IL PRINCIPE AZZURRO - 3

di Unmei

 

Il caos dell'aeroporto gli sembrava accogliente, anche se si sentiva addosso il peso di una settimana in compagnia di parenti e conoscenti, la maggior parte dei quali non vedeva da anni e di cui non ricordava nemmeno nomi e facce. Era stato un po’ come stringere la mano, sorridere ipocritamente e chiacchierare con degli sconosciuti, sempre perfettamente gentile ma sentendosi di continuo sull'orlo dell'insofferenza.

Insomma, sette giorni infernali e lunghissimi.

Beh, forse non lo sarebbero stati così tanto se non avesse avuto una tale nostalgia di tornare a quella che ormai considerava la sua vera città, la sua vera casa.

E dalla persona che, al di là dei cancelli, vedendolo, agitò un braccio sorridendo e chiamandolo per nome.

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Dietrich era andato a prenderlo; per farlo aveva saltato le lezioni all’università, ed aveva inoltre preso il pomeriggio libero dal suo lavoro part-time per poter restare con lui.

Julian gli aveva detto per telefono, insistendo, di lasciar perdere, che sarebbe tornato a casa con un taxi, ma Die era stato irremovibile, e non c’era mai verso di far cambiare idea a quel ragazzo quando decideva qualcosa. Un vero testardo all'ennesima potenza.

Beh, però…..era felice che non avesse voluto dargli retta; se avesse alla fine ceduto e gli avesse detto qualcosa del tipo <Va bene, allora, ci vedremo poi verso sera>, ci sarebbe rimasto malissimo.

"Perché sorridi?"

Chiese Dietrich, sbirciandolo con la coda dell’occhio, mentre guidava.

"Niente, ti guardavo."

"Uh? Ho qualcosa che non va?"

"Ma no! Voglio solo compensare i giorni in cui non ho potuto ammirarti."

"Spero che tu non voglia limitarti alla contemplazione!"

Il guidatore si fermò ad un semaforo rosso e si voltò verso il passeggero, sporgendosi a dargli il bacio di benvenuto che era stato rimandato fino a quel momento.

A contatto di quella bocca calda, della saliva dolce che si mescolò alla sua, Julian si sciolse e chiuse gli occhi; in quella settimana aveva sognato sia ad occhi aperti che di notte il sapore dei baci di Dietrich. E non solo quello. Sentì una mano di lui avventurarsi tra i suoi capelli lisci color cioccolata, sfiorargli con le dita un orecchio e togliergli gli occhiali con un gesto delicato; Die si staccò solo un istante da lui per agevolare quel movimento, e poi gli tornò vicino, seminando piccoli baci sulle sue labbra, sulle guance, vicino agli occhi; infilando un dito tra due bottoni della sua camicia e disegnando cerchi di brividi sulla sua pelle; poi sbottonò e infilò completamente una mano dentro l’indumento, ghermendo la sua carne con una carezza possessiva.

"Sbrighiamoci ad arrivare a casa."

Mormorò Julian, avvertendo la reazione inequivocabile del proprio corpo.

"I prossimi semafori li salto."

Promise il suo amante, sfiorandolo con il proprio respiro; Julian stava per cercare nuovamente la sua bocca quando il suono spazientito dei clacson dietro di loro li costrinsero a dividersi e a rimettere velocemente la macchina in moto, ridendo.

"Allora" - chiese Dietrich sistemando lo specchietto retrovisore - "Sei riuscito a prendere il bouquet?"

"Quella è una cosa che fanno le ragazze!"

Rise Julian, riallacciandosi la camicia e figurandosi con un brivido la visione di se stesso che si gettava nella mischia per afferrare un mazzo di fiori.

"Possono farlo solo loro? Non mi sembra tanto giusto….."

"In compenso sono scivolato sul riso gettato agli sposi e per poco non mi sono rotto una gamba."

"Possibile che non possa lasciarti da solo qualche giorno che tu già ne combini una?"

Usò un tono paternalistico e Julian gli fece una smorfia indispettita.

Sì…..senza dubbio ora si sentiva a casa, e straordinariamente felice di esserci.

"Niente fiori, dunque…..Peccato." - commentò Dietrich, pensierosamente - "Scusa, potresti prendermi gli occhiali da sole nel vano portaoggetti?"

"Okay."

Non appena aprì lo sportello, le sue narici vennero solleticate da un profumo intenso e dolce, fresco e…..carezzevole, era il termine giusto, anche se improprio. In un istante il suo aroma aveva riempito l'abitacolo. Un solo fiore era capace di tanto?

Allungò una mano verso la rosa bianca, sfumata di carminio; i petali erano come velluto, delicati ma carnosi, ed ancora umidi.

Julian tornò a rivolgere i suoi occhi, chiari e stupiti, sul suo ragazzo.

"Rossa mi sembrava un po' troppo scontata. Spero che ti piaccia lo stesso."

Spiegò lui, con un vago sorriso, senza distogliere lo sguardo dalla strada.

Julian si portò il fiore al viso, e aspirò la sua fragranza.

Una sola rosa…..un solo piccolo, inaspettato pensiero…...ma importante. Ed anche lui si sentiva importante, in quel momento, ed amato.

"Certe volte non so proprio come risponderti."

"Mio signore, ogni suo desiderio è un odine andrebbe bene."

"È un bel prezzo, per una rosa. Ma se mi porti in fretta a casa potrei fare del mio meglio….."

Die sterzò, e schiacciando a fondo il pedale superò l’auto che li precedeva.

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"Ci facciamo una doccia?"

Julian, steso di traverso sul letto, teneva la testa sullo stomaco. Le lenzuola e il plaid leggero erano finiti per terra, in un disordinato monticello di stoffa colorata, e la rosa aveva trovato posto sul comodino, dentro ad una ex-bottiglia di birra riempita d’acqua.

"Molto volentieri…..chissà perché le docce che facciamo insieme finiscono sempre con il durare più di un’ora, mh?."

"Per colpa tua, naturalmente."

Julian si tirò su e sedette a cavalcioni di Dietrich, stringendogli la gambe sui fianchi.

"Mia? Mi perdoni, allora, per dilapidare così irresponsabilmente le risorse idriche del pianeta?"

"Il perdono – spiegò mellifluo il ragazzo, abbassando lentamente il viso verso quello del suo compagno – è una cosa che bisogna guadagnarsi."

"Vieni qui."

Disse Die, afferrandogli la testa e tirandolo improvvisamente a sé.

[Julian…..così tanta fiducia in lui, totale abbandono e confidenza. Era facile dargli sempre ciò che voleva, prevedere quello che l'avrebbe commosso e ciò che gli avrebbe fatto più piacere. Come in ogni gioco d'intelligenza, una volta capito il trucco, vincere diventa anche troppo facile.]

 

In quel momento il suo cellulare squillò; il trillo acuto disturbò l’atmosfera, ma il biondo non ci fece caso, e continuò la meticolosa esplorazione della bocca di Julian.

Chiunque fosse, si sarebbe stancato.

Su quell’ultimo pensiero si sbagliava; il telefono continuò imperterrito a trillare, fino a quando lui, irritato, pose fine al bacio si sporse per rispondere all’apparecchio.

Vedendo la sua espressione un po’ seccata nel leggere sul display il nome della persona che lo stava chiamando, Julian si chiese chi potesse essere.

"Scusami un momento, per favore."

Gli disse Dietrich, alzandosi ed uscendo dalla loro camera.

"Ti avevo detto di non chiamarmi, oggi."

"Lo so…..ma devo parlarti. Non possiamo vederci ora, solo un momento?’"

"Non ho tempo e ho altro da fare, Alan."

"Ci metteremo un attimo. Sono proprio qua sotto."

"Che cosa?! Sai che non voglio che capiti da queste parti quando c’è Julian!"

"Andrò via subito, ma se puoi….. trova una scusa per scendere cinque minuti….."

Alan sentì qualche istante di silenzio dall’altra parte della cornetta, e quasi temette che gli sarebbe stato attaccato il telefono in faccia.

Non sarebbe nemmeno stata la prima volta che succedeva.

"Aspettami."

Disse invece Dietrich, alla fine, e chiuse la chiamata..

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Infilò un paio di pantaloni da ginnastica ed una maglietta che aveva lasciato nello spogliatoio del bagno e si passò velocemente un pettine inumidito tra i capelli; non aveva proprio voglia di muoversi, onestamente non sapeva nemmeno lui perché stesse dando retta alla richiesta di Alan.

Forse solo perché quel ragazzo lo faceva divertire.

Si affacciò alla stanza da letto abbozzando un sorriso impacciato;

"C’è qui sotto una mia compagna di corso a cui avevo promesso degli appunti oggi…..me ne ero completamente dimenticato, e le servono con urgenza. Torno subito, comincia a far scorrere l’acqua, intanto!"

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"Insomma, cosa c'è? Che è successo di tanto fondamentale da ieri sera ad ora da dovermi vedere con tanta urgenza."

Esordì, appena arrivato all'atrio dove l'altro lo stava aspettando.

"C'è che io ci ho pensato, Dietrich…..e…..e basta così."

"Basta cosa, Alan?"

Il ragazzo si leccò le labbra che, secche, gli bruciavano terribilmente.

Ancora non sapeva spiegarsi dove avesse trovato il coraggio…..e nemmeno sapeva se ne avrebbe avuto abbastanza per andare fino in fondo.

"Basta con questa situazione insensata. Vorrei che io e te stessimo davvero insieme. Come una volta, prima che arrivasse Julian, altrimenti….."

"Io e te non siamo mai *stati assieme*. Siamo solo *andati a letto assieme*. Credevo che la cosa fosse chiara fin dall'inizio; mi è sembrato che fossi d'accordo anche tu, o sbaglio?"

"Sì, ma….."

"Ed ora vorresti una vera relazione? Altrimenti cosa? Mi lasceresti?"

Alan voltò la testa, muovendola in quello che sembrava l'aborto di un cenno affermativo, e strinse i pugni lungo le gambe.

"Ti lascerei."

"Credi davvero che ti permetterei di farlo?"

Incalzò Die, sfiorandolo lento con una fredda carezza.

Il giovane mormorò qualcosa di incomprensibile in risposta.

"Prego?"

"Mi fa rabbia il pensiero che….che ti porti a letto quel tipo! Prima potevo tollerarlo, pensavo che sarebbe durato poco, che volessi solo divertirti e sfruttarlo, ma ora sono sei mesi! Sei mesi, Dietrich! Quanto tempo hai intenzione di farlo durare ancora, questo gioco?"

"Vorresti forse che scegliessi tra te e lui?"

Chiese suadente il biondo, facendoglisi più vicino.

"Farei qualsiasi cosa per separarvi."

 

Due dita lunghe e pallide gli vennero premute con forza sulle labbra.

"Tu invece te ne starai buono buono senza fare niente" - scesero, graffiandogli il mento con unghie lunghe e curate - "Non ti intrometterai tra me e Julian. Non ho ancora finito con lui."

"Allora presumo….." - Alan parlò a fatica, mentre l'indice di Dietrich, tornato sulla sua bocca, tormentava con un'unghia il suo labbro inferiore, fino a che una gocciolina di sangue non lo colorò di scarlatto - "Presumo che non ti dispiaccia se anche io mi trovassi qualcun altro per --"

"Ti consiglio proprio di non provarci, non apprezzerei l’idea."

Lo interruppe aspramente Dietrich; lo afferrò per i sottili capelli della nuca, tirandogli la testa indietro così violentemente da strappargli un lamento stupito.

"Hai capito?"

Gli sibilò, prima di baciarlo rudemente, tirannicamente.

Sì, ecco cos’era, un tiranno…..lo era stato sin dal loro primo incontro.

Possessivo.

Geloso.

Poteva illudersi che quello fosse il suo modo malato, complicato, di amare?

Crederlo gli piaceva, anche se in fondo sapeva benissimo che in realtà quello di Dietrich era solo desiderio di dominio, ed egoismo. Se lui avesse fatto sesso con qualcun altro l’avrebbe considerato soltanto un’offesa, un affronto al suo onore, non certo una ferita ai suoi sentimenti.

Sentimenti…..se la sua bocca non fosse stata invasa dalla lingua di Dietrich che lottava con la sua, forse si sarebbe messo a ridere.

 

Il bacio si interruppe bruscamente come era iniziato, lasciandolo ad ansimare a bocca aperta.

Dietrich lo guardava con gli occhi verdi socchiusi; le labbra leggermente macchiate del suo sangue, un piccolo fiore rosso e salato, che cancellò con un gesto veloce della lingua.

"Ogni parte di te ha un buon sapore, Alan. Tornatene a casa, adesso; ti chiamerò io, quando sarà il momento."

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Alan rimase a guardarlo mentre gli voltava le spalle e si allontanava, sparendo poi nell’ascensore senza nemmeno voltarsi a guardarlo.

Tornare a casa, già.

Fare finta di niente, come sempre.

Uscì dal palazzo e cominciò ad allontanarsi a piedi, per fermarsi poi dopo qualche passo.

Guardò in alto, verso le finestre dell’appartamento all’ultimo piano.

Un giuramento: li avrebbe separati.

Avrebbe interrotto il gioco…..

perché forse una speranza l’aveva, di fare innamorare Dietrich…..

perché nessuno poteva davvero essere così freddo.

Perché era colui che lo aveva strappato ad una droga e ne era diventato il sostituto.

Perché lui era di Dietrich, ma Dietrich non era suo, e quello non era giusto.

"Solo un po’ di pazienza, e avrò la mia occasione. Divertiti finché puoi, Julian."

Disse, ad alta voce.