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Il ritiro (fra te e me)
Calore - Epilogo

parte III - Mercoledì

di Mel



 

Si crogiolarono lentamente, uno fra le braccia dell’ altro.

Si erano cercati a lungo, la sera prima.

Il suo Kaede lo aveva fatto impazzire, con tutti quei baci su quel tavolo.

 

Si misero a sedere, indecisi se alzarsi subito oppure restare a guardarsi piacevolmente negli occhi ancora un po’.

 

Ognuno guardò verso il basso e rise.

Avevano ancora addosso il drappo rosso scuro di velluto morbido.

La stoffa li avvolgeva e li univa.

 

Si ridistesero, Hana sopra il suo amore.

Per godere ancora un po’ della reciproca compagnia e delle piccole attenzioni l’uno per l’altro.

 

 

Il giorno scivolava.

Avrebbero avuto allenamenti nel pomeriggio.

Quelli supplementari, ordinati dal capitano, prima di andare via.

Come li avrebbero avuti poi anche venerdì.

 

Ma non ci andarono.

Preferirono il silenzio di un piccolo campetto, fin quasi all’imbrunire.

 

Divisero un pallone e qualche bacio.

 

Kaede si trattenne un attimo ancora, vedendo il suo ragazzo parlare allegramente con Mito.

Il migliore amico del suo amante li aveva scorti da lontano e si era avvicinato.

Li lasciò fare e si esercitò ai tiri da tre.

 

Poco dopo, Hanamichi si accostò a lui.

Con la coda dell’occhio, Kaede gli gettò uno sguardo.

 

Il suo amore sembrava in apprensione.

La bocca socchiusa, pronta a chiedere qualcosa, immaginò lui dai capelli d’ebano.

 

Un permesso, probabilmente.

 

“Kae….. io e Yohei……. andiamo a fare un….”

 

Fu interrotto.

 

 

“Torna presto”

 

 

Un sussurro piuttosto atono.

Hanamichi sorrise leggermente e si allontanò.

 

 

In pochi minuti rimase solo.

Nell’immensità di quel parco inondato dalla luce dell’ultimo momento di tramonto.

 

L’arancione pieno si mescolava in fili bicolore oro scuro e rosso slavato.

Si gettava sulle reti metalliche con forza, cercando di abbatterle quasi, ingrandendole sicuramente, lasciando che tutto quello spazio sembrasse ancora più ampio ed esteso, che l’aria fosse più calda e piena di pulviscoli che danzavano sopra il cemento chiaro come invitati ad una festa in una sala da  ballo.

La quiete s’incoronò sovrana di quella fine solitaria di pomeriggio.

 

Kaede si sedé contro un muro baciato dai raggi.

 

Pensò un po’ a sé, a lui, a loro e a Mito.

Era tranquillo.

Pensò al basket.

Era felice.

Pensò di nuovo a lui, il suo lui, quello dai capelli rossi di lino e gli occhi esageratamente dolci durante i sorrisi.

Era innamorato.

 

 

Tornò a casa.

Ed il silenzio lo accolse bruscamente.

Senza poterlo evitare ripensò a quella volta.

Il giorno della sua partenza.

Il vuoto assoluto che aveva provato.

Così devastante.

L’assenza del suo amante lo intristì improvvisamente e lui si ritrovò a desiderare che tornasse prima da quel suo giro con gli amici.

 

 

Ma il tempo scivolò sempre solitario nella grande casa vuota.

 

 

Hanamichi correva per strada.

Aveva tardato un po’.

Beh, pensava, Kaede non si arrabbierà per qualche minuto.

O qualche quarto d’ora.

 

Gli aveva detto che lo voleva presto a casa.

Chissà per che cosa.

 

Il pensiero irrazionale (?)di trovarsi davanti il suo Kaede arrabbiato sull’ingresso che lo aspettava per continuare il loro ritiro lo sfiorò insistentemente facendolo rabbrividire.

Kaede eccitato, furioso per il suo ritardo.

Tremò ancora una volta, non per il vento, non per  il timore.

 

Scosse la testa e corse più veloce.

 

Entrò rapidamente in casa.

L’ingresso deserto.

 

Lasciò a terra le scarpe ed avanzò lentamente, togliendosi la giacca.

Era tutto buio.

Ma non accese la luce.

Sentiva di non doverlo fare.

Avanzò ancora, passando appena la soglia del salotto.

 

 

 

“Entra” mormorò una voce bassissima

 

 

 

 

Hanamichi sussultò.

Silenzio.

Non vedeva niente.

I suoi occhi, ancora pieni della luminosità delle strade artificialmente rischiarate, non si erano abituati, non capiva da dove il suo Kaede gli parlasse.

Non rispose.

 

 

 

“Bentornato” continuò sommessa la voce

 

 

 

“Ciao” fu il suo flebile saluto mentre arrossiva, slacciandosi la sciarpa

 

Il suo compagno dai capelli scuri non lo salutava mai così, più spesso privilegiava l’andargli incontro per sfiorargli le labbra.

Il suo Kaede non era fatto molto per le parole.

Ma adesso gli parlava dall’oscurità, senza avvicinarsi, senza rassicurarlo con il suo tocco caldo e sempre gentile.

 

Non poté reprimere un brivido.

 

Il suo Kaede era arrabbiato?

 

 

“Sono sulla poltrona” si sentì mormorare

 

 

Adesso i suoi occhi caldi cominciavano ad abituarsi alla semioscurità della stanza.

Scorse i lineamenti bellissimi dell’amante stagliarsi poco nitidi contro una finestra, su una poltroncina laterale dell’ampia sala.

 

 

“Kaede”

 

 

 

“Spogliati e poi raggiungimi….”

 

 

Un ordine ben preciso.

Hanamichi sospirò e cominciò a togliersi gli abiti.

 

 

La giacca pesante, la giacca della divisa.

Abbandonate a terra.

Si slacciò i bottoni della camicia, quello del pantalone scuro.

 

Troppo velocemente, per i gusti di Rukawa.

 

 

“Piano, do’hao, piano…… perché così veloce?” un leggero rimprovero senza toni particolari

 

 

 

“Voglio… venire da te…..” ammise lui dai capelli di lino

 

 

Kaede sorrise nell’ oscurità.

Poi assunse un’inflessione seria.

 

 

“Non vado via… non preoccuparti… lasciati guardare bene piuttosto…..”

 

E Hanamichi annuì piano.

Si scostò i lembi ormai aperti della camicia bianca e li lasciò scivolare dalle spalle lungo le braccia, fino ai gomiti piegati verso i pantaloni.

Si posò le mani sui fianchi e spinse verso terra, scoprendo poco a poco la linea dei fianchi, le anche morbide, il pube.

Timidamente.

 

Rimase immobile.

Sollevò appena i piedi, per scostare gli indumenti accasciati a terra.

 

Alzò il viso, le mani lungo i fianchi.

 

Nudo.

E splendido.

 

 

Kaede fremé.

Cambiando leggermente posizione, scostando le gambe elegantemente accavallate per prepararsi.

Irrequieto.

 

 

 

“Bene…. – disse, lasciando scorrere gli occhi su tutto di lui –…..vieni qui, adesso……”

 

 

Hanamichi si avvicinò.

A passo lento.

 

 

 

“Siediti sulle mie gambe” ordinò lui dagli occhi in tempesta

 

 

 

Hanamichi lo raggiunse, seguendo il suono della sua voce, arrivò fino ai suoi piedi, allargò le gambe e si spinse avanti, sentendo le ginocchia di Kaede sfiorargli l’interno coscia, insinuandosi nello spazio appena creato, avanzò ancora, di un piccolo passo e cominciò ad abbassarsi.

Lentamente, con cura.

Si sentì afferrare i fianchi, all’ altezza delle anche morbide.

Si sentì afferrare e stringere forte e accompagnare giù.

Fino a posarsi con grazia sulle gambe forti di Rukawa.

 

Al tocco morbido delle rotondità della pelle del suo Hanamichi, Kaede non riuscì a reprimere un tremito violento di eccitazione.

Attraverso la sottile stoffa dei pantaloni, sentiva la pelle nuda dell’ altro, la sentiva disegnarsi con maliziosa perfezione sui suoi muscoli, occupando ogni spazio, delicata, sempre più calda.

Il tepore si diffondeva, iniziando a raggiungere l’inguine.

Le mani godevano, sempre in quei momenti, della consistenza della carne che stringevano vicino alla vita.

 

Con un gesto secco, Kaede tirò a sé quel corpo meraviglioso, unì i loro ventri e affondò le labbra nella cavità naturale del suo ombelico.

 

Hanamichi si inarcò all’ indietro, gemendo, reclinando la testa.

 

 

“Aaahn……” si levò nella penombra

 

 

“Questa sera… mi stavi facendo arrabbiare….. sei tornato tardi….. mi avevi promesso di essere a casa presto….”

 

 

Hanamichi abbozzò un sorriso di dispiacere.

Allora aveva indovinato.

Il suo Kaede si era innervosito.

 

 

Se ne intristì.

In un attimo ripensò a quante volte, scioccamente, lo aveva fatto soffrire.

A quante lo aveva deluso.

 

A come gli aveva imposto decisioni difficili.

Come quella del viaggio.

 

Smise di pensarci.

 

Adesso voleva consolarlo.

 

Quella sera si sarebbe fatto perdonare almeno un mese intero di sciocchezze.

 

 

Si dimenò sinuoso da quelle mani, attirando la curiosità di quella volpe bruna.

 

 

“Cosa c’ è ?”

 

 

“Posso..?…..”

 

 

“Cosa….?”

 

 

“Farmi  perdonare …..”

 

 

“Hn…..”

 

 

Era un sì.

 

Hanamichi puntò i piedi a terra.

Si sollevò con facilità e abbandonò le gambe di Kaede per inginocchiarsi davanti a lui.

 

Posò le mani sulle cosce di Rukawa.

Le schiuse, trovandovi in mezzo uno spazio per sé e per la propria bocca, soprattutto.

Afferrò con mani sicure i suoi pantaloni e li sbottonò velocemente.

Scostò i suoi indumenti, tutti  i suoi  indumenti, e chinò le labbra sul suo membro.

 

Un brivido intenso tolse il respiro al ragazzo dagli occhi blu.

Si tese sulla poltroncina, afferrando i braccioli in uno spasmo scomposto.

 

Hanamichi non si lasciava spesso a queste cose con lui.

Quasi mai.

 

Kaede si sentì il fuoco nel ventre.

 

Il suo Hanamichi succhiava dolcemente, lentamente.

Con innocenza, quasi.

 

Kaede si appoggiò allo schienale, immobile, il respiro greve, umido.

 

Un movimento verso l’ alto, il contatto con la lingua bruciante e lui dai fili neri gettò indietro le testa in un roco gemito estasiato.

 

Secondi di altro piacere invadente.

 

 

“Oh sì……” si sussurrò sulle labbra il ragazzo moro

 

 

Hanamichi sorrise e si chiuse a fondo su di lui.

Un piccolo grido lo ricompensò.

 

Spinse ancora una volta, un’altra.

Avvertì un tremito intenso e leccò avidamente.

 

 

Si pulì le labbra con la punta della lingua e risistemò perfettamente i pantaloni scuri del compagno.

 

Ancora abbandonato contro la poltrona, Kaede schiuse gli occhi.

Si lasciò ad un sospiro soddisfatto.

 

Poteva ritenersi appagato, ma il pensiero sensuale del suo Hanamichi nudo, in ginocchio, che si prendeva cura della sua intimità risvegliò tutti i suoi sensi.

 

Certo, lo avrebbe perdonato per il ritardo, ma non lo avrebbe esentato dal loro ritiro.

Almeno fino a notte inoltrata.

 

Il ragazzo moro si chinò velocemente, lasciando un bacio delicatissimo sulla testa del suo amante ancora a terra.

 

Hanamichi non si spostò, rimase accucciato lì, fra le sue ginocchia, con la testa posata sull’interno della coscia di Kaede.

 

A chiedersi come poteva sentire un bisogno tanto urgente di lui.

Tanto prepotente.

 

Un affetto sconfinato, un sentire dilagante.

Lui, proprio lui che aveva giurato su una tomba di non volersi più legare così profondamente.

Se solo un giorno Kaede fosse impazzito e gli avesse chiesto di uccidersi per lui, l’avrebbe fatto.

Senza pensarci.

 

Era ben poca cosa il suo donarsi.

Pensare che quel magnifico ragazzo dai capelli neri come la notte, tutta quella perfezione in forma umana, avesse scelto lui.

E lo amasse.

 

Ma non così per dire.

Oh no, non si dice mai così per dire ‘ti amo’… sarebbe come perdere la dignità del proprio cuore.

E Kaede era pieno di orgoglio.

Un orgoglio buono, elegante.

Vero.

Quello che ti fa dire ‘Sei la ragione della mia vita’ solo se hai effettivamente la ragione della tua vita davanti.

Com’era dolce anche quell’orgoglio, pronto a mettersi da parte per non ferire e com’era geloso, se comparivano all’orizzonte altri due occhi da guardare che non fossero quelli della sua volpe.

 

E com’era sensuale, mentre gli diceva adesso di alzarsi.

 

 

“Torna sulle mie gambe” ordinò Kaede

 

 

Hanamichi si alzò.

Guidandolo con le mani, Rukawa lo riportò su di sé.

 

 

La penombra ancora avvolgeva la stanza.

La bassa poltrona sulla quale si trovavano dava le spalle ad una finestra abbastanza larga, eppure la luce faticava ad entrare ed illuminava solo parzialmente lembi di pelle e pezzi di stoffa.

 

Kaede se ne rammaricò, sospirando.

 

Improvvisamente, come se lo avesse sentito il cielo stesso, le nuvole si spostarono, mentre la grande luna dagli occhi neri sorgeva candida.

 

 

Avvicinando il corpo morbido che stringeva sui fianchi con mani decise, ma gentili, Rukawa ammirò il suo amante irradiato dai raggi lunari.

La luce risalì dal ventre, nascosto dall’unione con la sua stoffa, fino agli addominali percorrendoli con esperta gentilezza, fino al petto, ai boccioli scuri, alla gola ambrata, al mento, alla linea della mascella, all’orecchio.

Sempre più forte e veloce, per rifulgere poi in barlumi continui negli occhi, sui capelli di fuoco e sui denti scoperti in un sorriso.

 

Le mani sempre sulla sua vita, Kaede si scostò dalla spalliera per guardarlo meglio, per affondare gli occhi nella sua pelle perfettamente visibile, per posare poi la guancia nel mare d’argento vivo che erano diventati quei capelli luminosi, per passare a labbra socchiuse sul suo volto con il desiderio che cercava di uscire dalla bocca sotto forma di respiri caldissimi.

 

 

Hanamichi sorrise.

 

 

E Kaede pensò.

Poi si ridistese contro lo schienale, con aria dolce, coperta dall’oscurità ancora imperante.

Guardandolo.

 

 

 

 

“Sai….. hai un sorriso erotico, amore mio” mormorò piano

 

 

 

 

E Hana sorrise ancora.

 

 

Due dita si fecero strada, fendendo l’aria, fino a posarsi lievi sullabsuperficie lucida di quelle labbra.

Kaede gli accarezzò la bocca e Hanamichi chiuse gli occhi, baciandogli quella mano.

 

Aveva tentato di toccare quel sorriso, ma aveva ricevuto solo baci.

In fin dei conti, in quel corpo tutto da possedere, forse solo il sorriso rimaneva da assaporarsi da lontano.

 

Ed andava bene così.

 

Ma adesso Kaede aveva voglia.

 

Quelle labbra erotiche lo aveva invitato.

Avrebbe punito tutto quel corpo per la loro sfrontatezza.

 

Era pur sempre un ragazzo.

Non dovevano osare e provocarlo.

 

Le soffocò contro di sé e lottò furiosamente, ma le vinse.

 

Poi fu il turno di capitolare per i  boccioli scuri sul petto di Hanamichi.

La lingua morbida di Kaede li sfinì.

 

Hanamichi gemeva, sorridendo, ancora.

 

Qualche fruscio e Kaede si era ritrovato di nuovo con i pantaloni scostati.

 

Hanamichi sorrideva.

 

 

“Perché?” chiese, con aria maliziosa, il suo amante dai fili di raso nero

 

 

“Ho solo anticipato i tuoi desideri…..” si giustificò il ragazzo dagli occhi nocciola

“…e i miei” aggiunse un attimo dopo, ridendo stavolta

 

Kaede si sistemò comodamente contro la poltrona e schiuse le gambe per prepararsi a prenderlo.

Hanamichi s’inarcò piegando leggermente le cosce, spostandole attorno ai fianchi del suo koi.

 

 

La luna continuava a brillare desiderosa.

 

 

 

“Avanti… vieni a farti penetrare, amore”

 

 

Hanamichi si avvicinò ancora, il più possibile.

Poi si sentì ghermire.

Le mani di nuovo sui fianchi, poi più giù, a stringere con desiderio i glutei e tutta la carne morbida che nascondeva alla vista l’accesso proibito a quel corpo.

 

Kaede tenne divaricate quelle due rotondità e unì i loro fianchi.

Con la punta premé, quasi violentemente.

 

Hanamichi sussultò, sorridendo sempre.

 

Poi abbandonò le mani lungo i fianchi, oltre le gambe del suo amante e si lasciò sostenere unicamente dalle mani che artigliavano la sua pelle.

Si sentì separare ancora i glutei, il più possibile, con lentezza, fino a lasciare quel piccolo buco totalmente indifeso, alla mercé di chi voleva invaderlo.

 

Hanamichi avvertì la punta bagnata farsi più pressante e finalmente Kaede lo vide perdere il sorriso.

Solo desiderio, adesso.

Per entrambi.

 

Kaede tirò ancora un po’ quella pelle, poi con un movimento preciso e veloce alzò i fianchi, abbassando contemporaneamente quelli del compagno che teneva fra le mani, e lo violò a metà, lasciandolo gridare d’inappagamento.

 

Hanamichi si contorse.

Kami, la prima metà di quel sesso duro era arrivata entrando fulminea, violenta.

 

Kaede si era preso quella libertà perché sapeva che il dolore arrivava sempre con l’altra metà, quella più grossa, più turgida, la radice.

 

Hanamichi implorò con uno sguardo.

O tutto, o niente.

Diviso a metà no, amore.

Sembrava dire.

 

 

E Kaede finalmente gli regalò la pienezza di una penetrazione completa.

Fin nei suoi recessi, ma entrando in quell’altra metà di intestino con più dolcezza.

 

Hanamichi si tese.

Si sentiva completamente abbandonato a lui.

Non sapeva perché.

Forse la posizione, la situazione, i sentimenti contrastanti.

Non lo sapeva.

 

Ma avvertiva il proprio corpo che si bagnava velocemente, che si lasciava allargare e violare, che si faceva lasciare  e riprendere.

Più e più volte.

 

Le mani della sua bella volpe, dietro la schiena, lo sorreggevano.

Se non fosse stato per quel turgore piantato bruciantemente a fondo in sé, sarebbe già caduto sul pavimento, privo di forza e di sostegni.

Ma adesso le dolci mani di Kaede si prendevano cura di lui, lo accarezzavano, lo sostenevano.

Lo aiutavano a scendere e salire sul membro teso.

Continuamente.

 

Alla luce argentata della luna, Hanamichi lasciava che il suo corpo si muovesse dall’alto al basso, dal basso all’alto, su e giù.

Sempre più forte.

Sempre più veloce.

 

Il caldo umidore che imperlava la sua piccola apertura permetteva all’erezione di Rukawa di scivolare in lui senza fatica, senza dolore e senza ostacoli.

Si sentiva veramente sfilare e riprendere.

Con forza.

Come prima.

Quando Kaede lo aveva fatto proprio in una spinta fulminea.

 

Solo che adesso quelle dolci invasioni non si fermavano a metà, ma tentavano di raggiungere il fondo, i punti più nascosti e sensibili.

E quella crescente ossessività lo estasiava.

 

Hanamichi s’inarcò all’indietro, piegando la schiena, sorretto sui fianchi da Kaede, sfiorò quasi con le spalle le ginocchia su cui prima era seduto.

Si sentiva allargare le viscere, prendere con vigore.

 

S’ inarcò ancora di più.

Kaede lo penetrava  con senso di giusta appartenenza.

 

Kami…. era così piacevole essere presi a quel modo….

 

Gridò ancora, contro il soffitto pieno di ombre.

Avvertiva oltre le palpebre serrate il biancore, per lui accecante, della luna.

 

S’inarcò ancora, fino a sfiorare quasi, con i suoi fili ramati, le gambe di Kaede.

Salendo e scendendo sull’inguine del suo koi, in una danza veramente erotica.

 

Gridava e gridava ancora.

Senza più trovare il tempo di sorridere, adesso che ogni fibra del suo essere era preda del piacere.

 

E Rukawa lo aveva fra le mani.

Un corpo accaldato, sudato, che gemeva dimenandosi, contorcendosi, che si lasciava sostenere completamente, con le mani abbandonate fin quasi alle sue caviglie.

 

Kami..lo muoveva ora, per possederlo completamente, per saggiare la setosità del suo interno, lo muoveva lui e Hanamichi si lasciava fare tutto, gridava e ansimava, con il respiro strappato dal piacere, ma senza accennare un rifiuto, un irrigidimento.

Era suo.

 

L’amante dai capelli di lino rosso si lasciò al suo sesso esperto e gettò per l’ultima volta la testa indietro, insieme a tutto il suo corpo, costringendo le mani di Kaede a correre sulla sua schiena per impedirgli di cadere.

Strinse le cosce contro il costato del suo koi e venne in un mugolio sordo.

 

Altri due o tre movimenti imposti su quei fianchi, e Kaede lo riempì di sé, in fiotti copiosi e regolari.

 

Hanamichi gemé morbidamente, per quel liquido chiaro ed abbondante che si spargeva in lui, mentre strusciava freneticamente una guancia contro il collo di Kaede, spingendosi da solo l’ultima volta verso il basso per farlo godere e non perderne nemmeno una goccia.

 

 

Delicatamente Rukawa iniziò a sollevare il compagno.

Ma Hanamichi protestò.

 

“Ancora un po’ così, Kae… ti prego…”

 

Con un sospiro silenzioso, il ragazzo dagli occhi di mare acconsentì, cingendogli forte la schiena con le braccia, baciandogli piano la gola.

Il tempo passò veloce.

 

Abbandonato contro il petto del suo koibito, Hanamichi godeva di quella presenza nel suo corpo.

Di quel concentrarsi di sensi e d’ amore che sempre prendeva entrambi dopo la condivisione di un rapporto fisico.

Stava così bene, lui dagli occhi nocciola.

Sarebbe rimasto così tutta la vita.

A sentire materialmente nel proprio ventre la totale appartenenza del suo essere a Kaede.

 

Hanamichi si spostò leggermente, un mugolio per Rukawa.

Il ragazzo dai capelli neri si decise finalmente ad abbandonarlo.

 

Pur se dispiaciuto, Hanamichi non disse niente.

 

Rimasero fermi così.

Kaede sulla poltrona bassa, larga.

Con il suo dolce peso sulle gambe.

 

Lo sentiva tremare un po’ e cominciò a carezzarlo, con le mani, sulle gambe, sulla schiena, fino alla nuca.

Hanamichi lo abbracciò forte e rimasero ancora un po’ così.

 

A scambiarsi baci leggeri.

 

La notte era ormai arrivata.

Ma avevano ancora tempo.

 

E Hanamichi lo sapeva.

Ne era felice.

 

D’un tratto si sentì spostare, alzò lo sguardo, incontrando le iridi azzurre della sua volpe intenta a guardarsi intorno, poi si sentì adagiare al suo posto sulla poltrona.

 

Kaede si era alzato, stiracchiandosi i muscoli alla luce tenue dei fuochi della notte, le stelle.

Com’era bello, pensò il suo amante.

 

Poi un brivido di freddo lo colse.

Si portò le braccia al petto mentre vedeva il suo compagno andare via di spalle.

 

Un istante dopo, una coperta leggera lo avvolse, un bacio morbido sulla tempia lo raggiunse ed udì un sussurro.

 

“Io vado un attimo su, aspettami qui”

 

Rukawa si allontanò salendo le scale, il rumore dei passi che si soffocavano per la crescente lontananza accompagnò il silenzio quieto.

Hanamichi si coprì, aspettando.

 

Un attimo dopo, messa a lavare la camicia macchiata del piacere del suo ragazzo, Kaede tornò giù.

 

Due occhi scintillanti di malizia lo aspettavano.

Due occhi che spuntavano un po’ oltre il bordo del plaid leggero tirato su fino al naso, incolore nella semioscurità.

 

 

“Adesso cosa facciamo?” chiese Sakuragi

 

Una nota d’aspettativa, in quella voce sempre incredibilmente sincera.

 

Kaede si sedé a terra.

Un ginocchio piegato, il mento posato sopra, una mano sotto, l’altra lasciata distrattamente sulla moquette.

 

 

“Fammi vedere qualcosa tu”

 

Hanamichi sorrise un istante.

 

“Vedere no…. sentire forse” propose

 

“Hn….. sbrigati, piccolo” mormorò, impazientemente stuzzicato, Kaede

 

 

Ed il suo amante dai capelli rossi si sistemò sulla poltroncina.

Le gambe che, anche attraverso la stoffa del plaid, si potevano facilmente immaginare dischiuse, il corpo completamente coperto, le forme appena accennate, le labbra celate.

 

E contro il morbido pile Hanamichi diede vita ad un concerto di suoni rochi e bassi.

 

Kaede non poteva vedere niente.

Solo, crudelmente, immaginare.

Sapeva che lui si stava accarezzando.

Lo capiva dai suoi gemiti soffocati.

Eppure, anche avvicinandosi, non avrebbe visto niente.

La coperta leggera impediva ogni vista.

 

I suoni risuonavano scivolando, strisciando negli angoli pieni di densa ombra.

Inutilmente attratti dalle pareti che li respingevano continuamente, rimandandoli al centro della sala.

E lì le orecchie di Kaede li raccoglievano.

Per goderne.

 

Solo con il pensiero.

 

Un gemito morbido, più alto degli altri, fece fremere le palpebre di Kaede e le chiuse, mentre lui si mordeva le labbra per non sospirare.

 

Kami, com’era eccitante.

 

Bastava poco per immaginarlo, vederlo con gli occhi della mente.

Bastava così poco, per maledire follemente quella coperta.

 

Hanamichi s’inarcò contro la propria mano.

Eppure non voleva raggiungere  il piacere da solo.

 

 

“Kae…de…….” un richiamo spezzato, sensualissimo

 

 

Rukawa tremò involontariamente.

Schiudendo gli occhi.

 

 

“Vi..e.ni…….qui……” chiese Hanamichi

 

 

Pochi passi  a terra e Rukawa lo raggiunse.

 

 

“Cosa?”

 

 

Hanamichi si lasciò scivolare dalla poltrona, piano, accarezzandosi ad un ritmo lento, che non lo avrebbe mai portato all’orgasmo.

Poi, con un basso sospiro, si lasciò cadere fra le braccia di Kaede lì ai piedi della poltrona, improvvisamente.

 

Rotolarono di poco.

 

“Hana……”

 

 

“Ero triste, lì sopra, da solo………”

 

 

“Hn…. continua a toccarti…. mi piaceva sentirti…..”

 

Hanamichi scosse la testa, deciso.

 

“No, non voglio………. voglio te”

 

E con quelle parole, la voce che sembrava più adulta e bassa e roca, lo spinse a terra e si sistemò su di lui.

Slacciò con rapidità i suoi pantaloni, la sua camicia.

Passò le mani sul petto, dallo sterno fino all’inguine, in una sola carezza infuocata.

 

Era già eccitata la sua bella volpe ……

 

Lo spogliò a metà, abbassandogli solo i pantaloni fino a metà coscia, lasciando scoperto il pube ed il sesso eretto.

Con un altro sorriso di puro erotismo Hanamichi, la coperta sulle spalle, ma  il corpo completamente nudo e provocante si strusciò su di lui, sulla sua pelle scoperta.

 

Un piccolo grido riecheggiò fra le pareti.

 

“Nnh……Ha.nah……..”

 

Si sentiva il membro in fiamme.

 

Lo voleva.

 

Hanamichi sorrise ancora.

Poi si chinò, chiuse la bocca su di lui, poi lo lasciò.

 

Cosparse di baci tutta la lunghezza, salì fino alla punta, poi tornò indietro ripercorrendo la stessa strada già imperlata di saliva.

Come una passeggiata, in un bel sentiero durato troppo poco.

 

Kaede si strinse a lui, ai suoi polsi sui fianchi, alle sue ciocche rosse di fuoco.

Si aggrappò con tutte le sue forze a quegli occhi che lo fissavano e gemé.

Forte.

Con la bella voce alta.

 

 

Poi fu un attimo.

 

Hanamichi lo lasciò, rialzandosi, si spostò salendo sul suo corpo, afferrò la sua vita con le mani e, stese le braccia, unì con violenza i loro fianchi.

 

Un’unica, precisa, potente spinta verso il basso.

Un fluido movimento isolato, rapidissimo, violento quasi.

E l’intimità dura di Kaede lo aveva violato fino in fondo, conficcandosi bruciante fin nella prima ansa morbida del suo retto.

 

Hanamichi provò un brivido intenso e doloroso, poi aprì gli occhi al suono del grido di piacere del suo amante steso a terra.

 

I suoi occhi si illuminarono di luce propria, mentre vedeva il corpo niveo del suo compagno inarcarsi in uno spasmo di piacere infinito.

 

 

Un attimo di silenzio coinvolse entrambi.

Servendo per riprendere il respiro.

 

“Perché?” chiese Rukawa, senza fiato, le guance asciutte, ma gli occhi pieni di lacrime di piacere

 

Hanamichi lo guardò dolcemente.

 

 

“Su, di’ la verità, lo avevi sempre sognato così, no?”

 

 

Kaede abbandonò la testa di lato, poi gli lanciò uno sguardo veloce, passando su tutto il suo viso.

 

Hanamichi si chinò lentamente per baciargli quell’orecchio a portata di labbra e per sussurrarvi dentro, pianissimo.

 

“Non fare quel viso preoccupato,  mi hai allargato per bene prima sulla poltrona, quindi non ho sentito troppo dolore adesso”

 

Kaede sorrise.

Poi si girò, afferrandogli i fianchi.

 

“Noto che continui a prendere iniziative personali: dovrò punirti ancora, domani”

 

Hanamichi sbuffò.

“Ed io che cercavo il tuo perdono……….”

 

 

Poi, sorridendo in quel modo tutto suo, iniziò a spingere.

A farsi penetrare con follia, da subito, con forza.

Giocando con quell’inguine teso.

Facendosi prendere a tratti, per poi sfuggire.

 

Kaede s’inarcò ancora, sollevando la schiena bianca semicoperta dalla camicia slacciata, in eleganti  archi di contrazioni piacevoli.

 

La corsa  di sensi di Hanamichi proseguiva, i gemiti si levavano insieme, domandandosi, rispondendosi.

 

Sotto di lui, Kaede si faceva guidare, inappagato.

Desiderava spingere, sentire, assaporare quella consistenza setosa con tutta la propria forza.

 

Lo strinse forte, fermandolo.

 

Hanamichi lo guardò, gli occhi persi, lucidi di piacere.

Ma si fermò.

 

Un istante solo e Kaede uscì da lui, alzandosi a sedere.

 

Senza neanche il tempo di capire, Hanamichi si sentì tirare e sbattere contro la loro poltrona.

Il ventre contro la stoffa cedevole, il viso vicino alla spalliera, i fianchi fra le mani del suo amante.

 

Che un attimo dopo era rientrato, con prepotenza, nel suo corpo.

Un paio di spinte ben assestate e Hanamichi gridò, stringendo i braccioli di spugna.

Avvertendo una punta di dolore mescolarsi alla piacevolezza della loro unione.

 

“Spingere… mentre ti prendo… è  mio compito” un sibilo spezzato fra i denti candidi del ragazzo dai fili neri

 

Hanamichi accettò quell’imposizione ed un'altra spinta violenta.

Mugolò senza più forze e si abbandonò contro la poltrona.

 

Gettando la testa indietro, Kaede si spinse ancora in lui, dominandosi.

Lo aveva sentito sussultare e ricadere sul cuscino della poltrona.

Forse gli stava facendo male.

Rallentò immediatamente.

Riprese con più dolcezza, muovendosi veloce.

Infilò una mano sotto il suo corpo e strinse il suo sesso rigido.

 

Gli strappò un gemito e affondò ancora, fermandosi prima di sbattere contro le sue strette pareti.

Lo accarezzò sulle cosce, sui fianchi, lo distrasse con le mani, baciandogli piano la pelle sudata della schiena.

Senza più ritrarsi, scivolò piano fino in fondo, premendo in un punto particolare, un paio di splendide, lentissime volte e lo sentì sciogliersi nella propria mano.

 

Un ultimo sospiro e lo raggiunse, riempiendolo con un piccolo scatto in avanti, un brivido ed uno spasmo.

 

 

Senza forze, Rukawa lo liberò subito, appoggiandosi alla poltrona per non cadere.

Si sentiva spossato.

Aveva bisogno di stendersi e riposarsi.

 

Si sollevò a fatica, non doveva pensare solo a sé.

Il suo koi ancora non si era spostato.

Chissà com’era stanco.

 

Lo chiamò piano, lo aiutò ad alzarsi, lo abbracciò per dargli un po’ di tepore, in mezzo alla sala vuota.

Due ombra che si riscaldavano nel modo più antico del mondo.

Due ombre che si amavano.

 

Kaede lo accompagnò fino al divano e lo fece stendere lì.

Raccolse il suo viso e lo baciò.

 

Guardando quegli occhi socchiusi, sentì forte la voglia di chiedergli se stava bene.

Aveva un po’ esagerato, forse.

 

Sperava solo di non avergli fatto troppo male.

 

Si strusciò contro di lui e gli aprì le labbra, per un ultimo bacio di ringraziamento.

 

“Stanco, amore?” chiese alle sue guance

 

“Nnnnh……………. è bellissimo…. l’amore ..con te” mugolò pianissimo lui, chiudendo gli occhi sfiniti

 

Kaede sorrise, la prese come una rassicurazione ed andò a raccogliere il plaid, salì al piano di sopra, raccolse in fretta la loro enorme coperta matrimoniale e scese giù.

 

Alla rinnovata luce della luna, Rukawa lo vide già riposare.

Un braccio abbandonato di lato, la testa inclinata, la coperta della loro prima volta fin su alla nuca.

 

Il suo Hana, quella notte, lo aveva sedotto.

Lo aveva provocato.

Non si stupiva che adesso fosse stanco.

Non si sarebbe mai aspettato da lui un comportamento così…… spinto.

 

Lo guardò ancora.

La bella boccuccia socchiusa.

Come quella di un bambino.

 

E sorrise, la bella volpe.

 

Sorrise d’amore.

 

Si sdraiò al suo fianco e sorprendentemente si sentì stringere dalle braccia dorate del suo amante.

Senza neanche aprire gli occhi, Hanamichi lo accarezzò per sincerarsi di averlo accanto, poi gli scivolò addosso e si addormentò subito.

 

Un bacio alla sua morbida testa rossa ed anche Kaede s’arrese a Morfeo senza combattere.