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Il ritiro
(fra te e me) parte V - Venerdì di Mel
Il sole baciò entrambi. La giornata passò fra le pulizie ed i baci rubati, soprattutto sulle scale, punto di passaggio per entrambi. Il loro pensiero nel pomeriggio volò al basket. Volevano allenarsi insieme, ma senza troppa gente attorno. I parchi non sarebbero andati bene, oggi. La giornata era calda, le mamme avrebbero portato i loro piccoli a giocare, i lavoratori rientrati presto sarebbero usciti per un po’ di jogging, i ragazzi come loro si sarebbero riversati nelle strade, sulle bici, nei campi.
In palestra c’erano i loro compagni.
Beh sì, quella settimana non si erano quasi allenati. Persino Kaede aveva rinunciato ai suoi tiri mattutini e poi avevano saltato gli allenamenti extra imposti da Akagi.
Ma avevano attraversato un periodo delicato. Subito dopo il primo grande problema della loro storia, dopo i chiarimenti e le spiegazioni, erano rimasti sempre vicini, senza mai restare un giorno soli, poi la storia del viaggio aveva messo in crisi quello schema abituale e li aveva messi davanti all’evidenza del loro legame. Si erano riscoperti innamorati e gelosi e bisognosi l’uno dell’ altro. E tutto quello aveva portato alla promessa e alla settimana di ritiro. Che stava inesorabilmente finendo, ormai. Non volevano condividere ciò che ne restava con nessuno.
Ed a Kaede era andato bene anche perdere qualche allenamento, li avrebbe potuti recuperare con il suo do’hao. Da tempo oramai, Ru aveva imparato a proprie spese a non considerare troppo importanti cose che non potevano sorridere, che non potevano amarlo con tutto quel trasporto che lui aveva scoperto nell'animo passionale del suo compagno, cose che la sera non si lasciavano penetrare gemendo………
Era questione di scale di valori. E lui aveva le sue.
Per le partite perse, avrebbe trovato il tempo.
Ma quel giorno ne avevano voglia entrambi. Era troppo che non giocavano. Non che non si fossero mantenuti in ‘forma’, ma mancava loro l’odore del parquet lucidato, della palla di gomma. Mancava il profumo dell’adrenalina.
Così passarono il pomeriggio insieme, a riposare, a guardare distrattamente qualche immagine in tv. Fino all’ora della fine della sessione d’allenamento della squadra.
Uscirono insieme. Mano nella mano, nei vicoli deserti. Accanto nelle strade principali con gli occhi incatenati.
Miele nell’acqua marina. Dolce e salato.
E non importava loro, se qualcuno si girava a guardarli perché trovava strano quel sondarsi fra occhi di ragazzi.
Cosa ne poteva sapere la gente di cosa avevano diviso? Di quali difficoltà avevano superato? Di quale passione li cogliesse ogni volta? Di quale dolce unione si rinnovasse ogni giorno fra loro?
Cosa ne sapevano dei loro sussurri? Del vibrare delle loro anime in attesa di quello che avrebbero condiviso fra poco?
Niente. Quindi non dovevano giudicarli. Semplicemente non potevano.
Gli allenamenti erano finiti da poco. Guardandosi attorno con circospezione, Rukawa prese la sua chiave di riserva ed entrò. Era tutto buio. Le stanze della manager e gli spogliatoi erano vuoti. Il cielo cominciava appena appena ad avviarsi verso l’imbrunire. Ma la luce era ancora molta.
Giocarono insieme. Uno contro l’altro. Ma sorridendosi.
Fino a che, davanti al canestro, Hanamichi non saltò per uno slam dunk. E sorrideva la volpe, pensando.
‘Eh sì, che ti amo tesoro, ma non ti lascio vincere’
Saltò con lui, forse un attimo in ritardo. Lo fermò, ma in quegli attimi in aria decise che la partita poteva finire lì.
Ricaddero insieme. Kaede sul suo Hanamichi. Volutamente.
La palla rotolò, fermandosi vicina a loro.
Tutto rimase fermo, fino a che non cessò ogni suono. Il ritmico ondeggiare del petto su cui era appoggiato avvinse il ragazzo moro per qualche attimo.
Le loro gambe intrecciate, i loro corpi stesi, nell’immensità sconfinata di quel parquet di legno.
“Kitsune, la partita…..”
“Finita… hai perso, do’hao…”
“Ma come??….No, non è vero… ti manca ancora un canestro…….”
Ma Kaede non si spostava.
“…..e poi mi sei caduto addosso ….è fallo…..”
“….no, non si chiama ‘fallo’………si chiama ‘preliminare’……..”
“No, no, ti sbagli!! Si chiam………….cosa?”
“Sì……. – mormorò strusciando sinuosamente fino a risalire vicino alla sua bocca –….si chiama ‘preliminare’ quando salgo sul tuo corpo………….”
Hanamichi arrossì. Kaede decise di divertirsi ancora un po’ con le parole, non le usava spesso, ma mescolate alla tonalità della voce, adorava giocarci per ottenere quel bel rossore sul viso del suo amante.
“……….quando ti sfioro per riprendere la palla si chiama ‘carezza’……”
Occhi imbarazzati, in occhi divertiti.
“………quando poi corro verso il canestro ed infilo la palla nella retina… beh, allora……….vuol dire che ho voglia di venire da te ed infilartelo dentro………. proprio dentro…………… ricordalo, do’hao, questo è il mio modo di giocare ……ricordalo in ogni partita………”
Hanamichi arrossì ancora, lasciandosi sfuggire un ansito.
“Va be.ne…….. allora torniamo a casa e finiamo la partita……?” il tono timido, quello di una proposta
“No….. do’hao ….sbagli ancora ….le partite si finiscono sul campo …………”
“Qui?” esclamò sorpreso lui dai capelli rossi
Kaede non rispose, lo baciò appassionatamente stringendosi a lui.
Hanamichi tentò di divincolarsi. Voleva fare l’amore con lui, ma preferiva tornare a casa. Lì, poteva entrare qualcuno.
Un giocatore che aveva dimenticato qualcosa. La manager che aveva lasciato dei fogli. Un custode che faceva il giro.
Qualche lama d’oscurità s’infiltrò lacerando la luce. Il crepuscolo avanzava.
Il giorno era quasi morto.
Hanamichi non voleva. Si dimenò cercando di liberarsi.
“A casa tutto quello che vuoi , ma qui no……. dai… potrebbero vederci…..” propose ancora
Ma Kaede riuscì a tenerlo fermo. Con le mani, con il proprio peso.
“Ssssh…… fermo….. su………. ti voglio qui……”
Hanamichi era deciso a non cedere. Scalciò un paio di volte, fingendosi arrabbiato.
Kaede riuscì ancora a trattenerlo, si chinò su di lui per baciarlo, ma il suo compagno voltò la testa offeso. Rukawa rise.
Approfittando della sua distrazione, Hanamichi riuscì quasi a scivolargli via, ma fu solo un attimo. L’istante dopo, era stato nuovamente atterrato ed immobilizzato.
Le mani sopra la testa, strette sui polsi. La voce di Kaede.
“Mi piace, quando mi opponi resistenza…”
“Smettila…….. potrebbero vederci davvero……..”
“E’ questo il bello del gioco, no?” un sussurro
Hanamichi scosse la testa, lasciando danzare i fili rossi sul suo viso. La luce non bastava più ad illuminarli, sembravano solo piccole scintille fulve.
Kaede si strinse a lui, restandogli sopra. Si avvicinò al suo orecchio, baciando la pelle lungo il suo cammino.
Quando lo raggiunse, parlò.
“Avanti, non mi inganni …..so che l’idea ti farti vedere ti eccita…….. vero, piccolo do’hao?” un mormorio maliziosissimo
Hanamichi non si arrese. Cercò di districare i polsi dalle dita lunghe e calde del suo amante, dimenandosi.
I loro fianchi vennero a contatto, sfiorandosi. Un brivido colse entrambi.
Con un solo gesto rapido, Kaede lo spogliò di quei sensuali pantaloncini corti, rossi come i suoi capelli, madidi del sudore del loro gioco.
Passando una mano sul suo petto, lui dagli occhi blu cielo baciò la punta del suo sesso. Risvegliò i suoi sensi, lo accarezzò piano. Per poi lasciarlo.
“Aaah………….. Ka.e………… no… non voglio……”
Piccoli lamenti. Kaede si occupò di baciare il viso che stringeva a sé, mentre una delle sue mani era già entrata più volte a profanare il corpo ambrato del suo compagno.
Nuove, piccole gocce di sudore si aggiunsero a quelle precedenti.
Rapito dal loro scendere, il ragazzo moro le inseguì, braccandole sulla gola, succhiando la pelle lucida di desiderio, affondando le labbra nella nuca mentre le sue dita, più in basso, scavavano dolcemente una strada già conosciuta.
Hanamichi si tese. Respirava ansimando. Erano i suoi occhi a vedere il buio attorno o la luce del giorno era definitivamente morta?
Avvertiva la forza con cui il suo amante lo teneva abbracciato a sé. Tanto da non lasciargli alcuna libertà di movimento.
Continuava a mormorare che non voleva, che non era d’accordo, ma sapeva che era vero solo a parole. Il suo corpo era già pronto, aperto. Non avrebbe sentito alcun male, anche se continuava a negarsi con la voce.
Ma qualcuno poteva davvero entrare, accendere la luce e trovarli lì, sul pavimento, ad amarsi.
Ma Kaede non lo ascoltava e lui non aveva diritto a niente. Era ancora la sua settimana di ritiro.
Sentiva la frenesia della sua volpe eccitarlo. Sentiva davvero quelle mani ovunque. E le dita che si muovevano ancora nel suo corpo sudato.
“No………. Kae…… ahn…… Kae…… aah..n-no…”
Qualcosa, in quei movimenti, gli faceva capire che il suo Kaede lo avrebbe reclamato a breve, senza troppa delicatezza. Nel mare d’oscurità che ormai regnava nella palestra, Hanamichi cercò qualcosa alla quale aggrapparsi.
La sua mano si allungò sul parquet levigato, incontrando la palla ferma lì vicino.
Sentendosi girare, si affrettò a stringerla a sé. Kaede era dietro di lui, nuovamente in quella strana posizione che sembrava cominciare a piacergli. Stesi di fianco.
Avvertiva ora, contro la spalla, il respiro affrettato del suo bel ragazzo dagli occhi chiari. Per Kaede era il momento, e lo sarebbe stato anche per lui. Strinse più forte le mani sulla superficie ruvida della palla e si preparò a sentirlo dentro di sé.
Il ragazzo dai capelli d’ebano diresse la punta verso la sua invitante apertura, aiutandosi con una mano. L’oscurità era attorno a loro. Penetrò al suo interno. Nel calore.
Fu dolce, ma vigoroso. Non si fermò, fin quando non sentì di essere arrivato in fondo. Gli occhi gli si chiusero, mentre un sospiro roco ed estasiato sfuggiva dalle sue labbra rosate.
Le mani, che aveva usato per tenergli schiuse le gambe, le riportò sui suoi fianchi. In lente carezze dal ritmo piacevole.
Hanamichi strinse le palpebre. Attendeva la prima spinta. Kami, era quasi straziante.
Sentirsi così atrocemente pieno di piacere. Piccole lacrime di godimento si erano fermate agli angoli dei suoi occhi, mentre le sue mani bronzee si stringevano alla palla rotonda.
Un attimo si sospensione e la prima spinta. Hanamichi seguì il movimento impostogli da quel membro duro, affondato in lui. Si lasciò spostare leggermente verso l’alto e gemé forte.
Un attimo di riposo e la seconda spinta.
Un rumore forte, nella sera, fuori. Hanamichi sussultò, sollevando piano la testa, mentre la terza spinta esauriva la sua forza.
Ma Kaede non era disposto a lasciarlo pensare ad altro, che non fosse sé stesso affondato in lui. Si spinse convulsamente fin nelle sue profondità, facendolo gemere.
Lo strinse fra le mani, affondando il viso nella sua nuca. Il respiro velocissimo.
E adesso sì, che Hanamichi la stringeva forte quella palla…. Così forte, da farsi quasi male.
La artigliò, mentre sentiva il membro duro di Kaede dilatare ancora una volta il proprio corpo.
Era piacevole, ma quel suono fuori?
Cosa gli importava……? Era come aveva detto il suo amore….. forse gli sarebbe piaciuto farsi vedere così……… sì, la avvertiva da un po’ quella strana sensazione d’eccitamento….. ……….il pensiero che qualcuno, qualsiasi persona , in qualsiasi momento, potesse entrare e vederlo mentre Kaede lo faceva suo, rivendicandolo con il corpo e non solo con le parole, era afrodisiaco nelle sue vene e nella sua mente.
Non capiva più niente, adesso, il suo unico padrone era il piacere che Kaede gli regalava. Come punti di contatto, avvertiva nello spazio solo la palla stretta al petto, il legno su cui il suo fianco poggiava e la calda consistenza che lo stava possedendo.
Gridò forte, poi cercò di respirare. Ancora un grido, poi un ansimo.
Erano le ultime spinte, le sentiva farsi potenti e distanziate.
Avvertiva Kaede appoggiato a sé, gli piaceva sentirlo così vicino anche se non lo poteva guardare.
Ogni altro pensiero fu interrotto dall’orgasmo che spezzò la loro ragione. Con un grido roco, Hanamichi raggiunse l’apice, rabbrividendo. Piccole lacrime salate attorno agli occhi.
Dietro di lui, Kaede che riprendeva fiato.
Si separarono un attimo solo, il tempo per Rukawa di liberarlo gentilmente della sua presenza.
Il ragazzo dai capelli d’ebano lanciò uno sguardo al suo amante. Spicchi fusiformi di luce entravano ancora dai riflettori fuori la palestra.
Il silenzio gocciolava attorno a loro.
Kaede lo osservò. Com’era dolce il suo Hana che stringeva ancora la palla….
Si era accorto che l’aveva presa e sapeva che l’aveva stretta, mentre….
Sorrise dolcemente e si chinò su di lui per posare le labbra sui suoi occhi. Asciugò le minuscole lacrime che imperlavano le ciglia, poi gli baciò una guancia, con dedizione e tenerezza.
Poi regalò un bacio alle sue labbra. Come ogni volta.
Lo separò da quella palla ormai tiepida e reclamò il posto fra le sue braccia. Era stretto a lui che doveva stare, il suo amore, non abbracciato ad un pallone.
Lo strinse e riposò con lui, senza dormire.
Il grande orologio della palestra ticchettava placido nell’angolo, il legno manteneva il calore dei loro corpi. Ma il pavimento era scomodo, per lui e soprattutto per Hanamichi. Con gentilezza, Kaede si sollevò a sedere, accarezzandolo sul viso con una mano, rivestì piano il suo amante. Risistemando i suoi pantaloncini corti a coprire ciò che i suoi occhi non dovevano più vedere, per non desiderare.
Ed Hanamichi si lasciava vestire, quasi fosse un bel bambolotto in mano ad una bimba e l’ombra attorno creava strani intrecci nei suoi occhi. Eppure, la calda luminosità d’una immensa dolcezza aleggiava viva e decisa su tutto il buio di quei pozzi profondi.
Un ultimo bacio e si alzarono.
Le docce calde dello spogliatoio li invitarono. Non se la sentirono di rifiutare. Erano in condizioni disastrose, quasi.
Si immersero sotto la stessa cascata d’acqua, lavandosi piano, con cura. Accarezzando a tratti l’altro, solo per dargli anche soltanto il piacere di un secondo.
Poi uscirono.
Un pensiero fluttuava fisso nella mente della bella volpe bruna. Un quesito curioso, eccitante.
Cosa provava Hanamichi nel…. nel lasciarsi penetrare? Quali erano le sensazioni che sentiva prima, durante, dopo? Quale sentimenti l’animavano quando gemeva o gridava?
Ricordò, in un flash dal sapore amaro, la conversazione che aveva avuto con Akira ai tempi della crisi della loro storia…….. una frase, in particolare……. ‘E lui? Sai cosa prova?’………………..
No, ancora non lo aveva scoperto, non lo aveva capito. Troppo preso in quei mesi a fare attenzione, a non fargli più male dopo aver scoperto quanto avesse sanguinato ogni volta.
Ma forse era arrivato anche il momento per quello.
Per scoprire cosa voleva dire, per Hanamichi, fare l’amore con lui.
Si girò a guardarlo. Un asciugamano bianco allungava le frange sulla sua pelle bronzea. I suoi capelli, umidi di vapore e bagnati sulla nuca, sembravano brillare ancora di più. I suoi occhi attenti guardavano la borsa che stava sistemando.
Una finestra socchiusa s’infilo nel suo campo visivo. Fuori, la luna già brillava ed un lampione arancione in ferro battuto, uno dei pochi sopravvissuti all’era tecnologica giapponese, illuminava proprio il cono di muro che comprendeva la finestra dello spogliatoio.
Lo stesso spogliatoio in cui ricordava di averlo preso una volta contro gli armadietti, accecato dalla gelosia per Mito. Lo stesso spogliatoio dove Akira li aveva visti, trovando poi il coraggio di parlargli per avvertirlo che qualcosa non andava.
Lì, quel luogo. Che fosse arrivato il momento di cancellare anche quel ricordo poco piacevole?
Kaede si accostò all’interruttore e spense le luci.
Con un sussulto, Hanamichi si girò.
“E’ andata via la luce?” lo sentì chiedere
Non rispose.
“Kaede….. dove sei?” lo cercava il suo tesoro
Che avesse paura del buio? Kaede sorrise per quel pensiero, poi si avvicinò a lui.
Con un braccio attorno alla vita, lo strinse a sé. “Volpe…… che fai?”
I loro occhi si stavano velocemente abituando alla penombra, nonostante tutto, piuttosto luminosa.
“Hana….” sussurrò lui sulla sua spalla, bagnandola con le labbra umide, parlando proprio sopra la sua pelle
“Dimmi……” rispose, stringendogli le mani, intrecciandole alle sue, in un gesto affettuoso
“Com’è, per te, fare l’amore con me?”
Un sorriso quieto esplose sul viso di Hanamichi. Sempre diretto e conciso, il suo amore, nel fare domande.
“E’ la cosa più bella che io abbia mai fatto in vita mia” mormorò, a voce alta, lui dai capelli rossi
Una risposta che scaldava. Sicura. Senza incertezze.
Kaede lo strinse più forte.
Un’aria matura sul suo bel viso candido, ingentilito dalla luce della luna.
Quella risposta gli piaceva. Così simile a quella che lui aveva dato ad Akira, quel lontano giorno.
“Vorrei sentirti descrivere ogni sensazione, ogni emozione………” sussurrò lui dagli occhi chiari
Hanamichi rise pianissimo. Che strani pensieri che aveva, alle volte, quella volpe curiosa…
Come poteva chiedergli di trovare delle parole per descrivere quei momenti?
“Sì – continuò, al suo orecchio, Kaede – vorrei tu dividessi con me quello che provi, mentre facciamo l’amore…..”
Hanamichi pensò un attimo. Non sapeva se ci sarebbe riuscito.
Di certo, avrebbe provato. Per la sua bella volpe bruna, tutto questo, e anche di più.
Aprì le labbra, ma il respiro gli scivolò via dopo le ultime parole che sentì al suo orecchio.
“Voglio violarti adesso, di nuovo, su quella panca e voglio sentire la tua voce che mi parla e mi dice cosa senti”
L’aria mancò ad Hanamichi, mentre Kaede, con tranquillità e decisione, gli anticipava quello che di lì a poco avrebbe fatto succedere.
Lui dai fili rossi sospirò. Poi sorrise.
Si guardò attorno. Il cielo blu velluto, le stelle e la grande luna bianco latte. Le luci tenui, ma gentili dei lampioni in ferro battuto, una lunga panca in legno, soli nel loro spogliatoio.
Sì, andava bene anche a lui.
Kaede lo prese per mano, chiuse la porta a chiave, poi lo portò vicino alla panchina, lo lasciò solo un attimo per stendere un grande asciugamano sul legno chiaro e vi invitò sopra l’amante.
Hanamichi stava per distendersi supino, ma Rukawa lo fermò. Kaede si sedé a cavalcioni sulla panca, scostandola dal muro quel tanto che bastava, stese un altro asciugamano più piccolo più in là, creando un soffice strato bianco, poi guidò l’amato fino a farlo sedere davanti a sé, sempre a cavalcioni, ma girato di schiena in modo da far coincidere il proprio petto con le sue scapole ambrate.
Una piccola spinta e Kaede lo stese davanti a sé, prono, le rotondità dei suoi glutei a contatto con i propri fianchi già eccitati.
Una mano passò sulla sua schiena, in movimenti lenti e circolari. Hanamichi si lasciò sfuggire un sospiro di piacere.
Kaede toccò piano quel corpo bronzeo ed invitante. Insisté, fino a sentire un gemito.
“Cosa provi, quando ti accarezzo?”
“Mi piace, quando sei gentile con me, mi fai stare bene, provo….. affetto per te, quando mi accarezzi”
Soddisfatto di quella prima risposta, Kaede si chinò su di lui per baciargli la schiena e la nuca, passando le mani nei capelli, cercando di raggiungere le labbra, ma fermandosi sull’orecchio per sfiorarlo con un altro bacio.
“Quando ti bacio, cosa provi?”
Hanamichi sorrise mugolando, mentre le labbra del suo amante ancora indugiavano sul lobo.
“Mi accendi…… ma questo lo sai anche tu……”
Kaede sorrise di rimando.
Osservò un istante la luna che proseguiva il suo migrare nel cielo nero come pece, poi si portò due dita alla bocca.
Infilò l’altra mano fra l’asciugamano e quel corpo steso davanti a sé e lo toccò pianissimo, una lieve carezza, poi una presa un po’ più forte.
“E quando ti tocco così?”
Un gemito. Poi un sussurro, quando la calma tornò insieme all’immobilità.
“Kae…. non fare domande sciocche……….”
“Rispondi”
“Mi fai impazzire, non capisco più nient’altro che non sia la tua mano” Il ragazzo dai capelli d’ebano lo guardò, si tolse le dita umide dalla bocca e appoggiò le mani sui glutei di Hanamichi. Li divaricò con lentezza esasperante.
Sentì un attimo di irrigidimento. Che il suo compagno pensasse che lo avrebbe preso senza prepararlo, così?
Faceva bene, a chiamarlo do’hao. Lo era davvero, se lo pensava così poco attento.
Kaede sapeva perfettamente che il corpo che aveva davanti, così ben conosciuto in ogni suo particolare, non era affatto pronto. Né così eccitato da non sentire dolore, né preparato a sufficienza, con solo qualche lusinga sulla pelle.
Lo rassicurò con un’altra carezza del palmo aperto. Poi accarezzò la sua apertura con un polpastrello. Delicatamente, per non graffiarlo.
Hanamichi si tese sulla panchina.
Kaede temporeggiò ancora un po’, diversi secondi, a blandire con tocchi leggerissimi. Poi affondò di poco, con la prima falange.
“Aahn…..”
“Cosa provi?” mormorò a bassa voce, per non disturbare troppo quel momento
“Ah….. ti sento…..”
“Cosa senti?” chiese ancora, facendo penetrare lentamente tutto il dito
“A-Allargare…. è sempre… strano all’ inizio…..”
“Fa male?”
“N-No…….affat.to”
Kaede si mosse con circospezione al suo interno, accarezzò una parete setosa che avvertiva lì vicino e si deliziò con un altro gemito profondo. Poco dopo, inserì un secondo dito.
“Adesso mi senti meglio?”
“S-Sì…… due dita………”
“Ti piace, quando lo faccio?”
“Sì……. mi piace… essere prepa..rato …sono tran..quillo…..”
Kaede sorrise. Il suo dolce Hana gli stava confessando ogni cosa. Avrebbe indagato ancora un po’. Voleva capirlo meglio. Per essere, ogni volta, sempre più perfetto per lui. Per meritarsi appieno quell’amore che il suo do’hao gli riservava.
“Dimmi cos’altro provi”
“Mi p-p-piace quando mi accarezzi…. dentro…”
“Perché?”
“M.mi rilassa……. mi aiuta ad accoglierti ….meglio….”
Kaede annuì, comprendendo. Mosse ancora a lungo le due dita, senza cercare di aggiungerne una terza.
Un attimo e lo chiese.
“Vuoi che aggiunga un altro dito?”
Hanamichi scosse la testa.
“Preferisci due?” domandò lievemente sorpreso, non capiva
“S.sì… tre sono tante……. spingono…troppo forte …… due bastano…”
“Capisco”
E così il suo dolce do’hao aveva delle preferenze anche in quelle cose…. Non lo sapeva.
Spinse ancora un paio di volte, poi uscì.
Un gemito di disappunto lo raggiunse.
“Ti dispiace?” chiese
“Un.. po’……. mi piacevano… ma so che adesso devi fare spazio ad… altro…”
Kaede sorrise, ancora.
Ridusse lo spazio fra i corpi, si appoggiò a lui con la punta, trattenne il respiro e l’irrefrenabile desiderio d’entrare subito, fino in fondo. Aprì gli occhi e domandò.
“E adesso cosa stai provando?”
Hanamichi schiuse gli occhi caldi, già umidi.
“Kae…… mmh… so che stai per …entrare….li senti, no?…i brividi su di me…… Kami…. ti voglio dentro…. disp.erat.amente….”
E Kaede lo accontentò, entrando piano, un po’ senza fermarsi poi s’immobilizzò, a metà.
“Cosa… senti… quando ti …penetro?” il respiro spezzato, faceva forza su di sé per non lasciarsi andare
Hanamichi gemé di frustrazione. Con un enorme sforzo, ansimò poche parole.
“Mi… allarghi… molto…………. brucia .. pochissimo…… mi piace..co.sì tanto…. mi fai sentire ………..te”
Parole interrotte, ma dolcemente chiare.
Rukawa affondò completamente, senza trattenersi.
Un piccolo urlo basso.
Il ragazzo dagli occhi di mare si inserì in fondo, assestandosi in una prima spinta.
Si fermò, riprendendo fiato. Adesso erano più lucidi.
“C’ è ..un momento in cui senti.. più fastidio?”
Hanamichi sembrò riflettere un istante, mentre le prime gocce di sudore già si affacciavano sulla pelle del suo bel viso. Stava decidendo se essere sincero o no.
“Quando…. arrivi in fondo….. ah……. e sbatti la prima .. volta per…. iniziare …a spingere………. fa.. un po’ male…”
Kaede pensò alle sue parole. Anche prima era entrato così, anche adesso.
Si morse un labbro. Non sapeva neanche questo.
“Allora ..preferisci che ..io arrivi in fondo dopo.. un po’?”
“No… è inutile…. lì …è sem.pre… così”
“Hn”
Kaede spinse un’altra volta. Oramai, le sue resistenza erano arrivate quasi allo stremo.
Affondò, immergendosi in quel calore per lui vitale.
Hanamichi gridò in risposta.
“P-Perché… gridi?”
Una curiosità innocente. Era così bello sentirsi possedere?
“E’….. è …..trop.po ….. bello………”
Il tempo delle parole finì lì. Kaede non si trattenne. Per le altre domande avrebbero avuto tempo, dopo. Ora lo voleva.
Lo afferrò su quei fianchi sudati e perfetti e si inarcò spingendosi dentro. Il tempo sembrò fermarsi.
Hanamichi pregò perché non ci fossero altre domande. Non sarebbe stato in grado di rispondere. Il piacere era troppo forte. Gli chiudeva la gola in un nodo dai contorni precisi e lasciava spazio solo a suoni d’eccitamento.
Gemiti e ansimi e grida ed invocazioni.
Il resto non esisteva.
Ma Kaede spingeva e non sembrava deciso a smettere solo per parlare, lui che non parla quasi poi, quella sera gli ha fatto perdere la ragione, lo voleva morto con tutte quelle domande e quelle sospensioni. Dopo, dopo gli avrebbe confessato anche tutti i suoi peccati, anche quelli non commessi, ma adesso voleva solo soddisfazione, soddisfazione ed appagamento.
E Kaede non pensava più.
Solo, lo tiene ancora fermo, per colpire con la propria punta quel lembo preciso di pelle cedevole che fa impazzire Hanamichi. Quel punto lo conosce, in ogni suo particolare. Ed è dannatamente preciso. Proprio come quando insacca un canestro. Proprio come poca prima.
Hanamichi trema e grida. Sempre più forte. Non si preoccupa più di chi potrebbe entrare, sentire.
Sta amando Kaede, e tutto il resto perde dunque importanza.
Un attimo ancora, un istante d’incerta sospensione.
Poi si sente scivolare in fondo ad una valle di sconfinato piacere e si sente quasi perso. Ma la carne del suo amore affondata in lui gli ricorda che non è lì da solo.
E gli piace farselo ricordare così. Geme il suo apprezzamento. Estasiando i sensi del suo amante.
Gridano insieme. I fianchi stretti fra le mani, dita dorate che stringono il legno, apice per entrambi e liquido caldo. E’ passato pochissimo e subito Kaede abbraccia il suo Hanamichi.
Sono immobili, è ancora dentro di lui.
Si stanno calmando. Ora Kaede sa che entrambi riusciranno di nuovo a parlare.
E lui ha ancora qualche domanda.
Non uscì dal suo corpo, ma si rialzò piano. Lo chiamò.
“Sì?..”
“Quando esco da te, cosa provi?”
Un’altra domanda precisa.
Hanamichi prese fiato, ancora ansante.
“Io….. non vorrei………. ma so che devi….. vero?”
“Hn….. com’ è il tuo orgasmo?”
Hanamichi arrossì, ma oramai che senso aveva?
Parlò piano.
“Non so te…. io vedo solo un mare bianco di luce ….e poi ….ovviamente è piacevolissimo……” la voce che si abbassava fino a divenire quasi impercettibile sulle ultime sillabe
Si vergognava, il suo amore.
“Come preferisci che esca ..da te?”
Hanamichi guardava la finestra, ora, la luna piena e bella, la vestaglia trapuntata del cielo della notte.
“Fallo lentamente…….. anche se è un po’ più fastidioso….”
Kaede lo tenne fermo, le mani sui suoi glutei, li dischiuse ed uscì piano, scivolando fuori, accolto dal freddo della stanza.
Insieme, si stesero di nuovo sulla panca, il ragazzo dai capelli d’ebano ancora sulla sua schiena.
“Quanto sei stanco, dopo?” l’ ennesima domanda
Hanamichi sospirò, che volpe curiosa che era.
“Dipende, sai…… io sono uno strano do’hao…… che va a giorni… mentre tu sei una kitsune curiosa che va a lune…….. ci siamo trovati bene, no?”
Non era una risposta. Kaede lo morse gentilmente.
“Rispondi, strano do’hao..”
“Mmh, dipende…… te l’ ho detto…. da come mi sento….. da cosa ho fatto durante il giorno… da cosa mi fai tu….” la voce sfumò sul malizioso, un accenno di sorriso birichino
“Hn…quindi sarebbe tutta responsabilità mia?”
“Sì esatto, brava volpe!”
Un altro piccolo morso.
“Ehi, kitsune, non ti affilare i dentini sulla mia pelle”
Kaede lo ignorò. “E ti viene così spesso voglia di scherzare dopo aver fatto l’amore?” chiese, per stuzzicarlo
“Beh …a te viene voglia di parlare, no?”
“Sciocco do’hao”
“Ehi…..”
“Sssh, smetti di fare il do’hao, la luna ci guarda…..”
Hanamichi si volse ancora verso la grande sfera bianco avorio, i suoi contorni si erano arrossati, il cielo pulito la rivestiva di maggiore consistenza.
“Kaede.. guarda…. è arrossita….”
“Ci credo…… ci guarda da prima….. luna hentai…..”
“Ah ah ah Kae……ah ah” “Ssssh ti ho detto…” Kaede si sollevò un po’, stese le braccia e cominciò a carezzargli i capelli per farlo stare zitto. Partendo dalla nuca, affondò nel suo mare rosso di lino.
Un mugolio d’apprezzamento si levò forte.
Kaede si sorprese. “Ti piace?”
“Basta, con quest’interrogatorio….. continua…. mi mandi un sacco di brividi lungo la schiena …vorrei lo facessi tutti i giorni, tutte le ore”
“Non chiedere troppo”
Ma continuò fino a che non lo sentì rabbrividire. Sì, gli piaceva proprio, era riuscito persino a strappargli un piccolo gemito.
Lo accarezzò fra i capelli un’ultima volta, poi si alzò.
“Vieni, torniamo a casa”
Si vestirono in silenzio. Le stelle occhieggiavano quiete.
Ad un tratto, Hanamichi si girò.
“E tu?”
“Cosa?”
“Tu cosa provi, quando fai …sì.. quando fai l’amore con me?” domandò infine lui dai capelli di fuoco
Kaede si avvicinò. Lentamente.
Era giusto che sapesse.
Allungò le mani, le dita, e gli prese dolcemente il viso fra le mani, arrivando ad un soffio da lui. Poi sorrise, di cuore.
“E’ la cosa più bella del mondo”
La stessa, vera, risposta data ad Akira. Quanto si era pentito di non averla mai data prima a lui.
Silenzio.
“Sei così deliziosamente caldo e mi ami” proseguì
Lo abbracciò piano, infilando le lunghe braccia bianche ai lati della sua vita.
“Ti confesso, mio do’hao, che io vivo con il tuo calore”
Hanamichi represse una lacrima. Sorrise dolcissimamente e unì le loro labbra. Mentre la luna arrossiva ancor di più.
E non si sentiva sdolcinato, Kaede. Né aveva dovuto tacitare il suo orgoglio per parlare.
Lui era innamorato, oramai.
Cosa si può trovare di male nell’amare così tanto una persona e dirglielo, usando tutte le parole che si conoscono?
Non fu forse per celebrare gli occhi della compagna, che il primo poeta vergò una frase?
Erano cambiati. Loro, lui, Hanamichi. E non solo per quella settimana.
Erano cambiati dentro, anche se fuori restavano solo ragazzi.
Il loro universo interno si era costruito pian piano, ed aveva plasmato caratteri diversi, sempre i loro, ma diversi.
Perché si sa…… ….amare vuol dire cambiare. In due.
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