Diclaimer: neppure i personaggi di Slam Dunk sono miei.

Note: Che casino che sto combinando! Per questa storia ho preso "leggermente" spunto dall'Amleto di Shakespeare. Dovevo riprenderne solo le linee essenziali, e neppure tutte, ma non ho resistito ad inserire qualche citazione (e non solo dall'Amleto^^! Conviene che alla fine inserisca una bibliografia^^), che potrete individuare grazie agli asterischi.

Che Shakespeare e Inoue mi perdonino per lo scempio! Per di più mi viene molto difficile continuarla.ormai l'ho scritta e quindi ve la mando.se proprio non avete niente da fare e volete leggerla, mi farebbe comunque piacere^^.


Il resto è silenzio

parte I

di Sanada



Nessuno riusciva a spiegarsi cosa gli fosse preso da qualche giorno a questa parte.

Era sempre triste.malinconico.non rideva più e non faceva più lo scemo.

Decisamente era fuori di se.

L'armata Sakuragi al completo era fuori di se.

Niente più risse.niente più scherzi idioti.

Niente di niente.

Doveva essere successo qualcosa di tragico, di davvero insostenibile per cambiare in maniera radicale, inaspettata ed immediata delle teste calde come loro.come lui.

-che ti è preso do'hau?!- pensava la stella dello Shohoku, di fronte all'inusuale comportamento del compagno di squadra.del rivale dichiarato.di quello strano personaggio che era Hanamichi Sakuragi.

Perché strano lo era di sicuro. Da quando lo conosceva ci fosse stato un giorno in cui si fosse comportato in un certo qual modo 'normalmente'.

Beh.in quanto a normalità, neppure lui scherzava: la kitsune dagli occhi di ghiaccio, mai un sorriso, mai una parola di troppo, mai la benché minima espressione che manifestasse i suoi pensieri, i suoi stati d'animo.

Almeno se ne stava per i fatti suoi.

Quella scimmia rossa invece, con il suo comportamento da esaltato fuori di se, aveva sempre costituito un elemento a dir poco destabilizzante.sulla squadra.e.su di lui.

Era l'unico che riuscisse a fargli perdere il suo ferreo autocontrollo.suscitando in lui emozioni e sensazioni davvero inspiegabili.anomali.

Ed ora.? Dove era finito il tornado, il signor una-ne-faccio-cento-ne-sbaglio?

A guardarlo allenarsi mestamente, con gli occhi bassi e lo sguardo da cane bastonato, sembrava non fosse mai esistito.

 

 

"Non ce la faccio più Yohei. Non voglio tornare a casa, sapendo quello che vi troverò e.quello che non vi troverò" diceva la testa rossa dello Shohoku, al suo amico più caro.

"Fatti forza Hanamichi. So che non è una situazione affatto facile.ti farei volentieri venire a casa mia.ma sai quanto mia madre e tua madre siano amiche.di sicuro non me lo permetterebbe."
"Tranquillo, so benissimo quale sia la situazione.ho vagliato attentamente tutte le possibilità.e sembra non ci sia via di uscita.non mi resta che subire.questa assurda situazione"

 

 

"Hanamichi! Sei tornato! Tutto bene oggi a scuola? E gli allenamenti?"

"Si mamma, tutto bene" rispose stancamente il rossino, alla domanda rivoltagli dalla donna che le aveva aperto la porta.una bella donna sulla quarantina, dai capelli rossi e gli occhi nocciola.era difficile non accorgersi della somiglianza tra i due.

"Una parola di più no e? Possibile che tu non riesca proprio a comprendermi?."

"Non c'è bisogno che tu ricominci con questa storia ogni volta che torno a casa!" sbotto Hanamichi, una malcelata rabbia si faceva sempre più strada dentro di lui "ormai la conosco a memoria.come se poi ti importasse qualcosa di quello che penso"

"Come puoi dire questo! Certo che mi interessa! Sei mio figlio, ed io."

"Ah! Certo! Ora ti interessa.Ora che ti sei sistemata, che hai fatto i tuoi comodi senza pensare a quello che IO provavo! Ora ti preoccupi di me?!".

Con il respiro reso affannoso dalla rabbia e dalla disperazione, il ragazzo fissava sua madre, che alle parole del figlio era rimasta come pietrificata.mentre i suoi occhi cominciavano a riempirsi di lacrime.

"Non hai sofferto solo tu.." Disse tra i singhiozzi.

"Gia.ma tu hai trovato presto come consolarti!"

E detto questo, si diresse verso le scale che portavano al piano superiore, raggiungendo velocemente la sua stanza e chiudendovisi dentro, sbattendo rumorosamente la porta dietro di se.

 

Rimase immobile sul suo letto, a guardare il soffitto, per tutto il resto del pomeriggio.

Una marea di pensieri affollavano la sua mente, quasi a volerlo sommergere.

Amava sua madre, avrebbe fatto di tutto per lei, per vederla felice, per lenire il suo ed il proprio dolore, dopo quanto era successo, dopo la scomparsa del suo adorato padre.

Le lacrime ricominciarono a scivolare sulle sue guance.

Ormai non tentava più neppure di ostacolarle.

Aveva cercato di essere forte.era riuscito a mascherare con tutti il proprio dolore dietro una maschera di spensierata allegria e sfacciataggine.per mesi vi era riuscito.tre lunghissimi.interminabili mesi.

Aveva ripreso la scuola, si era dato al basket, aveva continuato come se nulla fosse successo ad uscire con i suoi amici, gli unici che sapevano e che gli erano stati vicini, seppur con discrezione.ed ora tutti i suoi sforzi erano crollati di fronte a quanto era seguito.di fronte alla decisione di sua madre.di risposarsi.dopo tre mesi.e come se non bastasse, non con uno qualunque.con suo zio! Il fratello di suo padre!

Come poteva chiamare padre suo zio?! Come poteva accettare in casa sua qualcuno che aveva sempre odiato.talmente diverso dal fratello.talmente ipocrita e vile da far la corte a sua madre mentre lo spirito del suo defunto marito ancora aleggiava sulle loro teste.

E come aveva potuto lei.?! Dopo soli tre mesi?!

Suo padre l'adorava, ed anche lei aveva sempre giurato e spergiurato amore eterno!
Tutto ciò aveva dell'inverosimile.

Troppo doloroso e troppo sconvolgente anche per lui.

Non pretendeva certo che sua madre facesse la vedova a vita.ma se dopo soli tre mesi era riuscita a distruggere tutto, seppellire il suo amore in una tomba per poi tirarne subito fuori un altro [Romeo e Giulietta NdS] .allora l'amore per suo padre era menzogna?! Aveva finto di amarlo.non poteva essere altrimenti.e lui l'adorava.

Probabilmente lei lo tradiva da chissà quanto tempo.

Il dolore che provava al solo pensiero era talmente schiacciante da togliergli il respiro.

Gli occhi serrati dai quali continuavano a sgorgare calde lacrime, mentre una mano sulla bocca cercava di attutire e trattenere i singhiozzi.

Orribile.più che orribile*

La morte, probabilmente, sarebbe stata meno dolorosa che vedere la sua famiglia sfasciata, la memoria di suo padre tradita, la fiducia e la stima in sua madre perduti.

 

 

Era ormai sera quando qualcuno bussò alla sua porta.

Aveva smesso di piangere, ma era ancora li, steso sul suo letto, gli occhi persi nel vuoto..

"E' aperto" disse con voce atona.

Tanto, con o senza il suo permesso, sarebbe entrato comunque.

Tanto quello che voleva o faceva non interessava a nessuno.

Tanto sapeva chi era.

"Figliuolo."

"Non chiamarmi in quel modo.ZIO" la voce calma e glaciale aveva perso ogni sua espressione.

L'ospite, con un sospiro, prese ad avvicinarsi.

"Perché continui.perché ti ostini a restare chiuso nel tuo dolore? Perché non riesci a vedermi come amico, se non come patrigno?".

"Volevi mia madre.l'hai avuta.volevi prendere il posto di mio padre.ci sei riuscito.in questa casa, nel cuore di mia madre, ma non nel mio. Non ti aspettare nulla da me, perché non avrai nulla.ma tanto credo tu abbia già avuto abbastanza.o no?.ZIO" uno sguardo interrogativo e pieno d'odio venne puntato sul signor Keiji [so che è un nome strausato.ma ho poca fantasia per i nomi, e quei pochi che mi vengono in mente poi non me li ricordo.accontentatevi^^ NdS], odio e rancore, rancore e sospetto.sospetto che non fosse ancora finita.che quella figura avrebbe potuto ancora nuocergli.ma cosa aveva ancora da perdere?!

Da parte sua, il signor Keiji, deciso da principio a non rispondere alle provocazioni, non riuscì davvero a sopportare il comportamento insolente di quel ragazzino [ ragazzino non è proprio un aggettivo adatto riferito ad Hanamichi.diciamo che è riferito all'età.anche se stona comunque^^ vabbè, pazienza.NdS].

Ricambiò il suo sguardo con fermezza e decisione, non un barlume di debolezza, non un'incertezza.

"Ascoltami bene!Non vuoi darmi fiducia? D'accordo! Non vuoi accettarmi? D'accordo! Affari tuoi.Esigo comunque rispetto da te! Prima di essere tuo padre sono tuo Zio, l'hai detto tu stesso no? Come tale non tollero che tu mi risponda come fossi un tuo pari! A me come a tua madre! Intesi?!" tutto ciò venne detto non urlando, ma con un tono ed un'intensità talmente freddi ed autoritari da far tremare il sangue nelle vene al povero Hanamichi, il quale, dopo il primo istante di titubanza, non riuscì comunque a trattenersi dal sibilare un:

"Si.padrone".

In risposta gli arrivò un sonoro ceffone sulla guancia.

Lo stupore aveva superato in lui ogni altro sentimento.

Era esterrefatto.

Neppure suo padre lo aveva mai picchiato.che diritto aveva lui? Quale diritto!

Il signor Keiji lasciò la stanza sotto lo sguardo attonito del ragazzo, pronunciando un deciso "rifletti"  prima di richiudersi la porta dietro le spalle.

 

Riflettere.

Ancora?!

Aveva la testa che scoppiava per i mille pensieri che la tormentavano.su cosa ancora avrebbe dovuto riflettere? Sulla miseria della sua vita? Sullo scopo della sua vita?

Sul perché non fosse morto anche lui, quel maledetto giorno, assieme a suo padre?

Sul perché quella gentaglia abbia dovuto aggredirlo proprio mentre andava a cercare aiuto?

Sull'espressione che aveva suo padre quando.l'aveva trovato riverso per terra.la mano stretta al petto.e di nuovo le lacrime cominciarono a scivolare sulle sue guance.

 

 

 

Un altro giorno era trascorso.

Dopo la notte insonne, gli impegni scolastici, gli allenamenti.si sentiva a pezzi.ma non era stanchezza fisica.era il suo spirito ad essere a pezzi.

Di tornare a casa avrebbe volentieri fatto a meno, così decise di attardarsi ancora un po'.

Dopo aver rassicurato e salutato Yohei, si diresse al campetto, deciso a tornare a casa il più tardi possibile.meno li vedeva meglio era.anche se in fondo le cose non cambiavano poi di molto.almeno avrebbe evitato la loro ipocrisia.

Tiro dopo tiro, errore dopo errore, la sua rabbia aumentava.e aumentava.fino a che.

"Sei un disastro"

Una voce, calma, fredda.quella voce.non aveva proprio voglia di stare a discutere con lui.ci mancava solo quella stupida volpe a migliorare la bellissima giornata!

"Non sono affari tuoi" ruggì a denti stretti, mentre Rukawa, come se neppure l'avesse sentito, continuava ad avanzare verso di lui.

"sei sempre stato un disastro.ma ora sei pure peggio".

"E a cosa devo l'onore di tutto questo interessamento da parte tua? I nostri rapporti interpersonali si sono sempre limitati agli insulti e ai cazzotti.e mi va bene così"

"A me no" tre parole, neppure la più piccola inflessione che ne potesse far comprendere il senso, tre parole che mandarono in totale black out il cervello del rossino, che davvero non comprendeva dove quella stupida volpe volesse andare a parare.

"C.che? I.in che s.senso scusa?" riuscì a balbettare, cercando di leggere sul suo volto, nei suoi occhi, la risposta.niente.imperscrutabile.

Quegli occhi erano di puro ghiaccio.

Bellissimi, non vi erano dubbi su questo, eppure più freddi delle notti d'inverno, come queste di un blu scuro impenetrabile.

Eppure c'era qualcosa di diverso in quegli occhi.mentre Rukawa continuava ad avanzare.mentre quegli occhi erano sempre più vicini ai suoi, vide in essi un leggero tremore.o forse era lui che per la stanchezza non vedeva bene.

Il ragazzo moro si fermò a pochi passi da lui.

Continuava a fissarlo e sembrava talmente lontano.

Cosa diavolo gli passava per la testa?

Raccolse il pallone che nel frattempo era rotolato ai suoi piedi e si voltò verso il canestro, pronto a continuare con il suo allenamento.ma perché diavolo il suo cuore non la smetteva di battere così forte?!

"Se non hai niente da dire.io dovrei allenarmi" cercò di dare al suo tono di voce un minimo di sicurezza e asprezza, ma lo sguardo che continuava a sentire su di lui aveva un effetto a dir poco destabilizzante.

Si mise in posizione di tiro, ma ben presto si ritrovò a fissar la sua mano vuota.con un gesto fulmineo la volpe aveva spazzato via il pallone.

Il rossino era esasperato.

Si voltò di scatto verso di lui, afferrandolo per il collo della divisa.

"Vuoi proprio fare a botte, baka kitsune"

"Voglio parlare con te" gli rispose l'altro, non perdendo neppure un briciole della sua calma e inespressività.

Hanamichi lo lasciò andare, emettendo un sospiro di rassegnazione.

"Se devi parlare parla! Fino ad ora io non ho sentito proprio niente, se non una frase poco chiara che tu neppure ti sei degnato di spiegare! Non ho tempo da perdere con te!"

"Non qui" ribattè calmo Rukawa.

"Non qui.cosa?"

"A volte mi chiedo se tu lo faccia di proposito, o se sei davvero un do'hau.non-voglio-parlare-qui"

Era inverosimile.tutta quella faccenda aveva dell'inverosimile.

Già il fatto che Rukawa gli stesse "parlando" era incredibile.il fatto che avesse qualcosa da dirgli in privato.era assurdo!

Eppure aveva cominciato a pensare che non potesse succedere nulla di più assurdo e incredibile nella sua vita, se non la storia di sua madre e suo zio.

Si sbagliava.

La vita a volte riserva davvero molte sorprese..

-Troppe- pensò tra se il rossino, prima di chiedere, con un gesto molto teatrale:

"E dove vorresti parlarmi?"

"A casa mia"

"Eh?" lo stupore raggiunse livelli ineguagliati.

Neppure lo schiaffo ricevuto dal caro zietto lo aveva stupito a tal punto.

Lui e la volpe non avevano neppure scambiato due parole senza pestarsi calorosamente! Ed ora, come se niente fosse, se ne usciva con un invito a casa sua! Per quale ragione poi? Che diavolo aveva di così importante da dirgli? E perché diavolo il suo cuore non aveva ancora smesso di fare le capriole nel suo petto?

"Stai scherzando vero?" riuscì a dire, dopo aver recuperato un minimo di lucidità.

"non scherzo mai" fu la risposta.

"Non posso" si costrinse a dire "devo andare a casa"

"Ci tieni così tanto?" di nuovo lo stupore si impadronì di lui.

Perché quella domanda? Cosa sapeva Rukawa di lui?
"Che intendi dire?"
"Te lo spiegherò se verrai con me, tanto lo so che l'ultima cosa che faresti se rifiutassi, sarebbe proprio tornare a casa"
"Ora basta" quando è troppo è troppo! Stava cominciando a perdere la pazienza "se l'unico modo per sapere quello che vuoi da me e per lasciarmi in pace è venire a casa tua.e sia"
Si diresse a raccogliere il pallone e lo infilò nella borsa.

"Allora, vogliamo andare"
Rukawa annuì distrattamente, mentre con Sakuragi al suo fianco, si dirigeva verso casa.

 


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