Il Ladro

parte I

di Naika

 

Pow Rukawa

 

La notte è silenziosa e quieta.

Le ombre si allungano eleganti fondendosi le une nelle altre, l’unica illuminazione è data dalla grande luna candida nel cielo tempestato di stelle e dal riverbero lontano delle luci della città.

Un sera d’estate che profuma di vita.

Una notte perfetta.

Solo il canto di una cicala lontana e il basso mormorio del mare accompagnano il mio passo leggero.

Il cancello e le telecamere a circuito chiuso non sono state un problema.

Un ladro meno esperto si sarebbe sicuramente fatto trarre in inganno dalla doppia serratura a morsa o dalle microcamere poste nei punti strategici del parco, ben celate dalle foglie degli alberi.

Qualcuno di meno previdente avrebbe dimenticato d’informarsi sul numero di cani della tenuta e avrebbe reso inoffensivo il primo facendosi azzannare dal secondo, perfettamente addestrato per colpire alle spalle.

Una persona meno agile non sarebbe riuscita a scivolare tra i raggi infrarossi posti sotto l’alto muro di recinzione.

 

Ma io non UN ladro.

Io sono IL ladro.

 

La Volpe, come mi chiamano i giornali.

 

Per me il furto è un’arte.

Una magia.

Una... sfida!

 

Il mio modo di dimostrare che sono più agile, più furbo e più intelligente di qualsiasi altro.

Il mio stratagemma per non farmi soffocare da una società che non ha niente di eccitante da offrirmi.

Ho cominciato a rubare per... bhe penso che il motivo fosse la vendetta.

Mio zio ha un’enorme ditta di sistemi d’allarme.

A lui, il tribunale, mi ha affidato dopo la morte dei miei genitori.

I suoi occhi scintillavano la prima volta che ci siamo incontrati.

Penso che invece di vedere ME, lui osservasse un’enorme mucchietto di banconote.

I miei, infatti, avevano entrambi un’alta assicurazione sulla vita e con la loro scomparsa, alla sola età di otto anni, mi ritrovai miliardario.

Capii immediatamente che per lui ero solo una seccatura.

Il caro zietto, infatti, credeva di poter mettere le SUE mani sui MIEI soldi ma l’avvocato deluse tutte le sue aspettative dicendogli che il fondo era vincolato.

Così si ritrovava con me tra i piedi e neanche uno yen guadagnato da tutta la faccenda.

La mia vita per gli anni successivi fu un inferno.

Lui faceva il minimo indispensabile, per non essere richiamato dal tribunale, maltrattandomi in tutti i modi.

Non che abbia mai alzato una mano su di me.

Ma a volte la violenza psicologica è molto, molto più sottile.

Devo a lui il mio silenzio e la mia freddezza.

Ho imparato a costruirmi una corazza dietro cui nascondere il dolore, per non concedergli la soddisfazione di farmi del male.

E’ stato difficile ma non mi sono mai arreso.

Per ogni singola, minuscola conquista ho dovuto lottare e sputare sangue.

Ma alla fine ho avuto la  mia ricompensa.

Mi sono diplomato e mi sono iscritto all’università che volevo frequentare io.

Mi sono trovato un appartamento che mi permettesse di vivere lontano da lui e soprattutto...

...mi sono allenato.

Ho studiato tutti i suoi sistemi d’allarme e quelli della concorrenza.

Ho seguito corsi sull’addestramento dei cani da difesa.

Ho imparato tutti i segreti dell’arte di bloccare un ladro... e poi... lo sono diventato!

 

Il primo è stato proprio mio zio.

 

Anche se i soldi erano vincolati l’avido parente era riuscito ad avere i gioielli di famiglia e sebbene di quelle pietre non mi interessasse molto c’era una cornice, una cornice intrecciata, d’argento, con una NOSTRA fotografia.

 

Noi tre.

 

Davanti al cottage di montagna.

QUELLA dovevo riaverla!

 

Quella notte scopri il fascino del furto.

 

Fu esaltante aprire la cassaforte e lasciare il mio piccolo biglietto da visita in bella mostra, sullo sportello aperto, al posto della cornice.

Ancora più divertente fu l’isteria del vecchiaccio quando la notizia finì sui giornali!

 

Famoso produttore di sistemi d’allarme... derubato!

 

Quel giorno risi di nuovo per la prima volta dopo tantissimo tempo.

Da allora, la notte, scivolo tra le ombre, scegliendo la casa di qualche altero riccone, che si crede migliore degli altri in virtù del suo denaro, e rubo qualcosa.

Ma, al di là del valore dell’oggetto sottratto, che può essere di miliardi o poche migliaia di yen, il mio scopo è togliere loro la sicurezza.

La convinzione di essere intoccabili.

Cancellare dai loro occhi quello sguardo di altero disprezzo.

 

E poi... vendo loro i MIEI sistemi d’allarme.

 

Ho seguito le orme dello zietto.

Ora ho la MIA ditta.

E poi è ancora più esaltante cercare di derubare qualcuno che usa i MIEI allarmi.

E’ come sfidare se stessi.

 

Ripongo i miei pensieri mentre costeggio le finestre del piano terra.

Il mio passo è felpato e silenzioso sull’erba umida dell’immenso prato che costeggia la villa dei Sendoh.

Ho scelto loro perchè mi hanno informato di aver da poco installato un nuovissimo sistema antifurto.

 

Una sfida troppo succosa per non essere raccolta!

 

Mi sono preparato con cura, come prima di ogni colpo.

La prima cosa da fare è raccogliere le informazioni necessarie.

E’ inutile correre rischi per nulla.

Ho atteso con pazienza il momento adatto per un po’ finchè....

Eccola, l’occasione che stavo aspettando!

 

La villa è deserta stasera.

 

I Sendoh sono partiti per una seconda luna di miele e quell’eccentrico del loro figliolo ha preso la sua Mercedes ed è sfrecciato fuori dal cancello principale un paio di minuti fa.

Da come era vestito e dall’incredibile dose di gel che aveva messo in quei suoi assurdi capelli se ne starà fuori per un bel po’.

Ho tutto il tempo di arrivare alla cassaforte, prendere la collana di zaffiri che ho scelto come trofeo per questa notte, e filarmela come sono venuto.

Bhe... non prima di aver lasciato il mio biglietto da visita all’interno, naturalmente.

 

Schivo con attenzione le fotocellule che delimitano un’invisibile rete attorno al perimetro delle mura principali, la nebbiolina che sale dal prato mi aiuta a vedere le sottili linee rosse del laser senza l’ausilio di nessuna attrezzatura.

 

Stasera sono qui per testare la concorrenza.

 

La ditta che ha installato quest’allarme ai Sendoh è molto famosa in Europa.

Scuoto le spalle spingendo indietro una ciocca scura che mi era scivolata sul volto.

 

Loro sì che sono dei ladri!

 

Entrare in casa è stato fin troppo facile.

E chissà quanto hanno avuto il coraggio di farsi pagare!

 

Mi sono quasi annoiato.

 

Scivolo sui lucidi pavimenti di marmo lanciando occhiate fugaci alle opere d’arte in bella mostra alle pareti o su alte colonnine candide.

La mia bocca si piega in una smorfia alla vista di un giovane cupido nudo che incocca una freccia in posizione decisamente equivoca.

 

Scommetto che questo l’ha comprato Akira.

 

Mi dirigo verso le scale che mi porteranno ai piani superiori quando il suono di uno stereo mi paralizza.

Scivolo velocemente contro una parete, lasciando che il mio corpo venga avvolto dalle ombre, rimanendo immobile per un momento.

 

Il suono viene da un lungo corridoio che svolta alla mia destra.

 

E’ una canzone dolce ma ritmata.

Sensuale.

Non so perchè ma sento l’impulso irrefrenabile di andare a vedere.

 

La musica si fa sempre più forte man mano che mi inoltro per il corridoio finchè, infondo ad esso, riesco a vedere una lunga lingua di luce dorata.

Con agilità, e in perfetto silenzio, taglio di scatto il corridoio appostandomi dietro la porta spalancata che da sulla stanza da cui proviene la canzone.

Si tratta, a quanto, pare di uno studio.

Contro due, delle quattro pareti, sono addossati tavoli di legno grezzo su cui sono gettati stracci, secchi, pennelli, qualche martello e varie confezioni di plastica per liquidi e colori.

La quarta parete, quella dirimpetto a questa su cui si apre la porta che mi da riparo, è stata sostituita da un enorme porta finestra di vetro che da sul giardino e sull’ampia piscina, nascosta ad occhi indiscreti, da una selva di piante e fiori tropicali, il cui profumo esotico arriva fin qui, stordendomi leggermente.

C’è addirittura una piccola cascatella, che spunta da alcune rocce appoggiate con cura le une sulle altre per dare alloggio alle felci piantate su di esse, per nascondere i tubi dell’acqua.

Che esagerazione.

Il mio sguardo torna a sondare la stanza alla ricerca della persona che sta lavorando a quest’ora.

Avevo sentito dire che Akira aveva commissionato ad una nuova scoperta della scultura un lavoro un po’ particolare.

Anche se le male lingue avevano detto che il giovane Sendoh più che pagare per la scultura, pagava per portarsi a letto l’artista...

 

Bhe...

 

 

Al centro della stanza, su un piedistallo foderato di nailon c’è una statua, a misura d’uomo, di uno splendido Apollo, nudo.

 

E di fronte a lui....

                         ...di fronte a lui, con una guancia sporca di creta e i capelli rossi arruffati, c’è la creatura più bella che io abbia mai visto.

 

 

...posso capire Akira.

 

Il giovane scultore, che evidentemente deve aver chiesto a Sendoh di potersi fermare alla villa per lavorare alla sua opera, indossa solo un paio di morbidi pantaloni neri di quella che, un tempo, doveva essere stata una tuta da ginnastica.

L’ampia schiena dorata, il petto nudo, le lunghe gambe scolpite, le braccia muscolose...

...non ha nulla da invidiare al dio che sta forgiando con le sue stesse mani.

 

Lo guardo ipnotizzato girare intorno alla sua creazione malleando con attenzione le braccia della statua, facendo scivolare le grandi mani dorate sulla creta rossa che sembra sciogliersi per lui prendendo le forme che egli desidera.

C’è qualcosa di dannatamente sensuale nel modo in cui questo dio seminudo ne crea un’altro, mormorando a mezza voce le parole della canzone che va in sottofondo, ormai completamente dimenticata.

Incapace di staccare gli occhi da lui seguo le sue mani bagnate scivolare sul petto della scultura, modellandone i muscoli, scivolando giù verso gli addominali, passando più volte sul ventre fino a farlo diventare piatto e liscio.

 

Kami...

 

Lo vedo osservare il suo lavoro con aria critica e poi portare le mani sulle lunghe gambe, ormai già complete, del dio.

Fa scivolare i palmi aperti, le dita distese, sui fianchi della statua spingendole indietro, sui glutei sodi, affondando con le dita nella creta rossa per disegnare la linea di separazione delle natiche.

 

Aria...

Ho bisogno di aria....

 

Lo scultore si sposta ancora permettendomi di vedere i suoi occhi, due pozzi di cioccolato scuro, attenti e concentrati sul loro lavoro.

Non si rende conto dell’effetto che fa vederlo al lavoro?

Probabilmente no.

E’ così concentrato su quello che sta facendo...

E poi lui è convinto di essere solo...

 

I miei pensieri vanno in frantumi insieme al  mio ultimo respiro.

 

No...

Questo no....

 

Il ragazzo si è messo in ginocchio di fronte alla scultura e gli ha fatto scivolare le mani umide tra le gambe.

Sotto il lento, sapiente lavoro delle sue dita, l’asessuato apollo... si risveglia.

Vedo il rossino prendere della creta bagnata da un secchio, accanto a lui, e aggiungerla al basso ventre della statua dove, il suo lavoro, ha fatto nascere un piccolo rigonfiamento.

Con la nuova creta plasma lentamente il membro del dio ed è come vedere quella creatura inanimata eccitarsi tra le mani del suo creatore.

 

Questo è troppo...

 

Il tocco dello scultore è lento e insistente, affonda i palmi con forza sulla terra scura per darle forma, spingendo spesso un braccio tra le gambe della statua per avvolgere il suo membro con entrambe le mani, in modo da dargli forma con più facilità.

 

E la creta, umida, tra le sue mani... gocciola.

 

E’ solo acqua... è semplicemente l’acqua in eccesso che scivola sulla creta, disegnando piccole gocce scintillanti sul pene eretto del dio, cadendo a schizzare il petto dorato dello scultore.

 

E’ solo acqua.... Kaede respira!!!

 

E’ acqua, e quella è una stramaledettissima statua.

 

E lui...

Lui è soltanto...

Lui....

 

Perchè i miei pantaloni sono così stretti?

 

Il rossino si allontana osservando la sua creatura e...

Kami....

....è arrossito.

 

Non puoi arrossire!

Prima fai una cosa del genere...

....MI fai una cosa del genere....

...e poi arrossisci.

 

Non ha senso!

 

Come puoi dimostrare tanta innocenza dopo avermi eccitato così?

 

Lo vedo passarsi il dorso della mano sulla fronte per spingere indietro le ciocche carminio che gli sono scivolate sul volto.

 

“Per stasera direi che abbiamo finito io e te...” mormora, rivolgendosi alla statua, e scopro che ha una voce calda e morbida, come la creta che stava modellando prima.

Si stiracchia come un gatto, allungando le braccia, tendendo il corpo muscoloso, che riluce sinuoso sotto la luce dorata della lampada.

Il suo petto è ancora macchiato delle goccioline d’acqua e creta che, ora che si stanno asciugando, sulla sua pelle, sembrano...

 

Kami sembra proprio...

 

Lui sbadiglia e scuote il capo.

“Una bella doccia e poi a casa!” parla tra se ad alta voce prima che lo sguardo gli cada sull’ampia finestra.

Fissa la piscina per un lungo momento e io posso quasi leggere nella mente l’idea che gli è balenata in quegli occhi scuri.

 

No... non farmi questo...

 

Il mio cuore smette semplicemente di battere quando lui scuote le spalle e un largo sorriso gli distende i lineamenti.

“Tanto non c’è nessuno!” dice entusiasta come un bambino che sa di fare qualcosa di proibito e proprio per questo si diverte tantissimo.

Si toglie pantaloni e boxer, rapidamente, restando completamente nudo sotto la luce del neon e lo sguardo bruciante dei miei occhi.

 

E’ perfetto.

Il suo corpo è assolutamente perfetto.

Muscoloso, slanciato, abbronzato...

 

...umido di sudore...

 

...con quelle macchie così equivoche sul petto e sul ventre...

 

Respira Kaede, respira!

 

Con calma si avvia verso la porta finestra, socchiusa e la spalanca completamente.

Il profumo dei fiori mi travolge con violenza mentre la musica in sottofondo batte il ritmo accelerato del mio cuore.

L’aria fresca entra nella camera avvolgendolo nella sua intima carezza, passando le dita invisibili tra i suoi capelli rossi, sul suo petto nudo, tra le sue gambe lunghe.

E lui chiude gli occhi reclinando il capo all’indietro con un lungo sospiro soddisfatto e un piccolo brivido che gli scuote per un momento le spalle, inturgidendogli i capezzoli.

 

Kami sama...

 

Rimane così per alcuni minuti, beandosi del vento tiepido che spira dal mare, mentre io sto letteralmente morendo per mancanza d’aria.

Poi d’un tratto si riscuote e spegne la luce della stanza, dirigendosi a passi sicuri verso la piscina.

Per un momento resto completamente al buio e non vedo più nulla.

Kuso!

Poco lontano il rumore dell’acqua mi conferma che il mio rossino si è tuffato in piscina.

Approfittando delle ombre che ora avvolgono la stanza scivolo all’interno dello studio, facendo attenzione ad evitare i tavoli, fino a giungere accanto alla grande porta finestra.

E lo vedo di nuovo...

 

Lì...

...in piedi sotto la piccola cascata, il volto gettato all’indietro, i capelli rossi, bagnati, che gli disegnano sul collo piccoli arabeschi carminio.

 

Argento, la luce della luna su di lui.

Oro, la sua pelle.

Rubino, i suoi capelli.

Diamanti, le piccole gocce che scivolano sinuose sul suo corpo.

Topazi, i suoi occhi socchiusi, velati dalle ciglia umide.

Marmo, i suoi muscoli torniti, flessuosi sotto la pelle vellutata.

 

Sono un ladro, no?

 

Non posso resistere ad un tale invito.

 

Preparati Akira Sendoh stai per essere derubato!!

 

 

Continua....


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