Note: è una storia normale (insomma...), con un
piccolissimo mistero legato al libro che dà il titolo alla fic ^^
Il
talismano dei due mondi parte
I
di Bunnycat
Il primo talismano.
Un paio di occhi azzurri, un Pierrot blu ed uno strano libro.
La giornata estiva era molto afosa e lavorare con la divisa bianca da
cameriere, pantaloni lunghi, maglietta e grembiule non aiutava certo a
sopportare il caldo.
Kriss si passò una mano sulla fronte imperlata di sudore e gettando uno
sguardo angoscioso all'orologio si chiese quanto ancora sarebbe riuscito a
resistere. A staccare gli mancavano ben due ore, un vero incubo. Servire
quelle fresche, allettanti granite, oppure i gelati alla frutta che gli
gocciolavano sulle mani se non si affrettava a servire le coppe ai
clienti, oppure gli spumosi, dissetanti frullati dai colori impossibili e
dalle miscele ancora più improbabili.tutto accresceva la sua sete e gli
faceva desiderare di non trovarsi lì a lavorare, in balia di mille
tentazioni, tra l'arsura in gola ed i brontolii dello stomaco.
"Kriss!" il titolare lo chiamò a voce alta.
- Hai! Che avrò combinato?- si domandò il ragazzo, preparandosi a
ricevere un qualche tipo di rimprovero dal suo datore di lavoro.
"Se vuoi farti una pausa, non c'è molta gente e oggi fa proprio un
gran caldo"
"Gra.grazie, signore!" non ci poteva credere! Che giorno
fortunato! Proprio quando non ce la faceva più, un aiuto piovuto dal
cielo gli permetteva di tirare finalmente un po' il fiato.
"Di là c'è mio figlio che si sta prendendo un thè freddo, su vai
anche tu!" e lo spinse verso la porta nel retro. Kriss esitò un
attimo, ma poi non volendo contrariare l'uomo andò dove diceva.
Come entrò nel magazzino due bellissimi, profondi occhi azzurri si
posarono per un secondo su di lui, lo sfiorarono appena e poi andarono a
fissare il disordine della stanza, come a chiedere scusa per il
deprecabile stato in cui ancora versava.
"Non finiremo mai di mettere a posto" scosse la testa sconsolato
e una ciocca di capelli neri gli finì a coprire l'occhio destro,
oscurandone il chiaro scintillio dell'iride.
"Prima o.poi, forse." di più non riusciva a spiccicare.
Kriss si guardò le punte dei piedi, incerto. Non sapeva che dire. Quel
ragazzo, quando parlava, lo metteva in uno stato di confusione mentale
così imbarazzante che avrebbe preferito trovarsi in un qualsiasi altro
posto pur di non stare lì a incespicare con le frasi, come uno stupido
dal cervello paralizzato.
"Certo che è difficile fare conversazione con te, Kriss! Perché non
ti siedi qui con me, guarda che non ti mangio mica, sai? Ho una proposta
da farti, dai vieni" e gli sorrise indicandogli il panchetto di
fronte a lui.
- E questo che vuole, ora?- già aveva difficoltà a scambiarci sì e no
due monosillabi, pensare di farci addirittura una conversazione era
addirittura allucinante. Però non aveva scelta. Si mosse, suo malgrado,
più rigido di una mummia imbalsamata. Già era mostruosamente timido di
natura, se poi il suo interlocutore era un tale bel pezzo di ragazzo, con
un corpo da manuale, un viso perfetto e un sorriso da domatore di
fiere.non aveva alcuna speranza di uscire dignitosamente da un simile
confronto.
Si mise seduto e si concentrò subito sulle proprie mani strette a pugno,
tanto per guardare qualcosa che non fosse il bellissimo volto che aveva di
fronte.
"Dì un po', Kriss. Quanti anni hai?" gli domandò l'altro con
la sua bella voce, un pochino roca.
"Diciannove"
"E sei ancora così timido? Non ti senti a tuo agio con le persone?
Neanche con me?"
- Specialmente con te! - avrebbe voluto rispondere, ma per fortuna si
trattenne.
"No.Sì.insomma, è un po' il mio carattere. Le dà forse
fastidio?"
"No, certo che no" assicurò con tono deciso "Solo che a
volte non sono sicuro che tu ti trovi bene con noi, voglio dire a
lavorare. E questo mi dispiacerebbe, a me e a mio padre serve davvero il
tuo aiuto qui"
"Guardi.non si preoccupi di questo" riuscì a sollevare gli
occhi, anche se però puntò subito lo sguardo verso un angolo in alto
della stanza "Il lavoro mi piace e lo stipendio mi fa comodo. Forse
vi ho dato di me una cattiva impressione."
"Assolutamente no! Sei molto serio e onesto, nessuno lo mette in
dubbio. Se dici che è una questione di carattere, allora non c'è alcun
problema, non voglio certo forzarti ad essere più aperto e spontaneo con
noi se non ti senti di farlo. Anche se forse ci dovresti pensare su, ti
aiuterebbe non solo nel lavoro, ma soprattutto nei rapporti con gli altri.
Ma è chiaramente un consiglio che vorrei darti da amico e non c'entra
nulla con i tuoi doveri professionali"
"Ho capito, sì. Grazie" un'altra frase stentata e
insignificante.
Il suo interlocutore lo osservò qualche secondo in silenzio, poi quasi
rendendosi conto che sarebbe stato meglio sorvolare quell'argomento passò
ad altro.
"Veniamo alla mia proposta. Che ne diresti di qualche ora di lavoro
straordinario? Ti pagheremo bene, tranquillo. Ci serve un aiuto per
mettere a posto più in fretta tutto questo casino che c'è qui, purtroppo
non abbiamo molto tempo, sai, i controlli dell'ufficio di igiene sono
previsti per il mese prossimo quindi abbiamo bisogno si sistemare il
magazzino nel più breve tempo possibile. Tanto per evitare che ci
facciano chiudere dopo che abbiamo aperto neanche da una settimana. Il
lavoro sarà abbastanza pesante, però in tre ci daremo una mano, evitando
di spezzarci le ossa" ridacchiò allegramente "Ti va? Puoi
pensarci qualche giorno, se preferisci."
"No, no. Per me va bene. Quando volete sono disponibile"
"Perfetto. Allora è tutto a posto" e soddisfatto gli appoggiò
una mano sulla spalla.
"Un'ultima cosa. Domani sera che siamo chiusi pensavo di dare una
festa qui, solo tra amici. Perché non ci porti la tua ragazza."
Kriss lo guardò imbarazzatissimo. - La mia ragazza?-
"No, guardi, domani credo che avrò da fare."
"Non accetto rifiuti. Ci sarà musica da ballare, il buffet lo
preparo io e le bibite le offre mio padre. Devi venire assolutamente"
- E ora come cazzo faccio? -
Un attimo di riflessione e scelse la strada della verità, una verità
parziale certo, ma sempre buona per tirarlo fuori dai pasticci.
"In questo periodo non ho la ragazza, ecco.venire da solo non mi va
molto"
"Scusa. Non avevo proprio pensato che potessi essere single e
francamente mi sembra davvero incredibile" sorrise quasi divertito
"Un ragazzo bello e tranquillo come te non dovrebbe aver problemi a
trovarsi una compagnia. Lo vedo il modo in cui le clienti ti mangiano con
gli occhi, qualcuna se potesse allungherebbe pure le mani."
Kriss si mosse a disagio sulla panca, non ne poteva più di quella
conversazione, che minacciava proprio di andare a cadere su argomenti per
lui sempre più pericolosi.
"Dai, sto scherzando" si affrettò a rassicurarlo, vedendolo
così tanto insofferente.
"Comunque devi venire lo stesso. Da solo o con un amico se
preferisci, magari andate in caccia insieme"
- Ma perché non la smette di insistere? Con un amico.ci manca solo questo
-
"Non so, ci penserò.ma." fece un sobbalzo quando una mano forte
e sicura lo prese per il mento e lo costrinse a fissarlo negli occhi.
"Verrai, punto e basta"
Troppo bello, troppo vicino. Kriss sentì ancora più caldo di prima. Ebbe
paura di avvampare di fronte a lui, quindi si affrettò a rispondere
"Va bene. Adesso però devo riprendere il lavoro" e in tre
secondi fuggì da quella stanza, lasciandosi dietro lo sguardo di un paio
di occhi azzurri pieni di stupore.
"Ahahahah! E così sei praticamente scappato a gambe levate! Che
figura, Kriss!"
"Stai zitto! E secondo te che avrei dovuto fare? Sentiamo"
"Prima di tutto avresti dovuto evitare di arrossire davanti a lui. In
secondo luogo.mai dimenticare le buone maniere con i propri datori di
lavoro"
"Lo so, lo so. Ma ancora un istante e non so che cos'altro avrei
combinato"
"Dì un po', ti piace così tanto quel tipo?" il ragazzo seduto
sullo sgabello del pub di fianco a lui lo osservò con aria
improvvisamente seria.
Buttò giù un sorso di birra e non avendo ricevuto risposta insisté
"Su, forza, rispondi"
"Non è che mi piaccia proprio.cioè è un gran bel.interessante
insomma."
"Ma ti riesce di parlare in maniera decente e comprensibile? O
solamente a scuola sei capace di articolare un discorso di senso
compiuto?"
"Ohhhh! E non rompere, Steven! Lo vuoi davvero sapere? D'accordo. Ha
due occhi meravigliosi, azzurri quasi blu, un colore che non avevo mai
visto, non posso fissarli più di un secondo o rischio di annegarci
dentro. e anche il fisico è una favola" con le mani mimò una
figura dalle spalle ampie e dalla vita snella "Alto, un corpo tonico,
asciutto, da nuotatore"
"Mi chiedo come tu faccia a lavorare con una simile tentazione a
portata di mano" ridacchiò l'altro, buttando giù una nuova sorsata
dal suo boccale.
"Ci riesco benissimo" rispose risentito Kriss "Lo ignoro,
chiaro"
"Sì, lo vedo come lo hai "ignorato"" ribatté
convinto Steven.
"Una guardatina durante la pausa gliela potrò dare, no?" e gli
fece una linguaccia impertinente.
"E lui? Che ne pensa di te?"
"Che ne pensa di me? Probabilmente quello che pensano tutti, che ho
un carattere chiuso e scontroso, che sono un timidone che arrossisce anche
davanti ai ragazzi.certo, sapesse la verità.comunque nel caso ti stessi
domandando se è gay, la risposta è chiaramente no. Il suo interesse per
me è di tipo strettamente "professionale", figurati che mi ha
chiesto di lavorare qualche ora in più, come straordinario."
"Mh.però hai detto che con te è sempre molto gentile, in fondo fai
il cameriere lì da pochissimo e sei pure al tuo primo impiego.sicuro che
non ci sia dell'altro?"
"Ma non farmi ridere, Steven! Uno così è etero al 100%, scommetto
che è fidanzato ufficialmente con tanto di anello e partecipazioni già
pronte" e sollevando il suo bicchiere rimescolò il liquido ambrato
che c'era dentro, con un movimento brusco.
"Se per questo tu sei il terrore degli etero, Kriss. Anche a scuola
ho beccato più di un ragazzo a fissarti imbambolato mentre giochi a
pallavolo o quando fai le gare di atletica" e ridacchiò di nuovo.
"Quella semmai è ammirazione, scemo! C'è una bella differenza. Il
fatto che abbia un fisico niente male non mi è di nessun aiuto nella
conquista di certi soggetti, mi pare talmente ovvio!"
"Dai per scontate troppe cose tu. Non consideri per esempio che
esiste una vasta fetta di popolazione che ha tendenze bisessuali."
"Come no! E la nostra scuola sarebbe piena di tali soggetti? Stasera
fai discorsi più assurdi del solito. Anche io a starti a
sentire.piuttosto non avresti dovuto prendere quella birra, è un po'
forte e tra un'ora entri a lavorare."
"Non fare la chioccia, Kriss. Una birra la reggo benissimo e mi dà
un po' di carica.otto ore in cantiere sono dure, per non parlare del
sonno." e si sbrigò a finire il goccio che gli era rimasto nel
boccale.
"Su questo sai perfettamente come la penso" rispose amaro Kriss
"Ma non mi sembra che finora tu mi abbia voluto dare ascolto"
"Per il momento non posso fare diversamente" guardò il viso
rabbuiato di Kriss e allungò una mano a scompigliargli le bionde ciocche.
"Quand'è che te la tagli questa?" e gli strinse fra le dita una
sottilissima lunga treccina che gli spuntava da dietro la nuca e gli
ricadeva per qualche centimetro sulle spalle.
"Quando mi trovo un ragazzo, va bene?" sbuffò Kriss "E'
inutile che mi prendi in giro, a me piace"
"Anche a me piace, non ci credi?" e si divertì a tirargliela,
ridendo come un bambino.
"E piantala, Steven!!!"
"Ehi, voi! Ma tutte le sere dovete venire qui a farvi i
dispetti?" scherzò il barista, facendo l'occhiolino ai due ragazzi
"E' quasi l'ora che tu attacchi a lavorare, Steven. Dai, fuori di
qui"
"Ok, boss" acconsentì Steven con aria fintamente offesa
"Ci leviamo di torno"
Si incamminarono per la strada che portava al cantiere dove Steven
lavorava come operaio. Era buio e pochi lampioni, alcuni dei quali pure
mezzi scassati, illuminavano il loro percorso.
Via via che si avvicinavano alla meta sia le parole che le risate cedevano
il passo ad un triste silenzio, finché negli ultimi duecento metri
nessuno dei due riuscì più ad aprire bocca.
"Ti sei cercato un altro lavoro, Steven?" alla fine dovette
chiederlo, non ce la faceva a starsene zitto, non gliene fregava nulla di
apparire troppo insistente o apprensivo, sapeva la verità e sentiva
l'obbligo morale di convincere l'amico a cambiare vita.
"No. Lo sai, è un posto fisso questo, la paga non è male.e di soldi
in casa non ne abbiamo molti"
"La paga non è male??? Anche se fosse non vale tanto da assicurarti
contro il pericolo che corri su quelle impalcature, mi vengono i brividi
solo a pensarci!"
"E credi che io non ci pensi? Ci penso tutte le notti, a come è
morto mio padre, alla sua fine.e penso anche alla scuola, ai compagni a
tutto il resto.ma penso anche a mia madre e a mia sorella! Che dovrei
fare? Il mio lavoro non è un passatempo, non è come per te, che fai il
cameriere part-time d'estate e ti guadagni i soldi per andare a divertirti
il fine settimana!"
"D'accordo, hai ragione. Ma questo non ti impedisce di cercarti un
altro posto, un impiego più sicuro."
"Kriss, senti ora devo andare o farò tardi" tagliò corto,
anche se in realtà mancavano almeno dieci minuti all'inizio del turno.
Kriss strinse i pugni dalla rabbia - Testardo, stupido, imbecille! - si
fermò all'improvviso e decise di non accompagnarlo fino all'ingresso
"Vai da solo. Io torno a casa" e si girò per imboccare una
traversa buia che non portava di certo verso casa sua.
"Ma dove vai, Kriss? Quella è una strada senza sfondo" e lo
rincorse "Già il tuo senso dell'orientamento fa schifo, di notte
chissà dove finiresti" tornò a ridacchiare, ma vedendo la testa
china dell'amico, deciso a non guardarlo più in faccia, capì che
lo aveva offeso.
"Non litighiamo, per favore. Altrimenti dopo il mio turno, invece di
andarmene a dormire mi tocca venire a casa tua per far pace" ma Kriss
si ostinava a non rispondere "Che devo fare con te? Ehi! Testa dura?
Mi ascolti?"
"Vaffanculo, Steven" e lo colpì piano con un pugno al petto
"Se solo ti fai male in quel maledetto cantiere, io."
"Lo so. Starò attento. Vieni qua" lo abbracciò con decisione e
lo tenne stretto aspettando che fosse un po' più calmo. Si addossò al
muro con la schiena e si premette la testa di Kriss contro il proprio
petto. Lo baciò sulla fronte scostandogli i capelli dal volto e gli
sorrise al buio "Se ci vede qualcuno ci scambia per due amanti"
"Oppure chiama la buon costume" aggiunse Kriss recuperando un
po' di voce.
"E' vero! Su diamo scandalo. Vieni qui, amore!" e soffocando a
stento le risate abbracciò appassionatamente Kriss, gli mise una mano sul
sedere e gli infilò un ginocchio tra le gambe.
"Piantala, stupido!!!" si ribellò Kriss, che intanto però
rideva anche lui.
"Meglio ancora.uno stupro! Su fatti violentare, Kriss."
"Ma la vuoi finire???" sgattaiolò dalle sue braccia e ritornò
sulla strada principale, subito inseguito da Steven piuttosto incline a
continuare la loro farsa.
Si rincorsero a vicenda fino ai cancelli del cantiere e mentre Kriss si
fermava per riprender fiato Steven ne approfittò per entrare dentro
lasciando l'amico all'esterno "Ci vediamo domani sera. Adesso vai,
Kriss" e si incamminò, senza voltarsi.
Kriss lo seguì con lo sguardo, finché non lo vide sparire ingoiato
dall'edificio in costruzione.
"Accidenti" tirò un calcio ad un sasso. Poi si decise ad
andarsene.
"Una, due, tre, quattro, cinque.sedici, diciassette.cinquanta,
cinquantuno.settantatre, settantaquattro.Non ne posso più!!! Maledette
pecorelle!" Kriss si rigirò cinque o sei volte nel letto, cercando
quell'impossibile, inesistente comoda posizione che gli avrebbe consentito
finalmente di sprofondare nel suo meritato riposo. "Ma che mi
succede?" borbottò fra sé. Si sentiva strano, inquieto. Ad occhi
chiusi inseguì il ricordo di due conturbanti iridi blu e di un fisico
perfetto, con le gambe lunghe e ben tornite, le braccia forti, il torace
ampio e perfettamente delineato. Sospirò e da sola una mano scivolò fino
all'elastico dei pantaloncini, si insinuò sotto la stoffa leggera e andò
a carezzarlo nelle parti intime. Gemette in silenzio, mordicchiandosi le
labbra. Immaginò che altre mani, non le sue, lo toccassero lì dove si
stava toccando adesso lui, mani grandi, vigorose e delicate allo stesso
tempo. Un'improvvisa arsura bruciò il suo palato e con la lingua si
rinfrescò le labbra secche.che voglia aveva di baciare, di assaporare con
la propria bocca l'aroma di una pelle sconosciuta, di placare la smania di
cui tutto il suo corpo era preda stringendosi alle forme sode e
accoglienti di un altro ragazzo, di "quel" ragazzo dagli occhi
blu e dalla voce roca, così sensuale. Il membro gli era già diventato
durissimo, pronto ormai ad esplodere, ancora qualche istante, un'ultima
sapiente stimolazione.sollevò un poco la testa quasi per andare incontro
al bellissimo viso che faceva capolino dal mondo delle sue fantasie, fu
sul punto di annegare nelle pozze celesti di quegli occhi, quando.il
colore delle iridi iniziò a mutare, a scurirsi, fino ad assumere una
tonalità più banale, vicino al marrone.marrone con pagliuzze dorate. Si
morse la lingua e un fiotto di seme gli schizzò fra le gambe, violento e
incontrollabile "Merda!" gli scappò detto. Si tirò su a
sedere, nonostante il fiato corto e le pulsazioni parecchio accelerate. -
Merda! Merda! Merda! - ripeté stavolta solo nella sua testa - Ci mancava
solo che mi venisse in mente Steven mentre mi.colpa sua che mi fa stare in
ansia e.colpa pure dei suoi stupidissimi scherzi! -
Si ributtò giù, sprofondando con la testa nel cuscino, scalciando
furiosamente contro il materasso.
- Tutta colpa sua! Come al solito.- si girò su un fianco e si tappò le
orecchie con le mani - E no! Non voglio ricordare, accidenti a te, Steven!
Stupido idiota.- Ma l'immagine di due ragazzini sui tredici anni si
riaffacciò da alcune pieghe nascoste della sua memoria, fece capolino e
incurante delle sue proteste lo riportò agli anni dell'adolescenza, ad un
passato non troppo lontano, anche se definitivamente
trascorso.
Kriss e Steven si erano incontrati per la prima volta nel giardino della
scuola media che entrambi frequentavano. Un gruppetto di ragazzi aveva
deciso di impiegare il tempo della ricreazione in una partitella a
pallavolo. Improvvisate le squadre avevano iniziato a giocare e Kriss che
faceva l'alzatore in una delle due era rimasto subito piuttosto colpito da
uno dei componenti del suo gruppo. Era il più alto di tutti, non aveva
una grande tecnica, però in battuta non era niente male e soprattutto
sotto rete riusciva a mettere a frutto il vantaggio dei suoi centimetri in
più.
Aveva una schiacciata discreta, piuttosto potente, anche se scarsina come
mira. Giocava di istinto, pochissimo invece di testa, per questo
commetteva molti errori e invasioni, regalando agli avversari quasi tanti
punti quanti ne metteva a segno. Un po' idiota, lo definì tra sé Kriss.
Però aveva anche un sorriso contagioso, da simpatica canaglia che usava
come arma di difesa contro i rimproveri dei compagni esasperati. Kriss al
contrario in campo era davvero perfetto, pochissimi errori, ottima difesa,
preciso nei passaggi e nelle alzate, astuto nell'individuare i punti
deboli degli avversari e nel colpirli nelle zone lasciate scoperte. Però
aveva sempre il muso lungo, prendeva il gioco troppo seriamente e non
riusciva a legare con i compagni per un tempo superiore a quello di tre
set.
Quel giorno con Steven in campo perse la partita come non gli capitava da
diversi mesi e lì per lì se ne rimase in disparte tra il sorpreso (o
meglio incredulo) e lo stizzito. Una pacca sulla spalla lo fece sobbalzare
e fu sul punto di incenerire Steven quando questi gli andò a chiedere
scusa "Mi dispiace un sacco.cavolo tu giochi benissimo, sei stato
proprio sfortunato a capitare in squadra con un tipo come me" e
sorridendo gli passò un braccio sulla spalla. Kriss si ritrasse quasi
inorridito da tanta confidenza "Già! Se tu imparassi a tirare con
una mira più decente." accorgendosi però del proprio tono risentito
si morse la lingua, non voleva fare la figura di quello che non sa
perdere, o peggio ancora di quello non può fare a meno di risultare
antipatico al mondo intero. Ma Steven invece di offendersi scoppiò in una
fragorosa risata "Hai ragione! Ma hai visto all'ultima schiacciata
che ho combinato? Sono riuscito a colpire nell'unico punto dove c'era già
il ricevitore pronto, pensare che a lato erano completamente scoperti!
Mah.neanche quando gioco sono in grado di far funzionare il mio cervello a
dovere" e ridacchiando se ne andò a salutare gli altri compagni di
disfatta. Lo osservò allontanarsi con occhio assai critico (e scettico),
ma non poté non notare che aveva davvero un discreto fisico per la sua
età, sembrava un po' più grande di tutti loro. I suoi capelli castano
chiaro, corti, incorniciavano un visetto vispo dai tratti già ben
delineati. Aveva un paio di occhi marroni abbastanza singolari, dentro di
essi si potevano scorgere pagliuzze dorate che accendevano il suo sguardo
di una luce molto particolare.
Giocarono ancora insieme. Litigarono ad ogni sconfitta (o meglio solo
Kriss litigava, mentre Steven ridacchiava ormai divertito da tanto
suscettibile orgoglio), festeggiarono le sempre più frequenti vittorie
(che Kriss ogni volta definiva eventi puramente casuali di un fato che
assurdamente premiava gli stolti) e l'anno successivo finirono pure in
classe insieme a stuzzicarsi e rincorrersi come cane e gatto.
In definitiva divennero amici. Finché l'ultima settimana prima
dell'estate dei loro tredici anni.
Steven una mattina si presentò a scuola vestito di nero e con i capelli
tinti di rosso. Gli altri ragazzi al vederlo non riuscirono neanche a
ridere, tanto erano sorpresi da una simile trasformazione. Kriss
strabuzzò gli occhi e si toccò significamene la testa con un dito
"Ti ha dato di volta il cervello per caso?" gli chiese non
appena il ragazzino gli passò accanto. Ma Steven fece spallucce e ignorò
del tutto le sue espressioni di disapprovazione. "Che gli prende a
Steven?" domandò un compagno di classe a Kriss rifilandogli una
gomitata nel fianco "Non ne ho la minima idea" fu la sua
risposta assolutamente sincera. Per tutta la durata delle lezioni lo
esaminò con estrema attenzione e si convinse che c'era proprio qualcosa
che non andava in lui. Era silenzioso in un modo da non credersi possibile
per un tipo così, si era persino ricordato di prendere i libri giusti per
le materie della mattina, quando normalmente sbagliava i testi da mettere
nello zaino e si portava la metà del materiale che gli sarebbe servito
per studiare.
Persino nella consueta partitella fu insolitamente bravo e attento, tranne
verso la fine dell'ultimo set, quando per una disattenzione mentre faceva
il muro sotto rete finì addosso a Kriss travolgendolo con tutto il suo
peso e trascinandolo in una brutta caduta a terra. Subito Kriss cacciò un
poderoso urlo di dolore, con le mani si afferrò la caviglia destra e
l'amico impallidì, peggio di uno straccio appena candeggiato, per la
paura di avergli fatto male. I compagni di squadra, velocissimi, accorsero
in aiuto di Kriss e lo aiutarono a raggiungere lo spogliatoio sotto lo
sguardo quasi apatico di Steven. Distesero Kriss su una panca e gli
andarono a prendere del ghiaccio in spray per cercare di evitare che la
caviglia si gonfiasse, poi lo medicarono in maniera esagerata fasciandolo
dal collo del piede fino al polpaccio.
"Steven! Che fai lì impalato!" borbottò Kriss vedendo l'amico
che si teneva a distanza di sicurezza, accanto alla porta dello
spogliatoio.
"Mi dispiace.è colpa mia.e fra una settimana c'è il torneo estivo,
merda.Kriss, io."
"Vieni qua, Steven" ordinò risoluto. Il ragazzo si staccò
dalla porta, lo raggiunse e si fermò davanti a lui con un'aria davvero
triste e abbattuta.
"Non è slogata, dai! E' solo un po' gonfia, nel giro di un paio di
giorni tornerà a posto.certo che sei caduto proprio come un salame, che
razza di idiota! Vabbeh che con la testa che ti ritrovi." provò a
scherzare, ma vide che Steven non accennava a reagire, anzi aveva ancora
la faccia seria e dispiaciuta.
"Steven? Va tutto bene? Non vorrai fare una tragedia per una
sciocchezza simile.". L'amico non rispose, ma con sua grandissima
sorpresa gli si inginocchiò di fronte e lo strinse a sé passandogli le
braccia intorno alla vita. Poi sollevò la testa e baciò Kriss sulla
bocca.
Lo shock fu totale da lasciarlo completamente spiazzato. Le labbra di
Steven premevano contro le sue, in un modo un po' infantile e inesperto,
eppure . la loro dolcezza era invitante e tentatrice. Razionalmente pensò
che avrebbe dovuto respingerlo, il suo corpo invece gli intimava di
assecondarlo. Vinse il secondo e ricambiò quel goffo bacio schiudendo la
bocca e cercando di trasformare il superficiale contatto delle loro labbra
in un'unione più profonda. Erano un po' imbranati tutti e due,
sbagliarono i tempi per la respirazione, si scontrarono con i nasi mentre
cercavano la posizione e l'inclinazione giusta per baciarsi e alla fine
buttarono giù per gola ciascuno un bel po' di saliva dell'altro. Ma non
fu sgradevole e Kriss pensò che Steven aveva proprio un buon sapore. Gli
passò una mano tra i capelli - Rossi! - e lo baciò tra il mento ed il
collo, mentre l'altro lo accarezzava stando attento alla gamba che doveva
tenere a riposo, distesa.
Non erano propriamente eccitati, quanto piuttosto curiosi, del contatto
fra i loro corpi, delle sensazioni nuove che le carezze ed i baci
suscitavano nell'uno e nell'altro, come un gioco fra loro di cui stessero
ancora studiando le regole senza però averne capito il senso e lo scopo.
Quando suonò la campanella si staccarono bruscamente e solo allora si
fecero rossi in viso e balbettarono imbarazzati qualche parola di scusa,
per che cosa o rivolta a chi, questo non lo sapevano neanche loro.
Continuarono così per altri sei incredibili, folli giorni. Ogni volta che
si incontravano si accarezzavano a vicenda con lo sguardo e approfittavano
di ogni momento libero per appartarsi in qualche posticino
tranquillo.
Dove se ne stavano a. a pomiciare come due fidanzatini, pensava allibito
Kriss, che non riusciva proprio a capacitarsi delle ragioni del loro
comportamento, della smania che avevano di stare insieme, distesi
sull'erba, l'uno accanto all'altro, l'uno sopra l'altro, con le mani che a
volte si infilavano sotto la maglietta, oppure indugiavano un po' troppo
vicino alla cerniera dei pantaloni. E baci, baci, a non finire, e non più
da principianti, ma da veri esperti che sapevano resistere minuti e minuti
con le bocche sigillate fra loro e adesso pure con le lingue a giocare, a
inseguirsi e intrecciarsi in una danza gioiosa e innocentemente sensuale.
Sei giorni senza riflettere, senza porre a se stessi scomode e inutili
domande, per le quali al momento non ci sarebbe stata risposta.
Ultimo giorno di scuola e poi.le vacanze. Per una volta Kriss era felice
dell'arrivo dell'estate, avrebbe giocato il campionato di pallavolo nella
squadra giovanile del suo quartiere e avrebbe avuto un sacco di tempo da
trascorrere con Steven, a far cosa era meglio non pensarci, che già gli
veniva da arrossire. Sprizzava gioia da tutti i pori e faceva fatica a non
lasciar trapelare il suo entusiasmo per non smentire la sua aria da
ragazzo serio e controllato.
Quando all'uscita da scuola Steven gli fece cenno di seguirlo non esitò
un istante, era talmente sulle nuvole che non si accorse dell'espressione
dell'amico.
Così la mazzata gli arrivò improvvisa, con un colpo davvero micidiale.
"Mio padre ha perso il lavoro. Quest'estate ci trasferiamo in
un'altra città dove forse lo assume una ditta" mentre parlava Steven
teneva gli occhi fissi sulle proprie punte dei piedi.
"Co..come?" balbettò Kriss "Che significa?"
"Che parto. E non so quando e se.tornerò"
Gli occhi di Kriss divennero enormi e presero a bruciargli come se dentro
ci fosse finito dell'acido "E.e la nostra.amicizia?" Era così
che ancora definivano il loro rapporto, un'intima, stretta amicizia.
"Non possiamo continuare, Kriss.è meglio fermarci, abbiamo le idee
confuse.noi siamo due ragazzi.quello che facciamo, non sono sicuro che
abbia a che vedere con l'amicizia"
"Che dici, Steven?" Kriss quasi gridò "Mi sembrava che ti
piacesse, anzi sei stato tu a cominciare e ora vuoi piantarla in questo
modo? E se a me non stesse bene?"
"Prendiamoci un po' di tempo, Kriss. Dobbiamo riflettere. Io ho letto
qualcosa.il sesso tra ragazzi non lo fanno gli amici, lo fanno gli
omosessuali"
"Coooosa? Sesso? Omosessuali? Ma di che cazzo parli, Steven? Ti stai
sbagliando, noi siamo normali, non c'è niente di male se."
"Adesso devo andare, Kriss. Forse quando ci ripenserai con più
calma, allora anche tu ti renderai conto del problema." e si
allontanò di qualche passo da lui.
"Steven!" lo afferrò per un braccio e con uno sguardo
implorante cercò di trattenerlo
"No, per favore, Steven!" ma l'altro si liberò con facilità
della sua presa
"Ciao, Kriss"
"Ciao, Steven" non si accorse neanche che piangeva. Ed era la
sua prima volta.
Passò l'estate, la più triste e infelice che potesse ricordare.
Poi iniziò un nuovo anno, l'ultimo delle scuole medie. Lo trascorse da
solo perché Steven era rimasto a vivere nella nuova città dove il padre
aveva trovato lavoro.
A quattordici anni Kriss si iscrisse al liceo. Era cresciuto, era un bel
ragazzo alto, magro, con i capelli biondo cenere portati corti dietro e
po' lunghetti sul davanti, a coprire parzialmente gli occhi celeste
chiaro, quasi sempre socchiusi in un'espressione di ironico, freddo
scetticismo.
Un tipo solitario, chiuso, dal carattere quasi impossibile.
All'ingresso nella nuova aula, il primo giorno del primo anno, Kriss si
rese conto che tutti tranne lui avevano già un compagno di banco e che
quindi si sarebbe ritrovato di certo da solo.
Si strinse nelle spalle - Pazienza - e appoggiò lo zaino nel posto vuoto
più vicino. Si mise seduto, in attesa dell'inizio delle lezioni. Un
rumore accanto a sé lo distrasse. Un quaderno ed un libro furono sbattuti
con noncuranza nell'altra metà del banco e un ragazzo dai capelli castani
e dagli occhi marroni con minute pagliuzze dorate dentro occupò il posto
al suo lato, distendendo pigramente le lunghe gambe. "Ciao, Kriss.
Sempre di cattivo umore?"
Il ragazzo sollevò un sopracciglio e si trattenne a stento dall'imprecare
"E tu dove eri sparito, Steven? Cazzo! È un anno e passa che non ti
fai sentire!"
L'altro ridacchiò. "Che ne pensi se mi iscrivo anch'io alla squadra
di pallavolo del liceo? Insieme faremo faville" Aveva eluso la
domanda e sembrava deciso a riprendere dal punto in cui avevano
interrotto, o meglio non proprio da quel punto.
"Come no!" e Kriss lo fulminò con uno dei suoi sguardi più
scettici e sconsolati.
"Tanto per curiosità, ma la tua mira è migliorata?"
"No.temo proprio di no!"
"Oh poveri noi!!!"
Steven era ritornato. Ma le cose erano cambiate dal giorno del loro ultimo
colloquio. Kriss alla fine era stato costretto a ripensare a certe
questioni e piano piano, molto gradualmente era arrivato a darsi quella
risposta che a tredici anni gli era mancata.
Era gay, adesso lo sapeva.
E Steven? Lui, a quale conclusione era giunto?
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