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Il ritiro
(fra te e me) parte IV - Giovedì di Mel
Segno che l’ora della prima colazione era passata da un pezzo. Forse facevano in tempo per la seconda.
Hanamichi corse fuori dal divano, ridendo. Kaede aveva tentato di acchiapparlo, ma non ci era riuscito.
Si erano svegliati di buon umore. Il profumo della coperta che sapeva ancora della loro prima volta li aveva accompagnati in quel sonno lungo e profondo.
Il ragazzo dai capelli rossi si diresse in cucina, raccogliendo su un vassoio tutto quello che riusciva a trovare. Cercando di tenerlo in bilico, tornò in salotto, si accucciò su Rukawa e mangiarono insieme.
Poi si stesero ancora. Il tempo passava. Ma molto più lentamente, adesso che una mano gli si muoveva con dolcezza fra i capelli ed il suo corpo nudo premeva contro il torace bianco ed accogliente di quella volpe.
Hanamichi si sollevò sui gomiti, facendosi guardare negli occhi.
“Dove mi porti, oggi, di bello, kitsune? Al campetto per due tiri?”
Fu allora che Kaede sorrise, in un modo pericolosamente vicino all’ ironico.
“Tu non vai da nessuna parte oggi, do’hao, sei in punizione per tutte le libertà che ti sei preso ieri sera……. se vuoi uscire domani, oggi dovrai impegnarti…”
Un movimento rapidissimo ed il ragazzo dagli occhi di miele si ritrovò affondato nel divano, in trappola, vicinissimo alle labbra calde del suo amante.
“Ricordi? Avevamo parlato di soddisfare certe… perversioni…….. la settimana sta per finire…. io credo sia il momento adatto….. adesso…….”
“…..perversioni…?” ripeté con gli occhi sgranati lui
“Avanti tesoro, smetti di ripetere con stupore questa parola, lo so che ti piace……” il sorriso si allargò ancora un po’ senza tuttavia diventare un ghigno volgare
La bellezza di quel volto era così tanta da farsi rendere giustizia anche da un sorriso malizioso. Hanamichi arrossì, ma non disse niente.
Poi distolse lo sguardo, in imbarazzo. Kaede rise divertito.
“Mmmh… ti farò gridare così forte.. – promise, strusciandosi contro la sua gola –….penso crollerai prima del tramonto…..”
“Non sottovalutarmi, kitsune……….” si difese lui strenuamente, rubandogli uno sfiorar di labbra
“ Non provocarmi… non ti conviene……”
Un gesto fluido e Kaede si alzò.
Nudo e splendido come sempre. La sua bellissima pelle di diciassettenne illuminata dagli sprazzi di sole.
“Aspettami qui e non osare muoverti”
“Torni presto?” Un sorriso candido, struggente quasi, gli occhi colmi di dolcezza. Lo voleva intenerire, il suo do’hao.
Tsk, illuso.
“Conservati l’ espressione da cucciolo per quando dovrai supplicarmi di smettere” sussurrò morbido, senza cattiveria
Hanamichi perse il sorriso, stupito.
La voce eccitantemente bassa di Kaede lo raggiunse, scivolando nell’ aria fattasi densa d’aspettativa e piacevoli minacce.
“Non avrò pietà con te…… mi soddisferai completamente……. tutto il giorno…..”
Un silenzio complice, poi un’ultima frase. Sussurrata avvicinandosi.
“Non volevi che ti dessi ordini nemmeno in campo, oggi voglio dartene… e te ne darò”
Così dicendo, andò via, lasciando il suo amante dai capelli rossi a fremere sul divano.
Si sentiva scosso da piccoli spasmi d’aspettativa, il piccolo do’hao. Desiderava e temeva, al tempo stesso.
Oramai aveva capito che le promesse di Kaede non erano mai vane. Nel bene e nel male.
Eppure…..
Strinse un lembo della coperta, senza tuttavia spostarsi dalla posizione in cui il suo compagno lo aveva lasciato.
Bello oltre ogni dire, il suo Rukawa. Soprattutto quando le linee morbide delle scapole intessevano sottili giochi di pelle ombrata sulla sua schiena offerta allo sguardo.
Kami, ora si sentiva acceso. Da quelle parole. Da quelle minacce. Da quegli sguardi di fuoco gelato.
Aveva provato, in quei pochi giorni, la passione vera di Kaede. Il suo sapersi lasciar andare.
E lo desiderava. Desiderava tutto ciò. Vi anelava.
Sentirsi prendere con violenza. Con una punta di dolore che subito acuiva il piacere. Sentirsi un po’ usare come una bambola. No, non faceva male questo pensiero perché sapeva che per lui non era mai stato un semplice divertimento. Solo che…….
Kami, com’era contorto….. Arrossì furiosamente, mentre realizzava che adorava veramente il pensiero di lasciarsi alle sue perversioni.
Sorrise contro un soffitto bianco e poi si girò verso i passi che cominciava a sentire vicino a sé.
Una lunga corda in mano. Le dita la stringevano, facendole strusciare la coscia sinistra ad ogni lento passo in avanti.
Kaede sorrise, osservando gli occhi sgranati del suo Hanamichi.
“Alzati” ordinò lui dagli occhi blu passione
Hanamichi si alzò, afferrando il lungo plaid, stringendolo contro la propria pelle nuda.
Rukawa si avvicinò, lo tolse dalle mani dell’amante e lo gettò di nuovo sul divano.
“Non ti servirà”
Insieme si diressero verso il corridoio che si allargava dopo l’ingresso. Le pareti rivestite di caldo legno chiaro. Listelli lunghi e ben proporzionati, che si fermavano a metà muro per lasciar spazio ad un encausto color acacia.
Hanamichi fu sbattuto gentilmente contro la parete. Kaede gli serrò i polsi e lo baciò con urgenza.
Le sue mani intanto legavano quelle dell’amante dai fili rossi con quella corda leggera, ma resistente.
“Alza lo sguardo” gli chiese lui dai capelli corvini.
Hanamichi seguì le sue indicazioni, incontrando l’opalescenza dall’effetto antico della particolare imbiancatura. Poco più in là, notò un piccolo anello di ferro battuto, che s’ incrociava quasi perfettamente con le diagonali della parete, dominando il centro del soffitto di corridoio. Uno di quegli anelli tipici delle abitazioni molto occidentali, utile per attaccarvi le piante in cestino, per farle pendere elegantemente dall’alto.
Solo ora, il ragazzo dagli occhi nocciola si accorse che qualcosa di molto simile ad una corda era stata fatta passare attraverso il metallo. La seguì scendere, fino a che non incontrò le dita lunghe di Kaede.
Le due corde furono fissate. Un piccolo strappo ed Hanamichi si ritrovò al centro del corridoio, le braccia stese sopra la testa, i polsi legati, il corpo indifeso, senza veli. Distante dai muri, distante da qualsiasi appiglio.
Lasciato allo sguardo bruciante della sua volpe in caccia. Kami, si sentiva tanto preda.
Kaede si allontanò un istante per chiudere le tende a listelli, lunghissime ombre si stagliarono quindi sulla pelle di Hanamichi. Sembravano tanto segni di frustrate lasciate da un carceriere sadico che tortura la sua vittima innocente.
Kaede girò compiaciuto attorno a lui. Scivolandogli sulla pelle con occhi di ghiaccio bollente.
Osservandolo.
Cercando di trovare il momento ed il posto su quel corpo dove ‘attaccarlo’.
Hanamichi mugolò infastidito. Quando Kaede spariva dietro di lui, gli era impossibile seguire le sue mosse. E quell’attesa lo snervava. Lo frustrava. Quell’attesa si faceva temere.
Kaede girò piano, ancora un paio di volte. Sorridendo malizioso. Allungando le mani, ma poi ritraendole senza compimenti.
Ancora un giro lento, ma Kaede non emerse dall’altra parte.
Un morso delicato graffiò la nuca di Hanamichi. Poi, improvvisa, una presenza calda e dura fra i glutei.
Il ragazzo dai capelli rossi gridò.
Un sussurro al suo orecchio.
“E se ti prendessi così, ora?”
Un lungo mugolio.
“Allora do’hao?”
“S.sì…….puoi farlo ..se vuoi”
Una risatina bassa. Dal tono lievemente dolce.
“Certo che posso… ma non ne ho voglia”
Un giro velocissimo attorno al corpo di Hanamichi e Kaede s’ inginocchiò, chiudendo le labbra su di lui.
Un grido isolato, forte. Poche spinte, forti, piene. E poi Rukawa si rialzò.
Un’offesa bruciava negli occhi di Hanamichi.
“Non guardarmi in questo modo o potrei sempre decidere di andare a farmi una partita al campetto e lasciarti qui così”
Hanamichi chiuse gli occhi, ubbidendo.
“Bene” . Kaede girò ancora intorno a lui. Regalandogli ogni tanto un tocco gentile, una carezza, uno strusciare quasi inesistente fra i corpi, un bacio o un morso o un breve appuntamento con la sua lingua.
Ipnotizzato dal suo muoversi, Hanamichi alzò il viso al soffitto. Un circolo eterno attorno a lui. Cominciava a sentire quelle mani, quelle dita ovunque.
Che lo saggiavano, lo lambivano, senza mai dargli niente. Se apriva gli occhi, poteva solo vedere il sorriso malizioso della sua bella volpe mentre gli passava davanti e lo toccava ancora ed ancora.
Improvvisamente, come prima, non lo sentì riemergere da dietro ed avvertì le sue mani sui fianchi.
“Hana…..” un richiamo, contro l’ orecchio
Un brivido gli corse sulla pelle.
“Dimmi che farai tutto quello che vorrò, oggi……”
“S.sì”
“…che ti piegherai ai miei perversi desideri……”
Un altro ‘sì’ tremante, eccitato.
“….che non mi odierai per le libertà che mi prenderò su di te, giuralo”
Hanamichi schiuse gli occhi.
“Non ti odierei nemmeno se tu mi uccidessi in questo momento”
Kaede sorrise davvero. “Mmh… sciocco do’hao…. quello che ho intenzione di farti è di gran lunga più piacevole…”
E tenendo le mani strette intorno alla sua vita, Kaede entrò in lui. In un’unica, lenta e calibrata spinta dei fianchi.
Senza fermarsi fino a che non lo aveva completamente riempito di sé.
Immobile poi nel suo corpo accogliente, lasciò scivolare via le braccia ed appoggiò semplicemente la testa sulla sua spalla profumata.
Hanamichi ansimava violentemente. Non si sentiva più le forze.
Rimaneva in piedi sorretto unicamente dalla corda che lo stringeva ai polsi e dal sesso pulsante di Kaede, piantato a fondo come un palo nel suo corpo.
Gemé quando la testa di Kaede si appoggiò a lui facendogli avvertire ancora quale fosse il suo unico sostegno interno.
Rimanevano immobili. Kaede rimaneva immobile. A godere di quel corpo fremente.
Oh sì, lo avvertiva, mentre pulsava umido e caldo attorno a sé. Quel corpo si aspettava in ogni momento di venir preso con spinte sempre più forti ed invece lui non aveva voglia di muoversi.
L’eccitazione era quasi insopportabile, vero, ma desiderava godersi il più a lungo possibile quelle sensazioni, per non scordarle più. Mai più.
Sentiva ogni vena. Ogni strappo. Ogni contrazione del corpo in cui era immerso. E ne sentiva anche le urgenti necessità. Ma non voleva accontentarlo.
Lo avrebbe fatto solo quando si sarebbe sentito sazio di quelle sconvolgenti emozioni.
Hanamichi tremava leggermente. Desiderava tutto tranne quell’ immobilità forzata. Quello stare sospeso in bilico sul filo di un piacere sfuggente.
Ma non importava il piacere. Anche il dolore gli sarebbe andato bene. Tutto, tranne quel calore intossicante che si diffondeva nel suo ventre.
Il suo corpo si era aperto per accogliere l’ amante e poi si era come richiuso su di lui, per tenerlo dentro di sé. Lo avvertiva profondamente. Decine di volte in un istante.
Nonostante fosse bellissimo anche stare solo così appoggiati, senza toccarsi, si sentiva bruciare. Dolorosamente.
“Kae….. ti prego……. bru.cia…così”
“Sssssh…”
Voleva silenzio Kaede. Non per crudeltà. Ma perché stava ascoltando.
Ascoltava il proprio corpo che beveva calore dalla pelle interna e dolce dell’altro.
Anche oggi, pensò, posso sopravvivere.
Allora lo sentì sussultare. Sì, Hanamichi sussultava piano. Non aveva detto più niente.
Pensando alle parole, Kaede si ritrovò a concupire la sua bocca. Voleva baciarla.
Erano passati troppi minuti dall’ultimo bacio a quelle labbra.
Uscì da lui e gli girò attorno.
Gli afferrò il viso e si ritrovò a sgranare gli occhi azzurro oceano.
Piccole lacrime rotolavano silenziosissime su quel viso. Ma non c’era rabbia, dolore né odio in quello sguardo nocciola, come promesso. Solo un’ immensa frustrazione.
Kaede lo avvicinò a sé e lo baciò. Piano. Piano.
Due o tre volte. Non se lo ricorda bene, Hana, adesso che Kaede è tornato dietro di lui, sa solo che sapevano di consolazione, quei baci.
E Rukawa si trattiene, ma avrebbe voluto chiedergli se davvero aveva bruciato così tanto, averlo dentro immobile. Poi pensa a quante libertà effettivamente quel piccolo do’hao gli lascia prendersi. E sorride. D’orgoglio.
Ed una punta di cattiveria.
Sì, perché se ne prenderà ancora tante. Tutte quel giorno. E domani. E dopodomani. E dopodomani ancora.
Fino alla mezzanotte della domenica.
Ma adesso smette di pensare al futuro e penetra velocemente il suo amore. Subito trova sollievo in lui. Ma non vuole farlo piangere di nuovo, così spinge. Con tutta la sua anima.
Ed Hanamichi sentì quel membro duro divorarlo. In spinte forti, solo verso l’alto.
Per poi ricadere giù, sulle gambe che non lo reggevano, con la corda che stringeva le mani, con la propria piccola apertura costretta ad allargarsi ancora un po’ di più, per la forza di gravità che lo spingeva in basso costantemente.
E Kaede non gli teneva fermi i fianchi. Ma solo separate le gambe. Con i polpastrelli affondati nell’interno coscia, da davanti. Le braccia che facevano un giro intorno alla vita e si tuffavano quindi in basso, ignorando completamente il suo sesso teso.
Hanamichi gridò. Non si poteva muovere. Nemmeno volendolo.
Gemé, gettando indietro la testa, unico movimento consentitogli dalle corde e da Kaede.
Furono attimi di piacere per entrambi. Hanamichi cercò di spingersi indietro, inconsciamente, ma le sue gambe non rispondevano. Il sesso duro di Kaede continuava a montargli dentro con forza. Fino a che non avvertì piccoli schizzi di liquido caldissimo risalire lungo le sue pareti in fiotti leggeri.
Allora si lasciò andare ad un verso disperato di piacere e venne. Mentre le corde lo sorreggevano gentili, assieme alle mani di Kaede ferme sulle gambe.
Un attimo di respiro e Rukawa scivolò fuori da lui. Girò ancora attorno al suo corpo accaldato e ne cercò le labbra fra i fili rossi che erano scesi a coprire quella testa china, abbandonata sul petto, distrutta dal piacere.
Piano, con delicatezza, iniziò a sciogliere i nodi di quella corda, mentre gli sollevava il viso spingendo sulla sua bocca con la propria.
Un bacio per ringraziarlo, come dopo ogni volta.
Un bacio prima. Un bacio dopo. Sempre.
Anche quella, era una splendida abitudine.
Appena libero, Hanamichi si lasciò andare in avanti. Kaede lo sorresse, ascoltando il suo respiro che tornava normale, poi salirono in camera assieme.
Tutto perfetto anche lì. Le lenzuola morbide, pulite, profumate. Di fresca seta chiara.
Per un’occasione particolare.
Una brocca piena d’acqua accanto al letto ed un bicchiere.
Aveva pensato veramente a tutto, il suo amante.
Si stesero sul letto. Hanamichi sospirò soddisfatto, avvicinandosi a lui per stringerglisi contro.
Kaede sorrise, ma replicò.
“Stanco? Il tramonto è ancora lontano…..”
Hana sorrise, ricordava la loro scommessa. No, non avrebbe ceduto.
“Non sto dormendo, mi riposo un po’ e basta…….”
Rukawa sbuffò e se lo tirò sul petto. Tuffò una mano fra i suoi capelli di lino e lo accarezzò piano, mentre con lo sguardo controllava che la corda non avesse lasciato segni troppo profondi sui suoi polsi ambrati.
Lo coccolò ancora un po’, poi decise di alzarsi. Scese solo in cucina e tornò su con il vassoio del pranzo.
Poche cose. Diverse salse.
Mentre finivano, Kaede prese il tubetto della maionese. Lo premé leggermente e sporcò di bianco avorio una clavicola di Hana.
Il ragazzo dai capelli rossi rise.
“Daii…..” mormorò, spostandosi lievemente
Uno sguardo profondissimo lo rimproverò con serietà.
Non doveva opporsi a niente, anche alla più piccola sciocchezza. Se era lui dagli occhi azzurri a chiedere, Hanamichi doveva solo ubbidire.
Quegli occhi lo fermarono. Immobile, Sakuragi si lasciò ripulire in piccole lappate eleganti, poi un bacio sfiorò le sue labbra mentre Kaede lo sbatteva contro la testiera di legno del letto.
Hanamichi sollevò lo sguardo su di lui. Kaede si era seduto in fondo al letto, distante.
“Avanti….. toccati ….fallo davanti a me…….” un ordine, l’ ennesimo
“Come… come ieri …?”
“Sì, solo che questa volta voglio guardarti, vedi di aprire bene le gambe” un tono quasi duro, per nascondere quanto forte fosse quel desiderio
Hanamichi sorrise. A quanto pareva l’ altra sera alla sua bella volpe era dispiaciuto non aver potuto guardare.
Rise.
Kaede lo guardò gelido.
“Non ridere…. Godi”
Il suo amante dai fili rossi si sistemò allora contro la testiera di ciliegio rosso. Il suo corpo contro l’ albero che dava i kanji per il suo cognome. Le venature chiare contro quelle porpora dei suoi capelli.
Poi divaricò completamente le gambe e si portò una mano al ventre.
Si accarezzò piano, prima con qualcosa di simile alla timidezza. Scendendo e risalendo.
Piccoli ansimi lievi cominciavano ad uscirgli dalle labbra.
Poi una presa più forte. Hanamichi spinse la schiena indietro, contro il legno e cominciò a muovere forte la propria mano.
Un gemito uscì insieme al respiro di fuoco. Gli occhi si stavano lentamente scurendo.
Dal nocciola al mogano, fino al nero.
Kaede non attese. Era tempo per l’ultimo ordine.
“Chiama il mio nome, mentre lo fai….”
E si appoggiò sul proprio braccio piegato, per guardarlo e sentirlo.
Hanamichi impiegò un minuto a capire cosa stessero chiedendo le labbra che aveva visto muoversi. S’inarcò rabbrividendo contro la testiera del letto. E lo chiamò.
“Kae..de”
Un sussurrò bassissimo, al limite dell’udibile.
Ma le volpi hanno le orecchie lunghe, si sa. E Kaede non si perde nemmeno un sospiro di quel suo do’hao così eccitante.
Lo vede muoversi ad incontrare la propria mano con spinte leggere dei fianchi e sente che il suo cuore pulsa veloce. Sì, ha il batticuore. Solo a guardarlo così.
Che si masturba per lui.
Hanamichi si tende, si arcua verso il fondo del letto. I movimenti ritmici, con cui si lambisce la pelle calda e fremente, non gli bastano. Ha davanti a sé il suo amante, il suo primo e unico amante. Il ragazzo che fa l’amore con lui da mesi. E che, nonostante gli alti e i bassi, lo ha sempre fatto godere.
E adesso lo vuole. Non vuole semplicemente toccarsi davanti ai suoi occhi. Vuole la sua mano. Il suo corpo.
Troppo lontani gli sembrano quegli occhi che lo guardano.
Ed allora lo chiama.
“Kae.de”
Ancora.
“Kaed..e”
Ed il battito di quel cuore di volpe aumenta. Sempre più veloce. Il sangue gli corre nelle vene, lo sente. Kaede lo sente il sangue ed i richiami d’amore del suo compagno e gli batte furiosamente nel petto un cuore pieno di desiderio.
No, non si è mai sentito così. Irresistibilmente attratto.
Hanamichi si tende. Disperato.
Il suo amore non vuole venire da lui, a rendere perfetto quel piacere macchiato dalla solitudine. Ed allora si tende nella sua direzione, con i fianchi, il sesso eretto e la mano.
Verso di lui.
“Kae.de”
Si tocca. Quasi violento.
“Kaede”
Occhi blu lo fissano avvicinandosi.
Si sono fatti più vicini? O è la materializzazione di una volontà?
“Kaede….Kae.de”
No, sono vicini. Il suo amante dai capelli neri si sta muovendo verso di lui.
“Kaed..ee”
Ma è troppo lento il suo strusciare sinuoso sulle lenzuola. Ed è troppo veloce il salire e scendere di quelle dita sulla pelle quasi liquefatta.
“Ka…edeee…”
E non può aspettare, Hanamichi.
“Kae.de….Kaee.de…..K..aede…..”
E non aspetta.
Vede solo che il suo amore lo ha raggiunto, che guarda le sue mani che si muovono veloci, fissandole attento, mordendosi forte le labbra. E vorrebbe sussurrargli piano che è una kitsune curiosa, ma riesce solo a pronunciare ancora il suo nome. Velocemente adesso. Come unico appiglio.
“KaedeKaedeKaedeKaedeKaede”
Infine cede, chiude gli occhi e viene. Con un gemito lungo ed una contrazione intensa.
Schizzando sé ed il ventre vicino di Rukawa. Mentre il cuore di quel ragazzo dagli occhi azzurri esplode, quasi.
Con un roco ansimo, Hanamichi si abbandonò tra i cuscini ed il legno di ciliegio. Senza forze. Senza respiro.
Si sentì ghermire. Due braccia lo avvolsero, un bacio lo raggiunse, poi avvertì una mano.
Le dita sottili di Kaede si stavano facendo strada sotto il sesso del suo compagno. Insinuandosi lente, raccolsero gocce perlacee e morbide al loro passaggio e si spinsero più avanti, accarezzando con le punte tutto lo spazio che divideva i contorni di quel membro dalla piccola apertura. Nient’altro che una sottile striscia di pelle chiamata perineo. Le corte unghie delle dita la lambirono, i polpastrelli vi si soffermarono più a lungo, premendo delicatamente. Esattamente a metà strada fra la sua virilità e l’accesso al suo corpo.
Hanamichi si dimenò fra quelle braccia. Sentiva quella mano farsi più audace, cercare come qualcosa, premere contro la sua pelle tenera, ricercare un piccolo spazio dove affondare.
“P.più avanti” suggerì, inarcandosi Se voleva un posto piccolo e stretto dove affondare, doveva andare più avanti.
Un sorriso malizioso trascinò con sé le labbra di Kaede.
“Lo so, dopo”
E quelle dita sensuali strusciarono forte lungo tutto il perineo. Bagnandosi velocemente, visitando di sfuggita il piccolo orifizio, ma allontanandosene subito.
Ed Hanamichi gridò forte. Aprendo la bocca per respirare. La sola aria che poteva inspirare dalle nari non gli bastava più.
Improvvisamente un dito perfettamente bagnato si immerse in lui, facendolo tendere in un singhiozzo. Un attimo dopo, sparì uscendo.
Un morso raggiunse la spalla di Kaede ed il ragazzo dagli occhi color di prussia lo guardò severamente.
Un istante e lo sbatté sotto di sé. Lo girò di fianco e si sistemò dietro di lui.
Gli afferrò con forza i glutei e lo prese con un’unica spinta possente. Senza aspettare. Hanamichi lo sentì entrare, rassegnandosi subito a quella dolce prepotenza. Appena la punta dura si conficcò in profondità, lui dai fili rossi gridò con tutta la voce che aveva. Era stato troppo veloce ed improvviso, non doloroso, ma imprevisto. Si era sentito aprire completamente solo quando lo aveva avuto del tutto in sé . Lo aveva avvertito dopo, tutto insieme.
S’inarcò, spingendosi in avanti, scivolandogli fra le mani. In un istante Kaede lo riafferrò e lo penetrò ancora una volta. Riempiendosi le orecchie delle sue urla, lo fece suo. Con costanza. Fin nei recessi della sua setosa pelle interna.
Hanamichi allungò le mani sul lenzuolo candido. Il suo corpo madido di sudore tentava di spingersi avanti, per seguire i movimenti impostigli dai fianchi di Rukawa, ma quelle mani lo tenevano immobile mentre sentiva il suo membro duro risalirgli nel ventre. Entrava sempre fino in fondo. Nessuna penetrazione leggera. Solo spinte forti e irregolari.
E non poteva che accoglierle. Accogliere lui ed il piacere che gli stava dando. Si sentiva già nuovamente eccitato.
Preso a quel modo, sentiva quella virilità incandescente sprofondare in lui senza sosta. In quella posizione poi, ne avvertiva ogni contorno, il punto preciso dove andava a sbattere. Stretto fra le sue braccia, di fianco, lo riceveva più profondamente. Se ne accorse perché già dalle prime spinte il posto che Kaede aveva cercato con il proprio corpo teso era stata la prima ansa del suo retto. E lo aveva trovato. Facilmente. Senza dover usare troppa forza.
Sì, abbandonato a lui, Hanamichi si offrì dunque a quell’entrare impietoso, piacevolissimo senza dubbio, ma così insolitamente profondo. Sembrava toccargli l’anima, il corpo del suo dolce Kaede. Sembrava volergli raggiungere il cuore.
E non si fermava.
Non si fermava, Kaede, perché non capiva più altro. Niente di diverso dal nome di Hanamichi. Lo chiamava incessantemente nella sua testa. Gli mordeva forte la spalla che aveva vicino alle labbra, poi la leccava, pentendosi del piccolo dolore che gli aveva causato. E spingeva. Poi lo mordeva di nuovo.
Il suo giovane corpo era ormai preda della folle eccitazione. Sapeva che il climax era vicino. Lo desiderava.
Pensieri velocissimi sfrecciarono nella sua mente. Insieme ad un’altra piccola perversione.
Non avrebbe voluto, ma aveva promesso a sé ed al suo ragazzo che quella settimana avrebbe pensato unicamente al proprio soddisfacimento. Hanamichi lo avrebbe perdonato.
Non subito, forse.
Ne rise. Poi diede una spinta fortissima. S’inarcò in lui, insinuandosi quanto poté. Avvertì le pareti liscissime di quel piccolo tratto a curva del suo intestino e lì venne, in un grido alto e pieno.
Kaede si godé immobile gli ultimi spasmi del proprio corpo. Sotto le mani sentiva la pelle di Hanamichi percorsa da brividi, freddi.
Velocemente lui uscì.
“Ka.ede” un debole richiamo
Lui dagli occhi azzurri si sollevò su un gomito. Era un bastardo e lo sapeva.
Ma era sempre stato un suo sogno proibito.
Prenderlo così forte, senza farlo venire.
Oh sì, era stato proprio un bastardo.
Lo sapeva bene, Hanamichi, che adesso tremava di frustrazione. Trovò la forza di girarsi ed incrociò le iridi chiare del suo unico amore.
Kami, quanto lo odiava.
Il ragazzo moro schiuse le labbra in un tenue sorriso, dagli accenni ironicamente innocenti.
“Era una mia fantasia tesoro, perdonami” mormorò in falso tono di scuse, divertito anche
“Ve.de..rmi ….mo.ri..re?”
“No, farti godere solo a metà…”
“Kami…no.. Kae…ti prego ….fa’ qu.al..co..sa……… non ce la faccio…..” il tono supplice, quasi
Kaede gli regalò solo una bacio morbido, profumato.
“Ti ..p-prego…se non …mi fai …venire …morirò….. per favore…” ansimò con le lacrime agli occhi
“Dai, passerà….. andiamo a farci una doccia…..”
Kaede evitò fortunosamente un pugno. Il suo sguardo blu si fece di ghiaccio non appena scorse che l’altra, di quelle mani ambrate, era scesa verso il basso a darsi soddisfazione da sola.
Gli afferrò il polso e lo riportò al suo posto.
“Non ci provare, non erano questi i patti…ricordi? Tutto quello che voglio io”
“Se.i ….un ..bastardo….”
“Lo so, do’hao…… e non dirmi poi che non ti piace…” il tono serio, ma gli occhi ridenti
Hanamichi lo guardò imbronciato, gli occhi pieni di lacrime, mentre tentava di dominarsi, di calmarsi.
“Ti odio, stupida volpe…. ti odio proprio”sussurrò
Kaede si stese su di lui, strappandogli un gemito.
“Avevi promesso di non farlo, qualsiasi cosa fosse successo” un’occhiata che, potendo, si sarebbe colorata di malinconia
Hanamichi rispose al suo sguardo. Intensamente. Mentre respirava a fondo.
“Non dico ……sul serio …..lo sai… ma rimani ..comunque….. una kitsune bastarda….questo non te lo toglie nessuno…..” mugolò risentito
Kaede sorrise. “Perché così imbronciato, piccolo?”
Hanamichi lo guardò offeso, le labbra contratte, le sopracciglia aggrottate. Un’espressione tenerissima.
“Voglio venire”
“Dopo” promise lui
“Ti prego…. farò qualsiasi cos…”
Kaede gli chiuse la bocca con un dito.
“Attento alle promesse, potrei chiederti un’altra settimana …….” rise piano, stuzzicato però all’idea.
“……..non importa… tutto quello che vuoi, ma per favore…..”
“Sto già facendo di te tutto quello che voglio…… ho detto ‘dopo’ …….su!Andiamo in bagno……”
Si alzò, ignorando le sue proteste e lo trascinò sotto la doccia. Senza che il suo compagno se ne accorgesse, ruotò la maniglia sull’acqua fredda e una cascata di piccoli diamanti ghiacciati li investì. Hanamichi sussultò, gettandosi poi fra le braccia calde del compagno.
“Kami Sama!E’ gelida!!...Chiudi, Ru”
Kaede sorrise. Era fredda, vero, ma gli piaceva da impazzire ritrovarselo contro il petto a cercare di nascondersi dagli schizzi di acqua gelata.
Una manciata di secondi ed aprì l’acqua tiepida, poi passò alla calda. Il ragazzo dai capelli rossi si rilassò piano fra le sue braccia.
La carezza sinuosa dell’acqua leniva la stanchezza, la tensione e anche la frustrazione appena provata.
Stava bene così. Chiuse gli occhi e si abbandonò contro quel torace di pelle chiara, ascoltando con un orecchio il gocciolare dell’acqua e con l’altro, quello posato sul petto del suo amante, il placido battito di quel cuore di volpe.
La sua volpe. Così morbido. E bello.
E dannatamente bastardo.
Sorrise, strusciò la guancia contro di lui e pensò a come si sarebbe vendicato.
Oh sì, perché si sarebbe vendicato. Atrocemente.
‘Non è niente….. dai passerà…… dopo’
Avrebbe voluto vedere lui, al suo posto. E ce lo avrebbe visto.
Appena passata quella lunghissima settimana di ritiro, lo avrebbe fatto morire. Sì, sì…..avrebbe fatto finta di voler a tutti i costi fare l’amore, lo avrebbe fatto eccitare e poi non si sarebbe concesso. E non solo per quella sera. Per almeno tre giorni.
Lo strinse abbracciandolo.
‘Mio bastardissimo amore, ci penserai meglio la prossima volta’ pensò
Ed era un’altra promessa.
Ma adesso voleva godersi quel piacevole tepore e quella dolce compagnia. Si rilassò.
Sentiva il suo corpo implorare riposo. Era stanco. Troppe emozioni. Troppa intensità. Troppo trasporto.
Aveva un sonno tremendo.
Ma si era ripromesso di non cedere almeno fin dopo il tramonto. Ne andava del suo orgoglio.
Non gli avrebbe dato persino la soddisfazione di capitolare così presto.
Anche se si sentiva terribilmente stanco.
Ora che l’eccitazione era scemata, gli sarebbe andato bene fermarsi per quel giorno. Il problema era che Hana non sapeva quanto in effetti potesse essere perversa quella volpe bruna. Ma lo avrebbe scoperto presto. Oh sì, molto, molto presto.
L’acqua li circondava silenziosamente come una madre protettiva e sempre sorridente. Una mano raminga si fece strada lungo il ventre scolpito del ragazzo dalla pelle dorata, scese giù, cauta, per poi deviare bruscamente e navigare attorno all’anca morbida, dove spiccavano ancora gli arrossamenti della presa possessiva del precedente amplesso. La mano lambì passando oltre, scendendo ancora, in quella che ad Hanamichi era già chiara come premessa di una ricerca di rinnovato piacere. Si stupì un po’.
Non ne aveva mai abbastanza, il suo Kaede? Erano giorni ormai che non facevano altro. Né pensavano ad altro.
Era davvero così invitante come qualche volta gli veniva sussurrato dolcemente all’orecchio?
Davvero possedeva un po’ di bellezza? Anche un solo piccolo particolare che attraesse?
Gli sembrava ingenuamente strano.
Eppure quella mano ora s’insinuava fra i suoi glutei, così come l’acqua che colava. Sempre più giù. In un percorso folle.
Ma, ancora memore del doloroso fastidio della crudeltà della sua volpe, Hanamichi si scostò bruscamente prima che un dito riuscisse a violarlo marcando il confine fra il ritorno ed il non ritorno, fra ragione e folle passione.
Con finto interesse, il ragazzo dai fili rossi e bagnati si avvicinò al ripiano triangolare delle spugne e dei bagnoschiuma osservandoli attentamente.
Kaede rise a bassa voce. Che buffo che era quel do’hao.
Sapeva di essere stato molto cattivo con lui. E sapeva anche che presto il suo dolce compagno gliel’avrebbe fatta pagare.
Ma adesso voleva rimediare un po’, anche, in fondo, per arruffianarsi un po’ di riguardo in più quando sarebbe toccato a lui soffrire allo stesso modo. Oh sì, perché l’aveva scorta… una luce di vendetta, in quello sguardo castano. Ora si era nascosta, ma sapeva che prima o poi….. verso l’inizio della settimana prossima, forse…..sarebbe spuntata fuori di nuovo….
Mmh, poteva sempre comprarselo con qualche attenzione, almeno per invocare un po’ di clemenza. Rise di sé e di quei pensieri sciocchi.
Lui era un duro, non avrebbe supplicato, ci sarebbe andato vicino, ma non avrebbe supplicato.
Gettando tutte quelle facezie da parte, si disse la verità. Che lo amava, che gli era dispiaciuto farlo soffrire, farlo imbronciare, farlo implorare. Ora voleva regalargli qualcosa. E poi lo avrebbe fatto dormire un po’. Sapeva quanto dovesse essere stanco.
Erano giorni ormai che lo aveva completamente, più volte al giorno, quando voleva, come voleva.
Lo stava stancando. Lo avvertiva solo accarezzando quel viso e quel corpo che conosceva così bene.
Un altro corpo……. quello di Hanamichi…… il suo bellissimo e sensuale e splendido corpo……. la sua allegria…. il suo carattere…… i suoi occhi……. la sua anima, in quegli occhi che giorno dopo giorno riflettevano il mondo, come finestre aperte in un’oasi fatta di dolci sentimenti.
Kami, lo amava davvero.
In tutta quella settimana, non aveva fatto altro che ripeterselo. Lo amava profondamente ed avrebbe continuato ad amarlo per sempre.
Qualsiasi cosa fosse successa.
Lo strinse improvvisamente a sé, affondando il viso nella sua spalla, inspirando il suo odore buono. Sotto l’acqua che cadeva. Calda.
Poi allentò la presa. Si mosse verso il suo orecchio e sussurrò.
“E’ ora… quel ‘dopo’ che ti avevo promesso…”
Hanamichi sorrise e si arrese. Questa volta la mano di Rukawa trovò la sua meta senza incontrare ostacoli. Il suo ragazzo dai capelli rossi gli stava quieto fra le braccia.
Lo preparò gentilmente, aggiungendo al primo, due dita e gli baciò il viso nell’attesa.
Gli ansimi caldi che uscivano da quelle labbra dorate si mescolarono ai vapori dell’acqua.
Gettando indietro la testa, Hanamichi si lasciò prendere più a fondo da quella mano e si sentì addossare al muro pieno di schizzi d’acqua calda e profumata. Spingendolo in alto con le braccia, chiedendogli in quei movimenti di puntarsi contro le piastrelle di marmo tiepido, Kaede lo sollevò facendosi circondare la vita delle sue gambe. E lo prese. Piano, ansimando per lo sforzo di tenerlo così, ma eccitato da quel nuovo strano gioco di posizioni.
Il suo amante dai fili rossi gridò, poi sentì che Rukawa lo stava abbandonando di nuovo.
Tutto quello di poco carino che voleva gridargli, gli fu tacitato da un bacio. Kaede chiuse l’acqua e gli afferrò un polso. Uscirono dalla vasca e si diressero al centro della stanza da bagno.
Il ragazzo dai capelli neri prese un asciugamano e frizionò i capelli bagnati del suo Hanamichi. Lo spinse indietro fino al piccolo sgabello per il bagno e ve lo fece sedere sopra. In un attimo s’insinuò con il viso fra le sue cosce socchiuse e afferrò tra le labbra la sua virilità tesa.
Lo lecco piano, suggendo poi amabilmente. Con la testa rivolta indietro, Sakuragi urlò tutto il suo gradimento.
Raccolse l’asciugamano bianco e lo passò fra i capelli corvini che aveva vicini all’inguine. Li frizionò, aiutando, con le mani ai lati della sua testa, la bella volpe a prenderlo fino in fondo.
Una piccola leccata e Kaede si staccò nuovamente. Aiutò il suo compagno ad alzarsi, lo sbatté nuovamente contro il muro e lo sollevò ancora, come prima.
Questa volta, al posto di una penetrazione leggera e superficiale, preferì una spinta decisa e lo ebbe profondamente. Un altro piccolo grido, mentre con una mano libera Kaede apriva la porta del bagno.
Il letto era a pochissimi passi da loro. Poteva farcela.
Strinse le braccia attorno alla schiena di Hanamichi ed avanzò con lui in camera.
Come pesava il suo amore. Non ce la faceva.
Ancora un passo. Uno solo.
E lo lasciò andare sul letto.
Lo guardò un attimo.
Arcuato sul cotone candido, le gambe aperte, l’intimità bagnata d’acqua e d’ altro. I fili rosso scuro dei suoi capelli che esplodevano in fiori ricamati sul copriletto.
Si stese su di lui e lo penetrò di nuovo. In un unico movimento.
Indifeso e troppo stanco per lottare, lui dagli occhi di miele se lo lasciò infilare dentro, gridando. Movimenti veloci, non profondi come prima, ma ugualmente piacevoli e precisi.
Kaede lo teneva fra le braccia, accarezzandolo nei rari momenti in cui riprendeva lucidità dal calore folle in cui si sentiva rinchiuso.
Lo sentiva rimanere in silenzio. Eppure sapeva che stava godendo.
Ma neppure un grido, né un gemito.
Solo respiri veloci.
Era davvero stanco, il suo tesoro.
Si affrettò. Cercò di premere solo quel punto erogeno che conosceva così bene al suo interno e lo portò velocemente al limite.
Un debole ‘Kae.de’ fu tutto quello che Hanamichi mormorò raggiungendo l’orgasmo.
Esausto, Sakuragi si abbandonò completamente all’abbraccio del letto. Rukawa lo sorresse e lo adagiò delicatamente un po’ più in là, sui cuscini.
Senza nemmeno aspettare di sentire uscire il suo amante dal proprio corpo, lui dalla pelle ambrata aveva chiuso gli occhi. Troppo stanco, anche per tenerli aperti o farsi sfuggire un ansimo.
Kaede prese il lenzuolo sollevando lui e ve lo avvolse dentro, guardandolo con tenerezza. Gli scostò una ciocca dalla fronte e vide quelle labbra aprirsi.
“Ru…. il tramonto?”
Kaede sbuffò. Il suo sfinito amante pensava ancora a quella storia del tramonto. Guardò fuori dalla finestra, poi si chinò a baciarlo come ogni volta dopo. E mormorò.
“Dormi, l’ abbiamo già passato, sei stato un bravo do’hao”
Un sorriso ebbe giusto il tempo di dipingersi su quel bel viso, che la rilassatezza del sonno già lo disperse nell’immobilità a lungo desiderata.
Kaede alzò lo sguardo ancora una volta e sospirò, poi stese la testa vicino a quella rossa dell’amante e si addormentò.
Mentre il sole proprio allora cominciava appena ad aranciare i propri contorni, ma era ancora alto nel cielo.
Ed il vento mantenne in segreto la piccola bugia di quell’amante prezioso dai capelli d’ebano.
Ed arrivò anche la notte, quella che porta spesso le idee più romantiche e selvagge. Ancora qualche piccola perversione andava soddisfatta.
Si erano svegliati insieme. Subito, Hanamichi aveva chiesto un bicchiere d’acqua e Kaede glielo aveva passato. La brocca quasi vuota, sarebbe dovuto andare a riempirla di nuovo. Avevano mangiato poi si erano assopiti ancora.
Rukawa si era svegliato per primo. Si sentiva bene. Il calore che il suo Hanamichi emanava era piacevole, ma lui doveva alzarsi. Aveva da preparare molte cose per la sua ultima richiesta di quell’appagante giovedì.
Si alzò e sparì nei corridoi scuri della sua casa.
Hanamichi si svegliò sfiorato da qualcosa. Una strana sensazione di ….non capiva…… aprì gli occhi assonnati e vide subito quelli gemmati di Kaede. Blu intenso e tempestoso. Lapislazzuli ricoperti di colori a olio blu oltremare. Una tela piena di emozioni quegli occhi. Così vivi.
“Buongiorno”
Un sorriso.
“… ‘giorno….è mattina?”
“E’ ancora notte, do’hao… giovedì notte”
Il ragazzo dai capelli rossi fece per mettersi a sedere, ma si ritrovò immobile ed ancora disteso.
Alzò la testa e trovò strisce di velluto rosso porpora legate ai suoi polsi. Le seguì in silenzio senza capire. Le vide stringere la sua pelle e poi tuffarsi fra gli intagli della testiera in legno, in alto, per poi spuntare di nuovo in nodi stretti e decisi.
Il suo sguardo cercò quello di Kaede.
“Cosa….?”
“Un mio desiderio, do’hao”
Hanamichi sospirò.
“E sia” disse rilassandosi
“Così mi piaci”
Sollevandolo leggermente, Kaede gli sistemò i loro due guanciali sotto le spalle e lo guardò. Legato al suo letto. Kami, ce lo avrebbe voluto trovare tutte le sere.
Prese poi un altro pezzo di stoffa che aveva appoggiato sul piccolo comodino e lo sollevò dando al suo amante il tempo di guardarlo.
Era una striscia piuttosto larga, di materiale diverso rispetto a quelle intorno ai polsi, seta probabilmente, o raso. Kaede si avvicinò a lui, salendo con un ginocchio sulla sponda del letto, tese il piccolo pezzo di stoffa e fasciò con delicatezza le labbra di Hanamichi. Le chiuse avvolgendole nella seta profumata, bianca come latte. Sollevò la testa del compagno e annodò i lembi.
Si erse soddisfatto, mentre occhi nocciola scuro lo fissavano confusi.
Per le mani, aveva scelto due pezzi dello stesso drappo di velluto che avevano usato qualche sera prima, per la bocca invece si era orientato sulla seta. Il velluto sarebbe stato troppo pesante, una volta inzuppato di saliva.
Ammirò il suo amante. Bello oltre ogni dire.
Le braccia stese sopra la testa, cuscini sotto il corpo, le labbra sigillate da un velo bianco.
Sentì un brivido violento attraversargli la spina dorsale.
Sì, quella era la sua ultima fantasia.
Con la lentezza di chi, appena raggiunto un sogno, non desidera vederlo finire così presto, Kaede prese spazio sopra di lui. Strusciò le loro pelli con attenzione risalendo verso il collo.
Un mugolio incomprensibile uscì da quelle labbra al posto di un gemito. E lui dagli occhi azzurrissimi si chiese se davvero quella stoffa sottile sarebbe stata in grado di tacitare al mondo le urla che gli avrebbe strappato.
Se lo chiese scommettendo.
Voleva riuscire a farlo gridare lo stesso. Ma quanto forte lo avrebbe dovuto prendere?
Quei pensieri gli attraversarono la mente infiammando i suoi già precari sensi. L’eccitazione si era trasformata in piccoli spasmi concentrici sulla pelle del suo corpo bianco.
Sfiorandogli il viso, sussurrò al suo orecchio con immenso trasporto.
“Dio…. voglio sbatterti fino a farti urlare”
Poi si ritrasse, mentre dalla gola ambrata sotto di sé sentiva provenire un suono basso. Un ansimo forse o un gemito lieve.
Scese dal letto e spense le luci grandi, accese una piccola candela, un bastoncino d’incenso ed aprì le tende.
La mancanza di luce non si avvertì. La penombra dei neon dei lampioni rendeva omogenea la stanza, la candela rischiarava i particolari più minuti, il suo profumo e quello dell’incenso esaltavano i sapori di tutto quello che di lì a breve sarebbe stato ‘consumato’.
Avvicinandosi finalmente al suo corpo legato ed indifeso, Kaede si sentì scuotere da un altro profondo brivido d’aspettativa. Sentiva il proprio membro tirare. Ed ancora non lo aveva toccato.
Elegantemente, cominciò a stendersi su di lui, gli occhi quasi neri, non più azzurri, né blu. Neri di passione e desideri perversi.
Hanamichi lo fissava, aveva seguito ogni suo movimento, ogni sua azione. Non gli piaceva sentirsi immobile. Indifeso. Alla mercé di quello sguardo bramoso.
Anche se non lo avrebbe mai ammesso, aveva un po’ di timore. Timore di essere preso e poi abbandonato in preda alla frustrazione, come prima. Timore di non potersi opporre, né con il corpo, né con le semplici parole. Timore che Kaede non fosse gentile con lui.
Che lo avrebbe penetrato, pensando solo al piacere personale, che non lo avrebbe preparato con cura, che non lo avrebbe sentito anche se avesse gridato che faceva male.
Erano timori un po’ infondati, lo sapeva da sé. Eppure l’aveva vista, l’eccitazione del suo amante mentre si stendeva su di lui. L’aveva vista e aveva capito che forse richiedeva soddisfazione immediata.
Amava Kaede e si fidava, ma temeva un po’. Cercò di tranquillizzarsi, ma appena si sentì afferrare i fianchi con velocità e forza, si ritrasse spaventato, mugolando forte qualcosa.
Non voleva essere preso subito, così. Non era pronto.
“Non ti piace stare così?” chiese lui dai fili neri
Hanamichi non annuì, né negò. Le mani di Rukawa lo strinsero un po’ di più, ferme sui fianchi.
Lui dallo sguardo castano si dimenò, mugolando ancora parole incomprensibili.
E Kaede non era uno sciocco, sentiva che qualcosa infastidiva il suo amante. Qualche pensiero probabilmente.
E lui non aveva nessuna intenzione di anteporre i propri desideri alla felicità di quel ragazzo.
Lo sentiva mugolare ancora. Forse voleva dirgli qualcosa.
Sorridendo, infilò le mani sotto la sua bella testa rossa e cominciò a sciogliere i nodi della benda. Il suo amore poteva anche parlargli. Ad una condizione però.
“Puoi parlare, però ti permetto di dirmi solo una frase… scegli -con attenzione- quale…”
Era pur sempre il suo prigioniero, in quel momento. Non poteva vedersi concessa troppa libertà.
Mentre la benda scivolava via dalle sue labbra.
Hanamichi era stato tentato di aprirle subito e chiedergli di fare piano. Ma si era fermato.
Inclinando la testa, sembrò riflettere un attimo. Poi schiuse la bocca e disse solo.
“Ti amo” guardandolo intensamente, parlando più in quello sguardo che con le parole
Mettendo in quelle mani di volpe tutta la propria fiducia.
Perché quel ‘ti amo’ accettava in risposta solo un altro ‘ti amo’, era chiedere amore e volerlo ricevere e fare piano sarebbe stato come mostrarlo. Era partire da un presupposto di fiducia.
E Kaede sorrise dolcemente, si chinò piano su quelle labbra scoperte, inclinando il viso verso sinistra, chiudendo gli occhi. Le baciò, poi le coprì nuovamente ed iniziò i preliminari.
Gli inumidì appena l’inguine con una prima carezza audace. Salì con i polpastrelli sulle braccia legate, passando dal morbido del velluto al morbido della sua pelle d’oro. Scese baciando la gola, il petto, ogni avvallamento.
Giù, fino a tuffare il viso sul suo ventre e posare le mani fra le sue cosce. Voleva farsi spazio fra le sue lunghe gambe, il suo passionale Kaede.
Hanamichi le schiuse leggermente.
Kaede rise piano, divertito.
“Da bravo, aprile un po’ di più tesoro, così non ci entro, lo sai”
I fianchi caldi di Rukawa insisterono fino a trovare il loro naturale spazio, ed il contatto intimo lasciò sussultare entrambi.
Hanamichi lo guardava, ansante.
Osservò con attenzione il suo amante allungare un braccio, afferrare un piccolo vasetto e rilassò automaticamente tutti i muscoli del suo corpo. Non oppose resistenza al dito che lo violava, si lasciò massaggiare e preparare. Kaede stendeva la vaselina con cura e dedizione. Ammirando come la sottile striscia di seta fosse già sparita, martoriata dai denti candidi di Hanamichi.
La mordeva, per non gemere. Per resistere alle ondate di calore che avvertiva, ogni volta che quelle dita lo prendevano un po’ più su.
Kaede scivolò fuori da lui e lo baciò attraverso il morbido tessuto bianco latte.
Posato il sesso su di lui, spinse. Entrò facendogli sentire ogni centimetro. Lo accarezzò per calmarlo, quando quei centimetri erano ormai diventati troppi e troppo caldi. Affondò in tutta quella morbidezza umida e sospirò soddisfatto.
Poi gli impresse la prima spinta. Lo sentì tendersi e mugolare forte, spostarsi verso l’alto, ma accoglierlo.
Attese un istante, poi assestò la seconda.
Iniziò a prenderlo stabilendo un ritmo completamente suo, fatto di pause ed accenti elevati, di delicatezza, ma decisione.
Il calore di quell’interno viscido e umido lo ghermì. Iniziò ad affondare con crescente intensità. Avvertiva rochi suoni soffocati tentare di oltrepassare la barriera bianca della seta. Mugolii flebili nascevano da quella bella gola ambrata e si scioglievano nel serrarsi perso di piacere degli occhi scuri di quella creatura dai fili rossi.
Hanamichi si agitava, sbatteva la testa sul cuscino, da una parte e dall’altra, cercando di non cedere ancora. E Kaede, in un attimo di lucidità, fraintese quel dimenarsi folle ed contrastante.
Si avvicinò al suo viso e gli mormorò una roca domanda spezzata.
“Devo…. devo …fare pi.più …p-pia.no?”
Temeva di causargli dolore. Non voleva.
Il ragazzo dai capelli rossi gli lanciò uno sguardo supplichevole, scuotendo la testa. No, non piano. Forte. Kaede. Forte. Voleva di più. Più forte. Più in fondo.
Kami gli sembrava di bruciare fra le fiamme dell’inferno. Che fosse quella la punizione per essersi sottoposto a quelle perversioni?
Si dimenò agitandosi, quasi con follia, con movimenti a scatti, cercava d’incontrare quella virilità tesa e così piacevole. Cercava di gridare, ma non ci riusciva, si sentiva rivoli di lava al posto del sangue, fuoco liquido nel ventre, fra le gambe, nelle viscere.
Sentì il corpo di Kaede strusciarlo, un morso lo raggiunse sul collo. Non delicato, ma di possesso. Un marchio di proprietà.
Suo.
E Rukawa lo stringe forte, sentendo sotto i propri denti il sangue correre follemente in quel corpo sconvolto dall’eccitazione, lo tiene fermo con le mani, con il proprio peso, per dargli più piacere possibile con movimenti profondi e precisi, vuole che impazzisca per ogni cosa che decide di fargli, sia che lo prenda leggermente, dilatando la sua apertura di poco, sia che lo sfondi con violenza fino a sbattere contro le sue pareti. Lo ama e lo desidera e lo sta prendendo. I loro sguardi incatenati, lo guarda senza vederlo come anche lui del resto, mentre il membro duro di Kaede lavora freneticamente intorno alla sua stretta fessura.
Non ci va piano con lui. Ma adesso va bene. Anche Hana lo vuole. E’ pronto.
Sull’orlo di un apice da raggiungere. Le spinte si moltiplicano velocemente, incredibilmente rapide. E precise.
Lo stanno facendo impazzire e bruciare e fondere e perdersi in un altro universo parallelo colorato solo di bianco, blu e nero. Il piacere, gli occhi ed i capelli della sua volpe.
Non vede altro, Hanamichi, non sente altro.
Fino a che qualcosa di conosciuto non lo raggiunge. Una spinta che s’inabissa in fondo e in un lembo strettissimo Kaede si riversa.
E lui dalle labbra che mordono la stoffa bagnata si sente allagare le viscere dal piacere vischioso di Kaede. E grida. Grida per raggiungere il piacere prima e lo raggiunge.
Ed il suo grido forte e pieno oltrepassa la seta bianca e raggiunge la stanza e le orecchie del suo amante.
E’ riuscito a farlo gridare più forte che ha potuto. Ne è contento, Kaede, ed assapora quindi gli ultimi spasmi dei loro corpi, soddisfatto ed abbandonato sul petto del suo compagno
Fermi da un po’, riprendevano fiato e ragione. Kaede si sollevò. A cavalcioni su di lui, lo strinse a sé per togliergli la seta dalle labbra. Con delicatezza la sfilò dai suoi denti, dalla sua bocca.
Un filo sottile di saliva scese quindi dagli angoli socchiusi delle labbra di quella visione troppo stanca anche per restare a guardare la propria liberazione.
Kaede si avvicinò, e con riverenza leccò via quel filo fatto di gocce dal sapore buono e forte. Lo leccò, unendosi alla sua lingua umidamente, come a ringraziarlo.
Sciolse anche i nodi di velluto. Con ancora più attenzione, senza tirare o graffiare.
Uno per volta, massaggiò i due polsi un attimo e li riportò accanto a quel corpo esausto.
Si stava per addormentare sul serio, il suo Hanamichi dagli occhi chiusi.
Non poteva farlo dormire così, aveva sudato così tanto, e perso saliva.
Lo strinse al proprio petto e lo scosse.
“No, Hana… no, non dormire ancora…. aspetta……….. bevi un po’, dai…. bevi su…..”gli disse, portandogli un freddo vetro alle labbra
Lui dai capelli del colore del tramonto sospirò, bevve, sorretto da Kaede, costretto a finire tutto il bicchiere, si adagiò poi sul cotone.
Si erano addormentati così e la notte scorreva tranquilla. Hanamichi si strinse inconsciamente al petto di Kaede e lo destò. Il ragazzo moro si guardò attorno, la stanza era un disastro, il letto un campo di battaglia. Lanciò uno sguardo al compagno ancora addormentato e lo coprì premurosamente con il lenzuolo, si distese accanto a lui e lo abbracciò.
Non si poteva nemmeno immaginare quanto amasse quei momenti, Kaede. Il silenzio quieto, i corpi appagati, l’unione appena divisa che forniva tutto quel calore a lui indispensabile per sopravvivere.
Si sentiva profondamente bene. E si riaddormentò.
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