Disclaimers: This characters don’t belong to me. Eventual issuing gets me no profits. All rights reserved to the legitimate owner of the copyright.

 


Il ritiro (fra te e me)
Calore - Epilogo

parte I - Lunedì

di Mel



 

Era quasi sera.

Il giorno era passato veloce, fra le prime ore di vacanza.

 

Kaede attendeva.

Il suo Hanamichi era uscito per passare da Mito.

Era andato a scusarsi per averlo fatto preoccupare, per essersi comportato in quel modo, per averli lasciati senza spiegarsi.

E Kaede aveva preferito non accompagnarlo.

 

Ed ora aspettava.

Sorridendo.

 

 

Perché quella sera iniziava il suo ritiro.

 

 

Oramai il ricordo di quell’ immenso vuoto lacerante dei due giorni precedenti stava svanendo, senza lasciare traccia.

Ma se il suo koi pensava che lui non gliel’ avrebbe fatta pagare, si sbagliava.

 

Oh, come si sbagliava.

 

Si diresse all’ ingresso senza pensarci e lì attese.

In piedi.

 

 

La porta si aprì lentamente.

Un leggerissimo cigolio ed Hanamichi fu dentro.

 

Come in un lento dejavu, rivide Kaede lì accanto che lo aspettava.

 

Sorrise al suo amore e si chinò a sfilarsi le scarpe.

 

Senza aspettare oltre, Rukawa lo ghermì, trascinandolo con sé sul pavimento di lucido legno dell’ ingresso.

Le lunghe gambe allacciate fra di loro e distese oltre il piccolo gradino, le scarpe sparse in disordine.

 

 

Gli occhi confusi e sorpresi del ragazzo dai capelli rossi raggiunsero quelli del suo compagno.

 

Kaede lo fissò.

Occhi intensi, profondi.

Si leccò semplicemente le labbra, poi scese su quelle dell’altro.

 

 

“Bene….. la nostra settimana inizia adesso…… non mi interessa, se sei tornato prima …… il patto è sempre valido… fino in fondo……….. ti ricordi quello che mi hai promesso?”

 

 

Hanamichi annuì lentamente, sentendo un calore familiare infiammargli il viso ed il petto.

 

 

“Perfetto… allora sai anche quello che ti succederà, vero?” continuò lui, gli occhi che si scurivano velocemente

 

 

Hanamichi annuì ancora, arrossendo.

 

 

“E immagini anche quello che ti farò?”

 

 

Hanamichi avvampò.

Le guance sempre più imporporate.

 

 

“Allora?”

 

 

 

Un unico sussurro.

Il primo atto di ubbidienza.

 

 

 

“Sì…… so che puoi farmi tutto quello che vuoi”

 

 

 

E con quelle parole si stese completamente, alzando le braccia sopra la testa, offrendosi.

Inarcando il collo, scoprendo la gola, chiudendo gli occhi.

 

Kaede apprezzò.

 

 

“Bravo piccolo”

 

 

Sentiva l’ eccitazione scorrere velocissima insieme al sangue, confluire in una parte ben precisa del suo corpo.

Non aveva voglia di trattenersi.

Perché poi farlo?

Quella era la sua settimana.

 

 

Si sollevò leggermente e sorrise.

Spogliò velocemente  l’ amante solo dei vestiti di troppo, slacciando i pantaloni, liberando il suo inguine, stendendo poi sotto di loro gli abiti che gli toglieva, per creare un giaciglio per i fianchi di quel ragazzo dai capelli rossi.

Lo voleva lì e lo avrebbe preso, in terra.

 

Gli sfilò rapidamente la maglia di cotone pesante, trascinandola fino ai gomiti, facendovi impigliare le mani del suo compagno dai fili rossi, lasciandola così, senza toglierla del tutto.

Sganciò poi tutti i bottoni della camicia bianca, scoprendo il suo petto, scendendovi subito sopra, con desiderio mal velato.

 

Non voleva perdere tempo con inutilissime asole o con bottoni difficili, scoprì dunque il necessario per godere di lui, così come lo aveva avvertito, quando gli aveva strappato la promessa del ritiro.

 

Lo morse voracemente, leccando poi, scendendo subito fino al pube in un’ unica scia di saliva lucida.

Poi si sollevò, scostando i propri pantaloni, liberando la propria virilità tesa per farle baciare quella dell’altro.

 

Si, lo voleva così.

Così, come da tanto non lo prendeva.

 

Senza paure o remore.

Senza eccessive attenzioni.

Guidato dal piacere e dall’ istinto.

 

Quella settimana avrebbe fatto bene al loro rapporto.

Avrebbe portato la paura lontano dall’ universo di sensi che lui aveva tutta l’intenzione di tessere per sé e per Hanamichi.

 

Lo pensò una volta in più, mentre affondava le dita in lui.

Completamente.

Con velocità e forza.

Senza troppa cura.

Non le aveva nemmeno leccate, ma non importava.

Il suo amore era bagnato abbastanza.

 

Oh, sì.

Hanamichi godeva di tutto quello.

Gli piaceva da morire quell’ impeto.

Lo desiderava da tanto.

 

Fare l’ amore.

Così.

All’ improvviso.

Senza spogliarsi lentamente.

Senza infilarsi nel letto.

Senza tutte le varie preparazioni e rassicurazioni.

 

Così.

All’ improvviso.

 

Kami!Era così eccitante anche solo il pensiero…

Afferrato nell’ ingresso e sbattuto a terra.

Penetrato con forza.

 

 

Lo pensò, mentre avveniva.

Gridando.

 

 

Kaede lo prese.

Fino in fondo.

Senza esitazioni.

 

Ed iniziò subito a muoversi.

Senza aspettare quella lunga, estenuante eternità che ogni volta divideva la penetrazione dalla prima spinta.

 

Voleva muoversi e lo aveva fatto.

Senza più pensare.

 

Come unica rassicurazione, si permise di guardare il viso arrossato del suo amante, solo  per sincerarsi dell’ immenso piacere che gli stava dando.

 

Mmh… lo sentiva ….. caldo come sempre…. un po’ più stretto, perché non lo prendeva da tre giorni…. arrendevole… completamente abbandonato sul pavimento del suo ingresso…………

Splendido.

 

Si ritrasse e rientrò in lui.

Tenendolo per i  fianchi.

 

Piccole gocce perlacee cominciavano già a macchiare il legno lucido sotto i loro fianchi, che si muovevano incessantemente.

 

Ancora un paio di spinte e Kaede cercò una diversa angolazione, saturo del piacere di quella precedente.

Uscì velocemente e lo fece girare, si stese su di lui e rientrò.

Il suo membro pieno, per troppi frammenti di secondo, orfano di quel calore bruciante, sprofondò in lui con violenza, cercando il fuoco in quel corpo aperto.

Hanamichi gridò, con tutto il fiato che aveva.

 

Si sentì stringere dalle mani e dalle braccia, stringere sempre più forte e prendere.

Prendere con forza, con tutta la forza di quel corpo ansimante sopra il suo.

 

Niente di dolce, solo desiderio che aveva preso corpo.

Che si era concretizzato in un membro rigido e duro, che batteva il tempo di quell’amplesso di fuoco con i propri affondi folli e violenti.

 

Lui dagli occhi caldi serrò lo sguardo con forza, senza riuscire a tenerlo aperto, mentre invece apriva maggiormente le labbra alla ricerca di un suono adeguato, che esprimesse l’ immenso tsunami di piacere che sentiva turbinare dal suo ventre fino al resto dei nervi del suo corpo.

 

Il respiro era disperatamente spezzato, i movimenti convulsi e spasmodici.

 

 

Godé gridando, lasciandosi sbattere con forza sull’ ingresso della loro casa.

Quella casa che sentiva sua, da lì per sempre.

 

Kaede rafforzò la presa, imprimendo il segno delle sue lunghe dita sulla perfetta consistenza di un fianco.

Lo tirò verso di sé.

Ancora.

Ancora.

Per entrare più a fondo.

Per cercare nuove sensazioni, per sentire ancora di più la sua voce, per farla sentire a tutti, fino alla strada, giù per i vicoli fino alla costa, per far invidia al mare che, per quanto sbattesse gli scogli, non avrebbe mai potuto farli gemere così forte come lui stava facendo adesso con il suo Hanamichi.

 

E Hanamichi si lasciò prendere così.

Lasciandosi tirare verso quel sesso eretto, lasciandosi penetrare a fondo, con forza.

Bagnando il pavimento con sudore, lacrime e gocce d’eccitazione.

 

Mentre raggiungevano l’ apice, brividi intensi colsero entrambi.

Hanamichi assaporò l’ estasi.

 

 

Ed entrando violentemente Kaede scoprì il possesso.

 

 

Si lasciarono andare sfiniti.

I corpi esausti per la tensione e l’emozione.

 

Una mano lenta girovagò sulla schiena di Hanamichi, accarezzando la pelle sudata sotto la camicia.

 

Kaede si sollevò, non appena raccolse le proprie forze.

 

Sotto di lui, il ragazzo dai capelli di lino rosso si girò a fatica e mentre volgeva il viso verso il suo amante, una delle lacrime di piacere, che si era formata all’ angolo del suo occhio, scivolò piano sulla pelle a voler raggiungere le sorelle sparse sul pavimento.

 

Così poteva far perversamente credere che, dopo la sua violenza, Hanamichi piangesse.

 

Ma Kaede sapeva che non era così.

Eppure la tentazione di pronunciare ancora quelle inutili parole … ‘Come stai?’…. si fece ugualmente sentire, con tutta la propria forza.

 

E Rukawa si alzò.

Ignorandola.

Trovandovi un sostituto adeguato.

Maliziosamente adeguato.

 

Uno sguardo ora tornato azzurro chiaro al suo koi e chiese.

“Allora tesoro, ti è piaciuto?”

 

E Hanamichi, che nonostante tutto si aspettava la solita frase, sgranò gli occhi nocciola.

Poi sorrise.

 

 

“Kami…. sì…….. da morire”

 

 

“Bene…… molto bene…. sistemati e ceniamo….”

 

 

Cenarono in silenzio.

Velocemente.

Poi Kaede si alzò, dirigendosi al divano.

 

Chissà perché, Hanamichi non se lo sarebbe aspettato.

Già si immaginava il suo compagno dirigersi verso le scale, attenderlo impaziente e poi trascinarlo su per riprendere il loro ‘ritiro’.

 

Invece la sua bella volpe aveva solo voglia di guardare la tv.

 

Eh sì, si sentiva un po’ deluso Hanamichi.

Un po’ ingannato dalla passione travolgente del loro primo scontro.

 

Beh, si rassegnò.

Peccato, però, si disse.

Aveva proprio voglia di farsi scopare un altro po’.

 

Si sedé accanto a lui, lentamente, sospirando a voce alta, di proposito.

Ma poi le immagini che scorrevano lo avvinsero per qualche minuto.

Improvvisamente, proprio mentre la squadra della scientifica stava per scoprire il vero assassino, la tv si spense.

Hanamichi voltò lo sguardo verso Kaede, notando il telecomando appena usato ancora nella sua colpevole mano.

 

Stava per dire qualcosa, ma non ne ebbe il tempo.

 

Si sentì spingere indietro, verso l’ angolo del divano, fino a che non si accorse di essere rimasto incastrato fra l’ angolo e la spalliera.

 

Oh sì, era veramente stanco Kaede di tutto quel sangue finto in tv e quelle battute di seconda categoria.

 

L’ unico copione che voleva sentir recitare avrebbe visto come protagonisti solo lui, il ragazzo dai capelli rossi che stringeva ed il piacere.

 

Lui dagli occhi azzurro cielo spinse, con il proprio, il corpo dell’ altro ancora un po’ contro la stoffa morbida del loro divano.

La camera da letto non lo attirava quella sera.

 

Aveva deciso di prenderlo dove ne avrebbe avuto voglia.

Ed ora lo voleva.

 

 

“Mmh, Kae….. cosa…?”

 

Senza parlare né rispondergli, il ragazzo dai capelli neri si portò una mano alle labbra, ne prese due dita e le leccò piano, suggendole con cura.

Negli stessi istanti, distratto da quel movimento provocante, Hanamichi non si accorse dell’ altra mano, quella che, silenziosa e discreta, era scesa fino al bottone scuro dei suoi jeans strappandolo all’asola.

Ben presto anche la cerniera si sentì spingere in basso e la mano preparata con cura di Kaede si insinuò delicatamente nello spazio accogliente dei glutei, giù fino alla loro naturale apertura.

 

Hanamichi si tese.

Si sentì ben presto in trappola.

Preso fra le reti di un esperto cacciatore.

Sentiva il petto forte e consistente del suo amante spingerlo verso la spalliera, mentre avvertiva allo stesso modo dietro di sé la stoffa tirata che non concedeva altro spazio.

Per non cadere, Kaede lo aveva costretto a schiudere le gambe e ad accoglierlo nel sensuale incavo ad arco che formavano una volta aperte.

Si era ritrovato i pantaloni slacciati senza neanche accorgersene, ed ora la sentiva perfettamente la punta di quel dito che premeva languida contro di sé.

 

Si sentiva in trappola.

Preso.

Mmh… preso ancora no, non in tutti i sensi almeno….  ma catturato sì, preda sì, felice…………………..….sì.

 

Ansimando lieve sul suo collo, Kaede si appoggiò a lui, entrando.

Un solo movimento e lo penetrò con due dita, insieme.

 

Lui dal sorriso candido s’ inarcò.

Reprimendo un gemito, Rukawa lo morse, con dolcezza.

Scivolando ancora più in fondo.

 

I minuti passavano in fretta.

Sì, il tempo passava di nuovo per lui, per loro.

E si scandiva in ansimi lenti e ritmati.

Gli stessi imposti, al corpo di un amante arresosi, da dita piacevolmente criminali.

 

Oh sì, si stavano macchiando quelle dita.

Di perle opalescenti scese da un corpo dilatato, sapientemente e continuamente allargato ed accarezzato.

 

Nel silenzio del salotto, il rumore domestico di un orologio si fondeva perfettamente con i respiri caldi dei due amanti.

Kaede gemé affondando ancora una volta la mano fra le due sericità dei glutei.

Adorava quel movimento, così come adorava il contrarsi sinuoso, in risposta, del suo compagno.

Sapeva che quel gioco perfido era crudele, ma lo adorava.

Scivolò ancora dentro, poi uscì piano.

Dentro, poi fuori.

Godendo dei brividi che faceva scorrere su quella pelle, dentro quel corpo.

Ancora dentro, poi fuori.

Ancora un tuffo dentro, nel caldo, piccolo, accogliente antro morbido.

 

 

Hanamichi si tese, arcuò la schiena, gemé contro il soffitto.

A voce alta.

Quelle dita…….

Quelle dannatissime dita… ancora un po’… ancora un altro attimo e lo avrebbero fatto venire…… sì….. non mancava molto… non mancava affatto molto… soprattutto adesso che avvertiva anche l’altra mano separare i suoi glutei per permettere alla compagna di muoversi più profondamente, di entrare fino a farlo sussultare, di aprirlo, mandando quelle lunghe, lunghissime falangi, a sbattere contro le pareti strette delle sue viscere, in estenuanti discese e risalite.

 

Si sentiva completamente in suo potere.

E gemé estasiato.

 

Kaede lo spinse ancora di più contro il divano, suo complice di quell’amplesso, ed immerse ancora più profondamente le dita, ancorandole al suo interno, lasciandolo ansimare, per poi fermarsi e rimanere immobile.

Aveva riconosciuto i piccoli spasmi che cominciavano a scuotere l’intimità del suo amante dai fili rossi, ma non voleva ancora regalargli il piacere.

 

Si sollevò con il viso verso il suo, sfiorò con la punta del naso i suoi capelli, la sua gola e risalì verso gli occhi, strusciò il mento ignorandolo, ma regalò un tocco delicato alle labbra.

Un bacio lo raggiunse sulla punta del naso.

Si permise di sorridere e deviò poi verso l’orecchio.

Scostò con la guancia i fili ribelli che ne impedivano l’accesso e vi infilò la lingua curiosa dentro.

Le mani sempre sui suoi glutei, le dita sempre ancorate  in profondità nella carne bruciante.

 

 

 

“Dimmi………. dimmi quello che vorresti ora…. Hanamichi” mormorò, sadicamente, Kaede

 

 

Ed un istante dopo, impresse a conferma un movimento rapido e deciso alle proprie dita, dibattendole in quello stretto spazio umido.

Hanamichi gettò indietro la testa, mugolando.

 

 

Attimi di quiete.

Rukawa si fermò per lasciarlo parlare.

 

 

“T-Ti .. voglio dentro di m.me …. ora…. voglio sentirti…. entrare e sentirti muovere ……………… – abbassò  il volto a cercare i suoi occhi di diamante prezioso e scandì – voglio sentire il tuo sesso penetrarmi e spingersi forte in me…….”

 

 

Kaede rabbrividì d’intenso piacere.

 

 

“Sì, come vuoi, amore”

 

Si sentiva l’ eccitazione, al posto del sangue nelle vene.

Mosse appena le dita facendolo gridare una volta, poi si scostò leggermente da lui, lo spazio sufficiente per sbottonarsi i pantaloni e sfilare quelli del compagno.

 

Stringendolo nuovamente, lo portò verso i suoi fianchi.

 

 

Hanamichi sentì il membro pulsante del compagno premere su di sé, sulla propria apertura indifesa ed ammorbidita.

Senza volerlo iniziò ad ansimare violentemente, senza controllare il respiro.

Quasi il suo Kaede fosse già entrato.

 

Ma Rukawa ancora aspettava.

 

“Ora dimmi… come vuoi che ti prenda? Preferisci sentirmi entrare lentamente o desideri un’ unica spinta profonda, un solo movimento fino in fondo? Scegli”

 

Il ragazzo dagli occhi nocciola umido riuscì a sollevare a malapena uno sguardo su di lui, le palpebre socchiuse dalla frustrazione si rifiutavano di sprecare energie aprendosi completamente.

Doveva decidere.

Velocemente.

Il più velocemente possibile.

Perché, ad ogni respiro che i suoi polmoni incandescenti strappavano al suo corpo schiavo solo del piacere, avvertiva con crudele perfezione i contorni gonfi della punta del sesso eretto di Kaede che cercavano di entrare, che premevano insistenti, lusinghieri, che sembravano promettere appagamento e che, un attimo dopo, si ritiravano meschini.

Stava lentamente impazzendo.

 

Ma trovò la dignità per quella risposta.

 

 

“E-Ent.tra …….l.lentamente….voglio senti.rti”

 

 

Uno sguardo dolce comparve sul viso lievemente arrossato del suo koi dai capelli d’ ebano.

Nonostante tutto, Kaede si permise una rimostranza.

 

“Ti farà provare un po’ più di dolore”

 

Un avvertimento.

 

 

Un sorriso sincero in risposta.

 

“Qualsiasi …qualsiasi cosa tu mi faccia non…può che essere bella….per me..”

 

“Perché….ah.dici così?” sussurrò con un filo di voce Rukawa, cominciando ad entrare

 

 

 

“P-P…p.er…ch..é……..s.s.sei ..tu….a ..farl..aaaaaaah” gridò Hanamichi, riempiendosi la bocca di quel piacere così ben conosciuto, ma sempre totale ed avvolgente

 

 

Piccolissime spinte lente, eterne quasi.

Scivolava pezzetto per pezzetto, in fondo, sempre più in fondo.

Rubò un paio di ansimi infastiditi, mentre dilatava quell’ apertura con il collo del proprio sesso.

Ma non si fermò.

 

Kaede si fece accogliere in lui, nella carne cedevole che aveva con tanta cura accarezzato e aperto per sé.

 

Lo strinse fra le braccia e lo prese, in movimenti istintivi e potenti.

 

E Hanamichi si lasciò a lui, gridando per quell’unione così tanto desiderata da farlo stare male, gridando contro la pelle dell’ altro che lo penetrava così, violentemente, appassionatamente, gridando contro il divano stesso che, con crudeltà, aiutava il suo padrone dagli occhi blu oltremare a tenerlo prigioniero, a costringerlo ad accettare quella dura e pulsante ‘attenzione’ nel suo corpo, di continuo, senza fermarsi mai, senza freno, senza ragione.

 

Splendido.

 

 

‘Kami….Kami’ pregò…. ‘non farlo smettere….fa che continui, tutta la notte, all’infinito…………. Kami….’

 

Ma il piacere saliva, s’inerpicava per i muscoli, le giunture e le terminazioni nervose, si tuffava nel sangue per poi riemergere nel cuore, a scavare, per divorare l’anima passionale di entrambi.

 

Avanzando i suoi diritti, l’orgasmo si fece loro incontro, scandendo il suo arrivo con ritmi veloci ed imperanti.

E Kaede che lo avvertì per primo s’inarcò, entrando fino in fondo, sbattendo con precisione in un punto sensibile, lasciandosi gridare addosso l’enorme piacevolezza di quel semplice movimento.

 

Sentì, contro il proprio petto coperto, la velocità del respiro del compagno, vide i suoi occhi cedere all’estrema voluttà e la testa piegarsi indietro.

 

Ebbe solo il tempo di perdersi in un altro brevissimo delirio di possesso e lo riempì con il suo seme, raggiungendo l’apice nel profondo del suo interno.

 

Pieno di lui, della sua carne, del suo liquido bruciante e copioso, Hanamichi alzò la voce in un ultimo, lungo grido, poi si arrese e venne.

Su di lui.

Su di loro.

 

 

Kaede pensava, ancora immerso nel calore che tanto gli era mancato.

 

Lo aveva avuto.

Due volte.

Con follia.

 

Sì, si sarebbe potuto accontentare per quell’ inizio di ritiro, anche se poi, durante la settimana avrebbe preteso molto,  molto di più, altro ancora, cose che la sua mente accarezzava con mani blande ed ancora un po’ vergognose, ma che ben presto si sarebbero tese per afferrare idee stuzzicanti….. ma non ora.

 

Lo separò da sé, spostandolo piano dal proprio petto sul quale era caduto senza forze.

Lo guardò e cominciò a corteggiare le sue labbra con insistenza, solo con lo sguardo.

Hanamichi non lo vide.

Teneva gli occhi chiusi per la stanchezza.

 

Un ricordo improvviso colse lui dallo sguardo azzurro.

Rammentava un tempo in cui il suo amore aveva sofferto, il loro amore aveva sofferto.

Per colpa sua, perché lui stesso era stato così egoista da elemosinare le proprie attenzioni, da fingersi cieco, da non accorgersi di niente che non avesse per soggetto ‘Kaede’ o la preposizione ‘io’ e ricordava un tempo durante il quale, senza saperlo, aveva veramente, crudelmente, contato i baci da donare.

Contato.

Così, come si contano meschinamente i soldi in un portafoglio o come si contano le ore di divertimento in una settimana di lavoro.

C’era stato veramente tutto quel maledetto tempo che aveva permesso al sole della sua vita di considerarsi solo un semplice svago?

 

Non lo voleva più ricordare.

 

Sapeva solo che, se avesse saputo come si faceva a piangere, in quei giorni l’avrebbe fatto.*

Per il suo ragazzo.

Dopo mesi di sangue.

 

 

Ma l’importante era stato capire …e cambiare.

 

Lo aveva sudato fra le braccia, lo sollevò di poco e lo baciò.

Un piccolo dono.

Un bacio delicato.

 

Lo stancò piacevolmente con quel breve contatto e poi lo lasciò andare.

 

Ed insieme si diressero in camera, per riposare.