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Un breve consiglio se mi è permesso.

Questa ff è sicuramente molto particolare, molto lunga soprattutto.

Ho dovuto dividerla a capitoli nonostante l’ avessi pensata come unica.

Essendo l’ epilogo di Calore suggerisco di riguardare la trama di quest’ultima, almeno uno sguardo veloce.

E poi mi permetto un consiglio.

La mia storia è divisa a giorni…lunedì, martedì e così via……leggerla tutta insieme sarebbe pesante…potete dividerla, cominciare lunedì e leggere il lunedì di Hana e Ru, il martedì leggere il martedì di Hana e Ru e così via……….

E’ un’ idea come un'altra….per spezzarla …….

 

Buona lettura,

Mel

 


Il ritiro (fra te e me)
Calore - Epilogo

prologo

di Mel



 

Calore……..

…il tuo corpo è puro calore……

…….affondo in te…..

…………..ti amo………….

 

Rubo il tuo calore……

Con le mani….

Con  le labbra….

Con la pelle…..

Con il corpo….

 

 

Con  il   mio sesso nel tuo  ventre.

 

 

 

Te ne rubo un po’ ogni volta……..

….ma non basta…..

..e per quell’ insostenibile necessità chiamata ‘sopravvivenza’…….

 

…io ritorno costantemente da te…….

 

….se non lo facessi, morirei……

…….senza immergermi in te, annegherei nelle spirali fredde che mi si salgono dentro……….

 ………….se non prendessi quel calore, per me, dal tuo corpo aperto……

                                                                                                                    ……semplicemente non esisterei …..

 

 

Perché io vivo aspettando il singolo momento in cui tu…………….donandomi il tuo calore…………mi riempi di vita.

 

 

 

 

 

 

 

 

Il suono dell’ acqua sollevata era così rilassante, ma mai quanto la temperatura ed i vapori che riempivano il bagno.

I due corpi si stesero, incastrandosi perfettamente fra di loro, racchiusi  dalle lisce pareti nivee della vasca.

 

 

Il loro bagno.

Era diventata un’ abitudine.

Una piacevolissima consuetudine di ogni sera.

 

Da quando, proprio in quel bagno, avvolti dall’ acqua, si erano chiariti.

La prima grande difficoltà di tutta la loro storia.

La ricordavano ancora così nitidamente.

Ma adesso, ogni sera erano lì, pronti a cacciare via tutto ciò che non fosse la reciproca e piacevole compagnia, compresi quei tristi ricordi.

 

 

Tornati dalla palestra, amavano rilassarsi così.

Appoggiati l’ uno all’ altro, completamente.

Circondati dall’ acqua bollente e dal profumo della pelle amata accanto a sé.

E potevano parlare.

Un po’, ma parlavano.

 

 

 

 

“Come si sta bene…..” mormorò distrattamente Hanamichi, strusciando la schiena sul petto del suo Kaede

 

In risposta, le mani del ragazzo dai capelli neri si alzarono, per cercare l’ amante in qualche lieve carezza sul collo.

Hanamichi mugolò piacevolmente e sospirò.

 

 

Il silenzio faceva loro da prezioso compagno, ma l’ acqua si stava già raffreddando.

Dovevano uscire.

Kaede si chinò sulla spalla del suo ragazzo e la morse delicatamente.

Voleva ‘risvegliarlo’ un po’….. per poi chiedergli, in camera, di fare l’ amore…….

Aveva bisogno di lui.

Del suo calore.

 

Il ragazzo dai capelli rossi rise, intuendo e si lasciò stuzzicare.

Adorava i preliminari e, se ne poteva strappare un po’ più del solito, non avrebbe esitato.

 

Kaede passò la lingua, con accuratezza, su tutta la pelle di quel collo dorato.

Si perse in lente suzioni, poi unì le mani a quei movimenti, scendendo verso il basso, afferrandogli i fianchi per spingerli verso il proprio bacino, in una danza ritmica e sensuale.

 

Un gemito.

Fu il segnale.

 

Hanamichi si alzò, lanciando un’ occhiata di puro fuoco al suo ragazzo.

Poi, senza nemmeno asciugarsi, entrò in camera per stendersi sul letto.

 

Solo un secondo ebbe l’ impudenza di passare; poi Rukawa, abbandonato il caldo abbraccio dell’ acqua, lo seguì, coprendo il suo corpo con il proprio.

 

Stesi uno sull’ altro, si immersero nei loro baci.

Quelli che ora venivano regalati così spesso, ma non come qualcosa di sterile e meccanico, finalmente erano qualcosa d’ importante e condiviso e dovuto, l’ uno verso l’ altro.

Finalmente non c’ era più chi baciava per entrambi, non c’ era più chi soffriva da solo.

 

 

Spazzati via tutti i problemi, con quel bagno, mesi fa, era rimasto sulla pelle solo l’odore dell’ amore.

Il loro.

 

 

Hanamichi strinse le mani su quelle spalle larghe e accoglienti, premendosi contro di lui, mentre si lasciava esplorare.

Vedeva la testa china del proprio compagno ferma sul ventre, a cercare le linee eccitanti dei muscoli e la cavità naturale dell’ ombelico.

 

Rilassato e sereno, lasciò correre il pensiero ed arrossì miseramente.

 

Kaede si spostò lateralmente, mordicchiando un fianco, per poi arrivare a baciare con le labbra -appena aperte- una coscia, dall’ anca all’ interno, seguendo la linea dell’ inguine.

Sollevò un po’ lo sguardo, voleva regalare ai propri occhi la splendida visione del piacere che cominciava a dipingersi sul viso dell’ amante a piccole pennellate, come su una tela baciata dal sole.

 

Trovò solo due mani che velavano ogni espressione, racchiudendo il viso con privato riserbo.

 

Immediatamente Kaede risalì verso di lui, fissandolo intensamente.

 

Hanamichi sapeva di essere osservato, si era accorto che nessuna carezza lo sfiorava più ed avvertiva contro le dita il respiro caldo e dolce di Rukawa.

 

“Hana, va tutto bene?” domandò, incerto, lui

 

Il ragazzo dai capelli rossi annuì, senza scoprire il viso.

Indispettito, Kaede gli strinse i polsi e con un gesto veloce lo costrinse a farsi guardare.

 

Un bel colore rosato gli imporporava le guance, proprio sotto gli occhi, passando di sfuggita anche sulla base del naso.

 

Lui dagli occhi azzurrissimi sospirò stancamente.

 

“Adesso basta, non puoi continuare così!”

 

 

“Non è colpa mia, è che ci ripenso e …….” arrossì ancora, più intensamente di prima

 

 

Kaede sbuffò.

 

“Do’hao”

 

 

Oh no, Hana non arrossiva certo per quello che Kaede gli stava facendo, a quello era più che abituato………  lo aveva esaurito, il rossore per le carezze spinte del suo amore, erano i pensieri che non lo lasciavano in pace.

Nemmeno adesso, che il suo ragazzo dai capelli d’ ebano aveva ripreso a leccarlo nei suoi punti erogeni.

 

Mentre il suo Rukawa chiudeva la bocca sul suo membro teso, Hanamichi ripensò per l’ ennesima volta a quello che era successo quel giorno….

 

***

 

Sussurri bassissimi.

 

“Vieni Kae…. di là non c’ è nessuno…… potremmo….”

 

Kaede lo aveva preso per mano e trascinato negli spogliatoi, senza fargli aggiungere altro.

Il suo do’aho parlava sempre troppo!

 

Si erano chiusi la porta alle spalle, e subito il numero undici aveva fatto stendere dolcemente il compagno su una panca.

Non si era sdraiato subito su di lui.

Era rimasto in piedi, ad osservare con occhi pieni di desiderio e scura passione il corpo dorato preparato per lui.

Disteso sulle assi verticali di legno, con le mani languidamente appoggiate sopra la testa, le cosce lievemente socchiuse, coperte solo dai pantaloncini leggeri, i capelli che come una cascata di fili di porpora rossa si insinuavano scendendo negli spazi fra i listelli di legno, gli occhi appena aperti.

Una vittima.

Sul suo altare personale.

 

Non aveva che da sacrificarla.

 

Velocemente, fu su di lui.

Lo assalì con una cascata  di languidi baci a fior di pelle.

Poi passò alle labbra ed il fuoco divampò, lo divorò con lussuria, succhiando quelle due strisce di pelle gonfia.

Allo stesso tempo, le sue dita avevano viaggiato veloci sulle autostrade di tutta quella pelle, tirando su la maglia rossa con il numero dieci, passando i palmi aperti in dolci e lente ed ampie carezze.

 

La bocca di velluto di Kaede era scesa, nel frattempo, sul collo e da lì fu guidata dalla giugulare fino al petto.

Le mani grandi e dorate di Hanamichi, intanto, passavano fra quei capelli neri e morbidi, con tenerezza.

 

Era così rilassante lasciarsi alle carezze prima dell’ allenamento.

 

Mancava del tempo, ed avevano la palestra tutta per loro.

 

Mentre arcuava il torace, creando un sensuale spazio fra gli assi di legno e la pelle della propria schiena, Hanamichi avvertì contemporaneamente la lingua di Kaede sui suoi capezzoli ed un brusio indistinto.

 

Gemé schiudendo gli occhi, voltando lentamente la testa verso la porta.

 

Poi parlò.

 

“Kae…. non vorrei interromperti, ma…..”

 

Un mugolio basso, come risposta.

 

“Allora non farlo”

 

La sua volpe bruna riprese le suzioni interrotte, scendendo dallo sterno verso l’ ombelico in un’ unica leccata lenta, che obbligò il corpo accaldato di Hanamichi ad inarcarsi fino allo spasimo, tenendolo fermo con le mani, accarezzandogli la schiena contratta dal piacere.

In un attimo di rinnovata lucidità, il ragazzo dai capelli rossi gli fermò le mani.

 

“Kae….. davvero, dovresti fermarti…..”

 

Il bellissimo viso del numero undici si sollevò, lievemente irritato da quei continui dinieghi e fissò quello bronzeo dell’ amante.

L’ espressione irata di Kaede non poté che addolcirsi, di fronte a quegli occhi di cioccolato fuso così caldi e densi.

Ma parlò ugualmente, scandendo anche le parole.

 

“Non ho nessuna intenzione di fermarmi, almeno finché non ti avrò sbat… mmmfhhh”

 

Hanamichi gli aveva chiuso la bocca con una mano, guardandolo imbarazzato.

Poi gli aveva delicatamente fatto girare il viso, verso la porta.

 

 

Sulla soglia degli spogliatoi, gli occhi azzurrissimi di Kaede scorsero tutto il team di basket dello Shohoku al completo.

I gelidi occhi di Rukawa passarono dal playmaker dagli occhi sgranati, al capitano immobile, al tiratore da tre incredulo, alla manager sorridente dalle guance arrossate, fino a Kogure dagli occhiali appannati e a tutte le riserve.

 

Hanamichi tolse la mano, mentre arrossiva inevitabilmente ancora di più.

 

Lo sguardo di Kaede cercò ancora quello del suo amante e si illuminò di malizia.

Con estrema lentezza, il bellissimo giocatore prese possesso delle labbra di Hanamichi, le aprì e le violò, infilandosi con la lingua al loro interno, in un bacio umido e passionale, creato apposta per rendere chiaro a tutti di chi fosse il ragazzo dorato steso su quella panca.

 

Staccatosi da quel piacevole contatto e leccatosi le labbra, Rukawa si girò ancora verso la porta, dove tutti erano rimasti scioccatamente immobili.

 

“Tsk…. – aveva mormorato, gelido ed assolutamente incurante – chiudete la porta prima di andarvene”

 

 

***

 

I suoi ricordi si fermarono obbligatoriamente lì, mentre il suo amante gli ricordava che stavano facendo l’amore.

Altri brevissimi flash……… la squadra che chiudeva davvero la porta …….. lui e Kaede che uscivano…. le domande e lo sconcerto di tutti …. le loro spiegazioni ………… la laconica risposta di Ru…….. ‘Beh…almeno ora sapete di chi è il do’hao’…………

 

Poi tutto svanì, invaso dal piacere violento dell’orgasmo che Kaede gli stava strappando in quegli istanti.

 

Poco dopo, si alzarono altre grida.

Quelle prepotentemente strappate ad entrambi da una danza ben diversa.

Il lento ondeggiare del corpo di Kaede, che chiedeva spazio e di quello di Hanamichi, che gliene concedeva sempre di più.

 

Fino a che non raggiunsero l’ apice insieme.

 

Riposarono alcuni istanti, poi Kaede si sollevò velocemente, fissando i suoi occhi chiari in quelli ancora liquidi del suo amante.

 

Hanamichi attese, col cuore in gola, sperando che almeno quella volta……

 

 

“Mmh …. va tutto bene?”

 

Il ragazzo dai capelli rossi chiuse gli occhi ….. era sempre così, neanche quella volta era cambiato qualcosa….

 

“Sì.. sì..”rispose, quasi mestamente

“Sicuro?”

 

Hanamichi sospirò.

Anche quella era ormai diventata un’abitudine.

Dopo ogni singola volta che facevano l’ amore, se lo sentiva chiedere.

Tutte frasi come ‘Stai bene?’ ‘Ne sei sicuro?’ ‘Dimmi se hai sentito dolore’.

In continuazione.

Ed il motivo di quel continuo interesse faceva male.

 

Il suo Kaede aveva paura.

 

Dopo tutto quello che avevano passato, dopo quei mesi di dolore passati nell’ ignoranza che ogni movimento era una sofferenza atroce durante quei rapporti, dopo aver visto il sangue e le lacrime, Kaede aveva paura.

 

Una fottutissima paura di fargli del male.

Di prenderlo senza attenzioni.

Di spingere troppo forte.

Troppo in fondo.

Per troppo tempo.

 

E Hanamichi ci stava male.

Sentiva la prudenza rallentare quei gesti passionali, frenare le spinte che lui avrebbe desiderato profonde e così forti da farlo gridare, impedire il ritmo sfrenato di cui il suo giovane corpo sentiva una necessità bruciante.

 

E poi non voleva vederlo perdersi in quei pensieri, vederlo controllarsi.

Amava la sensualità che aveva scoperto nel suo carattere e non voleva essergli di peso né d’impedimento.

 

Rattristato da quei pensieri, oramai così dannatamente frequenti, si risolse a rispondere a quello sguardo blu velatamente preoccupato.

 

“A-ah” annuì

 

“Non senti fastidio da qualche parte?” domandò ancora lui dai capelli neri

 

“No” rispose, secco, Hanamichi

Ora il suo Kaede stava davvero esagerando.

Sperò che, rispondendo con quel tono, capisse quanto inutili fossero quelle domande.

 

Ma Rukawa insisté ancora.

 

“Sicuro?”

 

 

Per Hanamichi fu davvero troppo.

 

“Mmh….. a pensarci bene, da un po', sento un lieve fastidio ...”

 

“Dove? Dimmi dove! Qui?” chiede subito lui, sfiorandogli il ventre

 

“Mmh.. no.. più su... sul petto ..un po' a sinistra...”

 

“Sul petto, un po' a sinistra.... il cuore do'hao?” domandò, sorpreso

 

“Sì, esatto….... mi fa male il cuore………. mi fa male il cuore a vederti qui, preoccupato per me, ogni singola volta...... dammi più fiducia... ora che so che posso parlare con te, ora che so -al di là di ogni dubbio- che mi ami, non devi più temere che menta ...non più.…….. te l’ ho giurato e te lo giuro di nuovo…”

 

Kaede lasciò che i suoi occhi azzurrissimi si sgranassero dall’ incredulità.

Il suo do’hao stava bene.

Oramai le difficoltà erano finite.

Doveva capirlo e smettere di domandare.

Si sentiva sciocco a farlo ogni volta, ma ne sentiva la necessità.

Dopo quello che era successo, pensava ancora di avere bisogno di conferme.

Ma il suo Hanamichi lo amava e si preoccupava per lui.

Perché quindi non lasciarsi alle spalle i problemi del passato?

 

Annuì, scendendo sul suo viso per baciarlo.

 

 

“Ok, afferrato il concetto...”

 

 

“Brava volpetta!” sussurrò lui dagli occhi nocciola

 

 

Passò un giorno, sempre fatto d’amore per loro.

La sera arrivò, incedendo graziosa fra le coltri di seta grigioazzurra sparse nel cielo di Kanagawa.

Kaede chiuse l’ acqua, si riempì i polmoni con il profumo intenso del bagnoschiuma ed andò a chiamare il suo dolce do’hao.

 

Quel giorno, quella mattina, aveva pensato un po’ mentre aspettava il sonno, steso sul suo banco di scuola.

Purtroppo non era in classe con Hanamichi.

Lo avrebbe desiderato moltissimo, ma poi ci aveva riflettuto bene.

Se lo avesse avuto accanto, non solo non sarebbe riuscito a controllarsi, ma avrebbe sicuramente passato sveglio tutte le ore di lezione…. e dopo come avrebbe potuto affrontare gli allenamenti e le notti di passione con il suo amante?

Aveva riso fra sé al pensiero, poi si era lasciato ad un dolce dormiveglia per tutto il resto della mattina.

A pranzo era uscito dalla classe.

Fingendo di girovagare senza scopo per i corridoi, aveva cercato per i vari piani il suo do’hao, pensando a quello che avrebbero potuto fare insieme, giusto per ingannare l’ attesa, fino alle lezioni pomeridiane…… se non sbagliava, aveva visto il ripostiglio del terzo piano aperto……………vagò ancora di qualche passo, con le mani affondate nelle tasche, gli occhi che guizzavano alla ricerca di quei fili rossi inconfondibili, fino a che non li intravide da lontano, sollevati dal vento leggero di una finestra di corridoio lasciata socchiusa……. li osservò brillare, con tenerezza, anelare a lui, si sentiva chiamare da quei fili di lino che conoscevano a memoria i suoi palmi, tante erano state le volte in cui li aveva accarezzati… ed ora, riconoscenti, si illuminavano per lui, per il ragazzo dagli occhi azzurri e le mani grandi.

 

Eccolo lì, Hanamichi.

 

Il suo Hanamichi.

Il suo ragazzo.

 

 

Sorridente, felice, impegnato in una conversazione con Mito.

 

Kaede squadrò velocemente il migliore amico del suo compagno, ricordava perfettamente tutti i pensieri sbagliati che si era fatto su di lui…. su di ..loro ………ricordava, nei particolari, quanti giorni avesse sofferto le pene dell’ inferno per quell’ insana gelosia, ricordava con precisione la sensazione di impotenza, di sconfitta che gli si riversava nelle vene ogni volta che li vedeva parlare insieme, ridere o abbracciarsi come fratelli…….

Ed aveva odiato Mito per tutto quello.

Mito e sé stesso.

Perché non riusciva a fare a meno di pensarci, di tormentarsi, di amare quel ragazzo dagli occhi e dal cuore così caldi.

 

Ma adesso, vedendoli insieme, vedendoli così spensierati come due amici, come due mancati fratelli,  incurvò semplicemente le labbra.

E rimase fermo in un cono di penombra appena accennata.

 

Si sentiva bene.

Non provava più alcuna gelosia.

Era certo oramai dell’ amore di quel ragazzo.

Come era certo che l’ altro sapesse anche cosa gli sarebbe successo, se solo avesse provato a tradirlo.

Sorrise tra sé, poi rimase ad osservarlo.

Ad ammirarlo.

Si sentiva così bene, anche solo a guardarlo.

 

 

Era proprio perso, ormai.

 

 

Ma tranquillo.

Mito non era altro che un amico.

Il migliore amico di Hanamichi, dopo di lui, ovviamente.

Non ci sarebbero più stati altri problemi.

 

 

Riemergendo da quel mare di brevi pensieri, si decise ad uscire dalla stanza già umida e imbevuta di profumo e chiamò da lontano Hanamichi.

Il ragazzo dai capelli del colore del fuoco entrò in bagno, sorridendo dolcemente, chiudendosi alle spalle la porta.

Si spogliarono a vicenda, le mani  esperte sapevano come slacciare quei bottoni, tante volte lo avevano fatto e tante volte ancora li aspettavano, per tutto il tempo che l’ amore avrebbe concesso loro.

Le camicie leggere scivolarono a terra, poi fu il momento dei pantaloni, sensualmente afferrati per i lembi e tirati giù, accompagnati, in carezze gentili, in carezze devote e rispettose sulla pelle liscia di entrambi, uno alla volta.

E poi i calzini, tentando di baciarsi, mentre Hanamichi alzava un piede per toglierseli e Kaede pensava di aiutarlo.

Due minuti dopo, ancora non avevano trovato un accordo.

Dovevano separarsi, se volevano toglierseli e se non volevano scivolare sul pavimento di marmo.

 

Si immersero insieme, Kaede per primo, maliziosamente veloce, solo per avere la scusa di accompagnare i fianchi del proprio amante fra le sue gambe, davanti a sé e poi stringerlo, appoggiandosi alla sua schiena calda e morbida.

 

Hanamichi sospirò soddisfatto.

Quanto amava quell’ abitudine.

Quella splendida abitudine che avevano, di rafforzare il loro legame ogni sera, in una semplice vasca di acqua calda.

 

Quella sera poi, il suo koi sembrava particolarmente dolce.

Non sapeva perché.

Ma gli piaceva.

 

Forse se avesse giocato bene con le parole, sarebbe anche riuscito a chiedergli quel permesso ……..

 

Sospirò ancora, rilassandosi.

Ci avrebbe pensato dopo, ora la sua priorità era tutta nelle mani di Kaede che si muovevano sinuose sulla sua nuca.

 

 

Il vapore aveva reso umidi quei capelli soffici.

Lui dagli occhi azzurri lo notò distrattamente, passandoci le dita dentro, giocando con loro, piano.

 

Avvertì un leggerissimo mugolio di piacere.

Ne sorrise, poi allungò una mano.

 

Afferrò un flacone di shampoo prendendone una generosa dose sul palmo della mano.

Sapeva che avrebbe fatto una gran schiuma.

Ma sapeva anche che sia lui che Hanamichi la adoravano, quella soffice cosa tutta bolle e morbidezza.

 

Sorridendo ancora più apertamente, versò un’ altra piccola dose sulla testa del suo compagno.

Il ragazzo dai capelli rossi si voltò, incuriosito.

 

“Cosa mi stai facendo?”

 

Non riuscì a scorgere l’ espressione divertita di Kaede e fu costretto a girarsi per lasciare tutto nelle sue mani.

 

Il ragazzo dai capelli d’ebano passò le mani sulla sua testa ed iniziò a massaggiarla dolcemente.

 

“Uno shampoo, do’hao, solo uno shampoo”

 

“Mi fai uno shampoo volpe, tu?”

 

“Sì, buono ora…… attento alla schiuma …. chiudi gli occhi….”

 

Hanamichi sorrise, poi si rilassò.

 

Le dita agili di Kaede cominciarono a farsi strada sulla cute delicata, dolcemente, con cura, senza tralasciare alcuno spazio, lottando incessantemente con quei fili sediziosi che tentavano di sfuggire alla sua presa e scivolare avanti.

Una lunga scia di bianca schiuma correva intanto dalla nuca lungo la schiena di quel ragazzo dagli occhi caldi, per arrivare a baciare con labbra morbide la calda acqua della vasca.

 

Hanamichi mugolò forte.

Le mani di Kaede mandavano brividi elettrici e piacevolissimi lungo i suoi nervi.

 

Kami era il paradiso….

 

“Mmh, Kae….”

 

Le dita picchiettavano leggere tutta la superficie.

 

 

“Ti piace?” chiese lui dai capelli scuri

 

“Da morire…. da morire, amore…..”

 

“Vuoi che ti tocchi, anche?”

 

Hanamichi sgranò gli occhi.

Poi arrossì intensamente.

 

“N-no……. no sto bene così…………… g-grazie..”

 

Kaede sorrise compiaciuto del suo imbarazzo, poi aprì l’ acqua e, tirando indietro la testa del suo do’hao, la sciacquò con cura, regolando la temperatura sulla propria mano, passando il palmo sui suoi occhi per detergerli dal sapone.

 

Infine chiuse l’ acqua, lo strinse al proprio petto e gli baciò le labbra.

In modo strano.

Lo aveva davanti a sé, petto contro schiena, gli aveva posato entrambe le mani sulla fronte e l’ aveva tirata indietro, poi gli aveva coperto le labbra con le proprie, trovando al posto del labbro superiore quello inferiore e al posto di quello inferiore il superiore.

 

Un piacevolissimo bacio al contrario.

Così eccitante ed invitante.

 

 

Hanamichi cercò di girarsi, dopo aver con lentezza socchiuso gli occhi.

 

Sorrise, poi iniziò a ridere sommessamente.

 

“Cosa c’ è ?”chiese Kaede

 

 

Hanamichi gli prese il viso tra le mani, con dolce tenerezza.

Poi illuminò i propri occhi di divertimento.

 

“Se farai così tutte le sere, diventerò viziato e poi saranno cavoli tuoi, volpina”

 

Kaede rise lievemente, stupito.

Poi socchiuse lo sguardo.

 

“Mi piaci viziato……. perché dipendi da me…. …. mmmh…. vieni qui…..”

 

Lo accostò a sé per imprigionargli le labbra, lasciandosi accogliere dal calore del suo amante.

 

Si separarono, il desiderio ormai acceso.

Scintillii complici negli occhi innamorati.

 

 

“Kae….”

 

“Hn?”

 

Hanamichi lo abbracciò.

 

“Visto che sei così buono stasera, posso dirti una cosa?”

 

Il ragazzo dallo sguardo azzurro mare sollevò un sopracciglio.

Chissà perché, ma quella frase, messa così, non gli piaceva.

 

Sospirò, intuendo che il resto gli sarebbe piaciuto anche meno.

 

 

“Tu prova – rispose – ma io non prometto niente”

 

Hana si scostò un po’ per parlare liberamente, fissandolo negli occhi.

 

“Oggi, Yohei ed io parlavamo … sai, i soliti discorsi ……oramai non passo più tanto tempo con loro…. e così, insieme, abbiamo deciso di partire per un piccolo viaggio di tre giorni…… andremo alle terme……. io ed il guntai ……..”

 

“Vorresti lasciarmi qui?”mormorò piano Kaede, completamente atono

 

Hanamichi sgranò i suoi occhi risentiti.

 

“No, stupida volpe, anche se lo meriteresti dopo quest’ insinuazione!Non ho mai pensato di lasciarti qui, non potrei…” finì in un sussurro, imbarazzandosi subito dopo nel rendersi conto di quale suo profondo sentimento avesse parlato.

 

Kaede lo baciò delicatamente.

 

Poi lo fissò negli occhi.

 

 

 

“Io non ho nessuna intenzione di venire con voi….”

 

 

 

Hanamichi sembrò rassegnarsi, facilmente.

Immaginava che sarebbe andata così, ma aveva voluto provare lo stesso.

Beh, sarebbe andato da solo …in fin dei conti, tre giorni erano pochi….

 

 

 

 

“…..e non ho nessuna intenzione di mandare te, do’hao” concluse il ragazzo dai capelli neri

 

 

 

 

Hanamichi schiuse le labbra, incredulo.

 

 

 

 

Mmhh… cos’ è che aveva pensato quel pomeriggio, si chiese Kaede?

Che Mito oramai non sarebbe più stato un problema tra loro?

 

Gravissimo errore, pensarlo!

 

Dannazione!

 

Erano stesi sul letto, la luce ancora accesa, Hanamichi accanto a lui.

Girato di spalle, coperto fino al collo con il lenzuolo pesante, vestito di pigiama e maglietta, offeso, irritatissimo ed imbronciato.

 

 

Ah……e lui che sperava in una notte di fuoco bruciante…….

 

L’ unico fuoco che aveva visto, negli ultimi tre quarti d’ ora, era stato quello nelle iridi umide di rabbia del suo ragazzo dai capelli rossi.

 

Il suo do’hao si era infuriato tantissimo.

Gli aveva gridato che non spettava a lui decidere della sua vita, anche se stavano insieme e si amavano.

Era schizzato fuori dalla vasca e si era vestito in un lampo, nei pochi secondi che lui aveva impiegato per uscire ed asciugarsi a sua volta.

Poi lo aveva accolto in camera con uno sguardo profondamente risentito.

 

Appena Kaede si era avvicinato a lui anche solo per parlargli, Hanamichi lo aveva allontanato.

Offeso da morire, il ragazzo dagli occhi caldi, brucianti quasi in quegli sguardi  indignati, lo aveva minacciato con due frasi.

 

Gli aveva gridato che sarebbe partito lo stesso, senza curarsi d’ altro e che non si sarebbe più fatto toccare da lui fino al giorno del suo ritorno dal viaggio.

 

Kaede sospirò a voce alta.

 

Cosa doveva fare?

 

Nella sua mente si delineò la situazione.

Era da molto ormai  che Hanamichi non passava più del tempo con il suo guntai, da molto tempo…. e lui sapeva quanto fosse importante per quel ragazzo dalla pelle dorata sentirsi parte di un gruppo, sentirsi vicino a degli amici, sentirsi un fratello di strada per loro …..e da tanto vi aveva rinunciato per passare invece le sere in sensuali giochi di coppia………… per passare le sere con il suo ragazzo…….. ad amarsi……. a coltivare un legame speciale ….sì ….. ma che non avrebbe dovuto ledere altri rapporti ………. e l’ occasione del viaggio sarebbe stata perfetta per riprendere quell’ amicizia lasciata un po’ in disparte…….. ma lui non vi avrebbe mai e poi mai partecipato………. quella sarebbe stata un’opportunità solo per il suo ragazzo…. lui non ne faceva parte… non ne avrebbe fatto parte…….. da sempre, aveva sentito poco la necessità di dividere il proprio tempo con qualcuno…….. diciamo che l’ aveva avvertita solo un po’ di recente ….in quei giorni che poi si erano felicemente conclusi con quel loro primo bacio in palestra…. continuati con la settimana passata a conoscersi, frequentarsi ……fino alla prima, dolce, notte d’ amore ……… beh, andava riconosciuto senz’altro, ad alcuni, il merito di scegliersi tanti buoni amici; ad altri, l’egual merito di scegliersi e volere solo un compagno per la vita……… e lui, certamente, era stato fra questi ultimi……………. ma non il suo do’hao………….

…il suo do’aho era un do’hao pieno di energie, di idee e parole…. un do’hao solare, allegro…. così innocentemente abile nel penetrare anche le barriere più isolazioniste …….. pieno di amici e di voglia di fare, di dare, di vedere e parlare e confrontarsi e ridere e divertirsi…………….

…un do’hao fatto per lui senza dubbio, ma da lasciare libero ogni tanto…. sicuri che il suo cuore passionale lo avrebbe poi riportato dal suo unico e vero amore.

 

Ma era difficile.

I pensieri erano facili da esaminare razionalmente.

Le azioni invece coinvolgevano i sensi.

I propri sensi, pensò Kaede.

 

Il proprio amore.

Il proprio bisogno.

 

 

Sapeva, conosceva perfettamente il motivo del suo diniego, del suo rifiuto.  

Non voleva lasciarlo, non voleva farsi lasciare.

 

Non voleva separarsi da Hanamichi nemmeno un singolo giorno.

 

Da quando si erano scoperti innamorati, persino durante la loro intensa crisi, nemmeno una volta si erano tenuti separati.

Nemmeno un singolo giorno.

 

Ed ora, invece, non sapeva nemmeno quanto, non aveva nemmeno chiesto quanto sarebbe dovuto durare quel viaggio, non lo aveva voluto sapere, aveva solo desiderato rifiutare ed accantonare per sempre quell’argomento.

 

Ma non sarebbe stato giusto.

 

In fin dei conti Hanamichi non aveva torto.

 

Quel loro amore era così bello perché nato libero.

 

Libero dai pregiudizi della società perbenista.

Libero dalle diversità di carattere.

Libero da ruoli, convinzioni e negatività.

 

Era il loro amore e che diritto aveva, dunque, lui di far morire in catene ciò che avevano creato insieme in libertà?

 

Eppure una lenta angoscia lo corrodeva debolmente, ma con insistenza.

 

Si poteva capire, comprendeva l’ ansia del suo corpo.

 

Si trattava pur sempre di sopravvivenza.

 

 

 

Avrebbe resistito senza di lui?

 

 

 

Chiuse gli occhi.

Il silenzio lo feriva.

Soprattutto da quando, mesi prima, ormai aveva imparato a condividerlo, a vederlo rincantucciato negli angoli nei momenti in cui le belle labbra del suo amante si aprivano, per una risata o un grido d’estasi.

 

Beh, non c’era molto altro da pensare.

 

Doveva solo, in ultimo, dare uno sguardo alla propria scala di valori.

 

Al primo posto svettava la felicità di Hanamichi.

 

E così sarebbe stato, sempre.

Si disse, con tutto  l’orgoglio di un ragazzo di quasi diciassette anni e mezzo.

 

 

Ora doveva solo dimostrarlo.

 

 

Si accostò, quatto, alla schiena del suo compagno e lo afferrò stringendolo con forza.

Hanamichi si irrigidì un istante, poi prese a divincolarsi.

 

“Lasciami subito, baka kitsune, non voglio farmi toccare da te!Lasciami andare, ti ho detto, se non vuoi un pugno!!”

 

 

Kaede lo ignorò, raggiungendo il suo collo, risalendo verso il suo orecchio.

 

“E quando partite?” chiese, notando come il suo amante fosse rabbrividito al semplice entrare del suo fiato caldo nel condotto uditivo

 

Dubitava che, se lo avesse toccato come solo lui sapeva fare, Hanamichi si sarebbe opposto ancora molto.

Sorrise, mentre aspettava una risposta.

 

 

“Q-Questo ….week-end………. venerdì è ponte, lo sai, poi inizia la Golden Week…… faremo venerdì, sabato e domenica……”

 

“Hnnn… capisco…” soffiò accuratamente nel suo orecchio Kaede

 

 Un altro brivido.

 

Una domanda pressante nell’animo di quel ragazzo dagli occhi azzurri.

‘Kaede, riusciresti a vivere tre giorni senza sentirlo rabbrividire fra le tue braccia?’

 

 

“Perché me lo chiedi?” curiosò Hanamichi

 

 

Silenzio.

Cosa dirgli?

 

Possibile fosse ancora indeciso?

Si rimproverò.

 

 

Sorrise rassegnato, senza che il suo koi dai capelli di fiamma lo vedesse.

 

Eh sì, Kaede.

Dagli il permesso, su.

Via, capita a tutti di sentirsi per un giorno un po’ più innamorati, no?

 

 

 

 

 

 

“Va bene, ti lascio andare” mormorò

 

 

 

 

 

 

 

Attimi di silenzio.

Veri attimi di silenzio.

Pieni.

 

 

 

 

“D-Davvero?”

 

 

Kaede annuì contro la sua spalla, strusciandola.

 

Piano, con incredibile cautela, Hanamichi si rigirò fra le sue braccia, per guardarlo negli occhi e leggervi dentro la conferma di quel ‘sì’ così tanto desiderato.

 

 

“Dici proprio davvero? Ti avverto: se mi stai prendendo in giro, ti rifilo una testata, amore”

 

 

Kaede sorrise lievemente.

 

“Dico sul serio” tirò fuori, forse un po’ faticosamente

 

Hanamichi gli gettò le braccia al collo, stringendosi a lui, baciandogli una guancia.

“Ah, Kaee….. evviva!…..Grazie…………… grazie….. Kami quanto ti amo, quando fai così!”

 

 

La linea delle belle labbra morbide di Kaede si incurvò lentamente, sempre di più, fino a dipingere uno strano, malizioso, sorriso enigmatico sul suo viso.

 

Hanamichi si trovò a fissarlo.

Era bellissimo, quando sorrideva.

Eppure adesso lo spaventava un po’.

Sembrava tanto uno splendido oni pronto a divorargli l’ anima.

 

 

In un istante, Hanamichi si trovò premuto sul letto, il corpo caldo di Rukawa sul suo.

La pelle a contatto.

Sensualmente a contatto.

 

Con un gesto lento e curato, Kaede prese fra le dita ognuno dei piccoli bottoni del pigiama di Hanamichi e li tirò fuori dall’ asola.

Lentamente.

Sganciandoli uno ad uno.

Godendo con lo sguardo su quel corpo, che veniva scoperto pian piano.

Lasciando che il proprio, lascivo, sorriso si allargasse ancora di più.

 

Davvero quel do’hao credeva che un semplice abbraccio potesse ripagare l’enorme sacrificio che quel semplice ‘sì’, appena sussurrato, gli era costato?

Oh no….. no…. avrebbe dovuto offrire molto, molto di più.

 

 

 

“Partirai , sì, ma ad una sola condizione” mormorò, suadente, la volpe bruna

 

 

Gli occhi di Hanamichi si muovevano scrutando quelli del compagno, cercando di capire, di intuire.

Sentiva una di quelle mani nivee muoversi aggraziata e languida sul proprio petto, vicino al costato.

 

 

 

“Cosa devo fare?” chiese piano lui dagli occhi nocciola

 

 

 

 

“Una settimana……..” sussurrò l’altro in risposta, stendendosi completamente sul suo corpo, passandogli le mani sotto le spalle fino a raggiungere i capelli ed affondarvi le dita

 

 

 

 

“Quando tornerai, per un’ intera settimana, sarai a mia completa disposizione ………ubbidirai a me, eseguirai ogni mio ordine, appagherai ogni mio desiderio e soddisferai ogni mia perversione…………… per un’ intera settimana…………”

 

 

 

 

Hanamichi lo fissò confuso.

 

 

“Desideri…?. Perversioni…..?” mormorò debolmente, senza capire

 

 

 

“Sessuali” specificò gentilmente per lui Kaede

 

 

 

Hanamichi arrossì intensamente.

“K-Ka.e..de”

 

 

 

 

“Questa è la mia condizione, Hana………. lontano da me per tre giorni, poi ti avrò per tutta la Golden Week…… mattina, sera, notte…….. ad ogni ora …… quando  vorrò………………… sarai in ritiro con me………………………………………………… accetti?”

 

 

 

Hanamichi sembrò pensarci, nascondendo la propria concentrazione ancora dietro al rossore che gli imporporava il viso.

Poi diede voce al suo pensiero.

 

 

“Anch’ io ho la mia condizione volpe, la mia condizione sulla tua condizione” sorrise

 

 

 

“Do’hao – lo riprese lui, morbidamente – sono io che detto le regole”

 

 

“Ascoltami, almeno!”

 

 

“Hn”

 

 

“Voglio che, durante tutta la settimana di ritiro, abbandoni la prudenza nei miei riguardi, basta spingere piano, basta chiedermi come sto, basta preoccuparsi, la mia condizione è che tu, in ritiro con me, penserai esclusivamente al tuo piacere, a godere di me, di tutto quello che ti lascerò fare col mio corpo”

 

 

Kaede lesse convinzione nei suoi occhi, amore nelle sue parole.

Necessità di cambiare una situazione che poteva diventare limitante per entrambi.

 

 

 

“Accetto” mormorò

 

 

 

 

 

“Accetto” ripeté per sé Hanamichi

 

 

Il ragazzo dai capelli rossi sorrise al suo amore, strappandogli due secondi di labbra incurvate, poi si sistemò meglio sotto di lui.

 

 

“Beh – disse – non mi baci per siglare l’accordo?”

 

“Volentieri” assentì lui, chinandosi sulla sua pelle

 

Il semplice tocco divenne un fiume di passione, minuti interi di contatto bruciante.

 

“Mmh… volpe… ricorda che la settimana di ritiro è ancora lontana…….”

 

 

“Non ti ho parlato della piccola clausola post-contratto?”

 

 

“Direi di no, cosa dice?”

 

 

 

 

“Che stasera mi prendo un assaggio”

 

 

 

 

Hanamichi rise, sereno, rilassato

Poi sollevò le braccia a cingergli il collo, dolcemente.

 

 

 

 

Il fine settimana arrivò in un lampo.

E fu giovedì sera.

 

Hanamichi era in camera loro, a preparare la valigia per i tre giorni di viaggio.

Kaede si affacciò posando una mano sullo stipite della porta, silenziosamente.

 

Rimase ad osservarlo piegare i vestiti, pochi capi, i suoi preferiti, quasi tutti suoi regali… di compleanno, di Natale, di anniversario……

Sorrise.

 

E così, al suo dolce do’hao dispiaceva partire……nonostante tutto, gli dispiaceva lasciarlo.

Sorrise ancora.

 

Che do’hao che era.

Prima dolce, poi offeso, poi pentito.

 

Una girandola di emozioni sempre diverse.

 

Ma era così che gli piaceva.

 

 

Kaede avanzò di un passo, uscendo dalla penombra della soglia, lasciandosi notare.

 

“Kaede” lo chiamò Hana, sollevando lo sguardo

 

“Hai finito?”

 

“Beh… quasi………. Ah!”

 

Kaede lo aveva afferrato, cingendolo con le braccia alla vita.

Appoggiando il mento sulla sua spalla.

 

“Ti sei portato tutti i miei regali?”

 

“……..Ah, ma allora …. mi stavi spiando, kitsune curiosa?” arrossì lui dagli occhi caldi.

 

“Sì…dalla porta…. hai preso tutto?”

 

“Sì, credo di sì……..”

 

Kaede lo fece girare, lentamente, verso di sé, senza però lasciarlo.

 

 

“Va bene, allora porta anche questo con te domani”

 

 

Le loro labbra si incontrarono, facilmente, stupendamente.

In un modo tutto loro.

Un saluto.

Dolce.

Una promessa.

Secondo la quale solo tre giorni li avrebbero divisi dal prossimo sfiorarsi.

 

 

Il saluto di Kaede.

Il saluto di un ragazzo innamorato perso.

 

 

Si avvinsero ancora di più, abbracciati.

Poi si lasciarono cadere sul letto, ancora insieme.

 

Languidi gemiti e carezze.

Pezzi di dialoghi interessanti.

 

“No…. mi devo svegliare presto……… daii…”

 

 “NO… non lasciarmi segni addosso …… come lo spiego al guntai…. faremo il bagno tutti  insieme …li vedranno…….no, li vedrebbero anche lì…….. no fermo, lì no!……………. Kae……..”

 

“Ma come ‘Nessuno penserebbe mai ad un succhiotto sul piede’ smettila, no, lasciami la caviglia, dai!” voci divertite

 

“Kami…. Kae……….ah ..ah……………….. Kaeee…………. n-no………….oh sì………. aaaah…………….. aaaaaah….”

 

 

Poi nel silenzio attorno.

“Ti amo”

“Ti amo”

 

 

 

 

Alba.

 

Si erano svegliati insieme.

Hanamichi si era alzato velocemente.

Kaede lo aveva seguito.

 

Oh sì, aveva abbandonato il rifugio tiepidissimo delle proprie amate lenzuola per salutare il suo amante.

Per passare gli ultimi minuti con lui.

Anche semplicemente a fare colazione insieme.

 

Poi la porta di casa segnò la loro separazione.

 

Dalla soglia si intravedeva la nebbia sottile del primo mattino che saliva dalla strada.

Hanamichi oltrepassò la porta, camminando all’ indietro.

 

Era uno sciocco, lo sapeva, se si sentiva così male solo al pensiero di andare via tre giorni perché aveva accettato l’ idea di Yohei, perché aveva costretto quel bellissimo ragazzo che lo guardava dall’ ingresso di casa a dirgli di sì, perché stava partendo lo stesso?

 

Si sentì improvvisamente triste.

 

Kaede sembrò capire.

Addolcì lo sguardo e cercò di sorridergli.

 

Nonostante tutto, voleva che fossero tre bei giorni, per lui e per i suoi amici.

 

A piedi nudi, Rukawa lo raggiunse, scivolando sui gradini gelati di pietra e rugiada.

Si guardarono negli occhi prima di abbracciarsi l’ ultima volta.

 

“A domenica” sussurrò Hanamichi

 

“A domenica” rispose lui

 

 

***

 

Quanto?

Due ore?

 

Non lo sapeva affatto.

 

Tentò di distrarsi dal pensiero prepotente di dove fosse in quel momento il suo do’hao.

Quante volte se lo era già chiesto?

 

Si sentiva strano.

 

Non pranzò.

In tutto quel giorno aveva mangiato volentieri solo quella mattina.

Con lui.

 

Decise di uscire.

Non poteva continuare così.

 

Un bel pomeriggio al campetto sarebbe stato l’ideale.

 

Il basket lo liberò per un po’ da quei pensieri ingombranti.

Ma poi fu ora di tornare a casa.

 

 

Ed il silenzio che Kaede trovò ad accoglierlo non se lo sarebbe mai neppure immaginato.

 

Orrendo.

 

Sì.

Orrendo.

Insopportabile.

Enorme.

 

 

Fu una sensazione così forte da impressionarlo.

 

 

 

 

Il vuoto.

 

 

 

Passavano i minuti.

Lo sentiva.

 

La tv non lo distraeva.

Il letto gli sembrava freddo.

 

Non ci si sarebbe mai steso.

 

Nulla lo attraeva.

 

E lo sentiva ancora di più.

 

 

Quel vuoto così immenso.

Farsi ancora più spazio.

Sentirsi sempre più forte, a ridere negli angoli.

 

 

Odioso.

 

 

 

Un vuoto dentro, talmente grande e concreto, da poterlo quasi sentire solo appoggiandosi una mano sul  torace.

Una mancanza.

Un consistente turbinare di sentimenti interrotti.

 

 

Non lo sopportava.

Non lo sopportava.

 

 

 

Non avrebbe mai potuto credere che sarebbe stato così.

Così quasi fisicamente doloroso.

 

 

Gli mancava.

 

 

Gli mancava da morire.

 

 

Il suo do’hao.

Il suo dolcissimo, splendido do’hao.

 

 

Non sapeva come fare.

Dove trovare respiro.

 

 

 

Scoprì solo a fine serata che l’ unico posto in cui quel vuoto al suo interno sembrava quietarsi  era vicino al piccolo gradino interno della casa.

Sul pavimento all’ ingresso.

 

Lì si sedé ed aspettò.

 

 

Il giorno dopo fu come il precedente.

Ma almeno i sogni della notte lo avevano consolato con piacevoli allucinazioni.

 

 

Non sarebbe andato al campetto.

Non più.

 

 

Come avrebbe potuto sopportare, ancora una volta, l’ immenso senso di abbandono di una casa trovata vuota?

 

Rabbrividì inconsciamente al pensiero.

Trovò solo la dolcezza di sperare che il suo prezioso do’hao si stesse divertendo molto più di lui.

 

 

Il tempo non passava mai.

Strano, molto strano.

 

Così spesso, dopo le ultime carezze di un amplesso già finito, si erano sorpresi guardando l’ ora tarda ed avevano pensato a come ingiustamente volava via il tempo.

 

Ora invece Kaede si chiedeva addirittura se esistesse il tempo.

 

 

“Che tortura” sospirò a voce alta, la schiena appoggiata al legno di abete che rivestiva l’ ingresso in listelli perfettamente sagomati.

 

Aspettò, ancora.

 

 

Il suo cuore gridava incessantemente, per non sentirsi solo.

Delirava, per la prolungata assenza di nutrimento.

 

Amore e fili rossi.

Era tutto quello che voleva vedere, tutto quello di cui voleva alimentare la propria anima.

 

Voleva rivederlo e sapeva che lo avrebbe potuto fare appena domani, ma il suo cuore soffriva  per la paura che quel domani fosse troppo  lontano per lui.

 

Voleva rivederlo ed era solo quasi sera.

 

E lui ancora lì, all’ ingresso, contro il legno ormai tiepido del suo corpo e lo sguardo rivolto alla porta.

 

Notte ora, quasi.

 

 

Lo sguardo spento e lontano.

I ricordi vivi che ballavano allegramente davanti ai suoi occhi e nella sua mente.

 

E malediceva il vento, Kaede, perché ad ogni foglia che spostava gli faceva immaginare che fossero passi sempre più vicini.

 

E malediceva la lontananza, ed il fatto che il mondo fosse vasto, e che non fosse possibile averlo tutto attorno a sé.

 

E malediceva la debolezza che credeva di provare.

 

Beh, sarebbe facile dire di lui che sembra un debole, così….. ma invece lui è forte……aspetta ed è forte e sa di esserlo……. è forte, per la scala di valori che si è scelto …è forte, per l’ amore che ha accettato e lasciato crescere in sé e non è arido come tutti pensano, è vivo, anche se ha messo la propria sopravvivenza nelle mani di un altro ragazzo, noi sappiamo che ha compiuto bene la sua scelta, no?

 

Oh sì.

 

L’ ha compiuta bene.

 

Con saggezza ed una punta d’ inesperta incoscienza.

 

 

Ma bene.

Molto bene.

 

 

 

Perché in quel momento la porta si apre ed Hanamichi rientra a casa.

Ma è solo sabato sera tardi.

 

 

***

 

 

Hanamichi lo guardò.

Lì, seduto a terra sul piccolo gradino, di fronte alla porta.

Una macchia bianca e nera.

Con lo sguardo fisso su di lui.

 

Il tonfo sordo del borsone posato a terra non li disturbò neanche.

 

 

“Sono tornato”

 

 

Un sussurro che si perse nel frusciare dei loro vestiti stretti in un abbraccio ritrovato.

 

 

Ed il vuoto immenso si fece sempre più piccolo ed insignificante.

Racchiuso anch’ esso fra quelle braccia, si dissolse non appena la presa dei due corpi si rafforzò.

 

 

Kaede, gli occhi chiusi, abbandonato sulla spalla del suo compagno.

In pace con sé stesso, mentre avvertiva millimetro per millimetro quel vuoto enorme nel suo torace riempirsi di calore, profumo, amore e stoffa.

 

Hanamichi, gli occhi socchiusi, abbandonati, il viso appoggiato al collo del suo amante.

Sentiva, secondo per secondo, il suo cuore calmare i battiti impazziti, l’ ansia che scivolava via dai suoi sensi, un sorriso che si allargava nel suo cuore.

 

 

 

“Hana….”

 

 

“Mi mancavi….. non chiedermi altro……….”

 

 

“Nh……”

 

 

Fermi, immobili, nell’ ingresso.

 

 

“Ho fatto in tempo per il nostro bagno, vero?” chiese, piano, Hanamichi

 

 

“Sì, direi proprio di sì”

 

 

Non si lasciarono.

Ancora fermi, ancora immoti, ancora abbracciati.

 

 

Improvvisamente, il telefono squillò.

 

 

Kaede capì di dover rispondere.

 

“Io vado di sopra a preparare tutto ….raggiungimi ….presto” sussurrò Hanamichi, prima di separarsi da lui

 

Guardandolo salire quelle scale, Kaede sollevò il ricevitore.

 

“Pronto?”

 

“Rukawa?….. Sono Mito…….. Hanamichi  è da te, vero?”

 

 

Il ragazzo dai capelli neri alzò sorpreso un sopracciglio.

 

“Perché?

 

“Beh, lo immaginavo……. non ci ha detto niente….. ti chiamo da ******, Hana era strano, da quando siamo partiti.. poi, oggi pomeriggio, ci ha salutato e se ne è andato…… i ragazzi non sanno, io ho creduto fosse tornato da te ……………… è lì, vero?”

 

 

“Sì”

 

“Bene, sono tranquillo adesso……. so di lasciarlo in buone mani……… Hana ha sentito terribilmente la tua mancanza…… non ci ha rivolto neanche un sorriso, da ieri mattina …… beh….. allora te lo affido ……….. oyasumi nasai.”

 

 

 

Il telefono suonò libero a lungo.

Kaede lo riabbassò lentamente.

 

E così, il suo dolce do’hao aveva sentito la sua mancanza.

Aveva perso il sorriso ed era tornato un giorno prima.

 

Sorrise dolcemente, guardando un telefono silenzioso.

 

 

Salì le scale.

Due a due.

 

Quasi di corsa.

 

Aprì velocemente le due porte e si tuffò fra le braccia del suo amante.

L’acqua calda riempiva pian piano la vasca.

Loro si erano già immersi.

 

 

Il reciproco calore, la presenza ed il vapore rilassarono i muscoli tesi.

Soprattutto un muscolo, unico nel suo genere, capriccioso e tenace.

Innamorato.

 

La notte scivolò su note saponate e languide.

Si accarezzarono, per sentirsi nuovamente vicini.

Persi in un mondo tutto loro.

Racchiuso in una stanza.

 

 

Stesi fra le lenzuola, Hanamichi cercò, con la propria, la mano di Kaede.

La trovò, la strinse, vi intrecciò le dita.

Saldamente.

 

Se la portò alle labbra e la baciò.

 

E non erano più fredde quelle lenzuola, né tristi.

E non era immensa quella stanza e non era troppo lontano quel soffitto e non era malvagio il silenzio e non era crudele il vento e le stelle non ridevano di loro.

 

Erano insieme.

 

 

E vi sarebbero rimasti.

 

Nessuno dei due cercò eccitanti contatti.

Perché l’ amore di cui avevano bisogno non era solo fisicità.

Non quella settimana, almeno.

 

 

 

 

La Golden Week.

Si avvicinava.

Kaede sorrise malizioso al pensiero.

 

 

Si era svegliato da un po’.

Era quasi primo pomeriggio, ma non si erano ancora alzati.

E lui dagli occhi intensamente azzurri strinse più forte il fagotto di lenzuola e capelli rossi che aveva vicino al petto.

 

 

Una domenica da passare tutto il giorno a letto, semplicemente abbracciati.

Ne ricordava una simile.

 

E ricordava anche quanto fosse piaciuta ad entrambi.

 

Così passò la giornata.

Fra poche parole, qualche bacio ed una compagnia reciproca e desiderata.

 

Ad ogni slancio di passione, quando Kaede sentiva il proprio sangue iniziare a correre troppo veloce per aver intravisto un lembo di pelle scoperto o aver incontrato con troppa perdizione quelle labbra morbide, poteva solo ripetersi…‘Domani’

 

 

 

E domani fu.