Allora, qui ci vogliono due righe di presentazione. Questa è una fic che avevo iniziato qualche anno fa, scrivendo di getto dopo improvvisa ispirazione. Doveva essere one shot, invece poi ho cominciato a sviluppare l'idea per qualcosa a più capitoli, inserendo anche altri personaggi. Ma poi l'ho interrotta al terzo capitolo, per dedicarmi ad altre storie.

Ora l'ho ripresa, e ne sono felice ^^. Ho dato un'aggiustata ai primi tre capitoli (che già erano stati pubblicati qui) per renderli più presentabili, e ne ho scritti di nuovi, decisamente migliori dei precedenti. Ora la storia continua….. che bello, sono così felice di avere nuovi personaggi originali da torturare ^O^.

Non fatevi ingannare dai toni dei primi tre capitoli….. qui ci sarà anche da divertirsi ^^

IL PRINCIPE AZZURRO - 1

di Unmei

"Con questo abito sei un incanto…..sarai più bello dello sposo. Cerca di non sedurre il tuo futuro cognato, o forse devo rassegnarmi al tradimento?"


Dietrich contemplò soddisfatto l'elegante abito grigio perla, dal taglio moderno, che lui stesso aveva aiutato Julian a scegliere.
E Julian, il suo ragazzo già da sei mesi, sospirando melodrammaticamente ripose un'altra camicia nella valigia e andò ad abbracciarlo, poggiandogli la testa su una spalla. Un condannato sull’ultimo gradino del patibolo avrebbe avuto un’espressione più entusiasta.
"Non ho proprio nessun desiderio di partire, voglio stare qui con te. Dai, aiutami a trovare una scusa credibile."
"Avanti, sciocco, è il matrimonio di tua sorella, e hai anche detto che non la vedi da un anno: non puoi assolutamente mancare. Ci telefoneremo tutti i giorni, va bene? Anche due volte al giorno. Anche tre, se vuoi. Alla fine non ne potrai più di sentire la mia voce e mi manderai al diavolo."
E sollevandogli il viso, lo baciò.

Beh, sì, era inutile cercare di opporsi…..Dietrich aveva ragione, quella volta come sempre. Lui si comportava come un ragazzino viziato e Die, ragionevole, paziente, gli apriva gli occhi. E a lui andava bene obbedire e lasciarsi guidare: era bello avere qualcuno a cui appoggiarsi, da cui apprendere come comportarsi in modo più maturo. Avrebbe fatto qualsiasi cosa per il suo amore dall'aspetto di un principe azzurro e dal sorriso dolce.
Già dal loro primo incontro c'era stato qualcosa di speciale, o almeno così a lui sembrava.
Stava correndo lungo i corridoi dell'università, con libri e appunti stretti al petto, in ritardo com'era tipico da parte sua, e svoltando un angolo si scontrò violentemente con un giovane dai capelli chiarissimi, che camminava tranquillo bevendo caffè da un bicchiere di carta.

Finì addosso allo sconosciuto, così come pure il caffè, e ci mancò poco che entrambi si ritrovassero per terra; fortunatamente quello era stato abbastanza saldo da riuscire a sorreggerlo, sbilanciandosi solo un po'.

**** "Oh, merda! Scusa, scusami tantissimo!"
Aveva esclamato mortificato, con le guance in fiamme.
"Non fa niente."
E lo aveva guardato con quei suoi meravigliosi occhi color verde giada illuminati da un sorriso rassicurante, nessuna traccia di seccatura per la sua goffaggine.
Julian si era sentito immediatamente sciogliere.
Aveva già visto in giro quel ragazzo, che era piuttosto popolare all'interno del campus. Non passava inosservato per via della sua bellezza, per l'aspetto sempre impeccabile, forse anche troppo serio per un giovane studente. Sapeva che era impegnato in molte iniziative universitarie e che frequentava grazie alle borse di studio. Era un tipo di successo, insomma, e lui tante volte aveva desiderato avvicinarlo e parlargli, ma non si era mai sentito all'altezza: che aveva uno come lui da spartire quel tipo tanto eccellente? Eppure gli stava sorridendo, ed era….. gentile.
"Mi chiamo Dietrich."
"Julian"
Aveva risposto lui, senza rendersi conto di stare fissandolo con un'espressione di completo stupore, ancora tra le sue braccia.

"Lo so."
Questo gli tolse la parola, per quel poco che gli era rimasta: non poteva credere che quella divinità scesa sulla terra si fosse in qualche modo interessata a lui. Ma nel sorriso del dio c'era ora anche una punta d'imbarazzo, come per un segreto smascherato, che lo riavvicinò ai semplici mortali.

Ed una settimana dopo erano assieme.****


Julian si staccò a malincuore dalle sue labbra…..saporite…..Die mangiava spesso delle caramelle alla violetta. Lui aveva sempre odiato quel gusto dolciastro, ma da qualche tempo gli sembrava delizioso, almeno quando poteva assaggiarlo nella sua bocca.
"Allora te lo chiedo un’altra volta: vieni anche tu. Per favore."
"E cosa dirai ai tuoi, portando uno sconosciuto alla cerimonia?"
"La verità. Che ci amiamo e viviamo insieme."
Dietrich quasi rise, ma di rassegnazione.
"Ho l'impressione che non lo accetterebbero molto facilmente. Tuo padre è un uomo importante, ha una posizione molto in vista e anche se non l'ho mai conosciuto di persona so bene quanto sia rigido e conservatore. Un candidato del partito repubblicano, poi….. Non mi accetterebbe mai, per non parlare di quelle che sarebbero le conseguenze per te."
"Dovrà accettarti per forza, e pur se non lo facesse non avrebbe importanza, per me. Rompere i ponti per una cosa come questa mi andrebbe benissimo: può tagliarmi i viveri, se gli va, levarmi la casa, la macchina, le carte di credito e non rivolgermi più la parola, non me ne importa nulla. È solo un imbecille ed un ottuso e non ho bisogno di lui."
"Julian, non dire queste cose. Anche se sbagliando, lui sarebbe convinto di agire per il tuo bene. Non voglio rovinarti la vita, guastare le opportunità che l'essere figlio suo ti offre. Un giorno glielo diremo…..ma per adesso è meglio di no. Non puoi piombargli addosso con una notizia del genere e aspettarti che non batta ciglio, devi prendere le cose con calma. E poi non voglio certo rovinare a tua sorella il giorno più bello della sua vita causando uno scandalo in famiglia. Posso immaginarmi la scena."
Concluse sogghignando e tirandogli dispettosamente le guance per costringerlo a sorridere.

Julian tacque; gli costava ammetterlo, ma Dietrich ancora una volta diceva il vero. C’era una bella differenza tra il modo idealizzato in cui lui vedeva la vita e la realtà dei fatti. Tutto frutto di un idealismo adolescenziale non del tutto scemato, eccessiva fiducia nel prossimo e una punta di ingenuità di troppo. In realtà non sapeva nemmeno come avrebbe fatto a sopravvivere una settimana senza i soldi di suo padre. Si arrese e scosse la testa.

"Devi smetterla di avere sempre ragione, sai?"

Disse, tornando alle valigie.




_______Aeroporto di Seattle, due giorni dopo______

"Questo è il mio volo. Mi accompagni ai cancelli?"
Disse Julian, quando la voce dello speaker tacque.
"Ma che domande."


Julian ancora non era completamente sereno; continuava a rimuginare sul fatto che se almeno avesse trovato una scusa per partire subito dopo la cerimonia….. poi però si sentiva in colpa a pensare con impazienza al ritorno quando ancora doveva partire. Passare qualche giorno con la famiglia, dopo tanto tempo, non andava visto come un sacrificio. Non se fosse stato un po’ meno egoista.

Eppure gli faceva male il cuore solo a pensarci: una settimana lontano da Die. Non solo senza i suo baci e il sesso, ma….. senza la sua semplice vicinanza, senza il suo respiro nel buio della camera da letto, senza tutte le piccole cose che faceva per lui e che lo stupivano, lo commuovevano. Perché mai, prima d’allora, aveva osato sperare di godere di tanto riguardo e affetto; lui, che si era sempre considerato insignificante, di cui nessuno si era mai innamorato, era adesso al centro della vita di una persona ai suoi occhi perfetta. Temeva quasi che se si fosse allontanato da Dietrich lui sarebbe svanito come un sogno, o forse avrebbe cambiato idea sul loro rapporto, si sarebbe accorto di stare meglio senza di lui e lo avrebbe lasciato.

"Aspetta."
Disse il biondo, quando erano ormai per separarsi. Con un'aria piuttosto impacciata tirò fuori di tasca un piccolo cofanetto di velluto un po' consunto e glielo porse.
Julian guardò interrogativamente il suo compagno ed aprì la scatolina.
Dentro c'erano dei gemelli d’oro bianco e giallo.

"Ecco…..quelli erano di mio nonno. Beh sai, anni fa mia nonna mi regalò il suo anello di fidanzamento dicendomi che avrei dovuto darlo alla mia fidanzata, un giorno. E questa fu la cosa ufficiale….. invece 'ufficiosamente' mio nonno mi prese da parte e mi consegnò questi dicendo che se invece avessi avuto un ragazzo sarebbero stati indubbiamente più adatti. Ehm…. era un tipo abbastanza rivoluzionario, per la sua età. Sospetto anzi che mi abbia sempre nascosto qualcosa."

L'altro non diede risposta; ancora guardava i due piccoli gioielli nel loro scrigno sbiadito, eleganti e semplici, dalla linea antiquata. Non era la reazione prevista e sperata.


"Senti, scusami. Sicuramente ne avrai di più belli e costosi….. E poi di questo modello non staranno nemmeno bene con la camicia che indosserai; sono troppo classici e l'abito è di foggia moderna. Puoi tranquillamente rifiutare, anzi mi dispiace se ti ho messo in imbarazzo, non avrei dov-"

Julian lo zittì, posandogli bruscamente la bocca sulla bocca, non avendo mai sentito, a suo parere, tante sciocchezze tutte insieme. Cacciò indietro le lacrime che, non sapeva bene perché, minacciavano di tradirlo e se ne infischiò degli sguardi della gente attorno.
"Finiscila! Sono la cosa più bella che mi abbiano mai regalato. Puoi star certo che li indosserò."


E poi si sciolsero, lentamente, dandosi ancora un ultimo bacio.
Dietrich rimase a guardare l'aereo allontanarsi fino a che non fu sparito dalla sua vista, poi andò all'uscita, salì sulla Porshe bianca di Julian e tornò verso la loro casa vuota.

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C'era un ragazzo pallido e dalla bellezza affilata che aspettava con la schiena appoggiata al portone d'ingresso del lussuoso palazzo. Aveva l'aria annoiata, le braccia conserte sul petto; vestiva scuro e attillato, portava i capelli tinti di blu e un piccolo, luccicante piercing d'argento alla narice sinistra.
Quando Dietrich aprì per entrare si infilò dentro anche lui, e lo seguì pure nell'ascensore, senza parlare.
"Devi salire?"
Domandò Dietrich, squadrandolo.
"All'attico."
"Attico?"
L'unico alloggio che c'era all'attico era quello di Julian…..

A metà della corsa il giovane dai capelli tinti schiacciò il pulsante d'arresto, bloccando con uno scossone l'ascensore tra un piano e l'altro. Senza una parola si buttò al collo di Dietrich, tirandogli la testa contro la sua e baciandolo furiosamente, stringendolo per i fini capelli sulla nuca in maniera dolorosa. Fu un bacio che non aveva nulla di romantico, solo desiderio ai limiti della ferocia.


"Quanta impazienza, oggi."
Commentò l'altro divertito, con il sorriso che gli aleggiava sulle labbra. Ma un sorriso che non aveva più nulla di tenero.
"Sono sei giorni che non ti vedo, e l’ultima volta è stato solo per poco. Se mi tocca dividerti con quella mezza sega voglio approfittare di ogni momento che abbiamo."
Disse, cominciando a tirargli la camicia fuori dai pantaloni, e a sbottonarla con efficienza. Dietrich ridacchiò e lo lasciò fare, compiaciuto.
"Sarà fuori dai piedi per una settimana, potrai restare a dormire qui. C'è una vasca idromassaggio che è grande come la tua camera da letto."
"Non vedo l'ora. – lo mordicchiò – Ma vorrei che il maledetto aereo su cui si trova precipitasse."

"Un po’ eccessivo, no? E tutti gli altri passeggeri?"

"Mica li conosco."

Ah, il cinismo di Alan era sempre divertente, anche se di sicuro il ragazzo tendesse ad esagerare con le sue affermazioni. Secondo Dietrich il suo livello di nequizia non giungeva nemmeno alla metà di quanto gli piacesse esibire.


"Julian mi fa solo comodo, è come una piccola miniera d'oro personale. Fa tutto quello che gli dico, cerca di soddisfare ogni mio desiderio. E’ divertente vedere come cerca di indovinarli e precederli. Ma è anche stressante avere a che fare con una persona appiccicosa come lui, e sempre sulle nuvole….. quando gli avrò preso tutto quel che posso me lo lascerò alle spalle."
Il giovane gli pizzicò i capezzoli e lo guardò scetticamente.
"A sentirti si direbbe che per te stare con lui è un sacrificio. Vuoi forse farmi credere che non ti diverti a sbattartelo?"

Disse, con la bocca storta da una piega a metà tra il sarcastico e l’amareggiato.
"Ammetto che ha un bel sederino morbido che si scopa che è un piacere. Ma niente a paragone di te. E poi con te posso essere me stesso; è molto più piacevole."
E chinandosi a baciarlo gli infilò una mano nei pantaloni.
"Dovresti fare l'attore, Dietrich"
Ansimò Alan, chiudendo gli occhi.
"Chissà, forse, un giorno."
Ghignò il principe azzurro.