quel momento Riff si avvicinò a loro.
-Vogliate scusarmi, signori, ma c’è un messo alla porta: dice di avere
un messaggio urgente per il signor Smith-
-A quest’ora? Chi può essere?-
-Mi dispiace, signore, non l’ha detto-
-Col vostro permesso...- Si scusò il giovanotto, dirigendosi, scortato
da Riff, all’ingresso.
-Datemi la coppa, signore. La terrò io-
-Ah... grazie-
Riff fu rapido a sostituire la coppa con una uguale, usciti dal salone.
Alla porta non c’era nessuno, la sua era stata solo una scusa.
-Sono mortificato, signore. Deve essersi trattato di uno scherzo-
-Non importa, non è colpa sua-
Riff gli porse la coppa e Theodor Smith ritornò nel salone, alzando la
coppa, invitando gli altri due a riprendere il brindisi.
Cain scoccò uno sguardo tagliente a Riff, ma il maggiordomo finse di non
accorgersene e si diresse alle vetrate, per aprirle completamente,
facilitando l’uscita degli ospiti che avrebbero assistito ai fuochi
d’artificio.
Cain seguì il movimento con cui Theodor si portava la coppa alle labbra
e sorrise: no, Riff non poteva sapere: quello era il suo veleno.
Gli invitati cominciarono ad uscire nel parco, mancavano pochi minuti,
ormai, a mezza notte. Senza essere visto, il conte lasciò la sala. Tutta
la servitù era impegnata tra le cucine, la sala ed il parco ed i
corridoi erano deserti. Nessuno badava a lui, diretto al suo studio, che
era stato di suo padre, al piano superiore.
Nello studio la musica giungeva ovattata, respinta dalla tappezzeria sui
muri, dai tappeti, dalle pesanti librerie. Cain sedette alla scrivania,
guardandosi per l’ultima volta in torno. Aprì un cassetto chiuso a
chiave, sul lato destro della scrivania. Estrasse una pistola lucida e
nera, con la canna intarsiata e dei proiettili. Chiuse il cassetto e
caricò con calma l’arma. I primi botti cominciarono a rischiarare di
fuochi colorati il cielo, alzandosi con le voci ammirate dei suoi
ospiti. Fissò la porta chiedendosi dove fosse Riff. Sorrise: Riff lo
amava. Era confortante. Avessero ceduto prima a quel sentimento, forse
le cose sarebbero andate diversamente.
Sollevò il braccio e puntò la pistola alla tempia. Fu solo un istante.
La folla confuse lo sparo con i botti.
Riff, no.
Riff non era in giardino con tutti gli altri, era dietro la porta dello
studio del conte e reggeva in mano una coppa con dello champagne
avvelenato.
Entrò, compito come sempre: se avesse pianto non sarebbe stato degno del
suo ruolo. Appoggiò la coppa sulla scrivania, cercando di non far
tremare la mano.
-Riordino subito, signor conte..... ma prima mi permetta di fare una
cosa...-
Estrasse dalla tasca una boccetta e raccolse qualche goccia del sangue
che usciva dalla ferita del suo padrone.
-Ora è imprigionato, questo veleno non ucciderà più nessuno- Non era
certo di averlo detto, forse l’aveva solo pensato. Ripulì il viso del
conte e gli schizzi che erano finiti per terra. Tolse la pistola dalla
mano prima che diventasse rigida e la posò su un panno bianco, sullo
scrittoio. Ricompose il suo amore sulla sedia, in modo che la testa
rimanesse dritta e baciò le sue labbra senza chiedere il permesso.
Riprese la coppa tra le mani e gli sorrise, sedendogli accanto.
-Non tema, milord, tra poco sarò di nuovo con lei-
Fine
Vai all'Archivio Fan Fictions |
Vai all'Archivio Original
Fictions |
|