Astaris il mago

Parte II

di Sei-chan

 

 

J

Quella notte Astaris aveva attuato la magia più potente e difficile che conoscesse. Con l’aiuto di quella pozione che Eli aveva visto bollire la sera prima, aveva pronunciato le formule arcane del Libro Nero, scritto nella lingua dei demoni, e aveva rinchiuso i poteri che aveva acquisito da un Signore delle Anime, anni prima, i poteri malefici di cui si serviva per provocare il male, in un medaglione, il cui sigillo avrebbe potuto sciogliere solo lui stesso. Aveva deciso di rinunciare alle arti che gli avevano procurato solo dolore dopo aver parlato del suo antico amore con Eli. Poi era andato al cerchio di pietre per portarvi gli anelli grazie ai quali teneva imprigionati i demoni suoi servitori, e li aveva liberati. Arrivò a casa giusto qualche decina di minuti dopo che Eli se ne era andato, e non sospettò nemmeno che fosse venuto fin lì.

L’incantesimo gli era costato molto. Aveva i palmi delle mani completamente bruciati, e gli facevano un gran male. Non era riuscito a medicarseli bene ed era talmente indebolito da non riuscire a guarirsi da sé: alcuni poteri, come quello, li aveva conservati, ma in quel momento non poteva usarli.

Armeggiò per prepararsi qualcosa di caldo da bere, con molta difficoltà. Rovesciò a terra un’enorme quantità d’acqua e per poco non si buttò addosso anche tutta la bevanda fumante. Non riusciva ad afferrare bene la tazza, che scottava e gli procurava dolore dove era già ferito. Poi si gettò sul letto, cercando di riposarsi un po’ e sperando che quel terribile mal di testa lo lasciasse in pace.

 

Fu svegliato dopo qualche ora, verso mezzogiorno, da qualcosa che sembrava una forte raffica di vento, conosceva quel suono: era uno degli spiriti che un tempo erano stati al suo servizio… chissà perché era tornato da lui anche se lo aveva liberato.

Lo spirito cominciò subito a fare chiasso.

- Vieni mago! Vieni!- cantilenò.

- Ma… ma che vuoi?-

- C’è un pesce grosso stavolta… vieni! Abbiamo preso un pesce grosso!-

Astaris si rassegnò a seguirlo ad una delle tante trappole di cui aveva disseminato il bosco e la strada attorno a casa sua. Lo spirito fremeva eccitato, pensando che il mago gli avrebbe dato un buon premio per averlo avvertito della presenza di un forestiero…appena furono davanti all’intruso, il cuore di Astaris si fermò. Era come raggelato, incapace di muovere un muscolo.

- Astaris… dovevo immaginarlo che mi avresti accolto a braccia aperte- disse Syrius, con un sorriso sprezzante, mentre cercava impercettibilmente di liberarsi.

- Che cosa facciamo, Astaris?- stava dicendo lo spirito. - Come ce ne liberiamo?-

Astaris restò in silenzio, ipnotizzato, a fissare Syrius. Ne aveva sentito parlare spesso, negli ultimi anni, soprattutto dai suoi emissari e dai suoi fantasmi, come colui che sistematicamente cercava di opporsi ai suoi progetti. Naturalmente non a tutti, Syrius non poteva essere dovunque, ma in qualche modo c’era sempre in mezzo. E adesso era lì.

Il fantasma continuava a cantilenare

- Ora basta- gli intimò il mago - Vattene via-.

Il fantasma emise un mormorio incredulo.

- Vattene via, sei libero. Non mi appartieni più, ti ho reso il tuo anello, al cerchio di pietre. Adesso, per l’amor del cielo, vattene dalla mia vista-.

Astaris aveva pronunciato quelle parole con aria stanca. Lo spirito volteggiò nell’aria un paio di volte, dubbioso, e poi sparì velocemente fra le cime degli alberi.

- Ammirevole- disse Syrius con sarcasmo. In realtà, anche lui era emozionato, nell’avere Astaris davanti a lui.

- Syrius, quanto tempo…- disse quest’ultimo, piano. Syrius non era venuto certo ad una visita di cortesia, e questo lo rese ancora più triste. Era sicuro che Syrius lo odiasse. Che buffo.

Syrius lo guardò avvicinarsi a lui, girare intorno all’albero e fermarsi alle sue spalle. Lo sentì frugare nell’abito, e pensò che il mago lo volesse uccidere. Ma Astaris estrasse dalla tasca le chiavi della catena e l’aprì. Syrius sentì la catena che si allentava ma restò fermo, ben attento a non cadere in trappola.

Astaris tornò di nuovo davanti a lui.

- Perché mi hai liberato? Credi di farmi pietà?- disse Syrius, con cattiveria. Astaris ne fu profondamente ferito. Lentamente si sfilò il medaglione dal collo, tese la mano e glielo porse.

- Syrius… qui… in questo medaglione… ho racchiuso i miei poteri, quelli che ho acquisito dal Libro… i miei poteri malefici. Tieni, prendilo tu… tieni tutti i miei poteri, io ci rinuncio… a patto che non mi odi più. Per piacere- continuò prima che Syrius potesse ribattere - non ti chiedo di volermi bene o di perdonarmi, ti chiedo solo di non odiarmi più. Ti prego-.

Syrius non si mosse. Continuò a guardare Astaris con aria di sfida, ma poteva vedere sul suo volto solo tanta stanchezza. Il mago si piegò, posò il medaglione a terra, e, dopo averlo guardato un’ultima volta, si voltò e se ne andò.

Soltanto quando fu sparito alla sua vista, Syrius si azzardò a muoversi e a raccogliere il medaglione. Era tiepido, come se fosse stato fino ad allora a contatto con la pelle di chi lo portava.

 

Syrius portò il medaglione con sé fino alla taverna dove alloggiava la sua ciurma. Voleva farlo vedere a Maira e sentire il suo parere. Appena entrò nella stanza della maga, lei saltò in piedi, rovesciando a terra il barattolo di unguento che aveva in mano.

- Syrius! Che cosa hai fatto… cos’è… questa cosa?-

Syrius le porse il medaglione di Astaris. Maira lo prese in mano con circospezione, come se fosse una bolla di sapone.

- Si può sapere… ha delle emanazioni terrificanti... tremendamente potenti. Può essere solo un manufatto del Libro Nero… chi te l’ha venduto?-

- Non l’ho comperato, me l’ha dato… qualcuno-.

- Come qualcuno? Lo sai che cos’è questo? E’ un incantesimo che solo uno dei maghi più potenti della terra possono fare, e ancora meno lo possono disfare, e… in questa epoca, e da queste parti, conosco un solo mago che può fare una cosa del genere…-

- Bene. Se davvero è come dici, allora non lo può più fare-

- E’ Astaris? È lui che te l‘ha dato? Ma perché…-

- Mi ha chiesto… di smettere di odiarlo. No, non credo che sia una trappola, Maira-.

- Ma si può sapere perché? Tu… lui non ti conosce neanche!-

- Per quasi cinque anni ho cercato di oppormi a quel che faceva, e di sicuro non sono un estraneo, per lui, ma… in realtà ci conoscevamo da prima. Da quando avevamo diciott’anni… ci siamo innamorati, e volevamo stare insieme per sempre, a quell’epoca-.

- Tu? Tu e quel mago?-

- A quel tempo non era ancora un mago… non come lo conosci tu. Io cercavo qualche imbarco come mozzo e lui lavorava in una bottega d’orefice… successe tutto… quando lo lasciai per un anno intero. Volevo andare in Oriente, a fare fortuna… mi supplicò di restare, non voleva che... e quando tornai, era diventato un altro. Era diventato Astaris il mago, e tentò di uccidermi… mi riteneva colpevole, e… da quel giorno non ho mai smesso di rincorrerlo e di contrastarlo… perché smettesse di fare del male, e anche perché… dovevo aiutarlo, in qualche modo. Se non l’avessi lasciato…-

Maira si morse un labbro.

- Comunque non puoi tenere quella cosa… non la puoi portare con te. E se dovessi perderla? E se finisse nelle mani sbagliate? Sarebbe un disastro, Syrius, e forse ci troveremmo a rimpiangere la cattiveria di Astaris, perché…-

- Dovrei renderglielo?-

- Non lo so… vorrei vedere che cosa sta facendo, se non ti dispiace-.

Maira tenne il medaglione fermo davanti al suo viso e mormorò alcune parole magiche. Dall’oggetto uscì un leggero filo di fumo, e, quando si diradò, lei e Syrius poterono vedere come attraverso una finestra quello che stava facendo Astaris. Lo videro medicarsi con difficoltà le mani ustionate, e poi rimettersi a letto, completamente distrutto.

- Non credo di poterglielo riportare oggi stesso- disse Syrius alla fine, quando Maira posò il medaglione.

- Perché no?-

- Non hai visto? È sfinito, e non stento a crederlo, se è vero quello che mi hai detto e questo incantesimo è così potente. Glielo porterò domani, se starà meglio-.

- Anche le sue mani… erano ferite. Ma scommetto che domani si guarirà da solo, se recupererà abbastanza forze-.

Syrius trascorse il resto della giornata bighellonando per la città; teneva il medaglione in tasca, a contatto con la sua mano; quando andò a letto lo mise sotto il cuscino e continuò ad accarezzarlo. Anche se quello che diceva Maira era vero, a lui dava solo una sensazione di calore e di dolcezza. Chissà come stava Astaris, e che cosa stava facendo… nonostante la sua richiesta di non odiarlo semplicemente, Syrius sentiva che il suo cuore aveva già deciso che cosa avrebbe fatto, e non si sarebbe tirato indietro per niente al mondo.

 

Quando si svegliò, di nuovo Astaris fu sorpreso dalla sensazione di debolezza e di vulnerabilità che gli era propria solo da poche ore. Era triste. Syrius non aveva nemmeno preso il medaglione dalle sue mani, e forse l’aveva anche lasciato a terra. Sedette al tavolo con la testa fra le mani, pieno di cattivi pensieri. Era servito a qualcosa rinunciare a quei poteri, dopotutto? Sarebbe rimasto solo comunque, con o senza potere… be’, ormai era fatta. Anche se non sapere dove fosse quel medaglione lo metteva un po’ a disagio. Chissà se Syrius aveva deciso che cosa farne. Come avrebbe voluto avere qualcosa di suo per poterlo guardare! Gli era sembrato del tutto uguale a quando l’aveva visto per l’ultima volta, ma forse era solo una sua impressione. Si era emozionato tantissimo quando l’aveva visto laggiù, era l’ultima persona che si sarebbe aspettato di trovare in una sua trappola. Di lui sapeva soltanto che aveva continuato a fare il marinaio, da quando si erano divisi, ed era evidente che il mare era più importante, per lui. Era per quello che l’aveva abbandonato, e Astaris si era trovato senza alcuna difesa, quando il mago Habbad lo aveva raggirato… e gli aveva fatto avere quei poteri. Quando non li aveva era stato più felice; era ironico, dato che prima non aveva tutto quello che aveva ora…

Si rese conto che aveva perso l’ultima occasione che gli rimaneva per fare pace con Syrius. Avrebbe voluto piangere, ma si riprese. Aveva deciso di bruciare tutti i suoi libri di magia nera, per non ricadere più in tentazione. Prima cercò di medicarsi le mani con qualche unguento, e cercò di farsi anche un incantesimo, che gli servì a qualcosa: almeno adesso, se non toccava nulla, i palmi non gli facevano più male.

Uscì davanti alla casa, radunò alcuni libri e accese il fuoco; poi continuò a portare fuori i libri a bracciate intere, guardandoli bruciare e salire al cielo ridotti in scintille. Il suo viso si ricoprì di fuliggine, ma in quel momento il suo spirito si sentì alquanto sollevato.

 

Syrius, al contrario, si svegliò contento. Il medaglione aveva l’odore di Astaris, ed era stato il suo primo pensiero, quel giorno. Scese nella sala comune della taverna con il resto dell’equipaggio ma non prestò attenzione a nulla di quello che dissero. Infine, Syrius decise all’improvviso che doveva andare di nuovo a trovare Astaris.

Ripassò nel punto in cui era caduto in trappola, ma non accadde nulla. Giunse nella radura e, prima di uscire allo scoperto, osservò per un po’ il mago che entrava ed usciva dalla casa. Ormai aveva finito di portar fuori i libri e li gettava nel fuoco ad uno ad uno, soltanto per guardarli bruciare.

Syrius si avvicinò. Astaris non lo vide per un bel po’, immerso com’era nei suoi pensieri. Il marinaio fece un po’ di rumore per annunciarsi, e il mago saltò in piedi, voltandosi verso di lui. L’espressione che si dipinse sul suo viso era un misto fra la sorpresa, l’imbarazzo e l’attesa. Non si immaginava il perché della visita di Syrius

- Salve, Astaris- disse Syrius, nascondendo abilmente la sua confusione.

- Ciao, Syrius. Che cosa vuoi?- Astaris si risedette su un sasso, accanto al mucchio di libri.

- Hai bisogno di aiuto?- disse Syrius, con un’aria di circostanza. Astaris scosse la testa.

- Allora, che c’è?- non sapeva se doveva mettersi sulla difensiva. Syrius stava giocherellando con il medaglione, e Astaris arrossì.

- Vedo… vedo che l’hai tenuto…-

- Sì. Credo che… grazie per esserti fidato di me-.

- Non mi aspettavo affatto di vederti, Syrius. È passato molto tempo-.

- Forse troppo. Fino a ieri… avevo evitato di pensare a…a noi-.

Astaris annuì e abbassò lo sguardo.

- E invece da ieri pensi ancora a noi?-

- Mi sono sempre sforzato di sentirti come un nemico, sai… ma ieri, non so…-

Syrius vide le mani fasciate e le prese fra le sue.

- Ti fanno male?-

- Un po’. Vedi, ho usato molta forza per quell’incantesimo, e non ne ho abbastanza per guarirmi-.

- Lo so. Posso fare qualcosa?-

- Passerà-.

Syrius tacque, osservandolo. Nemmeno lui era cambiato, gli pareva. Soltanto… il suo viso sembrava un’ombra, e non solo per via della fuliggine.

- Astaris, ti prego, non tenere quello sguardo scuro…- gli accarezzò timidamente la fronte. - I tuoi capelli sono… bellissimi-.

La carezza di Syrius riaccese i ricordi ed i sentimenti di Astaris. Vi si abbandonò, consapevole che sarebbe stato solo un momento.

- Non saresti dovuto tornare, Syrius- disse piano. Syrius si staccò da lui.

- Astaris, ma cosa…-

- Come hai fatto a trovarmi?-

Syrius prese dalla tasca la spilla che aveva trovato addosso ad Eli.

- L’ho riconosciuta subito. L’hai… l’hai data via-.

- Non la volevo più. Ho buttato via tutte le tue cose tempo fa… quella l’ho ritrovata solo pochi giorni fa-.

- Come un segno, non credi?-

Astaris alzò le spalle. -Avrei anche potuto buttarla nel fiume, e allora non sarebbe mai arrivata a te-

- Ma non l’hai fatto, è un segno del destino, no?-

- L’avevo regalata ad un ragazzo che la meritava molto più di… di qualcun altro-.

- Quando te l’ho regalata ti era piaciuta molto-.

- Non ho mai detto che non mi piace più. Non mi piace quello che rappresenta. Me l’hai regalata perché avevamo litigato e volevi farti perdonare. Mi facevi dei regali solo per farti perdonare-.

- Non è vero, io…-

- E io ti perdonavo sempre! È per questo che non la voglio più… mi ricorda quando tu mi facevi soffrire…-

- Lo facevo solo per noi, Astaris, per poterti… per poterci permettere tutto quello che volevamo!-

- Sai che me ne importa! Quando mi lasciavi solo, però…-

- Lo sai che lo facevo per te! Possibile che… non ti ricordi in che posto vivevamo? Volevo regalarti… un palazzo, volevo che non ci dovessimo arrabattare ogni mese senza sapere se avremmo potuto pagare la nostra misera stanza!-

Syrius aveva alzato la voce. Si erano incontrati dopo cinque anni e in nemmeno un quarto d’ora avevano ricominciato a litigare.

Astaris respirò a fondo. Parlò con tono calmo e controllato.

- Non è mai stata una tragedia. Non ricordi… come eravamo felici, in quella misera stanzetta, come dici tu? Sarei anche vissuto in mezzo alla strada, sotto un ponte, se tu fossi stato con me, se solo fossimo stati insieme!-

- Volevo una vita migliore, volevo non doverci preoccupare di niente e poter fare quello che…-

- Guardami, Syrius! Guarda che cosa sono diventato. Sono un mago potentissimo, tutti mi temono, ci sono re, imperatori, signori della guerra che vengono da me per farsi obbedire dalla gente, li tenevo nelle mie mani, sarebbe bastato un mio ordine e i miei spiriti avrebbero portato ai miei piedi tutto l’oro del mondo… avevo ricchezza, e potere, e dominio su chi volevo, e tu lo sai, ma guarda! Credi che io viva in un palazzo? Credi che non sia solo come un cane? Credi che… sia felice? Butterei via tutto questo per…-

Per riaverti stava per dire, ma non ci riuscì. Syrius non avrebbe mai potuto capire che cosa provava, e poi... l’idea della ricchezza era solo una scusa, per lui, non che lo volesse prendere in giro, ma lui amava viaggiare per mare… più di quanto amava lui.

- Ma sapevi che io sarei tornato da te… non ti avrei lasciato, nemmeno se non avessi fatto fortuna…-

- E l’hai fatta fortuna?- gridò Astaris, perdendo il controllo. - Non sai che morivo di paura ogni volta che uscivi con quella dannata nave? Lo sai che ero terrorizzato all’idea che ti succedesse qualcosa? E tu… tu sei partito per un anno!-

- Ma sono sempre tornato da te!-

- Ma se non fosse successo? Che cosa avrei dovuto fare? Cosa avrei dovuto pensare? Che la tua nave si era rovesciata in mezzo al mare? Che qualcuno ti avesse ucciso? Che… ti fossi trovato qualcun altro e non saresti mai più tornato? E allora… che avrei dovuto fare, che cosa, spiegamelo!-

- Astaris, io non…-

- Quando quel mago… Habbad… mi disse che con i poteri che lui poteva darmi avrei potuto aiutarti, avrei potuto vedere sempre dove eri e non perderti mai, io... io… non ho potuto resistere, e così… ho rovinato la vita ad entrambi. Se tu in quel momento fossi stato con me…-

-… avrei dovuto esserti vicino, ora me ne rendo conto… e tu hai ragione ad essere arrabbiato con me, non ho alcun diritto di… di…-

Astaris si alzò. Prese dell’acqua dalla fontana e spense il fuoco. La radura piombò nell’oscurità.

- Vai via, Syrius, ti prego-.

- Non voglio lasciarti solo, non così…-

- Ho impiegato molto tempo perché il mio cuore smettesse di sanguinare, ma è stato inutile. Appena ti ho rivisto, quella vecchia ferita si è riaperta. Non voglio che accada di nuovo… non voglio perderti ancora, perciò vattene. Vattene, Syrius-.

Astaris entrò in casa e chiuse la porta. Appena fu dentro, scoppiò a piangere disperatamente. Quanto aveva desiderato tornare con Syrius, tornare ad amarlo… ma non in quel modo. L’unico modo che poteva portargli di nuovo la felicità sarebbe stato tornare indietro e non lasciarlo mai partire, ma… ricordava le discussioni e le urla quando discutevano, anche allora. Non potevano essere mai entrambi soddisfatti, ma… si amavano. Adesso Astaris non poteva, non se la sentiva di riprendere il loro rapporto sapendo che ne sarebbe stato ferito presto.

Syrius attese a lungo che Astaris uscisse per tornare da lui, ma non accadde. Tornò tristemente verso la città, per i campi bui, pensando che non ne aveva mai capito niente, e rendendosi conto che quella non era la prima volta che sentiva quelle parole di Astaris, ma non vi aveva mai prestato ascolto. Se l’avesse fatto… forse in quel momento la loro vita sarebbe stata molto diversa.

 

- Eli, scendi subito. Mastro Darmian ha bisogno di te- lo chiamò la cameriera. Eli si alzò dal letto con un gemito. Le frustate gli facevano ancora male ed era preoccupato perché Syrius non era venuto a chiedergli del suo messaggio. Temette che si fosse lamentato con Mastro Darmian e che lo aspettassero altre botte.

Scese barcollando; vide che insieme al suo padrone c’era un altro uomo, non molto alto e tarchiato. Aveva una fascia rossa attorno alla vita, proprio come Darmian: anche lui era padrone di un bordello oppure un trafficante di schiavi.

- Ti assicuro che è molto richiesto fra i miei clienti. Mi fa guadagnare più lui da solo che tre delle mie fanciulle più belle-.

- E’ molto giovane… viene richiesto anche dalle donne?-

- No, non ancora… come hai detto tu, è giovane. Ma fra un paio d’anni, vedrai che anche le matrone di Anfipoli faranno a gara per non farselo scappare!-

Il mercante rise. Eli era raggelato. Il padrone stava cercando di venderlo proprio quando aveva quasi raggiunto la cifra per il suo riscatto… doveva correre nella sua stanza e portar via i suoi soldi: era certo che il padrone avrebbe perquisito la stanza per trovarli.

- Ti offro cento monete!- disse il mercante.

- Vuoi farti versare da bere da lui? Di sicuro quella cifra non basta neanche perché si apra la tunica per te…-

- Ho capito… vuoi un prezzo alto per la tua bestiolina… che ne dici di trecento?-

Il prezzo si stava alzando. Eli sapeva che per riscattarsi avrebbe dovuto pagare per lo meno il suo prezzo d’acquisto… ed entrambi stavano cercando di guadagnare il massimo possibile dalla trattativa. Lui era stato comprato da Darmian per duecento monete d’oro, e aveva faticato per anni per mettere insieme quella cifra… ora il suo prezzo stava salendo, e non avrebbe potuto farci niente.

- Sei sicuro di aver capito bene? Questo ragazzo lavora bene e guadagna una fortuna, non pensare che te lo lascerò per una miseria simile!-

- E allora, quanto vuoi?-

- Mille monete d’oro, come minimo-.

- Non te le darei nemmeno se fosse una figura d’oro, Darmian! Arrivo a cinquecento, e ti conviene accettare…-

- Settecento, e non se ne parli più.Ti assicuro che hai fatto un affare, questo ragazzo è davvero fatto d’oro… Puoi farlo lavorare per te o venderlo, ti porterà comunque un mucchio di soldi, credimi…-

- E va bene, affare fatto. Almeno offrimi da bere, per questo furto mi spetta!-

- D’accordo, vieni. Eli, preparati, domattina partirai presto. Hai ancora una giornata di lavoro per me, quindi vedi di darti da fare-.

Non appena fu fuori dalla vista del padrone, Eli corse su per le scale e si precipitò nella sua stanza. Rimase impietrito alla vista. Tutte le sue cose erano per aria, la stanza era stata frugata da capo a piedi e… avevano trovato quello che cercavano. Il sacchetto con le monete che teneva in fondo all’armadio era scomparso. E ora doveva ricominciare da zero… e per settecento monete d’oro! Da quanti marinai, da quanti mercanti, da quanti schifosi ricchi uomini avrebbe dovuto lasciarsi toccare per rimettere insieme quel tesoro immenso… sempre che quell’uomo non fosse che un intermediario, allora forse l’avrebbe rivenduto per un prezzo ancora più alto! Si gettò a terra e pianse. E Astaris… non l’avrebbe più rivisto… voleva fuggire, ma l’avrebbero ucciso se l’avessero ripreso… sperò che quel giorno non ci fosse nessun cliente, perché aveva voglia soltanto di stordirsi a furia di piangere.

 

Anche Astaris piangeva. Era da quando aveva mandato via Syrius che piangeva. Avrebbe voluto chiedergli di restare, anche solo per quel giorno, per qualche ora, solo per… solo per sentire di nuovo il suo corpo, per un’ora soltanto, e mai più. Per ricordarlo ancora, ma la ferita bruciava ancora troppo, no, ricordava ancora troppo bene com’era Syrius per non desiderarlo, e ricordava troppo bene anche com’era stare senza di lui per desiderarlo…

Improvvisamente sentì di nuovo quella raffica di vento che annunciava l’arrivo di uno spirito; riconobbe quello che gli aveva annunciato la cattura di Syrius.

- Mago- disse lo spirito.

- Che vuoi? Ti ho liberato, vattene-.

Lo spirito rimase fermo, al centro della stanza, senza muoversi.

- Mago- riprese - lo sai che noi spiriti non viviamo senza un padrone! Perché mi hai liberato? Qualcun altro mi prenderà al suo servizio-.

- Buon per lui- disse stancamente Astaris. - Adesso perché non te ne vai a cercare un nuovo padrone? Lasciami solo-.

- Tu hai rinunciato a tutti i poteri che ti permettevano di governare gli spiriti…-

- Lo so anche io! Che diavolo vuoi da me?-

- … ma rimani sempre il mio padrone, il mago Astaris!-

- Non è vero! Smettila! Non sono più il mago Astaris! Non voglio più esserlo! Sono solo un uomo, e adesso lasciami in pace, vattene via!- Astaris gridò le ultime frasi, poi nascose il viso sulle ginocchia e scoppiò in lacrime. Lo spirito tacque per un po’.

- Tieni- riprese. Gli stava porgendo un bicchiere di sidro, con uno sguardo preoccupato, o qualcosa di simile, sul viso. Astaris si asciugò gli occhi.

- Grazie!- rispose, sorseggiandolo piano. - Perché… sei tornato da me?-

- Perché non voglio un altro padrone, mago. Tu eri un buon padrone-.

- Vuoi restare con me? Io non ho più alcun potere per…-

- Per favore, tienimi al tuo servizio! Io posso…- sul viso dello spirito passò un lampo malizioso. - Ho visto quel bel marinaio che ti piace tanto-.

Astaris arrossì.

- Io posso darti uomini molto più belli e molto più vicini di lui. Uomini che non ti direbbero di no… posso darti anche lui, se è questo che vuoi…-

Astaris scosse la testa.

- Va bene, ti riprendo al mio servizio, ma… ora voglio rimanere solo, ti prego. Non è questo il periodo del sabba, su al Nord?-

- Vuoi che vada via?-

- Voi spiriti non facevate altro che discutere del sabba, quando eravate legati a me...-

- Mago, tornerò, quando sarà finito, forse- disse lo spirito, e scomparve in un soffio di vento. Forse Astaris non era stato proprio molto diplomatico, ma in quel momento l’unica cosa che voleva davvero era restare solo.

Continua...


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