IL PRINCIPE AZZURRO – 6
di Unmei
“L’altro giorno Julian mi ha raccontato cose interessanti, sai? Sembra molto
entusiasta di una sua nuova conoscenza, che a quanto pare io e lui abbiamo in
comune. Anche se lui questo non lo sa…..”
La mano di Dietrich continuava a scorrere sinuosamente sulla sua schiena e
niente era cambiato nel suo tocco, ma se prima se ne beava, ora le sensazioni
che destava erano diverse. Ora ne era inquietato; quella delicatezza aveva
preso un che di insidioso, minaccioso. Die sapeva essere crudele sorridendo
amabilmente, le sue mani sapevano carezzare un attimo prima di spezzare.
“Dunque – riprese, la sua voce era come miele su un rasoio – che stai cercando
di fare, Alan? Credevo di essere stato chiaro sulla questione.”
“Non sto facendo proprio nulla. Lui è entrato in negozio, io ho cercato di
essere gentile, ecco tutto.”
Rabbrividì nel sentire i graffi scalfirgli la pelle, ed era paura e piacere
assieme.
“E dovrei essere tanto ingenuo da crederti?”
“Perché dovrei mentirti? – domandò, e poi decise di voltarsi, guardandolo in
faccia. Voleva apparire il più sincero possibile, dunque lo fissò bene negli
occhi, rispondendogli – Te lo ripeto: è entrato nel negozio di Aidan, e non
l’avevo nemmeno riconosciuto subito. Ha comprato dei dischi, e abbiamo parlato
un po’, ecco tutto. Devo trattare bene i clienti, ti pare?."
C'era qualche grammo di verità in quelle parole, ricordò a se stesso, mentre
Dietrich sorrideva, attorcigliando una ciocca dei suoi capelli fra le dita.
"E il portarlo con te a finire di dipingere quel furgone cos'era? Anche
quello zelo professionale?"
"Mi ero lasciato prendere dalla discussione….. non mi sarei mai aspettato
di trovare un argomento in comune con lui."
Alan si compiacque di riuscire a sostenere lo sguardo metallico e penetrante
dell'altro: non era una cosa in cui fosse facile avere successo, specie se
Dietrich ti frugava con gli occhi alla ricerca di una crepa nella tua
resistenza, e tu sapevi di essere in malafede. Non dubitava però che quella sua
forza improvvisa fosse solo passeggera, così si sporse a mordicchiargli il
mento; rovesciò le loro posizioni e si mise a cavalcioni su di lui, baciandolo
sulla bocca, invitante e deliberatamente lento, per distrarlo, addolcirlo,
convincerlo.
"Vuoi che prometta di non dargli più retta, se dovesse farsi
rivedere?"
Sussurrò, tanto vicino da sfiorargli le labbra.
"Mph….. ormai ti ha preso in simpatia, a quanto pare, e sa che può
cercarti in quel negozio, se ha voglia di parlarti. Probabilmente lo farà, e io
non posso certo impedirglielo: il Dietrich che lui conosce non si comporterebbe
così."
"E quindi?
"Ha deciso che sei un tipo simpatico. Non mutare atteggiamento nei suoi
confronti, altrimenti comincerà a chiedersi se ha forse fatto qualcosa di male
e toccherà a me subire tutte le sue paranoie e consolarlo, e francamente non ne
ho voglia. Ma non entrare nemmeno troppo in confidenza con lui: che non gli
venga la pessima idea di presentarci."
"Perchè? Non lo troveresti divertente?"
"Tu certamente sì, immagino. Ma voglio evitarlo, hai capito? Resta al tuo
posto senza ficcare il naso."
"Come vuoi."
Rispose Alan sbrigativamente. Si staccò da lui, improvvisamente insofferente e
stanco, senza sapere bene il perché. O forse sì…..
<Resta al tuo posto…..>
Die gli aveva detto cose peggiori, e in confronto si stava comportando in
maniera quasi gentile, ma lui si sentiva nauseato. Dal comodino prese il
pacchetto di sigarette e fece per accenderne una, ma lo zippo decise di fare i
capricci. Spazientito frugò nel comodino all'inutile ricerca di un usa e getta
e parlò seccamente, senza guardare Dietrich.
"Ho un impegno tra meno di un'ora, quindi ti conviene farti una doccia,
rivestirti e andartene."
"Ti lamenti d'esserti sentito trascurato e già mi mandi via? Non è gentile
da parte tua, considerato anche che per dieci giorni non ci vedremo."
"Questo dipende sempre da te, non da me."
"Non posso darti torto, ma questa volta non posso fare altrimenti: sarò
fuori città."
"Cosa? E dove vai?"
Tornò a voltarsi verso l'amante, ma quello gli sfilò la sigaretta dalle dita,
spezzandola e gettandola via. A certe domande non rispondeva.
"Sai che detesto quando fumi a letto."
"Lui viene con te?"
"No, e ora finiscila. Hai un impegno, eh? Vediamo se riesco ad impiegare
come si deve il tempo che resta."
Avesse dato retta soltanto ai suoi sensi, Alan avrebbe ceduto. Avesse ascoltato
la parte più sentimentale di sé avrebbe considerato prezioso qualsiasi istante,
ma il fastidio e l'amarezza gli pesavano come non mai, e vinsero sui fremiti e
le tempeste infuocate che le mani di Dietrich suscitavano ogni volta. Era
troppo ferito e furioso per lasciarsi andare: Die non si faceva sentire per
giorni, poi si presentava a casa sua per passare un pomeriggio a fare sesso,
parlandogli a mala pena e prendendolo la prima volta così violentemente da far
somigliare molto il rapporto ad uno stupro.
Ora si allontanava per giorni, senza dare spiegazioni, comunicandoglielo quasi
per caso, e mostrandosi seccato dalle sue domande. A quanto ne sapeva forse
stava andandosene a trovare un terzo amante, non ci sarebbe stato da stupirsi.
Alan fece qualcosa che sul momento gli diede molta soddisfazione, insieme a un
certo senso di pericolo: Dietrich non era persona da accettare con grazia certe
risposte, ma gli fu impossibile trattenere le parole. Sorrise, seppur storto, e
gli poggiò una mano sulla guancia, con fare affettuoso.
"Allora datti da fare da solo."
Disse, così carezzevolmente soave da riuscire insultante. Scivolò fuori dal
letto, svelto, ed uscì dalla camera senza nemmeno fermarsi a raccogliere i
vestiti. Non stava comandando consciamente le proprie azioni, quando andò nella
piccola cucina e fece girare due volte la chiave. Solo dopo qualche istante,
con la schiena contro la porta, cominciò a ridacchiare. Che ci faceva, nudo,
chiuso lì come stesse scappando?
No, scappando no. Forse no, anche se tremava da capo a piedi. Però non aveva
voglia di sentirlo addosso, in quel momento, di ascoltare la sua voce, anche se
gli sarebbe piaciuto vedere la sua faccia: doveva essere stupito e furioso.
Forse avrebbe pagato le conseguenza di quella ribellione, o forse Die ne
sarebbe stato infine compiaciuto, anche se con la solita supponenza, e
l'avrebbe considerata una divertente novità. Lasciarsi sopraffare da Dietrich
era ormai naturale, ovvio, l'unica cosa possibile; era un comportamento dovuto,
il pagamento di un debito che sapeva di avere nei suoi confronti….. ma dopo
quella piccola ribellione si sentiva bene come da tempo non gli capitava: divertito,
incoscientemente soddisfatto.
I pagamento di un debito…..
Ai tempi in cui si stava lasciando andare alla deriva, trascinato dalle
correnti della droga, nulla era servito a riportarlo indietro, a condurlo a un
approdo sicuro. Per chi mai avrebbe dovuto rinunciare a quella seduzione
mortale, al piacere e alla forza che ne traeva? Con i suoi pochi parenti non
aveva contatti, ai suoi saltuari compagni di letto non importava che facesse di
se stesso. I suoi amici….. in fondo ne aveva solo due degni di tal nome.
Uno era stato una persecuzione, a quei tempi, con le sue prediche, le sue
sfuriate, le offerte assillanti di trovargli un posto in una clinica
specializzata, gratuitamente, a costo di tornare dal padre con la coda tra le
gambe per avere il suo aiuto. Nulla di tutto ciò aveva mai smosso in lui più di
un sopracciglio, ma Aidan non si era arreso, nonostante l'inutilità dei
ripetuti tentativi. Forse sperava di prenderlo per disperazione.
L'altro amico sapeva bene quanto è vano aiutare chi non vuole essere aiutato.
Sapeva che non si poteva ragionare con chi è testardamente disaffezionato alla
vita. Però tante volte gli aveva dato la niacina per tirarlo fuori da un
viaggio cattivo, gli aveva retto la fronte mentre vomitava, lo aveva ficcato
sotto la doccia, asciugato e messo a letto, e una notte gli aveva detto
"Quando troverai il tuo motivo, ce la farai, e ti lascerai alle spalle
questo te stesso pieno di rabbia come un serpente si lascia dietro la vecchia
pelle. Mi piacerebbe conoscere presto questo nuovo Alan….. o rivedere in giro
quello che eri quando ti ho conosciuto."
Quelle parole gli avevano fatto salire le lacrime agli occhi, improvvisamente,
senza sapere nemmeno perché.
Damien aveva avuto ragione. Incontrare Dietrich era stato il punto di svolta.
Le sue parole, pungenti e sprezzanti, così diverse dalla comprensione
affettuosa, o arrabbiata, degli amici, lo avevano colpito nel cuore e
nell'orgoglio. Se non fosse servito ad avere lui, si sarebbe disintossicato per
pura ripicca.
Quel secondo incontro, due anni nel passato, lui e Dietrich erano usciti
insieme dal Diadokon che quasi albeggiava. Appartati nel parcheggio, le mani di
quel ragazzo ancora sconosciuto vagavano sulla sua pelle nuda, sotto la
maglietta; i brividi che lasciavano al loro passaggio sembravano davvero pura,
crepitante elettricità, e il suo bacio era prepotente, aggressivo. Lui si
sentiva frenetico; nel suo corpo serpeggiava lento ma insidioso il bisogno di
un po' di cocaina, e a ciò si sommava un'attrazione sessuale divorante. Perciò
era stato ancor più shockante quando, mentre stava inginocchiandosi davanti a
lui, Die gli fermò le mani che si stavano dando da fare con la patta dei
pantaloni. Lui lo aveva guardato sbattendo le palpebre, confuso e contrariato,
e il ragazzo lo aveva fatto risollevare, regalandogli uno dei suoi taglienti
sorrisi.
"Non così in fretta. Io non scopo con i tossici, troppo facile che ti
freghino il portafogli per pagarsi il prossimo buco. Per non parlare delle
malattie che si portano addosso."
Si era stizzito, a quelle parole. <Che razza di stronzo.> aveva
pensato, e aveva mostrato gli avambracci, la pelle bianca e intatta.
"Sono perfettamente sano. E non mi buco, non sono caduto così in
basso."
"Non ancora, ma è ciò che sicuramente ti accadrà prima o poi. Finirai
nella fogna del mondo come il resto di quelli come te….. magari a fare pompini
nei vicoli per cinque dollari."
"Fanculo."
Aveva detto con sprezzo, quasi un ringhio, voltandogli le spalle. Provava
rabbia perché un estraneo si era permesso di rifiutarlo, di parlargli in quel
modo, ma ad avvelenarlo era soprattutto una nauseante sensazione di angoscia…..
che quelle frasi offensive fossero veritiere, con ogni probabilità. Una
profezia destinata ad avverarsi. Voleva andarsene, piantare quel tipo e
sbronzarsi, trovare qualcuno che avesse voglia di scopare senza perdere tempo
in chiacchiere sulla sua condotta presente e futura. Ma non aveva fatto in
tempo ad allontanarsi di due passi che una mano era calata sulla sua spalla,
stringendo troppo, e l'aveva tirato indietro bruscamente. Si era ritrovato
spinto a faccia in giù sul cofano di una macchina, e Dietrich era dietro di
lui, il suo fiato caldo e le sue parole sussurrate a solleticargli l'orecchio.
"Sei bello in una strana, notturna maniera. Non mi piace l'idea di come ti
rovinerai con quella merda….. sarebbe un vero peccato. Lo sai, vero, come ti
ridurrà."
"Che cazzo te ne frega? Nemmeno mi conosci."
Aveva risposto, sforzandosi di mantenere freddo il tono di voce. Ma non era
facile con l'irritazione e l'attrazione che lo attraversavano, men che meno con
l'erezione di Dietrich che gli premeva contro, inequivocabile.
"Te l'ho detto, sei bello. Mi piace il tuo viso, il tuo corpo, il modo in
cui ti muovi. Ora direi che mi piace anche il tuo carattere. Sarebbe uno spreco
sciupare tutto questo."
"Tu….. tu non scopi con i tossici."
"Già. Altro grande spreco, in questo caso: se non andasse contro i miei
principi lo starei facendo proprio ora."
"Fallo allora, ti ripeto che non sono malato. E non mi interessano i tuoi
soldi."
"Dolente, non vengo mai meno alle mie buone abitudini."
Ma le parole erano roche, spezzate da avidi baci e morsi sul collo; il loro
stesso tono le smentiva.
"Allora perché mi hai rimorchiato?"
"Non lo so. Per divertirmi un po', immagino. Perché non ho saputo
resistere. Cerco sempre di prendere tutto ciò che posso."
Lui si era strusciato contro Dietrich, insinuante, seducente; voleva
costringerlo alla resa, fargli perdere il controllo. Testardo, era sicuro che
l'avrebbe avuta vinta, che quell'avventura sarebbe stata memorabile, passionale
e violenta.
Ma Dietrich non aveva ceduto, anche se sembrava trattenersi a stento,
impaziente. Forse in fondo c'era anche una goccia di masochismo, nel suo
sadismo.
"Ti voglio - gli aveva detto il biondo - ma ti ripeto che non faccio sesso
con i tossici: li disprezzo. Disprezzo tutti quelli che si svendono a una
dipendenza e permettono al vizio di diventare più forte di loro. Ma una
soluzione in fondo c'è, se ci pensi."
Lui non aveva capito subito cosa intendesse, ma dopo qualche secondo il
significato di quelle parole lo colpì. Fece una risatina stridula.
"Dovrei smettere solo per venire a letto con te? Assurdo."
Ma una spinta più forte e una mano di lui improvvisamente tra le sue gambe lo
fecero trasalire e ansimare, e fu il turno di Dietrich di sogghignare.
"Ma tu mi vuoi, no?….. ah, non lo puoi negare. - disse, aprendogli i jeans
e infilandosi dentro, masturbandolo attraverso la stoffa sottile - Ti sto
offrendo una possibilità. Potrei anche aiutarti, sai….. impedirti di farti. Ma
in fondo probabilmente non ce la farai: non ho nessuna fiducia nella forza di
volontà di un drogato."
Con quell'ultima frase l'orgoglio di Alan era stato definitivamente provocato.
Quello, e il desiderio morboso che ormai lo possedeva fecero tutto.
***
Quando sentì la porta d'ingresso aprirsi e poi chiudersi, capì che se n'era
andato, ma attese ancora prima di uscire dal suo rifugio. Dietrich era andato
via senza chiamarlo, né per ammansirlo né per insultarlo. Non aveva sbattuto la
porta uscendo, né gli aveva gridato di andarsene al diavolo. Ovvio, simili
puerili sfoggi di malumore non erano nella sua natura….. anche se Alan avrebbe
voluto che lo fossero, almeno qualche volta.
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Le strade erano bagnate di
pioggia, l'aria ne portava ancora l'odore. Aidan diede un calcio ad una
pozzanghera, evidentemente agitato.
"…..più ci penso e più non riesco a convincermi. Morto. D'infarto. E aveva
la nostra età!"
Damien, che camminava accanto a lui, espresse tutto il suo mutuo accoramento
soffocando uno sbadiglio e sbirciando il menù della rosticceria cui stavano
passando davanti. Più tardi sarebbe dovuto passare a comprare la cena, e il salmone
marinato sembrava una buona idea. Per Fabian magari pollo fritto al sesamo, ne
andava matto.
"…..non fumava, era astemio. Un'ora di palestra al giorno e solo cibi
sani….. ed è morto d'infarto."
"Il suo corpo ha saggiamente deciso di porre fine a tanta sofferenza
autoinflitta. Amen."
"Potresti evitare di essere cinico almeno davanti alla morte?"
"Sì scusami, parlo per invidia; lui c'è riuscito al primo tentativo."
Aidan roteò gli occhi, e cercò di rispondere stando ben attento a non cadere
nella trappola.
"E allora mostra un po' di partecipazione per la dipartita di un amico,
cazzo."
"Amico? Aidan, Michael non era un mio amico. E nemmeno tuo. Era un
ex-compagno di liceo noiosamente molesto e mediocre pure nell'imbecillità. Tu
hai mantenuto qualche contatto con lui perché segui ovunque la tua vocazione di
missionario, ma io che c'entro? Tra l'altro se tu considerassi sia me che uno
come lui parimenti tuoi amici, mi sentirei profondamente offeso."
"Sei insopportabile."
"Inoltre piantala di belare 'aveva la nostra età'. C'è chi ha
tirato le cuoia anche prima, per lo stesso motivo. Dovresti saperlo, che medico
sei?"
"Non sono un medico."
"Già, vero. Tendo a rimuovere il fatto che hai piantato tutto ad uno sputo
dalla laurea: temo che il rischio di venire infettato dai germi di tanta
imbecillità sia ancora elevato."
Aidan inchiodò sul posto, fissando minacciosamente il vecchio amico. Non gli
serviva usare altre parole, con quello sguardo: era come un cielo che stesse
annunciando tempesta. Damien ridacchiò morbidamente e gli cinse le spalle con
un braccio.
"D'accordo, ho esagerato. Prometto di essere più buono."
E a dimostrazione del suo pentimento, e per addolcire l'arrabbiatura, si
avvicinò ancor di più e gli leccò lascivamente un orecchio.
La reazione fu istantanea. Aidan schizzò via da lui con uno scatto da
centometrista, con il viso di un meraviglioso rosso acceso e una mano premuta
lì dove Damien aveva dato prova del suo affetto. Passò qualche secondo a
iperventilare prima di ritrovare la parola.
"Hai deciso di far restare secco anche me?"
"Oh, insomma….. se non ti tocco ti lamenti, se ti tocco ti lamenti lo
stesso. Sei incontentabile."
"Non ti rispondo nemmeno."
"Allora passerò all'ammenda alimentare. Vieni a casa mia, la signora Steine
mi ha regalato una delle sue famose torte al cioccolato, e aggiungo anche un
caffè alla cannella. Bastano a lavarti l'indignazione dalla faccia?"
Aidan gli tornò vicino, pur guardandolo ancora male.
"Ma il caffè lo preparo io, non voglio bere la robaccia che fai tu."
Ormai erano quasi arrivati, stavano passando davanti al palazzo dove abitava
Alan, adiacente e gemello al loro. Aidan pensò di citofonargli e proporgli di
unirsi alla compagnia, ma non ebbe il tempo di terminare l'idea che dal portone
uscì una persona che lui conosceva, e che non apprezzava affatto.
***
Inaspettata la reazione di Alan, ma divertente, tutto sommato. Vero che in un
primo momento si era sentito pericolosamente infastidito, ma doveva ammettere
che l'espressione sul viso di quel ragazzo era stata d'indescrivibile bellezza:
affascinante, sensuale e maligna.
Ciò non toglieva che certe battute non gli piacessero affatto; era troppo
abituato a detenere il potere su Alan per accettare un'uscita del genere. Che
essa poi potesse essere il preludio all'indipendenza emotiva del suo ragazzo
gli dava ancora più fastidio. Non era una questione di amore: solo di possesso,
di dominio e, non ultimo, di superbia.
Notò e riconobbe Aidan e Damien, e sorrise loro. Il sorriso di un angelo. Per
la precisione quello di Lucifero tre minuti prima di tentare il colpo di stato.
Conosceva entrambi di vista, ma non ci aveva mai parlato: era sempre stato più
che altro un incrociarsi, come in quel caso. Alan non si era mai mostrato
dell’idea di presentarli come si deve, e a lui la cosa non interessava;
dubitava sarebbero mai stati un gruppo affiatato, tutti insieme. Il moro lo
detestava, ne era certo. Lo si capiva benissimo da come lo stava guardando in
quel momento, e da come sempre lo aveva guardato: pieno di rancore, disprezzo e
accusa, come se lo ritenesse responsabile di chissà quale crimine. Dura
immaginare un qualsiasi rapporto umano con una persona che dava l’impressione
di volergli mettere le mani al collo. Non che la cosa lo angustiasse particolarmente,
certo.
Non era mai riuscito a decifrare il biondo invece; il suo viso era espressivo,
ma interpretare ciò che passava su di esso sembrava impossibile, almeno per
lui. C'era intelligenza, un compiaciuto sarcasmo, una punta di superiorità che
non si premurava di nascondere. Quell'uomo lo guardava ogni volta come se lo
stesse studiando, anche in quel momento; intensamente, esplicitamente, ma senza
rivelare emozioni particolari, a parte una sorta di….. curiosità. E lui,
affascinato, non riusciva a staccargli gli occhi di dosso, si sentiva davanti
ad un predatore pari a lui, e tutto ciò gli faceva serpeggiare un brivido
irresistibile e pericoloso lungo la schiena.
Dietrich infine si mosse, e il lungo momento di immobilità terminò. Scese i
pochi scalini, accennò beffardamente un saluto e attraversò la strada per
raggiungere l'auto lì parcheggiata. Andava a casa, da Julian, dove aveva il
bagaglio ancora da terminare.
***
"Ecco quel che mi mancava per coronare la giornata."
Disse con disgusto Aidan, aggiungendo, tanto per chiarire il suo pensiero:
"Non riesco a soffrire quell'individuo. Odio la violenza, ma ho davvero
voglia di spezzargli qualche osso."
"Quell'individuo almeno è riuscito a fare ciò in cui noi due avevamo
fallito; sai anche tu dove sarebbe Alan ora, se non fosse stato per lui."
"Sì, non occorre dirmelo. Ma lo detesto a pelle, mi trasmette pessime
sensazioni. E il suo modo di comportarsi….. gli sbalzi d'umore di Alan peggiori
che mai….. ci deve essere qualcosa che non funziona tra di loro."
Alan raccontava poco o niente del suo rapporto con Dietrich, ma ciò che si
poteva dedurre da alcune frasi sparse era che il momento non fosse
particolarmente roseo, e che il loro rapporto non era mai stato, quel che si
dice, paritario. Aidan fece una breve pausa, e riprese il discorso, se
possibile in tono ancor più irritato e con un’inedita sfumatura accusatoria.
"E ti ha fissato per tutto il tempo!"
"Beh, chiunque sia dotato di buon gusto non può fare a meno di
fissarmi."
“Molto divertente.”
"Sta per rimettersi a piovere. Avanti, andiamo a casa."
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Julian esitò qualche istante davanti al negozio, poi si decise, e spinse la
porta. Non era andato lì con la precisa intenzione di fare acquisti…… giusto se
avesse adocchiato qualcosa, magari…… ma solo perché sperava di vedere Alan, e
poterci parlare ancora. Temeva di risultare seccante, a questo erano dovuti i
suoi dubbi. Non era nemmeno sicuro di trovarlo, o che il ragazzo si ricordasse
di lui, ma voleva tentare: le giornate senza Dietrich erano lunghe, mancava
ancora una settimana al suo ritorno, e i soliti amici gli sembravano noiosi e
vacui. Con Alan invece era stato molto bene, e l’avrebbe sicuramente rimpianto
se si fosse lasciato sfuggire la possibilità di creare un legame, anche se solo
superficiale. E in fondo l’altro lo aveva invitato a farsi vivo, ogni tanto.
Forse lo aveva detto solo per cortesia, ma ormai era lì, e quindi…..
Appena entrato volse uno sguardo tutt'intorno. Inquadrò per primo il
proprietario del negozio, Aidan gli sembrava si chiamasse, che lo vide e gli
rivolse un cenno. Rispose sorridendo, lieto che si rammentasse di lui e si
sentì un po' più confidente. Nell'aria suonavano i tesi violoncelli degli Apocalyptica,
alcuni clienti curiosavano tra i cd, dandogli le spalle e….. e poi un bimbetto
biondo arrivò di corsa, brandendo una spada laser giocattolo. Si accucciò
dietro un espositore e, vedendo che lui lo guardava stupito, sorrise e si mise
un dito sulle labbra facendogli segno di restare in silenzio.
Pochi secondi dopo irruppe sulle scena niente meno che Darth Maul, anche lui
doverosamente munito di spada, che ruggendo minacce si avvicinò a grandi passi,
alla ricerca del fuggiasco.
Strano, Julian non ricordava che Darth Maul avesse i capelli blu.
Quando questi si accorse di lui si bloccò di colpo e abbassò l’arma, poi
sollevò la maschera, una di quelle per bambini, di plastica, con l'elastico,
troppo piccola per lui, e comparve il volto di Alan. Non sembrava imbarazzato
per la strana situazione, anzi, negli occhi gli brillava ancora il
divertimento.
"Hai visto un giovane cavaliere jedi passare da queste parti?"
Domandò, e Julian non poté fare a meno di stare al gioco.
"L'ho visto sì, accidenti: mi ha rubato la navicella ed è scomparso!"
Fabian dal suo nascondiglio rise e Alan ne approfittò per scovarlo, esibendosi
in una perfetta risata da malvagio incallito.
***
“Siete fratelli?”
Chiese Julian qualche minuto dopo, quando il prigioniero fu spedito a fare
merenda nella sua cella, ossia la confortevole, benché caotica, stanza sul
retro. I due non si somigliavano affatto, ma ciò non significava nulla: lui
stesso non aveva in comune nemmeno un capello con i propri fratelli. Prima che
Alan potesse rispondere si intromise Aidan.
“Esatto, e come avrai notato c’è qualche difficoltà a distinguere il maggiore
del minore. Ma osservandoli meglio è chiaro che il più maturo è quello biondo.”
“Stai zitta, mamma! - rimbeccò Alan, accompagnando le parole con un
grazioso gesto del dito medio – Non siamo parenti….. ma diciamo che per lui
sono una specie di zio.”
Julian avrebbe voluto dire che aveva trovato molto bello il suo giocare con il
bambino, e con l'aria di spassarsela quanto lui. Forse dolce sarebbe stata la
parola giusta, ma non gliel'avrebbe rivelato: non era affatto certo che fosse
il tipo da prenderlo come complimento. Però, ripensando a come era stato il suo
sorriso quando aveva alzato la maschera, e al modo in cui aveva sollevato e
sballottato il bambino facendolo impazzire di risate, era sicuro che lo fosse,
sì. Forse non lo sapeva nemmeno lui stesso, ma doveva esserlo.
***
Anche Julian era solo, in quel periodo, ma Alan non dubitava che Dietrich lo
chiamasse tutti i giorni, rassicurante e affettuoso. Ovvio, era ciò che
richiedeva la parte del ragazzo innamorato. Con lui una simile recita non
serviva, e infatti Die non gli aveva ancora telefonato, né probabilmente lo
avrebbe fatto, visto l'epilogo del loro ultimo incontro.
Non se ne doleva troppo, se lo era aspettato e non provava né rabbia, né
tristezza o pentimento: lo sfogo gli era stato salutare come l'aria pura e
sapeva che in ogni caso Dietrich sarebbe tornato da lui. Perché, come aveva
detto, solo con lui poteva essere il vero se stesso. Era la sua libertà, non ci
avrebbe rinunciato.
Ma Julian doveva sentirsi solo, e privo del punto d'appoggio a cui si era
totalmente affidato negli ultimi mesi.
Una situazione ottima, pensò Alan, per avvicinarsi di più a lui, per avere
ancora più in fretta la sua amicizia.
"Ascolta - gli disse più tardi, quando si stavano separando - hai detto
che volevi sentire le mie canzoni. Stasera suono al Diadokon, perché non
vieni?"
Vide lo stupore, la tentazione e l'incertezza passare sul suo viso. Forse stava
pensando che gli sarebbe piaciuto, ma non era sicuro poter dire di sì. Forse si
faceva scrupoli perché aveva un ragazzo, e accettare l'invito di un altro gli
sembrava sbagliato. Forse si stava domandando se si trattava di una proposta
innocente e amichevole o se c'era qualche sottinteso….. se lui ci stava
provando, insomma. Quindi ancora prima che potesse rispondergli, precisò, con
tutto il candore di cui era capace, e mettendo una punta di delusione nella
voce.
"Beh…..se non ti va posso registrarti un cd. Però sarebbe stato più
divertente dal vivo. Sei mai stato al Diadokon?"
"No….. ma lo conosco di fama. Sembra un posto interessante."
In realtà aveva già desiderato andarci, ma ai suoi amici non interessava un
locale simile, e nemmeno per fargli piacere avevano mai accettato di
accompagnarlo. Avrebbe potuto andarci da solo, ma si sentiva troppo intimidito
per farlo. Ora Alan glielo stava chiedendo, e gli sembrava splendido ma, come
aveva sospettato il musicista, il grande scrupolo era proprio il fidanzato
assente.
"Ti piacerebbe, non ho dubbi. E poi anche se per parte della serata
suonerò, ci sarà Aidan con te….. e se ci sarà anche Damien capirai il vero
significato delle parole sadismo e crudeltà psicologica. Ma non temere,
torturerà solo Aidan, come sempre."
Julian accennò un sorriso, definitivamente tentato dalla prospettiva e
rassicurato dalla presenza di altre persone. Si diede anche dello stupido per
aver pensato che potesse esserci un interesse sentimentale o fisico nell'invito
di Alan: quando mai avrebbe potuto trovare interessante un tipo ordinario come
lui? Quel pensiero lo immalinconì un po', ma non era nient'altro che la verità,
e lo sapeva bene….. era abituato a non piacersi, ad avere una bassa opinione di
sé, ma certe volte gli faceva ancora male averne la riprova.
"Molto volentieri, allora. E ti ringrazio: credevo avessi scordato la mia
richiesta."
"Figurati, a me fa piacere. - scrollò le spalle - Passo a prenderti io, se
ti va. Andrò lì prima dell'orario di apertura per provare un paio di pezzi;
potresti ascoltarli con un po' più di tranquillità intorno."
Quando Julian andò via, Alan aveva in tasca un foglietto su cui il ragazzo
aveva scarabocchiato il proprio indirizzo e il numero di telefono. Lui già li
conosceva, ma erano una conquista non meno preziosa: il simbolo della fiducia
conquistata.
.....continua.....