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Il ritiro
(fra te e me) parte VI - Sabato di Mel
Si svegliarono abbracciati. Non ricordavano come, ma erano tornati a casa.
Forse mano nella mano, sotto la luna rossa.
Che importava? Si strinsero fra le loro lenzuola e nel reciproco abbraccio, ed i pensieri si dissolsero per lasciar spazio all’inizio della penultima giornata del loro dolce ritiro.
Fu un giorno tranquillo.
Amoreggiarono un po’ a letto, fino a metà mattina e anche un po’ di più. I baci non bastavano mai, a nessuno dei due. Contarli fu impossibile, persino per Hanamichi, Sì, persino per lui, che non molto tempo prima ne piangeva segretamente la mancanza.
Guardava fuori dalla finestra, Hanamichi. Guardava il cielo, cercava di vedere il mare, ma ne sentiva solo l’odore lontano. Desiderava per tutti la felicità che stava provando, che stava assaporando realmente.
“Torna a letto” un invito
Hanamichi lo ascoltò.
Con la sua bella vestaglia bianca, si stese accanto a lui dai capelli neri come la notte.
Kaede lo fissò.
“Troppo vestito, per parlare con me” mormorò, slacciandogli la cintura
“Me l’hai regalata tu”
“Gravissimo errore…” mentre era su di lui, le labbra già piene delle sue pelle
Una telefonata arrivò dopo l’ora di pranzo. Per Hanamichi. Mito.
Kaede lo osservò dalla soglia della cucina.
Il suo bel profilo che sorrideva per le frasi del suo migliore amico, gli occhi ridenti, l’espressione serena.
E Kaede sorrise con lui. Oh sì, era felice quel giorno, Kaede. Forse, avrebbe lasciato che Hanamichi uscisse con i suoi amici.
Ma una frase lo raggiunse, mentre tornava in cucina.
“No, Yohei… oggi non posso…. mi dispiace…. facciamo la settimana prossima… ti va?”
Kaede sgranò i suoi occhi da cielo di primavera.
Una risposta dall’altro capo del telefono. Poi, ancora la voce calda del suo compagno.
“Sì, hai indovinato, gli ho promesso una cosa durante tutta la settimana e sai anche tu che la parola del Tensai è una sola”
Altra risposta.
“Yohei!!!”
Il suo do’hao era arrossito. Kaede lo fissò ancora.
“Grazie, ci sentiamo allora, ciao”
Silenzioso come una volpe, lui dagli occhi di ghiaccio si avvicinò.
“Che ti ha detto?”
“Voleva uscire, ma io ho un impegno con te, vero? Un impegno lungo tutto oggi, e tutto domani ancora…..”
Le ultime lettere sfumarono nel bacio che unì le loro labbra innamorate.
“Vero” rispose solo lui
Per entrambi, quelle ultime ore erano ormai divenute private. Impossibili da dividere con chiunque altro.
Anche il pomeriggio andò via. Lentamente. Fra amore dato e amore preso.
Perché amore non è mai univoco.
Quella sera, Hanamichi uscì per fare la spesa.
Rientrò, mentre il tramonto salutava la terra. Posò i sacchetti e salutò Kaede.
Lui lo aspettava accanto all’ingresso. Proprio come i primi giorni del loro ritiro.
“Ciao” mormorò il ragazzo dai capelli rossi
Un piccolo sorriso.
“Sono tornato”
Nessuna risposta.
Hanamichi si avvicinò.
“A cosa pensi, bella volpe?” chiese abbracciandolo
“Pensavo a cosa farti……”
Hanamichi sorrise. “Ah……… capisco…”
Kaede gli imprigionò il corpo con il proprio.
“Dimmi…….. questa sera, cosa vuoi che ti faccia?”
Hanamichi si rilassò subito, senza opporre la minima resistenza, si lasciò stringere forte.
“Tutto quello che ti pare…….... decidi tu per me……... é la tua settimana ed io devo solo ubbidire......”
Kaede sorrise maliziosissimo.
“Bravo, così mi piaci….. ubbidisci”
Gli baciò la gola, poi lo portò su con sé. “Vieni… ho preparato tutto”
“Imbroglione….. sapevi già cosa farmi…..”
Lo condusse nella loro stanza. Hanamichi riconobbe il drappo vellutato gettato sul letto. Come un altare nuovamente preparato.
Che la voglia di quel dio dagli occhi azzurri non fosse ancora stata placata dai precedenti ‘sacrifici’?
Probabile, molto, molto probabile.
Sul comodino, alcune cose, il solito piccolo tubetto bianco e altro ancora, non fece in tempo a distinguere tutto. Si sentì ghermire e trascinare vicino alla sponda.
“Ti voglio deliziosamente passivo, non osare opporti, ubbidiscimi, chiaro?”
La voce quasi dura, sicuramente eccitata.
Hanamichi annuì, poi chiuse gli occhi, le mani lungo i fianchi, immobile.
Veloce come una volpe affamata, Kaede lo spogliò completamente. Appoggiò una mano sul suo petto e lo spinse indietro. Hanamichi cadde sul velluto, sospirando.
In un attimo, Kaede fu su di lui, i fianchi ancora coperti dai vestiti, ma il torace nudo.
Si strusciò su di lui, accarezzandolo con la stoffa spessa dei suoi pantaloni.
Hanamichi s’inarcò sensuale.
“Fermo, piccolo do’hao, ti voglio immobile”
“Ru….” mormorò lui, impaziente
Kaede sorrise malizioso.
“A quanto pare, non riesci ad ubbidirmi….. dovrò legarti di nuovo…….”
Gli occhi nocciola si scurirono profondamente, vene nere di desiderio. Il ragazzo moro afferrò le due strisce di velluto tagliato, le aveva già pronte, aveva già deciso di legare il suo amante e di prenderlo così. Il doverlo punire, per la sua presunta disobbedienza, non era stata che una scusa, una scusa seducente.
Lo tenne fermo con il corpo e lo legò, velocemente, stringendo forte. Un piccolo lamento sfuggì dalla labbra rosa del suo compagno.
Kaede si alzò in un movimento fluido e si spogliò davanti a lui. Scoprendo la propria eccitazione, facendosi guardare.
Gli sguardi fusi, che si sondavano intensamente.
Rukawa tornò sul letto, su lui.
Sentì Hanamichi cominciare a sollevare ritmicamente i fianchi verso il suo inguine teso, una, due, tre volte. Per alludere ai movimenti che desiderava. Che desiderava internamente.
“Non riesci proprio ad ascoltarmi stasera, eh? Dovrò prendermi altre soddisfazioni da te ……... e non sperare che io sia delicato….”
Hanamichi sgranò i suoi occhi. Ebbe solo il tempo per quello, perché un istante dopo la sua bocca ed i suoi sensi erano stati già assediati. Violentemente.
Un attimo, ed Hanamichi capitolò. Allargò le gambe e gli offrì la gola, reclinando la testa.
Sensualissimo.
“Bravo…. vedi… bisogna essere cattivi con te….. per farti ubbidire”
Hanamichi rabbrividì e non di paura. Un bacio prepotente espugnò definitivamente le sue labbra. Kaede posò le mani su quel petto dorato, per staccarsi e riprendere fiato. Quella pelle così calda, sotto le sue mani, a sua completa disposizione.
Allungò le dita, e prese qualcosa di piccolo e lucido da una coppa di cristallo posata sul loro comodino.
Hanamichi guardò.
Un pezzetto di ghiaccio. Dalla forma irregolare.
Kaede lo leccò, per smussarne gli angoli pieni di schegge, poi lo appoggiò sul ventre del suo amante. Appena la punta gelata sfiorò la sua pelle, Hanamichi sussultò cercando di ritrarsi. Lui dagli occhi come quel ghiaccio sorrise e, con un unico movimento verso l’alto, passò il pezzetto gelido fino alla gola morbida. In un'unica striscia d’acqua liquida. Troppo era il calore di quel corpo, per sperare che non si sciogliesse.
Hanamichi mugolò, colto da un brivido di freddo.
Kaede continuò ad accarezzarlo con quei piccoli pezzi di ghiaccio. Li passava lentamente sul suo corpo. Dalla gola al mento, e poi giù sulle linee del petto, deviando per il costato ed Hanamichi arcuava la schiena e si lamentava. E poi ancora sul ventre, fin nell’ombelico, dove un goccia ghiacciata s’infranse al suo interno accompagnata da un piccolo grido roco. E senza fermarsi, ancora sulle anche, per scendere sulle cosce, su tutta quella pelle diritta, piena di piccole valli dolci, fin dietro il ginocchio per poi sciogliersi definitivamente. E Kaede si divertiva a farli sciogliere uno per uno, quei pezzetti, solo per poi prenderne altri e ricominciare a disegnare scie argentate sull’oro di quel corpo. E tesseva trame e trame d’acqua gelida, lasciando minuscoli cristalli nuovamente sulle basse dune del ventre per poi fermarsi su un capezzolo. Lì sì, furono gemiti e piccole grida.
Lui dai capelli d’ebano iniziò a dipingere cerchi concentrici attorno a quei boccioli scuri, piano, sempre piano, ma allargandone inesorabilmente il diametro, fino a raggiungere l’altro e riservargli una sorte ben peggiore. Ghiaccio e lingua bollente. Saliva bruciante e ancora ghiaccio. Per farlo soffrire ed implorare.
“Ah……… è..fre..ddo……… ahn………. ah”
E i piccolo capezzoli si ersero subito, duri come pietre, così stuzzicati da far quasi male, adesso. Kaede li abbandonò, per leccare dolcemente alcune delle scie d’argento che aveva lasciato prima.
Hanamichi si tese, verso la sua bocca, la sua lingua, godendo di quel piccolo calore che il suo amante infondeva alla sua pelle quasi congelata.
E mentre lo baciava e mordeva e succhiava, lui dagli occhi azzurri afferrò un altro pezzetto di ghiaccio. In un unico movimento, fece baciare a quell’acqua condensata tutta la lunghezza del membro del suo amante. Un sinuoso sentiero dalla base alla punta.
Uno spasmo intenso per quel corpo, che ora sì che aveva ragione d’inarcarsi.
“Aaah…. Kae… nngh….. ah.”
E la pelle era così calda lì, che il ghiaccio si sciolse subito.
Kaede ne prese un altro. Era così eccitato, voleva solo avere soddisfazione, veder gridare quel suo dolce do’hao. Sentirlo implorare. Continuare a torturarlo così piacevolmente fino a venire solo guardandolo delirare.
Si sentiva una volpe sadica quella notte.
Ghermì un altro pezzo, mentre con mani ferme e decise apriva le cosce del suo amante. E passò il ghiaccio poco oltre la base di quel sesso eretto, vicino alla piccola apertura.
Hanamichi gridò. Cercando di chiudere le gambe. Ma le mani di Kaede glielo impedirono.
Premé ancora il ghiaccio sulla pelle cedevole e caldissima e si sentì invadere le dita dall’acqua che veloce si era sciolta, colando fino alla lenzuola.
Un altro grido lo ricompensò.
Un'altra immersione di quella mano nella coppa di cristallo gelido ed un altro pezzo di ghiaccio. Più grande.
Kaede si stese bene su di lui per tenerlo fermo e lo accarezzò ancora, vicino alla piccola fessura, giocando attorno ad essa, premendo solo a tratti per non far sciogliere subito il ghiaccio.
E lui dai fili rossi gridava poco per volta, quando sentiva quel freddo pungente arrivare dove la sua pelle più nascosta era così sensibile. Implorando con lo sguardo e le labbra socchiuse che quel tormento avesse fine. Non poteva muoversi, legato com’era non poteva impedire nulla al suo amante dagli occhi pieni di brama blu.
Kaede girava attorno a quel piccolo antro. Mentre un’idea folle eccitava all’inverosimile i suoi sensi di giovane uomo.
Una spinta rapida, dall’aria casuale.
Un piccolo ‘Oh’, espressione fintamente sorpresa, smentita dagli occhi blu scuro di passione.
“Oh… mi è scivolato dentro…”
Hanamichi si tese fino allo spasmo. Tutti i nervi concentrati in quel tendersi quasi doloroso, mentre le sue labbra gridavano con tutta la voce che aveva.
“Aaaaaaaaaaaaah”
Il piccolo pezzo di ghiaccio che si stava sciogliendo nelle sue viscere.
Hanamichi s’inarcò ancora, la schiena contratta sollevata dal lenzuolo, la testa gettata indietro in un respirare furioso, lacrime che pungevano i suoi occhi.
In quello stesso piccolo posto nel quale sarebbe dovuto entrare solo Kaede, adesso sentiva acqua gelata che si infrangeva contro le sue pareti.
Kaede lo strinse con un braccio. Cercando di tenerlo fermo. Lo guardava dimenarsi con tutte le proprie forze, sollevarsi, inarcarsi, gridare.
Piccole lacrime agli angoli degli occhi. Uno sguardo di pura supplica.
“T-t.ogli.lo… ti pre.go.ti pre.go”
E si contorceva stringendo le cosce attorno ai fianchi di Rukawa, con tutta la sua forza, tirando i nodi che lo costringevano immobile ed inerme. Non era doloroso, ma così…. freddo.
La voce morbida e tremante d’eccitazione di Kaede lo raggiunse all’orecchio, mentre le sue braccia lo stringevano riscaldandogli almeno la pelle esterna.
“Buono, buono ………… sssh …. buono……. si scioglierà presto ….. era solo un pezzetto piccolo”
E Hanamichi che implorava misericordia con i muscoli contratti, le labbra aperte in gemiti e mugolii cadenzati, lamentosi, infastiditi.
Le pareti del suo corpo che gridavano insieme a lui per il freddo, il fastidio quasi al limite del dolore. Il freddo era così tanto, da bruciare come fuoco.
E quella visione mandò un brivido fortissimo alla schiena di quella bella ed immorale volpe. Il sangue correva, come elettricità.
Il suo membro s’irrigidì ancora di più.
Bastò poco.
Nel momento in cui il corpo stremato di Hanamichi si accasciava finalmente sulle lenzuola sgualcite, libero da quella sensazione di acqua gelata che scorreva nel suo corpo, Kaede lo prese.
Violentemente.
La piccola apertura bagnata d’acqua non oppose alcuna resistenza e Rukawa s’immerse in lui in un unico movimento.
La differenza di temperatura fu enorme. Sotto lo zero quell’acqua che ancora sentiva nel suo ventre, a scivolare sinuosa verso la sua ansa, gelando. Bruciante come fuoco, l’attrito improvviso di quel sesso rigido e caldissimo.
Alla prima frizione di quella pelle ustionante e dura contro le sue morbide viscere gelate, Hanamichi venne. Un orgasmo violento.
Il suo seme schizzò contro il corpo del compagno, contro il proprio.
Un grido fortissimo invase la stanza e quelle adiacenti.
Ma Kaede chiedeva soddisfazione. Il corpo di Kaede, affondato in lui, chiedeva soddisfazione.
E gemendo e gridando, Hanamichi dové dargliela.
Si sentì aprire, ferocemente quasi. In spinte potenti e innaturalmente irregolari. L’orgasmo appena passato aveva rilassato i suoi muscoli, il suo corpo si era lasciato invadere completamente.
Grida. Grida.
La bramosia con la quale il corpo di Kaede richiedeva il suo lo costrinse a sollevare i glutei per seguire i suoi affondi folli, ad aprire un po’ di più le gambe, per lasciarsi prendere fino in fondo e raggiungere di nuovo l’eccitazione.
Gridava Hanamichi. Così come aveva desiderato il suo Rukawa. Piangeva ora, di piacere. Senza controllo. Sbattendo la testa sui cuscini, girando il viso da una parte all’altra. Senza ragione né coscienza.
Le mani strette dai nodi, il corpo che veniva sfondato senza complimenti, la voce calda e sempre alta, altissima.
Suoni di piacere e respiri ansanti.
Il sudore che scorreva sulla pelle al posto dell’acqua fredda.
Kaede lo prese, forte. Lo tirò a sé per averlo meglio, per entrare più profondamente.
Sentiva vicino l’apice.
Hanamichi lo sentì gridare piano.
E Kaede venne. Stringendo quei fianchi caldi, sollevandoli dal letto con le mani, per fargli scivolare nel corpo il suo seme bruciante a sciogliere ogni cristallo del ghiaccio che gli aveva lasciato dentro prima.
Portandolo a raggiungere nuovamente il piacere.
Sfinito, il ragazzo dai capelli rossi si lasciò andare sui cuscini. Le braccia abbandonate, i nodi di velluto si erano infine sciolti dopo essere stati tirati così tanto. Troppo tardi comunque.
Si sentiva ancora addosso i brividi che lo aveva attraversato in quell’amplesso. Respirò profondamente, cercando di ritrovare il controllo.
Aveva sete.
Kaede osservò le sue labbra riarse, mentre se le leccava guardando il comodino. Intuì il desiderio del suo amante e prese la coppa di cristallo.
Hanamichi si ritrasse quasi impercettibilmente. Kaede sorrise malizioso.
Oramai il ghiaccio si era sciolto quasi completamente, lui dagli occhi di volpe portò quel grande bicchiere alle labbra del compagno e gli diede da bere. L’acqua gelida scivolò lungo la sua gola, rinfrescandola. Un mugolio appagato risuonò morbido. Hanamichi si scostò dal bicchiere facendogli intendere che si era dissetato, poi chiuse gli occhi e si strinse a lui.
Era chiaro. Voleva dormire.
Ma Kaede aveva altri pensieri.
Lo accarezzò sensualmente, lo voleva sveglio. Lo voleva ancora.
Almeno fino a metà notte e anche un po’ di più.
Hanamichi aprì appena appena gli occhi. “Cosa vuoi fare, Kae?”
“Non avrai mica pensato che io abbia finito con te, vero?”
Quegli enormi occhi nocciola si sgranarono di stupore. Occhi teneri, che avrebbero convinto chiunque a stringerlo per dormire insieme e basta.
Ma non Kaede, non quella notte. Perché aveva i suoi motivi, la bella volpe bruna.
Il bel corpo ambrato di Hanamichi fu abbracciato e tenuto stretto, mentre i preliminari ricominciavano e l’eccitazione saliva.
“Kae…. no.. ti preg.o……”
Un flebile protestare, più volte interrotto e ripreso.
Ma Kaede lo ebbe ancora. Accarezzandolo, mantenendo tutte le premure d’amante che aveva imparato nel tempo, ma lo prese, fino ad esaurire completamente il proprio desiderio.
Mentre Hanamichi scopriva cosa voleva dire essere preso fino ad implorare di smettere.
E si rifiutava un po’ per stanchezza e un po’ per pudore, ma poi si lasciava toccare e baciare.
“…..basta… Kae….. basta… ti pre.go……”
Ma poi, quando Ru gli chiedeva di lasciarlo entrare premendo in lui, trovava sempre un assenso. Ed allora gli mormorava che era un bravo do’hao, che era dolce, che faceva bene a dargli il permesso d’entrare, che gli avrebbe regalato tanto piacere e poi lo avrebbe fatto riposare.
Prendeva in mano il bicchiere e lo riempiva d’acqua. Dava sempre da bere al suo amante ogni volta, prima di ricominciare con lui.
E Hanamichi si concedeva, appassionatamente, com’era nella sua natura, ma ripetendo ogni tanto che non voleva, che dovevano smettere. Ma poi incoerentemente allargava piano le gambe e lo stringeva forte. Si lasciava penetrare a fondo e gridava.
Ed ancora la voce di Kaede si levava.
“Bravo…… Hana……su, mettiti così….. sì, bravo……”
Cambiando posizione, per appagare ogni senso. Muovendosi assieme, per uno scopo comune ad entrambi. Condiviso. Così come i loro pensieri e le loro anime.
Come il loro amore.
Fu una notte d’intenso piacere. Hanamichi, dopo l’ultimo apice raggiunto, scivolò esausto sull’amante. Nemmeno la forza di supplicarlo ancora che lo lasciasse dormire.
Chiuse gli occhi, mentre si sentiva avvolgere dalle sue braccia e si addormentò.
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