Quanto tempo era passato da quando era stato chiuso li dentro?
Ore?
Giorni?
Mesi?
Anni?
Secoli?
Quante torture e umiliazioni aveva subito il suo corpo?
E soprattutto quante ne avrebbe subito ancora?
Ma non era un problema per lui.
Lui era Grifis.
Prima aveva tutto, poi lo aveva perso.
Ma perché?
La sua mente tornava indietro e cercava di capire, ma sembrava rifiutarsi di assemblare ricordi sconnessi.
Solo uno cosa era chiara.
Chiara e splendente.
Lui.
Il suo ricordo era la spinta che gli permetteva di sopravvivere giorno per giorno.
Di tutte le persone che aveva conquistato e affascinato, lui era rimasto un incognita.
Lui se n’era andato.
Lui lo aveva abbandonato.
Lui era Gatsu.
La strada per la meta che Grifis si era proposto era lunga e disseminata di cadaveri, non aveva problemi ad usare i suoi uomini, sacrificarli, a vendere persino il suo stesso corpo, per raggiungere il suo scopo.
Ma Gatsu era qualcosa di irraggiungibile, l’aveva avuto a fianco per molto, ma non l’aveva mai avuto nelle sue mani come era successo per gli altri.
Gatsu era libero e nessuna catena avrebbe potuto bloccarlo.
E quando lui se n’era andato, per Grifis sembrava quasi essere finito il mondo.
Non sentiva i suoni, era tutto ovattato.
Non vedeva i colori, era tutto in bianco e nero.
Il mondo non aveva più sensazioni da offrirgli perché la persona che voleva al suo fianco se n’era andata.
E dalla luce in cui si trovava era caduto nell’oscurità più profonda.
Come un bambino, rannicchiato in posizione fetale, col corpo nudo poggiato sulla fredda pietra, non c’era niente per lui.
Ma un piccolo spiraglio di luce d’improvviso illumino la cella.
I suoi occhi per un attimo ne furono accecati.
La porta era stata sfondata, un figura si fece largo tra le assi spezzate e si mosse verso di lui.
Nonostante la fatica avesse rallentato le capacità delle sue percezioni, lui lo riconobbe subito.
L’uomo si chinò si di lui e gli occhi si incrociarono attraverso la maschera di ferro che cingeva il suo capo.
Gli occhi neri di Gatsu.
Gli occhi azzurri di Grifis.
"Cosa ti hanno fatto…" gemette Gatsu stringendo l’esile corpo di Grifis con le robuste braccia.
Grifis provò a rispondere, ma non potè, non aveva più la lingua, era un delle prime torture che il suo carnefice gli aveva inflitto.
"Scusami.. non dovevo andare.. dovevo restare al tuo fianco…" lacrime calde cominciarono a scivolare lungo le guance di Gatsu, colando lungo il mento, bagnando il viso di Grifis,
Sotto l’elmo la pelle ringraziò dio per il sollievo che le fu procurato, per un attimo i mille bruciori di tagli e scottature furono attenuati.
Una lacrima continuò a scivolare lungo la guancia di Grifis, giungendo poi sulle sue labbra.
Anche se non ne poteva sentire il sapore, sapeva che il suo gusto sarebbe stato forte e salato, ma avrebbe in ogni caso quietato l’arsura della gola.
Gatsu lo sollevò e lo portò fuori da quella prigione.
Stretto tra le sue braccia era come un pulcino sotto le ali della chioccia.
Al caldo e al sicuro.
Fuori dalla porta: il mondo.
Ed ad accoglierlo vi erano stuoli di persone: nobili, contadini, cavalieri.
Ed il battito costante delle loro mani giungeva chiaro e forte alle sue orecchie.
E la squadra dei falchi si riunì a capannello attorno a Gatsu, guardando Grifis con occhi colmi di felicità e ammirazione, allungando le mani per toccarlo, gridando per far giungere la gioia alle sue orecchie.
E la principessa Charlotte, che lo osserva traboccante d’amore.
Un fiume di sensazioni in piena.
Un ruscelletto in confronto al calore dell’abbraccio di Gatsu.
"Sono tutti qui per te… siamo tutti qui per te. Abbiamo ribaltato le Midlands per ridarti la libertà, ora che il re non c’è più, il trono spetta a te." Disse Gatsu.
Grifis lo guardò, provò a sorridere ma aveva perso il controllo dei muscoli del volto da molto tempo ormai.
Ma Gatsu, quasi comprendendo la sua intenzione, sorrise come per rispondergli.
Camminarono a lungo tra a folla esultante, finché giunsero alla reggia.
"Ti devi dare un sistemata…" disse Gatsu, dopo aver chiuso la porta tenendo il mare di gente fuori a festeggiare "Quello che ti ci vuole è un bel bagno, ti rimetterà a nuovo. Quella folla è qui per te, devi presentarti per bene…"
Lo condusse così in una stanza da bagno enorme.
Al centro vi era un vasca più simile ad una piscina, ai lati vi erano grandi quantità di oli e profumi, l’atmosfera era confortevole ed accogliente.
Gatsu lasciò dolcemente Grifis sul pavimento e si sedette accanto a lui.
"Che fatica fare tutta quella strada per portarti. Devi vedere di rimetterti in forza al più presto, non potrò mica portarti in giro per sempre." Commentò con un sorriso, poi batté le mani "Va bene ora non perdiamo più altro tempo, è giunto il momento di darci una lavata!"
Così dicendo avvicinò le mani al casco di Grifis per sfilarlo, ma lui reagì emanando un mugolio contrariato.
Non voleva che vedesse il suo volto, non dopo le torture che lo avevano sfigurato.
Gatsu lo osservò un attimo stranito, poi comprese "D’accordo, se per ora non vuoi fa niente… però almeno i calzoni li devi levare per il bagno!"
Così, con un rapido gesto sfilò l’unico indumento che gli era rimasto indosso durante il periodo di prigionia.
Non che questo fosse più gradito da Grifis, anche le sue parti intime non erano in buone condizioni e le gambe erano spellate e scarnite, così muovendosi per quanto gli fosse possibile, cercò di coprire le sue nudità.
Gatsu lo guardò comprensivo "Dai, non c’è bisogno di questa timidezza, in fondo ti ho già visto nudo! Anzi se ti devo lavare per bene è meglio che mi tolga anche io i vestiti.." e fulmineamente si sfilò la maglia, i pantaloni e gli stivali, restando anche lui completamente nudo.
Grifis era la prima volta che si trovava di fronte alle nudità dell’amico e non poté fare a meno di notare la perfezione del suo corpo: gli addominali e i pettorali scolpiti, i muscoli sodi e rotondeggianti, le cicatrici delle battaglie sparse in maniera asimmetrica per tutta l’epidermide.
Gatsu si avvicinò e lo sollevò nuovamente.
La pelle strappata e bruciata di lui, fu ruvida come carta vetrata al contatto con quella di Gatsu.
I due entrarono nell’acqua che arrivava fino alle loro caviglie.
Si sedettero, Grifis di fronte, Gatsu alle sue spalle.
Prese una spugna e cominciò ad insaponargli la schiena, togliendo via strati di pelle morta e lo sporco che si era insinuato nelle ferite.
Il contatto dell’acqua fu piacevole, era come se a venire lavati via fossero quei terribili giorni che aveva vissuto.
Mentre lo lavava, Gatsu parlava, gli raccontava di quello che era successo in sua assenza, del suo ritorno nella squadra dei falchi e dell’attacco al castello.
Lo faceva con voce insicura, di chi non era abituato a parlare, ma sapeva di doverlo fare, e non attendeva neanche un risposta: era consapevole della menomazione di Grifis.
E mentre parlava, le mani insaponate esploravano il suo corpo.
Avevano salito la schiena, avevano passato il collo, ripulito il petto e si erano fermate alla vita.
Poi riprese a insaponare le gambe, l’interno coscia e i piedi.
E mentre il corpo di Gatsu si strofinava contro quello di Grifis, questi si sentiva agitato da un piacere indescrivibile, procurato dal solo contatto delle loro pelli, le membra vibravano, il cuore batteva, le labbra tremavano.
Gatsu si trovava ora di fronte a lui, continuava a lavarlo come stretto in un abbraccio e Grifis non poté fare meno di sentire il peso del sesso dell’amico premere contro la sua gamba.
Si guardarono nuovamente negli occhi, sempre attraverso quel casco impostogli dal suo carnefice.
"Dovresti proprio toglierlo quel casco.. come faccio altrimenti a lavarti il volto e i capelli?" senza aspettare un risposta, che oltretutto non avrebbe potuto ricevere, Gatsu allungò le mani e stavolta non trovò resistenza.
Grifis chiuse gli occhi e dopo pochi attimi il volto fu come travolto dall’aria calda di quel bagno .
Sempre tenendo gli occhi chiusi, senti le mani di Gatsu inumidire le sue gote, per poi poggiarvi sopra la spugna.
Le dita di Gatsu salirono sul volto e giunsero sul capo, dove cominciarono ad accarezzare i capelli.
I capelli.
Ma Grifis ricordava chiaramente che durante le torture gli erano stati strappati uno alla volta.
Aprì gli occhi e si trovò difronte l’ampio petto di Gatsu, che si era messo in ginocchio per lavargli meglio il capo.
Osservò le venature dei muscoli, che si estendevano fino ai capezzoli, piccoli e appuntiti.
Sentiva il profumo della sua pelle, che nonostante il bagno puzzava ancora per il sudore della battaglia.
Percorse con gli occhi la prateria del suo busto e le colline dei suoi addominali, la foresta del suo pube e il promontorio del suo sesso, scendendo per le curve delle sue gambe che si incrociavano con le sue.
Grifis si stupì di nuovo: le sue gambe non era più degli esili stecchini con su attaccati qualche brandello di carne e pelle, bensì erano tornate grandi e muscolose.
Il suo primo istinto fu di toccarle, la mano si avvicino alla coscia entrando nel suo campo visivo e vide che anch’essa era tornata come un tempo, carnosa e curata, con tutte le unghie a posto.
E sentiva di poterla di nuovo muovere.
La passò sul braccio.
Di nuovo integro.
La passò su collo.
Niente più ferite.
La passò sul petto.
Non più le coste esposte.
La passo sull’inguine.
Sparite tutte le umilianti cicatrici.
Poi la fece salire sul volto.
Le labbra, le guance, le orecchie, le sopracciglia.
Si alzò in piedi di scatto, stupendo Gatsu che perse l’equilibrio e scivolò nella vasca.
Ispezionò la stanza con lo sguardo finché non incontro il suo riflesso su uno specchio.
Era di nuovo il comandante della squadra dei falchi.
Capelli lunghi e argentati scendevano lungo le spalle, il viso simile a quello di un bambino, le carni bianche e le membra allungate, i glutei sodi e rotondi.
"Io…" la voce uscì dalla bocca di Grifis senza che questi se ne accorgesse.
Anche la lingua era ritornata.
Grifis era stupito, sconcertato, non capiva come fosse successo.
Mentre Gatsu, che si era sollevato e posto alle sue spalle, aveva il volto tranquillo e sorridente. "Te l’avevo detto che il bagno ti avrebbe rimesso a nuovo…"
Lo strinse per la vita e lo avvicinò a sé "Grifis… è stata tutta colpa mia…"
Grifis si voltò e lo fisso, poi gli tornò in mente che poteva di nuovo parlare "Il passato e passato… ora sono uscito da quella oscurità in cui ho a lungo giaciuto e posso tornare a bearmi della luce che mi era stata sottratta…"
Calò un attimo il silenzio, poi Gatsu lo spinse in acqua.
"Evita di darti delle arie!" disse con tono scherzoso "Devi ancora finire il bagno!"
E si lavarono insieme, di nuovo stretti in un abbraccio.
Grifis apparve poi al popolo esultante, con al fianco la squadra dei falchi e la principessa Charlotte.
Gatsu non c’era, non si sentiva adatto a quei momenti mondani.
Il discorso fu breve e conciso, Grifis annunciava la sua salita al trono e l’imminente matrimonio con la principessa Charlotte, assicurando tempi di pace e serenità per tutte le Midlands.
E così fu.
Nessuna nazione trovò conveniente fare guerra a Re Grifis, il povero che era divenuto re, l’idolo delle masse.
Nessun intrigo nacque in seno alla corte, Grifis era amato e venerato da tutti.
Non c’era più nessuno che lo temeva, ora tutti lo ammiravano.
Tutti tranne uno.
Gatsu continuava a rimanere al suo fianco, ma il rapporto tra loro due andava via via raffreddandosi.
Fino al giorno che se lo lasciò di nuovo.
"Tu hai la tua meta, l’hai raggiunta, adesso tocca a me tornare a cercare…Addio…" disse Gatsu e se ne andò.
Di nuovo.
Grifis rimase immobile.
Guardò fisso la sua schiena allontanarsi, farsi sempre più piccola fino a sparire…
Quella luce se n’era andata di nuovo.
Cadde si nuovo nel buio.
Senti un peso al cuore e come una fiamma avvampare dentro le ossa.
Una lama invisibile strappò i sui vestiti.
Rimase nudo in balia di quell’oscurità, mentre le carni venivano dilaniate, i tendini recisi, la lingua strappata, le unghie estratte.
Il suo corpo sanguinava mentre cadeva nelle tenebre, e soffriva.
Ma la sofferenza era dentro, perché lo aveva perso un’altra volta.
La caduta terminò e toccò di nuovo la fredda pietra della prigione.
Non poteva muoversi, ne parlare.
Era di nuovo nudo e il corpo violato in ogni punto.
Non l’avrebbe mai avuto per se e questo pensiero lo tormentava, perso nel buio di quella cella.
Ma non poteva accettarlo.
Lo desiderava, ardentemente.
Una voce cominciò a risuonare nella sua mente "Signore…Signore di noi peccatori…"
E capì come avrebbe potuto averlo.. solo per se.
Fine